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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 15:28

105. Al predetto frate Bartolomeo quando era ad Asciano.

Al nome di Gesù e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo figlio mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi con ardentissimo desiderio, e profonda umilità e sollecitudine, a ricevare lo re nostro, che viene a noi umile, e mansueto siede sopra l'asina (Mt 21,5).

O inestimabile diletta carità, oggi confondi la superbia umana, a vedere che tu, re dei re (...), vieni umiliato sopra la bestia, cacciato con tanto vitoperio! Vergogninsi coloro che cercano gli onori e la gloria del mondo; levisi, figlio mio carissimo, lo fuoco del santo desiderio, e sia privato d'ogni freddezza; salga sopra l'asina de la nostra umanità, sì ch'ella non vadi mai se non secondo che la ragione la guida, non appetisca se non l'onore di Dio e la salute de la criatura. Così voglio che facciate con grande sollecitudine, sentendo lo caldo e il calore del re nostro. In questo modo signoreggiaremo la nostra sensualità e freddezza con cuore virile; sarete gustatore del vero e amoroso cibo, lo quale lo Figlio di Dio mangiò in su la mensa de la santa croce. Questo farete voi e Neri con sollecitudine, ciò che potete fare, dando l'onore a Dio e la fatica al prossimo, con fede che lo Spirito santo farà quello che a voi pare impossibile.

Del venire costà invisibilemente, io lo fo per continua orazione, a voi e a tutto il popolo; visibilemente, quanto sarà possibile a me di fare, e quanto Dio volrà. Dell'andare a Santa Agnesa, non vego lo modo d'andarvi ora per la festa sua, ché non ho apparecchiato quello che voleva, se già Dio non provedesse. Se vedete costà l'onore di Dio, non paia fatica di stare un poco più, anco adoperate quello che v'è necessario con allegrezza, e state con ardente cuore.

Dite a frate Simone, figlio mio in Cristo Gesù, che il figlio non teme mai d'andare a la madre, anco corre a lei, singularmente quando si vede percuotare; e la madre lo riceve in braccio e tienlo al petto suo e notricalo: poniamo che gattiva madre sia, non di meno sempre lo portarò al petto de la carità. Siate sollecito e non negligente, sì che l'anima mia riceva letizia nel conspetto di Dio. Non ho avuto tempo di scrivarli. Benedicetelo cento migliaia volte da parte di Cristo Gesù.

Rimanete ne la santa carità di Dio. Alessa e io Cecca vi ci mandiamo molto racomandando.







106. A Neri predetto in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedere spegnere in te ogni negligenzia e ingratitudine, poiché negligenzia non è senza ingratitudine: poiché se l'anima fusse grata e conoscente verso lo suo Creatore, sarebbe sollicita, e non si lassarebbe fuggire lo tempo fra le mani, ma con fame de la virtù furerebbe lo tempo.

Voglio dunque, carissimo figlio, che col desiderio de la virtù, e con gratitudine dei beneficii ricevuti, esserciti sempre lo tempo tuo, con umile e continua orazione. Altro non dico.

Bagnati nel sangue di Cristo Crocifisso, e permani ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





107. A Luisi di missere Luisi dei Gallerani in Asciano.

Al nome di Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi cavaliere virile: che andiate inanzi come cavaliere virile non vollendovi adietro a schifare i colpi, ma sempre andiate inanzi con vera e perfetta perseveranza, ché sapete che sola la perseveranza ell'è incoronata (Mt 10,22 Mt 24,13), ma non lo cominciare.



E se vi sentiste stanco nel perseverare in questo campo de la battaglia, tollete, carissimo fratello in Cristo Gesù, tollete lo gonfalone santo de la croce, lo quale è una colonna fortissima due si riposa l'Agnello dissanguato per noi. In tanto è forte che ci tolle ogni debolezza, e tanto fortifica lo cuore dell'uomo che né dimonia né creature lo può muovare, se esso medesimo non vuole. E non me ne maraviglio, poiché la fortezza dell'amore lo teneva legato e chiavellato in sul legno de la santa croce. Ine su vi prego che vi leghiate, e così non potrete tornare indietro: ine trovarete fondate tutte le virtù; ine su trovarete Dio-Uomo, per l'unione de la natura divina con l'umana; ine trovarete l'abbondanza de la divina carità, coi la quale egli ha tratto la sposa dell'umana generazione delle mani del demonio che la possedeva come adultera. O dolcissimo amore Gesù, che con la mano disarmata e confitta e chiavellata in croce, hai sconfitti i nostri nemici! I venne come nostra pace a pacificare l'uomo con Dio; e così disse santo Pavolo: «Io sono messo e legato di Cristo per voi: prego, fratelli carissimi, che vi riconciliate e facciate pace con lui (2Co 5,20), ch'egli è venuto come mediatore a mettare pace tra Dio e l'uomo» (Col 1,20). O dolce Gesù, bene è vero che tu sei nostra pace e tranquillità e riposo di conscienzia, e veruna amaritudine né tristizia può cadere in questa anima - né povertà - ne la quale abiti per grazia. Ma ragionevole cosa è ch'egli abbi perfetta letizia e piena ricchezza, poiché Dio è somma letizia: non cade tristizia né amaritudine; è somma ricchezza la quale non viene meno: non v'ha ladri che imbolino.

Perciò io vi prego carissimamente che siate sollecito, questo ponto del tempo che v'è rimaso, ché è gran consolazione lo vivare bene e virtuosamente. E però vi dissi che io desideravo che fuste vero cavaliere, che non volleste mai indietro lo santo proponimento cominciato, armato de le vere e reali virtù, appoggiato a la colonna de la santa croce, la quale vi difendarà d'ogni morsura e molestia di demonio o di creatura che volesse ritrarvi da le virtù. Non date orecchie né crediate ai consegli de le criature che vi volessero ritrare dal santo proponimento: ma con la confessione spesso, usando con quella compagnia che v'aiti ad avere Dio per grazia. Non dico più. Bagnate la memoria vostra nell'abondanzia del sangue suo.

Confortatevi da parte di frate Bartalomeo e di Neri; racomandate loro e me a misser Biringhieri.

Rimanete ne la santa pace di Dio.







108. A monna Giovanna di Capo e a Francesca, in Siena.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissime e carissime figlie mie, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi tutte arse e consumate nel fuoco della divina carità, sì e per sì-fatto modo che ogni amore proprio e freddezza di cuore e tenebre di mente avessea a cacciare fuore.

Quale è la condizione della divina carità? è che sempre aduopera, e mai non si stanca, sì come l'usuraro: sempre guadagna lo tempo per lui - se dorme guadagna, se mangia guadagna, e ciò che fa, guadagna e non perde mai tempo -. Questo non fa l'usuraro, ma il tesoro del tempo. Così fa la sposa inamorata di Cristo, arsa nella divina carità: sempre guadagna, e mai non sta oziosa. Egli dorme, e la carità lavora; mangiando, dormendo, veghiando, ciò che fa, d'ogni cosa trae lo frutto. O carità piena di letizia, tu sei quella madre che nutrichi i figli delle virtù al petto tuo. Tu sei ricca sopra ogni ricchezza, in tanto che l'anima, che si veste di te, non può essere povara. Tu le doni la bellezza tua, poiché la fai una cosa con con te; perché, come dice san Giovanni, Dio è carità, e chi sta in carità, sta in Dio e Dio in lui (1Jn 4,16).

O figlie carissime, gaudio e letizia dell'anima mia, riguardate la eccellenza e la degnità vostra, la quale riceveste da Dio per mezzo di questa madre della carità! Ché sì forte fu l'amore che Dio ebbe alla creatura, che il mosse a trare noi di sé, e donarci a noi medesimi la immagine e similitudine sua (Gn 1,26), solo perché noi godessimo e gustassimo lui, e participassimo l'eterna sua bellezza. Non ci fece animali senza intelletto e memoria; ma egli ci dei la memoria a ritenere i beneficii suoi; e lo 'ntendimento ad intendare la somma ed eterna sua volontà, la quale non cerca né vuole altro che la nostra santificazione (1Th 4,3); e la volontà ad amarla.

Subito che l'occhio del conoscimento intende la volontà del Verbo - che vuole che il seguiamo per la via della santissima croce (Mt 16,24 Mc 8,34 Lc 9,23 Mt 10,38 Lc 14,27), portando ogni pena, strazii, scherni e rimproverii per Cristo crocifisso, che è in noi che ci conforta (Ph 4,13) -, la volontà si leva subito, riscaldata dal fuoco di questa madre della carità, e corre ad amare quello che Dio ama, e odia quello che Dio odia, in tanto che non vuole cercare né desiderare né vestirsi altro che della eterna volontà di Dio. Poi ch'egli ha inteso e veduto ch'egli non vuole altro che il nostro bene, vede che gli piace e vuole essere seguitato per la via della croce; è contento e gode di ciò che Dio permette, o per infermità o per povertà o ingiuria o villania, oobbedienza incomportabile e indiscreta: d'ogni cosa gode ed esulta, e vede che Dio lo permette per sua utilità e perfezione. Non mi maraviglio se ella è privata della pena, poiché ella ha tolto da sé quella cosa che dà pena, cioè la propria volontà fondata nell'amore proprio, e vestito della volontà di Dio, fondata in carità.

E se voi mi diceste: «Madre mia, come ci vestiremo?», rispondovi: Con l'odio e con l'amore: ché l'amore fa vestire dell'amore; sì come colui che si veste che, per odio ch'egli ha al vestimento vecchio, se lo spoglia tosto, e con l'amore si mette lo nuovo in dosso. O lo vestimento, figlie mie, è quello che veste? no, anco è l'amore, poiché il vestimento per sé medesimo non si mutarebbe, se la creatura non l'avesse preso per amore. Unde potremo ricevare questo odio? Solo dal conoscimento di noi medesime, vedendo noi non essere: lo quale tolle ogni superbia e infonde vera umilità. Lo quale conoscimento fa trovare lo lume e la larghezza della bontà di Dio e la sua inestimabile carità, lo quale non è nascoso a noi; era bene nascoso alla grossità nostra, prima che il Verbo unigenito Figlio di Dio incarnasse, ma poi che volse essere nostro fratello (Rm 8,29) - vestendosi della grossità della nostra umanità - ci fu manifesto, essendo poi levato in alto affinché il fuoco dell'amore fusse manifesto a ogni creatura, e tratto fusse il cuore per forza d'amore (Jn 12,32). Dunque bene è vero che l'amore transforma, e fa una cosa l'amato con colui che ama.

Or sollicite siate, figlie mie, a distendare lo braccio dell'amore a prendare e riponare nella memoria quello che lo intendimento ha inteso. A questo modo sarà adempito lo desiderio di Dio e mio in voi, cioè ch'io vi vedrò arse e consumate e vestite del fuoco della divina carità. Fate fate che vi notrichiate di sangue, ché tosto ne vengono i tempi nostri.

Non vi maravigliate se non ne siamo venute, ma tosto ne verremo, se piacerà alla divina bontà. Per alcuna utilità della Chiesa e volontà del padre santo ho sostentato un poco lo mio venire. Priegovi e comandovi a voi, figlie e figli, che tutti preghiate, e offeriate orazioni sante e dolci desideri dinanzi a Dio per la santa Chiesa, poiché molto è perseguitata. Non dico più.

Rimanete etc. Gesù dolce etc.







109. Ad dominum abbatem Lesatensem nuntium apostolicum in Tuscia.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Venerabile padre spirituale in Cristo Gesù, io Caterina, indegna serva vostra e figlia, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, racomandomi e scrivo a voi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi vero sacerdote, e membro legato nel corpo de la Chiesa santa.

O venerabile e carissimo padre in Cristo Gesù, quanto sarà beata l'anima vostra e mia, quando io vedrò che noi siamo legati nel fuoco de la divina carità, la quale carità sapete che dà lo latte ai figli suoi e notricali. Parmi che questo latte non si trae per altro modo che traga lo fanciullo lo latte del petto de la madre sua: per mezzo de la poppa trae lo latte, e così si nutre. Così sapete che l'anima nostra non può avere vita per altro modo che per mezzo di Cristo crocifisso: così disse la prima Verità: «Veruno può andare al Padre se non per me» (Jn 14,6). In uno altro luogo dice: «Io sono via, verità e vita (Jn 14,6), e chi va per me non va per le tenebre, anco va per la luce» (Jn 8,12).

O inestimabile dolcissima carità, quale è la via tua che tu scegliesti con tanto amore? Non vego che fusse onore né delizie né gloria umana, né amore propio di te medesimo, poiché la carità non cerca le cose sue (1Co 13,5), ma solo l'onore di Dio e la salute de la creatura. La vita sua non fu altro che scherni e ingiurie e rimproveri e villanie: all'ultimo l'obrobriosa morte de la croce. Per questa via l'hanno seguitato i santi, sì come membri legati e uniti con questo dolce capo Cristo Gesù, lo quale è tanto dolce che nutre e dà vita a tutte le membra che in esso capo sono legate.

E se noi diciamo: In che modo seguito questo dolce capo e legomi in lui? Sapete che con altro modo non si lega l'uomo che con legame, né non diventa una cosa col fuoco se non vi si gitta dentro, che ponto non ne rimanga di fuore. Or questo è quello vincolo dell'amore, col quale l'anima si lega con Cristo. O quanto è dolce legame, lo quale legò lo Figlio di Dio in su lo legno de la santissima croce! Legato, si trova nel fuoco: li fa lo fuoco de la divina carità nell'anima come lo fuoco materiale, che scalda e allumina e converte in sé. O fuoco dolce trattivo, che scaldi e cacci via ogni freddezza di vizio e di peccato e d'amore proprio di sé medesimo! Questo caldo riscalda e accende questo legno arido de la nostra volontà; ella s'accende e distende ai dolci e amorosi desiderii, amando quello che Dio ama e odiando quello che Dio odia. E come l'anima vede sé essare tanto smisuratamente amata, e dato sé medesimo Agnello dissanguato in su lo legno de la croce, dico che il fuoco l'allumina e non cade tenebre in liei: così l'anima alluminata a questo venerabile fuoco e tutto il distende, lo 'ntendimento, e dilarga.

E poi ch'ha sentito e ricevuto lo lume, sì discerne e vede quello che è ne la volontà di Dio, e non vuole seguire altro che le vestigie di Cristo crocifisso, poiché vede bene che per altra via i non può andare, e non si vuole dilettare in altro che negli obbrobrii suoi. Allora, per mezzo de la carne di Cristo crocifisso, trae a sé lo latte de la divina dolcezza, lume dolce, due non cade tenebre né pena per veruna amaritudine né tristizia che venga, poiché il lume ricevuto dal fuoco vede che ogni cosa procede da Dio - eccetto che il peccato ed lo vizio -: vede che Dio non vuole altro che la santificazione nostra (1Th 4,3). E per darci questa santificazione de la grazia, unì esso Dio e umiliossi all'uomo: la sua umilità stirpa la nostra superbia, egli è regola che tutti ci conviene seguire.

Questo raguarda lo intendimento illuminato e vede, fermando l'occhio nell'occhio de la divina carità e bontà di Dio. Due la trova? dentro nel conoscimento di sé medesimo, ché vedesi non essare: l'essare suo ha da Dio e per grazia e per amore, e non per debito. Subito che il vostro intendimento entendarà a tanta bontà, nasciarà in lui una fonte viva di grazia, una vena d'oglio di profonda umilità, la quale non lassarà cadere né enfiare per superbia, né per veruno stato né gloria ched egli abbia, ma come buono pastore seguitarà le vestigie del maestro suo, sì come faceva quello santo e dolce Gregorio e gli altri che il seguiro, che, essendo i maggiori, erano i minori; non volevano essare serviti, anzi servire spiritualmente e temporalmente, più coi la buona vita che coi le parole.

Poi che lo intendimento ha ricevuto lo lume dal fuoco, nel modo che detto è, convertelo in sé medesimo e diventa una cosa con lui: così la memoria diventa una cosa con Cristo crocifisso, che altro non può ritenere né dilettare né pensare, se non che del diletto suo che egli ama; ché l'amore ineffabile lo quale i vede che egli ha a lui e a tutta l'umana generazione, subito la memoria ritiene in sé, e diventa amatore di Dio e del prossimo suo, e 'n tanto che cento migliaia di volte ponrebbe la vita per lui. E non raguarda a utilità che traga da lui; solo perché vede che sommamente Dio ama la creatura, dilettasi d'amare quello ched egli ama. Perciò ben possiamo dire ched egli è drittamente fuoco, che scalda e allumina e converte in sé.

Acordansi in questo fuoco le tre facoltà dell'anima: la memoria, a ritenere i beneficii di Dio; lo intendimento, a intendare la bontà e la volontà sua, sì come detto è; la volontà si distende ad amare per sì-fatto modo che non può altro amare, né desiderare veruna cosa fuore di lui. Tutte le sue opere sono dirizzate in lui, e non può vederle, ma sempre pensa di fare quella cosa che più piaccia al suo Creatore, perché vede che veruno sacrifizio gli è tanto piacevole quanto essare gustatore e mangiatore delle anime.

Singularmente a voi, dolce padre, richiede egli, e ai vostri pari, questo zelo e sollecitudine. Questa è la via di Cristo crocifisso, che sempre ci darà lo lume de la grazia; tenendo altra via, andaremmo di tenebre in tenebre: nell'ultimo a la morte eterna.

Ricevetti, dolce padre mio, la lettara vostra con grande consolazione e letizia, pensando che vi ricordiate di sì vile e misera creatura. Intesi ciò che diceva; rispondovi a la prima de le tre cose le quali m'adimandate: dico che il nostro dolce Cristo in terra - credo e pare nel conspetto di Dio - che due cose singulari, per le quali la sposa di Cristo si guasta, levasse via.

L'una si è la troppa tenerezza e sollecitudine dei parenti: lo quale singularmente si convenrebbe che in tutto e per tutto i vi fusse tutto mortificato; l'altra si è la troppa dolcezza fondata in troppa misericordia.

Oimé oimé, questa è la cagione ch'i membri diventano putridi: per lo non correggere. E singularmente l'ha per male Cristo tre perversi vizii: della immundizia, della avarizia e de la infiata superbia, la quale regna, ne la Sposa di Cristo, nei prelati che non attendono ad altro che a delizie, a stati e a grandissime ricchezze; vegono i dimoni infernali portarne l'anime dei sudditi loro, e non se ne curano (Jn 10,12-13), perché sono fatti lupi, rivenditori de la divina grazia. Volrebbesi una forte giustizia a correggiarli, poiché la troppa pietà è grandissima crudeltà, ma con giustizia e misericordia correggere.

Bene vi dico, padre, ch'io spero per la bontà di Dio che questo suo difetto de la tenerezza dei parenti, per le molte orazioni e stimoli ch'egli averà da' servi di Dio, si cominciarà a levare. Non dico che la Sposa di Cristo non sia perseguitata, ma credo che rimanrà en fiore come die rimanere. Egli è bisogno che, a raconciare, al tutto si guasti fino a le fondamenta. E questo è il guastare ch'io voglio che voi intendiate, e non in altro modo.

All'altra che dite, che dei peccati vostri io chieda l'abbondanza de la sua misericordia, sapete che Dio non vuole la morte del peccatore, ma vuole che si converta e viva (2P 3,9 Ez 33,11). Io, endegna vostra figlia, m'ho recato e recarò lo debito dei peccati vostri sopra di me - ensiememente i vostri i miei - ad ardare nel fuoco de la dolce carità, due si consumano; sì che sperate e tenete di fermo che la divina grazia ve gli ha perdonati. Or pigliate uno ordine di bene vivare con virtù, tenendo piantato nel cuore vostro lo crociato amore che egli ha a voi, scegliendo inanzi la morte che offendare lo suo Creatore, o tenere occhio che sia offeso da' sudditi vostri.

L'altra, cioè quand'io vi dissi che v'afaticaste ne la Chiesa santa, non intesi né non dico solamente de le fatiche che pigliaste sopra le cose temporali - poniamo che sia bene -, ma principalmente vi dovete fare insiememente col padre santo: farne ciò che voi potete, trare i lupi i dimoni incarnati dei pastori: a veruna cosa attendono se non in mangiare e belli palagi e belli giovini e grossi cavalli. Oimé, ché quello che Cristo acquistò in su lo legno de la croce, sì si spenderà con le meretrici.

Pregovi che, se ne doveste morire, che voi diciate al padre santo che ponga rimedio a tante iniquità, e, quando venrà lo tempo di fare i pastori i cardenali, che non si faccino per lusinghe né per denari né simonia; ma pregatelo, quanto potete, ch'egli attendi e miri se trova la virtù, e buona e santa fama nell'uomo. Non miri più a gentile che a mercennaio, ché la virtù è quella cosa che fa l'uomo gentile e piacevole a Dio. Questa è quella fatica, dolce padre, ch'io vi prego e pregai che voi sosteneste, e poniamo che l'altre fatiche sieno buone, ma questa è quella fatica che è ottima. Altro per ora non dico. Perdonate a la mia presunzione. Racomandomivi cento migliaia di volte in Cristo Gesù.

Sienvi a mente i fatti di misser Antonio. Se vedete costà l'arcivescovo, sì me li racomandate quanto più potete.

Rimanete ne la santa carità di Cristo Gesù. Gesù Gesù.

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