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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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19/10/2012 14:08

28. A messer Bernabò signore di Milano, per certi ambasciadori d'esso signore mandati a lei.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi participare lo sangue del Figlio di Dio - sì come figlio creato dal sommo Padre all'imagine e similitudine sua (Gn 1,26), e servo ricomprato - affinché andiate con amore e col santo timore di Dio. Sapete che colui che non ama lo suo Creatore d'amore filiale, non può participare il sangue: èvvi bisogno d'amare.

O padre carissimo, quale è quello cuore che sia tanto indurato e ostinato che, se egli raguarda l'affetto e l'amore che gli porta la divina bontà, che non si disolva? Amate, amate; guardate che prima fuste amato, che voi non amaste: poiché, raguardando Dio in sé medesimo, inamorossi della bellezza della sua creatura e creolla - mosso dal fuoco della inestimabile sua carità - solo per questo fine, perché ella avesse vita eterna, e godesse quel bene infinito che Dio godeva in sé medesimo. O amore inestimabile, bene hai dimostrato questo amore. Ché, perdendo l'uomo la grazia per lo peccato mortale, per la disobbedienza che comisse contro te, Signor mio, ne fu privato. Or raguardate, padre, che modo ha tenuto la clemenza dello Spirito santo a restituire la grazia all'uomo: vedete che la somma altezza di Dio ha presa la servitudine della nostra umanità, in tanta bassezza e umilità profonda che deve confondere ogni nostra superbia.

Vergogninsi li stolti figli d'Adam: che si può più vedere, che è vedere Dio umiliato all'uomo, né più né meno che se l'uomo avesse a tenere Dio, e non Dio l'uomo? Con-ciò-sia-cosa-che l'uomo non è in sé medesimo: ciò che egli ha, sì ha da Dio per grazia, e non per debito. E però non sarà veruno, che conosca sé medesimo, ch'egli offenda mai Dio mortalmente, o caggia in superbia o per stato, o per grandezza, o segnoria. S'egli segnoreggiasse tutto il mondo, riputasi non nulla: ché così è sugetto alla morte egli come una vilissima creatura, e così trapassano le stolte dilizie del mondo e vengono meno in lui, come in uno altro; e non le può tenere, che vita e sanità e ogni cosa creata non passi come lo vento. Perciò per veruna signoria che aviamo in questo mondo ci possiamo riputar signori. Non so che signoria quella si fusse, che mi può esser tolta e non sta nella mia libertà. Non mi pare che se ne debba chiamare né tener signore, ma più tosto dispensatore; e questo è a tempo, e non è sempre, quanto piacerà al dolce Signore nostro.

E se voi mi diceste: Non ci ha l'uomo in questa vita nessuna signoria? rispondovi: sì, àlla, la più dolce e più graziosa e più forte che veruna cosa che sia, e questa si è la città dell'anima nostra. Oh, ècci maggior cosa e grandezza che avere una città che vi si riposa Dio, che è ogni bene, dove si ritrova pace, quiete e ogni consolazione? Ella è di tanta fortezza questa città, e di sì perfetta signoria, che né demonio né creatura ve la può togliere, se voi non vorrete. Ella non si perde mai se non per lo peccato mortale: allora diventa servo e schiavo del peccato, diventa non nulla e perde la dignità sua.

Veruno ci può costrignere a commettere un minimo peccato, poiché Dio l'ha posto, «sì» e «no», nella più forte cosa che sia, nella volontà; ché, se ella dice «sì» per consentimento, di subito ha offeso, pigliando diletto e piacere del peccato; e se dice «no», inanzi sceglie la morte che offendere Dio e l'anima sua.

Questo non offende mai; ma guarda la città, signoreggia sé medesimo e tutto quanto lo mondo: ché se ne fa beffe del mondo e di tutte le dilizie sue, riputandole cosa corruttibile, peggio che sterco. E però dicono i santi, ch'i servi di Dio sono coloro che sono signori liberi: hanno avuto vittoria. Molti sono coloro che hanno vittoria di città e di castella: non avendola di loro medesimi e dei nimici suoi, come è lo mondo, la carne e il demonio, può dire che avesse non nulla.

Orsù, padre, vogliate tenere ferma la signoria della città dell'anima vostra; combattete forte con questi tre nimici: tollete lo coltello dell'odio e dell'amore, amando la virtù e odiando lo vizio; colla mano dell'arbitrio gli percotete. E non dubitate, ché la mano è forte e il coltello è forte; ché, come detto è, non è nessuno ve il possi togliere. Questo parbe che dicesse Pavolo quando diceva: «Né fame né sete, né persecuzioni, né angeli né dimonii mi partiranno dalla carità di Dio, se io non vorrò» (Rm 8,35-39); quasi dica il dolce di Pavolo: come egli è impossibile che la natura angelica mi parta da Dio, così è impossibile che veruna cosa mi stringa a un peccato mortale, se io non vorrò.

Diventati sono impotenti questi nostri nimici, poiché l'Agnello immacolato, per render la libertà all'uomo, e farlo libero, dé sé medesimo alla obrobriosa morte della santissima croce. Vedete amore ineffabile, che con la morte ci ha data la vita; sostenendo obrobrii e vitoperii, ci ha renduto l'onore; con le mani chiavate confitte in croce, ci ha sciolti dal legame del peccato; col cuore aperto ci tolle ogni durezza; essendo spogliato, ci veste; col sangue suo c'inebria; con la sapienza sua ha vinta la malizia del demonio; coi flagelli ha vinta la carne nostra; coll'obrobrio e umilità ha vente le dilizie e la superbia del mondo; lavato ci ha dell'abondanzia del suo sangue. Sì che non temiamo per veruna cosa che sia, ché con la mano disarmata ha venti i nostri nemici, renduto lo libero arbitrio.

O Verbo dolce, Figlio di Dio, tu hai riposto questo sangue nel corpo della santa Chiesa; vogli che per le mani del tuo vicario ci sia ministrato. Provide la bontà di Dio alla necessità dell'uomo, ch'ogni dì perde questa signoria di sé offendendo il suo Creatore: e però ha posto questo remedio della santa confessione, la quale vale solo per lo sangue dell'Agnello. Non ve la dà una volta, né doe, ma continuamente. Però è stolto colui che si dilunga o fa contro questo vicario, che tiene le chiave del sangue di Cristo Crocifisso: eziandio se fusse demonio incarnato, io non debbo alzare lo capo contro lui, ma sempre umiliarmi, e chiedere lo sangue per misericordia, ché in altro modo no il potete avere, né participare lo frutto del sangue.

Pregovi, per l'amore di Cristo Crocifisso, che non facciate mai più contro lo capo vostro; e non mirate che il demonio vi porrà e v'ha posto inanzi il colore della virtù, cioè una giustizia di voler fare contro i mali pastori per lo defetto loro: non credete al demonio, e non vogliate fare giustizia di quello che non tocca a voi. Lo nostro Salvatore non vuole: dice che sono i suoi unti; non vuole che né voi né veruna creatura facci questa giustizia, perché la vuole far egli. Oh quanto sarebbe sconvenevole che il servo volesse togliere la signoria di mano al giudice, volendo fare giustizia del malfattore! Molto sarebbe spiacevole, poiché non tocca a lui: lo giudice è quello che l'ha a fare.

E se dicessimo: Lo giudice nol fa; non è ben fatto che il facci io? no, ché ogni otta ne sarai ripreso: né più né meno ti cadrà la sentenzia adosso, se tu ucciderai, d'essere morto tu. Non scuserà la legge la tua buona intenzione, che l’hai fatto per levare il malfattore di terra; non vuole la legge né la ragione che, perché il giudice sia cattivo e non facci la giustizia, che tu la facci però tu. Debilo lasciare punire al sommo giudice, che non lassarà passare le ingiustizie e gli altri difetti che non siano puniti a luogo e a tempo suo, singularmente nella estremità della morte, passata questa tenebrosa vita: nel quale punto passato, ogni bene è rimunerato e ogni colpa è punita. Così vi dico, carissimo padre e fratello in Cristo dolce Gesù, che Dio non vuole che voi, né veruno, vi facciate giustizieri dei amministri suoi. Egli l'ha commesso a sé medesimo, ed esso l'ha commesso al vicario suo: e se il vicario suo non la facesse (ché la debba fare, ed è male se non si fa), umilemente doviamo aspettare la punizione e correzione del sommo giudice, Dio eterno. Eziandio se ci fussero tolte per loro le cose nostre, più tosto doviamo scegliere di perdare le cose temporali e la vita del corpo che le cose spirituali e la vita della grazia, poiché queste sono finite, e la grazia di Dio è infinita, che ci dà infinito bene: e così, perdendola, aviamo infinito male.

E pensate che, per la buona intenzione che voi aviate, non vi scusarà però né Dio né la legge divina dinanzi a lui; anco cadereste nel bando della morte eterna: non voglio che cadiate mai in questo inconveniente. Dicovelo, e pregove da parte di Cristo Crocifisso, che non ve ne impacciate mai più.

Possedetevi in pace le città vostre, facendo giustizia dei sudditi vostri quando si commette la colpa; ma non per loro, mai, che i sono amministri di questo glorioso sangue e prezioso. Per altre mani che per le loro voi no il potete avere; non avendolo, non ricevete il frutto d'esso sangue, ma sareste, come membro putrido, tagliato dal corpo della santa Chiesa.

Or non più, padre! Umilmente voglio che poniamo lo capo in grembo di Cristo in cielo per affetto e amore, e di Cristo in terra, la cui vece tiene, per riverenzia del sangue di Cristo, del quale sangue ne porta le chiavi: a cui egli opre, è aperto, e a cui egli serra, è serrato. Egli ha la potenza e autorità, e veruno è che gli il possi togliere delle mani, poiché gli è data dalla prima dolce Verità. E pensate che, fra le altre cose che sieno punite, che dispiaccia bene a Dio, si è quando vede che son toccati gli unti suoi, siano gattivi quanto si vogliono. E non pensate, perché vediate che Cristo facci vista di non vedere in questa vita, che sia di meno la punizione nell'altra. Quando l'anima sarà dinudata dal corpo, allora gli mostrarà che in verità egli ha veduto. Perciò voglio che siate figlio fedele della santa Chiesa, bagnandovi nel sangue di Cristo Crocifisso: allora sarete membro legato nella Chiesa santa, e non putrido. Ricevarete tanta fortezza e libertà che né demonio né creatura ve la potrà togliere, poiché sarete fuore de la servitudine del peccato mortale, della rebellione della santa Chiesa; sarete fatto forte dalla fortezza della grazia, che allora abitarà in voi, e sarete unito col vostro padre. Così vi prego che perfettamente facciate questa unione, e non indugiate più tempo. Ma che vendetta faremo del tempo che sete stato fuore? Di questo, padre, parmi che s'apparecchi uno tempo che noi potremo fare una dolce e gloriosa vendetta; ché, come voi avete disposto lo corpo e la sustanzia temporale a ogni pericolo e morte, in guerra col padre vostro, così ora v'invito da parte di Cristo crocifisso a pace vera e perfetta col padre benigno, Cristo in terra, e a guerra contro gl'infedeli, disponendo lo corpo e la sustanzia a dare per Cristo crocifisso. Disponetevi, ché vi conviene fare questa dolce vendetta che, come voi sete andato contro, così andate in aiuto, quando lo padre levarà in alto lo gonfalone della santissima croce; poiché il padre santo n'ha grandissimo desiderio e volontà. Voglio che siate lo principale, e che invitiate e sollicitiate lo padre santo che tosto si spacci, ché grande vergogna e vituperio è di cristiani, di lasciare possedere quello che di ragione è nostro ai pessimi infedeli! Ma noi facciamo come stolti e di vil cuore, che non facciamo briga e guerra se no con essonoi medesimi. L'uno si divide da l'altro per odio e rancore, colà dove noi doviamo essere legati del legame della divina ardentissima carità; lo qual legame è di tanta fortezza, che tenne Dio-e-Uomo confitto e chiavellato nel legno della santissima croce.

Orsù, padre, per l'amor di Dio crescetemi lo fuoco del santissimo desiderio, volendo dare la vita per Cristo Crocifisso, dare lo sangue per amore del sangue. Or quanto sarà beata l'anima vostra e la mia, per l'affetto ch'io ho alla salute vostra, di vedervi dare la vita per lo nome del dolce e buono Gesù! Prego la somma ed eterna bontà che ci facci degni di tanto benifizio quanto è a dare la vita per lui. Or correte virilmente a fare i grandissimi fatti per Dio e per esaltazione della santa Chiesa, sì come avete fatto per lo mondo e in contrario a lei: facendo questo, voi participarete lo sangue del Figlio di Dio.

Rispondete alla voce e clemenza dello Spirito santo che vi chiama tanto dolcemente, che fa gridare ai servi di Dio dinanzi a lui per voi, per darvi la vita della grazia. Pensatevi, padre, che delle lacrime e sudori che la bontà di Dio ha fatte gittare per voi ai servi suoi, da capo ai pie' ve ne lavareste: non le spregiate, né siate ingrato a tanta grazia. Vedete quanto Dio v'ama, che la lingua vostra no il potrebbe narrare, né il cuore pensare, né occhio vedere quante sono le grazie sue, che vuole abundare sopra di voi, pure che disponiate la città dell'anima vostra a trarla della servitudine del peccato mortale. Siate grato e conoscente, affinché non si secchi in voi la fonte della pietà. Non dico più.

Siate siate fedele, umiliatevi sotto la potente mano di Dio. Amate e temete Cristo crocifisso; niscondetevi nelle piaghe di Cristo Crocifisso; disponetevi a morire per Cristo crocifisso. Perdonate alla mia ignoranza e presunzione, che presummo molto di favellare; ma l'amore e l'affetto ch'io ho alla salute dell'anima vostra mi scusi.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.

Di quello che mi pregò lo vostro serviziale, che per vostra parte venne a me etc. Gesù dolce, Gesù amore.





29. A madonna la Regina, donna dello soprascritto signore di Milano, per li detti ambasciadori.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverenda madre in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestita del vestimento dell'ardentissima carità, sì e per sì-fatto modo che voi siate quel mezzo e instrumento che facciate pacificare lo sposo vostro con Cristo dolce Gesù e col vicario suo, Cristo in terra.

Sono certa che, se sarà in voi la virtù della carità, non si potrà tenere che lo sposo vostro non ne senta lo caldo. E così vuole la prima Verità che voi siate due in uno spirito, e in uno affetto e santo disiderio.

Questo non potreste fare se non fusse in voi questo amore. Ma voi mi direte: «Da che io non ho l'amore, e senza amore io no il posso fare, che modo tengo d'averlo?». Dicolo a voi, che amore non s'acquista se non con amore: poiché colui che vuole amore, prima gli conviene amare, cioè d'avere volontà d'amare. Poi che egli ha avuta questa volontà, conviengli uprire l'occhio del conoscimento, e vedere dove si trova e come i si trova questo amore. In sé medesimo lo trovarà. Come? conoscendo sé medesimo non essere: vedendo sé non essere per sé medesimo, retribuisce e conosce da Dio avere l'essere suo, e ogni grazia che è fondata sopra questo essere - cioè le grazie e i doni spirituali e temporali che Dio ci dà -: ché, se noi non fussimo, non potremo ricevere nessuna grazia. Sì che ogni cosa ha, e trova d'avere, per la inestimabile bontà e carità di Dio.

Come l'anima ha veduto e trovata in sé tanta bontà del suo Creatore, levasi e cresce in tanto amore e disiderio che sé e il mondo, con tutte le delizie sue, spregia e ha in dispetto. E non me ne maraviglio, poiché l'è condizione dell'amore che, quando la creatura si vede amare, subito ama; come egli ama, sceglie inanzi la morte che offendere quello che egli ama. Ella si notrica nel fuoco dell'amore perché s'ha veduta tanto amare, quando vede sé esser stato quel campo e quella pietra dove fu fitto lo gonfalone della santissima croce. Ché voi sapete bene che la terra né la pietra averebbe tenuta la croce, né chiodi né croce avrebbero tenuto lo Verbo dell'unigenito Figlio di Dio, se l'amore non l'avesse tenuto. Perciò l'amore, che Dio ebbe all'anima nostra, fu quella pietra e quelli chiodi che l'hanno tenuto.

Or questo è lo modo da trovare l'amore. Poi che aviamo trovato lo luogo dove sta l'amore, in che modo ce il convien amare? O reverenda e dolcissima madre, egli è la regola e la via: e altra che questa una via non c'è. La via sua, ch'egli insegna a noi - la quale doviamo seguire, se vogliamo andare per la luce e ricevere vita di grazia -, si è andare per le pene, per gli obrobii, scherni, strazii e villanie e persecuzioni: con esse pene conformarsi con Cristo crocifisso. Egli fu quello Agnello immacolato che spregiò le ricchezze e signorie del mondo; con-ciò-sia-cosa-che fusse Dio e uomo, nondimeno, come regola e via nostra, egli ce la 'nsegna; fatto è osservatore della legge e non trapassatore. Egli è umile e mansueto, che non è udito lo grido suo per veruna mormorazione. Egli ha aperto sé medesimo per larghezza d'amore; diventa gustatore e mangiatore della salute nostra, non cercando né vedendo sé, ma solo l'onore del Padre e il bene delle creature. Egli non schifa le pene, anco va drieto a esse pene.

Grande cosa è a vedere lo dolce e buono Gesù, che governa e pasce tutto l'universo, ed esso medesimo in tanta miseria e necessità che non è veruno che sia simile a lui. Egli è mendico in tanto che Maria non ebbe panno dove involgere il figlio suo; ne l'ultimo muore nudo in croce, per rivestire l'uomo e coprirli la sua nudità. Nudo era fatto per lo peccato commesso, perduto avea lo vestimento della grazia: sì che sé spoglia della vita, e noi ne veste. Dico che l'anima, che averà trovato amore nell'affetto di Cristo crocifisso, che ella si vergognarà di seguitarlo per altra via che per Cristo crocifisso: non vorrà dilizie, né stati, né pompe; anco vorrà stare come peregrina o viandante (He 11,13 1P 2,11) in questa vita, che attende pure di giognare al termine suo. Né per prosperità che truovi nella via, né aversità, se egli è buono peregrino, non tarda però lo suo andare: anco va virilmente, per l'amore e affetto ch'egli ha posto al termine suo, al quale aspetta di giongere.

Così voglio che facciate voi, dolcissima madre e sorella in Cristo dolce Gesù. Non voglio che miriate per li grandi stati che aviate, né per le grande ricchezze e diletti, né per avversità o tribulazione che vedeste venire. Non vi ritraga lo diletto, né non vi ritraga la pena; ma con cuore virile corrite per questa via, dilettandovi sempre delle virtù e di portare pena per Cristo crocifisso, che sì dolcemente ve l'ha insegnata.

Prendete delle cose del mondo per necessità della natura, e non per affetto disordinato: ché troppo sarebbe spiacevole a Dio che voi poneste l'amore in quella cosa che è meno di voi, che non sarebbe altro che perdere la dignità sua: ché tale diventa la creatura, quale è quella cosa che egli ama. Se io amo lo peccato, lo peccato non è: ecco ch'io divento non nulla. A maggiore viltà non può venire. Lo peccato non procede da altro che d'amare quello che Dio odia, e odiare quello che Dio ama; dunque amando le cose transitorie del mondo, e sé medesimo d'amore sensitivo, offende, poiché è quella cosa che Dio odia, e tanto gli dispiacque che ne volse fare vendetta e giustizia sopra lo corpo suo. Fece di sé uno ancudine, fabricandovi su le nostre iniquità.

Or che grande miseria e cecità è quella della creatura, a vedere sé, creato ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26), e anco riformato in grazia (poi che la perdette per lo peccato mortale, con l'abondanzia del sangue suo riformò questa imagine), ed ella è tanto cieca che abbandona l'affetto e l'amore che l'ha fatta grande per la sua bontà, e dassi ad amare quelle cose che sono fuori di Dio, cioè traendo l'affetto e l'amore fuore di lui, e amare le cose create e sé medesimo senza lui! Ché non è la forma degli stati e delizie del mondo, né le creature, che siano reprensibili; ma è l'affetto che la persona vi pone, trapassandone per questo affetto lo comandamento dolce di Dio. Così, per lo contrario, quando l'amore e l'affetto si leva da sé, e pollo tutto in Cristo crocifisso, egli viene nella maggiore degnità che possi venire, poiché diventa una cosa col suo Creatore. E che meglio può avere, che essere unito in colui, che è ogni bene? E non la può riputare a sé quella dignità e unione, ma all'amore. Perché sarebbe grande una serva che fosse presa per sposa dallo 'mperadore, ché, subito che ella è unita con lui, è fatta imperadrice, e non per sé, ch'ella era serva, ma per la dignità dello imperadore.

Così pensate, carissima madre in Cristo dolce Gesù, che l'anima inamorata di Dio, che è serva e schiava ricomprata del sangue del Figlio di Dio, viene a tanta dignità che ella non si può chiamare serva, ma imperadrice, sposa dello imperadore eterno. Ben s'acorda con la parola della prima verità: «Lo servire a Dio non è essere servo, ma regnare»: anco gli priva della servitudine del peccato, e fallo libero. Bene è forte dunque questa unione perfetta, che, oltra alla dignità della creazione sua, per l'unione dell'amore e delle virtù, fa perfetta questa dignità prima dell'essere, cioè per l'unione che ha fatta col suo Creatore. Questa s'è spogliata dell'uomo vecchio di sé medesima, e vestita del nuovo, Cristo dolce Gesù. Allora è aperta l'anima a ricevere e tenere la grazia, colla quale in questa vita gusta Dio; poi, ne l'ultimo, vede l'eterna visione sua, dove si pacifica e ha perfetto riposo e quiete, poiché sono adempiti i desideri suoi. Questa è la ragione che in questa vita non può avere questa pace: perché non è saziato lo disiderio suo fino che non gionge all'unione della divina essenzia: ha solamente fame e desiderio mentre che è viandante e peregrino (He 11,13 1P 2,11) in questa vita: desiderio ha di fare la via dritta, e ha fame di giongere al termine e al fine suo. Lo qual desiderio lo fa correre per la via, per la strada battuta da Cristo crocifisso, sì come di sopra è detto; ché, se non avesse amore al suo fine, cioè a Dio, non si curarebbe di volere sapere la via.

Perciò voglio che cresciate lo santo e vero desiderio a seguire questa via, che vi fa gionger al termine.

Sappiate che ella non è buia né tenebrosa né piena di spine, anco è lucida con vero lume; e battélla questa strada, col sangue suo, Gesù Cristo, che è esso lume. Non ci ha spine, ch'ella è odorifera, piena di fiori e di soavi frutti, in tanto che, come la creatura comincia a tenere per essa strada e via dolce, gustavi tanta dolcezza che inanzi sceglie la morte che volersene partire. E con-ciò-sia-cosa-che in questa via ci si veggano spine, che paiono spine di molte tribulazioni e illusioni del demonio, e il mondo ci si para inanzi colla infiata superbia, dico che non le cura quella anima che si diletta in questa via: ma fa come colui che va al rosaio, che coglie la rosa e lassa stare la spina; così ella, delle tribulazioni e angoscie del mondo: le lassa dietro, e coglie la rosa odorifera della vera e santa pazienza, ponendosi dinanzi a l'occhio del cognoscimento lo sangue dell'Agnello che dà vita, posto in capo di questa strada.



Perciò corrite, madre, e corrano tutti i veri fedeli cristiani, all'ogietto di questo sangue, dietro a l'odore suo (Ct 1,3). Allora diventaremo veramente ebri d'esso sangue, arsi e consumati nella divina dolce carità; fatti saremo una cosa con lui. Faremo come l'ebro, che non pensa di sé, se non del vino ch'egli ha bevuto e di quello che rimane a bere. Inebriatevi di sangue per Cristo crocifisso; poi che l'avete inanzi, non vi lassate morire di sete; non ne prendete poco, ma tanto che voi inebriate, sì che perdiate voi medesima.

Non amate voi per voi, ma voi per Dio; né la creatura per la creatura, ma solo a loda e gloria del nome di Dio; né amate Dio per voi, per vostra utilità, ma amate Dio per Dio, in quanto è somma bontà, degno d'esser amato. Allora l'amore sarà perfetto e non mercenaio; non potrete pensare altro che di Cristo crocifisso, del vino che avete bevuto, cioè della perfetta carità, la quale vedete che Dio v'ha data e mostrata inanzi la creazione del mondo, inamorandosi di voi prima che voi fosti: ché, se non si fusse inamorato, mai non v'arebbe creata. Ma, per l'amore ch'egli v'ebbe vedendovi in sé, egli si mosse a darvi l'essere. Or qui si distendaranno i pensieri vostri in questa carità beuta. Dico che pensarete in quello che è a bere, cioè aspettando e desiderando d'avere e gustare la somma eterna bellezza di Dio. Ora aviamo trovato lo luogo ove si riposa l'amore (Ct 1,6) e dove l'anima l'acquista, e trovato in che modo ce il conviene pigliare.

Or vi prego, per l'amore di Cristo crocifisso, che non siate negligente, ma sollicita ad andare a questo luogo, e tenere per questa via mostrata di sopra. Facendolo, adimpirete lo disiderio e la volontà di Dio in voi - che non cerca né vuole altro che la vostra santificazione - e il disiderio di me, misera miserabile, piena di peccati e d'iniquità, che ho fame e volontà della salute vostra, sì per voi, e sì per lo mezzo ch'io voglio che siate a lo sposo vostro, inducendolo a virtù e a seguire la via della verità. Invitatelo e pregatelo, quanto potete, a fare che sia vero figlio e servo a Cristo crocifisso, obediente al padre santo, la cui vece tiene, e non sia più ribelle.

Padre e madre carissimi, siatemi uniti in una volontà e uno spirito. Non aspettate lo tempo, ché il tempo non aspetta voi. Guardate guardate che l'occhio di Dio è sopra di voi, e veruno è che da quello occhio si possa nascondere. Egli è lo dolce Dio nostro, che non ha bisogno di noi: amocci prima che da noi fusse amato, donocci sé medesimo per grazia e non per debito. Non voglio che siate ingrata a tanto benifizio, ma grata e conoscente, rispondendo alla grazia e clemenza de lo Spirito santo. Pregovi che i figli vostri sempre gli nutrichiate e aleviate nel timore di Dio. Non attendete pur ai corpi loro, ma alla salute de l'anime.

Sappiate che Dio ve li richiederà ne l'ultimo dì. Non dico più.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Perdonate alla mia ignoranza, se troppo vi gravasse di parole; ma, per la fame e amore ch'io ho alla salute vostra, piuttosto farei in effetto che con parole.

Venne a me quel vostro fedele serviziale per vostra parte; dissemi a bocca la vostra ambasciata, la quale ho ricevuta molto graziosamente etc. Gesù dolce, Gesù amore.





30. Alla badessa del monasterio di santa Marta da Siena e a sorella Nicolosa del detto monasterio.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso.

A voi, dilettissima e carissima madre e sorella, madonna, e a te, figlia e sorella Nicolosa, io Caterina, inutile serva (Lc 17,10) di Gesù Cristo e vostra serva inutile voglio fare a voi l'offizio che fa lo servo al signore, che sempre porta e arreca: così voglio portare sempre voi nel conspecto del dolcissimo Salvatore.

E così portando, da l'ineffabile carità sua impetraremo grazia di fare l'altro atto del servo, di ritornare in giuso: così venremo ne la grazia del cognoscimento di noi e di Dio. Poiché non mi pare di potere avere virtù né la plenitudine de la grazia, senza l'abitazione de la cella del cuore e dell'anima nostra, nel quale luogo acquistaremo lo tesoro che c'è vita, cioè l'abisso santo del santo cognoscimento di sé e di Dio, dal quale santo cognoscimento, suore carissime, procede quello santissimo odio che ci fa unire in quella somma eterna e prima Verità, conoscendo noi somma bugia, operatori di quella cosa che non è. Così odiando gridaremo con voce di cuore, manifestando la sua bontà: Tu solo sei colui che sei buono, tu sei quello mare pacifico, donde escono tutte le cose che hanno essare, excepto che quella cosa che non è, non è in lui, cioè lo peccato. Come disse la somma Verità a una serva sua inutile: «Io voglio che tu sia amatrice di tutte quante le cose; ché sono tutte buone e perfette e sono degne da essere amate, e tutte sono fatte da me che sono somma bontà, excepto che il peccato non è in me, ché se fusse in me, dilettissima mia figlia, sarebbe degno da essere amato».

O amore inestimabile, però vuoli che noi ci odiamo, per le perverse nostre volontadi donde procede questo che non è in te. Dunque, madre e sorella dilettissime in Cristo Gesù, corriamo corriamo corriamo morte, per la via de la verità. E se mi diceste: che uccidiamo? gridiamo con l'apostolo: la nostra perversa volontà.

Che dice lo inamorato di Pavolo? «Mortificate le membra del corpo vostro» (Col 3,5). Non dice così de la volontà, ma vuole ch'ella sia morta e non mortificata. O dolcissimo e dilettissimo amore, io non ci so vedere altro rimedio se non quello coltello che tu avesti, dolcissimo amore, nel cuore e nell'anima tua. Ciò fu l'odio che avesti al peccato e l'amore che avesti a l'onore del Padre e a la nostra salute. O amore dolcissimo, questo fu quello coltello che trapassò lo cuore e l'anima de la Madre. Lo Figlio era percosso nel corpo, e la Madre similemente; perché quella carne era di lei. Ragionevole cosa era, come cosa sua, ched egli aveva tratto di lei carne.

Io m'avego, o fuoco di carità, che ci ha un'altra unione. Egli ha la forma de la carne, ed ella, come cera calda, ha ricevuta la impronta del desiderio e dell'amore de la nostra salute, ricevuta dal sugello - ed è il sugello de lo Spirito santo -, lo quale sugello e inesto ha incarnato quel Verbo eterno divino. Ella, come albero di misericordia, riceve in sé l'anima consumata del Figlio, la quale anima è vulnerata e ferita de la volontà del Padre: ella, come albero che ha in sé lo 'nnesto, è vulnerata col coltello dell'odio e dell'amore.

Or è tanto moltiplicato l'odio e l'amore ne la Madre e nel Figlio, che il Figlio corre a la morte per lo grande amore che egli ha di darci la vita. Tanta è la fame e il grande desiderio de la santaobbedienza del Padre, che egli ha perduto l'amore proprio di sé e corre a la croce. Questo medesimo fa quella dolcissima e carissima Madre, che volontariamente perde l'amore del Figlio. Ché non tanto ch'ella faccia come madre, che il ritraga da la morte, ma ella si vuole fare scala e vuole ch'egli muoia. Ma non è grande fatto, però ch'ella era vulnerata de la saetta dell'amore de la nostra salute.

O carissime sorella e figlie tutte quante in Cristo Gesù, se per fino a qui non fussimo arse nel fuoco di questo santo desiderio de la Madre e del Figlio, non si contenghino più ostinati i cuori nostri: di questo vi prego da parte di Cristo crocifisso, che questa pietra si dissolva con l'abondanzia del sangue caldissimo del Figlio di Dio, che è di tanta caldezza che ogni durezza o freddezza di cuore debba dissolvare. In che ci fa dissolvere? solamente in quello che detto aviamo: ci fa dissolvere nell'odio e nell'amore, e questo fa lo Spirito santo quando viene nell'anima. Perciò vi comando e vi costringo che voi dimostriate di volere in voi questo coltello. E se mi dimandaste in che lo possiamo dimostrare, rispondovi: in due cose voglio che il dimostriate nel conspecto di Dio. Cioè voglio che voi non vogliate tempo a vostro modo, ma a modo di Colui che è: così sarete spogliate de la vostra volontà e vestite de la sua.

Intesi che mi scriveste del desiderio ch'avavate del mio venire a voi; voglio che questo si mitichi col giogo soave del Figlio di Dio, e così ricevarete questo tempo e ogni altro tempo, quanto malagevole si fusse, pensando che non può essare altro che nostro bene: con reverenzia riceviamo ogni tempo.

L'altra si è che voi andiate col giogo de la santaobbedienza. E voi singularmente, madonna, vogliate essere obediente a Dio in portare la fatica che egli v'ha posta, cioè d'avere a governare le pecorelle sue. E non vi recate a malagevole, se vi vedete molte volte per l'impacci di dare fatica al prossimo per onore di Dio, e questo veggio che facevano i discepoli santi, che spregiavano ogni consolazione spirituale e temporale. O quanta consolazione avrebbero avuta, di ritrovarsi coi la madre de la pace del Figlio di Dio, e l'uno con l'altro ritrovarsi insieme! E non di meno, come vestiti del vestimento nuziale (Mt 22,11-12) del maestro, i si danno a ogni fatica e obrobrio e morte, per l'onore di Dio e salute del prossimo, l'uno separato dall'altro e così spregiando le consolazioni e abracciando le pene: così voglio che facciate voi.

E se mi diceste de la grande sollicitudine de le cose temporali che vi conviene avere, rispondovi che, tanto sono temporali quanto le facciamo; e già v'ho detto che ogni cosa procede da la somma bontà: dunqu'è ogni cosa e buona e perfetta. Sì che non voglio col colore de le cose temporali schifiate la fatica, ma voglio che sollecitamente e con occhio dirizzato secondo Dio siate sollecita. Singularmente siate sollecita delle anime loro. Ché, come dice santo Bernardo, la carità, s'ella ti lusinga, non t'inganna; s'ella ti corregge, non t'odia. Perciò virilmente vi portate, con asprezze e con lusinghe, secondo che bisogna ne lo stato vostro.

Non siate negligente a correggere i difetti; e, piccioli o grandi, che sieno puniti secondo che la persona è atta a ricevare: chi fusse disposto a portare diece libre, non ponete vinti, ma tollete quello che potete avere.

E loro prego per parte di colui che fu fatto portatore d'ogni nostra miseria, ch'elle s'inchinino per la porta stretta (Mt 7,13 Lc 13,24) de la santaobbedienza, a ciò che la superbia de la loro volontà non lo' rompesse lo capo. E non vi paia, sorella carissime, fadigoso de la santa riprensione. O se voi sapeste quanto è dura la riprensione di Dio ch'è fatta all'anima che schifa la riprensione di questa vita! Sì che meglio è che le negligenzie e l'ignoranzie nostre e il poco amore che avemo a la santa ubidienzia, ch'elle sieno punite coi le riprensioni fatte nel tempo finito che quella dura nel tempo infinito. Perciò siate ubbidienti, per amore di quello dolcissimo e amantissimo giovane Figlio di Dio, che fu ubidiente fino a la morte. E così avaremo lo coltello sopra detto; avendo tagliato per la virtù di Dio lo vizio de la superbia trovarenci radicati ne la virtù santa de la carità, la quale dimostraremo ne la virtù de la santa ubidienzia, che dimostraremo per la virtù de la santa umilità. Altro non vi dico, se non che noi facciamo una santa petizione affinché noi possiamo servare ciò che noi aviamo detto.

Chi è in camino, ha bisogno di lume, affinché non erri lo camino: ho trovata una luce, ed è quella dolce vergine Lucia romana che ci dà lume. A quella dolcissima inamorata Magdalena dimandaremo quello pentimento che ella ebbe di sé; ad Agnesa - che è agnella mansuetudine e umilità -: sì che ecco che Lucia ci dà lume, Magdalena odio e amore, Agnesa ci dà l'olio dell'umilità. E così fornita la navicella dell'anima nostra, andaremo a visitare lo luogo santo de la beata santa Marta, di quella inamorata spedaliera che ricevette Cristo uomo e Dio, ora collocata in casa del Padre, cioè in quella essenzia di Dio, ne la quale essenzia e visione, spero, - per l'abondanzia del sangue di Gesù Cristo, e per li meriti di costoro, e di quella dolcissima madre - noi gustaremo e vederemo Cristo a faccia a faccia. Pregovi che siamo solliciti di consumare la vita per lui. Laudato sia lo nostro dolce Salvatore.

A voi madonna e a te Nicolosa, figlia e sorella, io mi racomando e prego che mi racomandiate a sorella Augustina e a tutte l'altre, che preghino Dio per me, che mi levi de la via de la negligenzia e corra morta per la via de la verità. Altro non vi dico di questa materia. Laudato sia Gesù Cristo crocifisso. Amen.

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