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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 15:45

131. A Nicolò Soderini in Firenze.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso.

Reverendissimo e dilettissimo fratello in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, vi conforto e benedico nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi vero figlio e servo di Gesù Cristo crocifisso, voi e tutta la famiglia vostra, sì come servo ricomprato del sangue del Figlio di Dio, raguardando sempre sì come lo servo sta dinanzi al suo signore: sempre teme di non offendare e di non dispiacere a lui.

Così voglio che sempre vediate che il signore, a cui siamo obligati di servire, che l'occhio suo è sempre sopra di noi: doviamo sempre temere di non offendare a sì dolce e caro signore. Questo è quello santo temore ch'entra come servo nell'anima, tra'ne ogni vizio e peccato e opere che fussero contro a la volontà del signore suo. Anco desidero che siate figlio del Padre vostro celestiale, lo quale v'ha creato ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26), e ha fatto a voi e a ogni creatura come lo padre, che mette alcuno tesoro in mano del figlio, che per farlo grande e arichirlo lo manda fuore de la città sua.

Così fa questo dolce padre, ché, avendo creata l'anima, egli le dona lo tesoro del tempo ed lo libero arbitrio de la volontà, perché aricchisca. Così vedete che così è - ché noi siamo forestieri e pellegrini (He 11,13 1P 2,11) in questa vita -: con questo tesoro del tempo e libero arbitrio guadagna, sì che in questo tempo la creatura può annegare la volontà ed lo libero arbitrio suo, e con esso comprare la perversa vanità, piacimento e spiacimento e sollecitudini e diletti del mondo, la quale è quella mercanzia che sempre l'uomo empovarisce, poiché non ha in sé veruna stabilità né fermezza; non ha se non una mostra di fuore, e dentro è guasta e làssati lo puzzo dei molti peccati. Questa mostra fa affinché s'acordi a mercato con lui.

Perciò, carissimo e venerabile fratello in Cristo Gesù, io non intendo né voglio che questo tesoro, dato dal Padre a noi per divina grazia e misericordia, noi lo spendiamo in sì vile mercanzia, poiché giustamente saremmo riprovati dal Padre. Dunque, come figli veri e con perfetta sollecitudine, spendiamo questo dolce tesoro in una mercanzia perfetta, la quale è contraria a questa, ché ha colore palido povaro e vile: dentro v'è uno tesoro che lo ingrassa e arichisce qui per grazia, e poi lo conduce ne la vita durabile del Padre a godere la eredità sua.

Or vediamo che tesoro costui - chi è arricchito - egli ha comprato: spregiamento d'onore, di delizie, di ricchezze, d'ogni consolazione e ricreazione o piacimento degli uomini; ha voluto quelle virtù vere e reali, le quali paiono piccole e di piccolo aspetto negli occhi del mondo, ma dentro v'è lo tesoro de la grazia. Ben pare piccolo al mondo a eleggiare strazii scherni e 'ngiurie e rimproverii, ed eleggiare volontaria povertà, la quale caccia a terra l'umana superbia e grandezza e stato del mondo, la quale si mostra tanto alta, e diventa umile abbassandosi per virtù. Non vuole tenere altre vestigie che del padre suo che gli ha commesso lo tesoro de la libera volontà, con la quale egli può guadagnare e perdare, secondo che vuole, la mercanzia che compra.

O dolce e santo tesoro de le virtù, che in ogni luogo andate sicure, in mare e in terra e in mezzo dei nemici: di veruna cosa temete, poiché in voi è nascoso Dio, che è eterna sicurezza. Non gli è tolta dagli uomini né da l'ingiuria: è perfetta pazienza, poiché non si trova chi voglia ingiurie, e la pazienza si pruova per mezzo de la ingiuria e de le fatiche. Così l'ardentissima e amorosa carità ha sempre per contrario l'amore proprio di se medesimo. Ma il cuore, dilargato e abbattuto a la ricchezza de la carità, vuole gaudio e letizia e ogni sicurezza: non raguarda né cerca sé per sé, ma sé per Dio e il prossimo per Dio: ogni sua opera è dirizzata in lui, non per propria utilità ma per onore del Padre, quando ritorna a la casa sua.

Or suso, non dormiamo più nel letto de la negligenzia, ch'egli è tempo da 'nvestire questo tesoro in una dolce mercanzia, e sapete quale? in pagare la vita per lo Dio nostro, dove si terminano tutte le iniquità nostre. Questo dico per l'odore del fiore che comincia a uprire: per lo santo passaggio, lo quale ora lo padre santo, lo nostro Cristo in terra, ha commesso a volere sapere la santa disposizione e volontà dei cristiani, se volranno dare la vita a racquistare la Terra-santa, e dicendo che, se trovarà le volontà disposte, che ogni aiuto, e con sollecitudine, usarà la potenza sua; e così dice la bolla che mandò al provinciale nostro e al ministro dei frati Minori e a frate Raimondo: mandò lo' comandando che fussero solleciti a investigare le buone volontadi per tutta la Toscana e ogni altro terreno; vuogli per scritto, per vedere lo loro desiderio e quanti sono, per dare poi ordine e mandare in effetto. Perciò io v'invito a le nozze de la vita durabile, che v'accendiate a desiderio a pagare sangue per sangue, e quanti ne potete invitare, tanti ne 'nvitate, poiché a le nozze non si vuole andare solo: non potete poi tornare adietro. Non vi dico altro.

Ringraziovi, con affettuoso amore, de la carità che avete mostrata, secondo che per la lettara e messo ho inteso; non sono sufficente a rimunerare l'affetto vostro, ma prego e pregarò continuamente la somma eterna bontà che vi rimuneri di sé. Racomandatemi e benedicetemi cento migliaia di volte in Cristo Gesù tutta la fameglia vostra.

Rimanete ne la santa carità. Gesù Gesù Gesù.





132. A monna Giovanna di Capo, monna Giovanna di Francesco, monna Cecca di Chimento, monna Caterina dello Spedaluccio, mantellate di santo Domenico, da Siena, etc.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissime e carissime figlie in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, e madre vostra per affetto e amore di Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue suo; lo quale fu vero Figlio di Dio e agnello mansueto e immacolato e dissanguato, non per forza dei chiodi o di lancia, ma per forza d'amore e di smisurata carità la quale aveva alla creatura.

O carità ineffabile di Dio nostro! A'mi insegnato, dolcissimo amore, a'mi dimostrato non con sole parole (poiché tu dici che non ti diletti di molte parole), ma con le opere, de le quali tu dici che ti diletti, le quali tu richiedi da' servi tuoi.

Che mi possiedei insegnato tu, carità infinita? ha'mi insegnato che io, come agnello paziente non solamente sostenga le parole aspre, ma eziandio le percosse dure e le ingiurie e danni. E con questo vuole che io sia immaculata e innocente, cioè senza nocimento a nessuno dei prossimi e frategli miei, non solamente a quelle che non ci perseguitano, ma a coloro che ci faccino ingiuria. E voglio che per loro preghiamo come per ispeziali amici, che ci danno buono e grande guadagno.

E non solo nelle ingiurie e danni temporali vuole che noi siamo paziente ma generalmente in ogni cosa la quale sia contro la nostra voluntà: sì come tu non volevi che in nessuna cosa fusse fatto alla tua voluntà, ma quella del Padre tuo. Come Perciò levaremo lo capo contro la voluntà di Dio, volendo che s'adempino le nostre voluntà perverse, e non vorremo che sia adimpiuta la voluntà di Dio? O dolcissimo amore Gesù, fai sempre in noi s'adempia la voluntà tua, come in cielo sempre si fa dagli angeli e da' santi tuoi. Questa è, dolcissime figlie in Cristo, quella mansuetudine la quale vuole lo dolce nostro Salvatore trovare in noi: cioè che noi con cuore tutto pacifico e tranquillo siamo contenti d'ogni cosa che lui dispone e opera inverso di noi, e non vogliamo né luogo né tempo a nostro modo, ma solamente al suo, e allora l'anima, spogliata d'ogni sua voluntà e vestita della voluntà di Dio, è molto piacevole a Dio. E allora, come cavallo sfrenato, corre velocissimamente di grazia in grazia, e di virtù in virtù; e non ha veruno freno che lo tenga, che non possa correre, poiché ha tagliato da sé ogni disordinato appetito e desiderio per propria voluntà, i quali sono legami che non lassano correr l'anima delle spirituali.

I fatti del passagio continuamente vanno di bene in meglio, e l'onore di Dio ogni dì cresce più. Crescete continuamente in virtù, e fornite la navicella delle anime vostre, poiché lo tempo vostro s'apressa.

Confortate Francesca da parte di Gesù Cristo e da mia parte: e ditele che sia sollecita sì che io la trovi cresciuta in virtù quando io tornarò. Benedite e confortate tutti i miei figli e figlie in Cristo.

Ora a questi dì è venuto lo imbasciadore della regina di Cipri e parlommi; e va al santo padre, Cristo in terra, a solecitarlo del fatto del passaggio. E anco lo santo padre ha mandato a Genova a pregargli che se avisano per fatto di passaggio. Lo nostro dolce Salvatore vi doni la sua eterna benedizione.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







133. A la regina di Napoli.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissima e carissima madre mia in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi vera e perfetta figlia di Dio.

Sapete che il servo già mai non vorrà offendare ne la presenza del signore, poiché teme la pena che segue doppo la colpa commessa; per questo timore s'ingegna di servirlo bene e diligentemente. Così dico che colui che è vero figlio sceglie inanzi la morte che offendare lo padre, non per timore di pena né per paura che avessea di lui; solo per la reverenzia sua, per l'amore che ha al padre, non gli offende. Questo è quello figlio che deve avere la eredità, ché non ha renunziato al testamento del padre, ma ha osservate e segue le vestigie sue.

Così vi prego, venerabile madre in Cristo Gesù, che facciasi a lui come servo, ché voi sapete bene che sempre stiamo dinanzi a questo signore, e l'occhio di Dio vede in occulto ed è sempre sopra di noi. E ben vede la somma eterna verità chi è colui che il serve o chi il diserve. Debba l'anima temere di non offendare lo suo Creatore, ché egli è quel vero signore che ogni peccato punisce e ogni bene remunera. E neuno né per signoria né per ricchezza né per gentilezza può fare né scusarsi che non serva a questo signore dolce Gesù.

O quanto è dolce e santa questa servitudine, che pone freno e ordine a l'anima, che non la lassa andare per la perversa servitudine del peccato; anco fugge tutte quelle cose che lo potessero induciare a peccato! Tutte le cose che vede che sieno fuore de la volontà del Signore egli le odia, perché sa bene che, s'egli l'amasse, cadrebbe nel giudicio suo. Poi che l'anima s'è levata con timore, raguardando sé essare servo, e che da l'occhio suo non si può nascondare, comincia a dibarbare l'affetto e l'amore disordenato del mondo, e ordenarli e conformarli coi la volontà del signore suo; altrimenti non potrebbe piacerli, ché, come disse Cristo, neuno può servire a due signori, ché, se serve all'uno, sì è contrario all'altro (Mt 6,24 Lc 16,13).



Poi che l'anima nostra è attratta con timore, corre con perfetta sollecitudine e caccia ogni peccato e difetto da lui. Drittamente questo amore fa come lo servo ne la casa, che è posto per lavare i vasi immondi.

Ma poi che l'anima è venuta a essare figlia, cioè da essere e stare in perfetta carità, fa come vero figlio che ama teneramente lo padre suo, e non ama per amore mercennaio, per utilità che traga dal padre, e non teme d'offendarlo per paura di pena: solo per la bontà del padre e per la sustanzia de la sua natura, che il padre gli ha data con amore. Sì che la natura e la forza dell'amore lo constregne ad amarlo e a servirlo: costui si può dire che sia vero figlio. Perciò dico che l'amore nostro verso lo Padre celestiale è che tu non ami per rispetto di nessuna utilità che tu traga da lui, né per paura di pena che ci facesse portare, ma solamente perché egli è sommo e giusto, etternalmente buono: per la sua infinita bontà è degno da essere amato. E nessuna altra cosa è degna da essere amata fuore di Dio, se non in lui e per lui amare e servire ogni creatura: questo è amore di padre. E come lo timore detto ha a mondare i vasi, così questo amore ha a empire lo vasello dell'anima de le virtù e trarne fuore ogni grandezza e pompa di vana gloria, ogni impazienzia e ingiustizia e vanità e miseria del mondo: trà'ne lo ricordo delle ingiurie ricevute: solo ci rimane lo ricordo dei beneficii di Dio e de la sua bontà, con vera e perfetta umilità, con pazienza a sostenere ogni pena per lo dolce Gesù, con una giustizia santa che giustamente rendarà ad ognuno lo debito suo.

E attendete che in due modi avete a fare giustizia: cioè prima di voi medesima, sì che giustamente rendiate la gloria e l'onore a Dio, riconoscendo da lui e per lui avere ogni grazia; e a voi rendete quello ch'è vostro, cioè lo peccato e la miseria, con vera contrizione e pentimento del peccato: che fu lo legame il quale tenne confitto e chiavellato lo Figlio di Dio in su lo legno de la santissima croce. L'altra si è una giustizia data sopra a le creature, la quale avete a fare tenere - per lo stato vostro - nel vostro reame, per la quale cosa io vi prego in Cristo Gesù che voi non teniate occhio che sia fatta ingiustizia, ma, con giustizia, giustamente ad ognuno renduto lo debito suo, così al piccolo come al grande, e al grande come al piccolo. E guardate che neuno piacimento né timore di creature vi ritraggano da questo, altrimenti non sareste vera figlia: ma se voi giustamente terrete aperto l'occhio verso l'onore di Dio, vorreste inanzi morire che passarlo mai.

Poi che il vasello dell'anima è votiato dei vizii e dei peccati, e ripieno de le virtù, non si può tenere né difendare lo cuore che non ami, sì perché egli ha trovata la vena de la bontà di Dio adoperare in lui, e per la conformità che la creatura ha col Creatore, poiché la creò ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26).

Questo fece non per debito, né perché ne fusse pregato, né per utilità che traesse da lui: solo l'abisso e la forza dell'amore e la ineffabile carità sua lo move. Questo fu quello amore che fece Dio unire e umiliare all'uomo. O quanto, venerabile e dolce madre, si debba vergognare la creatura d'insuperbire per neuno stato e grandezza che avesse, vedendo lo suo Creatore, tanto umiliato, con tanta ardentissima carità corrire all'obrobbiosa morte de la croce! E di questo dolcissimo amore desidera l'anima mia che siate vestita, ché senza questo non potreste piacere a Dio, né avere la vita de la grazia.

Fòvi asapere le dolci e buone novelle, e quali? Lo nostro dolce Cristo in terra, lo santo padre, sì ha mandata la bolla a tre religiosi singulari, al provinciale dei frati Predicatori e al ministro dei frati Minori e a uno nostro frate servo di Dio, e ha lo' comandato che sappino e faccino sapere per tutta la Toscana e in ogni altro paese ched essi possono, e siano solleciti ad investigare coloro che avessero desiderio di morire per Cristo oltre mare, andare sopra l'infedeli; tutti li debbano scrivare e apresentare a lui, dicendo che se trovarà la santa disposizione e l'acceso desiderio dei cristiani, che vuole dare aiuto e vigore coi la potenza sua, e andare sopra l'infedeli.

E però vi prego e constringo, da parte di Cristo crocifisso, che vi disponiate e accendiate lo vostro desiderio, ogni ora che questo ponto dolce verrà, di dare ogni aiuto e vigore che bisognarà, affinché il luogo santo del nostro dolce Salvatore sia tratto de le mani dell'infedeli, e l'anime loro sieno tratte de le mani de le demonia, affinché participino lo sangue del Figlio di Dio come noi. Pregovi umilemente, venerabile madre mia, che non schifiate di rispondare a me lo vostro stato e buono desiderio che avete verso questa santa opera. Altro non dico a voi. La pace e la grazia de lo Spirito santo sia sempre nell'anima vostra.

Rimanete ne la santa carità di Dio; perdonate a la mia presunzione. Gesù dolce, Gesù, Gesù.







134. A Bartolomeo e Giacomo remiti in Campo santo in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimi e carissimi figli miei in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi svenare e aprire il vostro corpo per lo dolce nome di Gesù.

O quanto sarà beata l'anima nostra se ricevaremo tanta misericordia che noi diamo quello, per lui, che esso dié per noi con tanto fuoco di carità! O fuoco che ardi e non consumi (Ex 3,2), e consumi ciò che è nell'anima fuore de la volontà di Dio! Questo fu quello caldo vero che cosse l'Agnello immacolato in sul legno della santissima croce. O cuori indurati e villani, come si possono tenere che non si dissolvano a questo caldo? Certo io non mi maraviglio se i santi - che non erano accecati in amore proprio di loro, ma in tutto erano annegati in conoscere la bontà di Dio e il fuoco de la sua ardentissima carità - corrivano con la memoria del sangue a spandere lo sangue, quando raguardo lo smisurato fuoco di Lorenzo che, stando in su la graticola del fuoco, stava in motti col tiranno. Doh, Lorenzo, non ti basta lo fuoco? Rispondarebbeci: «No, ché è tanto l'ardentissimo amore che è dentro che spegne lo fuoco di fuore».

Perciò, carissimi figli in Cristo Gesù, gli affetti e i desiderii vostri non siano morti di qui all'ultimo de la vita vostra. Non dormite: destatevi; e non ci vedo altro remedio a destarci se non uno continuo odio.

De l'odio nasce la fame de la giustizia, in tanto che vorrebbe che gli animali ne facessero vendetta. Come è giunto a la vendetta di sé, purgasi l'anima in questo dolce fuoco, dove trovarete in voi formata la bontà di Dio, per mezzo del quale cognoscimento de la somma bontà - quando l'anima si trova annegata in tanto abisso d'amore quanto vede che Dio ha in lei - dilargasi lo cuore e l'affetto. Unde l'occhio del cognoscimento apre ad intendere, la memoria a ritenere, e la volontà si distende ad amare quello che egli ama.

E dice e grida l'anima: «O dolce Dio, che ami tu più?». Risponde lo dolce Dio nostro: «Raguarda in te, e trovarai quello che io amo». Allora guardate in voi, figli miei carissimi, e trovarete e vedrete che quella medesima bontà e ineffabile amore che trovarete che Dio ha in voi, con quello medesimo amore ama tutte le creature che hanno in loro ragione. Unde l'anima come inamorata si leva e distendesi ad amare quello che Dio più ama, ciò sono i dolci fratelli nostri; e levasi con tanto desiderio e concepe tanto amore che volentieri darebbe la vita per la salute loro e per restituirli a la vita de la grazia, sì che diventano gustatori e mangiatori delle anime.

E fanno come l'aquila che sempre raguarda la rota del sole e va in alto, e poi raguarda la terra; e prendendo lo cibo del quale si debba notricare lo mangia in alto. Così fa la creatura, cioè che raguarda in alto, dove è il sole del divino amore, e raguarda poi verso la terra, cioè verso l'umanità del Verbo incarnato del Figlio di Dio; e raguardando in quello Verbo e umanitha tratto del ventre dolce di Maria, vede in su questa mensa lo cibo, e mangialo. E non solamente ne la terra ne la quale ella ha preso de l'umanità di Cristo, ma levasi su in alto col cibo in bocca; e levatasi su entra nell'anima consumata e arsa d'amore del Figlio di Dio, e quello affettuoso amore trova che è uno fuoco - che esce de la potenza del Padre, lo quale ci donò a noi per ardore la sapienza del Figlio suo, e una fortezza di fuoco di Spirito santo -, lo quale fu di tanta fortezza e unione che né chiodi né croce avrebbero tenuto questo Verbo, se non solo lo legame dell'amore. E l'unione fu sì-fatta che né per morte né per nessuna altra cosa la natura divina si partì da l'umana. Or qui voglio che mangiate questo dolce cibo.



E se mi diceste: «Con che ale volo?» Con l'ale de l'odio e dell'amore, con penne di strazii di scherni e rimproverii crociati per Cristo Crocifisso. E non vogliate né reputate di sapere altro che Cristo Crocifisso (1Co 2,2): in lui sia la vostra gloria e il vostro refrigerio e ogni vostro riposo. Pascetevi e notricatevi di sangue. Dio raguardi ai vostri desiderii. Non dico più.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





135. A Piero marchese.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi, missere lo senatore: io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, vi saluto nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi vero rettore de la vera giustizia, prima in voi e poi in altrui, sì che voi possiate apparire dinanzi al giustissimo giudice con secura faccia: poiché colui che non tiene la giustizia sopra sé non può con buona faccia farla sopra altrui, poiché tanto è l'opera giusta, quanto procede da la giusta e pura volontà.

O dolcissimo fratello in Cristo Gesù, pigliate lo essemplo del prezioso Agnello, che fece giustizia dei peccati altrui sopra di sé: quanto dunque maggiormente doviamo noi fare vendetta dei peccati nostri sopra di noi? Or dunque salite sopra la sedia de la ragione, e fate che la memoria accusi i mali fatti e i mali detti e i mali pensieri vostri; e la volontà si doglia de la ingiuria del suo Creatore e domandi giustizia; e allora l’intelletto giudichi la pena che die sostenere lo cuore e il corpo, e dìaglili con grande impeto e con grande fervore: e allora sarà placato lo giudice giusto, e non solamente perdonerà l'offesa, ma farà che colui che giustamente ha giudicato sé, diventi giusto giudice degli altri; e così diventiamo veri rettori, sottomettendo noi medesimi a la regola de la giustizia. Altro non dico qui.

Pregovi che siate sollicito di spacciare con missere Matteo quello che voi avete a fare per la vostra salute, e non tardate: altrimenti vi si potrebbe fare mettare la mano a la stanga, e pagareste inanzi che voi ne la levaste. E se non avete altro modo, dateli a lui o ad uno banco, sì che stiano a sua posta, e egli troverà bene poi lo modo.

Non ci sono ora le mie compagne che mi solevano scrivere, e però è stato necessario che io abbi fatto scrivere a frate Raimondo, lo quale vi si racomanda e saluta in Cristo Gesù con tutto lo cuore, e sollìcitavi del fatto che avete a fare con missere Matteo. Se Neri vuole venire qua, pregovi che voi lo lassiate venire.

Altro non dico.

Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio.

Fatta in Pisa lo secondo dì di settembre.

Doppo le predette cose, vi racomando lo portatore di questa lettera - lo quale è buono e dritto uomo e vive secondo Dio, ed è fratello della mia cognata secondo la carne, ma sorella secondo Cristo - che, se gli bisognasse lo vostro aiuto, che voi glili diate per amore di Cristo Crocifisso.

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