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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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19/10/2012 14:22

50. A Caterina di Ghetto mantellata di santo Domenico.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce Carissima sorella e figlia mia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti vera serva e sposa di Cristo crocifisso.

Serve dobiamo essere perché siamo ricomprate del sangue suo; ma non vego che del nostro servire possiamo fare utilità a lui: dobianlo dunque fare al prossimo nostro, però ch'egli è quel mezzo dove noi proviamo e acquistiamo la virtù. Sappi che ogni virtù riceve vita da l'amore; e l'amore s'acquista nell'amore, cioè levando l'occhio de lo intelletto nostro a raguardare quanto siamo amati da Dio.

Vedendoci amare, non possiamo fare che non amiamo; amando, abracciamo le virtù per affetto d'amore, e con l'odio spregiamo lo vizio, sì che vedi che in Dio concepiamo le virtù, e nel prossimo si parturiscono.

Sai bene che ne la necessità del prossimo tu partorisci lo figlio della carità, ch'è dentro ne l'anima; e nella ingiuria che tu ricevi da lui, la pazienza. Tu li doni l'orazione, singularmente a coloro che ti fanno ingiuria, e così dobiamo fare: se essi sonno a noi infedeli, e noi dobiamo a loro essere fedeli, e fedelmente cercare la loro salute; amarli di grazia, e non di debito: cioè, che tu ti guardi di non amare lo prossimo tuo per propria utilità, perché non sarebbe amore fedele, e non rispondaresti a l'amore che Dio ti porta. Ché come Dio t'ha amata di grazia così vuole che, non potendoli tu rendare questo amore, tu lo renda al prossimo tuo, amandolo di grazia, e non di debito, come detto è. Né per ingiuria, né perché tu vedessi diminuire l'amore verso di te, o il diletto, o la propria utilità, non debbi tu minuire né scemare l'amore verso lui ma amarlo caritativamente, portando e sopportando i difetti suoi: con gran consolazione e riverenzia raguardare i servi di Dio.

Guarda che tu non facessi come le matte che si vogliono porre a investigare e giudicare gli atti e modi dei servi di Dio: troppo è degno di grande riprensione chi il fa. Sappi che non sarebbe altro che ponere regola e legge a lo Spirito santo, volendo fare andare i servi di Dio a nostro modo, la quale cosa non si dei fare; e pensi quella anima che giogne a questo giudizio che la barba della superbia non è anco fuore, né la vera carità del prossimo non v'è anco dentro: cioè d'amarlo di grazia, e non di debito. Perciò amiamo e non giudichiamo i servi di Dio; anco ci conviene amare generalmente ogni creatura che ha in sé ragione: coloro che sonno fuore de la grazia amarli con dolore e amaritudine de la colpa loro, perché offendono Dio e l'anima loro. E così t'acordarai col dolce e inamorato di Paolo, che piange con coloro che piangono e gode con coloro che godono (Rm 13,15): così tu piangerai con coloro che sonno in istato di pianto, per desiderio de l'onore di Dio e salute loro; e goderai coi servi di Dio, che godono gustando Dio per affetto d'amore. Vedi dunque che nella carità concepiamo le virtù, e nella carità del prossimo si parturiscono.

Facendo così - che tu realmente, senza neun amore o cuore fittivo, libero, senza veruno rispetto di propria utilità o spirituale o temporale, ami lo prossimo tuo -, sarai vera serva e risponderai col mezzo del prossimo a l'amore che ti porta lo tuo Creatore; e sarai sposa fedele e non infedele. Allora manca la fede la sposa a lo sposo suo, quando l'amore che deve dare a lui lo dà ad altra creatura. Tu sei sposa (vedi bene che il Figlio di Dio tutti ci sposò nella circuncisione (Lc 2,21), quando si tagliò la carne sua, donandoci tanto quanto è una stremità d'anello, in segno che voleva sposare l'umana generazione): tu, raguardando tanto amore, lo debbi amare senza neuno mezzo.

Come tu l'ami senza mezzo che sia fuore di Dio, così sei fatta serva del prossimo tuo, servendolo in ogni cosa secondo la tua possibilità: sì che di Cristo sei sposa, e del prossimo debbi essere serva, se tu sei sposa fedele. Perché de l'amore che noi portiamo a Dio non possiamo fare utilità né servizio a lui, Perciò - come è detto - dobiamo servire al prossimo nostro con vero e cordiale amore: in altro modo né in altra forma nol possiamo servire. E però ti dissi ch'io desideravo di vederti vera serva e sposa di Cristo crocifisso.

Or ti bagna, carissima sorella e figlia, nel sangue dolce di Cristo crocifisso. Altro non dico.

Permane etc. Gesù amore Gesù dolce etc.







51. A frate Felice da Massa dell'ordine di santo Agostino.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo con desiderio di vedervi fondato in vera e perfetta umilità, poiché colui che è umile sì è paziente a portare ogni fatica per amore della verità; e perché l'umilità è balia e nutrice della carità, non può essere umilità senza carità. E colui che arde nella fornace della carità non è negligente, anco ha perfetta sollicitudine, poiché la carità non sta mai oziosa, ma sempre aduopera.

Ma amore né umilità, la quale consuma la negligenzia e spegne la superbia, non si può avere senza lo lume e che l'occhio illuminato non abbi qualche obiettivo in che egli possi guardare; poiché, perché l'occhio vegga e avesse lo lume in sé, ed egli non stia aperto, quello vedere non gli farebbe alcuna utilità.

L'occhio vero dell'anima nostra è l’intelletto, lo quale ha lo lume della santissima fede, colà dove lo panno dell'amore proprio non l'avesse ricuperto. Levato via l'amore proprio di noi medesimi, l'occhio rimane chiaro e vede: sì conviene che l'affetto si desti e voglia amare lo suo benefattore. Allora, sentendo l'occhio dell’intelletto muovarsi da l'affetto, subito s'apre e ponsi ne l'obiettivo suo, Cristo crocifisso, in cui conosce - e massimamente nel sangue suo - l'abisso della inestimabile sua carità.

Ma dove lo debba vedere e ponere questo obiettivo? Ne la casa del cognoscimento di sé, nel quale cognoscimento conosce la miseria sua, poiché ha veduto con l'occhio dell'intelletto i suoi defetti, e sé non essere, e àllo veduto in verità. In verità è quando l'uomo conosce sé, e conosce la bontà di Dio in sé.

Poiché se conoscesse solamente sé, o volesse conoscere Dio senza sé, non sarebbe cognoscimento fondato nella verità, né trarrebbe anco lo frutto che si debba trare del cognoscimento di sé, ma più tosto ne perdarebbe che non ne guadagnarebbe, poiché trarrebbe solo - del cognoscimento di sé - tedio e confusione, unde diseccarebbe l'anima; e perseverandovi dentro senza altro remedio giognarebbe alla disperazione. E se volesse conoscere Dio senza sé, ne trarrebbe frutto fetido di grande presunzione, la quale presunzione è nutreta dalla superbia; e l'una notrica l'altra. Conviensi dunque che lo lume vegga e conosca in verità, e condisca lo cognoscimento di sé col cognoscimento di Dio, e il cognoscimento di Dio col cognoscimento di sé.

Allora l'anima non viene né a presunzione né a disperazione; ma del cognoscimento trae lo frutto della vita, quando è l'uno con l'altro insieme. Poiché del cognoscimento di sé riceve lo frutto della vera umilità - unde germina odio e pentimento della colpa e della legge perversa che sempre è atta a combattere contro allo spirito (Rm 7,23): de l'odio parturisce lo figlio della pazienza, la quale è lo midollo della carità -; e del cognoscimento della grande bontà di Dio, che trova in sé, riceve lo frutto dell'abisso dell'affocata carità di Dio e del prossimo suo.

Poiché col lume vede e conosce che dell'amore che egli porta al suo Creatore non gli può fare utilità alcuna, e però subito quella utilità che non può fare a lui la fa al prossimo suo per amore di Dio - poiché ama la creatura perché vede che lo Creatore sommamente l'ama -; e condizione è dell'amore d'amare tutte quelle cose che sono amate dalla persona amata. Or con questo lume, carissimo figlio, acquistaremo la virtù della umilità e della carità, e con vera e santa pazienza portaremo e sopportaremo i difetti del prossimo nostro; e consumaremo la negligenzia con la perfetta sollicitudine acquistata nel fuoco della divina carità; e spegnarassi la superbia con l'acqua della vera umilità; e diventaremo affamati de l'onore di Dio, e gustatori e mangiatori delle anime in su la mensa de l'umile e immacolato Agnello. Altra via non ci ha; unde, considerando io che ci conveniva tenere per questa via e per questa strada della vera umilità, dissi e dico che io desideravo di vedervi fondato in vera e perfetta umilità; e così voglio che facciate senza pena e senza confusione di mente.

Ma ora di nuovo voglio che cominciamo con fede viva, con speranza ferma, e conobbedienza pronta; e così voglio che ingrassiate l'anima vostra, e non si disecchi per confusione né per tedio di mente; ma con una perfetta sollicitudine vi destate dal sonno della negligenzia, furando le virtù, quando le vedete nei vostri fratelli, conservandole nel petto vostro.

E sempre la verità vi diletti e stia nella bocca vostra; e annunziarla quando bisogna, caritativamente, in ogni persona - e singularmente in quelle persone che sono amate di singulare amore -, ma con una piacevolezza, ponendo lo difetto altrui a voi medesimo. E se non si fusse fatto per lo tempo passato con quella cautela che bisogna, correggiarenci per l'avenire. E per queste non voglio che alcuna pena n'abbiate. E di me pensiero alcuno non vi diate; ma realmente l'onde del mare tempestoso tutte si passino con vera umilità e carità fraterna, e con santa pazienza. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







52. A frate Girolamo da Siena dei frati di santo Agostino Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimo e carissimo padre e figlio in Cristo Gesù, io Caterina serva e schiava dei servi di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue del Figlio di Dio risovenendomi de la parola del nostro Salvatore, quando disse ai discepoli suoi: «Con desiderio io ho desiderato di fare la Pasqua con voi, prima che io muoia» (Lc 22,15).

Così dico io a voi, frate Girolamo, padre e figlio mio carissimo. E se mi dimandaste: «Che Pasqua desideri di fare con esso noi?», rispondovi: non c'è altra Pasqua se non quella dell'Agnello immacolato, quella medesima che fece egli di sé ai dolci discepoli. O Agnello dolce, arrostito al fuoco de la divina carità, a lo spedone della santissima croce! O cibo suavissimo, pieno di gaudio e di letizia e consolazione! In te non manca nulla, poiché all'anima che ti serve in verità tu gli sei fatto mensa cibo e servidore.

Bene vediamo che il Padre c'è una mensa, ed è letto dove l'anima si può riposare; vediamo lo Verbo dell'unigenito suo Figlio, che ci s'è dato in cibo con tanto fuoco d'amore. Chi ce l'ha porto? Lo servidore dello Spirito santo: e per lo smisurato amore che egli ha non è contento che siamo serviti da altri, ma esso medesimo vuole essere lo servidore.



Or a questa mensa desidera dunque l'anima mia insiememente con voi di fare Pasqua prima che io muoia, poiché, passata la vita, non la potremmo fare. E sappiate, figlio mio, che a questa mensa ci conviene andare spogliati e vestiti: spogliati, dico, d'ogni amore proprio e piacimento del mondo, di negligenzia e tristizia e confusione di mente, poiché la disordenata tristizia disecca l'anima; ma dovianci vestire dell'ardentissima sua carità, e questo non possiamo avere se l'anima non apre l'occhio del cognoscimento di sé medesimo - che vega sé non essere, e però siamo operatori di quella cosa che non è, perché noi non siamo - e cognosciamo in noi la infinita bontà di Dio.

Quando l'anima raguarda lo suo Creatore e tanta infinita bontà quanta trova in lui, non può fare che non ami; e l'amore subito lo veste de le vere e reali virtù. Inanzi sceglierebbe la morte che fare cosa contraria a colui che egli ama, ma sempre cerca con sollicitudine di fare cosa che gli sia in piacere: subito ama ciò che egli ama e odia ciò che egli odia, poiché per amore egli è fatto un altro lui. Questo è quello amore che ci tolle ogni negligenzia e ignoranza e tristizia, poiché la memoria si leva a fare festa col Padre, ritenendo nella memoria sua i beneficii di Dio; lo intendimento col Figlio - e con sapienza e lume e cognoscimento conosce e ama la volontà di Dio -: leva subito l'amore e il desiderio suo e diventa amatore de la somma eterna Verità, in tanto che non può né vuole amare altro né desiderare se non Cristo Crocifisso; non gli diletta altro se non portare gli obrobii e le pene sue, e tanto gli diletta e gli piace che egli ha a sospetto ogni altra cosa. De le pene, de li scherni e persecuzioni del mondo o del demonio se le reputa gloria a sostenere per Cristo.

Accendete accendete lo fuoco del santo desiderio, raguardate l'Agnello dissanguato in su.legno de la santissima croce: in altro modo non potremmo mangiare a questa dolce e venerabile mensa. Fate che ne la cella dell'anima vostra stia sempre piantato e ritto l'arbolo de la santissima croce, poiché a questo arbolo cogliarete lo frutto de la vera obbedienzia, de la pazienza e profonda umilità; morrà in voi ogni piacimento e amore proprio; acquistarete la fame d'essere mangiatore e gustatore delle anime. E vedendo noi che, per fame de la salute nostra e de l'onore del Padre, egli s'è umiliato e dato sé medesimo all'obrobiosa morte de la croce, sì come pazzo ebbro e inamorato di noi, questa è la Pasqua che io desidero di fare con voi.

E perché aviamo detto che doviamo essere mangiatori e gustatori delle anime, questo desidera l'anima mia di vedere in voi, perché sete banditore de la parola di Dio. Voglio che siate uno vasello di carità pieno di fuoco d'ardentissima carità a portare lo dolce nome di Gesù, e seminare questa parola incarnata di Gesù nel campo dell'anima. Ma invitovi e voglio che ricogliendo lo seme, cioè facendo frutto ne le creature, voi lo riponiate ne l'onore del Padre eterno, cioè dando la gloria e l'onore a lui, perdendo ogni gloria e piacimento di noi medesimi; altrimenti saremmo ladri che furaremmo quello che è di Dio e daremmolo a noi. E credo che per la grazia di Dio questo non tocca a voi, ché certa mi pare essere che il primo movimento e principio è solo dell'onore di Dio e salute de la creatura.

E bene ci cade questo, spesse volte: alcuno piacere di voi ne la creatura; ma perché io voglio che siate perfetto e rendiate frutto di perfezione, non voglio che amiate nessuna creatura né in comune né in particulare se non solamente in Dio. Or intendete in che modo io dico, ché io so bene che voi amate in Dio e spiritualmente, ma alcune volte, o per poca avertenzia o perché la natura ve lo 'nchina - come avete voi -, ama spiritualmente e nell'amore piglia piacere e diletto, tanto che alcune volte la sensualità piglia la parte sua, pur col colore dello spirito.

E se mi diceste: «a che me ne posso avedere che ci sia questa imperfezione?»: quando voi vedeste che quella persona che è amata mancasse in alcuna cosa verso di voi, che non vi facesse motto secondo i modi usati o che vi paresse che amasse un altro più di voi, se allora vi cade uno sdegno e uno cotale mezzo pentimento, allentando l'amore che prima v'era, tenete di fermo che questo amore era ancora imperfetto. Che modo ci ha da farlo perfetto? Non vi do altro modo, figlio carissimo, se non quello che fu dato a una dalla prima Verità, dicendo: «Figlia mia carissima, io non voglio che tu facci come colui che trae lo vasello pieno d'acqua de la fonte e bevelo quando l’ha fuore, e così rimane votio e non se n'avede, ma voglio che, empiendo lo vasello dell'anima tua, facendoti una cosa, per amore e affetto, con colui che tu ami per amore di me, nol tragga punto di me, fonte d'acqua viva, ma tiene la creatura, che tu ami per amore di me, sì come vasello ne l'acqua: a questo modo non sarà votio, né tu né cui tu ami, ma sempre sarete pieni de la divina grazia del fuoco dell'ardentissima carità.» Allora non vi cadrà né sdegno né spiacimento veruno, poiché colui che ama - perché vedesse molti modi, o dilungare da la sua conversazione - mai non n'ha pena affliggitiva pur ched i vega e senta che viva co.le dolci e reali virtù, poiché l'amava per Dio e non per sé. Bene sentirebbe una santa picciola tenerezza quando si vedesse dilungare da quella cosa che ama. Or questa è la regola e il modo che io voglio che teniate, a ciò che siate perfetto e non imperfetto. Non dico più.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.





53. A monna Agnesa donna che fu di missere Orso Malavolti.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi legata nel legame della divina carità, lo quale legame tenne confitto e chiavellato Dio e Uomo in sul legno della santissima croce; poiché chiovo non era sufficiente a tenerlo se l'amore non l'avesse tenuto.

Questo è quello dolce legame che lega l'anima con Dio e falla essere una cosa con lui, poiché l'amore unisce. Oh dolce e amoroso amore che purifichi l'anima, e dissolvi la nuvola della propria passione sensitiva; e allumini l'occhio dell'intelletto, speculando nella Verità eterna; ed empi la memoria de le grazie e doni che l'anima riceve dal suo Creatore, unde diventa grata e conoscente dei beneficii ricevuti, e sazia l'anima di dolce e amoroso desiderio! Unde diceva lo santo profeta: «i sospiri mi sono uno cibo, e le lacrime beveraggio» (Ps 41,3 Ps 79,6). Chi lo faceva sospirare e piangere? l'amore, questo dolce e suave legame.

Perciò, carissima figlia, poiché egli è tanto dolce e di tanto diletto, ed ècci necessario, non è da dormire, ma è da levarsi con santo e vero desiderio e sollicitudine, e cercarlo virilmente. E se voi mi dimandaste: dove lo posso trovare?, io vi rispondo: nella casa del cognoscimento di voi, dove voi trovarete l'amore ineffabile che Dio v'ha, lo quale per amore vi creò ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26), e per amore vi recreò a grazia nel sangue dell'unigenito suo Figlio. Trovando l'amore, e cognosciuto che voi l'avarete in voi medesima, non potrete fare che voi non l'amiate.

E questo sarà lo segno che voi abbiate trovato e conceputo amore: quando vi legarete col legame della carità nel prossimo vostro, amandolo e servendolo caritativamente; poiché quello bene e utilità che noi non possiamo fare a Dio, lo doviamo fare al prossimo nostro, portando con vera pazienza ogni fatica che noi ricevessimo da lui. E questo è lo segno che in verità amiamo lo nostro Creatore e che noi siamo legati in questo dolce legame; in altro modo non participaremmo la grazia, né potremmo tornare a quello fine per mezzo del quale noi fummo creati. E però vi dissi che io desideravo di vedervi legata nel legame della divina carità. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







54. A una monaca nel monastero di santa Agnesa di Montepulciano.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima e dilettissima figlia mia in Cristo Gesù, io Caterina serva e schiava del nostro Signore Gesù Cristo e dei suoi servi, ti conforto e benedico e scrivo a te nel prezioso sangue del Figlio di Dio, desiderando che tu sia vera sposa consecrata allo Sposo, adornata e vestita di virtù.



Sai, dilettissima mia figlia, che la sposa, quando va dinanzi allo sposo, s'adorna e si veste; e singularmente s'adorna e pone lo colore vermiglio per piacere allo sposo suo: così voglio che facci tu, che tu abbi in te lo vestimento della carità, senza lo quale vestimento non potresti andare alle nozze, ma sarebbe detta a te quella parola che disse Cristo di quello servo che era andato senza lo vestimento nuziale: che comandò ai servi suoi che fusse cacciato e mandato di fuore nelle tenebre (Mt 22,11-13).

Non voglio che questo divenga a te, dilettissima mia figlia, affinché, se tu fussi richiesta ad andare alle nozze, non voglio che tu sia trovata senza questo dolce vestimento. Anco voglio e comandoti che tu me l'adorni di fregiature, cioè della santa e veraobbedienza, essendo sempre osservatrice dell'ordine tuo, suddita e obbediente a madonna e a la più minima che v'è. Priva della virtù de l'umilità, la quale nutrerà in te la virtù della santa obbedienzia, riconoscendo i doni e le grazie che tu hai ricevuti da lui. Fa' che tu sia sposa fedele: e sai quando sarai fedele a lo Sposo tuo? Quando non amarai altro che lui. E però io non voglio che nel tuo cuore sia trovato altro che Dio, traendone ogni amore proprio e sensitivo dei parenti o di qualunque cosa sia, senza neuno timore o di vita o di morte; ma col cuore libero, vestita di questo santo vestimento, metteti nelle mani del tuo sposo eterno; e nella sua volontà ti mette, che ne faccia e disfaccia quello che sia suo onore e meglio di te. Altro non dico.

Permane etc. Gesù etc.





55. Al venerabile religioso don Guglielmo, priore generale dell'ordine di Certosa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue del Figlio di Dio, considerando io che la memoria quando s'empie del sangue di Cristo Crocifisso, incontanente lo intelletto si vòlle a raguardare in essa memoria, dove egli trova lo sangue: vedevi lo fuoco della divina carità, amore inestimabile, intriso e impastato col sangue, poiché per amore fu sparto e donato a noi. La volontà va subito dietro all'intelletto, amando e desiderando quello che l'occhio dell'intelletto ha veduto; e però subito leva l'affetto e l'amore suo nell'amore di Cristo crocifisso, lo quale amore trova nel sangue, come detto è.

Allora l'anima s'anniega in esso sangue - cioè che anniega e uccide ogni sua perversa volontà sensitiva, la quale ribella spesso al suo Creatore -, e ogni amore proprio di sé medesimo gitta fuore di sé; e vestesi dell'eterna volontà di Dio, la quale volontà l'anima ha gustata e trovata nel sangue, poiché il sangue gli rapresenta che Dio non vuole altro che la sua santificazione - ché se egli avesse voluto altro, non averebbe Dio datoci lo Verbo dell'unigenito suo Figlio -, e però vede bene che ciò che Dio permette in questa vita all'uomo non permette per altro fine. Ogni cosa che ha essere, vede che procede da Dio; e però di nessuna cosa che aviene - né di tribulazioni né di tentazioni né ingiurie né strazii né villanie, né di verun'altra cosa che avvenire gli potesse - non si può né vuole turbare, ma è contento e àlle in grande reverenzia considerando ch'elle vengono da Dio, e date sono a noi per grazia di bene, per amore e non per odio.

Perciò non si può lagnare né die lagnarsi, perché si lagnarebbe del suo bene proprio; la quale cosa non è costume dell'anima vestita della dolce volontà di Dio, di lagnarsi di veruna cosa che avvenire gli potesse, se non solo dell'offesa di Dio: di questo si duole e die dolere, perché vede che è contro alla sua volontà. E però lo peccato è degno d'odio, perché non è in Dio e però è non nulla. Ogni altra cosa che in sé ha essere, è da Dio; e però l'anima innamorata di Cristo l'ama e ha in reverenzia.

Questa anima non vede sé per sé, ma vede sé per Dio, e Dio per Dio - in quanto è somma eterna bontà, degno d'essere amato -, e il prossimo per Dio e non per propria utilità. Questa non sceglie lo tempo né stato a suo modo, né fatica né consolazione, ma secondo che piace alla divina bontà riceve con affetto d'amore: in ogni cosa trova diletto, perché colui che ama non può trovare pena affliggitiva. Nelle battaglie gode; se egli è perseguitato dal mondo, egli si rallegra; se egli è suddito, con grande allegrezza e pazienza porta lo giogo dell'ubidienzia.

Se egli è prelato, con pazienza porta e sopporta i difetti dei suoi sudditi - cioè ogni persecuzione che ricevesse o ingratitudine che trovasse in loro verso di sé -; disponsi alla morte per divellere le spine dei vizii, sì come buono ortolano, e piantare le virtù nell'anime loro, facendo giustizia realmente, condita con la misericordia. Non si cura della pena sua, non schifa labore, ma con grande letizia porta; non vuole perdere lo tempo che egli ha per quello che non ha perché alcune volte vengono cotali cogitazioni e battaglie nel cuore: «Se tu non avesse questa angoscia e fatica della prelazione, potresti meglio avere Dio nella pace e quiete tua». E questo fa lo demonio - di ponerli innanzi lo tempo della pace - per farlo stare in continova guerra, ché colui che non pacifica la volontà sua nello stato che Dio gli ha dato sta sempre in pena, ed è incomportabile a sé medesimo; e così perde l'uno tempo e l'altro: ché non essercita lo tempo della prelazione, e quello della quiete non ha; e così abbandona lo presente e l'avenire.

Non è dunque da credere a la malizia sua, ma è da pigliare quello che egli ha, vigorosamente, sì come fa l'anima vestita della volontà di Dio detta di sopra, che sa navigare in ogni tempo - così nel tempo della fatica come in quello della consolazione - perché egli è spogliato dell'amore proprio di sé medesimo e d'ogni tenerezza e passione sensitiva - unde procede ogni male e ogni pena, ché avere quello che l'uomo non vuole, è una via unde esce la pena -, e vestito dell'eterna volontà di Dio e non della sua. Èssi fatto una cosa con lui; per affetto d'amore è fatto giudice dell'eterna volontà di Dio, vedendo giudicando e tenendo che Dio non vuole altro che la nostra santificazione - e però ci creò ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26) perché fussimo santificati in lui, godendo e gustando l'eterna sua visione -, avendolo veduto e cognosciuto coll'occhio dell'intelletto nel sangue di Cristo crocifisso, che fu quel mezzo che ci manifestò la verità del Padre eterno.

O glorioso sangue che dai vita, che lo invisibile ci hai fatto visibile, manifestata ci hai la divina misericordia, lavando lo peccato della disobbedienzia con la obbedienzia del Verbo, unde è uscito lo sangue. Orsù, per l'amore di Cristo, bagnatevi, bagnatevi e state in continova vigilia e orazione, carissimo padre, vegghiando coll'occhio dell'intelletto nel sangue: allora vegghiarà, per fame e sollecitudine dell'onore di Dio e salute delle anime, sopra i sudditi vostri. A questo modo averete la continua orazione, cioè lo continovo santo desiderio: questo v'è necessario a voi per conservare la salute vostra nello stato che voi sete.

Poiché Dio v'ha posto nello stato della prelazione, non vi conviene essere negligente né timoroso; né ignorante andare con gli occhi chiusi. Però vi prego che siate affamato, imparando dall'Agnello dissanguato e consumato per voi: con tanto diletto e fame de l'onore del Padre e salute nostra corse alla obrobriosa morte della croce. Avete l'oggetto, dunque: ché Dio v'ha rapresentato e posto dinanzi lo Verbo dell'unigenito suo Figlio - il Figlio e il sangue - per togliere ogni timore e negligenzia e cecità d'ignoranza. E se voi dite: «Io sono ignorante e non cognosco bene me, non tanto che quello ch'io ho a fare per li sudditi», e io vi rispondo che, avendo fame de l'onore di Dio, quello che voi non aveste per voi Dio adopererà in voi - quello che bisognarà per salute dei sudditi vostri -. Abbiate pure fame e desiderio; e non veggio poiché questa fame si possa avere senza lo mezzo del sangue: e però vi dissi io ch'io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso, perché nel sangue si perde l'amore della vita propria, di quello amore perverso che l'uomo ha a sé medesimo; lo quale amore non lassa fare giustizia per timore di non perdere lo stato, o per condiscendere e piacere più agli uomini che a Dio. Non lassa fare i prelati secondo la volontà di Dio né a buona conscienzia; ma secondo i piaceri e pareri umani si fanno: che è quella cosa che ha guastato e guasta l'Ordine, come è di non correggere e di fare i prelati non corretti, ma incorretti e indiscreti. Ché il gattivo prelato guasta i sudditi, sì come il buono gli raconcia; e tutto questo procede da l'amore proprio di sé.

Nel sangue di Cristo si perde questo amore; e acquistasi un amore ineffabile vedendo che per amore ci ha data la vita per ricomperare questo figlio adottivo de l'umana generazione. Quando si vede tanto amare, con l'amore trae l'amore, levando l'affetto e il desiderio suo ad amare quello che Dio ama, e odiare quello ch'egli odia. E perché vede che sommamente Dio ama la sua creatura che ha in sé ragione, però l'anima concepe un amore nella salute de l'anime che non pare che se ne possa saziare: odia i vizii e peccati, perché non sono in Dio; e ama le virtù in loro per onore di Dio. Per questo ne perde la negligenzia e doventa sollecito; e perde l'amore del corpo suo, e vuolsi dare a mille morti, se tanto bisogna; perde la cecità e ha riavuto lo lume, perché s'ha tolta la nuvola dell'amore proprio, e posto lo sole dell'amore divino dell'ardentissima carità, lo quale gli ha consumato in sé ogni ignoranza; e tutto questo ha tratto dal sangue.

Oh glorioso e prezioso sangue de l'umile e immacolato Agnello! Or quale sarà quello ignorante e duro che non pigli lo vasello del cuore, e con affetto d'amore non vada al costato di Cristo crocifisso, lo quale tiene e versa l'abondanzia del sangue? Dentro in sé troviamo Dio, cioè la natura divina unita con la natura umana; troviamo lo fuoco dell'amore che per la apritura del lato ci manifesta lo secreto del cuore, mostrando che con quelle pene finite non poteva tanto amore mostrare quanto lo desiderio e la volontà sua era maggiore, perché non era comparazione dalla pena finita sua all'amore infinito.

Or non tardiamo più, carissimo padre, ma con perfetta sollecitudine, questo ponto del tempo che Dio v'ha servato - e spezialmente ora che ne viene lo tempo del Capitolo, dove si veggono più i difetti - siate sollecito a punirgli, affinché il membro corrotto e guasto non guasti lo sano, facendone giustizia sempre con la misericordia. E non vi movete leggermente; ma vogliate cercare e investigare la verità per persone discrete e di buona conscienzia. E sempre, quello che avete a fare, fate con consiglio divino, cioè per la santa orazione, e poi col consiglio umano, che è pure divino, dei buoni e cari servi di Dio; e sempre vogliate vedervegli dallato, che sieno specchio di religione. E sopra tutte l'altre cose che io vi prego che attendiate si è di fare buoni priori che sieno persone virtuose e atte a reggiare, ché sono molti che sono buoni in loro, e non sono buoni a governare: e così guastano la religione; e per lo contrario si racconciano.

Quando trovate dei buoni, conservategli.

Non timore, per l'amore di Cristo crocifisso! Sono certa che se voi vi bagnarete nel sangue suo per affetto d'amore, e annegaretevi dentro ogni propria volontà, consumandola nella eterna volontà di Dio, la quale trovarrete nel sangue, voi farete questo e ogni altra cosa che bisognarà per voi e per loro. Altro non dico.

Perdonate alla mia ignoranza.

Rimanete nella santa etc. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.



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