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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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19/10/2012 14:06

25. A lo soprascritto Tommaso dalla Fonte dei frati Predicatori.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato nel sangue di Cristo crocifisso, lo quale sangue inebria, fortifica, scalda e allumina l'anima de la verità: e però non cade in menzogna. O sangue che fortifichi l'anima e gli togli la debolezza! La quale debolezza procede dal timore servile, e il timore servile viene da mancamento di lume. E però è forte l'anima, perché nel sangue è stata alluminata della verità: ha cognosciuto e veduto con l'occhio dello intelletto che la prima Verità lo creò per dargli la vita durabile, a gloria e loda del nome suo. Chi cel manifesta ch'egli è così? Lo sangue de lo immacolato Agnello: lo sangue ci manifesta che tutte le cose che Dio ci concede, prospere e averse - consolazioni e tribolazione, vergogna e vituperio, scherni e villanie, infamie e mormorazioni -, tutte sonno concesse a noi con fuoco d'amore, per adempire in noi questa prima dolce verità con la quale fummo creati. Chi cel mostra? Lo sangue: ché se altro Dio avesse voluto di noi non ci avrebbe dato lo Figlio, e il Figlio la vita.

Come l'anima con l'occhio dello intelletto ha cognosciuta questa verità, subito riceve la fortezza: che è forte a portare e sostenere ogni grande cosa per Cristo crocifisso. Non intepedisce, anco riscalda col fuoco de la divina carità, con odio e pentimento di sé. A mano a mano si trova ebbro, perché l'ebbro perde lo sentimento di sé, e non si trova altro che sentimento di vino: tutti i sentimenti vi sonno amersi dentro.

Così l'anima inebriata del sangue di Cristo perde il proprio sentimento di sé; privato de l'amore sensitivo e privato del timore servile - ché colà dove non è amore sensitivo non v'è timore di pena -, anco si diletta de le pene. In altro non si vuole gloriare se non nella croce di Cristo crocifisso: quella è la gloria sua. Tutte le facoltà de l'anima vi sonno dentro occupate; la memoria s'è impita di sangue - ricevelo per beneficio -, nel quale sangue trova l'amore divino che caccia l'amore proprio: amore d'oprobri e pena d'onore, amore di morte e pena di vita. Con che s'è impita la memoria? Con le mani de l'affetto e santo e vero desiderio, lo quale affetto e amore trasse dal lume dell’intelletto, che cognobbe la verità e la dolce eterna volontà di Dio.

Or così voglio, carissimo padre, che dolcemente ci inebriamo e bagniamo nel sangue di Cristo crocifisso, affinché le cose amare ci paiano dolci, i grandi pesi leggieri; de le spine e triboli traiamo la rosa, pace e quiete. Altro non dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù Gesù.





26. A sorella Eugenia sua nipote nel monasterio di Sancta Agnesa a Montepulciano.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti gustare il cibo angelico: poiché per altro non sei fatta; e affinché tu il potessi gustare, Dio ti ricomperò del sangue de l'unigenito suo Figlio.

Ma pensa, carissima figlia, che questo cibo non si mangia in terra, ma in alto; e però il Figlio di Dio volse essere levato in alto in su lo legno della santissima croce, affinché in alto in su questa mensa prendessimo questo cibo. Ma tu mi dirai: «Quale è questo cibo angelico?» Rispondoti: è il desiderio di Dio, il quale il desiderio che è ne l'affetto de l'anima, trae a sé, e fannosi una cosa l'uno con l'altro. Questo è uno cibo che, mentre che siamo peregrini in questa vita, tira a sé l'odore delle virtù, le quali virtù sono cotte al fuoco della divina carità, e mangiansi in su la mensa della croce: cioè che con pena e fatiga s'acquista la virtù, ricalcitrando a la propria sensualità; e con forza e violenza rapire il reame de l'anima sua, la quale è chiamata cielo, perché cela Dio per grazia dentro da sé. Questo è quello cibo che fa l'anima angelica: e però si chiama angelico; e anco perché, separata l'anima dal corpo, gusta Dio ne la essenzia sua.

Egli sazia tanto e per sì-fatto modo l'anima che nessuna altra cosa appetisce né può desiderare se non quello che più perfettamente l'abbi a conservare e crescere questo cibo: unde ha in odio ciò che l'è contrario. E però, come prudente, raguarda col lume della santissima fede, il quale lume sta ne l'occhio dell’intelletto, e raguarda quello che l'è nocivo e quello che l'è utile. E come ella ha veduto, così ama e spregia: dispregia, dico, la propria sensualità, tenendola legata sotto ai piedi de l'affetto e tutti i vizii che procedono da essa sensualità. Ella fugge tutte le cagioni che la possino inchinare a vizio o impedire la sua perfezione. Unde ella annega la propria volontà, che l'è cagione d'ogni male, e sottomettela al giogo della santaobbedienza, non solamente a l'ordine e al prelato suo, ma a ogni minima creatura per Dio. Ella fugge ogni gloria e piacere umano, e solo si gloria negli obrobrii e pene di Cristo crocifisso: ingiurie, strazii, scherni e villanie le sono un latte, dilettandosi in esse per conformarsi con lo Sposo suo Cristo crocifisso. Ella renunzia alla conversazione delle creature, perché vede che spesse volte ci sono mezzo tra noi e'l Creatore nostro; e fugge a la cella attuale e alla mentale.

A questo t'invito te e l'altre, e ti comando, dilettissima figlia mia: che tu sempre stia nella casa del cognoscimento di te - ove noi troviamo il cibo angelico dell'ardente desiderio di Dio inverso di noi - e nella cella attuale, con la vigilia, e con l'umile fedele e continua orazione, spogliando il cuore e l'affetto tuo di te e d'ogni creatura: e vestilo di Cristo crocifisso. Altrimenti il mangiaresti in terra; e già ti dissi che in terra non si debbe mangiare. Pensa che lo Sposo tuo Cristo dolce Gesù, non vuole mezzo tra te e lui, ed è molto geloso, unde subito che vedesse che tu amassi veruna cosa fuore di lui, egli si partirebbe da te; e saresti fatta degna di mangiare il cibo de le bestie.

E non saresti tu bene bestia, e cibo di bestie sarebbe, se tu lassassi il Creatore per le creature? il bene infinito per le cose finite e transitorie, che passano come il vento? la luce per le tenebre? la vita per la morte? quello che ti veste di sole di giustizia, col fibiale de l'obedienzia e con le margarite della fede viva, speranza ferma e carità perfetta, per quello che te ne spoglia? E non saresti tu bene stolta a partirti da quel che ti dà perfetta purezza - in tanto che, quanto più t'accosti a lui, tanto più raffina il fiore della virginità tua - per quelli che spesse volte gittano puzza di immundizia, contaminatori della mente e del corpo tuo? Dio il cessi da te per la sua infinita misericordia.

E affinché questo non possa mai intervenire, guarda che non sia tanta la tua sciagura che tu pigli conversazione particolare né di religioso né di secolare, che se io il potrò sapere o sentire, se io fossi anco più dilonga che io non sono, io ti darei sì-fatta disciplina che tutto il tempo de la vita tua ti starebbe a mente; e sia chi si vuole. Guarda che tu non dia né riceva se non in neccessità, sovvenendo comunemente a ogni persona dentro e di fuore. Stammi tutta soda e matura in te medesima. Servi le suore caritativamente con grande diligenzia, e spezialmente quelle che vedi in necessità.

Quando gli ospiti passano, e dimandasserti alle grate, statti ne la pace tua e non v'andare: ma quello che volessero dire a te, dicanlo a la priora; se già la priora non tel comandasse perobbedienza. Allora china lo capo, e stammi salvatica come uno riccio. Stianti a mente i modi che quella gloriosa vergine santa Agnesa faceva tenere a le figlie sue. Vatti per la confessione, e di' la tua necessità, e ricevuta la penitenza, fugge. Guarda già, che non fussero di quelli con cui tu ti sei alevata. E non ti maravigliare perch'io dica così; poiché più volte mi puoi avere udito dire, e così è la verità, che le conversazioni, col perverso vocabolo dei devoti e delle divote, guastano l'anime e i costumi e observanzie delle religioni.

Guarda che non leghi lo cuore tuo altro che con Cristo crocifisso; poiché talora lo voresti sciogliare, che ti sarebbe molto duro. Dico che l'anima che ha asaggiato il cibo angelico ha veduto col lume che questo e l'altre cose sopradette le sono mezzo e impedimento al cibo suo; e però le fugge con grandissima solecitudine. E dico che ama e cerca quello che la acresca e la conservi in questo cibo, e perché ha veduto che meglio gusta questo cibo col mezzo de l'orazione fatta nel cognoscimento di sé, però vi si essercita continovamente in tutti quelli modi che più si possa acostare a Dio.

Di tre ragioni è l'orazione: l'una è continova - cioè lo continovo santo desiderio, lo quale desiderio òra nel cospetto di Dio in ciò che tu fai -: perché questo desiderio drizza nel suo onore tutte le tue opere spirituali e corporali, e però si chiama continova. Di questa pare che parlasse il glorioso santo Pavolo quando disse: «Orate senza intermissione» (1Ts 5,17). La seconda è orazione vocale, quando vocalmente si dice l'officio, o altre orazioni.

Questa è ordinata per giognare alla terza, cioè a la mentale: e così vi giogne l'anima quando con prudenzia e umilità esercita l'orazione vocale: cioè che, parlando con la lingua, lo cuore suo non sia dilunga da Dio, ma debbasi ingegnare di fermare e stabilire lo cuore suo ne l'affetto della divina carità. E quando sentisse la mente sua essere visitata da Dio - cioè che in alcuno modo fusse tratta a pensare del suo Creatore - debba abandonare l'orazione vocale e fermare la mente sua, con affetto d'amore, in quello che vede che Dio la visita; e poi, se ella ha tempo, cessato quello, debba ripigliare la vocale, affinché sempre la mente stia piena e non vòta.

E perché ne l'orazione abondassero le molte bataglie in diversi modi, e tenebre di mente con molta confusione (facendole lo demonio vedere che la sua orazione non fusse piacevole a Dio per le molte battaglie e tenebre che ha), non debba lassarla però, ma stare ferma con fortezza e longa perseveranza, raguardando che il demonio lo fa per partirci da la madre de l'orazione, e Dio lo permette per provare in quella anima la fortezza e costanzia sua, e affinché nelle bataglie e tenebre conosca sé non essere, e nella buona volontà che si sente riservata conosca la bontà di Dio - il quale è donatore e conservatore delle buone e sante volontà -: la quale volontà non è denegata a chiunque la vuole.

Per questo modo giogne a la terza e ultima orazione mentale, ne la quale riceve il frutto de le fatiche che sostenne ne l'orazione vocale imperfetta. Allora gusta il latte della fedele orazione. Ella leva sé sopra di sé, cioè sopra il sentimento grosso sensitivo, e con mente angelica si unisce in Dio per affetto d'amore, e col lume dell’intelletto vede e conosce, e vestesi della verità. Ella è fatta sorella degli angeli; ella sta con lo Sposo suo in su la mensa del crociato desiderio, dilettandosi di cercare l'onore di Dio e la salute de l'anime, perché vede bene che per questo lo Sposo eterno corse a l'obrobriosa morte della croce, e così compì l'obedienzia del Padre e salute nostra. Drittamente questa orazione è una madre che ne la carità di Dio concepe le virtù, e ne la carità del prossimo le parturisce.

Ove manifesti tu l'amore la fede la speranza, e l'umilità? ne l'orazione, poiché la cosa che tu non amassi non ti curaresti di cercarla; ma chi ama, sempre si vuole unire con quella cosa che ama, cioè con Dio, col mezzo dell'orazione. A lui domandi la tua necessità, perché conoscendo te - nel quale cognoscimento è fondata la vera orazione - vedi te avere grande bisogno, sentendoti atorniata da' tuoi nemici: cioè dal mondo col ricordo dei vani piaceri o con le ingiurie, dal demonio con le molte tentazioni, e dalla carne con molta rebellione e impugnazione contro lo spirito.

E te vedi non essere per te; non essendo, vedi che non ti puoi aitare, e però con fede corri a colui che è (Ex 3,14), il quale può sa e vuole subvenirti in ogni tua necessità: e con isperanza adomandi e aspetti l'aiutorio suo. Così vuole essere fatta l'orazione, a volerne avere quello che tu n'aspetti. Non ti sarà mai denegata cosa giusta che tu adomandi per questo modo da la divina bontà; ma facendola per altro modo, poco frutto ne traresti.

Dove sentirai tu l'odore de l'obedienzia? ne l'orazione. Dove ti spogliarai tu de l'amore proprio che ti fa essere impaziente nel tempo de le ingiurie, o d'altre pene, e vestira'ti d'uno divino amore che ti farà paziente, e gloriara'ti ne la croce di Cristo crocifisso? ne l'orazione. Dove sentirai tu l'odore de la virginità e la fame del martirio, disponendoti a dare la vita in onore di Dio e salute de l'anime? in questa dolce madre de l'orazione. Ella ti farà osservatrice de l'ordine; sugellaratti nel cuore e ne la mente i tre voti solenni che facesti nella professione, lassandovi la impronta del desiderio d'osservarli fino a la morte. Ella ti leva dalla conversazione delle creature, e datti la conversazione del Creatore; ella empie il vasello del cuore del sangue de l'umile Agnello, e ricuoprelo di fuoco, perché per fuoco d'amore fu sparto. Più e meno perfettamente riceve l'anima e gusta questa madre dell'orazione, secondo che ella si notrica del cibo angelico, cioè del santo e vero desiderio di Dio, levandosi in alto, come detto è, a prenderlo in su la mensa de la santissima croce. E però ti dissi ch'io desideravo di vederti notricare del cibo angelico, perché io non vedo che in altro modo potessi essere vera sposa di Gesù Cristo, consecrata a lui nella santa religione. Fa' ch'io ti vega una pietra preziosa nel conspetto di Dio. E non mi stare a perdare il tempo. Bagnati e aniegati nel sangue dolce de lo Sposo tuo. Altro non ti dico.

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





27. A missere Martino abbate di Pasignano dell'ordine di Valle Ombrosa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo e carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere lo cuore e l'affetto vostro innestato in su la dolce e venerabile croce, considerando me che l'anima non può participare né avere lo frutto della grazia se il cuore e l'affetto suo non è innestato nel crociato amore del Figlio di Dio - non bastarebbe a noi perché la natura divina sia innestata e unita con la natura umana, e la natura umana con la divina -; e perché ancora vediamo Dio-e-Uomo corso all'obrobiosa morte della croce.

Ha fatto uno innesto questo Verbo in su la croce santa e bagnatici del sangue prezioso suo, germinando i fiori e frutti delle vere e reali virtù: tutto questo ha fatto lo legame de l'amore (questo amore caldo lucido attrattivo ha maturati i frutti delle virtù, e toltole ogni acerbità; questo è stato poiché lo innesto del Verbo divino si fece nella natura umana) ed lo Verbo in su.legno della santissima croce. Sapete che in prima erano sì agre, che nessuna virtù ci conduceva a porto di vita, perché la marcia della disobbedienza d'Adam non era levata con l'obedienzia del Verbo unigenito Figlio di Dio. Anco vi dico che, con tutto questo dolce e soave legame, l'uomo non participa né può participare la grazia se esso non s'innesta, per affetto d'amore, nel crociato amore del Figlio di Dio, seguitando le vestigie di Cristo crocifisso, poiché noi arboli sterili, senza neuno frutto, ci conviene essere uniti con l'arboro fruttifero, cioè Cristo dolce Gesù, come detto è.

O carissimo e reverendo padre, quale sarà quello cuore sì duro che si possa tenere - se raguardarà l'amore ineffabile che gli ha lo suo Creatore - che non si leghi e innesti, col legame della carità, con lui? Certo non so come egli sel possa fare. Credo bene che coloro che sono innestati e legati ne l'arboro morto del demonio e nell'amore proprio di sé, ne le delizie stati e ricchezze del mondo, fondati ne la perversa superbia e vanità sua, oimé!, che questi sieno quelli che sono privati de la vita, e sono fatti non tanto che arbori sterili, ma essi sono arbori morti; e mangiando lo frutto loro, conduce nella morte eterna, poiché i frutti sono i vizii e peccati. Costoro fuggono la via e la dottrina di questo dolce incarnato e amoroso Verbo; essi vanno per le tenebre cadendo in morte e in molta miseria.

Ma non fanno così quelli che con affettuoso amore seguitano la via della verità: hanno aperto l'occhio dell'intelletto e cognoscono loro non essere, e cognoscono la bontà di Dio in loro: ché l'essere, e ogni grazia che è posta sopra l'essere, retribuiscono a Dio avere avuto per grazia e non per debito. Allora cresce uno fuoco e uno affetto d'amore, e uno odio e pentimento del peccato e de la propria sensualità, che con questo amore e odio e con vera umilità s'innesta nel crociato consumato amore del Figlio di Dio.

Produce allora i frutti de le reagli virtù, le quali virtù notricano l'anima sua e del prossimo suo perché diventa mangiatore e gustatore de l'onore di Dio e della salute delle anime.

Molto ci è dunque di grande necessità e di grande bisogno d'avere questa perfetta unione, ché senza essa non possiamo giugnare a quello fine per mezzo del quale fummo creati; e però dissi che io desideravo di vedervi innestato nell'arboro della santissima croce. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che siate sollicito e non negligente: non più dormire nel sonno de la negligenzia, però ché il tempo è breve e il camino è lungo.

Voi mi mandaste a me, venerabile padre, la croce, la quale io tenni tanto cara quanto io tenessi mai veruna altra cosa, ricevendo l'affetto e il desiderio vostro col quale me la mandaste. Rappresentatemi all'occhio del corpo quello che debbo avere all'occhio dell'anima: miserabile a me, che mai non l'ebbi! Pregovi con grande affetto d'amore che preghiate lo nostro dolce Salvatore che mel dia. Io vi rendo croce, invitandovi alla croce del dolce desiderio e a la croce del corpo, sostenendo con vera e buona pazienza ogni fatica che voi riceveste per onore di Dio e per salute delle anime.

Scrivestemi che quello che io avevo cominciato che io lo compisse; e io vi prometto che giusta al mio potere, quanto Dio me ne darà la grazia di compire - cioè di sempre pregare la divina bontà per voi -, se risponderete con vera e perfetta sollicitudine a lui che vi chiama con grandissimo amore, sarà compita la volontà sua in voi - che non cerca né vuole altro che la vostra santificazione -, e il desiderio vostro e mio.

Così spero che compiuto ci ritrovaremo legati nel legame dolce della carità. Abbiate avesseate cura di correggere lo vizio e piantare la virtù nei sudditi vostri, con vera e santa dottrina, essendo voi specchio di virtù a loro. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.



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