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SCARICA QUI LA VITA DI GESU' CRISTO DI DOM RICCIOTTI (3)

Ultimo Aggiornamento: 06/08/2012 21:11
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06/08/2012 21:05

Le apparizioni nella Galilea

§ 634. Le apparizioni di Gesù fin qui narrate avvennero tutte a Gerusalemme o nei dintorni, ossia nella Giudea; altre, narrate egual­mente dagli evangelisti, avvennero poco appresso nella Galilea: quel­le ricordate da Paolo (§ 626) dovettero avvenire parte nella Giudea e parte nella Galilea. La diversità della regione ha la sua importanza. Gli angeli apparsi al sepolcro avevano incaricato le pie donne di comandare ai discepoli e a Pietro che si recassero in Galilea ove avrebbero visto il risorto (§ 623); ciò narrano concordemente Matteo e Marco, che difatti si attengono a questo comando e riferiscono soltanto apparizioni nella Galilea (salvo Matteo, 28, 9-10, e l'appendice di Marco, 16, 9-20). Il comando dato ai discepoli non è invece riportato da Luca e Gio­vanni; perciò essi riferiscono ampiamente apparizioni nella Giudea sebbene non omettano quelle nella Galilea (ad es. Giovanni, 21). Ma la preferenza dell'una o dell'altra regione non è che una conseguenza del particolare scopo propostosi da ciascun evangelista; infatti le ap­parizioni del risorto davanti a gruppi più numerosi di testimoni, e in cui furono impartite norme più ampie e disposizioni più fondamen­tali riguardo al regno dei cieli, avvennero in Galilea (cfr. Matteo, 28, 16-17, e I Cor., 15, 6), ed a queste accennano - più che narrarle esplicitamente - Matteo e Marco: per tale motivo essi, volendo ri­chiamare l'attenzione del lettore su quelle apparizioni, premettono l'appuntamento in Galilea dato ai discepoli dagli angeli. Ma questa preferenza dei due primi Sinottici non esclude la tradizione delle apparizioni nella Giudea, prescelta per i loro scopi da Luca e in par­te da Giovanni; sappiamo infatti per vecchia esperienza che nessun evangelista pretende esaurire l'argomento, e di ciò abbiamo qui una chiarissima conferma da Luca. Egli, dopo aver narrato le apparizioni della domenica di resurrezione (Luca, 24, 1-49), passa a narrare sen­za alcun distacco cronologico l'ascensione del risorto (ivi, 50-53), co­sicché a leggere soltanto il suo vangelo si potrebbe legittimamente concludere che l'ascensione sia avvenuta nello stesso giorno della resurrezione; senonché il medesimo Luca, poco dopo il vangelo, scri­ve anche gli Atti ove (1, 3) più distintamente ricorda che Gesù dopo la resurrezione apparve agli Apostoli dimostrandosi vivente con molte prove e parlando loro per quaranta giorni del regno di Dio. Abbiamo pertanto due tradizioni rispecchiate nel Nuovo Testamento, una sulle apparizioni nella Galilea e l'altra su quelle nella Giudea: nessuna delle due tradizioni vuol essere esauriente e tanto meno escludere l'altra, bensì ogni scrittore preferisce o l'una o l'altra, e talvolta (Pao­lo, Giovanni) le impiega promiscuamente.

§ 635. Terminato il ciclo delle feste pasquali, gli Apostoli tornarono nella Galilea; a tale ritorno li spingeva, oltre il comando dato loro da Gesù (§ 623; Matteo, 26, 32), anche il pensiero che là sarebbero Stati lontani dalla sorveglianza immediata del Sinedrio, e quindi più liberi nell'attesa che il risorto si mostrasse come e quando avesse voluto. La promessa di Gesù, infatti, aveva fissato il luogo ma non il tempo, e perciò non restava che attendere. Forse la partenza da Gerusalemme seguì di poche ore l'apparizione a Tommaso, la quale poté avvenire quando gli Apostoli erano già riuniti in carovana per partire. Qualche giorno dopo, sulle rive del lago di Tiberiade, sta­vano di nuovo Simone Pietro, Tommaso, Nathanael (Bartolomeo), Giacomo e Giovanni, e due altri Apostoli innominati che forse erano Andrea e Filippo. Il piccolo gruppo probabilmente viveva ancora di proventi messi in comune, come quando era insieme con Gesù e la cassetta comune era tenuta da Giuda. Può darsi che in quei due giorni, dopo la fuga di Giuda con la cassetta e dopo le spese sostenute a Gerusalemme e nel viaggio, il gruppo si trovasse in strettezze economiche; ad ogni modo quei pescatori non potevano restarsene oziosi in vista del lago, e pur aspettando di giorno in giorno l'apparizione del risorto ripresero le antiche occupazioni per procurarsi il sostentamento. Una sera Si­mone Pietro dice agli altri: Vado a pescare. Gli rispondono: Ve­niamo anche noi con te. La pesca notturna riusciva meglio a essere in molte braccia, perché potevano impiegare le reti lunghe a stra­scico. Saliti in barca e gettate le reti, quella fu una nottataccia e allo spuntar dell'alba ancora non avevano preso nulla: del resto, già nel passato Simone Pietro aveva conosciuto di simili nottatacce (§ 303). Accostarono quindi alla riva per sbarcare.
Quando furono vicini un 200 cubiti, ossia un centinaio di metri, in­travidero a terra tra la foschia una figura che non si distingueva be­ne ma sembrava un uomo che li aspettasse: forse era un rivenditore che voleva acquistare il pesce. Giunti poi a tiro di voce, l'uomo do­mandò: Ragazzi, che avete qualcosa da mangiare? Dopo una notte di fatiche sprecate, la domanda arrivava come una celia e perciò non fu gradita. Dalla barca gli fu risposto con un No! secco, che non ammetteva replica. E invece la replica venne; l'uomo gridò ancora attraverso la nebbia mattutina: Gettate la rete dalla parte destra della barca, e troverete! E chi era quello sconosciuto che dava consigli con tanta sicurezza? Parlava a vanvera o per esperienza? Tutti e due i casi erano possi­bili; ma, tante volte, pescatori esperti sanno trarre preziose indica­zioni da segni minimi dell'acqua, e forse quello sconosciuto aveva visto dalla spiaggia qualche buon segno: ad ogni modo un nuovo tentativo, dopo tanti inutili, costava poco, e fu subito fatto. La rete fu gettata dove lo sconosciuto aveva detto, e non riuscivano piu' a tirarla per la moltitudine dei pesci. Questo risultato fece riaffiorare vecchi ricordi nella memoria di quei pescatori (§ 303). Dopo un attimo di trepidante dubbiezza, il disce­polo che Gesù amava, scattando, balzò vicino a Pietro e gridò con l'indice teso verso lo sconosciuto: E’ il Signore! Tutto allora diventò chiaro e naturale per quegli uomini.

§ 636. Simone Pietro, udito che é il Signore, si cinse attorno il ca­miciotto giacché era nudo, e si gettò nel mare; ma gli altri discepoli vennero con la barca - giacché non erano lontani dalla terra ma (soltanto) circa duecento cubiti - trasci­nando la rete dei pesci. Il focoso Pietro, conforme al suo carattere, non può aspettare e si getta in acqua per far più presto; per nuotare più agevolmente si strinse bene ai fianchi l'ampio camiciotto, che indossava a carne durante il lavoro in luogo della tunica: era dun­que nudo in quanto privo dell'usuale tunica, ma già aveva indossato il camiciotto che egli al grido di Giovanni strinse bene alla vita per poter nuotare. Il nuotatore superò in poche bracciate il cen­tinaio di metri che lo separavano dalla riva, e presto fu ai piedi del risorto; ma gli altri rimasti in barca vennero lenti perché dovevano trascinare il grosso peso. Quando poi scesero, videro sulla riva un focherello acceso, con pe­sci che arrostivano e pane preparato. Dice loro Gesu':”Portate dei pesci che prendeste adesso”. Pietro risalì in barca e aiutato dagli al­tri tirò a terra la rete: conteneva 153 grossi pesci, ed essendo tanti non si squarciò la rete. Dice loro Gesu': “Venite a far colazione”. Nessuno però dei discepoli osava interrogarlo:”Tu chi sei?” sa­pendo ch'e' il Signore. Sentivano quegli uomini un certo timore re­verenziale, quasi un pudore mistico, che li tratteneva dal rivolgere al maestro redivivo qualsiasi domanda circa la sua persona. Per es­ser lui, era lui, da non poterne dubitare; ma quanto volentieri gli avrebbero rivolto domande come queste Come hai fatto a risor­gere da morte? Dove sei stato in tutti questi giorni? Come sei ve­nuto qui? Dove stai quando non stai con noi? Ma tutte siffatte domande erano impedite dalla riverenza, e nessu­no osava interrogarlo.

§ 637. La riverenza non impedì però l'appetito, e tutti mangiarono gioiosamente il pane e i pesci distribuiti loro da Gesu'. Rifocillati gli stomachi, si passò alle anime. Quando dunque ebbero fatto cola­zione, dice Gesu' a Simone Pietro:”Simone (figlio) di Giovannini? mi ami più di costoro?”. Dice (Pietro) a lui:”Si, Signore, tu sai che io ti voglio bene”. Gli dice (Gesu'): « Pasci i miei agnelli ». Dice a lui. di nuovo per la seconda volta: « Simone di Gio­vanni, mi ami? ». Dice a lui: « Sì', Signore, tu sai che ti voglio be­ne ». Gli dice: « Pasci le mie pecorelle ». Gli dice per la terza volta: « Simone di Giovanni, mi vuoi bene? ». Pietro s'attristò perché gli disse per la terza volta: « Mi vuoi bene? » e disse a lui: « Signore, tu sai tutto: tu conosci che ti voglio bene ». Gli dice Ge­su': « Pasci le mie pecorelle...». La triplice domanda di Gesù non fa­ceva allusioni al passato per caritatevole delicatezza, ma con un do­loroso passato era ben collegata mediante la sua triplice ripetizione tre volte aveva' Pietro rinnegato il maestro nell'ora delle tenebre, e adesso tre volte in compenso gli professava amore nell'ora della luce. Ma anche per un'altra ragione la triplice domanda si ricollegava col passato. Nel giorno di Cesarea di Filippo lo stesso Simone era stato da Gesù proclamato Roccia fondamentale della Chiesa, con l'incari­co di governarla come un pastore governa il suo gregge (§ 397); ebbene, si ricordi Simone Pietro che questo suo ufficio dovrà essere una cura d'amore, una conseguenza di quell'affetto ch'egli ha pro­fessato a Gesù.
Il pastore supremo s'allontanerà dal suo gregge ma non lo lascerà incustodito: in sua vece stabilisce egli un pastore vi­cario, il quale dovrà agire con quello stesso amore e per quello stes­so amore con cui ha agito il pastore supremo. Per quell'amore il pastore supremo è stato ucciso: è quindi possibile che la stessa sorte spetti al pastore vicario. Per Pietro personalmen­te questa sorte è predetta come sicura da Gesu', il quale perciò pro­segue: “.... In verita, in verita' ti dico, quando eri più giovane ti cin­gevi da te stesso” come aveva fatto in realtà Pietro poco prima per gettarsi in acqua «e camminavi dove volevi; ma quando (tu) sia in­vecchiato, stenderai le tue mani e un altro ti cingera' e condurra' dove non vuoi». Ora, disse questo significando con qual morte (Pie­tro) glorificherà Iddio. Quando Giovanni scriveva quest'ultima proposizione, già da parecchi anni Pietro era stato ucciso per la fede di Gesù e per l'amore dell'ufficio affidatogli: altri Io aveva veramente cinto di vincoli e condotto al supplizio, facendo sì che il pastore vicario anche nella morte seguisse il pastore supremo. Perciò Gesù conchiuse il suo discorso a Pietro dicendogli, a guisa di esortazione e insieme di conforto: Seguimi!

§ 638. Ma questa, e certo anche altre apparizioni di Gesù nella Ga­lilea, non ebbero la solennità di quella a cui accenna Matteo (28, 16 segg.). Essa avvenne su una montagna la quale, come ci si dice qui occasionalmente, era già stata stabilita da Gesù come luogo di convegno agli Apostoli. Naturalmente con questa sola notizia è im­possibile riconoscere di quale montagna si tratti: che fosse quella delle Beatitudini, ossia del Discorso della montagna (§ 316), si po­trebbe congetturare solo in forza dell'analogia fra le due scene. ben possibile che al principio o alla fine di questa apparizione, che dovette essere lunga, fossero presenti anche altri discepoli di Gesù oltre agli Apostoli: ma è del tutto incerto che appunto ad essa alluda Paolo quando ricorda occasionalmente che il risorto fu visto da piu' che cinquecento fratelli insieme, dei quali i piu' sono superstiti fino ad oggi (§ 626). Le particolarità dell'apparizione questa volta non ci sono narrate: perciò non sappiamo a quali circostanze della scena o a quali delle persone presenti si riferisce l'accenno alcuni poi dubitarono; forse questi dubitanti non erano gli Apostoli, e se erano essi il loro dubbio si riferì non al fatto della resurrezione ma a ta­lune circostanze che dovevano garantire l'identità del risorto. Ricono­sciuto con certezza dagli Apostoli, Gesù disse loro: Mi fu data ogni. potestà in cielo e sulla terra. Messivi dunque in cammino, rendete discepole tutte le genti, battezzando essi nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spirito, insegnando loro ad osservare tutte quante le cose che comandai a voi. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo (cfr. § 525).

La Chiesa fondata da Gesu' entrava oramai in un nuovo periodo, che si sarebbe prolungato sino alla fine del mondo.

In luogo del pastore supremo stava il pastore vicario; il gregge doveva esser formato da tutte le genti di ogni regione e stirpe, e non dalla sola nazione eletta d'Israele; tutti i nuovi entrati nel gregge sarebbero stati discepoli di Gesù, come erano stati i discepoli immediati che lo avevano co­nosciuto di persona; nel gregge si doveva entrare per mezzo del battesimo e della fede nel nome del Padre e del Figlio e del santo Spi­rito; compito dei nuovi discepoli era di osservare quanto Gesù aveva comandato di osservare ai vecchi discepoli; soprattutto, poi, il gregge sarebbe stato assistito e protetto dal pastore supremo, il quale in maniera invisibile ma non meno efficace sarebbe rimasto in mezzo ai suoi futuri discepoli fino alla fine del mondo. Qui perciò finisce la vita di Gesu', e comincia quella della Chiesa: si chiude la storia del Cristo secondo la carne, e comincia quella del Cristo mistico (Efes., 5, 23; Coloss., 1,18).

L'ascensione

§ 639. Tutti presi da questa idea, che la storia del Cristo secondo la carne è semplicernente il primo capitolo della storia della Chiesa, gli evangelisti hanno dato pochissimo rilievo alla scomparsa materia­le di lui dalla terra, ossia alla sua ascensione; la materialità visibile, infatti, contava poco quando si era ben certi della presenza invisibile di lui e della sua assistenza dall'alto dei cieli. Troviamo perciò che l'ascensione di Gesù non è affatto narrata da Matteo; in Marco (16, 19) essa è fugacemente accennata nell'appendice; in Giovanni (20, 17) è appena ricordata in forma di predizione; l'unico evange­lista che la narri con una certa ampiezza è Luca (24, 50 segg.), ma appunto perché egli, terminando nel vangelo la storia del Cristo se­condo la carne, si è proposto di scrivere subito appresso anche la storia del Cristo mistico: i suoi Atti di (degli) Apostoli sono infatti una storia episodica della Chiesa, e perciò essi cominciano ripetendo l'ascensione (Atti, 1, 1-11) come con l'ascensione si era chiuso il suo vangelo. Essa avvenne presso Gerusalemme sul monte degli Olivi, nelle vici­nanze di Bethania, quaranta giorni dopo la resurrezione. Poiché gli Apostoli partirono da Gerusalemme per la Galilea quando erano pas­sati non meno di otto giorni dalla resurrezione (§ 635) e si ritrovaro­no a Gerusalemme alquanto prima dell'ascensione, la loro permanen­za nella Galilea sarà stata di meno di un mese.
A questo tempo par­ticolarmente vanno assegnate le molte altre apparizioni vagamente accennate da Paolo (§ 626), e anche da Luca quando dice che il ri­sorto apparve agli Apostoli dimostrandosi vivente con molte prove, parlando del regno di Dio e trattando abitualmente con essi (Atti, 1, 3-4). Trasferitisi quindi nuovamente a Gerusalemme per ordine senza dubbio di Gesù, ivi avvenne l'ultimo convegno; in esso il ri­sorto impartì le ultime disposizioni, fra cui quella che non si allon­tanassero dalla città per aspettarvi “la promessa del Padre che udiste di me: poiché Giovanni battezzò in acqua, ma voi sarete battezza­ti in Spirito santo fra non molti (di) questi giorni” (Atti, 1, 4-5).

§ 640. La promessa si riferiva a quanto avvenne poco dopo, nel giorno della pentecoste giudaica (§ 76), con la discesa dello Spirito santo. Ma anche in quest'ultimo convegno col maestro risorto, gli Apostoli sentivano vagamente che stava per compiersi qualche cosa di straordinario: perciò nelle loro menti riaffiorarono le antiche idee di messianismo nazionalista, le quali erano cosi radicate in quegli spiriti giudaici che vi si erano conservate in parte anche attraverso i fatti della morte e della resurrezione. I convenuti si avvicinarono quindi pieni di speranze a Gesù e con un dolce sorriso invitatorio, quasi per ottenere una confidenza da lungo tempo bramata, gli chiesero: Signore, che forse in questo tem­po ristabilisci il regno ad Israele? Il povero Israele, infatti, stava là da tanti anni privo di qualunque potere politico e sottoposto dapprima a quei bastardi di Erodi e poi a quegli incir­concisi di Romani: proprio questo, dunque, sarebbe stato il tempo opportuno per creargli un bel regno, il cui monarca sarebbe stato naturalmente Gesù stesso, che però si sarebbe servito degli Apostoli come di ministri; con un'organizzazione di tal genere sarebbe stato facilissimo spedire eserciti alle quattro parti del mondo per sbaraglia­re i Romani e insieme predicare la dottrina di Gesù. Che male ci sarebbe stato a compiere i due uffici insieme, di conquistatori po­litici e di missionari del vangelo con la spada alla mano?
L'antico salmo aveva ben glorificato i santi d'Israele che avevano le laudi di Dio nella loro bocca e una spada a due tagli nella loro mano. Salmo 149, 6. Ora Gesù, che aveva risuscitato se stesso dai morti, poteva ben com­piere quest'altro miracolo, risuscitando a nuova vita di gloria poli­tica il morto Israele! Ma, purtroppo, la risposta del risorto fu come tante altre date da lui su questo argomento prima della morte, cioè tale da agghiacciare all'istante i bollenti spiriti degli Apostoli: Non spetta a voi conoscere i tempi o i momenti che il Padre stabilì col suo potere; bensì riceverete possanza, sopravvenuto che sia su voi il santo Spirito, e mi sarete testimoni tanto in Gerusalemme quanto in tutta la Giudea e Samaria e fino all'estremitò della terra (Atti, 1, 7-8). Non si preoccupino gli Apostoli del palese trionfo del regno di Dio: l'ora di questo trionfo è stabilita dal Padre celeste e verrà quand'egli vuole. Invece di pensare ad altisonanti conquiste politi. che, si propongano gli Apostoli di conquistare alla dottrina di Gesù il mondo intero, ebraico e non ebraico, e tale conquista essi otterranno non per mezzo d'astuzie militari o politiche ma unicamente in virtu' di quella possanza che riceveranno quando scenderà su loro lo Spiri­to santo. Questa raccomandazione fu il congedo di Gesù dai suoi prediletti. Termonato ch'egli ebbe di parlare, uscì con essi da Gerusalemme e li condusse lungo la nota e cara via che portava a Bethania. Giunti che furono verso la sommità del monte degli Olivi, egli li riunì vi­cino a sé e alzò le mani per benedirli: e avvenne che, mentre egli li benediceva, si allontanò da loro ed era portato su nel cielo (Luca, 24, 51); stando essi a riguardare, fu sollevato e una nube lo sottrasse agli occhi loro (Atti, 1, 9).

I quattro biografi ufficiali di Gesù non salgono oltre la terra, e ter­minano con l'ascensione o poco prima. Soltanto l'appendice di Mar­co (16, 19) dà un fugace sguardo oltre il cielo, e afferma che Gesù fu assunto nel cielo e s'assise alla destra d'iddio. Queste ultime pa­role, con cui s’annunzia che l'uomo Gesù fu associato alla gloria e al­la potenza del Padre celeste, sono dettate più che mai dal sensus Ecclesia'; ma questo sensus che ci ha trasmesso le quattro delineazio­ni della biografia terrestre di Gesù, è rifuggito dal delineare una so­la biografia celeste di lui, enunciandone soltanto il tema generico con l'affermazione: S'assise alla destra d'iddio.

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