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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 15:58

155. A monna Nera donna di Gerardo Gambacorti, in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vestita del vestimento della divina carità, vero e perfetto amore, sì e per sì-fatto modo che ogni altro amore v'esca del cuore e de l'affetto, perché l'anima insiememente di due amori non può essere vestita; sì che ella, s'è vestita del mondo, non può essere vestita di Dio, perché è molto contrario l'uno a l'altro.

L'amore e l'affetto ch'è posto nel mondo ama sé d'amore sensitivo: cerca sempre onore, stato e richezze, dilizie, piaceri, consolazioni sensitive. Li quali diletti conducono l'anima nella morte eterna, poiché colui che ama disordenatamente il mondo e i diletti suoi, sempre è radicato in superbia, e della superbia nascono tutti i vizii. Oh a quanta miseria si reca quel cuore! Tutto s'anniega nelle solecitudine perverse del mondo; egli n'acquista la morte e perdene la vita della grazia; viene in tenebre, e perdene lo lume; cade nella perversa servitudine del peccato, e così diventa servo e schiavo di quella cosa che non è; e peggio non può avere. Dirittamente questa anima piglia sé medesima e mettesi in mano dei nemici suoi.

Or non voglio così, dilettissima figlia e figlio Gerardo, ma voglio che con una santa e vera solecitudine spogliate lo cuore e l'affetto di questo perverso amore; e vestitevi de l'amore di Cristo crocifisso con perfetta e ardentissima carità, istando sempre in carità e in amore col prossimo vostro.

Questo amore è pieno di letizia, di gaudio e d'ogni soavità; egli ingrassa ed empie l'anima di virtù; e apre l'occhio de lo intelletto, e fallo riguardare, e ponare per obiettivo Cristo crocifisso e l'amore inefabile ch'egli gli ha. Così con amore s'empie d'amore, e segue subito le vestigie di quello ch'egli ama; e perché ama Cristo, segue le vestigie di Cristo, sempre dilettandosi delle virtù. E nelle fatiche si conforma con lui con pazienza; nella prosperità e diletti del mondo, stati e grandezze, si conforma in pentimento: cioè che come Cristo spregiò i diletti del mondo, così essa anima vestita d'amore li spregia con ogni santa e vera solecitudine. Questo fa lo divino e santo amore; questo è il vestimento nuziale, il quale ci conviene avere perché siamo invitati a le nozze de la vita durabile (Mt 22,11).



E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi vestiti di vero e perfetto amore, affinché pienamente potiate adempire la volontà di Dio e il desiderio mio, che non cerca né vuole altro che la vostra santificazione.

Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso: nel sangue trovarete lo fuoco dell'amore; nel sangue si lavano le nostre iniquità. Questo fa lo vicario di Cristo, quando absolve l'anima nostra, confessandoci noi: non fa altro se non che gitta lo sangue di Cristo sopra lo capo nostro.

Dite a Gherardo che ora ch'è tempo acettabile, mentre ch'egli vive, che non dispregi questo sangue; poiché non è sicuro quando debba morire, né quanto debba vivare. Rechisi a bomicare il fracidume dei peccati suoi per la bocca, confessandosi bene e diligentemente; ché in altro modo non potrebbe participare la divina grazia. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso, figlia e figlio miei, che non sia né amore di figli, né amore propio di voi, né diletto del mondo, che vi ritraga da questo che per debito dovete fare.

Altro non dico.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.





156. A Giovanni Perotti coiaio da Lucca.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce, madre del Figlio di Dio.

A voi, dilettissimo e carissimo figlio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero padre a notricare e a reggiare e governare la famiglia vostra con tanto timore di Dio che voi siate quello albero fruttifero, che lo frutto che è uscito di voi sia buono e virtuoso.

Sapete, figlio mio, che prima che l'albero renda lo frutto, egli debba essere buono e bene ordenato: così dico che l'anima vostra si debba ordenare col santo e vero timore e amore di Dio. E se dicessimo: «io non mi so ordenare», ecco lo Verbo del Figlio di Dio, che s'è fatto a noi guida, e così disse egli: «Io sono via verità e vita» (Jn 14,6); chi terrà per questa via non potrà errare, ma egli produciarà frutto di vita. Questo frutto sì notricarà lo figlio dell'anima vostra; eziandio i figli naturali ricevarano dell'odore e de la sustanzia di questo frutto. Che via ha fatta questo dolce maestro, Agnello immacolato? ha fatta la via della profonda e vera umilità, ché, essendo Dio, s'aumiliò agli uomini. La via sua sono obrobrii, strazii, rimproverii, pene e fatiche infine all'obrobriosa morte de la croce: spregiando ogni diletto e delizie, sempre volse tenere per la via più umile e dispetta che trovasse.

E che frutto produsse poi che ebbe fatta e ordenata la via a noi, che chiunque la vuole la può seguire? Udistelo in su lo legno della santissima croce, se fu mai uno frutto di pazienza simile al suo, che, gridando i Giuderi: «Crucifige» (Mt 27,22-23 Mc 15,13-14 Lc 23,21-23), ed egli grida: «Padre, perdona loro, che non sanno che si fare» (Lc 23,34). Odi smisurata bontà di Dio, che non tanto che perdoni, ma egli gli scusa dinanzi dal Padre. Egli è uno Agnello mansueto, che non è udito lo grido suo per veruna mormorazione. Egli ha produtto a noi lo frutto della carità, poiché l'amore ineffabile che Dio ebbe a l'uomo lo tenne confitto e chiavellato in croce: non sarebbe stato né chiodi né croce che l'avessero tenuto se non fusse lo legame della carità. Egli fu obediente al Padre suo, non raguardando a sé, ma solo a l'onore del Padre e a la salute nostra.



Or questa è la via, figlio mio dolce, che io voglio che teniate, affinché siate vero padre a notricare l'anima vostra, e i figli che Dio v'ha dati, crescendo sempre di virtù in virtù. E sappi che in neuno modo possiamo avere per noi medesimi questi frutti de le virtù, poiché noi siamo arboli salvatichi, se noi non facessimo uno innesto, per amore e desiderio di Dio, in su questo dolce albero, Cristo Crocifisso: poiché, vedendoci tanto amare da lui che ha data la vita per noi, non ci potremmo tenere che noi non siamo fatti una cosa con lui. Allora l'anima inebriata d'amore non vuole tenere per altra via che il maestro suo: ogni diletto e consolazione del mondo fugge, perché esso le fuggì, e ama ciò che Dio ama, e odia ciò che Dio odia. Ama la virtù e odia lo vizio, e inanzi sceglie la morte che offendare lo suo Creatore; e non sosterrà che i suoi figli e la famiglia sua l'offenda, anco gli correggiarà come vero padre, e giusta al suo potere vorrà che tenghino le vestigie sue. Or di questo vi prego che siate sollecito.

Confortate e benedite tutta la famiglia, e molto mi racomandate alla madre e alla donna vostra e singularmente benedite la mia figlia, quella che io desidero che sia sposa di Cristo e consecrata a lui.

Non dico più.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.





157. A Vanni e a Francesco figli di Nicolò dei Buonconti da Pisa.

Al nome di Gesù Cristo e di Maria dolce.

A voi dilettissimi e carissimi fratelli in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi e confortovi nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi veri figli che sempre viviate nel vero e santo timore di Dio sì e per sì-fatto modo che voi non spregiate lo sangue di Cristo, anco vi venga in tedio e in abominazione lo fracidume del peccato mortale, lo quale fu cagione de la morte del Figlio di Dio.

Bene è degno Perciò di riprensione colui che dà lo corpo suo a tanta 'nequità e immondizia, considerando la perfetta unione che Dio fece nell'uomo. Non voglio fratelli miei carissimi, che spezialmente tu Vanni non ti tenga un altro modo di vivare che tu non hai fatto per lo tempo passato, recandoti dinanzi agli occhi l'anima tua e la brevità del tempo, pensando che diei morire e non sai quando.

O quanto sarebbe cosa scura che la morte ti trovasse in peccato mortale! e per una trista dilettazione noi perdiamo tanto bene e diletto quanto egli è avere Dio per grazia nell'anima sua, e poi nell'ultimo avere la vita durabile la quale non debba mai avere fine.

E vedete ch'io v'invito tutti e tre a fare sacrifizio dei corpi vostri, a disponarvi a morire per Cristo crocifisso se bisogno sarà, e in questo mezzo prima che venga lo tempo voglio che stiate con una virtù santa con la confessione spesso, dilettandovi sempre d'udire la parola di Dio, poiché come lo corpo non può stare senza lo cibo così l'anima non può stare senza lo cibo de la parola di Dio, cioè senza la confessione. Guardatevi da le perverse compagnie poiché molto v'impedirebbero lo santo proponimento.

Non dico più, carissimi e dolcissimi fratelli in Cristo Gesù.

Rimanete ne la santa carità. Gesù Gesù Gesù.







158. A prete Nino da Pisa.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo padre in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi bagnato e anegato nel sangue di Cristo Crocifisso, e nascoso nel costato suo, - poiché nel sangue trovarete lo fuoco poiché per amore fu sparto -, e nel costato trovarete l'amore corale: ché tutte le opere che Cristo adoperò in noi, le mostra fatte con tanto corale amore.

Allora l'anima vostra s'accendarà a un fuoco di santo desiderio, lo quale desiderio e affetto d'amore non invecchia mai, ma sempre ringiovanisce l'anima che se ne veste, e rinfrescala in virtù, e fortifica e allumina e unisce col suo Creatore, perché in questo oggetto di Cristo Crocifisso trova lo Padre, e participa della potenza sua; trova la sapienza dell'unigenito Figlio di Dio, lo quale gli allumina lo intelletto; gusta e vede la clemenza dello Spirito santo, trovando l'affetto e l'amore con che Cristo ha donato a noi lo beneficio della sua passione, facendoci bagno di sangue dove sono lavate le nostre iniquità: del costato suo ci ha fatto abitazione e receptaculo dove l'anima si riposa, e trova e gusta Dio e Uomo.

Or questo voglio che noi facciamo, carissimo padre: che l'occhio dell'intelletto nostro non si serri mai, ma sempre vegga e raguardi quanto egli è amato da Dio; lo quale amore ci è manifestato per mezzo del Figlio suo. La volontà sempre ami, e non cessi mai né allenti l'amore verso del suo Creatore, né per diletto né per pena né per veruna altra cosa che ci fusse fatta o detta; ma, sempre con vera e perfetta perseveranza infine alla morte, se tutte l'altre opere ed essercizii corporali venissero meno, questo non debba mancare. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





159. A frate Rinieri di Santa Cristina dei frati Predicatori in Pisa.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendo padre in Cristo Gesù per reverenzia di quello dolcissimo sacramento, io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vero cavaliere e combattitore contro ogni vizio e tentazione per Cristo crocifisso, con una santa e vera perseveranza, poiché la perseveranza è quella che è coronata.

Sapete che con la perseveranza e con la battaglia si riceve vittoria: noi siamo in questa vita posti come in uno campo di battaglia e doviamo combattere virilmente, e non schifare i colpi né vòllare lo capo adietro, ma raguardare lo nostro capitano Cristo crocifisso che sempre perseverò, e non lassò per detto dei Giuderi - quando dicevano «discendi della croce» (Mt 27,40-42 Mc 15,30-32) -, né per demonio, né per nostra ingratitudine; ma persevara e non lassa però di compire l'obbedienzia del Padre e la salute nostra fino all'ultimo che torna al Padre eterno con la vittoria ch'egli ha avuta: d'avere tratta l'umana generazione delle tenebre, e rendutale la luce della grazia, vencendo lo demonio e il mondo con tutte le delizie sue. E n'è rimaso morto questo Agnello: ha data la morte a sé per rendere la vita a noi; con la morte sua distrusse la morte nostra. Lo sangue e la perseveranza di questo capitano ci die fare inanimare a ogni battaglia, portando pene strazio e rimproverio e villania per lo suo amore, avere povertà volontaria, umiliazione di cuore, obbedienzia compita e perfetta.

A questo modo, quando sarà distrutta la nuvola del corpo suo, tornarà con la vittoria alla città di vita eterna: avarà sconfitto lo demonio, lo mondo e la carne, che son tre perversi nemici, e singularmente la carne che sempre ci stimola e combatte contro lo spirito. Conviencela domare e macerare col digiuno, vigilie e orazioni; e le cogitazioni che vengono, cacciarle con le continue e sante imaginazioni, imaginando e cogitando quanto è il fuoco della ardentissima carità, quanto egli ha fatto per noi per grazia e non per debito, ché il Padre ci ha dato lo Verbo de l'unigenito suo Figlio, e il Figlio ha data la vita: che per amore ha dissanguato e aperto lo corpo suo che da ogni parte versa sangue. Egli ha lavate le macchie delle nostre iniquità, di sangue.

Quando l'anima raguarda tanto amore, consumasi per amore e non le pare potere fare tanto - né potrebbe, se desse lo corpo suo a ogni pena e tormento -: non li pare potere, né può sodisfare a tanto amore e a tanti benefici quanto riceve dal suo Creatore. Egli è lo dolce Dio nostro, che ci amò senza essere amato. Or con questo modo cacciarete le cogitazioni del demonio.

Ma voi mi potreste dire, padre: «Poi che tu vuoli ch'io sia cavaliere virile, e io sono nel campo della battaglia combattuto da molti nemici, arme mi conviene avere: dimmi che arme io prenda». Rispondovi ch'io non voglio che siate disarmato, ma voglio che aviate l'arme di Pavoloccio, che fu uomo come voi, cioè la corazza della vera e profonda umilità, la soprasberga dell'ardentissima sua carità, che, come la corazza è unita con la soprasberga, e la soprasberga con la corazza, così l'umilità è balia e nutrice della carità, e la carità nutre l'umilità. Questa è l'arme ch'io vi do, poiché ella riceve i colpi - ché assai può gittare lo demonio lo mondo e la carne saette tanto avelenate che ce ne colga nessuna -, poiché l'anima innamorata di Cristo crocifisso non riceve in sé saetta di peccato mortale, cioè per consentimento di volontà. Egli è di tanta fortezza che né dimonia né creatura lo può constregnare più che si voglia.

Anco vi conviene avere in mano lo coltello per difendarvi da' nemici vostri, e avesse due tagli - un taglio di odio di pentimento di noi medesimi e del tempo passato speso con poca sollecitudine di virtù e con molta miseria e iniquità e offese del nostro Salvatore. Doviamo odiare questa offesa e noi medesimi che aviamo offeso, poiché la persona che ha conceputo uno odio vuole fare vendetta della vita passata, e sostenere ogni pena per amore di Cristo e scontiamento dei peccati suoi, vendicando la superbia con l'umilità, la cupidità e avarizia con la larghezza e carità, la libertà delle proprie sue volontà con l'obbedienzia. Queste sono le sante vendette che noi doviamo fare quando portiamo questo coltello de l'odio e de l'amore.

Ma io godo ed essulto delle gloriose novelle ch'io ho udite di voi, che mi pare che aviate fatta la vendetta della libertà, essendo andato al giogo dell'obbedienzia santa. Non potevate fare meglio che d'avere renunziato al mondo e ai diletti e delizie sue e alla propria volontà. Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che virilmente con una santa perseveranza stiate in questo campo della battaglia, e non volliate mai lo capo adietro a schifare neuno colpo di molestia e tentazione, ma fermo, armato dell'arme detta, con l'arme sostenete e riparate ai colpi che vengono; col coltello di due tagli di odio e d'amore vi difendarete da' vostri nemici.

L'albero della croce voglio che sia piantato nel cuore e nell'anima vostra: conformatevi con Cristo crocifisso, niscondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso, bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, inebriatevi e vestitevi di Cristo crocifisso.

Come dice Pavolo, gloriatevi nella croce di Cristo crocifisso; satollatevi d'obrobrii, di vergogne e di vituperii, sostenendo per amore di Cristo crocifisso. Conficcatevi lo cuore e l'affetto in croce con Cristo, poiché la croce v'è fatta nave e porto, ché vi conduce a porto di salute; i chiodi vi son fatti chiave a uprire lo reame del cielo. Orsù, padre e fratello carissimo, non dormite più nel letto della negligenzia, ma come cavaliere virile e non timoroso combattete contro ogni aversario, ché Dio vi darà la plenitudine della grazia, sì che, consumata la vita vostra, dipo' le fatiche giognarete al riposo e a vedere la somma eterna bellezza e visione di Dio, dove l'anima si quieta e riposa: finita ogni pena e male riceve ogni bene, sazietà senza fastidio, e fame senza pena. Finite la vita vostra in croce.

Rimanete etc. Gesù dolce, Gesù amore.





160. A Giovanni Perotti e monna Lipa sua donna.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo figlio mio in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi nel prezioso sangue del figlio di Dio, con disiderio di vedere in voi adempita quella parola del dolce apostolo Pavolo, quando diceva "Induimini Dominum nostrum Jesum Christum" (Rm 13,14), cioè spogliatevi dell’uomo vecchio e vestitevi del nuovo (Ep 4,22-24 Col 3,9-10), cioè di Cristo crocifisso, lo quale è quello vero vestimento che ricuopre la nudità dell'uomo e vestelo di virtù. O inestimabile e diletta carità che s'è fatto nostro vestimento! Poi che per lo peccato perdemmo la vita de la grazia venne come inamorato, costretto dal fuoco de la divina carità; avendo noi perduto lo detto vestimento de la grazia e il caldo de la divina carità, esso, come fuoco, ci tolse la fredezza, vestendo sé de la nostra umanità. Allora riavemmo lo vestimento de la grazia, la quale non ci può essere tolta né per dimonia né per creature, se noi medesimi non vogliamo.

Perciò vi prego, fratello e sorella mia carissimi, che siate solliciti di prendare questo santo e dolce vestimento, non comettendo negligenzia, a ciò che non vi sia detta quella parola di rimproverio: «Maladetto sia tu che ti lassasti morire di freddo e di fame», poi che Cristo è tuo vestimento ed èttisi dato in cibo. Oimé, or quale sarebbe quel cuore tanto indurato e ostinato che non si levasse a spogliarsi d'ogni ignoranza e negligenzia, e vestirsi di questo santo e dolce vestimento, lo quale dà vita a coloro che sono morti? O quanto sarà dolce e beata l'anima nostra quando verrà lo tempo nostro che saremo richiesti da la prima Verità nel tempo dolce de la morte, dove l'anima gode ed essulta quando si vede vestita del vestimento de la divina grazia! Lo quale è uno vestimento che i demoni non possono contro di lui, poiché la grazia fortifica e tolle ogni debolezza: solo lo peccato è quella cosa che indebilisce l'anima. O quanto è pericoloso e perverso lo vestimento del peccato! Bene è da fuggirlo con odio e pentimento, poi che tanto ci è nocivo, e spiacevole e abominevole a Dio. Con ardore e infiamato desiderio vi levate a strignare e vestirvi di questo dolce vestimento nuziale de la divina e dolce carità, lo quale l'anima si mette per non essere cacciata de le nozze de la vita durabile (Mt 22,1-13), a le quali Dio c'invitò e invita in sul legno de la santissima croce. Prego la somma ed eterna verità che vi faccia sì andare virilmente, che giogniate al termine e fine per mezzo del quale voi fuste creati. E sì come per carità e per amore vestiste lo Bambino di drappo, così vesta egli voi di sé medesimo uomo nuovo, Cristo crocifisso. Ringraziovi molto.

Rimanete etc. Gesù etc.



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