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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (1)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 15:18
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Sesso: Femminile
19/10/2012 14:25

56. A frate Simone da Cortona dell'ordine dei Predicatori.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio senza nome in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue dell'Agnello, a ciò che come ebbro corriate al campo della battaglia a combattere come cavaliere virile contro le demonia, contro al mondo e contro alla propria fragilità; col lume della santissima fede e con amore ineffabile, dilettandovi sempre della battaglia.

Ma sappiate che combattere e avere vittoria non potremmo fare, se non ci fusse lo lume della santissima fede; né lo lume potremmo avere, se dell'occhio dell'intelletto nostro non fusse tratta la terra d'ogni affetto terreno e gettata la nuvola dell'amore proprio di voi medesimo, poiché ella è quella perversa nuvola che in tutto ci tolle ogni lume, e spiritualmente e temporalmente. Temporalmente non ci lassa conoscere la fragilità nostra e la poca fermezza e stabilità del mondo; né quanto questa vita è vana e caduca; né gli inganni del demonio: quanto occultamente in queste cose transitorie egli ci inganna, e spesse volte sotto colore di virtù. Spiritualmente questa cecità non ci lassa conoscere né discernere la bontà di Dio; anco spesse volte quello che Dio ci dà per nostro bene noi ce il rechiamo per contrario.



E tutto questo ci adiviene perché nei misterii suoi noi non ne consideriamo l'affetto suo, né con quanto amore egli ce le dà, ma come ciechi non pigliamo altro che l'atto. Alcune volte permette Dio che noi siamo perseguitati dal mondo, e che ci sia fatta ingiuria da le creature, o postaci unaobbedienza dal prelato nostro; e noi non consideriamo la volontà di Dio, che lo fa per nostra santificazione, né giudichiamo la volontà sua, che per amore ci permette quello, ma giudichiamo la volontà delli uomini; e così veniamo spesse volte a dispiacere col prossimo nostro, e commettiamo molti difetti e ignoranza verso di Dio e di loro.

Chi n'è cagione? lo poco lume, poiché l'amore proprio ha ricuperta la pupilla dell'occhio della santissima fede. Se egli è nelle molestie che lo demonio ci dà, e questa cecità è allora ne l'occhio nostro, sì se ne riceve questo inganno, che, venendo le molte molestie e cogitazioni nel cuore per illusione del demonio, noi crediamo essere allora reprovati da Dio; e per questo verremmo a una confusione di mente unde noi lassaremmo l'essercizio dell'orazione, quasi non parendoci essere acetti a Dio, e verremmo a tedio, e saremmo incomportabili a noi medesimi. Unde per questo l'obedienzia ci sarà grave, e abbandonaremo la cella, e dilettarenci de la conversazione; e tutto questo ci adiviene, e molti altri inconvenienti, perché noi non aviamo gettata a terra la nuvola dell'amore proprio, né spiritualmente né temporalmente, e però non cognosciamo la verità e non ci dilettiamo ancora in croce con Cristo crocifisso. A questo modo non saremmo cavalieri virili, a combattere contro i nemici nostri per Cristo crocifisso, ma saremmo timidi e l'ombra nostra ci farebbe paura.

Che dunque c'è bisogno? ècci bisogno lo sangue, nel quale sangue di Cristo trovaremo una speranza ferma che ci tollarà ogni timore servile, e trovaremo la fede viva, gustando che Dio non vuole altro che lo nostro bene; e però ci dé lo Verbo dell'unigenito suo Figlio; e il Figlio ci dié la vita per rendarci la vita, e del sangue ci fece bagno per lavare la lebbra de le nostre iniquità. Per questo l'anima conosce e tiene con fede viva che Dio non permettarà alle demonia che ci molestino più che noi possiamo portare, né al mondo che ci triboli più che siamo atti a ricevere, né al prelato che c'imponga maggioreobbedienza che noi possiamo portare.

Con questo dolce e glorioso lume non verrete a tedio né a confusione per alcuna battaglia, e non vi dilungarete da la cella, né corrirete a la conversazione delle creature, ma abracciarete la croce e non gittarete a terra l'arme dell'orazione, né degli altri essercizii spirituali; anco, umiliandovi al vostro Creatore, offerrete umili e continue orazioni, e - nel tempo della battaglia e nel tempo della quiete e in ogni tempo che si sia - non allentarete i passi; ma con sollicitudine e senza negligenzia o confusione servirete a Dio, e osservarete l'ordine vostro in verità. Chi ne sarà cagione? lo lume della santissima fede, la quale trovaste nel sangue. Chi è cagione del lume? l'amore dell'affocata carità che trovaste nel sangue, ché per amore questo dolce e amoroso Verbo corse all'oprobiosa morte de la croce.

E perché lo caldo del divino amore, che trovaste nel sangue, distrusse e consumò le tenebre dell'amore proprio che obumbrava l'occhio che non vedeva, però ora vede, e vedendo ama, e amando teme Dio e serve al prossimo suo; ed è fatto cavaliere virile e combatte con lo scudo della fede (Ep 6,16) e con l'arme della carità, che è uno coltello di due tagli (He 4,12 Ap 1,16), cioè odio e amore: amore delle virtù e odio del vizio e della propria passione sensitiva. E sì come inamorato si diletta in croce e d'acquistare con pena le virtù, cercando con affetto d'amore l'onore di Dio e la salute delle anime. Dove ha trovato questo desiderio? nel sangue. In altro modo nol potreste avere, e però vi dissi che io desideravo di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso. E dicovi che allotta voi avarete nome e io ritrovarò lo figlio. Or vi bagnate e annegate nel sangue, senza tedio e senza confusione. Altro non vi dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Neri gattivo, mio negligente figlio, vi si racomanda, e io ve ne strengo che preghiate Dio che gli tolga tanta negligenzia. Gesù dolce, Gesù amore.

Racomandateci a frate Tomaso d'Antonio e a tutti gl'altri figli.







57. Al sopradetto misser Matteo, rettore della Casa della Misericordia in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi specchio di virtù, affinché in verità rendiate gloria e loda al nome di Dio; e affinché facciate utilità prima a voi medesimo e poi al prossimo vostro, e sì con essemplo di santa e onesta vita e con la dottrina della parola, e sì con umili e continove e fedeli orazioni.

Pensate che questo è il debito che Dio richiede da voi: non vuole altro che il fiore de la gloria e loda al nome suo; e vostro vuole che sia lo frutto e l'utilità. Perciò virilmente rispondiamo a tanto amore; e perché a lui non possiamo fare alcuna utilità, voltianci sopra quello che vediamo che egli molto ama, cioè il prossimo nostro: qui si ponga ogni nostra sollecitudine; e altro non cerchiamo che di mangiare anime per onore di Dio.

E dove andaremo per mangiare questo dolce cibo? A la mensa della santissima croce, dilettandoci di sostenere pene e tormenti, ingiurie scherni e rimproveri per potere mangiare questo glorioso cibo. Ma non vego che il potessimo pigliare se prima in noi non acquistiamo le vere e reali virtù. E però vi dissi che io desideravo di vedervi specchio di virtù; e così vi prego che v'ingegniate d'essere. Non dico più qui.

Mandovi uno privilegio con bolla papale di indulgenzie che io ho accattate a settanta sette persone etc.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.







58. A sorella Cristofana priora del monisterio di santa Agnesa in Montepulciano.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere te e l'altre seguire le vestigie della madre vostra santa Agnesa gloriosa; e di questo vi prego e voglio, che la dottrina e modi suoi voi seguitiate.

Sapete che sempre vi dié dottrina ed essempro di vera umilità: questa fu quella propria virtù principale che fu in lei. Non me ne maraviglio, però ch'ella ebbe quello che deve avere la sposa che vuole seguire l'umilità dello sposo suo. Ella ebbe quella carità increata che continuamente ardeva e consumava nel cuor suo; ella era mangiatrice e gustatrice de l'anime; sempre studiava la vigilia de l'orazione: non arebbe avuto in altro modo la virtù de l'umilità, poiché non è umilità senza carità, ché l'una nutre l'altra.

Sapete quale è la cagione che la fece venire a perfetta e reale virtù? Lo libero spogliamento volontario, che la fece rinunziare a sé e a la sustanzia del mondo, non volendo possedere nulla. Ben s'avide quella gloriosa vergine che il possedere la sustanzia temporale fa venire l'uomo a superbia: perdene la virtù piccola della vera umilità; viene ad amore proprio; manca ne l'affetto della carità; perde la vigilia e l'orazione, poiché il cuore e l'affetto che è pieno della terra e d'amore proprio di sé medesimo, non si può empire di Cristo crocifisso, né gustare vere e dolci orazioni. Sì che, avedendosene, Agnesa dolce spogliasi di sé medesima e vestesi di Cristo crocifisso; e non tanto ella, ma questo medesimo lassa a voi, e così v'obliga e voi dovete tenere.

Sapete bene che voi, spose consacrate a Cristo, non dovete possedere quello del padre, poi che sete andate a lo Sposo, ma tenere e possedere quello dello Sposo eterno. Quello del padre vostro è la propria sensualità, la quale doviamo abandonare; venuto lo tempo della discrezione die seguire lo Sposo e possedere lo tesoro suo. Quale fu lo tesoro di Cristo crocifisso? Fu croce, obrobrio, pena, tormento, strazii, scherni e rimproverio, povertà volontaria, fame de l'onore del Padre e della salute nostra. Dico che se voi possedarete questo tesoro con la forza della ragione mosso dal fuoco della carità, voi perverrete a quelle virtù che dette avesseamo; sarete figlie vere alla madre, e spose solicite e non negligenti; e meritarete d'essere ricevute da Cristo crocifisso: per la grazia sua apriravi la porta della vita durabile. Non dico più.

Annegatevi nel sangue di Cristo crocifisso; levatevi su con vera sollicitudine e unione. Se sarete legate e non divise, non sarà né demonio né creatura che vi possa nuociare, né tollarvi la vostra perfezione.



Rimanete etc. Gesù dolce etc.







59. A sere Pietro prete da Semignano di montagna del contado di Siena, lo quale aveva odio con uno altro prete.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Padre carissimo per reverenzia di quello sacramento lo quale avete da amministrare, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vasello d'elezione a portare lo nome di Cristo, e con affetto e desiderio essercitare la vita vostra in pacificarvi col vostro Creatore, e la creatura con la creatura, poiché il dovete fare, e sete tenuto di farlo. Credo che, se nol farete, voi ricevarete grandissima e dura reprensione da Dio.

Siate, siate specchio di virtù; raguardate la vostra dignità, poiché Dio per sua misericordia v'ha posto in tanta eccellenza quanta è d'avere da amministrare lo fuoco de la divina carità, cioè lo corpo e il sangue di Cristo crocifisso: pensate, pensate che la natura angelica non ha tanta dignità. Vedete che nel vasello dell'anima vostra egli ha messa la parola sua; bene vedete che favellando in persona di Cristo voi avete autorità di consecrare quello dolcissimo sacramento: convienvela portare con grandissimo fuoco d'amore e purezza di mente e di corpo, e col cuore pacifico, traendo ogni rancore e odio dell'anima vostra.

Oimé, oimé, dove è la purezza dei amministri del Figlio di Dio? Pensate che come voi richiedete la nettezza del calice per portare all'altare, che se fusse lordo nol vorreste, così pensate che Dio, somma ed eterna Verità, richiede l'anima vostra pura e netta da ogni macchia di peccato mortale, singularmente del peccato de la immondizia. Oimé, disaventurata l'anima mia! Al dì d'oggi si vede tutto lo contrario di questa purezza la quale Dio richiede: non tanto che essi siano tempio di Dio e portino lo fuoco de la parola sua (Lc 12,49), ma essi sono fatti stalla, luogo di porci e d'altri animali, portandovi lo fuoco dell'ira odio e rancore e mala voglienza ne la casa dell'anima sua; egli tiene ad albergare i porci, cioè una immondizia che continuamente vi s'involle dentro, sì come lo porco nel loto. Oimé, che grande confusione è questa di vedere che gli onti di Cristo si diano a tanta miseria e iniquità: non hanno in reverenzia la creazione - ché sono creati a la imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26) -, né il sangue del quale sono ricomprati, né la dignità che essi hanno del sacramento dato a loro per grazia e non per debito. Oimé, padre carissimo, aprite l'occhio del cognoscimento, e non dormite più in tanta miseria.

Non mirate perché Dio faccia ora vista di non vedere, ché quando verrà lo punto de la morte, la quale neuno può schifare, egli mostrarà bene che egli abbi veduto: allora se n'avederà l'uomo che ogni colpa sarà punita e ogni bene remunerato. Questo non pensano gli stolti, che non veggono che Dio è sopra di loro; e io vi dico che Dio vede lo intrinseco del cuore: bene ci possiamo nascondere all'occhio de la creatura, ma non a quello del Creatore.



Doimé! or siamo noi bestie o animali? Veramente io m'avveggio di sì: non in quanto a la creazione e all'essere che Dio ci ha dato, ma secondo la mala disposizione nostra, ché, senza veruno freno di ragione, noi ci lassiamo guidare a questa parte sensitiva; andialle dietro, dilettandoci de le brutte e vane delettazioni; andiamo scorrendo per le delizie del mondo, enfiati di superbia. E tanto inalza la superbia lo cuore de lo stolto, che si lassa possedere a lei, e non si vuole umiliare né a Dio né a la creatura; alcune volte gli sarà fatta ingiuria o di morte o d'altre cose corporali, e per la superbia sua non si vuole umiliare a perdonare al suo nemico, ma bene vuole che le grandissime colpe e ingiurie che egli ha fatte a Dio gli siano perdonate. Ma egli è ingannato, ché con quella misura che egli misura ad altrui, sarà misurato a lui.

Non voglio, che siate di questi cotali voi; ma voglio che virilmente voi siate vasello pieno d'amore e di carità, e d'affetto di carità. Maravigliomi molto che uno vostro pari possa tenere odio, avendovi Dio tratto del secolo, e fatto angelo terrestro in questa vita per la virtù del sacramento; e voi per lo vostro defetto v'invollete nel secolo: non so in che modo voi vi recate a celebrare. Dicovi che, se permaneste ostinato nell'odio e negli altri vostri defetti, dovete aspettare lo divino giudicio che verrebbe sopra di voi.

Io vi dico: non più tanta iniquità! Correggete la vita vostra; pensate che dovete morire e non sapete quando.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso: non dubbito che, se raguardarete lo sangue di questo Agnello, voi spogliarete lo cuore e l'affetto d'ogni miseria, e singularmente dell'odio. Questo v'adimando per grazia e per misericordia; voglio che facciate questa pace. Or che confusione è a vedere due sacerdoti stare in odio mortale! Grande miracolo è che Dio non comanda a la terra che v'inghiottisca amendue. Orsù virilmente, mentre che sete nel tempo di potere ricevere misericordia ricorrite a Cristo crocifisso, che vi riceverà benignamente purché voi vogliate.

E pensate che se nol faceste caderebbe sopra voi quella sentenzia che fu data a quello servo iniquo, lo quale aveva ricevuta tanta misericordia dil grande debito che aveva col signore, e poi al servo suo non volse lasciare una picciola quantità, ma mettevaselo sotto i piedi, e volevalo strangolare; sapendolo, lo signore giustamente revocò la misericordia che gli aveva fatta, e fecene giustizia, comandando ai servi suoi che gli leghino le mani e i piedi, e sia messo ne le tenebre di fuore (Mt 18,23-34). Non pensate che la divina bontà dolce del buono Gesù ponesse questa similitudine se non per coloro che stanno in odio con Dio e col prossimo loro. Non voglio che aspettiate più questa reprensione, ma voglio che la misericordia che avete ricevuta e ricevete voi la participiate col nemico vostro; e in altro modo non potreste participare la grazia di Dio: sareste privato de la visione sua. Non dico più. Rispondetemi de la vostra intenzione e volontà.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





60. A uno secolare lo nome del quale io non so.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi e conforto nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con disiderio di vedervi vero servo di Gesù Cristo, osservatore dei suoi comandamenti; dei quali comandamenti neuno ne può avere la vita della grazia se non n'è adempitore.

Perciò, carissimo fratello, voglio che voi upriate l'occhio del conoscimento di voi medesimo a conosciare voi non essere, ma sempre operatore di quella cosa che non è, cioè del peccato. E vedendo l'uomo che non è da sé veruna cosa, è tutto aumiliato, conoscendo lo beneficio del benefattore; e tanto cresce in amore - conoscendo in sé adoparare la grande bontà di Dio - che eligiarebbe inanzi la morte che trapassare il comandamento del suo dolcissimo Creatore. Questo tremore santo ci fa venire a grandissimo amore; e questo amore traemo della fonte del sangue del Figlio di Dio, il quale fu sparto per nostra redenzione, solo per lavare la colpa comessa del peccato. O quanto terribile cosa è il peccato, e spiacevole a Dio, poi che non l'ha lassato impunito, anco n'ha fatto giustizia e vendetta sopra lo corpo suo. Ben sarebbe misero miserabile colui che non voglia fare vendetta del peccato.

Perciò vi prego, carissimo e dolcissimo fratello, che pigliate queste due ali che vi faranno osservare i comandamenti di Dio - e, gionto ai comandamenti, vi faranno volare a la vita durabile -: cioè odio e pentimento del peccato e amore propio di sé medesimo - del quale nasce ogni vizio -, ed essere amatore de la virtù. E perché vede che la virtù gli è necessaria, però l'ama: vede che Dio vole che esso sia amatore della virtù e spregiatore del vizio. O quanto vi sarà dolce avere questa virtù, la quale vi priva della servitudine del demonio e donavi libertà, tollevi la morte e donavi la vita, tollevi le tenebre e donavi la luce; e per lo contrario il peccato conduce l'uomo in ogni miseria.

Ben è da solicitare e non comettare più negligenzia, questo ponto del tempo che ci è rimaso, per voi e per tutta la vostra famiglia, con una solecitudine santa. Pregovi per amore di Cristo crocifisso che l'occhio dell'anima vostra sia dirizzato, con ogni vostra opera, verso Dio. O quanto diletto e gaudio sentirà l'anima vostra, quando verrà lo tempo che sarà richiesta dalla prima Verità, sentendosi la compagnia delle virtù, appogiato al bastone della santissima croce, dov'egli ha acquistati i santi comandamenti di Dio! E udirà nel fine suo quella dolce parola: «Viene, benedetto, e figlio mio, a possedere lo reame del cielo, poiché tu con solecitudine hai tratto l'affetto e il disiderio della conformità del secolo; e notricasti e alevasti la famiglia tua con timore santo di me. Ora ti dono perfetto riposo, però ch'io sono rimuneratore di tutte le vostre fatiche che per me avete sostenute».

Or non diciamo più, fratello mio carissimo, se non ch'io prego la prima eterna Verità che vi riempia de la sua eterna e dolcissima grazia, e che vi cresca di virtù in virtù in tanto che vi disponiate a dare la vita per lui.

Rimanete etc. Gesù etc.





61. A monna Agnesa, donna che fu di missere Orso Malavolti.

Laudato sia lo nostro dolce Salvatore.

A voi, carissima e dilettissima figlia monna Agnesa e figlie, io Caterina, serva inutile di Gesù Cristo, scrivo a voi con amore e desiderio, risovenendomi della parola che disse Cristo (Lc 22,15): con desiderio ho desiderato di vedervi unite e trasformate in quello consumato e ardentissimo amore, sì come fece quella appostola inamorata Magdalena; che tanto fu quello ardentissimo amore, che non curò nessuna cosa creata.

O dilettissime figlie mie, imparate da questa vergine santa Agnesa, cioè della santa vera umilità, ché sempre volse avilire sé medesima, somettendosi a ogni creatura, retribuendo ogni grazia e virtù avere da Dio: così conservava in sé la virtù dell'umilità. Dico ch'ella arse de la virtù de la carità, sempre cercando l'onore di Dio e la salute de le creature, dando sempre sé medesima nell'orazione con una carità liberale, larga ad ogni creatura, e così dimostrava l'amore che aveva al suo Creatore. L'altra fu la continua sollecitudine e perseveranza che ella ebbe, che mai non lassò né per dimonia né per creature.

O dolcissima vergine, come t'acordasti con quella discepola inamorata Magdalena! Ché se vedete, dilettissime figlie, Magdalena s'aumiliò e cognobbe sé medesima: con tanto amore si riposò ai piedi del nostro dolce salvatore! (Lc 7,38 Jn 11,2 Jn 12,3) E se noi diciamo che ella gli mostrasse amore, ben lo vediamo a quella croce santa, ché ella non temé giuderi, non temé di sé medesima, ma, come spasimata, ella corre ed abraccia la croce. Non è dubbio che, per vedere lo maestro suo, ella allaga di sangue. Or t'inebria amore, Magdalena! In segno che ella è inebriata del maestro suo, ella lo dimostra ne le creature sue, e questo fece depo' la santa resurrezione, quando ella predicò ne la città di Marsilia. Anco dico ch'ella ebbe la virtù de la perseveranza. Questo mostrasti, dolcissima Magdalena, quando, cercando lo tuo dolcissimo maestro, non trovandolo nel luogo due l'avevi riposto (Jn 20,11-15), o Magdalena amore, tu impazzisca, poiché tu non avevi cuore, ched egli era riposto col tuo dolcissimo maestro e salvatore nostro dolce! Ma tu ne pigliasti buono penso per trovare lo tuo dolce Gesù: tu persevari, e non poni termine al tuo grandissimo dolore. O quanto fai bene, poiché tu vedi che la perseveranza è quella che ti fa trovare lo tuo maestro! Or vedete, carissime mie sorella, come queste due dilettissime madri e sorella s'acordâro insieme: io prego e vi comando che voi entriate in questo santissimo mezzo, poiché, stando in questo mezzo santo, da qualunque parte voi trovarete virtù; legate sarete, sì che non potrete fuggire che non siate legate. E singularmente comando a voi, monna Agnesa, figlia mia, che voi vi leghiate a questa vergine santa Agnesa. Confortate e benedite, da parte di Cristo e da mia, monna Raniera e tutte l'altre mie figlie.

Benedicetemi e confortate Caterina di Ghetto mille volte da mia parte - da parte d'Alessa e mia -, e tutte l'altre. Sappiate che ci viene voglia di dire: «Faciamo qui tre tabernacoli!» (Mt 17,4 Mc 9,5 Lc 9,33), ché veramente ci pare lo paradiso con queste santissime vergini; e son sì inebriate di noi che non ci lassano partire e piangono sempre la partenzia.

Avemmo la vostra lettara. Benedite la figlia mia Caterina; ditele ch'ella preghi Dio che la riempia di virtù, affinché sia degna da essere di queste sante donne. Confortatevi tutte da parte di Gesù Cristo crocifisso, e da parte de la donna e sposa novella.

Io Cecca sono presso che monaca, ché comincio a cantare di forza l'offizio con queste serve di Gesù Cristo.



62. A Sano di Maco e agli altri figli.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figli in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi servi fedeli al nostro dolce salvatore, lo quale servire non è essere servo, ma è regnare.

E servo senza fede non può essere in verità, poiché, se egli è servo e non è fedele, è mercennaio - ché serve per proprio rispetto di sua utilità -, o è servo per timore servile. E perché questo servire non è perfetto col lume della fede, però non è forte né perseverante, ma per ogni vento va a vela. Se egli è vento di consolazione, egli si muove con leggerezza di cuore; e se egli è vento di tribulazione, si muove con impazienzia; e se egli è vento di battaglie e molestie del demonio, egli intepidisce, e ponsi a sedere nel tedio con tristizia di cuore, parendoli essere privato di Dio quando si vede privato della consolazione e sentimento della mente sua. Tutto questo gli adiviene perché egli ama più lo dono che lo donatore delle grazie, e perché serve più per rispetto di sé che per rispetto della somma ed eterna bontà di Dio. Unde, come è imperfetto l'amore, così è imperfetto lo lume della fede.

Ma colui che perfettamente ama, fedelmente serve, e con fede viva; e crede in verità che ciò che Dio dà e permette, lo dà per sua santificazione, poiché egli non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva (Ez 33,11 2P 3,9). E ha veduto - col lume della santissima fede - che, con quello medesimo amore che egli ci permette le grandi consolazioni, ci permette che lo demonio ci molesti nella mente nostra, e le creature ci perseguitino. Unde vediamo che Dio è sommamente buono, e di lui non può uscire altro che somma bontà; e vediamo che nessuna cosa è fatta senza Dio, se non solamente lo peccato. E però l'anima fedele abraccia ogni cosa con amore, e perché ogni cosa è buono e dato per nostra salute, non si può dolere né debba dolere del suo bene.

E se voi mi diceste, carissimi figli: «Nel tempo delle battaglie i ci pare essere ribelli, e offendere Dio, e però ci doliamo più che della pena», io vi rispondo che egli è altretanto la propria sensualità spirituale che si duole quanto altro. E questa passione, sotto timore d'offendere Dio, ha posto un poca di polvere nell'occhio dell'intelletto - dove sta la pupilla della santissima fede -, che non lassa conoscere né discernere la verità; poiché se dinanzi all'occhio dell'intelletto suo non fusse alcuna cosa, cognosciarebbe che Dio le dà a misura.



E debba bene vedere che nessuna battaglia né molestia dal demonio o da la fragile carne non è peccato, né per questo offende lo suo Creatore, se non quando la propria volontà consente alle cogitazioni del cuore.

Ma l'anima che è serva fedele, cioè col lume della santissima fede, fa i grandi guadagni nel tempo delle battaglie; e fa lo vero fondamento, partendosi da l'amore proprio mercennaio; e diventa lo cuore e l'affetto schietto e liberale. Nel tempo delle battaglie si fa la grande guerra con sé medesimo; e da la guerra e da l'odio santo che ha conceputo, è fatto paziente, come servo fedele. E sempre si diletta di stare in battaglia per Cristo crocifisso; e cresce in amore, riconoscendo la santa e buona volontà sua non da sé, ma da la somma ed eterna bontà di Dio, che per grazia e non per debito gli l'ha data.

Oh glorioso servire fedele, che privi l'anima della perversa servitudine del demonio, del mondo, e di sé medesimo! Egli è liberato del demonio, perché ha legata la volontà col legame della ragione che non consente alle molestie sue, né per sue pene lassa venire l'anima a disordenata confusione; ma fassi beffe di lui, dilettandosi di stare nel campo della battaglia. Unde lo demonio è legato e fragellato col bastone della carità, ed è legato col legame della vera umilità, sì che l'uomo è fatto signore, e non teme lo demonio; ma lo demonio teme lui, per Cristo crocifisso per cui ogni cosa può.

Dico che è fatto libero e signore del mondo, poiché non si lassa signoreggiare alle delizie e grandezze sue con disordenato affetto; anco n'è fatto signore, spregiandole e facendosi beffe di loro, poiché ha veduto e cognosciuto - col lume della santissima fede - che la ricchezza del mondo è somma povertà, e i suoi diletti e piaceri sono miserabili sopra ogni miseria e spiacevoli; e in tanto gli paiono spiacevoli, che gli spregia come serpente velenoso. E non è servo delli uomini fuore della volontà di Dio, poiché non si vuole conformare con la volontà loro se non in quanto ella fusse ordenata in cercare e amare la verità eterna. E perché l'ama e il serve? perché ha veduto col lume dolce che lo prossimo suo è quello mezzo che Dio gli ha posto perché manifesti l'amore suo sopra di lui; e questo servire lo fa bene libero poiché non serve lo prossimo con colpa di peccato. Dico che è fedele e libero, e non servo della propria sensualità, la quale ha conculcata coi piei dell'affetto, ribellandole e percotendola col coltello de l'odio e dell'amore, cioè amore della virtù e odio del vizio. Bene è Perciò fatto re e signore con questa dolce servitudine, poiché non ha cercato sé per sé, ma sé per Dio; e Dio per Dio perché è somma ed eterna bontà, degno d'essere amato e servito da noi; e il prossimo per Dio, e non per rispetto di propria utilità.

Quale lingua sarebbe sufficiente a narrare la pace dell'anima fedele? Non che stia in pace che ella sia privata dell'onde e delle tempeste del mare; ma sta in pace la volontà sua, perché ella è fatta una cosa con la dolce volontà di Dio, unde la tempesta l'è quiete, perché non cura di sé. Serva egli lo suo Creatore, vuole in guerra vuole in pace (e tanto tiene cara la guerra, quanto la pace, e la pace quanto la guerra, poiché col lume della fede vidde, e col vedere cognobbe, che da uno medesimo amore procedeva l'uno e l'altro): questi mai non si scandalizza nel prossimo suo, poiché non è fatto giudice de la volontà dell’uomo, ma solamente della volontà di Dio, e però è privato della mormorazione.

La quale cosa io non credo che anco sia in voi, né questa perfezione; ma spesse volte sotto colore di bene e di compassione mormorate e giudicate l'uno l'altro; la quale cosa non è senza offesa di Dio: spiacevole è a lui e a me fortissimamente. Non v'è data questa dottrina, ma che voi v'amiate insieme portando e sopportando i difetti l'uno dell'altro: neuno è senza difetto; solo Dio è senza difetto alcuno. Tutto questo v'adiviene perché non siete fatti ancora servi fedeli: poiché se fuste servi fedeli, né beffe né mormorazione né scandalo né disobbedienza in voi non sarebbe, né per gioco né per ira. Unde io considerando la vostra imperfezione, e che la imperfezione nostra viene perché lo lume della santissima fede non è perfetto in noi, però dissi che io desideravo di vedervi servi fedeli; lo quale servire vi farà regnare in questa vita per grazia, e signoreggiarete lo mondo la carne ed lo demonio; e fatti liberi, sarete legati nel legame della carità, umili e mansueti, e con vera e santa pazienza; e ne l'ultimo regnarete coi veri e dolci gustatori nella vita durabile, dove l'anima è remunerata d'ogni fatica. Ine è sazietà senza fastidio e fame senza pena, poiché di lunga è la pena da la fame e il fastidio dalla satietà.



Or su, figli dolcissimi, corrite questo palio; e fate che solo sia uno quelli che l'abbi, cioè che lo cuore vostro non sia diviso, ma sia una medesima cosa col prossimo vostro per affetto d'amore. E a ciò che meglio potiate corrire, saziatevi e inebriatevi del sangue di Cristo crocifisso, lo quale sangue invita l'uomo a corrire e fallo inanimato a combattere; e non refiuta labore voltando lo capo adietro per paura dei nemici suoi, perché egli non si confida in sé, ma nel sangue di Cristo crocifisso. Perciò non dormite, ma corrite al sangue, destandovi dal sonno della negligenzia. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

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