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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 15:34

120. A monna Rabe di Francesco di Tato Tolomei.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vivere morta a la propria sensualità; poiché in altro modo non potereste participare la vita de la grazia.

Dunque voglio che con grandissimo affetto e desiderio v'ingegniate di levare da la fragilità del mondo, ché non è cosa convenevole che noi, che siamo fatti per gustare l'abitazione del cielo e notricarsi del cibo de le virtù, che noi gustiamo la terra e notrichianci del proprio amore sensitivo, unde procedono tutti i vizii.

Ma dovianci levare e salire a l'altezza de le virtù, aprendo l'occhio dell’intelletto, e raguardare in sul legno de la croce, dove noi troviamo l'Agnello immacolato, albero di vita, che del corpo suo ha fatto scala.

Lo primo scalone che ci ha insegnato a salire sì sonno i piei, cioè l'affetto: ché come i piei portano lo corpo, così l'affetto porta l'anima. Essendo saliti lo primo, cioè coi piei confitti e chiavellati in croce, trovarete l'affetto spogliato del disordinato amore; giungendo al secondo, cioè al costato aperto di Cristo crocifisso, e vederete lo secreto del cuore: con quanto amore inefabile v'ha fatto bagno del sangue suo. Nel primo si leva e si spoglia l'affetto, nel secondo gusta l'amore che trova nel cuore aperto di Cristo.

Vedendo lo terzo scalone, e giungendo cioè a la bocca del Figlio di Dio, notricasi ne la pace. Ché, poi che l'anima è vestita d'amore di Cristo crocifisso, e spogliata del perverso amore sensitivo che gli dà guerra, ha trovata la pazienza e ogni amaritudine gli pare dolce; anco si diletta ne le persecuzioni e tribolazioni del mondo, da qualunque lato Dio le concede, perché ha trovata la pace de la bocca. La persona che dà la pace si unisce con colui a cui ella dà: così l'anima, vestita de le virtù, con affetto d'amore gusta Dio, e unisce la bocca del santo desiderio nel desiderio di Dio, e in esso desiderio di Dio si unisce con pace e quiete. Sì che vedete che Cristo crocifisso ha fatta scala del corpo suo, affinché noi saliamo a l'altezza del cielo de la vita durabile, dove ha vita senza morte e luce senza tenebre, sazietà senza fastidio e fame senza pena: ché, come dice santo Augustino, di lunga è il fastidio da la sazietà, e di lunga è la pena da la fame, perché i cittadini che sonno a vita eterna, di quello che hanno fame e desiderio sonno saziati nella eterna visione di Dio.

Bene è ignorante e miserabile quella anima che per suo difetto perde tanto bene, e fassi degna di molto male. Levatevi su, dunque, figlia carissima, e non aspettate quello tempo che voi non avete; ma con grande affetto d'amore vi levate da la perversità de l'amore sensitivo vostro - il quale vi tolle il lume de la ragione, e favvi amare lo mondo i figli senza modo -, ché in altro modo non potereste giognere al fine per mezzo del quale sete creata. E però dissi ch'io desideravo di vedervi vivere morta a la propria volontà e al proprio amore, perché mi pare che ci sete pure assai viva.

E a questo me n'aviddi, a la lettera che voi scriveste, che il cieco amore vi faceva uscire fuore del modo ordenato secondo Dio. Mandaste dicendo che Francesca stava molto male: per la quale cosa volevate che frate Mateio ne venisse, rimossa ogni cagione, e se non ne venisse, che rimanesse con la vostra maladizione; e non potendo fare altro, tollesse uno contadino a sua compagnia. Dicovi che la mattezza e stoltizia vostra voi non la potete negare: lassiamo stare che non fusse secondo Dio, ma, secondo quello poco del senno che ci porge la natura, se l'aveste avuto non l'avareste fatto. Se avevate o avete desiderio, o è per bisogno per contentare la vostra figlia, che frate Mateio ne venga, aveste mandati una coppia di frati, che l'uno ne fusse venuto con lui e l'altro rimaso; ché voi sapete bene che né l'uno né l'altro può venire né rimanere solo, ma voi favellate come persona passionata che avete piene l'orecchie di mormorazioni.

Tutto questo v'adiviene perché non avete levata la faccia da la terra, né salito lo primo scalone dei piei; che se l'aveste salito, desiderareste solo che il vostro figlio cercasse l'onore di Dio e la salute de l'anime.

Con questo desiderio voi e l'altre e gli altri vi turareste l'orecchie e vi mozzareste la lingua, per non udire le parole che vi sonno dette, o per non dirle. Or non più così: bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, e levatevi da la conversazione dei morti, e conversate coi vivi con le vere e reali virtù. Altro non vi dico.

Confortate Francesca etc.

Rimanete etc. Gesù etc.





121. AI signori Defensori da Siena, essendo ella a Santo Antimo.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi signori in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi veri signori e con cuore virile, cioè che signoreggiate la propria sensualità con vera e reale virtù, seguitando lo vostro Creatore; altrimenti non potreste tenere giustamente la signoria temporale, la quale Dio v'ha concessa per sua grazia.

Conviensi dunque che l'uomo che ha a signoreggiare altrui e governare, signoreggi e governi in prima sé.

Come potrebbe lo cieco vedere e guidare altrui? (Lc 6,39) Come potrà lo morto sotterrare lo morto, lo infermo governare lo infermo, e il povero sovvenire al povero? Non potrebbe. Veramente, signori carissimi, che chi è cieco e ha offuscato l'occhio dell'intelletto suo per lo peccato mortale non conosce né sé né Dio: male potrà dunque vedere o correggere lo defetto del suddito suo; e se pure lo corregge, lo corregge con quelle tenebre e con quella imperfezione che egli ha in sé. E spesse volte, per lo poco cognoscimento, ho veduto e vedo punire i defetti colà dove non sono, e non punire quelli che sono iniqui e gattivi e che meritarebbero mille morti.

Lo poco lume non lassa discernere la verità, e pone la calunnia colà dove ella non è, e genera lo sospetto in coloro dei quali egli si può sicurare e fidare - cioè dei servi di Dio, i quali gli parturiscono con lacrime e con sudori e con la continua e santa orazione, mettendosi ad ogni pericolo e pena e tormento per onore di Dio e salute loro e di tutto quanto lo mondo -, e fidandosi di coloro che sono radicati nell'amore proprio di loro medesimi, i quali per ogni vento si vollono. E tutto questo procede dal poco lume e tenebroso peccato: èvi bisogno dunque d'avere lo lume.

Dico che lo morto non può sotterrare lo morto, cioè che colui che è morto a grazia non ha né ardire né vigore di sotterrare lo morto del defetto del prossimo suo, perché si sente in quella medesima morte che è egli, e però nol vuole né sa correggere; vedesi in quella medesima infermità e non se ne cura, e non si cura del suddito suo perché egli lo vegga infermo. E anco è tanta la gravezza de la infermità del peccato mortale che non vi pone remedio, se prima non cura sé medesimo. E issofatto che egli sta in peccato mortale è venuto in povertà - perduta la ricchezza de le vere e reali virtù non seguitando le vestigie di Cristo Crocifisso -: e però non può sovvenire al povero, privato, come dissi, de la ricchezza de la divina grazia. Per le tenebre dunque ha perduto lo lume, unde non vede lo defetto colà dove egli è: e però fanno le ingiustizie, e non le giustizie. Per la infermità perde lo vigore del santo e vero desiderio in desiderare l'onore di Dio e la salute del suo prossimo; e cresce sempre questa infermità se egli non ricorre al medico, Cristo Crocifisso, vomicando lo fracidume per la bocca, usando la santa confessione. Se egli lo fa riceve la vita e la sanità; ma se egli nol fa subito riceve la morte, e allora lo morto non può sepellire lo morto, come detto è. E che maggiore povertà si può avere, che esser privato del lume de la sanità e de la vita? Non so che peggio si possa avere: questi cotali dunque non sono buoni né atti a governare altrui, poiché non governano loro. Convienvi dunque avere le predette cose; e però dissi che io desideravo di vedervi veri signori.

Ma considerando me che l'essere vero signore non si può avere, se non signoreggiasse sé medesimo - cioè signoreggiando la propria sensualità con la ragione -, però vi dico in quanti inconvenienti vengono coloro che si lassano signoreggiare a la miseria loro e non si signoreggiano, e affinché vi guardiate di non cadere voi in questo.

Vogliate vogliate aprire l'occhio dell'intelletto, e non essere tanto acecati col disordinato timore. Vogliate credere e fidarvi dei veri servi di Dio, e non degl'iniqui servi del demonio che per coprire le iniquitadi loro vi fanno vedere quello che non è. Non vogliate ponere i servi di Dio contro di voi, ché tutte l'altre cose pare che Dio sostenga più che la ingiuria gli scandali e le infamie che sono poste ai suoi servi. Facendo a loro, fate a Cristo: troppo sarebbe dunque grande ruina a farlo. Non vogliate, carissimi fratelli e signori, sostenere che né voi né altri lo faccia, ma tagliate la lingua del mormoratore - cioè riprendere e non dare fede a colui che mormora -: così facendo usarete l'atto de la virtù, e levarannosi via molti scandali.

Ma i pare che i peccati nostri non meritino ancora tanto, e tutto lo contrario pare che si faccia: cioè che i gattivi sono uditi, e i buoni sono spregiati. Unde io ho inteso che per l'arciprete di Montalcino o per altri v'è messo sospetti, e questo fa per ricoprire la sua iniquità verso missere l'abbate di santo Antimo, lo quale è così grande e perfetto vero servo di Dio, quanto già grandissimo tempo fusse in queste parti: che se aveste punto di lume, non tanto che di lui aveste sospetto, ma voi l'avereste in debita reverenzia. Pregovi per l'amore di Cristo Crocifisso che vi piaccia di non impacciarlo, ma sovenirlo e aitarlo in quello che bisogna. Tutto dì vi lagnate che i preti e gli altri cherici non sono corretti; e ora, trovando coloro che gli vogliono correggere, gl'impedite, e lagnatevi.

Del mio venire io qua con la mia famiglia anco v'è fatto richiamo e messo sospetto, secondo che m'è detto; non so però se egli è vero. Ma se voi costaste tanto a voi, quanto voi costate a me e a loro, in voi e in tutti gli altri cittadini non caderebbero le cogitazioni e le passioni tanto di leggiero; e turrestevi l'orecchie per non udire. Cercato ho io e gli altri, e cerco continuamente, la salute vostra dell'anima e del corpo, non mirando a veruna fatica, offerendo a Dio dolci e amorosi desiderii con abondanzia di lacrime e di sospiri, per riparare che i divini giudicii non vengano sopra di noi i quali meritiamo per le nostre iniquitadi. Io non sono di tanta virtù che io sappia fare altro che imperfezione; ma gli altri che sono perfetti e che attendono solo all'onore di Dio e a la salute delle anime, sono coloro che il fanno.

Ma non si lassarà però, per la ingratitudine e per l'ignoranzie dei miei cittadini, che non s'adoperi fino a la morte per la salute vostra. Impararemo da quello dolce inamorato di Paulo, che dice: «Lo mondo ci bastemmia, e noi benediciamo; egli ci perseguita e ci caccia, e noi pazientemente portiamo» (1Co 4,12); e così faremo noi, e seguitaremo la regola sua. La verità sarà quella che ci libererà (Jn 8,32). Io v'amo più che voi non v'amate voi, e amo lo stato pacifico e la conservazione vostra come voi, sì che non crediate che né per me né per veruno degli altri della mia famiglia si faccia lo contrario. Noi siamo posti a seminare la parola di Dio e ricogliere lo frutto delle anime. Ognuno die essere sollicito dell'arte sua: l'arte che Dio ci ha posta è questa, conviencela dunque essercitare e non sotterrare lo talento, poiché saremmo degni di grande reprensione (Mt 25,24-30); ma in ogni tempo e in ogni luogo adoperare, e in ogni creatura. Dio non è accettatore dei luoghi né de le creature (Rm 2,11), ma dei santi e veri desiderii, sì che con questo ci conviene adoperare.

Vedo che il demonio si duole de la perdita che in questa venuta egli ha fatta e farà per la grazia e bontà di Dio. Per altro non venni se non per mangiare e gustare anime, e tollerle de le mani de le demonia: la vita voglio lasciare per questo, se n'avessi mille; e per questa cagione andarò e starò secondo che lo Spirito santo farà fare. Diravi Petro a bocca la principale cagione per la quale io venni e sto qua. Altro non dico.

Bagnatevi nel sangue di Cristo Crocifisso, se volete la vita; in altro modo caderemmo ne la morte eternale.



Non vi incresca a leggere e a udire, ma portate pazientemente poiché il dolore e l'amore che io ho mi fa abondare in parole: amore, dico, de la vostra salute, e dolore de la nostra ignoranza. Voglia Dio che per divino giudicio non ci sia tolto lo lume di non conoscere la verità. Non dico più.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







122. A Salvi di sere Pietro orafo in Siena.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero servo fedele a Cristo Crocifisso, e che giamai non volliate la faccia adietro né per prosperità né per aversità, ma virilmente e con viva fede, ché in altro modo sapete che la fede senza l'opera è morta (Jc 2,26).

Questa è l'opera de la fede: che noi concepiamo in noi le virtù per affetto d'amore, e parturiscansi i frutti con vera pazienza, col mezzo del prossimo nostro, portando e sopportando i defetti l'uno dell'altro.

Non bastarebbe, a noi e a la nostra salute, avere ricevuta la forma de la fede con la divina grazia quando riceviamo lo santo baptesmo: basta bene al fanciullo parvolo ché, morendo ne la puerizia sua, riceve vita eterna solo col mezzo del sangue dell'Agnello; ma poi che siamo venuti ad età perfetta, avendo solamente lo santo baptesmo non ci bastarebbe se noi non essercitassimo lo lume de la fede con amore.

A noi adiviene come all'occhio del corpo, ché, perché l'uomo abbia l'occhio - e sia puro e sano per potere vedere -, e egli non l'apre col libero arbitrio che egli ha a poterlo aprire, e con amore de la luce, può dire che, avendo l'occhio, non abbia l'occhio. L'occhio ha per la bontà del Creatore; e non ha la virtù dell'occhio per defetto de la propria volontà che non l'apre: può dunque dire che sia morto, e non fa frutto. Così, carissimo figlio, Dio, per la sua infinita bontà, ci ha dato l'occhio dell'intelletto - lo quale occhio empie dandoci lo lume de la fede nel santo baptesmo -, e con esso lo libero arbìtro, tollendo lo legame del peccato originale. Ora richiede Dio, poi che siamo venuti a età compita d'avere cognoscimento, che questo occhio che egli ci ha dato s'apra col libero arbìtro e con amore de la luce.

Poi che l'anima vede in sé occhio dper potere vedere, debbalo aprire al suo Creatore: e che lume si debba ponare, a vedere in Dio? Solo l'amore, poiché veruna cosa si può adoperare senza amore, né spirituale né temporale: ché se io voglio amare cose sensitive, subito l'occhio si pone ine per dilettarvisi dentro. E se l'uomo vuole servire e amare Dio, l'occhio dell'intelletto s'apre, ponendoselo per obiettivo; e con l'amore trae l'amore: cioè, vedendo che Dio sommamente l'ama, non può fare che egli non renda l'amore, e che egli non l'ami. Perde allora l'amore sensitivo e concepe un amore vero, vedendosi creato a la imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), e recreato a grazia nel sangue dell'unigenito suo Figlio. Questo occhio ha trovato lo lume, e avendo trovato lo lume è fatto amatore d'esso lume: e però non resta mai di cercare di fuggire e odiare quella cosa che gli tolle lo lume, e amare e desiderare quello che glili dà. Allora si leva con la fede viva, e concepe i figli de le virtù, con desiderio di vestirsi de la somma e eterna volontà di Dio; perché l'occhio e il lume de la fede ha mostrato all'affetto suo la volontà di Dio, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione.

Chi ce la manifesta bene chiara? Lo Verbo del Figlio suo, che è venuto nel carro de la nostra umanità pieno di fuoco d'amore, manifestandoci col sangue suo la volontà del Padre per adempirla in noi: ché quella volontà dolce, con la quale egli ci creò, ci creò per darci vita eterna; avendola perduta per lo peccato nostro, non si adempiva, e però ci manda lo Figlio per farcela chiara e manifesta, dandolo a la obbrobriosa morte de la croce. E ciò che egli dà e permette a noi, dà solo per questo fine, cioè perché partecipiamo la somma e eterna bellezza sua. L'anima prudente, che ha aperto l'occhio suo nel lume, come detto è, col lume de la fede, subito piglia uno santo giudicio, giudicando la santa volontà di Dio, che non vuole altro che il nostro bene, e non la volontà degli uomini.

Sai che n'esce di questo lume? Una acqua pacifica, chiara e senza veruna macula, e non conturbata da l'aversità per impazienzia; né per molestie di demonio, né per ingiurie, né per persecuzioni, né per mormorazioni d'uomini già mai si muove, ma sta ferma, poiché già ha veduto che Dio lo permette per suo bene, e per dargli lo fine suo per mezzo del quale fu creato. Questa è la via, e nessuna altra ce n'è: con molte spine e triboli ci conviene passare, seguitando Cristo crocifisso, poiché egli è la via, e così disse egli, che egli era via verità e vita (Jn 14,6). Bene segue la verità colui che tiene per questa via, poiché s'adempie in lui la volontà del Padre eterno, conducendoci al fine per mezzo del quale fummo creati. Se altra via ci fusse stata, averebbe detto che neuno andasse al Padre se non per lo Padre, ma egli non disse così, poiché nel Padre non cadde pena, ma sì nel Figlio; e a noi conviene passare per la via de la pena: Perciò ci conviene seguire Cristo crocifisso.

Dico ancora che nol turba la prosperità del mondo per disordinato affetto e desiderio, anco la mette sotto sé, spregiandola con pentimento, vedendo col lume de la fede che queste cose sono transitorie, che passano come lo vento, e che tòllono la via e il lume de la grazia a colui che l'appetisce e possiede con disordinato affetto. Costui parturisce i figli vivi con fede viva ne l'onore di Dio e salute del prossimo, poiché nel prossimo si pruova l'amore che noi aviamo a Dio: ché del nostro amore utilità a lui non possiamo fare, ma vuole che la facciamo nel mezzo - che egli ci ha posto - del prossimo nostro, portando e soportando i defetti loro, e portandoli dinanzi a Dio per compassione, e con pazienza portando le ingiurie che essi ci fanno; e debita reverenzia usare ai servi suoi. Ogni altro modo che noi avessimo in noi, diciamo che ella è fede morta e senza opera (Jc 2,26).

Non dico poiché la sensualità non senta molte contradizioni, ma quello contradire non gli priva della perfezione, anco glil'aiuta a dare, poiché conosce più lo defetto suo e conosce la bontà di Dio, che gli conserva la volontà che non consente né va dietro ai sentimenti sensitivi per diletto, ma con odio e pentimento di sé gli corregge. Così di quello sentimento ne trae la virtù de l'umiltà per cognoscimento di sé, e la virtù de la carità per cognoscimento de la bontà di Dio in sé. Io, considerando che ella è di tanta eccellenza e di sì grande necessità che senza essa non possiamo avere vita di grazia, desidero di vedervi fondato nel lume de la viva fede; e però dissi che io desideravo di vedervi servo fedele e non infedele a Cristo Crocifisso. E però vi prego che vi leviate con vera e perfetta sollicitudine, destandovi dal sonno de la negligenzia e aprendo l'occhio dell'intelletto nell'amore che Dio v'ha, affinché adempiate la volontà sua e il desiderio mio in voi. Non dico più qui.

Rispondovi, carissimo figlio, a la lettera che mi mandaste - la quale io viddi con singulare allegrezza -, dove io viddi che si conteneva una particella di quello che Dio manifestò a una serva sua: che quelli che si chiamano figli erano scandalizzati per illusione de le demonia che stavano dintorno a loro per trarne lo seme che lo Spirito santo aveva seminato in loro; e eglino, come imprudenti e non fondati sopra la viva pietra, non facevano resistenza, ma come sentivano lo scandalo in loro così lo seminavano in altrui, colorato con colore di virtù e d'amore.

Ora vi dichiaro se volontà è di Dio che io stia: e dico che avendo io grandissimo desiderio di tornare per timore di non offendere Dio nel mio stare, per tante mormorazioni e suspetti quanti di me è preso e del padre mio frate Raimondo, fu dichiarato da quella Verità che non può mentire a quella medesima serva sua, dicendo: «Persevera di mangiare a la mensa a la quale io v'ho posti: io v'ho posti a la mensa de la croce a prendere con vostra pena e molte mormorazioni, e a gustare e a cercare l'onore di me e la salute delle anime. L'anime che in questo luogo io ti ho messe ne le mani - perché elle escano de le mani de le demonia e pacifichinsi con con me e col prossimo loro - non le lasciare fino che è compito quello che è cominciato, ché, per impedire tanto bene, lo demonio semina tanto male. Poi vi tornate, e non temete: che io sarò colui che sarò per voi». L'anima mia per lo detto di questa serva di Dio rimase pacificata.



Ingegnomi d'adoperare quello bene - per onore di Dio e salute delle anime e bene de la nostra città - che io posso, poniamo che negligentemente io lo faccia. Godo che io seguiti le vestigie del mio Creatore, e che per bene fare io riceva male: per far-lo' onore facciano a me vergogna, per dar-lo' vita vogliano dare a me la morte; ma la loro morte è a noi vita, e la loro vergogna è a noi onore, poiché la vergogna è di colui che commette la colpa; dove non è colpa non è vergogna né timore di pena. Io mi confido "in Domino nostro Jesu Christo", e non negli uomini. Io farò così: essi daranno a me infamie e persecuzioni, e io darò a loro lacrime e continua orazione, quanto Dio mi darà la grazia. E voglia lo demonio o no, io m'ingegnarò d'essercitare la vita mia nell'onore di Dio e salute delle anime per tutto quanto lo mondo, e singularmente per la mia città.

Grande vergogna si fanno i cittadini da Siena, di credere o imaginare che noi stiamo per fare i trattati ne le terre dei Salimbeni, o in veruno luogo del mondo: temono dei servi di Dio, ma non temono degl'iniqui uomini. Ma essi profetano, e non se n'avegono: hanno la profezia di Cayphas, che profetò che uno morisse per lo popolo, affinché non perisse (Jn 11,50). Egli non sapeva quello che si diceva, ma lo Spirito santo lo sapeva bene, che profetava per la bocca sua. Così i miei cittadini credono che per me o per la compagnia che io ho con con me, si facciano trattati: eglino dicono la verità, ma non la cognoscono, e profetano, ché altro non voglio io fare né voglio che faccia chi è con con me, se non che si tratti di sconfiggiare lo demonio e togliergli la signoria che egli ha presa dell’uomo per lo peccato mortale; e trargli l'odio del cuore, e pacificarlo con Cristo crocifisso e col prossimo suo. Questi sono i trattati che noi andiamo facendo, e che io voglio che si faccia per chiunque sarà con con me.

Dogliomi de la negligenzia nostra, che nol facciamo se non tiepidamente; e però ti prego, figlio mio dolce, e a tutti quanti gli altri lo di', che ne preghino che io sia bene sollicita a fare questo e ogni santa opera per onore di Dio e salute delle anime. Non dico più, ché molto averei che dire. Non è cognosciuto lo discepolo di Cristo per dire: Signore, Signore! (Mt 7,21) ma in seguire le vestigie sue.

Conforta Francesco in Gesù Cristo. Frate Raimondo, poverello calunniato, ti si racomanda che preghi Dio per lui che sia buono e paziente.

Permane ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.

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