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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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19/10/2012 14:20

42. A Neri di Landoccio quando era a Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti con perfetto lume e cognoscimento de la verità eterna, affinché con lume e con discrezione siano fatte tutte le opere tue, poiché senza lo lume ogni cosa sarebbe fatta in tenebre. E questo lume perfettamente non potresti avere, se tu con odio non ti tollessi la nuvola dell'amore proprio di te medesimo: Perciò ti studia con grande sollicitudine di perdere te, affinché tu possa acquistare lo lume e ogni tuo parere sia abnegato nel parere e volere de la dolce bontà di Dio.

Non dico più.

Permane ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





43. Data a ser Cristofano di Gano, notaio in Siena.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello e figlio in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi che fuste di quegli figli veri che servaste e adempiste sempre l'uopara che vi dice lo vero Padre celestiale, quando dice: «Chi non abandona madre e padre, e suore e frategli e sé medesimo, non è degno di me» (Mt 10,37).

Perciò pare che voglia che noi l'abandoniamo.

Questo non pare che caggia nella mente vostra di volere osservarla, sotto spezie e colore di farvene coscienza di lassarla. Questa coscienza procede più dal demonio che da Dio, per impedirvi lo stato perfetto al quale pare che lo Spirito santo vi chiamasse. E se voi mi diceste: «Dio mi comanda che io sia ubidiente a loro», ben è vero, in quanto non vi ritraghino da la via di Dio; ma se ce la 'mpediscano, dobbiamo passare sopra lo corpo loro e seguire lo vero Padre, col gonfalone della santissima croce, annegando e uccidendo le nostre perverse volontà. Oimé, dolcissimo fratello in Cristo Gesù, ben m'incresce che tu fai resistenza e non conosci questo venerabile stato: parmi che ti dovesse fare più conscienzia di non lassarla, che di lassarla. Ma poi che è così, prego la somma ed eterna verità che ti tenga la sua santissima mano in capo, che ti dirizzi in quello stato che gli debba più piacere. Pregoti che, in ogni stato e in tutte le tue opere, tenghi l'ochio dirizzato a Dio, cercando sempre l'onor suo e la salute della creatura; e mai non t'esca di mente lo prezzo del sangue dell'Agnello, che è pagato per noi con tanto fuoco d'amore.

Del fatto della sposa io vi rispondo che mal volontieri di questo io mi impaccio, poiché s'apartiene ai secolari più che a me; non di meno non posso contradire al vostro desiderio, considerato la condizione di tutte e tre, ch'ognuna è buona. Se vi sentite di non curarvi perch'abbi auto altro sposo, potetel fare, poi che volete impacciarvi in lo malvagio e perverso secolo. Se lasaste però, prendete quella di Francesco Ventura da Camporeggi. Altro non dico.

Prego la somma ed eterna carità che vi dia quello che deve essare più suo onore e salute vostra; mandi sopra l'uno e l'altra la plenitudine della grazia e la somma sua ed eterna benedizione.

Rimanete nella santa carità di Dio.





44. A ser Antonio di Ciolo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con disiderio di vedervi unito per santo desiderio nel nostro dolce Salvatore, poiché in altro modo non potremo spregiare lo mondo, né venire a perfetta purezza conservando la mente e il corpo nostro ne lo stato de la continenzia.

Poiché l'anima che non s'acosta a Dio e uniscesi in lui per affetto d'amore, conviensi per forza che ella si sia unita con le creature fuori di Dio, e con le dilizie piaceri e stati del mondo, perché l'anima non può vivare senza amore: convienle amare o Dio o il mondo. E l'anima sempre s'unisce in quella cosa che ama e ine si trasforma, e in tanto si trasforma che sempre piglia di quello ch'è ne la cosa che ama. Se ella ama lo mondo, nel mondo non ha altro che pena, perché per lo peccato germina triboli e spine di grande amaritudine. La carne nostra non dà né tiene altro che puzza e veleno di peccato e di corruzione: intanto che, conformandosi l'anima con la volontà della carne e passione sensitiva, ne riceve veleno che l'atosca per sì-fatto modo che le dà morte, tollendole la vita de la grazia, cadendo in colpa di peccato mortale.

Altro non ne può ricevare di questo così-fatto amore: egli sta sempre in tristizia, ed è incomportabile a sé medesimo, perché Dio ha permesso che l'affetto disordinato sia incomportabile a sé medesimo.

E per contrario l'affetto ch'è ordinato nella dolce volontà di Dio, unito in lui per affetto d'amore, dà nell'anima di quello che ha in sé. Dio è somma ed eterna dolcezza, e però i servi suoi sentono tanto diletto nelle cose amare e malagevoli, perché, trovandosi Dio per grazia in sé medesima, è saziata e quieta; poiché di nessuna cosa si può saziare, se non di Dio, perché è maggiore di lei, ed ella è maggiore di tutte le cose create. Unde ciò che Dio creò, creò in servigio dell'uomo, e l'uomo per sé, affinché l'amasse con tutto lo cuore e con tutto l'affetto suo (Mt 22,37 Mc 12,30 Lc 10,37), e lui servisse in verità; e però queste cose del mondo non possono saziare l'uomo, perché sonno meno di lui. Perciò ha pace e riposo quando sta in lui: in lui participa una larghezza di cuore che ogni creatura che ha in sé ragione vi cape dentro per affetto di carità. Anco s'ingegna di servirle, sovenendo lo prossimo suo, mostrando in lui l'amore che ha al suo Creatore.

Perché Dio è somma ed eterna purezza, però l'anima e il corpo ne participa per l'unione che ha fatta in lui, conservando la mente e il corpo suo in perfetta purezza, elegendo inanzi la morte che volere contaminare e lordare la mente e il corpo suo per immondizia. Non è che i pensieri del cuore lui li possa tenere, né spesse volte i movimenti della carne; ma i movimenti e i pensieri non inlordano l'anima, ma la volontà, quando ella consente volontariamente alla fragilità sua e alle cogitazioni del cuore. Ma non consentendo, non comette colpa nessuna ma merito, facendo una santa resistenza, traendo sempre di queste spine la rosa odorifera d'una perfetta purezza, perché per questo viene a maggiore conoscimento di sé. E con uno odio santo si leva contro la propia fragelità, e con amore rifuge a Cristo crocifisso con umili e continove orazioni, vedendo che in altro modo non può campare da tanti mali; e già abiamo detto che quanto più s'acosta a lui, più participa della sua purezza. Perciò bene è vero che di queste bataglie egli ne trae la rosa purissima. Questo v'è il rimedio contro questo miserabile peccato della debole fragile carne, e d'ogni altra gravezza di peccato: che noi ci acostiamo e conformiamo per affetto d'amore in Dio.

E non aspetiamo lo tempo, carissimo figlio; però ch'egli è breve e non ci aspetta, non doviamo aspettare lui. Grande fatto è che l'uomo voglia dormire in tanta cecità, e non destarsi da questo sonno; ma bene è vero che destare non ci possiamo, né venire a questa unione, senza lo lume. Convienci conoscere col lume della santissima fede la miseria e colpa nostra, e coll'occhio purificato ponarci per obiettivo l'amore inefabile che Dio ci ha, lo quale ci ha manifestato col Verbo de l'unigenito suo Figlio, e il Figlio ce l'ha mostrato col sangue suo sparto con tanto fuoco d'amore, corso come inamorato all'obrobiosa morte de la santissima croce. E come si potrebbe tenere l'anima, vedendosi tanto amare, che non amasse? Non potrebbe.

O carissimo figlio, non vi dilungate da questo lume, ma con solecitudine dissolvete la nuvola dell'amore propio di voi; e con fede viva riguardate lo immacolato e dissanguato Agnello che con tanto amore vi chiama: e rispondendogli verrete a questa perfetta unione; essendo unito sentirete l'odore della perfetta purezza.

Molto è buono contro questo vizio lo riguardare la degnità in ch'è venuta l'anima nostra e la miserabile carne, per l'unione che Dio ha fatto nell'uomo, unita la natura divina con la natura nostra umana.

Vergognarassi l'anima e saràle uno freno di darsi a tanta miseria, vedendola levata sopra tutti i cori de li angeli. Per forza, quando così dolcemente la mente e il desiderio vostro si levarà, si spegnarà la puzza del vizio. Anco ci conviene gastigare lo corpo nostro e mortificarlo con la vigilia e umile e continova orazione; attacarsi a l'albore della santissima croce; fuggire le conversazioni, più che si può, di coloro che viveno lascivamente. E non dubitate che Dio vi farà grandissima grazia, pure che voi brighiate di tagliare e non stare a sciogliare: spacciatamente disponete tutti i fatti vostri.

Corrite con dolce e amoroso desiderio al giogo della santa ubidienzia: ine uccidarete la volontà, e mortificarete lo corpo; ine gustarete la caparra di vita eterna. E non vi paia fadigoso, ché la fatica tornarà a grandissimo diletto. Sono certa che se farete mansione per affetto d'amore col dolce e buon Gesù, che voi lo farete, e altrimenti no. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi unito per affetto d'amore nel salvatore nostro, affinché veniste a vera purezza, e perdeste la passione che vi dà tanta pena. Non dubito che, se voi il farete, ne sarete privato almeno che la volontà elegerebbe prima la morte che volere offendare.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso e cominciate una vita nuova, con isperanza che le colpe vostre si consumaranno nel sangue e fuoco d'amore. E io voglio pigliare le colpe vostre, e ismaltirle con lacrime e orazioni nel fuoco della divina carità; e voglio portare la penitenza per voi. Solo di questo vi prego e costringo, che vi diate a svilupare tosto del mondo, e darli tosto di calcio, ché se voi non deste a lui, lui sarebbe ben presto di dare a voi. Non fate resistenza a lo Spirito santo che vi chiama. Altro non dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.





45. A Francesco di missere Vanni Malavolti.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e sopracarissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di ritrovare te pecorella smarrita - ònne grandissimo desiderio! - e di rimettarti nell'ovile coi compagni tuoi.

Parmi che il demonio t'abbi sì imbolato, che non ti lassa ritrovare: io, miserabile madre, vo cercando e mandando per te, perché mi ti vorrei ponere in su la spalla (Lc 15,5) dell'amaritudine e della compassione che ho all'anima tua. Apre l'occhio - figlio carissimo - dell'intelletto; levalo da le tenebre e riconosce la colpa tua, non con confusione di mente ma con cognoscimento di te e con sperare nella bontà di Dio. Vede che la sustanzia de la grazia che il padre tuo celestiale ti dié tu l’hai spesa miserabilemente; fa' sì come fece quello figlio che spese la sustanzia sua, lo quale, sentendosi venuto a necessità, ricognobbe lo suo difetto e ricorse al padre per misericordia (Lc 15,11-21). Così fa' tu: ché tu sei impovarito e hai bisogno, e l'anima tua muore di fame. Ricorre dunque al Padre, per misericordia, che ti soverrà e non sarà spregiatore del tuo desiderio fondato in amaritudine del peccato commesso; anco l'adempirà dolcemente.

Oimé oimé, dove sono i dolci desiderii tuoi? O disaventurata me, ho trovato che il demonio ha imbolata l'anima e il desiderio santo tuo, e il mondo i servi suoi hanno tesi i laccioli coi disordenati piaceri e diletti suoi. Orsù a pigliare lo remedio, e non dormire più! Consola l'anima mia; non essere tanto crudele, per salute di te, di fare caro d'una tua venuta. Non ti lasciare ingannare, per timore e vergogna, al demonio: rompe questo nodo; vienne, vienne, figlio mio carissimo. Io ti posso bene chiamare caro, tanto mi costi di lacrime e di sudori e di molta amaritudine; or vienne, e ricovera nel tuo ovile. Io mi scuso dinanzi a Dio che io non posso più. E col venire e con lo stare, non richeggio altro da te se non che tu facci la volontà di Dio.



Permane ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







46. A Neri di Landoccio.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti essercitare lo lume che Dio t'ha dato a ciò che cresca in te, poiché senza il perfetto lume non potremmo conoscere né amare né vestirci della verità; e se noi non ce ne vestissimo, a tenebre ci tornarebbe quello lume: e però è bisogno di giognare al perfetto lume, ché a questo ci ha Dio eletti.

Voglio dunque che con ogni sollicitudine ponga e fermi l'occhio dell'intelletto tuo ne la verità e nello abisso della carità di Dio, e per questo modo giognerai al perfetto lume sopranaturale, e giognerai a perfettissimo amore del tuo Creatore e carità del prossimo; e così si compirà in te la voluntà di Dio e il desiderio mio. Non dico più.

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





47. A Pietro di Giovanni Venture da Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con disiderio di vederti perseverare in ogni virtù, poiché senza la perseveranza non riceveresti la corona della gloria (1P 5,4) che si dà ai veri combatitori. Ma tu mi dirai: «Unde posso acquistare questa perseveranza?». Rispondoti che tanto serve la persona la creatura quanto l'ama, e più no; e tanto manca nel servire, quanto manca l'amare; e tanto ama, quanto si vede amare. Perciò vedi che dal vedersi amare viene l'amore, e l'amore ti fa perseverare. Quanto tu aprirai l'occhio de lo 'nteletto a riguardare il fuoco e l'abisso della inestimabile carità di Dio inverso di te - lo quale amore t'ha mostrato col mezzo del Verbo del Figlio suo -, tanto sarai costretto dall'amore ad amarlo in verità con tutto il cuore e con tutto l'affetto e con tutte le forze tue (Mt 22,37 Mc 12,30 Lc 10,27), tutto libero coraggiosamente e puramente, senza neuno rispetto di propia utilità tua. Tu vedi che Dio t'ama per tuo bene e non per suo, però ch'egli è lo Dio nostro, che non ha bisogno di noi: e così tu, e ogni creatura ragionevole, debi amare Dio per Dio - in quanto egli è somma ed eterna bontà - e non per propia utilità, e il prossimo per lui. Poi che tu hai fatto il principio e il fondamento nell'affetto della carità, subito lo cominci a servire coi lo strumento de le virtù, sì che col lume e con l'amore acquistarai la virtù, e persevererai in essa.

Ma atende che, col vedere te essere amato da Dio, ti conviene vedere la colpa e la ingratitudine tua, e agravare la colpa nel conoscimento santo di te, acciò tu non ti scordi da la virtù piciola della vera umilità, e affinché tu non presumi di te, né cadessi nel propio piacere. Sai quanto c'è necessario il conosciare e agravare le colpe nostre, per conservare e cresciare la vita della grazia nell'anima? Quanto egli ci è bisogno lo cibo corporale per conservare la vita nel corpo. Perciò leva via la nuvola dell'amore propio di te affinché non t'impedisca lo lume unde tu arai questo perfetto conoscimento, e col conoscimento l'amore e l'odio. E nell'amore trovarai la virtù della perseveranza, e così compirai la volontà di Dio e il disiderio mio in te; la quale volontà e desiderio è di vederti cresciare e perseverare fino alla morte nelle vere e reali virtù. E guarda che mai tu non ti fidassi di te medesimo - il quale fidare è uno vento sotile di riputazione, ch'esce dell'amore propio -, poiché subito verresti meno, e voltaresti il capo adietro a mirare l'arato (Lc 9,62). Ché, come l'amore di Dio, acquistato nel conoscimento di te con vera umilità, ti fa perseverare nella virtù, così l'amore propio, colla reputazione che ti fa fidare di te medesimo, come detto è, ti priva della virtù, e fatti cadere nel vizio e perseverarvi dentro. Fuge, figlio, fuge questo vento sotile del propio piacere; e vatene, tutto nascoso in te medesimo, nel costato di Cristo crocifisso, e ine pone lo 'nteletto tuo a riguardare il segreto del cuore.

Ine s'acenda l'afetto, vedendo ch'egli ha fatta caverna del corpo suo, affinché tu abia luogo dove rifugire dalle mani dei tuoi nemici (1R 24,4), e possiti riposare e pacificare la mente tua ne l'afetto della sua carità. Ine trovarai lo cibo, poiché tu vedi bene ch'egli t'ha data la carne in cibo, e il sangue in beveragio (Jn 6,55): arrostita in su la croce al fuoco della carità, e ministrato in su la mensa de l'altare, tutto Dio e tutto Uomo. Disolvasi oggimai la durezza dei cuori nostri; amolisi la mente a ricevare la dotrina di Cristo crocifisso.

Voglio che cominciate ora, tu e gli altri negligenti figli, a conformarvi con questo Parvolo, lo quale ora ci rapresenta la santa Chiesa, Verbo incarnato. E che più possiamo vedere a confusione della nostra superbia, che vedere Dio umiliato a l'uomo, l'altezza della deità discesa a tanta bassezza quanta è la nostra umanità? Chi n'è cagione? L'amore: l'amore il fa abitare ne la stalla in mezzo degli animali; l'amore il fa satolare d'obrobi, vestirlo di pene, e sostenere fame e sete; l'amore il fa corrire con prontaobbedienza fino a l'obrobiosa morte de la croce; l'amore il fa andare all’inferno e spogliare il limbo per dare piena rimunerazione a quelli che in verità l'aveano servito, e longo tempo aveano aspetato la redenzione loro; l'amore il fece lasciare a noi in cibo; l'amore dopo l'Ascensione mandò il fuoco dello Spirito santo (Ac 2,3-4), il quale ci alluminò de la dotrina sua, la quale è quella via fondata in verità che ci dà vita, tra'ci delle tenebre, e dacci lume nell'eterna visione di Dio. Ogni cosa, dunque, ha fatto l'amore.

Bene sì deba Perciò l'uomo vergognarsi e confondarsi in sé medesimo, ché non ama né risponde a tanto abisso d'amore. Assai è tristo colui che, potendo avere il fuoco, si lassa morire di freddo; avendo il cibo dinanzi, si lassa morire di fame. Prendete, prendete il cibo vostro, Cristo dolce Gesù crocifisso, e non in altro modo: ché se in altro modo il voleste, non sareste costanti né perseveranti; e la perseveranza è quella ch'è coronata, come dicemo, e senza essa ricevarebe l'anima confusione, e non gloria. Considerando me questo, dissi ch'io desideravo di vederti costante e perseverante ne la virtù. Non dico più qui etc.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.





48. A Matteo di Giovanni Colombini da Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo fratello e figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi con vero e perfettissimo lume, nel quale lume conosciate e vediate la verità, la quale verità è quella cosa che ci libera (Jn 8,32): cioè che conoscendola l'amiamo, e amandola ci libera da la servitudine del peccato mortale.

Che verità è questa la quale ci conviene conosciare? è una verità parturita dall'amore innefabile di Dio, a la quale verità dobiamo rendare il debito de l'amore e de l'odio. In che modo? In questo: che noi conosciamo il sommo ed eterno bene, e l'amore innefabile col quale Dio ci creò ad immagine e similitudine sua. E creocci per questa verità, perché noi gustassimo lo suo sommo ed eterno bene, e a ciò che rendessimo gloria e lode al nome suo; e per compire questa verità in noi, ci donò lo Verbo del suo Figlio, e nel sangue suo ci ricreò a grazia. A questo conoscimento dobiamo venire esercitandolo con grandissima solecitudine; ma a questo non possiamo venire senza e.lume, e lume non possiamo avere co.la nuvola de l'amore propio di noi.

Lo quale amore ofusca l'occhio de l'inteletto, che no.lo lassa conoscere né discernare la verità; ma la bugia vede in verità, e la verità in bugia; le cose transitorie riputa ferme e di grande consolazione, ed elle vengono tutte meno, sì come lo fiore, il quale, poi che è colto, subito perde la bellezza sua. Onore, richezze, stato e dilizie, tutte passano come il vento: ogni cosa ci è mutabile, unde dalla sanità veniamo a la infermità, dalla richezza alla povertà, e dalla vita a la morte. E l'uomo, matto amatore di sé medesimo, come cieco giudica tutto il contrario, e così tiene. E chi manifesta ch'egli il tenga? Il disordinato amore e affetto ch'egli ha a sé e al mondo. Tutto gli adiviene perch'egli ha perduto e.lume, ché s'egli avesse lume in verità, terrebe che Dio è sommamente buono: uno bene incomprensibile e innestimabile che neuno è che il possa stimare, ma solo esso medesimo si comprende e stima. Egli è somma ed eterna richezza, egli è giusto e pietoso medico, che dà a noi le medicine necessarie a le nostre infermità (così dice lo glorioso Paolo: «Quando l'umana generazione giacea inferma, venne il grande medico nel mondo, e sanò le nostre infirmità» (Rm 5,6 He 4,15 He 5,9)), sì che a ognuno le dà sicondo che bisogna a le piaghe nostre, col fuoco della divina carità. Alcune volte ci trae sangue, cioè levandoci quelle cose che sonno nocive a la nostra salute, e sonno uno mezzo tra Dio e noi: unde ad alcuni tolle i figli, ad altri la sustanzia temporale, ad altri la sanità, e ad alcuni lo stato del mondo, percotendoci con le molte tribulazioni. E questo non fa per odio, ma per singulare amore: privaci dei diletti vani della terra, per darci pienamente i beni del cielo. Egli è benigno ed eterno giudice, e, sì come giudice e giusto signore, ad ognuno rende il debito suo, unde ogni bene è rimunerato e ogni colpa punita.

E con la forza santa che faremo a la nostra perversa volontà, e co.la violenzia, acquistaremo le vere e reali virtù; e sarà rimunerata la fatica nostra di beni immortali. Con questo lume si conosce la verità inverso del mondo, lo quale non ha in sé fermezza né stabilità veruna. Invano s'afatica colui che tutto il suo tempo ha speso e spende nel mondo, facendosi Dio dei figli e delle richezze, e non s'avede che tutte li danno morte, privandolo della vita della grazia; e non pare che sappi che Dio ha permesso che il disordinato animo sia incomportabile a sé medesimo: unde in questa vita gusta la caparra de l’inferno, solo perché non ha conosciuto la verità per la privazione del lume.

Perciò voglio, carissimo figlio, che non dormiamo più, ma con grande solecitudine ci destiamo dal sonno, levando la nuvola de l'amore propio di noi da l'occhio dell’intelletto nostro. E facendo così, compirete in voi la volontà di Dio e il disiderio mio, ché, considerando io che senza il lume non possiamo conosciare la verità, ho desiderio di vedere in voi lume vero, a ciò che perfettamente conosciate la verità: lo quale lume e verità vi faranno costante e perseverante in quello che avete cominciato con uno santo e vero desiderio. Non mi ci mettete spazio di tempo, poiché non sete sicuro d'averne, ma in tutto senza timore servile, con vera e perfetta speranza, confidandovi nel vostro Creatore, ordinate la vita vostra e regolatevi in tutte le cose, satisfacendo a la coscienza, ponendo fine e termine a ogni disordinato vivare, con vera perseveranza. Tollendo via la tristizia del cuore vostro, e con massima alegrezza, riconoscete l'amore inefabile e la plenitudine della divina misericordia ch'è traboccata sopra di voi.

Mettetevi ogimai lo mondo sotto i piei, e rispondete a Dio, che vi chiama, con uno cuore gentile e non mercennaio, sì come vero e legittimo figlio, dilettandovi di purificare spesso la coscienza vostra con la santa confessione; e usate la comunione al luogo e al tempo suo. La conversazione vostra sia con quelli che temeno Dio in verità, vacando lo tempo vostro a la vigilia e a l'orazione, quanto v'è possibile. L'udire il divino ofizio non vi scordi. La fantasia e memoria vostra sempre sia piena di Cristo crocifisso, volendo investigare non le cose secrete di Dio né gli occulti misteri suoi, ma solo la volontà sua e la dolcezza della sua carità, che ci ama tanto inestimabilmente, e non cerca né vuole altro che la nostra santificazione. E conosciamo i difetti nostri, umiliandoci sotto la dolce potente mano di Dio (1P 5,6). Lo stato nel quale voi sete, del matrimonio, pregovi che v'ingegniate d'usarlo come sagramento, avendo in debita riverenzia i dì comandati dalla santa Chiesa. Ingegnatevi omai di tenere, voi e la donna vostra, uno stato angelico, sentendo l'odore della continenzia, affinché gustiate il frutto suo. Or così dolcemente regolate e ordinate la vita vostra, senza aspettare più tempo: ché, come detto è, il tempo non aspetta noi.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nascondetevi ne le piaghe dolcissime e sopradolcissime sue, e ine si dilarghi e consumi lo cuore vostro. Guardate che non voltaste il capo adietro a mirare l'arato (Lc 9,62), ché io mi chiamarei di voi a l'umile Agnello, e voi non areste a cui appellare. Fatemi dei figli de le virtù, e mai non restate di concepire per amore nel cuore vostro. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù etc.





49. A monna Alessa.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io indegna miserabile tua madre desiderando che tu giunga a quella perfezione che Dio t'ha eletta, parmi che, a volervi giognere, si convenga andare con modo, e non senza modo.

E senza modo e con modo si vuole fare ogni nostra opera: senza modo si conviene amare Dio, e non ponervi nell'amare né modo né misura né regola, ma smisuratamente amare. E a volere venire alla perfezione dell'amore, ti conviene ordinare la vita tua. Lo primo ordine sia fuggire la conversazione d'ogni creatura, per conversazione, se non secondo che richiede l'atto della carità; ma amarne assai, e conversarne pochi.

E eziandio con quelli che ami di spirituale amore sappi conversare con modo; e se tu nol facessi, pensa che a quello amore che tu debbi portare a Dio senza modo, vi porresti modo che non te ne avederesti, ponendovi mezzo la creatura finita, poiché l'amore che dovaresti portare a Dio porresti a la creatura, amandola senza modo. E questo t'impedirebbe la tua perfezione, unde con modo ordenato la debbi amare spiritualmente. Sia uno vasello lo quale tu empia nella fonte, e nella fonte lo beia; che poniamo che tu avessi tratto l'amore da Dio, che è fonte d'acqua viva, se tu nol beiessi continuamente in lui, rimarrebbe vòto. E questo ti sarà lo segno che tu nol beia a pieno in Dio: che quando della cosa che tu ami tu ne sostieni pena - o per conversazione che avesse, o perché fussi privata d'alcuna consolazione la quale solevi ricevere, o di qualunque altra cosa che avenisse -, se tu sostieni allora pena di questo, o d'altro che dell'offesa di Dio, t'è segno manifesto che questo amore è ancora imperfetto, e tratto fuore della fonte.

Che modo ci ha dunque a fare perfetto quello che è imperfetto? Questo è lo modo: di correggere e gastigare i movimenti del cuore con vero cognoscimento di te, e con odio e pentimento della tua imperfezione - cioè d'essere tanto villana che quello amore che si debba dare tutto a Dio, si dia alla creatura, cioè d'amare la creatura senza modo e Dio con modo -. Poiché l'amore verso di Dio vuole essere senza misura, e quello della creatura debba essere misurato con quella di Dio, e non con la misura delle proprie consolazioni né spirituali né temporali. Perciò fa' che tu ogni cosa ami in Dio, e che tu corregga con odio ogni disordenato affetto.

Fa', figlia mia, due abitazioni: una abitazione attuale della cella, che tu non vada discorrendo i molti luoghi se non per necessità o perobbedienza della priora o per carità. E un'altra abitazione fa' spiritualmente, la quale porti continuamente con te; e questa è la cella del vero cognoscimento di te, dove trovarai lo cognoscimento della bontà di Dio in te: che sono due celle in una, e stando nell'una, ti conviene stare nell'altra, poiché in altro modo verrebbe l'anima a confusione o a presunzione. Ché se tu stessi nel cognoscimento di te, verrebbe la confusione della mente; e stando solo nel cognoscimento di Dio, verresti a presunzione. Conviene dunque che sieno conditi l'uno con l'altro, e faccine una medesima cosa; e facendolo verrai a perfezione, poiché del cognoscimento di te acquistarai l'odio della propria sensualità; e per l'odio sarai uno giudice, e sarrai sopra la sedia della coscienza tua e terra'ti ragione, e non lassarai passare lo difetto che tu non ne facci giustizia.

Di questo cognoscimento esce la vena de l'umilità, la quale non piglia mai alcuna reputazione, e non si scandalizza di nessuna cosa che sia, e, paziente, con gaudio sostiene ogni ingiuria, ogni perdimento di consolazione e ogni pena, da qualunque lato elle vengano. Le vergogne paiono una gloria, e le grandi persecuzioni refrigerio; e di tutte gode, vedendosi punita di quella legge perversa della propria volontà sensitiva che sempre ribella a Dio, e vedersi conformare con Cristo crocifisso, che è via e dottrina della verità.

Nel cognoscimento di Dio trovarai lo fuoco della divina carità. Dove tu ti dilettarai? In su la croce con lo immacolato Agnello, cercando lo suo onore e la salute delle anime, per continua e umile orazione. Or qui sta tutta la nostra perfezione. Molte cose ci sono anco, ma questa è la principale, dove riceviamo tanto lume che non possiamo errare nelle minori opere che seguitano: dilettati, figlia mia, di conformarti con gli obbrobii di Cristo.

E guarda lo sentimento della lingua, sì che la lingua non risponda alcune volte al sentimento del cuore; ma smaltisce quello che è nel cuore, con odio e pentimento di te. Fa' che tu sia la minima delle minime, subietta per umilità e pazienza a ogni creatura per Dio, non con scusa, ma con dire «mia colpa». E così si vencono i vizii nell'anima tua e ne l'anima di cui tu lo dicessi: per la virtù de l'umilità.

Ordina lo tempo tuo: la notte alla vigilia - dato che tu hai lo debito del sonno al corpo tuo -, e la mattina alla chiesa con la dolce orazione; e non spendarlo in favellare infine all'ora debita. Di questo e d'ogni cosa non ti ritragga altro che o la necessità o l'obedienzia o la carità, come detto è. Doppo l'ora del mangiare, ricoglieti un poco a te; e poi fa' manualmente alcuna cosa, secondo che t'è necessario. All'ora del vespro e tu va' e fa' nulla, e quanto lo Spirito santo ti fa fare, tanto sta'. E poi ritorna e governa l'antica tua madre senza negligenzia, e provedela di quello che è necessario; e sia tuo questo peso di qui alla mia tornata. Fa' che tu facci sì che tu adempia lo desiderio mio. Altro non dico.

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


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