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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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Sesso: Femminile
19/10/2012 16:00

161. A monna Nella donna che fu di Nicolò dei Buonconti da Pisa, e a monna Caterina donna di Gherardo di Nicolò predetto.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre monna Nella e Caterina in Cristo Gesù, io Caterina serva e schiava dei servi di Gesù Cristo vi conforto e benedico nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi unite e legate col vincolo de la carità, lo quale tenne confitto e chiavellato lo Figlio di Dio in croce.

O inestimabile dolcissima carità, quanto è forte questo legame che tiene Dio e Uomo piagato e lacerato in sul legno de la croce: ine portò i pesi de le nostre iniquità, ine si fabbricarono; come l'ancudine sotto lo martello, così è fabbricata l'anima ne le pene di Cristo per mezzo del fuoco de la sua carità. O unione dolce e perfetta la quale tu Dio hai fatto con l'uomo! Voglio dunque che vi leviate con perfetta sollecitudine: fate una unione che non sia né dimonia né creatura che vi possa separare: questa è quella unione e quello comandamento lo quale Dio ci lassò perché non aveva più cara cosa che dare.

Or ecci più cara cosa che avere Dio e stare in questa perfetta unione de la carità di Dio? Poiché Dio è carità (1Jn 4,8), chi sta in carità sta in Dio e Dio in lui. Così disse la prima Verità: chi osservarà la mia parola, starò in lui ed egli in me, e manifestarò me medesimo a lui (Jn 14,21-23). O dolcissimo amore, che siamo noi che tu manifestarai te medesimo all'uomo? che manifestazione è questa che tu fai nell'anima? non è altro se non uno ineffabile amore lo quale è una madre che concepe l'odore de le virtù.

E come la madre notrica al petto i figli suoi, così la madre de la carità notrica i figli e raporta lo frutto ne la vita durabile.

Perciò con perfettissima sollecitudine levatevi suso, dolcissima madre e figlia, seguitate le virtù, riposatevi a questo glorioso petto de la carità. E se mi diceste: «in che modo posso trovare questa gloriosa madre?», dicovelo: in sull'albero de la venerabile e santissima croce, du' fu innestato lo Verbo incarnato del Figlio di Dio, ine trovarete aperta la vena del sangue del Figlio di Dio, sparto con tanto fuoco d'amore, vollendo l'occhio dello intendimento vostro inverso la divina carità che continuamente si riposa verso di noi: non si potrà tenere lo cuore che non ami quando tanto si vedrà amare. A mano a mano segue uno odio e pentimento di voi medesime e pentimento del mondo che spregiarete le dilizie e gli onori; abbraccicarete ingiurie e vergogne e agevolissimamente portarete, raguardando le 'ngiurie e gli scherni del vostro Creatore.

O quanto è ignorante e villano quel cuore che vuole tenere per altra via che tenesse lo maestro suo, con-ciò-sia-cosa-che chi vuole la vita durabile gli conviene seguire le vestigie sue. Così disse egli: «Io sono via verità e vita (Jn 14,6), chi va per me non va per le tenebre ma giugne a la luce» (Jn 8,12). In uno altro luogo dice: «Neuno non può andare al Padre se non per me» (Jn 14,6). Perciò da poi che noi vediamo tanto amore fondato nell'anima nostra, e la necessità ci stregne a levare l'affetto e'l desiderio nostro dal secolo - ch'è pieno di tenebre e d'amaritudine senza nessuna fermezza e stabilità, e nessuna conformità ha con Cristo crocifisso: Cristo è vita, egli è morte - virilmente ci leviamo, carissima madre e figlia; e abandonate la pompa e la vanità del secolo, sì che nel ponto del tempo, dolendoci del tempo perduto, lo restituiamo nel tempo presente ch'avete: pensate che il tempo ci sarà richiesto nell'ultima 'stremità de la morte.

O quanta confusione sarà a colui che negligentemente e iniquamente avrà speso lo tempo suo! Non voglio che aspettiamo questa confusione, ma che noi viviamo con tanta virtù che, consumata la vita, noi ci torniamo col frutto de le virtù, coi la madre dolce de la carità, in quella città vera di Ierusalem. Ine ci riposaremo in quella visione de la pace dove ha vita senza morte, luce senza tenebre, sazietà senza fastidio, fame senza pena. O quanto è benigno e dolce lo Dio nostro che per lasciare le cose finite ci dona le cose infinite! Non più negligenzia né ingratitudine, ma seguiamo le vestigie di Cristo Crocifisso. Amatevi amatevi insieme, dilettissima madre e sorella.

Rimanete ne la santa carità. Laudato sia Gesù Cristo.





162. A monna Franceschina e a monna Caterina e a due altre loro compagne spirituali in Lucca.

Al nome di Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissime e carissime figlie e sorella mie in Cristo Gesù: io Caterina serva e schiava dei servi di Dio scrivo a voi e confortovi tutte nel prezioso sangue del Figlio di Dio, con desiderio di vedervi vere figlie e spose consecrate a lo sposo eterno che con tanto fuoco di carità ha data la vita per noi.

Così fate che virilmente con ardentissimo desiderio seguitate lo gonfalone de la santissima croce: cioè seguire le vestigie sue per via di pene e di crociati e amorosi desideri, poiché la sposa e il figlio sempre si debba dilettare in seguire lo padre e sposo suo, e se egli ha pena egli si conforma con pena, e se egli ha diletto egli si conforma con diletto, sì come disse l'appostolo inamorato di Pavolo di sé medesimo: «Io godo con coloro che godono e piango con coloro che piangono». Questo fa l'anima che sta in perfetta carità: facendo così s'adempie in lei la parola d'esso Pavolo: «chi participa la tribolazione, cioè la croce di Cristo, sì participarà le consolazioni» cioè in gloria con Cristo. Ragionevolmente Dio lo' darà la eredità sua poiché per amore hanno lasciata la eredità e sollecitudine del mondo, lassato lo diletto e le consolazioni mondane, e seguitato la croce di Cristo crocifisso e abbracciate pene e obrobii e vitoperii per l'amore suo.

Or questo è quello fuoco, carissime mie figlie, in che l'anima debba ardare per infiammati e amorosi desideri; e in altro non si debba dilettare poiché ogni altra via è scura e tenebrosa a noi, e conduce l'anima in morte eterna. Non siate Perciò negligenti ma sollecite in questa dolce e dritta via, Cristo Gesù. Così disse egli: «Io sono via verità e vita, chi va per me va per la luce e non per le tenebre e perviene a la vera vita, la quale non gli sarà tolta in eterno». Non caggia ignoranza né amore propio in voi però ch'ella è quella cagione che non lassa corrire l'anima, ma rimane legata tra via e sempre si vòlle indietro a mirare l'arato. Ma la vera sposa e figlia che è sollecita non si vòlle mai indietro ma sempre corre inanzi con l'oglio de la vera umilità e col fuoco dell'ardentissima carità; questo è lo suo studio e con questo si rapresenta e sempre serve al suo dolcissimo salvatore.

Pregovi per l'amore di Cristo crocifisso che, poi che il nostro dolce e buono Gesù è tanto cortese e largo, noi non c'indugiamo più, ma rechianci per le mani la brevità del tempo nostro e ricovariamo con dolore e amaritudine santa, dolendoci del tempo perduto speso con poca sollecitudine. In questo modo racquistaremo lo tempo passato. Non dico più. Prego la prima Verità che vi cresca di virtù in virtù fino che giogniate al termine due è vita senza morte, sazietà senza fastidio, letizia senza tristizia, due è ogni bene senza alcuno male. La pace di Dio sia sempre nell'anime vostre.



Rimanete ne la santa carità di Dio. Gesù dolce Gesù Gesù.







163. A monna Franceschina in Lucca.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissima e carissima sorella in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo e confortovi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi vera serva e figlia del dolce e buono Gesù, bagnata e vestita del sangue del Figlio di Dio, a ciò che ogni vestimento d'amore proprio sia partito da voi, e ogni negligenzia e ignoranza.

Unde io voglio che seguitiate questa dolce e inamorata di Magdalena, la quale non si staccò mai dall'albero della santissima croce, ma con perseveranza ella si bagnava e inebriava del sangue del Figlio di Dio; e tanto s'empì la memoria e il cuore e lo intendimento che mai non si poté vòllere ad amare altra cosa che Cristo Gesù. Così voglio che facciate voi infine all'ultimo de la vita vostra, crescendo di virtù in virtù e non ristandosi in perseverare le giornate, e, come vero peregrino, non vollendosi adietro per veruna stanchezza.

E non vi ponete a sedere per negligenzia, ma voglio che pigliate lo bastone della santissima croce, dove sono piantate e fondate tutte le virtù, raguardando l'Agnello dissanguato per noi con tanto ardentissimo fuoco che dovarebbe ardere e consumare ogni freddezza e durezza di cuore e amore proprio di sé medesimo lo quale fusse nell'anima. O come potrà fare la sposa che non seguiti le vestigie dello sposo suo, cioè con amore sostenere e andare per la via de le pene, per qualunque modo Dio ce le concede? Or vi levate su con una pazienza e vera umilità a seguire l'Agnello mansueto, con cuore liberale largo e caritativo, e abandonare voi per lui, imparando da esso Gesù, che per darci la vita de la grazia perdette l'amore del corpo suo; e in segno di larghezza egli aperse tutto sé medesimo, e, poi che fu morto, in segno d'amore del costato suo fece bagno.

Volete stare sicura? Or vi nascondete dentro a questo costato, e guardate che di questo cuore partito voi non siate trovata fuore. Bene che, se voi v'entrate, voi trovarete tanto diletto e dolcezza che non vi vorrete mai partire, poiché ella è una bottega aperta piena di speziaria, con abondanzia di misericordia, la quale misericordia dà grazia e conduce a la vita durabile, dove è vita senza morte, sazietà senza fastidio e fame senza pena, letizia perfetta e compita senza veruna amaritudine: ine è saziato lo gusto e l'appetito de la creatura. O inestimabile e ineffabile carità, chi ti costrinse a darci questo vero bene? solo lo smisurato tuo amore col quale tu creasti la tua creatura, non per debito che tu avessi: poiché noi siamo obligati a te, non tu a noi.

Ma pensate, dilettissima sorella in Cristo dolce Gesù, che l'anima non può venire a tanto bene di vedere Dio, se prima in questa vita non s'ingegna di gustarlo per ardentissimo e ardente amore, lo quale amore inchiude e trae a sé tutte le virtù. Non manca virtù all'anima che è ferita da la saetta de la divina carità, la quale carità s'acquista a la mensa de la santissima croce, dove è l'Agnello immacolato, lo quale è mensa cibo e servidore. Or come si potrebbe tenere l'anima che non amasse lo suo dolce Salvatore, vedendosi tanto amare da lui? Usanza e consuetudine è dell'amore che sempre rende amore per amore, e è trasformata la cosa che ama ne l'amato. Così l'anima sposa di Cristo, che si vede amata da lui, dimostra che gli voglia rendere cambio, rendendoli amore: cioè che per amore voglia portare pene e obbrobrii per lui; e così si trasforma e diventa una cosa con lui per amore e per desiderio: ama ciò che Dio ama e odia ciò che Dio odia, perciò che vede che il dolce Gesù sommamente si dilettò di portare la croce de le molte fatiche per amore de l'onore del Padre e de la nostra salute, come mangiatore e gustatore delle anime. E a questo modo cel conviene gustare a noi, e conformarci con lui. Or corriamo, e non dormiamo più nel letto de la negligenzia, ad andare a questo vero bene. Altro non dico.



Rimanete ne la santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







164. A monna Melina donna di Bartolomeo Barbani da Lucca.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce, madre del Figlio di Dio.

A te, figlia in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo e conforto voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi unite e transformate nel fuoco della divina carità, sì e per sì-fatto modo che non sia creatura né veruna altra cosa che da essa carità vi parta.

Sai, diletta e cara figlia mia, che a volere unire due cose insieme non conviene che vi sia mezzo, ché se mezzo v'è, non può essere perfetta unione. Or così ti pensa che Dio vuole l'anima: senza mezzo d'amore proprio di sé o di creatura, poiché Dio ama noi senza veruno mezzo; largo e liberale amò per grazia e non per debito, amando senza essere amato. Di questo amore non può amare l'uomo, poiché egli è sempre tenuto d'amare di debito, participando e ricevendo sempre i beneficii di Dio e la bontà sua in lui.

Doviamo dunque amare del secondo amore, e questo sia sì netto e libero che nessuna cosa ami fuore di Dio, né creatura né cosa creata, né spiritualmente né temporalmente.

E se tu mi dici: Come posso avere questo amore? dicoti, figlia, che noi nol possiamo avere, né trare altro che dalla fonte della prima Verità. A questa fonte trovarai la dignità e bellezza dell'anima tua: vedrai lo Verbo, Agnello dissanguato, che ti s'è dato in cibo e in prezzo, mosso solo dal fuoco della sua carità, non per servizio che avesse ricevuto da l'uomo, ché non n'aveva avuto altro che offesa. Dico Perciò che l'anima, raguardando in questa fonte, assetata e affamata della virtù, beie subito, non vedendo né amando sé per sé, né veruna cosa per sé: ogni cosa vede nella fonte della bontà di Dio, e per lui ama ciò che ama, e senza lui nulla.

Or come potrebbe allora l'anima, che ha veduta tanta smisurata bontà di Dio, tenersi che non amasse? A questo parbe che la prima dolce Verità c'invitasse, quando gridò nel tempio con ardore di cuore, dicendo: «Chi ha sete venga a me e beia, ché sono fonte d'acqua viva» (Jn 7,37). Vedi, figlia, che gli assetati sono invitati; non dice: chi non ha sete, ma: chi ha sete. Richiede dunque Dio che noi portiamo lo vasello del libero arbitrio con sete e volontà d'amare. Andiamo all'amore della dolce bontà di Dio, come detto è, e in questa fonte trovaremo lo cognoscimento di noi e di Dio; nel quale attufando lo vasello suo, ne trarrà l'acqua della divina grazia, la quale è sufficiente a dargli la vita durabile. Ma pensa che per la via non potremmo andare col mezzo del peso, e però non voglio che tu ti vesta d'amore di me, né di veruna creatura, se non di Dio.

Questo ti dico perché ho udito, secondo che mi scrivi, la pena che sostenesti della mia partita: voglio che impari dalla prima dolce Verità, che non lassò per tenerezza di madre, né per veruno dei discepoli suoi, che non corrisse, come inamorato, all'obrobiosa morte della croce, lassando Maria i discepoli suoi, e non di meno gli amava smisuratamente; che per più onore di Dio e salute della creatura si partivano, perché non attendevano a loro medesimi ma rifiutavano le consolazioni proprie, per loda e gloria di Dio, sì come mangiatori e gustatori delle anime. Debbi credare che, al tempo che egli erano tanto tribulati, sarebbero stati volentieri con Maria, ché sommamente l'amavano; e non di meno tutti si partono perché non amano loro per loro, né lo prossimo per loro, né Dio per loro, ma amavanlo perché era degno d'amore e sommamente buono: ogni cosa, e il prossimo e loro, amavano in Dio. Or a questo modo tu e l'altre voglio che amiate; raguardatemi solo in dare l'onore a Dio, e dare la fatica al prossimo vostro. Ché, perché egli vi paia alcuna malagevolezza di vedere partita quella cosa che altri ama, non di meno ella si piglia senza tedio, se egli è vero amore, fondato solo nell'onore di Dio, e raguarda più alla salute delle anime che a sé medesimo.



Fate, fate che io non vegga più pene, poiché questo sarebbe uno mezzo che non vi lassarebbe unire né conformare con Cristo.

Considerando me che Dio, come egli s'è dato libero, così richiede, e però dissi che io volevo che tu e l'altre care figlie mie fuste unite e trasformate in Dio per amore, traendone ogni mezzo che l'avesse a impedire: solo lo mezzo della divina carità, che è quello dolce e glorioso mezzo che non divide ma unisce.

E veramente pare che faccia come lo maestro che edifica lo muro, che rauna molte pietre e combaciale insieme, e insiememente è chiamato pietra e muro; e questo ha fatto col mezzo della calcina: se non v'avesse posto lo mezzo, sarebbero cadute, partite e rotte più che mai. Or così ti pensa che l'anima nostra debba raunare tutte le creature, e unirsi con loro per amore e desiderio della salute loro, sì che sieno participi del sangue dell'Agnello; allora si conserva questo muro: sono molte creature e sono una. A questo parbe che c'invitasse santo Paulo, quando disse che molti corrono lo palio, e uno è quelli che l'ha (1Co 9,24), cioè colui che ha preso questo mezzo della divina carità. Ma tu potresti dire a me come dissero i discepoli a Cristo, quando disse: «Uno poco starete e voi non mi vedrete, e uno poco e voi mi vedarete».

Essi risposero: Che farà costui? che dice egli: «Uno poco e voi non mi vedarete, e uno poco e voi mi vedarete»? Così potreste dire voi: Tu ci dici che Dio non vuole mezzo, e ora dici che noi poniamo lo mezzo. Rispondoti e così ti dico, che tu vadi col mezzo del fuoco della divina carità, lo quale è quello mezzo che non è mezzo, ma fassi una cosa con lui, sì come lo legno che si mette nel fuoco. Dirai tu che lo legno sia legno? no, anco è fatto una cosa col fuoco. Ma se metteste lo mezzo dell'amore proprio di voi medesime, questo sarebbe quello mezzo che vi tolle Dio, e non di meno è non nulla, poiché il peccato è nulla, e in altro non sono fondati i peccati se non nell'amore proprio e piaceri e diletti fuore di Dio; ché, come dalla carità procede e dà vita ogni virtù, così da questo procede ogni vizio e dà morte, e consuma ogni virtù nell'anima. E però ti dissi che Dio non vuole mezzo, e ogni amore che non è fondato nel vero mezzo non dura. Corrite, dilette figlie mie, e non più dormiamo.

Ho avuta compassione alle vostre pene, e però vi dò questo remedio, che voi amiate Dio senza mezzo. E se volete lo mezzo di me misera miserabile, vogliovi insegnare dove voi mi troviate, affinché non vi partiate da questo vero amore: andatevene a quella dolcissima e venerabile croce, con quella dolce inamorata Magdalena: ine trovarete l'Agnello e me, dove si potrà pascere e notricare e adempire i vostri desiderii. A questo modo voglio che voi mi cerchiate, me e ogni cosa creata; questo sia lo gonfalone e il refrigerio vostro. E non pensate che, perché il corpo si dilunghi da voi, che sia dilungato l'affetto e la sollicitudine della salute vostra; anco è più, fuore de la presenza corporale, che ne la presenza. Non sapete voi ch'i discepoli santi ebbero più, doppo la partita del maestro, sentimento e cognoscimento di lui che prima? Poiché tanto si dilettavano de l'umanità che non cercavano più oltre. Ma poi che la presenza si fu partita, egli si dêro a intendare e cognosciare la bontà sua. E però disse la prima verità: «Egli è bisogno che io vada, altrimenti lo Paraclito non verrebbe a voi». Così dico io: egli era bisogno che io mi partisse da voi, affinché vi deste a cercare Dio in verità e non con mezzo. Dicovi che n'avarete meglio poi che prima, intrando dentro da voi a pensare le parole e la dottrina che vi fu data: a questo modo ricevarete la plenitudine della grazia per essa grazia di Dio. Non scrivo più perché io non ho più tempo da scrivare.

Mandola principalmente a te, Melina, e poi a Caterina e a monna Giovanna e a monna Chiara e a monna Bartalomea e a monna Lagina e a monna Colomba. Confortatevi da parte di tutte.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.



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