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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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Sesso: Femminile
19/10/2012 12:48

2. A uno prete detto ser Andrea da Vincione.

Nel nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e padre, per rispetto al dolcissimo sacramento, in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi illuminato di vero e perfettissimo lume affinché cognosciate la dignità nella quale Dio v'ha posto, poiché senza il lume non la potreste conoscere; non conoscendola non rendereste gloria e lode alla somma bontà che ve l'ha data, e non nutrireste la fonte della pietà per gratitudine, ma la fareste disseccare nell'anima vostra, con molta ingratitudine. Poiché la cosa che non si vede non si può conoscere; non conoscendola, non s’ama; non amandola, non si può essere grati né riconoscenti al suo Creatore: Perciò c’è bisogno di illuminazione interiore.

O carissimo fratello, questa è tanto necessaria che se l'anima la considerasse quanto è necessario, sceglierebbe piuttosto la morte che amare o cercare ciò che può impedirgli questa dolce e forte illuminazione. E se voi mi diceste: «Ho voglia di fuggirla, quale è quella cosa che me la toglie?», io vi risponderei, secondo il mio basso intendimento, che solo la nuvola dell'amor proprio passionale ce la può togliere.

Questo è uno albero di morte che tiene la radice sua nella superbia - unde dalla superbia nasce l'amore proprio e dall'amor proprio la superbia, perché subito che l'uomo s'ama di questo amore presumme di sé medesimo -, e i frutti suoi generano tutti morte, toglendo la vita della grazia nell'anima che li possiede e li mangia col gusto della propria volontà, cioè che volontariamente caggia nella colpa del peccato mortale che germina l'amore proprio.

Oh quanto è pericoloso! Sapete quanto? che egli priva l'uomo del cognoscimento di sé, unde acquistarebbe la virtù de l'umilità - nella quale umilità sta piantato l'amore e l'affetto dell'anima che è ordenata in carità -, e privalo del cognoscimento di Dio, del quale cognoscimento trae questo dolce fuoco della divina carità.

Poiché di suo principio le tolse lo lume con che conosceva: e però si trova spogliata della carità, perché non cognobbe. Senza lo cognoscimento è fatta simile all'animale, sì come per lo conoscere con lume di ragionell’uomo diventa uno angelo terrestro in questa vita.

E spezialmente i amministri, i quali la somma bontà chiama i cristi suoi: questi debbono essere angeli e non uomini; e veramente così sonno, se non si tolgono questo lume, e dirittamente hanno l'offizio dell'angelo. L'angelo ministra a ognuno in diversi modi, secondo che Dio l'ha posto, e sonno in nostra guardia dati a noi per la sua bontà; così i sacerdoti posti nel corpo mistico della santa Chiesa da amministrare a noi lo sangue e il corpo di Cristo crocifisso - tutto Dio e tutto uomo per la natura divina unita con la natura nostra umana: l'anima unita nel corpo, e il corpo e l'anima unita con la deità, natura divina del Padre eterno -, lo quale die essere ed è ministrato da quegli che hanno vero lume, con fuoco dolce di carità, con fame de l'onore di Dio e salute delle anime, le quali Dio v'ha date in guardia affinché il lupo infernale non le divori. Questi gusta i frutti delle virtù che danno vita di grazia, che escono dell'albero del vero e perfetto amore.

Lo contrario, sì come di sopra dicemmo, fanno quegli che tengono l'albero della morte nell'anima loro, cioè dell'amore proprio: tutta la vita loro è corrotta, perché è corrotta la principale radice dell'affetto dell'anima. Unde se sonno secolari essi son gattivi nello stato loro, commettendo le molte ingiustizie, non vivendo come uomini ma come l'animale che s'involle nel loto vivendo senza veruna ragione: così questi cotali non degni di esser chiamati uomini - perché s'hanno tolta la dignità del lume della ragione -, ma animali, ché s'invollono nel loto della immondizia, andando dietro a ogni miseria secondo che l'appetito loro bestiale gli guida.

Se egli è religioso o cherico, la vita sua egli non la guida non tanto come angelo né come uomo, ma, come bestia, molto più miserabilmente che spesse volte non farà un secolare. Oh di quanta ruina e riprensione saranno degni questi cotali! La lingua non sarebbe sufficiente a narrarlo; ma bene lo proverà la tapinella anima, quando sarà messa alla pruova. Preso hanno, questi cotali, l'offizio deli demoni: i demoni, tutto lo loro studio ed essercizio è di privare l'anime di Dio per conducerle a quello riposo che ha in sé medesimo; così questi cotali si sonno privati della buona e santa vita, perché hanno perduto lo lume e vivono tanto scelleratamente quanto voi e gli altri che hanno cognoscimento possono vedere. Essi son fatti crudeli a lor medesimi essendosi fatti compagni deli demoni, abitando con loro inanzi lo tempo.

Questa medesima crudeltà hanno verso le creature, perché sonno privati della carità della carità del prossimo. Egli non sono guardatori d'anime, ma devoratori, ché essi medesimi le mettono nelle mani del lupo infernale. O miserabile uomo, quando ti sarà richiesta ragione dal sommo giudice, non potrai renderla; e non rendendola tu ne cadi nella morte eternale: ma tu non vedi la pena tua, perché tu ti sei privato del lume e non cognosci lo stato nel quale Dio t'ha posto per la sua bontà. Oimé, carissimo fratello! egli l'ha posto come angelo, e perché sia angelo da amministrare lo corpo de l'umile e immacolato Agnello; ed egli è dirittamente uno demonio incarnato. Non tiene vita di religioso, ché in sé non ha veruno ordine di ragione; né vive come cherico, che deve vivere umilmente con la sposa del breviario a lato, rendendo lo debito dell'orazioni a ogni creatura che ha in sé ragione, e la substanzia temporale ai poverelli e in utilità della Chiesa, anco vuole vivere come signore, e stare in stato e in delizie con grandi adornamenti, con molte vivande, con gonfia superbia, presumendo di sé medesimo. Non pare che si possa saziare: avendo uno beneficio, egli ne cerca due; avendone due, egli ne cerca tre, e così non si può saziare. In iscambio del breviario son molti sciagurati (così non fusse egli!) che tengono le femmine immonde, e l'arme come soldati, e il coltello a lato, come si volessero difendere da Dio, con cui hanno fatto la grande guerra: ma duro gli sarà al misero a ricalcitrare a lui, quando distenderà la verga della divina giustizia. Della substanzia ne nutre i figli, e quelle che sonno dimoni incarnati con lui insieme.

Tutto questo gli è nato dall'amore proprio di sé - lo quale ponemmo che era uno albero di morte, i frutti suoi erano puzze di peccati mortali - lo quale dà la morte nell'anima, perché ci ha tolta la grazia essendo privati del lume. Ora aviamo veduto che solo la nuvola dell'amore proprio è quello che cel tolle: poiché tanto è pericoloso, è da fuggirlo e da fare buona guardia, affinché non entri nell'anima nostra; e se egli ci è intrato, pigliare lo rimedio.

Il rimedio è questo: che noi stiamo nella cella del cognoscimento di noi, conoscendo noi per noi non essere, e la bontà di Dio in noi; riconoscendo l'essere e ogni grazia che è posta sopra l'essere da lui, e in noi vedere i difetti nostri, affinché veniamo a odio e pentimento della sensualità. E coll'odio fuggiremo questo amore proprio, trovarenci vestiti del vestimento nuziale (Mt 22,11) della divina carità, del quale l'anima debba essere vestita per andare alle nozze di vita eterna. All'uscio della cella porrà la guardia del cane della conscienzia, lo quale abbaia subito che sente venire i nemici delle molte e diverse cogitazioni nel cuore: e non tanto che abbai ai nemici, ma essendo amici sì abbaierà, venendo alcune volte santi e buoni pensieri di volere fare alcuna buona opera: si desterà questa dolce guardia, la ragione, col lume dello intelletto, perché vegga s'egli è da Dio o no. E per questo modo la città dell'anima nostra sta sicura, posta in tanta fortezza che né demonio né creatura gliele può togliere; sempre cresce di virtù in virtù, infine che giogne alla vita durabile, conservata e cresciuta la bellezza dell'anima sua col lume della ragione, perché non v'è stata la nuvola dell'amore proprio: ché se l'avesse avuta, già non l'avrebbe conservata. Considerando questo l'anima mia, dissi ch'io desideravo di vedervi illuminato di vero e perfetto lume. Perciò voglio che ci destiamo dal sonno della negligenzia, esercitando la vita nostra in virtù col lume affinché in questa vita viviamo come angeli terrestri, anegandoci nel sangue di Cristo crocifisso, nascondendoci nelle piaghe dolcissime sue. Altro non vi dico.

Rimanete etc.

Ricevetti la vostra lettera; intesi ciò che dice. Sappiate che di me non si può vedere né contare altro che somma miseria: ignorante e di basso intendimento. Ogni altra cosa si è della somma eterna Verità: a lui la reputate, e non a me. Teneramente mi raccomando alle vostre orazioni. Gesù dolce, Gesù amore.
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