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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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Sesso: Femminile
19/10/2012 14:11

31. A madonna Mitarella donna di Vico da Mogliano, senatore che fu a Siena nel mccclxxiij.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissima e carissima madre e sorella in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva inutile di Gesù Cristo, mi vi racomando, confortandovi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi nel cospetto di Dio serva fedele, cioè che voi stiate in quella fede che dà letizia e gaudio ne l'anima nostra. Questa è quella dolce fede che a noi conviene avere, sì come disse lo nostro Salvatore: «Se voi arete tanta fede quanto è uno granello di senape, e comandaste a questo monte, sì si levarebbe» (Mt 17,20). In questa fede, dilettissima sorella, vi prego che permaniate.



Mandastemi dicendo che per lo caso occorso al sanatore - del quale mi pare che avesseate avete avuto grandissimo timore -, che non avete altra fede né altra speranza se no ne l'orazioni dei servi di Dio. Und'io vi prego, da parte di Dio e del dolcissimo amore Gesù Cristo, che sempre rimaniate in questa dolce e santa fede. O fede dolce, che ci dai vita! Se voi starete in questa santa fede, già mai nel vostro cuore non caderà tristizia, perché la tristizia non procede da altro se non dalla fede che poniamo nelle creature; ché le creature sono cosa morta e caduca che vengono meno, e il cuore nostro non si può mai riposare se no in cosa stabile e ferma. Perciò essendo lo nostro cuore posto ne le creature, non è in cosa ferma, ché oggi è l'uomo vivo e domane è morto. Convienci dunque, a volere avere riposo, che noi riposiamo il cuore e l'anima, per fede e amore, in Cristo crocifisso: allora trovaremo l'anima nostra piena di letizia. O dolcissimo amore Gesù! Sorella mia, non temete le creature; sì come disse Cristo benedetto - «Non temete gli uomini, che non possono uccidere altro che il corpo; ma temete me, che posso uccidare l'anima e il corpo» (Mt 10,28 Lc 12,4-5) -, lui temiamo, che dice che non vuole la morte del peccatore, anco vuole che si converta e viva (Ez 33,11). O inestimabile carità di Dio, che prima ci minaccia che può uccidare lo corpo e l'anima, e questo fa per farci umiliare e stare nel santo timore! O bontà di Dio! Per dare letizia a l'anima dice che non vuole la morte nostra, ma che viviamo in lui. Allora dimostrarete, dilettissima sorella, che siate viva, quando la vostra volontà sarà unita e acordata con quella di Dio. Questa volontà dolce vi darà la fede e la speranza viva, posta tutta in Dio.

A volere dare vita a questa santa fede, due cose vi prego che abiate ne la memoria. La prima si è che Dio non può volere altro che il nostro bene - e per darci quello vero bene, dié sé medesimo fino all'obrobiosa morte de la croce -, del quale bene fumo privati per lo peccato. Egli dolcemente umiliò sé medesimo, per rendarci la grazia e tòllare da noi la superbia; Perciò, bene è vero che Dio non vuole altro che il nostro bene. L'altra si è che voi crediate che veramente ciò che aviene a noi - o per morte o per vita, o per infermità o per sanità, o ricchezza o povertà, o ingiuria che fusse fatta a noi da amici o da parenti o da qualunque creatura - voglio che crediate ch'egli è permessione e volontà di Dio, ché senza sua volontà non cade una foglia d'albore. Perciò non solo non temete questo, perché a misura tanto Dio ci dà quanto possiamo portare, e più no (1Co 10,13); ma con riverenzia riceviamo, dilettissima sorella, riputandoci indegni di tanto bene quanto egli è a portare fatica per Dio. E perché il demonio ci volesse mettare una grande paura per lo caso del quale voi temete, pigliate subito l'arme della fede, credendo che per Cristo crocifisso saremo deliberati, e così rimarrete in perfettissima letizia, credendo, come abiamo detto, che Dio non vuole altro che il nostro bene. Confortatevi in Cristo crocifisso, e non temete.

Altro non vi dico, se no che tutte le vostre opere sieno fatte con amore e timore di Dio.

Ricordovi che voi dovete morire, e non sapete quando; e l'occhio di Dio è sopra di voi e riguarda tutte le vostre opere. Dolce Dio, dacci la morte inanzi che noi t'offendiamo.

Laudato sia Gesù Cristo etc.



32. A frate Giacomo da Padova priore del monasterio di Monte Oliveto di Firenze.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, venerabile padre in Cristo Gesù, per riverenzia di quel santissimo sacramento, io Caterina, serva e schiava dei servi di Cristo, mi vi racomando nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi veramente servo fedele al nostro dolce Salvatore, sì come egli disse: «Se voi avrete tanto fede quanto è uno granello di senape e comandarete a questo monte, egli si levarà». (Mt 17,19) E così mi pare veramente, padre, ch'è l'anima fedele: che tutta la fede e la speranza sua abbi posto in sul legno de la santissima croce, due noi troviamo l'Agnello arrostito al fuoco de la divina carità; e ine acquista l'anima tanta fede che non sarà neuno monte - cioè monte di neuno peccato o superbia o ignoranza o negligenzia nostra -, comandandolo con fede viva per virtù di quella santissima croce, che la volontà nostra non muova questo monte da vizio a virtù, da negligenzia a sollecitudine, da superbia a vera e perfetta umilità. Raguardando Dio umiliato a sé uomo, levarassi lo monte dell'ignoranza, rimarremo umiliati nel vero e perfetto cognoscimento di noi medesimi, vedremo noi non essare ma operatori di quella cosa che non è. Allora trova l'anima in sé fondata la bontà di Dio con tanto ardentissimo amore, poiché vede ched i l'amò in sé medesimo inanzi ched egli lo creasse. Dipoi ch'egli l'ha veduta - la miseria sua e la bontà di Dio in lui -, viene in uno odio di sé medesimo e in un amore del dolce Gesù perché si vede essare stato ed è ribelle a Dio, ma, facendo quello bene lo quale noi possiamo fare, vorrà fare giustizia di sé medesimo; e non tanto che si chiami contento di fare giustizia di sé, ma egli desidera che le creature ne faccino vendetta, volendo sostenere da loro ingiurie, strazii e scherni e villanie: in altro non si può dilettare che sostenere e portare fatiche con buona e vera pazienza.

Allora manifesta la fede sua viva e non morta, che ha conformata la volontà sua con quella di Dio; ha comandato ai monti che si levino e sonsi levati, e, rimasto in virtù, diventa giudicatore de la santa volontà di Dio, da la quale volontà nasce uno lume: e ciò che vede e ciò che li fusse fatto, o da uomini o da dimonia o per qualunque modo sia, non può vedere che proceda da altro che da questa santa volontà di Dio. E veruna cosa a quella mente e a quella anima li può essare pena, né veruno tempo né stato vuole eleggiare a suo modo, se non secondo che a la bontà di Dio piace, perché vede che Dio è sommamente buono: non può volere altro che bene e la nostra santificazione, sì come disse lo dolce inamorato di Pavolo che la volontà di Dio è che noi siamo santificati in lui.

Perciò, poi che l'anima ha veduto tanto ineffabile amore, e ciò che Dio fa e permette è dato a noi per singulare amore, levisi l'anima nostra con perfetta sollecitudine a vestirsi e stregnare a sé questo santo e dolce vestimento, lo quale fa adempire quella dolce parola del salterio: «Gustate e vedete». (Ps 33,9) E veramente, carissimo padre, così è, ché se l'uomo nol gusta in questa vita per amore e per desiderio, nol potrà vedere ne la vita durabile. O quanto sarà beata l'anima nostra se noi lo gustaremo, essendo vestiti di questa santa e dolce volontà: lo quale è lo segno che noi dimostriamo al Salvatore nostro con l'amore che noi portiamo a lui; e dell'amore nasce la fede viva, e tanto ho fede o speranza quanto amo; e l'amore, cioè la divina carità, parturisce i figli de le virtù vive e non morte. Or sù, padre, transformiamo lo cuore e l'anima nostra in questo consumato e infocato e ardentissimo amore, niscosi nelle piaghe del cuore consumato del Figlio di Dio.

Rimanete ne la santa carità di Dio. Corriamo corriamo che il tempo è breve. Gesù dolce Cristo Gesù.





33. All'abbate di Monte Oliveto volendogli rimettere nelle mani uno frate uscito dell'Ordine suo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi in perfettissima carità.

La quale carità non cerca le cose sue (1Co 13,5); ella è libera e non è serva della propria sensualità; ella è larga, che dilata il cuore nell'amore di Dio e carità del prossimo suo, e però sa portare e supportare (1Co 13,7-d) i difetti delle creature per amore del Creatore. Ella è pietosa e non crudele, perché ha tolta da sé quella cosa che fa l'uomo crudele - cioè l'amore proprio di sé - e però riceve caritativamente con grande pietà il prossimo suo per Dio; ella è benivola e pacifica e non iracunda (1Co 13,4-5); ella cerca le cose giuste e sante, e non le ingiuste; e come le cerca così l'osserva in sé, e però riluce la margarita della giustizia nel petto suo.

La carità, se ella lusinga, non inganna; e se ella riprende, non ha ira né odio, ma caritativamente ama tutti come figli: o lusingando o riprendendo, in qualunque modo si sia. Ella è una madre che concipe nell'anima i figli delle virtù, e parturiscele per onore di Dio nel prossimo suo. La sua baglia è la vera e profonda umilità. Che cibo le dà questa sua nutrice? Cibo di lume e di cognoscimento di sé, col quale lume conosce la miseria sua e la fragile sensualità, cagione d'ogni miseria. Con questo cognoscimento s'umilia l'anima e concipe odio verso sé medesima; con questo nutre il fuoco della divina carità, conoscendo la grande e ineffabile bontà di Dio in sé, la quale bontà è cagione principio e fine d'ogni suo cognoscimento.

Dopo questo lume e cognoscimento si diletta di quel cibo che Dio più ama, cioè della sua creatura la quale creò ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26); e tanto l'amò che egli le donò il Verbo del suo Figlio perché placasse l'ira sua, e traessela della lunga guerra nella quale era caduta per la colpa d'Adam, e lavasse la faccia dell'anima - che per la colpa era tutta lorda - nel sangue dolcissimo suo. Egli fu nostra pace (Ep 2,14) e nostro mediatore tra Dio e noi (Col 1,20), ricevendo i colpi della giustizia sopra di sé; egli fu il nostro medico, sì come dice il glorioso Paulo: Quando l'umana generazione giaceva inferma venne il grande medico nel mondo per sanare le nostre infermità. Egli è nostro conforto, perché ci s'è dato in cibo. Questo dolce e amoroso Verbo, per compire l'obedienzia e voluntà del Padre suo nella creatura, corse come inamorato ponendosi alla mensa della santissima croce: e ine mangiò il cibo delle anime, sostenendo pene obrobrii strazii e villanie, e ne l'ultimo la penosa morte della croce, aprendo il corpo suo che da ogni parte versa sangue.

Tutto questo manifesta l'amore che Dio ha a l'uomo: unde quello che è in carità ama e dilettasi del cibo delle anime; e già per altra via né per altro modo non vuole pigliare questo suave cibo che il pigliasse il dolce e amoroso Verbo Cristo dolce e buono Gesù. Se egli sostenne, ed ella vuole sostenere con lui insieme, unde patisce fame, sete, nudità, scherni e villanie, molestie dagli uomini e dali demoni. Egli sopportò la nostra ingratitudine, non ritraendo però adietro di compire la nostra salute: dico che in questo e ogni altra cosa l'anima che sta in carità, quanto l'è possibile, si conforma con lui, e vuole seguire le vestigie sue. Ella vuole ricogliere e ricoglie con benignità sotto l'ale della misericordia chi l'avesse offesa, perché vede che quel medesimo la bontà di Dio ha fatto a lei.

Quanto è dolce dunque questa madre carità! è veruna virtù che non sia in lei? No. Ella non è tenebrosa, perché la guida sua è il lume della santissima fede, la quale fede è la pupilla dell'occhio dell’intelletto, che mena l'affetto in quello che dovrebbe amare, ponendogli per obiettivo l'amore che Dio gli ha, e la dottrina di Cristo crocifisso. Unde l'affetto, che col lume vede sé essere amato, è costretto ad amare e mostrare che in verità ami il suo Creatore, seguitando la dottrina della verità. Bene è dunque da levarsi dal sonno della negligenzia e della ignoranza, e con sollicitudine cercare questa madre nel sangue di Cristo crocifisso, poiché il sangue ci rappresenta questo dolce e amoroso fuoco: e per questo modo acquisteremo la vita della grazia; per altra via, no. E però vi dissi che io desiderava di vedervi fondato in vera e perfettissima carità: ogni creatura che ha in sé ragione la debbe avere in sé, perché ci è necessaria se voliamo gustare Dio nella vita durabile.

Ma molto maggiormente ne sono tenuti e obligati quegli che hanno a reggere e governare anime, ed è lo' di grande bisogno, poiché egli è sì grande peso che, se fossino privati della carità, non portarebbono questo giogo senza offesa di Dio. Non vuole essere tiepida né imperfetta la carità del prelato, ma perfetta con grandissimo caldo d'amore e desiderio della salute dei sudditi suoi: con lume e discrezione sapere dare ad ognuno secondo che è atto a ricevere; caritativamente correggere, facendosi infermo con loro insieme, lusingando e correggendo secondo che vuole la giustizia e la misericordia; cercando la pecorella ismarrita, e quando l’ha trovata ponersela in su la spalla, portando i pesi suoi sopra di sé, rallegrandosi e facendo festa della pecorella ritornata all'ovile.

A questa allegrezza v'invito, carissimo padre, inverso la pecorella vostra che tanto tempo stette nella congregazione dell'altre pecorelle, cioè frate Pietro, il quale è oggi monaco di Santo Lorenzo; e pare che, umiliato e apparecchiato a ricevere la verga della giustizia, si voglia ritornare al suo ovile, all’obbedienza dell'Ordine e vostra chinando il capo allo stare e all'andare secondo che piacerà alla santaobbedienza.

Vedesi stare a pericolo fuore dell'ordine suo e riconosce la colpa sua, e però verrà ad voi a chiedervi le mollicole che caggiono della mensa. Pregovi che gli apriate le braccia della misericordia a riceverlo caritativamente, sicome debba fare il padre al suo figlio. Siatemi un buono pastore che poniate la vita per le pecorelle vostre, se bisogna. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa etc. Gesù dolce, Gesù amore.




34. Al priore dei frati di Monte Oliveto presso a Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo padre - per riverenzia di quel santissimo sacramento - e fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi quello pastore buono e virile che pasciate e governiate con solecitudine perfetta le pecorelle a voi comesse, imparando dal dolce maestro della verità, che ha posto la vita per noi pecorelle che eravamo fuori della via della grazia.

è vero, dolcissimo fratello in Cristo Gesù, che questo non potete fare senza Dio, e Dio non possiamo avere nella terra; ma uno dolce rimedio ci vego: che, essendo col cuore basso e piccolo, voglio che facciate come Zaccheo che, essendo piccolo, salì in sull'albore per vedere Dio. Per la quale solecitudine meritò d'udire quella dolce parola, dicendo: «Zaccheo, vattene alla tua casa, ché oggi è necessario ch'io mangi con con te» (Lc 19,5). Così dobiamo fare noi: che essendo noi bassi con estretto cuore e poca carità, noi saliamo in sull'albore della santissima croce. Ine vedaremo e toccaremo Dio: ine trovaremo lo fuoco della sua inestimabile carità e amore, lo quale l'ha fatto corrare fino a li obrobii della croce, levato in alto, affamato e assetato di sete de l'onore del Padre e della salute nostra. Ecco dunque il nostro dolce e buono pastore, che ha posto la vita con tanto affamato desiderio e ardente amore, non riguardando alle pene sue, né alla nostra ignoranza e ingratitudine di tanto benifizio, non a rimproveri dei Giudei, ma come inamorato, ubidiente al Padre con grandissima riverenzia.

Ben si può dunque, se noi vorremo, adempire in noi quella parola - se la nostra negligenzia non ci ritraie - salendo in sull'albore, sì come disse la dolce bocca della Verità: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa trarrò a me» (Jn 12,32). E veramente così è, che l'anima che ci è salita vede versare la bontà e potenza del Padre, per la quale potenza ha data virtù al sangue del Figlio di Dio di lavare le nostre iniquità. Ine vediamo l'obedienzia di Cristo crocifisso, che, per obedire, muore; e falla questaobbedienza con tanto desiderio che maggiore gli è la pena del desiderio che la pena del corpo. Vedesi la clemenza e l'abondanzia dello Spirito santo, cioè quello amore ineffabile che il tenne confitto in sul legno della santissima croce: ché né chiodi né fune l'arebe potuto tenere legato se il legame della carità non fusse.

Ben sarebe cuore di diamante che non disolvesse la sua durezza a tanto smisurato amore; e veramente lo cuore vulnerato di questa saetta si leva su con tutta sua forza, e non tanto è l'uomo in sé mondo, ma è monda l'anima, per la quale Dio ha fatto ogni cosa. E se mi diceste: «Io non posso salire, poiché esso è molto in alto», dicovi ch'egli ha fatto li scaloni nel corpo suo: levate l'affetto ai piedi del Figlio di Dio, e salite al cuore che è aperto e consumato per noi, e giognarete a la pace della bocca sua, e diventarete gustatore e mangiatore delle anime; e così sarete vero pastore che porrete la vita per le pecorelle vostre.

Fate che sempre abiate l'occhio sopra di loro, affinché il vizio sia stirpato e piantatavi la virtù.

E io vi mando due altre pecorelle: date a loro l'agio della cella e dello studio, poiché sonno due pecorelle le quali nutrerete senza fatica, e aretene grande alegrezza e consolazione. Altro non vi dico.

Confortatevi insieme legandovi col vincolo della carità, salendo in su quello albore santissimo dove si riposano i frutti delle virtù, maturi sopra il corpo del Figlio di Dio. Corrite con solecitudine. Gesù dolce, Gesù amore.







35. A frate Nicolò di Ghida e a frate Giuvanni Zerri e a frate Nicolò di Giacomo di Vannuccio di Monte Oliveto.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi seguitatori de l'umile e immacolato Agnello, lo quale ora c'è rapresentato da la santa Chiesa in tanta umilità e mansuetudine che ogni cuore di creatura ne doverebbe venire meno, e confondere e spegnare la superbia sua.

Questo Parvolo è venuto per insegnarci la via e la dottrina della vita, perché la via era tolta per lo peccato d'Adam, per modo che neuno poteva giognere al termine di vita eterna. E però Dio Padre, costretto del fuoco della sua carità, ci mandò lo Verbo de l'unico suo Figlio, lo quale venne come uno carro di fuoco (2R 2,11), manifestandoci lo fuoco dell'amore ineffabile e la misericordia del Padre eterno; insegnandoci la dottrina della verità e mostrandoci la via dell'amore, la quale noi doviamo tenere. E però disse egli: «Io sono via verità e vita (Jn 14,6): chi va per me, non va per le tenebre, ma giogne alla luce». E così è, poiché chi segue questa via in verità ne riceve vita di grazia, e va col lume della santissima fede, e con esso lume giogne a l'eterna visione di Dio.

Dove ce l'ha insegnata questa dottrina, questo dolce e amoroso Verbo? In su la catedra della santissima croce, e ine ci lavò la faccia dell'anima nostra col sangue suo. Dico che c'insegnò la via dell'amore e la dottrina de le virtù: egli ci mostrò in che modo noi doviamo amare, a volere avere la vita. Noi siamo tenuti e obligati di seguitarlo; e chi nol segue per la via delle virtù, essofatto lo perseguita col vizio. Unde molti sono che vogliono perseguitare, e non seguire; e vogliono andare inanzi a lui, ma non drieto a lui, facendo un'altra via di nuovo - cioè di volere servire a Dio e avere le virtù senza fatica -, ma ingannati sono, poiché egli è la via.

Questi cotali non son forti né perseveranti, anco vengono meno, e nel tempo della battaglia gittano a terra l'arme: cioè arme de l'umile e continua orazione con l'affocata carità, e il coltello della volontà con che si difende, lo quale ha due tagli, cioè odio del vizio e amore della virtù. E il piglia con la mano del libero arbitrio, e dàllo al nemico suo, sì che - trattosi l'arme che riparava ai colpi delle molte tentazioni, molestie dalla carne, e persecuzioni dagli uomini, e dato il coltello con che si difendeva -, rimane vénto e sconfitto.

Non gli segue gloria, anco vergogna e confusione; e tutto gli adiviene perché non seguitava la dottrina del Verbo, ma perseguitava, volendo andare per altra via che tenesse egli.

Perciò ci conviene tenere per lui, e amare coraggiosamente in verità, non per timore della pena che segue a colui che non ama; non per rispetto dell'utilità e diletto che trova l'anima nell'amore, ma solo perché lo sommo bene è degno d'essere amato da noi, e però lo doviamo amare se mai utilità non n'avessimo; che se danno non avessimo per non amare, noi doviamo pur amare. Così fece egli, poiché egli ci amò senza essere amato da noi, non per utilità che egli potesse ricevere, né per danno che ne potesse avere non amandoci, poiché egli è lo Dio nostro che non ha bisogno di noi: unde lo nostro bene non gli è utile, e il nostro male non gli è danno.

Dunque, perché ci amò per sua bontà, così dunque noi doviamo amare per la bontà sua medesima; e quella utilità che noi non possiamo fare a lui, doviamo fare al prossimo nostro, e amarlo caritativamente; e non diminuire l'amore verso di lui per alcuna ingiuria che ci facesse, né per sua ingratitudine: ma doviamo essere constanti e perseveranti nella carità di Dio e del prossimo. Così fece questo dolce e amoroso Verbo, che non attendeva ad altro che a l'onore del Padre e alla salute nostra; e non allentò l'andare di corrire all'obrobiosa morte della croce per nostra ingratitudine - che ci vedeva spregiatori del sangue -, né per pena né per obrobii che si vedeva sostenere. Perché? perché lo suo fondamento era d'amare noi solo per onore del Padre e per salute nostra. Questa è la via che egli ci ha insegnata, dandoci dottrina d'umilità e d'obedienzia, pazienza, fortezza e di perseveranza, perché non lassò lo giogo dell’obbedienza che aveva ricevuto dal Padre, né la salute nostra, per alcuna pena; ma con tanta pazienza che non è udito lo grido suo per nessuna mormorazione: forte e perseverante infine all'ultimo che egli remisse la sposa de l'umana generazione nelle mani del Padre eterno.



Perciò vedete, figli miei, che egli v'ha mostrata la via e insegnata la dottrina. Dovetela dunque seguire virilmente e senza alcuno timore servile, ma con timore santo, con speranza e fede viva, poiché Dio non vi porrà maggiore peso che voi potiate portare. E con questa fede rispondere al demonio, quando vi mettesse timore nelle menti vostre dicendo: «Le battaglie e le fatiche dell'Ordine e il giogo dell’obbedienza tu non le potrai portare»; e dicendo: «Meglio t'è che tu ti parta, e stia nella carità comune.

O tu va' in una altra religione, che ti sia più agevole che questa: e potrai meglio salvare l'anima tua». Non è da credarli; ma col lume della fede perseverare nello stato vostro infine alla morte.

Già sete levati, carissimi figli, per la bontà di Dio da la puzza del secolo, e sete intrati nella navicella della santa religione a navigare in questo mare tempestoso sopra le braccia dell'Ordine, e non sopra le braccia vostre, col timone della santaobbedienza, e ritto l'arbolo de la santissima croce, e spiegatavi su la vela dell'ardentissima sua carità: con la quale vela giognarete a porto di salute, se voi vi soffiarete col vento del santissimo desiderio - con odio e pentimento di voi, con umile, obediente e continua orazione -, e con questo vento prospero si giogne, e con perseveranza, al porto di vita eterna. Ma guardate che il timone dell’obbedienza non v'esca delle mani, poiché subito sareste a pericolo di morte. Sono certa che se averete spogliato lo cuore del proprio amore sensitivo, e in verità vestiti di Cristo crocifisso - cioè d'amare lui coraggiosamente senza rispetto di pena o di diletto, come detto è -, voi lo farete stando nella navicella dell'Ordine, e abracciarete l'arbolo della santissima croce, seguitando le vestigie e la dottrina de l'umile e immacolato Agnello, annegando e uccidendo la propria vostra voluntà, conobbedienza pronta che mai non allenti per alcuna fatica, o perobbedienza incomportabile; ma sempre obedienti infine alla morte. O gloriosa virtù che porti con te l'umilità! Poiché tanto è umile quanto obediente, e tanto obediente quanto umile. Lo segno di questaobbedienza, che ella sia nel suddito, è la pazienza; con la quale pazienza non vorrà ricalcitrare alla volontà di Dio né a quella del prelato suo (guarda già che non gli fusse comandato cosa che fusse offesa di Dio: a questa non debba obedire, ma a ogni altra cosa sì). Questa virtù non è sola, quando ella è perfetta nell'anima; anco, è acompagnata col lume della fede fondata ne l'umilità, poiché altrimenti non sarebbe obediente con la fortezza e con la longa perseveranza, e con la gemma preziosa della pazienza. A questo modo correte per la via dell'amore in verità, tenendo per la via del Verbo unigenito Figlio di Dio; e seguitarete la dottrina sua d'essere obedienti, correndo per onore di Dio e per salute vostra e del prossimo all'obrobiosa morte della croce, cioè con ansietato desiderio di volere sostenere pene in qualunque modo Dio ve le concede, o per tentazioni dal demonio, o per molestie nel corpo vostro, o per mormorazioni o ingiurie che vi facessero le creature; e ogni cosa portarete per Cristo Crocifisso infine alla morte.

E non venite a tedio per alcuna battaglia che vi venisse, ma ditelo al prelato vostro; e portate virilmente, e conservate la volontà che non consenta. A questo modo non offendarete, ma ricevarete lo frutto de le vostre fatiche; e per questo modo seguitarete la dottrina de l'umile e immacolato Agnello. In altro modo verreste meno, e non perseverareste nel vostro andare, ma ogni movimento vi darebbe a terra. E però vi dissi che io desideravo di vedervi seguitatori de l'umile e immacolato Agnello, perché altra via non ci sapevo vedere; e così è la verità, e chi altra via cerca rimane ingannato. Perciò virilmente, carissimi figli, adempite la volontà di Dio in voi, e la promessa che faceste quando vi partiste da le tenebre del mondo ed entraste alla luce della santa religione. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.

Siavi raccomandato frate Giovanni, che preghiate Dio per lui ch'egli torni al suo ovile. E pigliate essemplo da lui d'umiliarvi, e non tenere la infirmità del cuore. Gesù dolce, Gesù amore.

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