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LE LETTERE di santa Caterina da Siena Dottore della Chiesa (2)

Ultimo Aggiornamento: 19/10/2012 17:01
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19/10/2012 16:13

180. A Piero marchese dal Monte Sancte Marie de la Marca, quando era sanatore di Siena.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

A voi, reverendissimo e carissimo padre mio in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Dio, scrivo a voi e racomandovimi, con desiderio di vedervi sempre osservatore dei santi comandamenti di Dio, senza i quali nessuna creatura può avere in sé la vita de la grazia; e non è neuno che per gentilezza né per ricchezza né signoria, né per prosperità né grandezza, si possa ritrare né scusare che non sia servo a servire e ad osservare questi dolci e santi comandamenti, i quali sono dati a noi da la prima e dolce Verità, lo quale fu regola e via nostra, e così disse egli: «Io sono via e verità e vita».

O reverendo padre, riguardate al nostro dolce Salvatore, che fu datore de la legge, che perfettamente la volse osservare in sé! Bene è dunque grande confusione, e diesi vergognare l'uomo, che vede Dio umiliato a sé uomo: unde, se la ragione si dà a considerarlo, già mai non levarà lo capo contro Dio per superbia, né per neuno stato che avessea. O dolce e inestimabile diletta carità, che sei fatto servo per fare l'uomo libero, e hai dato a te la morte per dare a noi la vita, e sei schernito a la obbrobriosa morte de la croce, per rendere a noi l'onore lo quale noi perdemmo per lo peccato de la disobbedienza! Oimé, trovammo la morte per la rebellione che facemmo ai comandamenti di Dio, e ogni dì cadiamo in questa medesima morte eternale, trapassando la dolce volontà di Dio. Venne l'Agnello immacolato, dissanguato in su lo legno de la santissima croce, arso al fuoco de la divina carità, e àcci renduta e restuita la grazia con l'obedienzia sua. Perciò io vi prego dolcemente in Cristo Gesù che noi seguiamo questa via e regola dei veri e santi comandamenti, osservandoli fino a la morte, con la memoria del sangue del Figlio di Dio, affinché siamo più animati ad osservargli. O quanto è dolce questa servitudine, che fa l'uomo libero da la servitudine del peccato! Or ristregniamo questi comandamenti in due, padre: cioè nell'amore e carità di Dio e del prossimo; e questo amore lo fondaremo in uno timore santo di reverenzia, e eleggiaremo inanzi la morte che offendere a quella cosa che noi amiamo, non per timore di pena, ma perché egli è degno di essere amato, poiché è somma e eterna bontà. E quanto più amarete Dio, tanto più si distenderà l'amore vostro al prossimo vostro, sovenendolo spiritualmente e temporalmente, secondo che vengono i casi e il tempo che bisogna di servire al prossimo suo. E così sarà adempita la volontà di Dio in voi, che non vuole altro che la nostra santificazione. Non dico più qui.

Racomandovi, quanto l'anima mia, due piati dei quali vi parlarà sere Francesco portatore di questa lettera: l'uno si è del monasterio di Santa Marta, che sono perfettissime serve di Dio; l'altro si è di monna Tomma, grande serva di Dio e a me carissima madre. So veramente che, se non fusse di ragione, nol dimandarebbero. Pregovi caramente che le spacciate lo più tosto che potete, sì che non abbiano longhezza di tempo. Non dico più.

Inamoratevi e bagnatevi nel sangue del Figlio di Dio.

Benedicetemi lo mio singulare figlio e tutti gli altri. Gesù dolce, Gesù.





181. A missere Nicola da Osmo, secretario e protonotario di nostro signore lo papa.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce, madre del Figlio di Dio

A voi, dilettissimo e carissimo padre in Cristo Gesù: io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi una pietra ferma, fondato sopra la dolce pietra ferma Cristo Gesù.

Sapete che la pietra e lo edifizio che fusse posto e fatto sopra la rena o sopra la terra, ogni piccolo vento o pioggia che venga lo dà a terra. Così l'anima che è fondata sopra le cose transitorie di questa tenebrosa e caduca vita, che passano tosto come lo vento, e come polvere che si pone al vento: ogni piccolo contrario la dà a terra; e così quando fussimo fondati in amore proprio di noi medesimi, lo quale è la più perversa lebbra e piaga che possiamo avere. Ella è quella lebbra che tutte le virtù fa guastare, e non hanno in loro vita, poiché sono private de la madre della carità: non vivono, perché non sono acostate con la vita.

Desidera dunque l'anima mia di vederci fondati nella viva pietra.

O carissimo padre, ècci migliore e più dilettevole cosa, che d'avere a edificare lo edifizio dell'anima nostra? Dolce cosa è, ché aviamo trovata pietra, maestro e servidore, uno manuale che bisogna a questo edifizio. O come è dolce maestro lo Padre eterno, dove si riposa tutta la sapienza e scienzia e bontà infinita! Egli è lo Dio nostro, che è colui che è; tutte le cose che participano essere, escono di lui; egli è uno maestro che sa quello che ci bisogna, e non vuole altro che la nostra santificazione, e ciò che dà e permette all'uomo - o tentazione di demonio, o essere tentato e perseguitato dagli uomini, o per ingiuria o villania, o per qualunque modo ricevessimo tribolazioni - sempre lo dà e permette per nostro bene, o per purgazione dei peccati nostri, o per acrescimento di perfezione e di grazia. Bene è dunque dolce questo nostro maestro, sì bene sa edificare e ponere quello che bisogna a noi! E ha fatto più, ché, vedendo che l'acqua non era buona a intridare la calcina per ponere la pietra, cioè delle dolci e reali virtù, donocci lo sangue dell'unigenito suo Figlio.

Sapete che, inanzi all'avenimento del Figlio di Dio, nessuna virtù aveva valore di potere dare all'uomo vita, la quale per lo peccato aveva perduta. O padre, raguardiamo la inestimabile carità di questo maestro che, vedendo che l'acqua dei santi profeti non era viva che ci desse vita, ha tratto di sé e porto a noi lo Verbo incarnato unigenito suo Figlio, àgli data la potenza e virtù sua in mano, e àllo posto ne l'edifizio nostro per pietra, senza la quale pietra noi non possiamo vivere. Ed è sì dolce questo Figlio, perché egli è unito e una cosa col Padre, che ogni cosa amara, per la dolcezza sua, in lui diventa dolce. In lui è calcina viva e non terra né rena.

O fuoco dolce d'amore, hai dato per servidore e manuale l'abbondantissimo clementissimo Spirito santo, che è esso amore, lo quale è quella mano forte che tenne confitto e chiavellato in croce lo Verbo. Egli ha premuto questo dolcissimo corpo, e fattolo versare sangue, lo quale è sufficiente a darci la vita e a edeficare ogni pietra. Ogni virtù ci vale e dà vita, quando è fondata sopra Cristo, e intrisa nel sangue suo.

Spezzinsi i cuori nostri d'amore, a raguardare che quello che non fece l'acqua ha fatto lo sangue! Or chi vorrebbe meglio? chi sarà colui che si vada oggimai avollendo per gli fossati, cercando veruna trista disordenata delettazione del mondo? Dissolvinsi per caldo queste pietre degl'indurati cuori nostri! Dunque è il Padre - che è a vederlo! - che con la sapienza sua e potenza e bontà ci s'è fatto maestro (poiché il maestro è quello che lavora, cioè con la virtù che ha dentro da sé, ché con la memoria, dove sta quello che bisogna fare, e con lo intelletto, col quale ha cognosciuto, e con la mano della volontà ha adoperato) creando e edificando l'anima nostra all'imagine e similitudine sua. Perdemmo la grazia per lo peccato commesso: venne, unissi e innestossi nella natura nostra. Ci ha dato tutto a noi, ché la sua virtù la dié nel Figlio, e fecelo insiememente maestro, come detto è, dandogli la potenza; fecelo pietra - così dice santo Paulo, che la pietra nostra è Cristo -; fecelo servidore e lavoratore di questo edifizio: cioè la sua inestimabile carità e amore, col quale ha data la vita, col sangue suo ha intrisa questa calcina, sì che non ci manca nulla. Godiamo e essultiamo, poi che avesseamo sì dolce maestro e pietra e lavoratore: àcci murati col sangue suo e fatto sì forte questo nostro muro che né dimonia né creature, né grandine né tempesta né vento, potrà muovere questo edifizio, se noi non vorremo.

Levisi la memoria e ritenghi in sé tanto beneficio; levisi l’intelletto e il cognoscimento a vedere l'amore e la sua bontà, che non cerca né vuole altro che la nostra santificazione: non vidde sé per amore proprio di sé, ma per l'onore del Padre e salute nostra. Allora, quando la memoria terrà, lo intendimento ha inteso e cognosciuto: non si debba tenere - e non so che si possa tenere - la volontà che non corra con uno ardore, riscaldato dal caldo della carità, ad amare quello che Dio ama, e odiare quello che egli odia. Di nessuna cosa si potrà turbare, né impedirà mai lo santo proponimento, ma sarà in vera pazienza, perché sarà fondato sopra la viva pietra Cristo. E però vi dissi che io desideravo che voi fuste pietra fondata sopra la pietra detta; così vi prego, per l'amore di Cristo Crocifisso, che sempre cresciate e perseveriate nel santo proponimento. Non vi movete mai né allentate per veruno contrario che avenisse. Siatemi una pietra ferma, fondata nel corpo della santa Chiesa, cercando sempre l'onore di Dio e la essaltazione e renovazione della santa Chiesa.

Pregovi che non allenti lo desiderio vostro, né la sollicitudine, di pregare lo padre santo che tosto ne venga e che non indugi più a rizzare l'arme dei fedeli cristiani, la santissima croce. Non mirate per lo scandalo che sia ora avenuto: non tema, ma virilmente perseveri, e tosto mandi ad effetto lo santo suo e buono proponimento. Perché sentiste delle percosse che vi fussero date o per i demoni o per le creature, siatemi pietra viva, fondato nella Sposa di Cristo, anunziando sempre la verità, se ne dovesse andare la vita! Non vediate voi per voi; ma sempre attendere di vedere l'onore di Dio: tanto tempo abbiamo veduto lo vitoperio del nome suo che ora ci doviamo disponere e dare la vita per la loda e gloria del nome suo. Or sollicitamente, padre, non negligenzia! Ora, mentre che aviamo lo tempo, e il tempo è nostro, diamo la fatica al prossimo nostro e la loda a Dio. Spero, per la bontà sua, che voi lo farete: perdonate però alla mia presunzione, ché l'amore e l'affetto me n'ha colpa. HO avuta grande letizia del buono desiderio e proponimento del santo padre, sì de la venuta sua e sì del santo e glorioso passaggio, lo quale è aspettato con grande desiderio da' servi di Dio. Non dico più qui.

Ho inteso che il Maestro dell'ordine nostro lo padre santo lo vuole promuovere e dargli altro beneficio.

Pregovi ce, se così è vero, che voi preghiate Cristo in terra che procuri all'ordine d'uno buono vicario, poiché n'abbiamo grande bisogno. Pregovi che gli ragioniate, se vi pare, di maestro Stefano, che fu procuratore dell'ordine quando frate Raimondo era in corte. Credo che sappiate che egli è uomo buono e virile: spero che, se noi l'avessimo, che per la grazia di Dio e per lui l'ordine si raconciarebbe. Ònne scritto al padre santo, non però detto cui egli ci dia, ma òllo pregato che ce il dia buono, e ragionine con voi e con l'arcivescovo d'Otronto. Se bisognasse che per questo, o per veruna altra cosa in utilità della santa Chiesa, che frate Raimondo venisse a voi, padre, scrivetelo e egli sarà sempre obbediente a voi. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.



182. A suora Bartalomea della Seta monaca del monasterio di Santo Stefano di Pisa.

Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce.

Carissima figlia in Cristo dolce Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo, con desiderio di vederti vestita del vestimento reale, cioè del vestimento dell'ardentissima carità, che è quello vestimento che ricuopre la nudità e nasconde la vergogna, e scalda, e consuma lo freddo.

Dico che ricuopre la nudità, cioè che l'anima creata all'imagine e similitudine di Dio (Gn 1,26), avendo l'essere, senza la divina grazia non avrebbe lo fine per mezzo del quale fu creata. Convienci principalmente avere lo vestimento della grazia, lo quale riceviamo nel santo battesimo mediante lo sangue di Cristo. Con questo vestimento i fanciulli che muoiono in puerizia hanno vita eterna: ma noi spose, che aviamo spazio di tempo, se non c'è posto uno vestimento d'amore verso lo sposo eterno, conoscendo la sua inestimabile carità, potremmo dire che questa grazia, che noi aviamo ricevuta nel battesimo, fusse nuda. E però è necessario che noi leviamo l'affetto e il desiderio nostro con vero cognoscimento di noi e aprire l'occhio dell'intelletto, e in noi conoscere la bontà di Dio, e l'amore ineffabile che egli ci ha. Poiché l’intelletto che conosce e vede, non può fare l'affetto che non ami, e la memoria che non ritenga lo suo benefattore.

Così con l'amore traie a sé l'amore: e trovasi vestita e ricuperta la sua nudità.

Dico che nasconde la vergogna, e questo in due modi: l'uno è che per pentimento ha gittato da sé la vergogna del peccato; come? che da la vergogna che in quella anima era venuta per l'offesa fatta al suo Creatore, è restituita per lo vestimento dell'amore delle virtù, ed è venuta a onore di Dio, e ha frutto in sé.

Perché d'ogni nostra opera e desiderio Dio ne vuole lo fiore de l'onore e a noi lassa lo frutto. Sì che vedi che nasconde la vergogna del peccato.

Dico che un'altra vergogna le tolle: cioè che di quello che la sensualità con amore proprio e parere del mondo si vergogna, la volontà, morta in sé e in tutte le cose transitorie, non vede vergogna. Anco si diletta delle vergogne, strazii, scherni, villanie e rimproverio: e tanto ha bene, quanto si vede conculcare dal mondo. Ella è contenta, per onore di Dio, che lo mondo la perseguiti con le molte ingiurie, lo demonio con le molte tentazioni e molestie, la carne con volere ribellare allo spirito. Di tutte gode per odio e vendetta di sé, per conformarsi con Cristo Crocifisso, reputandosi indegna della pace e quiete della mente. E non si vergogna d'essere schernita e beffata da tutti e tre questi nemici, cioè lo mondo, la carne, e il demonio, perché la volontà sensitiva è morta - vestita del vestimento della somma ed eterna volontà di Dio -, anco l'ha in debita reverenzia, e ricevele con amore, perché vede che Dio l'ha permesse per amore, e non per odio: con quello affetto che noi vediamo che elle sono date, con quello le riceviamo. Dolce è a desiderare vergogna, ché con essa si caccia la vergogna. O quanto è beata l'anima che ha acquistato così dolce lume! ché insiememente è odiare i movimenti nostri e gli altrui, e amare le pene che per essi movimenti sosteniamo. Movimento nostro è la propria sensualità, movimenti altrui sono le persecuzioni del mondo.

Reputati, carissima figlia, degna de la pena, e indegna del frutto che segue doppo la pena: queste saranno le fregiature che tu porrai nel vestimento reale. Tu sai bene che lo sposo eterno fece lo simile, ché sopra lo vestimento suo pose le molte pene, fragelli, strazii, scherni e villanie, e nell'ultimo l'obrobiosa morte de la croce.

Dico che scalda, e consuma la freddezza: scaldasi del fuoco dell'ardentissima carità, lo quale dimostra per desiderio spasimato de l'onore di Dio nella salute del prossimo, portando e sopportando i difetti suoi. Gode coi servi di Dio che godono, e piange con gli iniqui che sono nel tempo del pianto, per compassione e amaritudine che porta dell'offesa che fanno a Dio; e dassi volentieri a ogni pena e tormento per reduciarli allo stato di coloro che godono, che vivono inamorati de le dolci e reali virtù.

Dico che consuma lo freddo, cioè la freddezza dell'amore proprio di sé medesima, lo quale amore proprio acieca l'anima e non le lassa conoscere né sé né Dio, e tollele la vita della grazia; genera impazienzia; la radice della superbia mette fuore i rami suoi. Offende Dio e offende lo prossimo con disordenato affetto, ed è incomportabile a sé medesimo, sempre ribella a l'obedienzia sua: tutto questo fa l'amore proprio di sé.

(.) Ma il vero vestimento detto tutti gli consuma e gli tolle via, e rimane nel lume della divina grazia.

Non va per le tenebre, ma in verità va per la via del consumato e immacolato Agnello; per la porta di Cristo Crocifisso entra alle nozze del Padre eterno. Ine è fermata e stabilita in Dio; non ha paura che lo mondo né lo demonio né la carne ne la possa separare; trova vita senza morte, sazietà senza fastidio, fame senza pena. Or non più! porta, porta, fa' spalle di portatore, e non refiutare peso, se vuoli bene guadagnare infine all'ultimo. Troppo sarebbe sconvenevole, che la sposa andasse per altra via che lo sposo suo. Altro modo non c'è a volere portare, se non essere vestita, come detto è; e però dissi io che io desideravo di vederti vestita del vestimento reale dell'abisso de la carità del re eterno. Altro non dico.

Nascondeti nel costato di Cristo Crocifisso, bàgnati e annégati nel sangue dolcissimo suo.

Permane nella santa e dolce carità di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.







183. All'arcivescovo d'Otronto.


Al nome di Gesù Cristo Crocifisso e di Maria dolce, madre del Figlio di Dio.

A voi, dilettissimo e reverendo padre in Cristo Gesù: la vostra indegna figlia Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrive a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi pastore buono e fedele a Cristo Gesù, con lume e cognoscimento de la sua bontà. Sapete che colui che va col lume, di notte, non offende; così l'anima che è alluminata di Dio, non può offendere, perché apre l'occhio del cognoscimento e de la ragione, e raguarda che via tenne questo dolce maestro. E come l'ha veduta, per volontà e desiderio che egli ha di seguire lo maestro suo, subito corre con sollicitudine e senza negligenzia: non sta a vòllare lo capo indietro, cioè a vedere sé medesimo; vede bene sé col cognoscimento dei peccati e dei difetti suoi, e confessa sé per sé non essere; allora conosce in sé la smisurata bontà di Dio, che gli ha dato ogni essere: a questo cognoscimento si debba sempre rivollare e stare.

Ma dico che non si volla né si debba vòllare a vedere sé per amore proprio o dilettazione, né per piacimento di veruna creatura. Dico che l'anima che è alluminata del vero lume, a questo non si vòlle, ma, poi che ha veduto sé e trovata la bontà di Dio, allora si dà per la via, cioè per tutte quelle vie e modi che tenne lo dolce Gesù, i santi che il seguirono. Ponsi Gesù per oggetto suo, ed è tanto lo desiderio e l'amore che ha di tenere la via dritta per giugnare al suo oggetto, fine dolce suo, che - perché truovi spine e triboli e ladri che il volessero robbare - non cura né teme di nulla, né per veruna cosa che truovi vuole tornare indietro - poiché l'amore gli ha tolto lo timore servile di paura -; e va dietro a le pedate di coloro che seguitaro Cristo, e vede bene e conosce ched i furono uomini nati come egli, pasciuti e nutreti come esso; e quella benignità e larghezza di Dio trova ora, che era allora.

Or di questo vero lume e cognoscimento desidera l'anima mia che voi, pastore e padre mio, siate ripieno, con abondantissimo fuoco d'amore, sì che né diletti né piacimenti, né stato né onore del mondo vi possino offuscare questo dolce lume, né spine né triboli né ladro veruno vi possa impedire lo corso di questa dolce via, ma sempre ci specchiamo nel Verbo incarnato unigenito Figlio di Dio, lo quale fu a noi via e regola, che, osservandola, sempre ci dà vita.

Oimé, padre, non voglio che sia tentazione o illusione di demonio, che sono posti come spine per impedire lo nostro andare; non sia lo tribolo de la carne nostra, che sempre combatte e ribella allo spirito, che è uno nemico perverso che mai non lassiamo indietro, ma sempre viene con essonoi; non sieno i ladii dimoni incarnati de le creature, che spesse volte ci vogliono tòllare l'amore e la pazienza, con molte ingiurie e persecuzioni che ci fanno: anco, alcune volte pigliano l'offizio de i demoni, volendo impedire i santi e buoni proponimenti che l'uomo averà e adopererà secondo l'onore di Dio. A costoro non basta lo loro male, che fanno in loro medesimi, ché anco ne vogliono fare in altrui. Virilmente, dunque, perseveriamo alla via nostra; confortianci, ché per Cristo Crocifisso ogni cosa potremo.

Io godo ed essulto, considerando me dell'arme forte che Dio ci ha data, e de la debolezza dei nemici. Bene sapete che né demonio né creatura può constrignare la volontà a uno minimo peccato. Questa è una mano sì forte che, tenendo lo coltello con due tagli, d'odio e d'amore, non sarà veruno nemico sì forte che si possa difendare che non sia percosso e gittato a terra. O inestimabile ardentissima e dolcissima carità che, acciò ch'i cavalieri che tu hai posti in questo campo della battaglia possino virilmente combattare - e spezialmente i pastori tuoi che hanno più percosse e più che fare che gli altri -, l’hai dato una corazza sì forte, cioè la volontà, che neuno colpo, perché percuota, lo' può nuociare, poiché egli ha con che ripararsi da' colpi, e con che difendarsi.

Guardi pur che il coltello che Dio gli ha dato, de l'odio e dell'amore, egli nol ponga ne le mani del nemico suo: la corazza poco ci varrebbe, ché, colà dove ella è forte, diverrebbe molle. Ché io m'aveggo che né demonio né creatura m'uccide mai, se non col mio coltello stesso, con quello che io uccido lui: dandoli, egli uccide me. Chi uccide lo vizio e il peccato? solamente l'odio e l'amore: lo pentimento che io ho conceputo in esso, e l'amore che io ho conceputo alla virtù per Dio. Se lo demonio e la sensualità vuole voltare questo odio e questo amore - cioè che tu odi quelle cose che sono in Dio, e ami la tua sensualità che sempre ribella a lui -, perché lo demonio voglia fare questo non potrà, se la mano forte della volontà non gli il porge, che se gli il desse, col suo medesimo l'uccidarebbe. Dunque è da vedere quanto sarebbe spiacevole a Dio e danno a noi. Ché sapete, padre, che perché voi sete pastore non sarebbe pur danno a voi, ma a tutti i sudditi vostri; e a ogni opera che aveste a fare per voi e per la dolce Sposa di Cristo, la santa Chiesa, questo sarebbe impedimento.

Su, non più dormire: rizzisi lo gonfalone della santissima croce; raguardiamo l'Agnello aperto per noi, che da ogni parte del corpo suo versa sangue. O Gesù dolce, chi t'ha premuto che in tanta abondanzia ne versi? Rispondi: l'amore di noi e l'odio del peccato ci ha dato sangue, intriso col fuoco de la sua carità. Or a questo arbolo ci appoggiamo, e con esso andiamo per la via sua detta. Bene aviamo materia di godere, e ogni nostro nemico è diventato debole e infermo per questo dolce figlio di Maria, unigenito Figlio di Dio.

Lo demonio è indebilito, che non può più tenere la signoria dell’uomo: perduta l'ha. La carne nostra, che il Figlio di Dio prese di noi, è fragellata con obrobrii, strazii, scherni e rimproverii: quando l'anima raguarda la carne sua, debba subito perdare e allentare la sua ribellione. Le lode degli uomini, o loro ingiurie che ci facessero, ogni cosa verrà meno ponendosi inanzi lo dolce Gesù, che non lassò, né per ingiuria che gli fusse fatta, né per nostra ingratitudine né per lusinghe, che non compisse l'obedienzia per onore del Padre e per salute nostra, sì che l'onore del mondo s'atterrava col desiderio e amore de l'onore di Dio.

Or corrite per questa via; siate siate gustatore e mangiatore delle anime, imparando da la prima e dolce Verità, pastore buono, che ha data la vita per le pecorelle sue. Siate siate sollicito d'adoperare per l'onore ed essaltazione della santa Chiesa, e non temete per alcuna cosa che sia avenuta, o che vedeste avenire (poiché ogni cosa è illusione di demonio, che il fa per impedire i santi e buoni proponimenti; ché, perché non si faccia quello che è cominciato, pare che s'avegga del male suo) ma confortatevi, e confortate lo nostro padre santo, e non temete di nulla, e confortatevi virilmente. Non vi ristate: fate che io senta e vegga che voi mi siate costì una colonna ferma, che per neuno vento vi moviate mai. Arditamente e senza veruno timore anunziate e dicete la verità, di quello che vi pare che sia secondo l'onore di Dio e renovazione della santa Chiesa. Or abbiamo noi altro che uno corpo? e questo si dia a cento migliaia di morti, se bisogna, e a ogni pena e fragello, per amore di Cristo, che con tanto fuoco d'amore non vidde sé per sé, ma per onore del Padre e per salute nostra. Non dico più, padre, ché io non mi ristarei mai.

Ebbi grande letizia de le buone novelle che ci mandaste, dell'avenimento di Cristo in terra e del cominciamento del santo passaggio. Non caggia tepidezza né sgomento in voi né nel santo padre, per le cose che poi sono avenute, ché, con questo che ci pare contrario, si farà ogni cosa.

Io ho inteso che il Maestro dell'ordine nostro lo santo padre lo vuole premuovare: pregovi, per l'amore di Cristo Crocifisso, che vi sia racomandato l'ordine, e che ne preghiate Cristo in terra che ci dia uno buono vicario.

Vorrei che lo 'nformaste di maestro Stefano de la Cumba, che fu procuratore dell'ordine e de la provincia di Tolosa. Credo che, se egli ce il darà, sarà grande onore di Dio e raconciamento dell'ordine, poiché i mi pare che egli sia uomo virile e virtuoso senza timore; ed i ci ha ora bisogno di medico che non abbi timore e usi lo ferro de la santa e dritta giustizia, ché tanto unguento s'è usato fino a qui che i membri sono quasi tutti imputriditi. Io n'ho scritto al padre santo, e non ho detto però cui egli ci dia, ma ho pregato che ce il dia buono, e che ne ragioni con voi e con missere Nicola da Osmo. E se vedeste che, per questo o per altro, fusse utilità o bisogno che frate Raimondo vi venisse, scrivetelo, ed egli sarà subito alla vostra obbedienzia. Altro non dico.

Rimanete nella santa e dolce carità di Dio.

Gherardo Buonconti vi si manda molto racomandando, e la madre mia come a caro padre, ed esso come indegno servo vostro.





184. Al priore e fratelli della Compagnia della Vergine Maria.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi e dolci figli in Cristo Gesù, io Caterina, serva e schiava dei servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi legati nel legame dolce della carità, lo quale fu quel legame che tenne confitto e chiavellato Dio e Uomo in sul legno della santissima croce.

Sapete che né chiodi né croce era sufficiente a tenerlo, se la carità non l'avesse tenuto: ella è quel dolce e soave legame che legò la natura divina nella natura umana. Chi ne fu cagione? Solo l'amore. L'amore fu quello che trasse noi di Dio, creandoci ad immagine e similitudine sua (Gn 1,26). E per amore, avendo noi perduta la grazia, e volendoci restituire e rendere quello che avevamo perduto per lo peccato e difetto nostro, ci mandò Dio lo Verbo dell'unigenito suo Figlio, e volse che col sangue suo riavessimo la grazia: ed egli, Figlio obbediente, corse all'obrobriosa morte della croce, sì come innamorato della salute nostra. Sì che ogni cosa che Dio ha fatta e fa a noi, è fatta per amore.

E però l'anima, che raguarda questo smisurato e ineffabile amore, v'uopre l'occhio dello intelletto e del cognoscimento nel suo obiettivo del sangue di Cristo crocifisso; nel quale sangue se gli rapresenta più la larghezza della ineffabile carità che in verun'altra cosa. E così disse egli, che maggiore amore non può mostrare l'uomo che dare la vita per l'amico suo (Jn 15,13). O inestimabile amore, se tu commendi che maggiore amore non può essere che dare la vita per l'amico suo, quanto maggiormente è degno di commendazione l'amore tuo inverso di noi, ché, essendo fatti nemici, tu hai data la vita e pagato lo prezzo del sangue tuo per noi? Questo eccede ogni amore.

O dolce e amoroso Verbo Figlio di Dio, tu sei fatto mediatore: hai pacificato con la morte tua l'uomo con Dio, ch'i chiodi ci son fatti chiavi che hanno diserrata vita eterna; e è aperta per sì-fatto modo che a veruno può essere chiusa se egli non vuole, poiché l'uomo non può essere costretto a veruno peccato, se egli non vuole. Lo peccato è quel che ci chiude la porta, e tolleci lo fine per mezzo del quale noi fummo creati; lo peccato ci priva della vita e dacci la morte; tolleci la luce e dacci le tenebre, perché offusca l'occhio dello intelletto, e non gli lassa vedere lo sole né le tenebre - le tenebre dico del cognoscimento di sé, dove vede e trova la tenebrosa sensualità, che sempre ribella e combatte contro lo suo Creatore -; e perché non vede le tenebre sua, però non può conoscere l'amore e il lume della divina bontà.

Dissi che l'anima che raguarda questo smisurato amore ha conceputo amore ineffabile; ha fatta e conformata la sua volontà con quella di Dio. Giudica e vede bene che Dio non vuole altro che la nostra santificazione; e ciò che egli ci dà e permette - o tribolazioni o consolazioni o persecuzioni o strazii o scherni o villanie -, ogni cosa ci è dato perché siamo santificati in lui, perché la santificazione non si può avere senza le virtù, e le virtù non si possono avere se non per lo suo contrario. E però l'anima che conosce questo amore non si può turbare né contristare di veruna cosa che avenga, di qualunque cosa si sia, perché sarebbe dolersi del suo bene, e della bontà di Dio che il permette a noi.

è vero che la sensualità si vuole sentire quando ha cosa che le dispiaccia, ma la ragione la vince, e falla stare suggetta sì come die. E con che faremo stare suggetta questa sensualità, che non ribelli al suo Creatore? Dicovelo. I diletti e tribulazioni si raffrenano con dolce e santa memoria di Dio, cioè con la continua considerazione della morte, la quale trarremo per lo cognoscimento di noi medesimi. Noi vediamo, carissimi figli e frategli in Cristo dolce Gesù, che noi siamo tutti mortali che, subito che siamo creati nel ventre della madre nostra, siamo condennati alla morte, e doviamo morire e non sappiamo quando né come.

E chi sarà colui che, se egli considererà in sé che la vita sua è tanto brieve che aspetta di dì in dì la morte - poiché la vita nostra è quanto una punta d'aco -, che non raffreni e tagli ogni disordinata letizia la quale pigliasse delle stolte e vane letizie del mondo? Dico che si raffrenarà e non cercarà né onori né stati né grandezza; né ricchezza possederà con avarizia, anco s'egli avarà la ricchezza sarà fatto dispensatore di Cristo ai povari e non le vorrà possedere, né die tenere con superbia, anco con vera e profonda umilità, vedendo e conoscendo che veruna cosa ci è ferma né stabile in questa tenebrosa vita, ma ogni cosa passa via come lo vento. Se ella è tribolazione, egli la porta pazientemente, perché vede che è piccola ogni tribolazione che in questa vita possiamo sostenere. E perché è piccola? perché è piccolo lo tempo nostro; poiché la fatica che è passata, tu non l’hai; e quelle che sonno a venire, non sei sicuro d'avere, perché non sai se la morte ti verrà e sarai privato d'ogni fatica. Hai dunque solo questo punto del tempo che t'è presente; sì che la memoria della morte priva della impazienzia nelle tribolazioni e la disordinata letizia nelle consolazioni.

è vero che non vuole essere pura la memoria della morte, perché cadrebbe in confusione: vuolsele dunque dare compagnia, e la compagnia si è l'amore ordenato col santo timore di Dio: cioè d'astenersi da' vizii e da' peccati per non offendere lo suo Creatore. Il peccato non è in Dio, e però non è degno d'essere amato né desiderato da noi che siamo figli, sue creature create ad immagine e similitudine sua. Doviamo amare quello che egli ama, e odiare quello che egli odia: allora s'uopre l'occhio dello intelletto, e vede quanto è utile lo dispregiare i vizii e amare le virtù, e quanto gli è danno lo contrario. Ché il dormire nei vizii e nei peccati, venendoli la morte di subito - che non n'è sicuro -, gli dà l'eterna dannazione, dove non ha poi remedio veruno; lo vivere virtuosamente gli dà sempre letizia, pace con Dio e pace col prossimo.

Levatosi da ogni rancore, sentesi una carità fraterna d'amare lo prossimo suo come sé medesimo ama.

E così doviamo amare amici e nemici in quanto creature ragionevoli e desiderare la salute loro, e ingegnarci, giusta il nostro potere, di portare e supportare i difetti loro, odiando lo vizio che fusse in loro, ma non loro; piangere con coloro che piangono, e godere con coloro che godeno (Rm 12,15): cioè coloro che sonno nel peccato mortale - che si può dire che sieno nel tempo del pianto e delle tenebre (Mt 22,13 Mt 25,30) -, piangere con coloro per compassione e offerirgli per santo desiderio dinanzi da Dio; rallegrare con coloro che vivano in virtù: rallegrare con loro non con invidia del loro bene, ma in un santo ringraziamento della divina bontà che gli ha tratti delle tenebre e ridotti alla luce della grazia. E a questo modo vive in unità e osserva lo comandamento di Dio, che per l'amore suo ama lo prossimo.

Questo è lo segno che c'è dato da Cristo per essere cognosciuti d'esser figli e discepoli suoi, e così disse egli ai discepoli: «Amatevi, amatevi insieme, ché a questo sarà cognosciuto che voi siate discepoli miei» (Jn 13,35). Passando per questa dolce e soave via, vive in grazia; e poi si trova nell'ultimo nell'eterna visione di Dio. Ma sopra tutte l'altre cose, figli miei, di che io vi preghi e constringa, si è che voi v'amiate insieme, poiché noi ci dobbiamo innestare lo cuore e l'affetto nell'amore di Cristo crocifisso. E perché noi vediamo che sommamente egli ha amato l'uomo, così noi doviamo trarre questo amore, e legarci stretti col prossimo nostro sì e per siffatto modo, che né demonio, né ingiuria che ci fusse fatta da esso prossimo nostro, né amore proprio di noi medesimi, ci possa mai sciogliare né rimuovare da questo legame dell'amore. Considerando me che in altro modo l'anima sta in stato di dannazione, e però dissi ch'io desideravo di vedervi legati nel legame della carità.

Ché per ogni ragione dovete essere uniti: sì perché sete tutti creati da Dio, e ricomperati d'uno medesimo sangue; e poi per la santa e dolce congregazione la quale avete fatta nel dolce nome di Maria, la quale è vostra advocata, madre di grazia e di misericordia. Ella non è ingrata a chi la serve; anco è grata e conoscente. Ella è quel mezzo che drittamente è uno carro di fuoco (2R 2,11) che, concipiendo in sé lo Verbo de l'unigenito Figlio di Dio, recò e donò lo fuoco dell'amore, poiché egli è esso amore.

Perciò servitela con tutto lo cuore e con tutto l'affetto, poiché ella è la madre dolcissima vostra.

Anco vi prego che aviate in odio e pentimento lo peccato della immondizia e ogni altro difetto; ché non sarebbe cosa convenevole che con immondizia serviste a Maria, che è somma purezza. Non dormite più, padri frategli e figli carissimi: levatevi con amore della virtù, e odio e pentimento del peccato.

Vedete che è tanto abominevole dinanzi a Dio lo peccato, che permisse che il Figlio sostenesse morte e passione, ed egli con tanto amore sostenne pena, strazii, scherni e villanie, e nell'ultimo l'obrobriosa morte della croce. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso; nascondetevi nelle piaghe sue per affetto d'amore.

Maggiore amore non può mostrare l'amico, che dare la vita per l'amico suo (Jn 15,13): egli v'ha data la vita, avendo dissanguato e aperto il corpo suo. Amollinsi i cuori vostri ora in questo santo tempo, lo quale ci rapresenta questo Agnello immacolato, arrostito in sulla croce al fuoco dell'ardentissima carità; e nella Pasqua dolcemente vi si dà in cibo. E però vi prego che tutti vi disponiate alla santa comunione; se non aveste già legame che non si potesse sciogliere senza andare a Roma. Altro non dico. Amatevi, amatevi insieme.

Rimanete etc.

Io, indegna serva vostra, mi raccomando alle vostre orazioni; bene che io sono certa che il fate. E pregovi e strengovi da parte di Cristo crocifisso, che in tutte le vostre orazioni e sante opere che Dio vi concede di fare, voi l'offeriate e facciate sacrificio a Dio per la reformazione della dolce Sposa di Cristo, della santa Chiesa; per pace e unità di tutti i cristiani; e singularmente per la nostra città, che Dio ci mandi vera e perfetta unione, e che eglino escano d'ogni offesa che fatta avessero contro lo nostro Salvatore e alla Chiesa santa.

E pregate strettamente che la ruina che ci è venuta della guerra dei Fiorentini col santo padre, per li nostri peccati, che Dio, per la sua pietà, la converta in vera pace. Ch'io vi dico che se noi non ci aiutiamo con le molte e continue orazioni a chiamare la divina misericordia, noi siamo nel peggiore stato, l'anima e il corpo, che noi fussimo mai. Bussiamo alla misericordia sua con l'orazione e desiderio di pace: egli è benigno, che non spregia la voce del populo che gridarà a lui. Udite lo dolce e buono Gesù che ce lo insegna che noi doviamo bussare e chiamare a lui col lume della fede che noi crediamo essere essauditi da lui: altrementi, l'orazione non varrebbe nulla. Dice la prima dolce Verità: «Bussate, e vi sarà aperto; chiedete, e vi sarà dato (Lc 11,9 Mt 7,7); chiamate, e vi sarà risposto». Poiché egli c'insegna lo modo, pigliànlo con buona e santa sollecitudine, con longa e perfetta perseveranza; ché, come dice egli stesso, se non vel desse per altro, per la importunità della perseveranza cel darà (Lc 11,8). Altro non dico. Gesù dolce, Gesù amore, Maria.

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