È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
19/10/2012 15:53

146. A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine dei Predicatori, quando era biblico di Firenze.

Al nome di Gesù Cristo che per noi fu crocifisso.

A voi, dilettissimo e carissimo padre - per reverenzia di quello dolcissimo sagramento - e figlio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi arso e affogato e consumato ne la sua ardentissima carità, sapendo che colui ch'è arso e consumato di questa vera carità, non vede sé. Questo voglio che facciate voi.

Io v'invito a entrare in uno mare pacifico, per questa ardentissima carità, e mare profondo: questo ho trovato ora di nuovo - non che sia nuovo lo mare, ma è nuovo a me nel sentimento dell'anima mia - in quella parola «Dio è amore» (1Jn 4,8). E in questa parola, sì come lo specchio rappresenta la faccia dell'uomo, e il sole la luce sua sopra la terra, così rappresenta nell'anima mia tutte quante le opere essare solamente amore, poiché non è fatta d'altro che d'amore, e però dice egli: «Io sono Dio amore».

Di questo nasce uno lume nel misterio inestimabile del Verbo incarnato, che per forza d'amore è stato dato con tanta umilità che fa confondere la mia superbia: insegnaci a non raguardare pure alle opere sue, ma all'affetto infocato del Verbo donato a noi; ma dice che facciamo come colui che ama, che, quando l'amico giogne con uno presente, non mira a le mani per lo dono ched i reca, ma uopre l'occhio dell'amore e raguarda lo cuore e l'affetto dell'amico suo. E così vuole che facciamo noi: quando la somma eterna sopradolce bontà di Dio visita l'anima nostra, ed è visitata con ismisurati beneficii, fate che subito la memoria s'uopra a ricevare quello che lo intendimento intende ne la divina carità; la volontà si leva con ardentissimo desiderio, e riceve e raguarda lo cuore consumato del dolce e buono Gesù che è donatore.

Così vi trovarete affogato e vestito di fuoco e del dono del sangue del Figlio di Dio; sarete privato d'ogni pena e malagevolezza. Questo fu quello che tolse la pena ai discepoli santi, quando lo' convenne lasciare Maria e l'uno l'altro; ma per seminare la parola di Dio volentieri lo portarono. Corrite corrite corrite.

Dei fatti di Benencasa non posso rispondare se io non sono a Siena. Ringraziate misser Nicolaio de la carità che ha adoperata per loro. Alessa e io Cecca poverella vi ci racomandiamo mille migliaia di volte.

Dio sia sempre nell'anima vostra. Amen. Gesù Gesù. Caterina, serva dei servi di Dio.







147. A Sano di Maco, essendo ella in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello e figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue suo, il quale sparse in sul legno della santissima croce, costretto solo dal legame della sua ardentissima carità, la quale avea a la creatura.

Così dice la bocca de la dolce prima Verità che, per la smisurata carità che aveva Dio a l'umana natura, mandò esso Padre celestiale il suo diletto Figlio, affinché non perisse la creatura sua, ma salvassesi lo mondo per lui. O inefabile e inistimabile carità di Dio, che, per salvare il suo ribelle e a lui disobbediente, diede sé medesimo a essere creatura, a esser spregiato, infamato e vituperato, schernito e a l'ultimo vituperosamente morto come malfattore! Con-ciò-sia-cosa-ch'egli non avesse fatto né detto cosa di nessuna riprensione; ma noi eravamo quelli che avamo comessa la colpa, per la quale egli portò la pena, per nostro amore. Bene m'amasti, dolcissimo amore Gesù, e in questo m'insegni quanto mi debbo amare me medesimo e i fratelli miei, i quali tu tanto amasti, non avendo bisogno di noi come noi di te.

E però, dilettissimo e carissimo fratello e figlio in Cristo Gesù, sempre si conviene che l'anime nostre sieno mangiatrici e gustatrici delle anime dei nostri fratelli, e di nullo altro cibo ci dobiamo mai dilettare, sempre aiutandoli con ogni solecitudine, dilettandoci di ricevare pene e tribulazioni per amore di loro: poiché questo fu il cibo del nostro dolce Salvatore. Ben vi dico che il nostro Salvatore me ne dà a mangiare. Altro non vi dico.

Rimanete etc. Gesù dolce etc.





148. A Piero marchese dal monte Sante Marie, quando era Sanatore di Siena.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre e figlio: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi e conforto nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi cavaliere virile e non timoroso: l'uomo non debba temere quando si vede l'arme forte.

O carissimo figlio, noi vediamo che Dio ha armato l'uomo d'una arme che è di tanta fortezza che né demonio né creatura lo può offendare: questa è la libera volontà dell’uomo, e per questa libertà Dio dice: «Io ti creai senza te, ma io non ti salvarò senza te». Vuole dunque Dio che noi adoperiamo l'arme la quale ci ha data, e che facciamo, con essa, resistenza ai colpi che noi riceviamo da' nemici nostri.

Tre nemici singulari abbiamo: lo mondo, la carne e il demonio. Ma non temiamo, ché la divina providenzia ci ha armati sì bene che non ci bisogna temere. Buona è l'arme, ottimo è l'aiutatore: l'aiutatore è Dio, ed è sì-fatto che neuno è che possa fare resistenza a lui; in tanto quanto l'anima raguarda sì dolce e forte aiutatore, non può cadere in debolezza per nessuna sua fragilità la quale si sentisse. Questo parbe che vedesse lo dolce inamorato di Paulo, quando dice: «Ogni cosa potrò per Cristo Crocifisso, che è in me che mi conforta» (Ph 4,13); ché, quando Paulo sentiva la molestia e lo stimolo della carne, egli si conforta, non in sé, che si vede debole, ma in Cristo Gesù, e ne la buona arme forte, la quale Dio ha data, della forte libertà; e però dice: «Ogni cosa potrò», ché né demonio né creatura mi può constrignare a uno peccato mortale se io non voglio.

Ché, se l'uomo non si trae questa arme di dosso e mettela in mano del demonio, cioè per consentimento di volontà, mai non è vinto. Ché, perché le tentazioni e illusioni de i demoni e de la carne e del mondo vengano e gittino le saette avelenate (e la carne i pensieri e movimenti ladii; e il demonio con le variate tentazioni frodi ed inganni suoi; e il mondo con la pompa, vanità e superbia), la libertà, che è donna, se non consente a questi disordenati intendimenti, non offende mai, poiché il peccato sta solo nella volontà: questo ci ha dato Dio per grazia e non per debito.

Non voglio, figlio mio dolce in Cristo Gesù, che temiate per veruna cosa che sentiste, poi che Dio ci ha fatta tanta grazia che egli è nostro aitatore et àcci data buona arme, e più, che egli è rimaso morto e vincitore in sul campo della battaglia. Morto è; e morendo in su' legno della santissima croce è vincitore, poiché la morte ci ha data la vita, ed è tornato a la città del Padre eterno, con la vittoria della sposa sua, cioè dell'anima nostra, la quale Dio sposò prendendo la natura umana: ben si die l'uomo muovare e aprire l'occhio del cognoscimento e raguardare tanto fuoco d'amore! Sconfitti sono i nemici e tratti siamo de le mani deli demoni, che possedevano e tenevano l'anima come sua; sconfisse lo mondo e la superbia umiliandosi a l'uomo; sconfitto è lo corpo suo sostenendo morte, pena, obrobio, rimproverio, ingiurie, strazii, scherni e villanie per noi. Bene ci possiamo Perciò confortare, poi ch'i nemici sono sconfitti.

Seguiamo le vestigie sue, cacciando lo vizio con la virtù, la superbia con l'umilità, la impazienzia con la pazienza, la ingiustizia con la giustizia, la immundizia con la perfetta umilità e continenzia, la vana gloria con la gloria e onore di Dio, che, ciò che noi facciamo e adoperiamo, sia a gloria laude ed onore del nome del nostro Gesù. Faccisi una dolce e santa guerra contro questi vizii, e tanto quanto noi raguardaremo lo dolce sangue, tanto più sarà inanimata l'anima a fare più grossa guerra, vedendo che per lo peccato lo padre è rimaso morto. E farà come il figlio, che vede lo sangue del padre, che cresce in odio verso lo nemico che l'ha morto. Così fa l'anima che raguarda lo sangue del suo Creatore: cresce e concepe in sé uno odio e pentimento verso lo nemico suo che l'ha morto.

E se voi mi diceste «Chi l'ha morto?», vediamo che solo lo peccato è cagione della morte di Cristo, e l'uomo è quello che commette lo peccato; Perciò si può dire che noi siamo coloro che avesseamo morto lo Figlio di Dio: ogni ora che pecchiamo mortalmente lo possiamo dire. Doviamo dunque fare vendetta di noi medesimi, cioè delle perverse cogitazioni vizii e peccati, ché lo maggiore nemico che avessea l'uomo è esso medesimo. Quando l'anima raguarda lo suo Padre e la sua sensualità che l'ha morto, non si può saziare di farne vendetta, per sì-fatto modo che egli è contento di vederli sostenere ogni pena e tormento, sì come suo nemico mortale.

Or così voglio che facciate voi, e affinché questo voi potiate bene fare, io voglio che poniate dinanzi da voi la memoria del sangue del Figlio di Dio, sparto con tanto fuoco d'amore, lo quale sarà a voi uno continuo baptesmo di fuoco, lo quale purifica e scalda sempre l'anima nostra in tollendole ogni freddezza di peccato. Raguardate figlio lo dolce Agnello in su la croce, che vi s'è fatto cibo, mensa e servidore.

Troppo sarebbe grande ignoranza se fussimo negligenti a pascerci di questo dolce cibo.

Se mai ci fusse caduta negligenzia, io v'invito a perfetta sollicitudine per le dolci e graziose novelle, cioè del buono desiderio che io ho udito del giudice d'Alberoa, profferendosi in avere e in persona graziosamente a dare la vita per Cristo, sì che io godo ed essulto, vedendo la disposizione santa, e il tempo abreviare. Non dico più. Perdonate alla mia ignoranza. Ringraziovi molto dell'affettuoso amore e limosina che faceste a frate Iacopo. Dio vi remuneri di sé. Benedite e confortate Nieri e tutti gli altri.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.





149. A misser Piero Gambacorti, signore di Pisa.


Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Venerabile padre in Cristo dolce Gesù, la vostra indegna figlia Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrive a voi, racomandandovisi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi l'affetto e il desiderio vostro spogliato e sciolto dalle perverse delizie e diletti disordenati del mondo, le quali sono cagione e materia che parte e divide l'anima da Dio. Però ch'egli è necessario che l'anima, ch'è legata con Cristo crocifisso, somma e eterna bontà, sia sciolta e tagliata dal secolo; e colui che ha legato l'affetto suo nel secolo è tagliato da Cristo, poiché il mondo non ha nessuna conformità con Cristo, come disse la prima Verità: «Neuno può servire a due signori contrarii; poiché, se serve a l'uno, è in contempto a l'altro» (Mt 6,24 Lc 16,13).



O carissimo padre, quanto è perverso questo legame! Certo è che l'uomo ch'è legato nella perversità del peccato, egli è come colui che ha legate le mani e i piei, e non si può muovare. Così l'anima ha legate le mani che non può muovare nessuna opera a Cristo, né i piei de l'affetto: non si muove a fare nessuna buona opera che sia fondata in grazia. Oimé oimé, quanto è cosa pericolosa lo peccato ne l'anima! di quanto bene priva la creatura, e di quanto male la fa degna! Falla degna della morte, e tollele la vita; tollele lo lume, e dàlle le tenebre; tollele la signoria, e dàlle la servitudine. Poiché colui che abonda nel peccato è servo e schiavo del peccato, ha perduta la signoria di sé e lassasi possedere a l'ira e agli altri difetti.

Or che sarebbe, padre carissimo, se noi signoreggiassimo tutto il mondo, e non signoreggiassimo i vizii e peccati che sono in noi? Eglino ci tolleno lo lume della ragione, che non ci lassa vedere in quanto stato di dannazione egli sta, e in quanta sicurezza sta l'anima ch'è legata col dolce Gesù. Egli ha perduto la vita della grazia, perché s'è tagliato dalla vera vita, sì come lo tralcio ch'è tagliato dalla vite, che è secco e non fa frutto; così la creatura, tagliata dalla vera vite, è secca e putrida, degna del fuoco eterna.

Oimé dolente! questa è la grande cecità: che, non essendo né dimonia né creatura che possa legare l'uomo a uno peccato mortale, esso medesimo si lega. Perciò destianci dal sonno della negligenzia e ignoranza; tagliate questo perverso legame! Tutto questo adiviene perché il peccato e il mondo non hanno conformità con Cristo crocifisso, ché il mondo cerca onore, diletti e signorie, e Cristo benedetto elesse vitoperio e strazii, villanie, e ne l'ultimo l'obrobiosa morte della croce. Volse essere servo e obediente, non trapassatore della legge né della volontà del Padre, ma sempre cercando l'onore suo e la salute nostra: or seguiamo le vestigie sue.

Con questo dolce e vero legame vi prego e voglio che siamo legati, e affinché questo meglio potiate fare, aprite l'occhio del conoscimento di voi medesimo, e vedarete voi non esser nulla, ma sempre operatore di miseria e d'iniquità. E così nascerà in voi una vena di giustizia santa, con vera e profonda umilità: giustamente darete a Dio quello che è suo, e a voi darete quello ch'è vostro. Poi riguardarete nell'abisso de la ismisurata sua carità, vedendo come l'Agnello dissanguato con pazienza e mansuetudine ha portate le nostre iniquità. O amore inestimabile, con quanta pazienza hai dato la vita, e presti lo tempo, e aspetti la creatura che corregga la vita sua! E in questo modo, conoscendo in voi la bontà di Dio come adopera, sarete legato e unito col vincolo della carità, lo quale è dolce e soave sopra ogni dolce. Non v'indugiate, ché il tempo è breve e il punto della morte ne viene che non ce n'avediamo.

Pregovi, per l'amore di Cristo crocifisso, che ne lo stato vostro voi teniate l'occhio dirizzato verso la santa e divina giustizia. Non per piacimento di nessuna creatura né per odio, ma solo per divina giustizia punire lo difetto quando si trova; e singularmente lo vostro peccato, quando lo trovate, punitelo e vituperatelo quanto potete: e guardate che non chiudiate li occhi per non volerlo vedere, ché molto ne sareste ripreso da Dio. Siate siate solicito quanto potete, con affettuoso amore. Tutte le vostre opere sieno legate in Cristo Gesù: questo è quello legame che l'anima mia desidera, considerando me che senza questo non potete avere la vita della grazia. Non dico più qui.

Ricevetti una vostra lettara, la quale viddi con affettuoso amore, unde io conosco che non mia virtù né mia bontà - perché sono piena di peccato e di miseria -, ma solo l'amore e bontà vostra e di coteste sante donne vi mosse umilimente a scrivare a me, pregandomi ch'io debba venire costà. Per la qual cosa io volontariamente verrei adempire lo desiderio vostro e loro; ma per ora io mi scuso, ché la impossibilità del corpo mio non mi lassa, e anco vego che per ora io sarei materia di scandolo. Ma spero nella bontà di Dio che, se vedrà che sia suo onore e salute delle anime, mi farà venire con pace e con riposo senza altre mormorazioni; e io sarò apparecchiata al comandamento della prima verità, e ubidire anco al vostro.

Rimanete etc. Cristo vi rimuneri della sua dolcissima grazia.

Racomandomi con affettuoso amore a coteste donne che preghino Dio per me, che mi faccia umile e suggetta al mio Creatore. Amen. Lauldato sia Gesù Cristo crocifisso.







150. A frate Francesco Tedaldi di Firenze nell'isola di Gorgona, monaco certosino.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo e dolcissimo figlio in Cristo dolce Gesù, io Caterina, schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi costante e perseverante nella virtù fino a la morte; poiché la perseveranza è quella virtù che è coronata.

Ella porta lo fiore e la gloria della vita dell’uomo; ella è compimento d'ogni virtù - tutte l'altre le sono fedeli -; ella non esce mai della navicella della religione, ma sempre vi naviga dentro fino che giogne a porto di salute; ella non è sola, ma accompagnata: tutte le virtù le sono compagne, ma singularmente due, cioè la fortezza e la pazienza; e ella è lunga e perseverante.

Perché è detta lunga questa perseveranza? Perché tiene, dal principio che l'anima comincia a volere Dio fino all'ultimo, che mai non si lassa scortare, per veruno inconveniente che venga. Non la scorta la prosperità per disordinata allegrezza né leggerezza di cuore, né consolazione spirituale, né verun'altra cosa che a consolazione s'appartenga; e non la scorta la tribulazione, né ingiuria, scherni o villania che le fusse fatta o detta: non per peso né gravezza de l'Ordine né per grave obbedienzia che gli fusse imposta.

Tutte queste cose non la scortano per impazienzia - ma con pazienza persevera nelle fatiche sue -: non per battaglie o molestie di demonio, con false e varie cogitazioni, o con disordinato timore o infedelità che gli mettesse verso lo suo prelato.

Non la scortano, poiché non è senza lo lume, ma lo lume della fede sempre leva inanzi; unde la perseveranza risponde al disordinato timore dicendo: «Io spero per Cristo crocifisso ogni cosper potere, e perseverare fino a la fine». Alla infedelità risponde la perseveranza all'affetto de l'anima, con fede di perseverare, dicendo: «Per veruno tuo vedere né parere non voglio diminuire la reverenzia debita, né la subiectione la quale io debbo avere e portare al prelato mio». Ella piglia uno giudicio santo nella dolce volontà di Dio affinché non le venga giudicato la volontà della creatura, poiché il lume l'ha mostrato che, facendo altrimenti, essofatto sarebbe scortata, e non sarebbe longa la reverenzia né l'obbedienzia né l'amore.

E però lo lume le mostra, affinché l'amore non allenti nel tempo che il demonio, sotto colore di fare meglio e più pace sua, gli mostra che si ritraga dalla conversazione del prelato suo e della presenza d'esso - o di chiunque avesse dispiacere che egli più s'accosti e più conversi -: sforzando sé medesimo, ricalcitrando al suo falso parere, affinché la infedelità non se gli notrichi ne l'anima e non sia scortata dallo sdegno. O dolcissimo, dilettissimo e carissimo figlio - caro mi sete quanto l'anima mia -, la lingua non potrebbe narrare quanti sono gli occulti inganni che il demonio dà sotto colore di bene, per scortare la via della longa perseveranza; e massimamente sopra questa ultima della quale io ora v'ho detto, perché da questo, se egli nel fa cadere, lo potrà poi pigliare in ogni altra cosa.

Se il suddito a qualunque obbedienzia si sia perde la fede di chi l'ha a guidare - cioè che egli seguiti quello che gli detta la infedeltà -, il demonio ha il fondamento dove si debba ponere l'edificio delle virtù, e però si pone egli ine. Poiché colui che, per sua ignoranza in non resistere, si lassa togliere questo principio, non è pronto all’obbedienza: egli è atto a giudicare gli atti e le opere secondo la sua infermità e non secondo la verità; egli è impaziente e molte volte cade ne l'ira; generagli tedio e rincrescimento in ogni sua opera. Veramente questa infedelità è uno veleno che atosca tanto il gusto de l'anima che la cosa buona gli pare gattiva, e l'amara dolce; lo lume gli pare tenebre, e quello che già vidde in bene gli pare vedere in male: sì che drittamente ella è uno veleno. Ma voi direte a me, figlio mio: «Chi camparà l'anima da questo? o per che modo? Ché io non vorrei cadere in questo, se io potesse». Dicovelo: la virtù piccola della vera umilità è quella che tutti questi lacci rompe e fracassa; e tra'ne l'anima non diminuita, ma cresciuta, poiché lo lume le mostra che elle erano permesse dalla divina bontà per farla umiliare, o per crescerla in essa virtù. Unde con affetto d'amore l'ha presa, umiliandosi e concolcando il suo parere continuamente sotto ai piedi dell'affetto: per questo modo risiste continuamente.

è vero che un altro modo c'è a risistere, il quale non esce però di questo: cioè che giamai non fugga lo luogo della presenza, poiché egli non fuggirebbe il sentimento dentro, anco lo trovarebbe sempre vivo; perché a fuggire non si stirpa, ma con la impugnazione. E però la perseveranza, che l'ha veduto col lume, sta ferma e perseverante nel campo della battaglia: non schifa colpo di veruna tentazione. Piglia bene l'arme de l'umile continua e fedele orazione, la quale orazione è una madre vestita di fuoco e inebriata di sangue, che notrica al petto suo i figli delle virtù. Unde necessario è che l'anima virtuosa participi e vestasi di questo medesimo fuoco, e l'affetto sia inebriato del sangue. Quale sarà quello demonio, o quale creatura, o noi medesimi dimoni - cioè la propria sensualità nostra -, che possino resistere a così-fatta arme? Quale sarà quello lacciuolo che possa legare l'umilità? Neuno ne sarà che resistere ci possa che la perseveranza, nel modo che detto aviamo, non basti fino all'ultimo, quando la carità metterà in possessione l'anima nella vita durabile, dove è ogni bene senza veruno male. Ine riceverà il frutto d'ogni sua fatica: questa fa l'anima forte che mai non indebilisce; fa il cuore largo e non stretto, che vi cape ogni creatura per Dio, in tanto che tutte reputa che siano l'anima sua.

Perciò levatevi su, figlio; attaccatevi al petto di questa madre orazione - se voi volete essere perseverante con vera umilità -, e non la lassate mai, sì che compiate la volontà di Dio in voi, il quale vi creò per darvi vita eterna, e àvi tratto del loto del secolo perché corriate morto per la via della perfezione.

O quanto sarà beata l'anima mia quand'io sentirò d'avere uno figlio che viva morto; e nella morte della propria volontà e parere perseveri fino a la morte corporale! Se questo non fusse non mi reputarei beata, ma molto dolorosa; e però fugo questo dolore con grande sollecitudine, nel cospetto di Dio, dove io vi tengo per continua orazione. E però dico: con desiderio io desidero di vedervi costante e perseverante nella virtù fino alla morte. E così vi prego e stringo da parte di Cristo crocifisso, che giamai non perdiate tempo, ma sempre v'annegate nel sangue de l'umile Agnello. L'amaritudine vi paia uno latte; e il latte delle proprie consolazioni, per odio santo di voi, vi paia amaro.

Fugite l'ozio quanto la morte. La memoria s'empia dei beneficii di Dio e della brevità del tempo; lo intelletto si specoli nella dottrina di Cristo crocifisso; e la volontà l'ami con tutto lo cuore e con tutto l'affetto e con tutte le forze vostre (Mt 22,37 Mc 12,30 Lc 10,27), affinché l'affetto e tutte le vostre opere siano ordinate e dirizzate ad onore e gloria del nome di Dio e in salute de l'anime. Spero nella sua infinita misericordia che a voi e a me darà grazia che voi lo farete.

Ho ricevuta grande consolazione dalle lettere che ci avete mandate, io e gli altri, perché grande desiderio aviamo di sapere novelle di voi. Parmi che il demonio non abbi dormito né dorma sopra di voi; della quale cosa ho grande allegrezza, perché vedo che per la bontà di Dio la battaglia non è stata a morte, ma a vita.

Grazia, grazia al dolce Dio eterno che tanta grazia ci ha fatta! Ora si vuole cominciare a conoscere voi non essere; ma l'essere e ogni grazia posta sopra l'essere riconoscere da colui che è (Ex 3,14). A lui si renda grazia e gloria, perché così vuole egli: che a lui diamo lo fiore e nostro sia lo frutto.

Di quello che scrivete di Barduccio etc.

Rimanete nella santa e dolce etc. Gesù dolce, Gesù amore.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 19:12. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com