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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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Sesso: Femminile
19/10/2012 13:02

9. A una donna che non si nomina.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima sorella in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi alluminata della verità di Dio, poiché in altro modo non potreste participare la vita della grazia: in questo mondo sareste in continova amaritudine, e nell'ultimo ricevareste l'eterna dannazione, perché, essendo privata del lume, vi scandalizzareste in tutti i suoi misterii, giudicando quello che vi dà per amore, in odio, e quello che vi desse per vita, in morte.

E che verità dobiamo conosciare, carissima sorella? Dobiamo vedere che Dio sommamente ci ama, e per amore si mosse a crearci a la immagine e similitudine sua (Gn 1,26) per darci a godere l'eterna sua visione. Chi ci manifesta questa verità e questo amore? Il sangue dell'umile e immacolato Agnello, ché essendo noi privati, per lo peccato di Adam, della visione di Dio e isbanditi di vita eterna, fu mandato questo dolce e amoroso Verbo dal Padre a sostenere morte per rendarci la vita, e a lavare le colpe nostre col suo prezioso sangue; ed egli come inamorato corse a l'obrobriosa morte della croce per compire l'obedienzia del Padre, e salute nostra. Non c'è nascosa questa verità: il sangue ce la manifesta, ché se Dio non ci avesse creati per lo fine che detto è, e non ci amasse inestimabilmente, già non ci arebbe dato sì-fatto ricompratore.

L'anima dunque, alluminata di questa verità, subito riceve ne l'occhio dell’intelletto suo lo lume della santissima fede, tenendo per certo che ciò che Dio dà e permette in questa vita a la sua creatura, il dà per amore, e perché s'adempia questa verità in noi. Unde subito è fatta paziente che di nessuna cosa si turba, ma rimane contenta di ciò che l'è permesso da la divina bontà, portando - con vera e santa pazienza - infermità, privazione di ricchezze, di stato, di parenti e d'amici. E non tanto che con pazienza le porti, ma ella l'ha in debita riverenzia come cosa mandata a lei dal suo dolce Creatore, per amore e per sua santificazione. E chi è quel matto e stolto che del suo bene si possa turbare? Solo chi è privato del lume, perché non conosce la verità né il suo bene.

Voglio Perciò, carissima sorella, che apriate l'occhio de lo intelletto vostro svellendo e dibarbicando ogni radice d'amore proprio e tenerezza di voi, affinché potiate conosciare questa verità, e che vediate che Dio è sommo medico e sa e può e vuole darci le nostre necessità e la medicina che ci bisogna a la nostra infermità, sì che con una dolce santa e reale pazienza portiate la medicina ch'egli v'ha data per singulare amore. A questo v'invito, dolcissima sorella, affinché per impazienzia non perdiate lo frutto delle vostre fatiche, ma in questa vita stiate in perfetta pace, acordata cola dolce volontà di Dio; e di nessuna cosa vi turbiate, se non solo de l'offese che son fatte a lui e del danno delle anime. Facendo così, dimostrarete d'essere alluminata della verità, e nell'ultimo riceverete infinito frutto de le vostre fatiche.

Òvi avuto compassione del caso avenuto; ma se vi vederò acordata con la volontà di Dio, e trarne quello che dovete, me ne godarò con voi insieme. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.





10. A Benincasa suo fratello.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi annegato e bagnato nel detto sangue, lo quale vi farà forte a portare con vera pazienza ogni fatica e tribulazione, da qualunque lato elle vengano.

Faravvi perseverante, che fino alla morte sosterrete con vera umilità, perché in esso sangue sarà illuminato l'occhio dello intelletto vostro della verità, cioè, che Dio non vuole altro che la nostra santificazione, perché ineffabilmente ci ama, ché, se non ci avesse molto amati, non arebbe per noi pagato sì-fatto prezzo. State, dunque, state contento in ogni tempo, in ogni stato e luogo, perché tutti vi sono conceduti dall'eterno Padre per amore. Godetevi nelle tribulazioni, e reputatevene indegno che Dio vi mandi per la via del suo Figlio; e in ogni cosa rendete gloria e lode al suo nome. Confortatevi in Cristo dolce Gesù. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria dolce.





11. A missere Pietro cardinale d'Ostia.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi uomo virile e non timoroso, a ciò che virilmente serviate a la dolce Sposa di Cristo adoperando per onore di Dio spiritualmente e temporalmente, secondo che nel tempo d'oggi questa dolce sposa ha bisogno.

Sono certa che se l'occhio dell'intelletto vostro si levarà a vedere la sua necessità, voi lo farete sollicitamente e senza alcuno timore o negligenzia. L'anima che teme di timore servile, nessuna sua opera è perfetta; e in qualunque stato si sia, nelle piccole cose e nelle grandi, viene meno, e non conduce quello che ha cominciato alla sua perfezione. Oh quanto è pericoloso questo timore! Egli taglia le braccia del santo desiderio, egli acieca l'uomo che non gli lassa conoscere né vedere la verità, perché questo timore procede da la cecità dell'amore proprio di sé medesimo. Poiché subito che la creatura, che ha in sé ragione, s'ama d'amore proprio sensitivo, subito teme; e questa è la cagione per che teme: perché ha posto l'amore e la speranza sua in cosa debole che non ha in sé fermezza né stabilità alcuna, anco passa come lo vento.

Oh perversità d'amore, quanto sei dannoso ai signori temporali e alli spirituali, e ai sudditi! Se egli è prelato, egli non corregge mai, perché teme di non perdere la prelazione, e di non dispiacere ai sudditi suoi; e così medesimamente al suddito, poiché umilità non è in colui che s'ama di così-fatto amore, anco v'è una radicata superbia e il superbo non è mai obediente. Se egli è signore, non tiene giustizia; anco commette molte inique e false ingiustizie, facendole secondo lo piacere suo o secondo lo piacere delle creature. Così dunque per lo non correggere, e per lo non tenere giustizia, i sudditi ne diventano più gattivi, perché si notricano nei vizii e nelle malizie loro.

Poi, dunque, ché tanto è pericoloso l'amore proprio, col disordenato timore, è da fuggirlo, e da aprire l'occhio dell'intelletto nell'obiettivo de lo immacolato Agnello, lo quale è regola e dottrina nostra; e lui doviamo seguire, perciò che egli è esso amore e verità, e non cercò altro che l'onore del Padre e la salute nostra. Egli non temeva i Giudei né loro persecuzione, né la malizia deli demoni, né infamia né scherni né villania; e nell'ultimo non temette l'obrobiosa morte della croce.

Noi siamo gli scolari, che siamo posti a questa dolce e suave scuola. Voglio dunque, carissimo e dolcissimo padre, che con grandissima sollicitudine e dolce prudenzia apriate l'occhio dell'intelletto in questo libro della vita - lo quale vi dà sì dolce e suave dottrina -, e non attendiate a nessuna altra cosa che a l'onore di Dio e alla salute delle anime, e al servigio della dolce Sposa di Cristo. Poiché con questo lume vi spogliarete dell'amore proprio di voi, e sarete vestito dell'amore divino; e cercarete Dio per la sua infinita bontà, e perché egli è degno d'essere cercato e amato da noi; e amarete voi e le virtù, e odiarete lo vizio per Dio, e di questo medesimo amore amarete lo prossimo vostro.

Voi vedete bene che la divina bontà v'ha posto nel corpo mistico della santa Chiesa, notricandovi al petto di questa dolce sposa, solo perché voi mangiate a la mensa della santissima croce lo cibo de l'onore di Dio e della salute delle anime. E non vuole che sia mangiato altro che in croce, portando le fatiche corporali con molti ansietati desiderii, sì come fece lo Figlio di Dio, che insiememente sosteneva i tormenti nel corpo e la pena del desiderio; e maggiore era la croce del desiderio che non era la croce corporale. Lo desiderio suo era questo: la fame della nostra redenzione per compire l'obedienzia del Padre eterno; ed erali pena infine che nol vedeva compito. E anco come sapienza del Padre eterno, vedeva coloro che participavano lo sangue suo, e quelli che nol participavano per le colpe loro; il sangue era dato a tutti, unde si doleva per l'ignoranza di coloro che nol volevano participare. E questo fu quello crociato desiderio che egli portò dal principio infine al fine; data che egli ebbe la vita, non terminò lo desiderio, ma sì la croce del desiderio.

E così dovete fare voi e ogni creatura che ha in sé ragione, cioè dare la fatica del corpo e la fatica del desiderio, dolendovi dell'offesa di Dio e della dannazione di tante anime quante vediamo che periscono.

Parmi che sia tempo, carissimo padre, di dare l'onore a Dio e la fatica al prossimo; non è dunque da avere più sé con amore proprio sensitivo, né con timore servile, ma con vero amore e santo timore di Dio adoperare. Voi sete posto ora nello spirituale e nel temporale: e però vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che facciate virilmente, e procuriate l'onore di Dio quando e quanto potete, consigliando e aitando che i vizii sieno sparti e le virtù sieno essaltate. Sopra l'atto temporale, lo quale alla santa intenzione è spirituale, fate virilmente, procacciando quanto voi potete la pace e l'unione di tutto lo paese.

E per questa santa opera, se bisognasse dare la vita del corpo, mille volte, se fusse possibile, si dia.

Ché oscura cosa è a pensare e a vedere, a vederci a guerra con Dio per la moltitudine dei peccati dei sudditi e dei pastori, e per la ribellione che è fatta alla santa Chiesa, con guerra dei corpi; dove la guerra ogni fedele cristiano debba essere apparecchiato a mandarla sopra gl'infedeli, e i falsi cristiani la fanno l'uno contro all'altro. E così scoppiano i servi di Dio per dolore e amaritudine di vederli tanto offendere, e per la dannazione delle anime che per questo periscono; e i demoni godono, ché veggono quello che vogliono vedere.

Bene è dunque da darci la vita per essemplo del maestro della verità, e non curare né onore né vituperio che lo mondo ci volesse dare ne le penose pene e morte del corpo. Sono certa che se voi sarete vestito dell’uomo nuovo Cristo dolce Gesù, e spogliato del vecchio (Ep 4,22-24 Col 3,9-10), cioè della propria sensualità, che voi lo farete sollicitamente, perché sarete privato del timore servile; poiché in altro modo nol fareste mai, anco cadareste nei difetti detti di sopra.

Considerando dunque me che v'era necessario d'essere uomo virile e senza alcuno timore, e privato dell'amore proprio di voi - perché sete posto da Dio in offizio che non richiede timore se non santo timore -, però vi dissi che io desideravo di vedervi uomo virile e non timoroso. Spero nella divina bontà, che farà grazia a voi e a me, cioè d'adempire la volontà sua, e il vostro desiderio e il mio. Pace pace pace, padre carissimo. Raguardate voi e gli altri, e fate vedere al santo padre più la perdizione delle anime che quella delle città, poiché Dio ci richiede l'anime più che le città. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







12. All'abbate di santo Antimo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, venerabile e reverendissimo padre in Cristo Gesù, la vostra indegna figlia Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, vi si racomanda, con desiderio di vedervi bagnato e affogato nel sangue del Figlio di Dio, lo quale sangue ci farà parere ogni amaritudine dolce, e ogni gran peso leggiero; faràvi seguire le vestigie di Cristo - lo quale disse che è pastore buono -, che poneva la vita per le pecorelle sue (Jn 10,11).

E così desidera l'anima mia di vedere, padre, che voi siate uno vero pastore, perduto ad ogni amore proprio di voi medesimo, e con desiderio virile avesseate e teniate l'occhio fisso, che non si serri mai, a raguardare l'onore di Dio e la salute de le creature. Fate, fate buona guardia che il demonio non imboli le pecorelle vostre. O quanto sarà dolce e soave a voi e a me, se io vedrò che voi non curiate né morte né vita, né onori né vitoperio, né scherni né ingiurie, né nessuna persecuzione che il mondo vi potesse dare o i sudditi vostri: solo attendare e curare dell'ingiurie che sono fatte a Dio. E qui ponete la vostra sollecitudine, sì che dimostriate da essere pastore e uno vero ortolano: pastore per correggere, e ortolano per rivollare la terra sottosopra, cioè rivollare la disordenata vita nell'ordenata, divellarne lo vizio, piantarvi le virtù, quanto sarà possibile a voi, con l'aiutorio de la dolce e divina grazia, la quale viene abbondantemente all'anima che avarà fame e desiderio di Dio.

Questa fame acquistaremo in sul legno de la santissima croce, poiché ine trovarete l'Agnello dissanguato e aperto per noi, con tanta fame e desiderio dell'onore del Padre e de la salute nostra, tanto che non pare che possa mostrare in effetto per pena nel corpo suo quant'egli ha desiderio di dare. Questo parbe che volesse dire, quando gridò in croce: «Sitio» (Jn 19,28), quasi dicesse: «Io ho sì gran sete de la vostra salute, ch'io non mi posso saziare. Datemi bere». Dimandava lo dolce Gesù di bere coloro ched i vedeva che non participavano la redenzione del sangue suo; non gli fu dato bere altro che amaritudine. Oimé, dolcissimo padre, continuamente vediamo che, non tanto al tempo de la croce, ma poi e ora, continuamente ci adimanda questo bere e dimostra continua sete.

Oimé, disaventurata a me, non mi pare che la creatura gli dia altro che amaritudine e puzza di peccati.

Perciò bene ci doviamo levare, con fame e sollecitudine, a raguardare la fame sua, affinché, inebriata, l'anima non possa altro desiderare né amare, se non quello che Dio ama, e odiare quello che Dio odia: singularmente voi che sete pastore. Corrite corrite, venerabile padre, senza negligenzia e ignoranza, ché il tempo è breve ed è nostro. Mandastemi a dire che avavate trovato l'orto senza piante. Confortatevi e fate ciò che potete, ch'io spero ne la bontà di Dio che l'ortolano de lo Spirito santo fornirà l'orto, e provedarà in questo e in ogni altro bisogno. Mando a voi costui che vi reca la lettara: ragionaravi di monna Moranda, donna di misser Francesco da Monte Alcino, che ha per le mani alcuna giovana e fanciulla che ha uno buono desiderio di fare la volontà di Dio, per la quale cosa ella vorrebbe rinchiudarle per modo che a me non piace troppo. Per la qual cosa io vorrei che voi ed ella fuste insieme; e quanto fusse la vostra possibilità di poterlo fare, di trovare uno luogo ordenato, affinché si potesse fondare uno vero e buono monasterio, e mettarvi dentro due buoni capi, ché de le membra n'abiamo assai per le mani. Credo che, facendolo, sarebbe grande onore di Dio. Prego la somma bontà che ne dispensi lo meglio, e voi faccia sollecito in questo e in ogni altra vostra opera, in tanto che voi diate la vita per Cristo crocifisso.

Prego che mi mandiate a dire se il monisterio di Santo Giovanni in Valdarno è sotto la cura vostra, per alcuno caso che vi dirà costui che vi reca la lettara. Altro non dico.

Rimanete nella santa carità di Dio.

Io, serva inutile, mi vi racomando. Gesù dolce, Gesù.

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