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Ultimo Aggiornamento: 06/08/2012 17:50
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06/08/2012 17:05

Il censimento di Quirinio

§ 183. Il solo Luca, l'evangelista che ha talune mire di storia uni­versale (§ 141), mette in relazione la nascita di Gesù a Beth-lehem con un censimento ordinato dalle autorità romane in Palestina: que­sto censimento avrebbe dato occasione a un viaggio di Giuseppe e di Maria a Beth-lebem e alla nascita di Gesù in questa borgata. Ecco il testo di Luca: Avvenne poi in quei giorni che uscì un decreto da Cesare Augusto di censire tutta la (terra) abitata. Questo censimento primo avvenne governando la Siria Cirinio. E tutti andavano a farsi censire, cia­scuno nella propria città. Salì pertanto anche Giuseppe dalla Ga­lilea, dalla città di Nazareth, nella Giudea, nella città di David la quale si chiama Beth-lehem - giacché egli era del casato e della famiglia di David - per farsi censire insieme con Maria, la fidan­zata di lui, ch'era gravida. Avvenne poi che, mentre essi erano colà, si compirono i giorni per il suo parto, e partori, ecc. (2, 1-7). Contro questo racconto si sollevano tre principali obiezioni: contro il fatto stesso del censimento; contro la sua possibilità giuridica; e contro la maniera in cui il censimento sarebbe stato compiuto. Contro il fatto stesso si obietta che noi conosciamo bensì' un censi­mento compiuto nella Giudea da Quirinio (Cirinio), ma esso av­venne negli anni 6-7 dopo Cr., quando Gesù era nato da più di 11 anni; invece nessun documento storico ci attesta che Quirinio abbia compiuto un precedente censimento verso il tempo della na­scita di Gesu', cioè prima della morte di Erode, e nei territori di costui. Contro la possibilità giuridica del censimento si obietta che i territori del vivente Erode erano territori di un re “amico e alleato” di Roma (§ 11), e quindi Roma non aveva alcun diritto a farvi censimenti. Diverso fu il caso del censimento compiuto negli anni 6-7 d. Cr., perché in quell'occasione Archelao, figlio di Erode, era stato deposto da Augusto e i suoi territori passavano sotto il do­minio diretto di Roma. Contro la maniera seguita nel censimento si obietta che dal rac­conto di Luca risulta che si sarebbe seguita la maniera giudaica secondo cui i censiti si recavano a iscriversi nei propri luoghi d'ori­gine (§ 240). Ma si ritiene impossibile che le autorità romane, che avevano ordinato il censimento, adottassero quella maniera inusitata abbandonando per essa l'abituale maniera romana, la quale - per­seguendo il tributum capitis e il tributum soli - si rifaceva al domi­cilio attuale dell'individuo e al luogo ove egli aveva possedimenti. Quale fondamento hanno tali obiezioni? Esaminiamo brevemente questa vecchia questione alla sola luce dei documenti storici, e so­prattutto la prima e principale obiezione mossa contro il fatto stesso del censimento anteriore alla morte di Erode.

§ 184. Di un censimento da compiersi per ordine di Augusto in tutta la (terra) abitata, ossia praticamente nell'Impero romano, par­la esplicitamente il solo Luca. Ciò è vero. Ma se altri documenti non riferiscono esplicitamente ciò che riferisce Luca, non per que­sto Luca ha torto: l'argomento da silenzio, come tutti sanno, è il più debole e infido che vi sia nel campo storico. Fra gli innumere­voli esempi che si potrebbero addurre, basterà ricordare quello del nostro stesso caso, cioè il censimento fatto da Quirinio in Giudea negli anni 6-7 d. Cr.; il quale censimento è attestato dal solo Flavio Giuseppe, e sebbene mostri qualche incongruenza logica e crono­logica, ordinariamente non è richiamato in dubbio. Inoltre, il silenzio da cui si vorrebbe argomentare non è assoluto, e abbiamo molti indizi che c'inducono a supporre un piano di cen­simento generale. Augusto, eccellente organizzatore ed amministra­tore, si era creato un vero protocollo personale, quasi uno specchio della forza demografica e finanziaria dell'impero, perché alla sua morte - a detta di Tacito - fu ritrovato un Breviarium Imperii scritto tutto di sua mano nel quale erano indicate tutte le entrate pubbliche, il numero dei cittadini (romani) e degli alleati ch'erano nelle armi, lo stato della flotta, dei regni (alleati), delle province, delle imposte, dei tributi, dei bisogni, e delle largizioni (Annal., I, 11). Ora, tutte queste precise notizie come avrebbe potuto Augusto sapere senza censimenti, computi, investigazioni, o simili procedi­menti? E procedimenti di tal genere sono in realtà attestati. Augnsto stesso nel celebre monumentum Ancyranum (ad Ankara) afferma di aver compiuto tre volte il censimento dei cives romani, cioè nel 28 av. Cr., nell'8 av. Cr., e nel 14 d. Cr. È noto altronde che nel 28 av. Cr. furono censite le Gallie, ed è molto probabile che verso lo stesso tempo fosse censita anche la Spagna; inoltre dai papiri recente­mente scoperti risulta che in Egitto si eseguivano censimenti perio­dici alla distanza di 14 anni l'uno dall'altro, e il più antico quasi sicuramente attestato è dell'anno 5-6 d. Cr., a cui seguirono quelli degli anni 19-20, 33-34, 47-48 e cosi' di seguito fino al secolo III. Questi provvedimenti dimostrano che il progetto di un censimento generale doveva essere nei piani di Augusto, sebhene la sua attuazione non fosse simultanea in tutto l'Impero, e che egli l'andava attuando gradualmente già da qualche tempo quando nacque Gesù. Veniamo adesso al Quirinio di Luca.

§ 185. Il senatore P. Sulpicio Quirinio ci è noto anche dagli sto­rici romani. Nato a Lanuvio, vicino a Tuscolo, per la sua intelli­gente operosità era salito ad alte cariche nell'Impero: aveva go­vernato a Creta ed a Cirene, e impiger militiae et acribus ministeriis, consulatum sub divo Augusto, mox expugnatis per Ciliciam Ho­monadensium castellis insignia triumphi adeptus, datusque rector Gaio Caesari Armeniam obtinuit (Tacito, Annal., III, 48). Di que­ste cariche a cui allude Tacito, il consolato è da assegnarsi all'anno 12 av. Cr. e l'assistenza al giovanetto Gaio Cesare, nepote d'Augusto, agli anni 1 av. Cr.-3 dopo Cr. Ma il consolato apriva anche la via alla carica di legatus in una provincia imperiale (§ 20); e di fatti troviamo che Quirinio è al governo della provincia di Siria come legato durante gli anni 6-7 dopo Cr., allorché, deposto Ar­chelao, venne in Giudea ad eseguire insieme col procuratore Co­ponio il già accennato censimento (§ § 24, 43). Tuttavia questa legazione di Quirinio in Siria non ha alcuna rela­zione con la nascita di Gesù, giacché non cominciò prima dell'anno 6 dopo Cr., quando cioè Gesù era circa undicenne. Del resto lo stesso Luca mostra di conoscere bene il censimento degli anni 6-7 dopo Cr. e le sue sanguinose conseguenze (cfr. Atti, 5, 37), e quindi sa certamente che quello non può essere il censimento della na­scita di Gesù. Vi fu dunque un censimento anteriore a quello de­gli anni 6-7 d. Cr.? E fu eseguito, anche questo, da Quirinio? Alcuni studiosi, tanto fra protestanti quanto fra cattolici, hanno ri­sposto alle precedenti domande traducendo in maniera particolare il passo di Luca, 2, 2. Noi, sopra (§ 183), l'abbiamo tradotto: Que­sto censimento primo avvenne governando la Siria Cirinio, ed è la traduzione comune; ma gli accennati studiosi lo traducono: Questo censzmento avvenne prima (di quello avvenuto) governando la Siria Cirinio. Con ciò la questione è risolta; il censimento della nascita di Gesù è diverso e anteriore a quello tenuto da Quirinio nel 6-7 d. Cr., sebbene non si dica di quanto tempo anteriore. Questo modo di tradurre l'aggettivo greco dandogli il significato di “an­teriore“, « precedente », è certamente possibile, e se ne trovano esempi negli stessi vangeli (cfr. Giovanni, 1, 15. 30; 15,18), oltre­ché nei papiri e altrove; tuttavia non si può negare che è una tra­duzione peregrina, e che in realtà è suggerita dal desiderio di evi­tare la difficoltà storico-cronologica offerta dal passo. Seguendo per­tanto la spontanea traduzione comune e affrontando in pieno quel­la difficoltà, vi sono altri argomenti per risolverla? Affinché Quirinio eseguisse nella Giudea un censimento contempo­raneo alla nascita di Gesu', era necessario che egli già in quell'epoca fosse legato in Siria, o almeno vi compisse qualche importante mis­sione investito di speciale autorità. Ebbene, a questo proposito ab­biamo testimonianze molto significative.

§ 186. Un'iscrizione frammentaria trovata a Tivoli nel 1764 (oggi al museo Lateranense), confrontata con un iscrizione di Emilio Se­condo trovata a Venezia nel 1880, offre sufficiente base per con­cludere che Quirinio sia stato già una volta legato in Siria in un tempo imprecisato, ma certamente qualche anno prima dell'Era Volgare. Se egli infatti fu console nel 12 av. Cr., questa sua prima legazione di Siria dovrà essere posta senza dubbio dopo questo an­no; ma quanto tempo dopo? Un'iscrizione trovata nel 1912 ad Antiochia di Pisidia informa che Quirinio era duumviro onorario di quella colonia romana, e questa onorificenza induce a credere che egli fosse al governo di Siria già nel tempo dell'iscrizione; il quale però non può essere fissato con precisione di anni. D'altra parte circa fra gli anni 9-1 av. Cr. bisogna includere come legati di Siria tre personaggi che Flavio Giuseppe menziona, senza però comunicarci i limiti estremi deI tempo che rimasero in carica. Essi sono M. Tizio, che è menzio­nato verso l'anno (10) 9 (o anche 8) av. Cr.; Senzio Saturnino che durò dall'8 al 6 av. Cr.; Quintilio Varo che durò dal 6 al 5 av. Cr. Con l'1 av. Cr. è legato di Siria G. Cesare, nepote di Augusto: per gli altri anni di quest'ultimo decennio avanti l'Era Volgare (3-2 av. Cr.), non abbiamo notizie esplicite, le quali pure ci mancano riguardo alla durata di M. Tizio; dunque la prima legazione di Quirinio in Siria può essere avvenuta in uno di questi due inter­stizii, o nel 3-2 av. Cr., oppure subito prima o subito dopo la lega­zione di M. Tizio, cioè dopo l'anno 12 av. Cr. in cui Quirinio fu console, ma prima dell'8 in cui legato di Siria fu Saturnino. Se si suppone che Quirinio fu legato negli anni 3-2 av. Cr., la que­stione del censimento non è ancora risolta, perché Gesù è nato prima del 4 av. Cr. Resta dunque l'altro interstizio fra gli anni 12-8 av. Cr., che bisogna tener presente come una possibilità. Ma riguardo allo stesso Quirinio abbiamo un'altra notizia che po­trebbe offrire una risoluzione diversa in tutto il problema. La cam­pagna contro gli Omonadensi accennata testé fugacemente da Ta­cito è confermata e presentata più ampiamente da Strabone (XII, 6, 5), il quale comunica che Quirinio intraprese questa campagna per vendicare la morte del re Aminta ucciso dagli Omonadensi, briganti della Cilicia; poiché la Cilicia dipendeva dalla provincia di Siria, torna di nuovo la conclusione che Quirinio, conducendo questa campagna, o era legato di Siria o vi godeva di speciale autorità per gli scopi della campagna. Quando avvenne però que­sta campagna? Una risposta sicura anche qui non possiamo darla con notevole probabilità, sebbene non con certezza, si può supporre che avvenisse tra gli anni 10 e 6 av. Cr. Un ultimo dato, negativo ma importante, è offerto incidentalmente da Tertulliano. Questo eccellente giurista, ch'era benissimo in grado di conoscere i documenti anagrafici romani, rinvia con sicurezza al censimento fatto sotto Augusto in Giudea da Senzio Saturnino come a quello da cui risulta la nascita di Gesù: Sed et census con­stat actos sub Augusto tune in ludea per Sentium Saturninum, apud quos genus eius inquirere potuissent (Adv. Marcion., rv, 19). La menzione qui di Saturnino invece che di Quirinio è assoluta­mente inaspettata, e già per questo mostra che Tertulliano non di­pende da Luca bensì attinge la sua notizia da documenti dell'Impero, forse ufficiali; e il valore della notizia, sebbene negativo, è grandissimo, perché già vedemmo che Saturnino fu legato in Siria poco prima o poco dopo Quirinio.

§ 187. Esaminati fin qui tutti i dati disponibili, si presentano due soluzioni dell'intera questione. Una soluzione può supporre che la prima legazione di Quirinio si svolse fra gli anni 10-8 av. Cr. Sul finire di questo tempo egli in­disse il censimento, il quale appunto perché primo incontrò diffi­coltà in Giudea, e si protrasse cosi a lungo da essere condotto a termine dal successore Senzio Saturnino. Presso i Giudei, ch'erano rimasti fortemennte impressionati da questo primo censimento, esso passò alla storia sotto il nome di Quirinio che l'aveva iniziato, e Luca segue questa denominazione giudaica; presso i Romani lo stesso censimento passò sotto il nome di Saturnino che l'aveva ter­minato, e Tertulliano segue questa denominazione romana. Può dar­si anche che Saturnino da principio fosse il subordinato cooperatore di Quirinio nell'esecuzione del censimento: infatti più tardi, nel censimento degli anni 6-7 d. Cr., il procuratore Coponio fu egual­mente cooperatore di Quirinio (§ 24), ed egualmente Emilio Se­condo nella sua lapide (§ 186) dice di aver eseguito il censimento della città di Apamea per ordine dello stesso Quirinio (certamente durante la sua prima legazione). Tuttavia in seguito Saturnino, suc­ceduto a Quirinio nella legazione di Siria, rimase solo anche nel­l'esecuzione del censimento. Una soluzione analoga, ma forse meno probabile, si otterrebbe in­vertendo le due legazioni, anteponendo cioè quella di Saturnino (8-6 av. Cr.) a quella di Quirinio (3-2 av. Cr.). In tal caso Gesù sa­rebbe stato censito in realtà da Saturnino, ma l'intero censimento sarebbe stato poi attribuito a Quirinio che lo terminò. L'altra soluzione parte dal fatto che in una stessa provincia roma­na talvolta potevano ritrovarsi, insieme col legato imperiale, anche altri insigni ufficiali con incarichi particolari, mentre poi legato e ufficiali erano chiamati indistintamente “governatori”, E Questo fatto è dimostrato con certezza soprattutto riguardo alla Siria. E in realtà Flavio Giuseppe parla più volte del nostro Senzio Saturnino e insieme di un (procuratore) Volumnio chiamandoli col­lettivamente “governatori”, o di Cesare (Antichità giud., XVI, 277) o della Siria (ivi, 344), ovvero “prefetti”, della Siria (ivi, 280). Inoltre Nerone, verso il 63, affidò la legazione di Siria a Cizio o Cincio (forse Cestio), ma lasciò in quella provin­cia il precedente legato Corbulone, riserbando a costui il comando militare con poteri straordinari, come a esperto stratega che già aveva guerreggiato contro i Parti (Tacito, Annal., XV, 25, cfr. i segg.). Parimenti nell'ultima guerra contro Gerusalemme il legato di Siria era Muciano, ma Nerone affidò il comando militare a Ve­spasiano. Quanto all'Africa, una pietra miliaria del 75 dopo Cr. nomina due legati Augusti, specificando che uno di essi è addetto al censimento e l'altro al comando militare. Accertata questa possibilità della coesistenza contemporanea di più “governatori”, è da rilevare che Luca afferma il cen­simento essere stato fatto “governando”, Quirinio la Siria. Ma, in primo luogo, non dice che il censimento fu fatto da lui direttamente, come sembra dire la Vulgata; inoltre, egli non specifica che specie di “governo” fosse quello tenuto allora da Quirinio, se civile-mi­litare ovvero solo militare. Poté dunque avvenire che, al tempo della nascita di Gesù, il legato ordinario di Siria fosse Saturnino, mentre Quirinio era il capo militare della guerra contro gli Omo­nadensi. I poteri concessi a Quirinio per questa guerra gli permet­tevano anche di fare censimenti nella provincia in cui guerreggia va e nelle regioni da essa dipendenti. i Tertulliano attribuirebbe il censimento a Saturnino, legato ordinario; Luca l'attribuirebbe a Quirinio, sia perché egli effettivamente lo ordinò in virtù dei suoi poteri militari, sia perché Quirinio era rimasto celebre per il suo secondo censimento che rappresentò l'assoggettamento definitivo della Giudea.
§ 188. Queste soluzioni hanno ciascuna le loro probabilità, ma chia­re e definitive non sono. Il lato in cui esse rimangono in una fa­stidiosa imprecisione, causata dalla mancanza di documenti, è quel­lo cronologico, che invece sarebbe il più importante nei riguardi della nascita di Gesù. Come è sicura la campagna di Quirinio contro gli Omonadensi, cosi si può ritenere quasi sicura la sua prima legazione in Siria avanti all'Era Volgare. Ma in quali anni precisamente avvennero questi fatti? Abbiamo visto che a tale domanda si danno risposte varie e solo approssimative, le quali perciò non offrono una solida base alla cronologia della nascita e vita di Gesù. Rimangono le altre due obiezioni sollevate contro il racconto di Luca (§ 183), le quali però sono molto meno gravi. Poteva un rappresentante di Roma fare un censimento nei territori di Erode, re “amico ed alleato” di Roma? Checché sia della que­stione puramente giuridica, in pratica la cosa era possibilissima e del tutto naturale, data la sudditanza assoluta che legava Erode ad Augusto. Dopo ciò che sappiamo del servilismo che Erode mo­strò sempre ma specialmente negli ultimi anni di sua vita verso Augusto (§ 11), non è neanche da pensare ch'egli ardisse opporsi il giorno in cui l'onnipotente signore del Palatino avesse deciso, per ragioni di politica generale, di censire i territori dell'umilissimo suo vassallo. Quanto alla maniera giudaica seguita nel censimento a preferenza della maniera romana, si può scorgere in questo particolare, non già un'obiezione, ma una conferma alla storicità del racconto di Luca. I Romani, è vero, avevano la loro propria maniera di cen­sire; ma erano anche esperti politici, e perciò sapevano ben evitare inutili difficoltà di governo e non urtare senza ragione la suscet­tibilità dei popoli soggetti. A Roma si sapeva perfettamente che il censimento d'un popolo straniero, soprattutto se era il primo cen­simento, costituiva un'operazione pericolosa, perché rappresentava a prova ufficiale della soggezione di quel popolo per citare un solo esempio, basti ricordare che il censimento delle Gallie comin­ciato nel 28 av. Cr. da Augusto provocò ribellioni gravissime, tanto che fu dovuto sospendere per allora, e poi fu ripreso altre due volte da Druso e poi da Germanico. A Roma, quindi, si saranno previsti con certezza grandi malumori da un censimento di Giudei, tenace­mente attaccati alle proprie tradizioni per motivi religiosi e nazio­nali. E in tali condizioni sarebbe stato insensato aumentare ancora le difficoltà, seguendo la maniera romana. Roma non s'impuntava su vuote formalità: purché il censimento si effettuasse, importava poco che si seguisse la maniera romana o quella giudaica, mentre una elementare prudenza consigliava appunto di seguire la maniera giudaica specialmente in questo primo censimento. Noi, del resto, non sappiamo se nel secondo censimento, fatto da Quirinio nel 6-7 d. Cr., si seguì la maniera romana: può darsi di si, ma può anche darsi che si seguisse la maniera giudaica. Dai papiri, tuttavia, risulta che in Egitto i Romani imponevano ai cittadini che si trovavano fuori dei propri distretti, di ritornarvi in occasione del censimento: il chc; sarebbe in favore del racconto di Luca.


[SM=g27998] [SM=g27998] [SM=g27998] L'ASPETTO FISICO DI GESU’

§ 189. Dell'aspetto fisico di Gesù le fonti degne di fede non dicono assolutamente nulla. Un accenno si è voluto trovare nel racconto del pubblicano Zaccheo; costui, essendo Gesù giunto a Gerico, cer­cava di vedere Gesu' (per conoscere) chi fosse, e non poteva a causa della folla, perché di statura era piccolo: e fatta prima una corsa in avanti, salì su un sicomoro per vederlo, perché di là stava per pas­sare (Luca, 19, 3-4). Dalle quali parole si è voluto concludere che Gesù era piccolo di statura. Questa interpretazione, già proposta un tre secoli fa, è una pura stramberia senza alcun fondamento, sebbene sia stata rinnovata recentemente da R. Eisler (§ 181): è chiaro infat­ti che il soggetto di tutto l'episodio non è Gesù ma Zaccheo, quindi egli di statura era piccolo, e appunto per questo si arrampica sull'albero; del resto ben poco gli sarebbe giovata la sua arrampicatura, se si fosse trattato di vedere un uomo di bassa statura assiepato da molta folla.

§ 190. A questa mancanza di notizie la cristianità successiva, naturalmente, non si rassegnò, né nel campo artistico nè in quello letterario. Per il campo artistico un ostacolo gravissimo alla produzione di una vera e storica effigie di Gesù era stata la circostanza che egli era nato, vissuto e morto in Palestina, ove l'ortodossia giudaica in­terdiceva ogni raffigurazione di esseri animati per paura dell'idola­tria: la prima generazione cristiana, provenendo in enorme mag­gioranza dal giudaismo, non poteva quindi avere alcun motivo e desiderio di trasmettere un'effigie di Gesù. Al contrario, se Gesù fosse vissuto fuori della Palestina e la maggior parte dei primi cristiani fosse appartenuta alla civiltà greco-romana, non è improbabile che qualche delineazione del suo aspetto fisico sarebbe stata curata fin da quei tempi. E cosi le più antiche raffigurazioni superstiti di Gesù sono in Occidente quelle delle catacombe (II-III secolo) e in Oriente le pitture bizantine (IV secolo), le quali tutte non riproducono lineamenti storici, ma dipendono esclusivamente da motivi ideali e sono creazioni di fantasia. Nel campo letterario dipendono egualmente da motivi ideali le più antiche descrizioni dell'aspetto fisico di Gesù, e si dividono in due correnti totalmente diverse. I motivi ideali sono passi dell'Antico Testamento riferentisi egualmente al Messia, il quale però è presen­tato sotto aspetti diversi.
In uno dei carmi del “servo di Jahvè s’era stato affermato: Figura egli non aveva nè beltà, e lo guardammo e non (aveva) sembianza tal che lo pregiassimo (Isaia, 53, 2); d'altra parte un canto messianico, in forma di mistico epitalamio, aveva esclamato: Bellissimo tu sei fra i figli d'uomo: soffusa e' la grazia sulle tue labbra (Salmo 45, 3 ebr.). Indubbiamente testi di questo genere non miravano alle fattezze fisiche del futuro Messia, ma valevano come semplici allegorie, adom­brando il primo i dolori e il secondo i trionfi di lui. Tuttavia non mancarono scrittori cristiani che li presero alla lettera, pretendendo ritrovarvi descrizioni dell'aspetto fisico di Gesù; il quale perciò fu creduto brutto o bello, a seconda della citazione da cui si traeva argomento.

§ 191. I partigiani della bruttezza di Gesù sono in genere più an­tichi; ma di solito, o esplicitamente o implicitamente, essi si riferi­scono al citato passo di Isaia, mostrando con ciò di mirare più al­l'idea del Messia sofferente che alle fattezze fisiche di Gesù, co­sicché non è sempre possibile precisare il loro pensiero. Per S. Giu­stino martire Gesù era deforme; per Clemente Alessandrino era brutto il viso; secondo Tertulliano era privo di beltà: S. Efrem siro lo dice alto tre cubiti, cioè poco più di metri 1,35. Origene, che riporta l'obiezione del pagano Celso (§ 195) secondo cui Gesù era piccolo, sgraziato e senza avvenenza, non sembra dissentire molto su questo punto dal suo avversario; ad ogni inodo egli riporta anche la curiosa opinione di certi cristiani, secon­do cui Gesù a volta a volta appariva brutto agli empi e bello ai giusti, e confessa che tale opinione non gli sembra. Più numerosi, ma più recenti, sono i partigiani della bellezza di Gesù, quali Gregorio di Nissa, Giovanni Crisostomo, Teodoreto, Girolamo, ecc. Anche costoro partono di solito da ragioni non storiche ma ideali, e specialmente dal passo del Salmo citato sopra. Tuttavia fin qui sono affermazioni vaghe, di bruttezza o bellezza generica. Più tardi cominciano le precise descrizioni di Gesù e sem­pre come di uomo specioso.

§ 192. L'anonimo pellegrino di Piacenza che verso l'anno 570 visitò la Palestina, vide in Gerusalemme la pietra sulla quale Gesù stette ritto quando auditus est a Pilato, ubi etiam vestigia illius remanse­runt. Pedem pulchrum, modicum, subtilem, nam et staturam com­munem, faciem pulch ram, capillos subanellatos, manun: formosam, digita longa imago designat, quillo vivente picta est et posita est in ipso pra'etorio (Geyer, itinera Hierosol., pag. 175). Verso l'anno 710 Andrea metropolita di Creta, dopo aver parlato del ritratto di Gesù dipinto secondo la tradizione da Luca, soggiun­ge: Ma anche il giudeo Giuseppe racconta che il Signore e' stato visto nella stessa maniera: con sopracciglia congiunte, con occhi belli, con viso lungo, alquanto curvo, di buona statura come certamente appariva dimorando insieme con gli uomini; similmente (descrive) anche l'aspetto della Madre di Dio, come oggi si vede (dall'immagine) che taluni chiamano anche la Romana (frammento in Migne, Patr. Gr., 97, 1304). Questa descrizione proviene certamente, non già dal giudeo Giuseppe (Flavio), ma da una precedente tradizione bizantina, e sembra anche risentire dell'opposta opinione che credeva alla bruttezza di Gesù (di cui è forse traccia l'aggettivo alquanto curvo, interpretato qui beni­gnamente). Ad ogni modo gli elementi principali di questa descrizio­ne sono ripetuti ancora nella tradizione successiva, che li mescola con altri tratti desunti da fonti ignote o anche dalla fantasia.
Il monaco Epifanio verso l'800 a Costantinopoli era in grado di affermare che Gesù era alto circa 6 piedi (circa metri 1,70), con ca­pigliatura bionda, con una leggiera inclinazione del collo in modo che il suo aspetto non era del tutto perpendicolare, col viso non rotondo ma alquanto allungato come quello di sua madre, alla quale del resto egli rassomigliava in tutto. L'altezza di Gesù è invece di soli 3 cubiti (poco più di metri 1,35) secondo la Lettera sinodale dei Vescovi di Oriente dell'anno 839 e secondo il discorso di un anonimo bizantino sull'immagine della Vergine, i quali documenti del resto sostengono la bellezza di Gesù, pur ripeten­do meccanicamente elementi sparsi delle descrizioni già viste.

§ 193. In seguito ancora gli stessi elementi passarono in Occidente, e confluirono fra l'altro anche nella Leggenda aurea di Giacomo da Varazze (Varagine) del secolo XIII. Verso lo stesso tempo fu composta la cosiddetta Lettera di Lentulo, che ebbe gran fortuna in Occidente fra i secoli XIV-XI e si presenta come inviata al Senato romano da un favoloso predecessore di Pilato, di nome Lentulo; in essa è conte­nuta la seguente descrizione, il cui inizio dipende evidentemente dal famoso testimonium flavianum (§ 91), mentre il seguito tradisce re­miniscenze delle descrizioni precedenti: Apparuit temporibus istis et adhuc est homo (si fas est hominem dicere) magna virtutis no­minatus Jesus Christus, qui dicitur a gentibus pro pheta veritatis, quem ejus discipuli vocant filium Dei, suscitans mortuos et sanans (omnes) lan guores, homo quidem statura procerus mediocris et spee­tabilis, vultum habens venerabilem, quem possent intuentes diligere et formidare, capillos habens coloris nucis avellanae praematura', pla­nos fere usque ad aures, ab auribus (vero) circinnos crispos, aliquan­tulum ceruliores et fulgentiores, ab humeris ventilantes, discrimen habens in medio capitis, juxta morem Nazaraenorum, frontem pia­nam et serenzsstmam, cum facie sine ruga et macula (ali qua), quam rubor (moderatus) venustat: nasi et oris nulla prorsus (est) repre­hensio; barbam habens copiosam capillis concolorem, non longam, sed in mento (medio) parum bifurcatum; aspectum habens simpli­cem et maturum, oculis glaucis variis et claris existentibus; in increpatione terribilis, in admonitione blandiens et amabilis, hilaris servata gravitate; ali quando flevit, sed nunquam risit; in statura cor­poris pro pa gatus et erectus, manus habens et bracizia visu delecta­buia, in colloquio gravis, rarus et modestus, ut merito secundum pro phetam diceretur: “Speciosus inter filios hominum”.
Quest'ultima citazione è certo edificante, fatta com'è dal presunto pagano Lentulo; ma è costituita appunto dal Salmo (45, 3 ebr.) che sopra abbiamo citato come principale ispiratore di quella corrente cristiana che ha parteggiato per la bellezza fisica di Gesù. Intanto tutto il Medioevo cristiano era convinto di possedere, in siffatte descrizioni letterarie e nelle relative immagini pittoriche, la vera effigie di Gesù, chiamata anche con termine in parte bizantino la vera icone, che il volgo personificò in Veronica. Qual è colui, che forse di Croazia Viene a veder la Veronica nostra, Che per l'antica lama non si sazia, Ma dice nel pensier fin che si mostra: Signor mio Gesu' Cristo, Dio verace, Or fu si fatta la sembianza vostra? Dante, Paradiso, XXXI, 103-108. Movesi il vecchierel canuto e bianco Del dolce loco ov'ha sua eta' fornita E da la famigliola sbigottita Che vede il caro padre venir manco: Indi traendo poi l'an ti quo fianco Per l'estreme giornate di sua vita, Quanto piu' può col buon voler s'aita Rotto dagli anni e dal cammino stanco. E viene a Roma, seguendo il desio Per mirar la sembianza di colui Che ancor ìà su nel ciel vedere spera... Petrarca, Canzoniere, XVI.


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