QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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La vera Riforma Liturgica non è quella degli abusi del post Concilio

Ultimo Aggiornamento: 02/08/2012 09:06
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01/08/2012 08:33


Siamo sicuri che sia stato il Concilio Vaticano II ad avere riformato la Liturgia ? Un prezioso documento del 1949.

Lo studio che gradatamente ci accingiamo a pubblicare, è di una specie “manifesto programmatico” del Padre Lazzarista Annibale Bugnini (1912-1982) protagonista assoluto delle sorti liturgiche della Chiesa Cattolica, dalla Riforma della Settimana Santa ( 1951-56) all'immediato post Concilio Vaticano II fino al 1976 quando fu promosso Nunzio Apostolico a Teheran .



La Rivista Ephemerides Liturgicae aveva consultato nel 1948 sia pur “in forma del tutto privata e riservata” … “ professori universitari, insegnanti di seminario, clero in cura d'anime, direttori di opere, religiosi di diversi ordini e congregazioni, missio­nari, ecc. In particolare … conferenzieri, direttori di case d'esercizi, ecc. sono a contatto frequente con molti ecclesiastici. Si èanche conto delle varie nazioni, in modo che tutte, grosso modo, vi fossero rappresentate” per analizzare le diverse opinioni in vista di una riforma liturgica.
Il Documento va letto solo come testimonianza storica di un processo di rinnovamento liturgico iniziato fin dal sec.XIX che ha avuto il tragico epilogo della distruzione del venerando rito romano , risalente all'epoca apostolica, tradendo le equilibrate e legittime aspirazioni dell'antico "movimento liturgico".
Ringraziamo un nostro amico e Lettore, attento studioso e storico della Liturgia, per averci gentilmente inviato questo prezioso documento.



PARTE PRIMA - PER UNA RIFORMA LITURGICA GENERALE
Roma, marzo 1949.A. Bugnini, C M.

« L'anno scorso la direzione della nostra Rivista, facendo qualche rilievo su recenti avvenimenti interessanti la liturgia, auspicava che fosse ripresa la riforma iniziata da Pio X per continuarla e portarla a termine secondo il pro­gramma assegnatogli dal Santo Pontefice (cfr. Ephem. Ut. 62 [1948] 3-4).
Al­cuni indizi, come la nuova traduzione del Salterio ordinata dal Santo Padre Pio XII f. r. e autorizzata per l'uso nella recita pubblica e privata dell'Ufficio divino, come pure gli incoraggiamenti ripetutamente espressi, davano buone speranze per una ripresa del lavoro, che avrebbe dovuto avere una tendenza più spiccatamente pastorale (come si poteva arguire dalle varie concessioni e indulti degli ultimi tempi) in vista d'un alleggerimento dell'apparato li­turgico e d'un adeguamento più realistico alle esigenze concrete del clero e dei fedeli nelle mutate condizioni d'oggi.
Questi motivi indussero la direzione della Rivista ad invitare i suoi collaboratori ed amici ad esprimere il loro pen­siero in proposito.
L'invito, in forma del tutto privata e riservata, fu diramato in modo che si potesse avere un'idea abbastanza esatta delle reali aspirazioni del clero delle varie categorie: professori universitari, insegnanti di seminario, clero in cura d'anime, direttori di opere, religiosi di diversi ordini e congregazioni, missio­nari, ecc. In particolare s'.invitarono le persone che per il loro ministero, come la predicazione al clero, conferenzieri, direttori di case d'esercizi, ecc. sono a contatto frequente con molti ecclesiastici.
Si tenne anche conto delle varie nazioni, in modo che tutte, grosso modo, vi fossero rappresentate.
Le risposte furono numerose e varie qualificate; le proposte vanno dalle posizioni più tradizionaliste alle più avanzate.
Alcuni si sono semplicemente attenuti al questionario inviato, altri hanno intessuto delle vere e proprie dissertazioni.
C'è chi ha tentato di imperniare una riforma su dei principi, e chi si è limitato ai particolari trascurando l'insieme.
Per evidenti ed ovvie ragioni, come s'era già avvertito espressamente nella circolare d'invito, non possiamo pubblicare le risposte integralmente.
Dovremmo stampare un grosso volume, con l'inconveniente di vedere ripetute diecine di volte in termini diversi le stesse cose.
Tenteremo di darne una relazione quanto mai sintetica, cercando di non perder nulla di quanto è stato proposto, anche se più d'un suggeri­mento mostri dei lati deboli, difettosi e inaccettabili.
Ne trarremo quindi, via via, delle conclusioni- modestamente esprimendo il nostro personale pensiero.
Ci preme inoltre avvertire che daremo, per ora, i risultati del referendum solo per le questioni relative all'impostazione generale d'una supponibile ri­forma e al Breviario, rimandando ad un secondo tempo quelli riguardanti gli altri libri liturgici.


**********
E anzitutto una parola sul titolo di questa relazione.
Abbiamo detto « ri­forma generale ».
Nello stato attuale, infatti, si può pensare ad una riforma solo parziale, per esempio, del solo Breviario, per accennare al punto più di­scusso, senza curarsi delle altre parti della liturgia, del messale, del rituale, del pontificale, dell'anno ecclesiastico, ecc.?
Noi pensiamo di no. E come noi la pensa un ottimo liturgista, che scrive: « Una riforma desiderabile del Bre­viario Romano, o, più esattamente, una revisione pienamente adeguata ai biso­gni spirituali della cristianità moderna, alle condizioni pubbliche e private, della celebrazione liturgica delle feste e dei misteri per mezzo della Messa e dell'Ufficio divino, non potrebbe compiersi utilmente nello stato d'incertezza che regna al presente sulla legislazione liturgica propriamente detta.
Dal secolo xi almeno noi viviamo su un compromesso, impropriamente detto " rito romano ", tra il rito pontificio celebrato in Vaticano o al Laterano per­sonalmente dal Papa, il rito basilicale delle grandi chiese di Roma, il rito epi­scopale delle cattedrali latine d'occidente, gli usi conventuali monastici e ca­nonicali, le necessità del ministero parrocchiale urbano o rurale e quelle della devozione privata dei sacerdoti isolati o missionari ».
Nello stato attuale, dun­que, la liturgia è un mosaico, o, se più piace, un vecchio edifìcio, costruito a poco a poco, in tempi diversi, con diversi materiali e da diverse mani.
Se ora si vuol togliere o cambiare (« modernizzare ») l'una o l'altra parte, tutto il resto comincia a sgretolarsi o anon convenire più con la parte restaurata.
Infatti, anche Pio X ebbe l'idea di arrivare gradualmente ad una riforma generale.
Ma le difficoltà intrinseche al lavoro e circostanze esterne arrestarono la cosa, che non fu mai ripresa. Bisogna aggiungere che taluni problemi d'ordine pa­storale, che allora incominciavano appena a farsi sentire, oggi han preso tali proporzioni e son divenuti così assillanti, che non riconoscerli o non tenerne conto o non tentarne una soluzione sarebbe lo stesso che condannare la litur­gia, preghiera viva della Chiesa, alla sterilità o ad un archeologismo inefficace.
Per cui pensiamo che una riforma liturgica o è generale o finirà per non accon­tentare nessuno, perchè lascerebbe le cose come sono con le loro deficienze, incongruenze e difficoltà.



1 PRINCIPI
La supposta riforma, perchè sia organica e unitaria, e quindi duratura, dovrebbe partire da principi netti e ben precisi.
Un collaboratore li formola così:
a) principio tetico: « melior est conditio possidentis », cioè della tradizione» che si deve presumere buona, finché non sia dirnostrata cattiva, cioè meno utile;
b) principio antitetico: bisogna attenersi alla brevità e semplicità del comando divino: «Sic orabitis: Pater noster... »;
c) principio sintetico: bisogna fare una cosa e non tralasciare l'altra, cioè conservare la tradizione e non temere la semplificazione.
Altri affermano che « la riforma dev'essere concepita come un ritorno alla tradizione primitiva della celebrazione del mistero cristiano piuttosto che come un compromesso tra questa celebrazione in sottordine e le superfetazioni de­vozionali che l'hanno disarticolata nel corso dei secoli ».

Da cui i seguenti prin­cìpi:
1) predominio del Temporale sul Santorale;
2)l'ufficio tipico infra hebdomadam il feriale a 3 lezioni;
3)conservare al culto dei santi il carattere strettamente locale;
4
)evitare il moltiplicarsi delle « feste d'idea »;
5)evitare la continua ripetizione dei « comuni ».


( continua )

L’ARTICOLO DEL PADRE ANNIBALE BUGNINI CONTINUA CON I SEGUENTI CAPITOLI : GRADUAZIONE DELLE FESTE
CALENDARIO a) Temporale b) Santorale
BREVIARIO
SALMODIA
ANTIFONE
LETTURA
CAPITOLI
RESPONSORI
INNI
LE PRECI
INIZIO E FINE DELLE ORE
LE OTTAVE
LE COMMEMORAZIONI
LE RUBRICHE
CONCLUSIONE


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01/08/2012 08:36

Dalla Rivista " Ephemerides Liturgicae " del 1949 : per una " riforma generale della Liturgia", di P.Annibale Bugnini, parte seconda


(Segue da qui)

PARTE SECONDA

 

2. GRADUAZIONE DELLE FESTE
Il lamento generale è che la graduazione delle feste, così come si presenta attualmente, è troppo complicata e minuziosa.
Ma quando si tratta di dare una soluzione, o non se ne indica affatto o è evidentemente inadeguata allo scopo. I più si accontentano di dire che i « doppi » sono troppi e vanno ridotti; che i « semidoppi », in pratica, non hanno altro effetto che di appesantire l'ufficio coll'aggiunta all'ufficio normale di 9 lezioni delle «preci» a Prima e delle commemorazioni comuni, e che, perciò, va abolito, riducendo queste feste a rito semplice, ed elevando le domeniche a rito doppio o a doppio maggiore o a feste di seconda classe.
C'è inoltre l'ufficio semifestivo (S. Agata, S. Cecilia, ecc.) che avrebbe bisogno di una trasformazione in quanto impone la divisione illogica, e, in qualche caso, un capriccioso intreccio di parti per natura loro inscindibili.
Nell'insieme i rimedi proposti non risolvono il problema che in minima parte.
Come arrivare ad una reale e definitiva semplificazione?
Forse non è lontano dal vero chi definisce « eccessiva ed arbitraria l'attuale nomenclatura dei riti dell'Ufficio » e suggerisce di venire addirittura alla formazione d'una nuova scala ideale di graduazione di feste, che non sia semplicemente intenzionale e fittizia, ma che abbia una base reale e concreta nel valore intrinseco delle feste stesse e che possa soddisfare alle esigenze ragionevoli della liturgia.
Una tale scala dovrebbe tener conto anzitutto delle feste fondamentali dei misteri del Signore (Natale, Epifania, Pasqua, Ascensione, Pentecoste), che regolano tutto il ciclo annuale della Redenzione e che quindi dovrebbero avere un trattamento speciale, poi delle altre feste del Signore più recenti, ma particolarmente importanti e cioè Corpus Domini, Sacro Cuore e Cristo Re, e quindi, proporzionalmente, delle altre ricorrenze dell'anno, distribuite, naturalmente, per gradi a gamma molto ridotta.

A. Temporale
3- CALENDARIO
Si è già accennato che con i due cicli di Natale e di Pasqua il proprium de tempore dovrebbe riacquistare nella liturgia riformata un'assoluta preminenza sul proprium sanctorum. È desiderio universale.
Anche qui, però, nessuno si è posto il problema nel suo complesso, ma ci si è limitati a rilievi particolari, che possono sintetizzarsi così:
a) Prefazio proprio per l'Avvento;
b) in Avvento soppressione delle commemorazioni;
c) nel ciclo natalizio accordo tra la successione storica degli avvenimenti e il calendario liturgico.
Attualmente, si rileva, c'è un intreccio assai capriccioso delle due cose, come si può osservare dallo schema seguente: Se si tracciano delle linee che uniscano il fatto storico con la corrispondente festa liturgica ne risulta un vero labirinto.
La proposta tenderebbe a far combaciare le due successioni ideali.
d) L'ottava del Natale tratti tutta del mistero natalizio e quindi si eliminino le feste dei santi o si riducano ad una semplice commemorazione. S. Giovanni Evang. e S. Stefano già si celebrano in altri tempi e qui possono scomparire; i ss. Innocenti invece possono rimanere perchè in relazione col Natale. Le lezioni per gli altri giorni si possono prendere dalla festa della sacra Famiglia, della Maternità, ecc.
e) Nella festa dell'Epifania si celebri una seconda Messa per commemorare il Battesimo di Gesù (Messa dei Magi al mattino e del Battesimo dopo Terza).Maggiore risalto della festa dell'Epifania con la sua ottava. …Il proponente aggiunge allo schema ampie spiegazioni giustificative delle singole assegnazioni e trasposizioni, ma la proposta ci pare nell'insieme assai singolare e di non facile attuazione, supposto, naturalmente, che meriti davvero, così come si presenta, di essere presa in considerazione.
f) Pasqua.
Chi la vuol fissa, chi mobile (o lasciandola come sta ora, oppure mettendola nella prima domenica d'aprile o nella prima metà dello stesso mese). I sostenitori della Pasqua fissa affermano che essa «porterebbe in tutti i campi dell'attività e della preghiera un considerevole vantaggio, che compenserebbe di gran lunga i diversi punti di vista dei tradizionalisti».
Questi, a loro volta, rilevano che « la mobilità della Pasqua è uno degli elementi più preziosi della poesia della vita già troppo monotona.
D'altra parte, aggiungono, non si potrebbe assicurare la voluta fissità senza sacrificare, per ottenerla artificialmente, il computo lunare tradizionale e la successione regolare di sette giorni della settimana ».La questione, come è noto, è stata trattata in tutti i sensi anche fuori, anzi soprattutto fuori del campo puramente ecclesiastico.
Ma ai fini di una possibile riforma liturgica incide in modo secondario. Si conosce anche l'atteggiamento della Santa Sede in proposito, atteggiamento che resta la lìnea direttiva seguita fino ad oggi.
g) Pentecoste. Ritorno alla prassi antichissima di chiudere il tempo pasquale colla giornata cinquantesima, cioè con la domenica di Pentecoste, senza ottava.
B. Santorale
Un alleggerimento del Santorale accoglie molti voti, che vorrebbero un maggior sviluppo del culto latreutico e degli uffici de feria. Si tratta di eliminare e di limitare. E per questo si chiede non solo una riduzione dell'attuale calendario, ma anche norme fisse e tassative per impedire che in seguito si ripeta l'agglomerarsi indiscreto delle nuove feste di santi.
Ecco come si esprime un collaboratore: « Bisogna far cessare la prevalenza devozionale riducendo al tipo unico della festa semplice e salterio feriale tutte le feste di santi per le quali non esiste alcuna ragione locale di solennità più grande. I motivi di pura devozione sono inammissibili.
Devono contare solo: la nascita del santo, la sua dimora, la tomba o la presenza effettiva di reliquie insigni in un luogo ben determinato e non per tutta la diocesi.
Le feste semplificate non dovrebbero avere di proprio o preso dal comune che la colletta, l'antifona al Magnificat e il versetto al Vespro, l'antifona del Benedictus col versetto alle Lodi,
Tutto il resto dovrebbe essere preso dal salterio e dall'ordinario.
Le feste più solenni soltanto dovrebbero avere l'ufficio a 9 lezioni e rito doppio, come nell'uso attuale. I patroni propriamente detti, gli apostoli locali e i grandi santi della Chiesa universale dovrebbero avere l'ufficio proprio o comune col rito doppio maggiore o di 2a classe.
La ia classe, soprattutto con ottava, dovrebbe essere rarissima.
Un mezzo eccellente per tagliar corto al fastidioso moltiplicarsi delle commemorazioni potrebbe essere quello d'incorporare nel Breviario la lettura del Martirologio a Prima...
Bisogna liberare la celebrazione pubblica di tutti gli elementi penetrati per circostanze fortuite (invenzioni, traslazioni di reliquie, ecc.).

La storia ci dice che il culto dei Santi si celebrava unicamente intorno alla loro sepoltura, la tomba o la " cathedra".
La non sicurezza dei cimiteri " extra muros" al tempo delle invasioni fece portare in città i corpi santi e diede luogo allò sviluppo del loro culto a danno della celebrazione dei misteri della Redenzione.
Il ritorno all'antico stato di cose potrebbe avere il buon effetto di ridar vita ai pellegrinaggi, ai quali nessuno pensa più da quando la festa di un santo si fa dappertutto ».
A queste osservazioni d'ordine generale un altro studioso dà un accento più tradizionalista e particolareggiato, pur sostenendo il principio della semplificazione:
r. È ormai pacifico, dice, e da tutti ammesso che l'ufficio «de tempore» debba riprendere un posto preponderante senza peraltro sacrificare il culto dei santi.

Ci si può arrivare conservando nel calendario della Chiesa universale solo queste feste:

a) le due feste di S. Giovanni Battista, e quella di S. Michele Arcangelo del 29 settembre;

b) una' sola festa di S. Giuseppe da celebrarsi nel tempo natalizio (altri suggeriscono la 3a dom. dopo Pasqua o nel mese di maggio);

e) le feste degli Apostoli;

d) le principali feste dei martiri, non conservando che gli antichi martiri romani, ma anche qualche martire della Chiesa universale, per es. S. Potino e S. Dionigi, S. Bonifazio, S. Giosafat, S. Venceslao, i Martiri Domeni¬cani e Francescani del Marocco, i Martiri Giapponesi, qualche martire missionario degli ultimi secoli;è) le feste dei Dottori della Chiesa (se necessario, raggruppandoli);

f) le feste di alcuni grandi Papi: S. Gregorio VII, S. Pio V, ecc.;
g) le feste dei fondatori di grandi Ordini o di Congregazioni d'importanza veramente universale e sparsi in tutto il mondo, come i santi Benedetto, Bernardo, Brunone, Francesco d'Assisi, Domenico, Vincenzo de' Paoli, Giovanna di Chantal, Teresa d'Avila, ecc.;
h) qualche altra festa di santi veramente universali e scelti un po' in tutti i paesi. Evidentemente la scelta richiederebbe molto tatto!

2. Nello stesso ordine d'idee, bisognerebbe raggruppare più santi che hanno avuto attività uguale o affine (cosa che avviene già nell'Ordine benedettino).

Perchè non riunire i santi Barnaba, Tito, Timoteo e Sila, con l'ufficio degli Apostoli?

Così S. Gioacchino e S. Anna (con ufficio proprio, tenendo conto che sono Santi del V. T.); gruppi di santi Papi, ecc.; di santi Patriarchi e Profeti, istituendo una festa collettiva.

3. A titolo di pura indicazione si potrebbero segnalare le feste seguenti come suscettibili di eliminazione dal calendario universale: S. Martina, S. Andrea Corsini, S. Romualdo, i Santi Sette Fondatori dei Servi di Maria, S. Si-meone di Gerusalemme, S. Casimiro, S. Francesca Romana, i Santi XL Martiri, S. Francesco di Paola, i Ss. Sotere e Caio, S. Giorgio, S. Paolo della Croce, S. Pietro di Verona.

Al contrario si potrebbero abbinare S. Tommaso Becket e S. Stanislao, S. Atanasio d'Alessandria e S. Ilario di Poitiers, S. Cirillo di Gerusalemme e S. Giovanni Damasceno, S. Alberto Magno e S. Bonaventura, S. Pietro Canisio e S. Roberto Bellarmino, S. Felice di Valois e S. Giovanni de Matha, S. Giovanni di Dio e S. Camillo de Lellis.

In questo caso si potrebbe generalizzare l'uso dei comuni « prò aliquibus locis » di più confessori e oiù sante donne.
Le feste di santi soppresse potrebbero d'altra parte essere integrate nei propri diocesani o nazionali o nei propri delle Congregazioni.

4. Quanto alle feste del Signore e della Madonna alcune sono certamente dei doppioni e andrebbero semplificate.
Per esempio:
Circoncisione e Santo Nome di Gesù,
Preziosissimo Sangue da fondersi con l'ottava del Sacro Cuore,
Trasfigurazione e 2a domenica di Quaresima,
le due feste della Santa Croce, le due feste della Madonna Addolorata,
il Santo Nome di Maria, da fondersi coll'Ottava della Nascita della Vergine,
le due feste della Cathedra Petri.
Altre proposte di minor importanza riguardanti il Santorale sono: che la festa di Cristo Re sia trasferita alla Domenica tra l'ottava dell'Ascensione, e la Maternità della B. M. V. al 3 gennaio; o il nome di S. Giuseppe entri nel Canone e nel Confiteor; che si introduca un « festum AnnuntiationisS. Ioannis Baptistae » al 23 settembre, in quanto questa data costituirebbe «primordia Evangelii»; che si riordini completamente il «Commune Sanctorum »; (quello dette « Confessorum » è quasi un rifugio di tutti i santi più disparati: sacerdoti, monaci, laici, giovani, vecchi, di tutti i ceti e classi, quindi anche il formolario è divenuto schematico, senza vita e proprietà).
Almeno il « Commune Confessoris non Pontiflcis » dovrebbe suddividersi in due: « Comm. Confessoris Presbyteri » e « Comm. Conf. non Presbyteri », assegnando al primo dei testi presi anche dal Pontificale Romano, i quali « rememorent pristinos dies » e « resuscitent gratiam quae data est per impositionem manuum ».

 

***

Che dire di tutte queste proposte?

C'è indubbiamente molto di buono e paiono dettate da una visione abbastanza concreta del problema.
Ma ci sembra che debbano essere inserite in un quadro ancora più ampio, e fluire da netti e chiari princìpi, che diano l'ossatura del calendario riformando e servan di norma per l'avvenire.
Perchè i giorni dell'anno sono limitati (365), mentre i santi sono moltissimi e in continuo aumento.
Su quali princìpi si potrebbe fare l'accordo?
Pensiamo che debbano essere gli stessi, ai quali si ispirò la Commissione di S. Pio V, quando mise mano alla riforma che da lui prende il nome, perchè proprio allora il calendario romano assunse un carattere vera-mente «cattolico» con l'estensione alla Chiesa universale.
Se ben si osserva, il calendario piano ha embrionalmente un duplice indirizzo: senso di romanità e inizio di universalità cattolica.
Questi due concetti potrebbero fornire i princìpi ispiratori del nuovo calendario.

Romanità e quindi un posto di privilegio dovrebbero avervi gii autentici martiri romani, i santi antichi non romani ma con culto antico in Roma, i santi collegati alle chiese titolari romane, i papi, la dedicazione di chiese romane.
Universalità cattolica: i dottori, i santi Padri e gli scrittori ecclesiastici posteriori,
i santi rappresentativi del monachesimo e dell'ascetismo antico,
i santi rappresentativi delle Chiese orientali,
i santi nazionali (gli evangelizzatori delie varie nazioni,santi e principi, altri santi «nazionali»)
i fondatori (secondo l'importanza che il santo e il suo Ordine hanno nella Chiesa universale),
i santi patroni,
le feste dei più celebri santuari mondiali.
C'è poi un cumolo di questioni sulle feste minori del Signore e della Madonna, sulle feste ideali, gli uffici della Passione, ecc., che devono essere esaminate attentamente, perchè la liturgia soddisfi realmente a tutte (per quanto umanamente possibile) le esigenze della pietà liturgica odierna.

Ma come conciliare l'introduzione o il mantenimento di tutte queste feste col ricercato alleggerimento del calendario dalle feste dei Santi?

Tutto dipende dal grado che esse avranno e dal modo, quindi, di celebrarle.

FINE PARTE SECONDA
Foto : "Vescovo e Capitolo" di chierichetti, usanza in alcune Cattedrali per la festa dei Santi Innocenti, 28 dicembre.
A Vespro il "capitolo" dei bambini si collocava sugli stalli dei Canonici.
Il video della suggestiva cerimonia.

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01/08/2012 08:37

Dalla Rivista " Ephemerides Liturgicae " del 1949 : per una " riforma generale della Liturgia", del Padre Annibale Bugnini, parte terza

 
 Segue da qui e da qui
 
4. IL BREVIARIO 
È il punto che ha incontrato il maggior interessamento e quello che, in realtà, agli effetti d'una riforma, avrebbe maggior portata pratica per il clero. Il Breviario è stato anche, bisogna riconoscerlo, il punto di partenza e il punto di paragone di tutte le riforme precedenti e, se ben si osserva, in tutte c'è stata una costante tendenza ad alleggerire (mai ad accrescere) il pensum quotidiano dell'Ufficio divino. È in questo senso, com'era da prevedere, che si orientano tutti i suggerimenti dei nostri collaboratori, che hanno in comune anche un'altra particolarità: riportare l'Ufficio divino al centro della pietà sacerdotale rendendolo attraente e riportarlo anche, per quanto è possibile, nelle mani del popolo. 
E veniamo alle proposte. 
 1) Il « ritmo » delle Ore del Breviario, che animava con la preghiera frequente, anche nella notte, la vita dei monaci, osservano alcuni, oggi non corrisponde più al ritmo della vita del clero addetto al ministero pastorale, che è la stragrande maggioranza. 
Il lavoro parrocchiale, reso più gravoso dalla deficienza di sacerdoti, le opere sociali e religiose che si moltiplicano gravitando intorno alia parrocchia, cellula naturale della vita cristiana, l'evangelizzazione più elementare che richiede grande disponibilità di tempo, e infine per assolvere queste incombenze, l'organismo umano assai più debole ora che non per l'addietro, tutto ciò, secondo costoro, reclamerebbe necessariamente un alleggerimento e un adattamento. 
Ci vorrebbe, dicono, un Breviario, in cui le pre-ghiere fossero distribuite altrimenti, per esempio al mattino e alla sera. È un ritmo naturale della vita degli uomini, che corrisponderebbe meglio alle nostre presenti condizioni. Se si dimenticassero queste riflessioni d'ordine sociolo¬gico, si conclude, il Breviario sarebbe sempre più un peso per il clero pastorale e la recita fatta tutta assieme di Ore composte per essere scaglionate nella gior-nata non farebbe che accrescere il malessere già adesso così grave. 
2) Altri, al contrario, concepiscono la riforma.non nello spirito d'una diminuzione quantitativa, ma piuttosto d'un migliore equilibrio generale dell'opta Dei attraverso l'anno, la settimana e la giornata. 
La riforma, dicono, deve conservare al Breviario il suo carattere corale « comunitario ». E in: questo dovrebbe favorire il movimento che si nota già in parecchi paesi tra il clero di ritrovarsi insieme nella vita e nella preghiera comune basata precisa¬mente sulla recita dell'Ufficio divino. 
3) Qualcuno rileva che il Breviario attuale « non può considerarsi molto pesante », che la sua recitazione è varia e gradita e riflette meglio la tradizione secolare, è devoto nel contenuto e che quindi una riforma dovrebbe ispirarsi a questi due princìpi: a) semplicità soprattutto nelle rubriche oggi fantastica¬mente complicate (soppressione della « lectio IX », delle commemorazioni, delle ottave, degli uffici trasferiti, ecc.). Il breviario dovrebbe essere un « devozionario » agile e breve, che possa recitarsi senza necessità di calendari o epatte; b) varietà che faciliti la devozione e l'istruzione. L'ideale, sempre secondo costoro, sarebbe che ogni festa avesse lezioni, omelie, inni, ecc. propri; i « comuni » sono la fossilizzazione della pietà. 
 
5. LA SALMODIA 
Il salterio costituisce la base della preghiera liturgica.x 
La inintelligibilità di alcune parti costituiva, fino a poco tempo fa, la prima e più grande difficoltà ad una recita pia e devota. Un gran passo in avanti, su questo punto, è stato fatto con la recente nuova traduzione dei salmi, a proposito della quale, mentre si nota una generale soddisfazione e non si risparmiano lodi per la sua insperata e inattesa realizzazione, non è mancato, (l'accenniamo per scrupolo di esattezza), chi ha espresso il desiderio che « grego-rianisti e latinisti medievali possano ancora esaminare qualche punto » e apportarvi, prima che la « nova interpretatio » venga definitivamente adottata per tutta la Chiesa, qualche leggera modifica, dove il testo presenta ancora delle difficoltà per l'uso liturgico. 
Un vecchio parroco si inquieta per timore che un giorno venga fatto divieto di servirsi del vecchio salterio; egli conosce quasi tutti i 150 salmi a memoria, e durante le visite ai malati, spesso molto lunghe, può recitare a memoria il Breviario, ciò che sarebbe impossibile se il nuovo salterio venisse imposto togliendo completamente l'uso del vecchio. La intelligibilità non esaurisce tutti i problemi che riguardano il salterio. Poiché le proposte di riforma si orientano decisamente verso una riduzione del pensum quotidiano, in genere si punta precisamente sul salterio per raggiungere lo scopo. 
1) Ci son di quelli che vorrebbero ridurre il Maturino, come nell'ottava di Pasqua e di Pentecoste, a tre salmi e tre lezioni e così penserebbero d'aver trovato ipso facto la soluzione voluta. In questo caso si proporrebbe il se¬guente schema: Invitatorio, inno, tre salmi con tre lezioni, Dominus vobis-cum, orazione del giorno (il « Te Deum » dovrebbe riservarsi per le grandi solennità). 
2) Altri invece trovano che l'attuale recita settimanale dell'intero salterio debba restare intatta, e chiedono che si sia più severi, in quanto solo le feste principalissime dovrebbero abbandonare lo schema del salterio settimanale; le altre dovrebbero avere salmi propri solo-a Vespro, Maturino e Lodi; alle Ore minori e Compieta servirsi del salterio corrispondente della settimana. 
3) Nelle feste che prendono i salmi dalla domenica alle Ore minori qual¬cuno consiglierebbe di usare i salmi graduali e il salmo 118 rimanere solo per la domenica. (Ma altri trovano il salmo 118 sempre più bello e ricco e lo vor¬rebbero più spesso ancora). 
4) C'è chi propone che si riveda la distribuzione e divisione dei salmi, abbreviando taluni schemi, come quelli della domenica. 
5) Altre proposte particolari sono: che si eviti di dire due volte lo stesso salmo sotto forme poco diverse, come il 13 e il 52, 39 iii e 69; che si raggruppino i salmi 41-42; che ad ogni salmo si aggiunga una spiegazione in poche parole, o un titolo che ne specifichi il senso; che il simbolo « atanasiano » si serbi per la festa della SS. Trinità, oppure si divida in parti come salmi di Prima della domenica; che alle Lodi si restituisca il vecchio schema in uso prima di Pio X; che ai vespri cantati col popolo si dia la facoltà di sostituire l'ultimo salmo proprio col Laudate Dominum (salmo 116). 
6) Infine non sono mancati quelli che vedrebbero nella distribuzione del salterio in due settimane Punico e più efficace modo di venire ad un reale alleggerimento dell'Ufficio divino. «Si potrebbe pensare, dice uno dei propo¬nenti, ad una riforma più profonda dell'Ufficio divino, che ritenga la recita quotidiana e permetta correlativamente la lettura della Sacra Scrittura. 
Ciò non dovrebbe importare nessun cambiamento sostanziale all'anno liturgico né all'ordinamento base delle Ore canoniche.
 Ma il salterio sarebbe diviso in due settimane col seguente schema: 
Vespri: quattro antifone e quattro salmi o parti di salmi, una lezione della Scrittura (una ventina di versetti) in relazione col tempo liturgico (o con la festa, ma solo per le grandi feste) e seguita da un responsorio, inno, versetto, Magnificat. 
Compieta: schema attuale. 
Matutino: Invitatorio, inno, poi un solo notturno di tre antifone e tre salmi (o tre gruppi di salmi con un solo Gloria), tre lezioni (della Scrittura, storica o patristica, e omelia) le domeniche e feste; una sola lezione alle ferie per annum, due lezioni alle ferie che hanno un vangelo proprio (lezione biblica e omelia). 
Lodi: schema attuale, ma con recita quotidiana del gruppo di salmi 148-150 conforme alla tradizione antica Ore Minori: schema attuale. 
Segue un dettagliato schema di ripartizione salmodica per le due.settimane e l'indicazione dei cantici per il « cursus » ordinario e per quello festivo. Senza dubbio la proposta è suggestiva, assai più di quel che potrebbe sembrare a prima vista. 
L'idea, in fondo, non sarebbe d'una novità assoluta. Il rito ambrosiano ha ab antico il salterio ripartito in due settimane. 
C'è il fatto della rottura della tradizione romana settimanale, che ha fatto scartare il progetto risolutamente anche al P. Parsch. 
Ma, tutto considerato, ci pare che il « vale » ad una veneranda tradizione sia largamente compensato dai vantaggi che ne deriverebbero, qualora il progetto s'avviasse davvero verso una realizzazione; cioè ci pare che sarebbe questo il modo più semplice e più serio di arrivare ad una riduzione ragionevole e conveniente dell' onus canonieum. 
Certo una tendenza verso questa soluzione non potrebbe non ri¬scuotere molti consensi, specialmente da parte del clero pastorale. 
Ma evidentemente ciò rimane in sede di puro desiderio e la nostra segnalazione non ha altro scopo che di mostrare una delle più indovinate e possibili soluzioni allo spinoso problema. 
 
6. LE ANTIFONE 
Alla salmodia sono intimamente legate le antifone, e proposte di vario genere non mancano anche per queste. Si chiede: 
1) che le antifone sia prima che dopo il salmo siano dette sempre per intero e non solo accennate; 
2) che si mettano d'accordo Breviario e Antifonario, dove ci son divergenze tanto per il testo che per la posizione dell'asterisco d'intonazione;
3) che si faccia una migliore scelta delle antifone, più utili, riflettenti meglio il senso del salmo, di cui debbono essere come il titolo, e preferibilmente tolte dal N. T. per mettere il salmo nella luce della Redenzione; 
4) che si tolga l'alleluia da certe an¬tifone che non lo comportano, per es. « Quomodo cantabimus canticum Domini in terra aliena, alleluia, alleluia» (II domen. dopo Pasqua, resp.; « Consolantem me quaesivi et non inveni, alleluia » (festa del S. Cuore), ecc.; 
5) nella festa del Sacratissimo Rosario le antifone del i° notturno si prendano dal Comune della B. V. M. e alle Lodi si prendano dai Vespri, perchè queste antifone sono state applicate ai salmi troppo meccanicamente, i misteri gau¬diosi vengono celebrati due volte, nell'inno dei primi Vespri e nelle antifone del i° e 2° notturno. Così pure con molta incongruenza i misteri gaudiosi vengono messi assieme a quelli dolorosi (20 notturno), e il 40 e 50 mistero doloroso malamente vengono contratti in uno.
 
7 LA LETTURA 
Altro punto di capitale importanza è stato per tutti i proponenti la lettura. 
Se ne chiede all'unanimità un aumento qualitativo e quantitativo. È senza dubbio un buon segno. 
Quando però si passa alla formulazione concreta delle proposte i pareri non sono più concordi. Notiamo subito: da una parte si chiede che la lettura sia aumentata, dall'altra si vorrebbe accorciare il Matutino riducendolo ad un solo notturno e a tre lezioni che non siano troppo lunghe e prese una dal V. T., l'altra storica, la terza dal N. T. (è, in fondo, il vecchio schema del « Breviarium S. Crucis »). 
Ma tre sole lezioni riducono ad un minimo la lettura, ammesso natural¬mente che le lezioni non debbano allungarsi più della giustezza media attuale. 
Quanto alla lezione biblica da moltissime parti si chiede inoltre che sia « con-tinua )>, anche in Quaresima e nelle Quattro tempora. Si vorrebbe che siano scelti i libri più pratici e che siano letti per intero, specialmente gli Atti degli Apostoli e le Lettere. 
Quando poi per qualche impedimento occasionale non si potessero leggere, si dovrebbero senz'altro tralasciare. Si suggerisce, inoltre, che sia riveduta la distribuzione dei libri dei Re, di cui il primo occupa troppo spazio a spese degli altri, e che si dia più campo alla lettura di Geremia, dei Profeti minori e di Giobbe. 
Un desiderio molto diffuso vorrebbe che le lezioni del 1° notturno (bibliche) siano più lunghe, perchè la S. Scrittura nel nuovo Breviario dovrebbe avere un posto più importante. 
Qualcuno concretizzerebbe così: obbligo alla lettura biblica per io mi¬nuti, ma a libefa scelta del sacerdote. In tal modo egli potrebbe leggere ciò che maggiormente gli giova e lo attrae. 
Altri desidererebbero una riduzione delle letture del V. T. e maggiore rilievo del N. T. 
Le lezioni del 2° notturno, invece, andrebbero accorciate, sia per eliminare delle ampollosità di poco o nessun valore spirituale, come per mettere un certo equilibrio tra gli uffici anche quanto alla lunghezza. Le lezioni agiografiche, si osserva ancora, dovrebbero essere rivedute seriamente, eliminando le leggende, che gettano il discredito sulla pietà della Chiesa, e i racconti di miracoli anche autentici, per mettere più in rilievo il carattere proprio dell'attività e della santità di ciascun santo « senza omettere di ben inquadrare » in due o tre frasi, l'ambiente storico, geografico, sociale e spirituale nel quale il santo è vissuto. 
Ciò importa moltissimo per ben valutarne e stimarne le virtù. Se il santo ha lasciato degli scritti, sarebbe desiderabile farne leggere qualcosa, invece della vita spesso ordinaria o schematica. 
Quanto alle lezioni patristiche bisognerebbe prima di tutto darle nel testo critico, citando la fonte da cui sono tolte; poi, per quanto è possibile e secondo i dati degli studi più recenti, assicurarsi della loro reale paternità. Si chiede pure che sia fatta una scelta più « eclettica » dei testi (dalla Chiesa greca, dai Dottori recenti, anche se hanno scritto in lingua moderna). 
Possibilmente nel giorno della festa d'un Dottore si dovrebbe dare un suo testo. Anche i discorsi e le omelie de tempore andrebbero rivedute accuratamente e le omelie dei Comuni essere maggiormente variate. 
Anzi, se fosse possibile, le omelie si vorrebbero per intero, e non solo Tini-zio, in vari giorni o festività (come avviene nell'Ufficio dell'ottava della Dedicazione della chiesa), per poterle leggere complete in più volte. Bisognerebbe, inoltre, togliere risolutamente quei passi, come certe interpretazioni e allegorie (per es. i 38 anni del paralitico della piscina di Bethsaida), che riflettono la moda e il gusto d'un tempo ormai passato, e sostituirli con testi che siano di vero alimento spirituale. Infine una questione pratica che investe tutta la lettura (biblica, patristica, storica, omiletica) è che essa sia fatta in « lingua volgare » in uno stile puro e semplice, o almeno alternatamente un mese in latino e l'altro in volgare (proposta che si estende a tutto il Breviario). 
 
8. CAPITOLI E RESPONSORI 
Alla questione della lettura si connette quella dei capitoli. Si vorrebbe estesa a tutte le domeniche dell'anno la distribuzione in capitoli dell'epistola occorrente per rimediare alla monotonia dei capitoli dei vespri, il solo ufficio celebrato in parrocchia. 
Quanto ai responsori la loro nuova introduzione sotto Pio X è stata certamente un vantaggio per il Breviario e il privarsene ora sarebbe un impove¬rimento. Il responsorio ha una funzione spirituale non piccola in quanto dopo la lettura è come una meditazione, un ripensamento su quanto è stato letto, una elevazione dell'anima a Dio nella lode meditata. Non è, dunque, un semplice pezzo di canto e quindi buono solo per quando l'ufficio è cantato in coro. 
 
9. INNI Le proposte per gli inni possono sintetizzarsi così: 
1) ritornare al testo antico ed a questo ispirarsi per le nuove composizioni; 
2) aumentare il numero degli inni prendendoli dalla innodia classica (Prudenzio, Fortunato, Sedulio ecc.) e da quella ricchissima medievale; 
3) variare maggiormente gli inni nelle feste della Madonna (prendendoli anche dall'innodia orientale) e dei santi per non dover ripetere tanto spesso gli stessi inni del Comune (« Iste confessor », « Ave maris stella », « Deus tuorum militum » ecc.); 
4) degli inni moderni parecchi sono incomprensibili e dovrebbero essere cambiati o modificati; 
5) per aumentare la varietà e l'interesse per gli inni non si potrebbe, chiede qualcuno, assegnarne dei propri a Compieta secondo i tempi e talune grandi feste? Ed ecco per una revisione degli inni esistenti alcuni rilievi particolari: 
1. Nell'inno del Cuore Eucaristico di Gesù ricorre la parola pabulum, (che si trova anche nel Comm. Mart.: «et blanda fraudum pabula ») che in buon latino, anche classico e patristico, significa foraggio, termine davvero poco conveniente per indicare il nutrimento degli uomini. Le frequenti elisioni, come nel verso: Hoc ostium arca* m làter* *st (festa del S. Cuore) rendono un inno impronunciabile e incantabile, e poco meno quello dell'inno a Cristo Re: Tutu* stat ordo civicus, ed è impropria nel medesimo inno la parola « imagine », invece di « specie » nel verso « Vini dapisque imagine ». 
2. La dossologia dell'inno « Ave, maris stella »: Sit laus Deo Patri, - Summo Christo decus, Spiritui Sancto, - Tribus honor unus. andrebbe cambiata così: Sit laus Deo Patri, - Summo Christo decus, Spiritui Sancto - honor, tribus unus. perchè la lezione attuale si trova nei codici più tardivi (cf. Clemens BLUME, S. I., Unsere liturgischen Lieder, Regensburg 1932, p. 205) e secondo la dossologia odierna al Padre conviene la laus, a Cristo il decus e manca l'attributo corrispondente per lo Spirito Santo. 
3. « Iesu corona celsior » (Lodi del Comune dei Conf. non Pont.) do¬vrebbe subire una rifusione generale. La 3a strofa, ricordando il giorno emor-tuale del santo, è in contrasto con la ia dell' Iste confessor, che cambia il 3° verso quando si tratta del giorno natalizio. Si fa notare pure che la triplice vittoria sul mondo, il demonio e la carne nella 4* strofa è assolutamente inafferrabile. Secondo lo stesso proponente bisognerebbe sopprimere completa-mente le prime tre strofe e ordinare le rimanenti così: Te Christe, Rie vanay Virtute, ecc. 
4. Nell'inno delle Lodi per S. Martina (30 genn.) alla ia strofa si vorrebbe cambiare « Thracios » (che richiama troppo l'oraziano odiatore dei nemici) in « Tartaros ». 
5. Nella festa delle sante Perpetua e Felicita martiri (6 marzo) gli inni> se non si fanno nuovi, si prendano dal « Commune plurium non Virginum prò aliquibus locis »: « Nobiles Christi famulas » e « Si lege prisca », perchè quelli in singolare del « Commune unius non Virginis » non convengono. io. 
 
10 LE PRECI 
Ne viene chiesta o la soppressione, o una risoluta riduzione nella formulazione del testo, o una limitazione nell'uso. Alcuni vorrebbero ritenere solo le preci feriali, altri riserverebbero le preci domenicali alle ferie « per annum •» e alle domeniche di Settuagesima e Quaresima e le feriali alle ferie di Quaresima e delle Quattro tempora. - 
Nel ty. per il Sommo Pontefice, che si usa chiamare anche « Santissimo », si fa notare che la parola « beato » del ty. è incongruente, quando nel y. si è già detto « beatissimo ». n. 
 
11 INIZIO E FINE DELLE ORE È generale la richiesta dell'abolizione dei Pater, Ave e Credo con talune preci immediatamente precedenti e seguenti (come il Confiteor, che si vor¬rebbe riservato solo per Compieta), deWIube, dottine, benedicere, alle lezioni, del Benedicite, Deus, a Prima. Qualcuno andrebbe anche più in là, fino alla soppressione delle antifone maggiori della Madonna, tutt'al più conservan¬dole alla fine di Compieta. Per le Ore minori c'è chi propone l'abbandono dei responsori brevi. Comunque sia, è certo che una semplificazione in questo campo ci vorrebbe. Ci sono attualmente delle formole che suppongono l'inizio dell'Ora e non la continuazione della preghiera, come avviene d'ordinario adesso. C'è tutta un'incrostazione che s'è andata formando intorno alla pre¬ghiera canonica originaria sotto la spinta della pietà privata e individuale. Cose piissime e santissime, senza dubbio, ma che nessuno, crediamo, si dorrebbe di vedere con criterio e saggezza eliminate, e la preghiera liturgica risplende¬rebbe allora nella sua nativa bellezza, con semplicità di linee e spontaneità d'espressione. Due « desiderata » incontreranno il consenso generale: i) mettere la preghiera del Signore (Pater) non come appendice dopo le Ore, ma nel punto culminante, come nel rito monastico (e nella Messa): Kyrie... Pater... orazione; 2) revisione delle orazioni: ritorno alla sobrietà classica, eliminandone talune lunghissime, con un cumulo di idee disparate, con dentro tutta la vita del santo, ecc. 
 
12. OSSERVAZIONI SU ALCUNE PARTI DELL'UFFICIO
Abbiamo già fatto alcuni rilievi sulle diverse parti dell'Ufficio divino, trattando la materia sistematicamente. Completiamo ora con qualche anno¬tazione particolare.
C'è chi vorrebbe dare ad ogni Ora un titolo spiegativo: un «tema», una « idea » come guida, e assegnare anche per ogni giorno e per le singole Ore una « intenzione di preghiera » ufficiale della Chiesa. Inoltre, secondo gli stessi proponenti, ogni feria potrebbe avere un significato proprio e particolare più esplicito.
Per esempio: Domenica: Trinità;
Lunedì: azione di grazie;
Martedì: grande lode a Dio;
Mercoledì: preghiera universale;
Giovedì: glorificazione del Dio-Uomo;
Venerdì: Satisfazione generale al Cristo sacrificato per noi:
Sabato: Maria e i santi.
Alcuni chiederebbero facoltà, in Quaresima, di dire ad libitum l'Ufficio de tempore, anziché quello del santo del giorno, come si fa già per la Messa.
Accenniamo appena alla proposta che « i parroci siano autorizzati ad anticipare a mezzogiorno, almeno la domenica e le feste, il Matutino del giorno dopo ».
La questione denota il buono spirito e la pietà di chi l'ha avanzata, ma tradisce una concezione errata dell'Ufficio divino, che per sua natura è una preghiera « oraria », da distribuirsi nei vari tempi propri per santificare tutte le ore della giornata.
Per compensare la sparizione delle lezioni agiografiche, si chiede l'introduzione a Prima della lettura del Martirologio (o per intero, o ridotto a qualche elogio più importante della Chiesa universale e locale).
Questo risolverebbe, secondo i relatori, anche la questione delle commemorazioni, che verrebbero di per se abolite, perchè dovrebbe bastare la memoria che se ne fa a Prima col Martirologio.
Quanto alle Ore minori un suggerimento di indole pastorale vorrebbe che almeno la domenica e le feste i parroci e chi ha cura d'anime ne fossero dispensati.
Si vorrebbe maggiore assicurazione per i I e II Vespri domenicali, sopratutto nel tempo quaresimale e nell'Avvento, anche di fronte alle feste di I e II classe. Per Compieta c'è chi vorrebbe tutti i giorni, eccettuata la domenica, il salmo 50 (« Miserere »). 
Altri preferirebbero tornare all'antico schema invariabile, cioè l'attuale schema della domenica, come prima di Pio X. 
Qualcuno pensa che anche per Compieta i parroci e i sacerdoti che cantano i Vespri col popolo potrebbero esserne esonerati.
Per una giusta soluzione bisogna tener presente il carattere proprio di ciascun'Ora e particolarmente di Compieta, alla quale convengono proprio bene i salmi 90 e 133 e quindi un ritorno allo statu quo antea pensiamo farebbe piacere a tutti. 
Tanto più che l'uso sempre più frequente, tra certe ca-tegorie di fedeli, di Prima e di Compieta come preghiere del mattino e della sera, obbliga il clero a recitare queste Ore con loro e una semplificazione di schemi per l'uso pratico sarebbe desiderabile. 
 
( Fine parte  terza )
 
Foto : Corpus Domini 2012 : Processione nella Piazza Maggiore di Lima-Perú, presieduta dal Cardinale Arcivescovo Juan Luis Cipriani .

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01/08/2012 08:39

Dalla Rivista " Ephemerides Liturgicae " del 1949 : per una " riforma generale della Liturgia", del Padre Annibale Bugnini, quarta ed ultima parte

 Quarta ed ultima parte
1 parte;
2 parte; 
3 parte

13. LE OTTAVE 
 
Hanno preso uno sviluppo enorme, « esagerato » dice un relatore. 
E si ripete per le ottave « l'unanimità dei consensi » perchè siano semplificate. Qualcuno le vorrebbe sopprimere tutte, eccettuate quelle di Natale, Epifania, Pasqua, Pentecoste, Ascensione e Corpus Domini, elevando al grado di duplex l'ufficio infra octavam. 
Altri ragionano così: « Bisogna, senza dubbio, conservare le ottave di Pasqua e di Pentecoste per la loro antichità, e quella di Natale per il suo carattere del tutto speciale: infatti è parte integrante dell'ufficio del Tempo di Natale e dà alla settimana dal 25 al 31 dicembre una fisonomia singolarmente attraente.
L'ottava dell'Ascensione, d'istituzione recente, potrebbe senz'altro scomparire e lo stesso vale per quella del Sacro Cuore e per tutte le ottave non privilegiate. 
Del resto si potrebbero ridurre tutte al grado di ottave semplici, con ufficio proprio solo nel giorno ottavo e con speciale privilegio che permetta di preferirlo in caso d'occorrenza alle feste di rito doppio o inferiore al doppio. Si potrebbe anche dare alle domeniche « infra octavam » un ufficio, che s'ispiri alla festa: si direbbe quasi indispensabile per la maggior parte dei paesi dove le feste non sono più celebrate dal popolo nel giorno assegnato, ma ri¬mandate alla domenica seguente. 
Per l'Epifania e il Corpus Domini, si potrebbe forse conservare l'ottava, ma riducendo a rito semplice tutti i giorni infra octavam, con salterio feriale. 
Non sarebbe il caso di fare un passo anche più avanti e rimaneggiare tutti gli uffici festivi, se non riducendoli a rito semplice, almeno sottomettendoli al principio dell'ufficio a tre lezioni? 
In questo caso i responsori che rimanessero soppressi potrebbero essere utilizzati ai Vespri, alle Lodi e alle Ore minori dopo il capitolo, per non depauperare la preghiera liturgica di questi pezzi, che spesso sono magnifici ». 
 
Riassumendo, il sistema delle ottave, secondo il parere di un disserente, potrebbe modificarsi così:
1 Niente di cambiato :
a. Pasqua
b Pentecoste
c Natale: . 
 
2. Ottave del temporale:
Epifania: giorni infra octavam, uffici a 3 lezioni con salterio feriale, commemorati solo nelle feste di S. Giuseppe e della S. Famiglia; giorno ottavo, ufficio doppio come nel giorno della festa, ma con testi propri, riferentisi al Battesimo di Gesù. Ascensione: ottava soppressa, ma conservare il « tempo dell'Ascensione ». 
Corpus Domini: giorni infra octavam, ufficio a 3 lezioni, che ceda solo dinanzi ai doppi con semplice commemorazione; giorno ottavo, festa di Cristo Sommo Sacerdote. 
Sacro Cuore: ottava semplice, da fondersi con la festa del Preziosissimo Sangue di Nostro Signore. 
 
3. Ottave del santorale.: 
Immacolata Concezione, ottava semplice. 
S. Giuseppe (da celebrarsi nel tempo natalizio), ottava semplice. 
S. Giovanni Battista, ottava semplice. 
Ss. Pietro e Paolo, ottava semplice (il 4 luglio festa di tutti i Santi Papi). 
S. Lorenzo, ottava semplice. 
Assunzione, ottava semplice, da fondersi con la festa del Cuore Immacolato di Maria. 
Natività della SS. Vergine, ottava semplice, da fondersi con la festa del Nome di Maria, che prenda l'ufficio della Natività con le parti proprie dell'ufficio attuale. 
Ognissanti, ottava semplice, da fondersi con la festa delle Ss. Reliquie. 
Santo Patrono e Titolare
Dedicazione della propria chiesa, ottava semplice. 
 
4. Ufficio delle domeniche infra octavam
Conservare intatti gli uffici attuali per le domeniche delle ottave di Natale, Ascensione, Corpus Domini e Sacro Cuore. 
Ripristinare la domenica dell'ottava dell'Epifania e fissare la festa della S. Famiglia in un altro giorno infra octavam. 
Per le domeniche infra octavam delle feste dell'Assunzione e della Natività della SS. Vergine, dei Ss. Pietro e Paolo, di Ognissanti, della Dedicazione, della festa- del Patrono e del Titolare, si potrebbe comporre l'ufficio come segue: Salmi e antifone, capitolo e inno, responsori brevi e versetti, delia festa; lezioni del Matutino e orazione, della domenica occorrente. 
Alla Messa commemorazione (in primo luogo) e prefazio dell'ottava. 
 
14. LE COMMEMORAZIONI 
 
Con l'inserzione del Martirologio a Prima, si dice, già potrebbero sop¬primersi tutte le commemorazioni. Forma, veramente, un po' semplicista di risolvere il problema. 
Altri ne chiedono la soppressione a Matutino, Lodi e Vespri, ma non nella Messa. Bisognerebbe ridurre tutte le commemorazioni a due ed omettere tutto il resto, propongono taluni. Ancora: i santi di rito semplice o doppio in occorrenza con la domenica non dovrebbero esser commemorati che alle Lodi. 
Non ci attardiamo ad esporre altre proposte perchè il sistema semplificato delle ottave porterebbe anche a questa semplificazione, che in definitiva è una conseguenza logica di quanto precede. 
 
15. LE RUBRICHE
 
Tra le varie proposte, ecco le principali:
1. Si premettano brevi note, storiche ed esegetiche, ai vari riti e alle loro parti, oppure si uniscano con le rubriche generali sia del Breviario che del Messale.
Naturalmente le attuali « Rubricae generales » vanno fuse con le « Additiones et Variationes ».
Si segnino con numero progressivo, imitando per brevità e chiarezza i canoni del C. I. C. I nuovi prolegomeni dei libri liturgici dovrebbero servire anche come testo (o come parte sostanziale del testo) di scuola di liturgia pratica nei seminari.
2. Si dovrebbe rivedere o sopprimere la rubrica o le rubriche riguardanti le Ore canoniche in relazione alla Messa conventuale.
Così la norma che prescrive in Quaresima la recita del Vespro prima di mezzogiorno (cioè prima del pranzo) è un evidente errore d'interpretazione, che andrebbe corretto.
3. Qualche annotazione particolare: per togliere ogni dubbio se si debba genuflettere con uno o ambedue i ginocchi, la Rubrica all'Invitatorio: « In sequenti Psalmi versu, ad verba: venite, adoremus, et procidamus, genuflectitur », dovrebbe cambiarsi in quest'altra: « In sequenti Psalmi versu verba: venite, adoremus, et procidamus dicuntur flexis genibus ». 
Nella festa dei santi Angeli alle singole Ore, in calce ai primi Vespri nei giorni 24 marzo, 8 maggio, 29 settembre, 2 ottobre, 24 ottobre si aggiunga la rubrica: « Conclusio hymnorum ad omnes Horas »: Deo Patri sit gloria, - Qui, quos redemit Filius Et Sanctus unxit Spiritus, - Per Angelos custodiat. Amen. Nella ia strofa dell'Iste Confessor si dovrebbe dire sempre : « Hac die laetus meruit supremos - Laudis honores ». 
Cadrebbero così da sé parecchie rubriche speciali nelle feste dei santi.
4. «È urgente, afferma un collaboratore, la compilazione metodica, per uso di tutta la Chiesa, non di una guida particolareggiata dei minimi gesti del coro o degli ufficianti, ma d'una raccolta dei princìpi generali, un vero Codex turis liturgici, in cui sia enunciato chiaramente e classificato sistematicamente quel che debbono fare le singole persone e le varie categorie, secondo i tempi, i luoghi e le circostanze della celebrazione di feste e cerimonie liturgiche.
L'ordine dovrebbe essere, parallelo a quello del Codice di Diritto Canonico e la materia essere fornita dallo spoglio metodico delle rubriche, non andate in disuso o superate, del Messale, Breviario, Pontificale e Cerimoniale, compresa l'appendice per le chiese minori e del Rituale.
La scelta dovrebbe farsi ispirandosi non agli usi giuridicamente in vigore, ma agli abbondanti e seri studi che hanno messo in luce l'origine, il senso e l'evoluzione storica di ciascun rito o cerimonia. 
Un simile lavoro dovrebbe servire in seguito come punto di partenza alle commissioni sinodali e diocesane di liturgia per regolare, secondo i bisogni spirituali dei diversi luoghi, le celebrazioni imposte ad ogni parroco nella sua parrocchia e mettere fine agli arbitrii, che si verificano ogni giorno più ». 
 
CONCLUSIONE 
 
Abbiamo spigolato qua e là nell'abbondante messe.
Proposte e progetti,. nella loro multiforme varietà, riflettono una identica luce: l'intimo desiderio di rinnovamento e di adeguamento della « laus perennis » alle attuali esigenze spirituali del clero e della « plebs Dei ».
Abbiamo voluto riferire con una fedeltà assoluta, spesso con le loro stesse parole, il pensiero dei nostri collaboratori, perchè la loro voce giunga ai lettori non alterata ne travisata, ma nella genuina interezza. 
Mentre ringraziamo vivamente quanti si sono uniti a noi in questo comune lavoro, che ci auguriamo porti « tempore opportuno » i suoi frutti, dichiariamo che le pagine della Rivista resteranno anche in seguito aperte ad ogni altra collaborazione che si attenga, e nell'intenzione e nella formulazione, ad un saggio equilibrio tra « nova et vetera ».
Roma, marzo 1949.
                                                                                         A. BUGNINI, C M.

                                                                                                       ( FINE )

 Messainlatino ha pubblicato tutto lo studio :
 
 

LE OTTAVE 
LE COMMEMORAZIONI 
LE RUBRICHE 
CONCLUSIONE
 
Foto : XXV Congresso Eucaristico Nazionale, Ancona, Processione Eucaristica , particolare. 8 settembre  2011

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02/08/2012 09:06

Le Riforme liturgiche Pacelliane

 
La verità sull'orientamento di Pio XII, lo abbiamo constatando le sue riforme liturgiche.
Furono conformi alla Tradizione o no? Si può parlare di progresso omogeneo delle Riforme liturgiche?
Un libro sicuramente da leggere è La riforma liturgica di Pio XII. Documenti [vol_1] - Memoria sulla riforma liturgica (Bibliotheca ephemerides liturgicae.Suppl) di Braga Carlo.
 
Così viene descritto:

Il volume inizia la pubblicazione dei documenti della Commissione di Pio XII per la riforma generale della Liturgia, attiva dal 1948 all’inizio del Vaticano II. Contiene la “Memoria sulla riforma liturgica”, cioè il progetto base della Commissione, completata dai quattro Supplementi che la integrano.

Il materiale contenuto nel volume non era mai stato pubblicato ed era sconosciuto anche agli storici della Liturgia. È quindi importante, perché documenta il primo tentativo di una riforma “generale” della Liturgia nell’epoca moderna. Ne fu attuata solo una parte, ma è stata un momento precursore della riforma del Vaticano II.

In questo libro documentatissimo si potranno vedere tante cose come per esempio che negli anni '50, ad experimentum il Trio Pacelli-Montini-Bugnini ha introdotto in modo massiccio il volgare in tutte le liturgie (in Francia, Germania e America, nella Messa e tutti i Sacramenti Sacramentali erano in volgare, come da noi nel 1965, con solo offertorio e canone in latino, e questo da ben prima del Concilio Vaticano II, basta andarsi a leggere i decreti).

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