È soltanto un Pokémon con le armi o è un qualcosa di più? Vieni a parlarne su Award & Oscar!
QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
Pagina precedente | 1 | Pagina successiva

LA CITTA' DI DIO di sant'Agostino - Libri VII - XI (2)

Ultimo Aggiornamento: 22/12/2012 19:37
Autore
Stampa | Notifica email    
OFFLINE
Post: 1.222
Sesso: Femminile
22/12/2012 19:15

[SM=g28004]  Riepilogo parte Prima, cliccare qui: LA CITTA' DI DIO di sant'Agostino - Libri I - VI (1)

S. Agostino: La Città di Dio: Capp. VII - XI

LIBRO VII

SOMMARIO

1. Se si deve ritenere che è possibile rinvenire l'essere divino negli dèi scelti poiché è chiaro che non si trova nella teologia civile.

2. Caratteristiche degli dèi scelti ed eventuale loro esenzione dalle incombenze degli dèi inferiori.

3. Non c'è spiegazione che possa essere resa plausibile sulla selezione di alcuni dèi, poiché a molti dèi inferiori si attribuisce un ruolo più importante.

4. Sono stati trattati meglio gli dèi inferiori perché non sono infamati con riti ignominiosi, che gli dèi eletti perché di essi si ricordano nelle feste tante dissolutezze.

5. La dottrina esoterica e l'interpretazione naturalista dei pagani.

6. La teoria di Varrone secondo cui Dio sarebbe l'anima del mondo, sebbene nelle sue parti abbia molte anime di natura divina.

7. Se fu ragionevole distinguere Giano e Termine in due divinità.

8. Per quale motivo gli adoratori di Giano hanno raffigurato bifronte il loro idolo, sebbene a sentir loro potrebbe essere anche quadrifronte.

9. Il potere di Giove e suo confronto con Giano.

10. Se è ragionevole la distinzione di Giano e Giove.

11. Gli appellativi di Giove non sono relativi a molti dèi ma a un solo dio.

12. Giove è considerato anche Pecunia (denaro).

13. Nell'esaminare le caratteristiche di Saturno e di Genio, ci si accorge che sono lo stesso Giove.

14. Le incombenze di Mercurio e di Marte.

15. I pagani hanno designato alcune stelle col nome dei propri dèi.

16. Apollo e Diana e altri dèi scelti sono, secondo i pagani, parti del mondo.

17. Anche Varrone ha esposto teorie ambigue sugli dèi.

18. La spiegazione più attendibile del diffondersi del politeismo.

19. Le interpretazioni con cui si imbottisce una teoria del culto di Saturno.

20. I misteri di Cerere ad Eleusi.

21. L'oscenità dei misteri celebrati per Libero.

22. Nettuno, Salacia e Venilia.

23. Varrone afferma che la Terra è una dea perché lo spirito del mondo, che ritiene un dio, si diffonde anche in questa parte più bassa del suo corpo e le conferisce l'energia divina.

24. Appellativi e significati della Terraferma che sebbene siano indicativi di molte cose non avrebbero dovuto comprovare le teorie del politeismo.

25. Le interpretazioni che la dottrina dei sapienti greci ha scovato sull'evirazione di Attis.

26. La sconcezza dei misteri della Gran Madre.

27. I naturalisti con le loro fole non adorano la vera divinità ed escludono l'adorazione con cui si deve adorare la vera divinità.

28. La dottrina di Varrone sulla teologia è incoerente da ogni parte.

29. Tutti gli attributi che i naturalisti hanno riferito al mondo e alle sue parti devono essere riferiti al solo vero Dio.

30. Col sentimento religioso il Creatore si deve distinguere dalle creature per non adorare tanti dèi quante sono le opere di un solo autore.

31. Di quali favori di Dio, a parte la sua larghezza concessa a tutti, usufruisce chi accoglie la verità.

32. Il mistero della redenzione del Cristo non è mai mancato nei tempi passati ed è stato sempre riproposto con simboli diversi.

33. Soltanto mediante la religione cristiana fu possibile smascherare la menzogna degli spiriti maligni che godono degli errori dell'uomo.

34. Il senato ordinò di bruciare i libri di Numa Pompilio affinché non fossero rese note le origini dei misteri in essi trattate.

35. Nella pratica dell'idromanzia Numa veniva ingannato dalla visione di figure demoniache.

 

Libro settimo

L'INTERPRETAZIONE NATURALISTICA DEGLI DÈI ELETTI E LA SALVEZZA

 

Criterio per una selezione degli dèi (Prem. 4)

Premessa - Sto tentando con molto impegno di svellere definitivamente le perverse e antiche credenze contrarie alla vera religione che un prolungato errore del genere umano ha inciso assai profondamente e saldamente nelle coscienze. A un tempo nei miei limiti e con la sua assistenza coopero alla grazia di colui che essendo il vero Dio può aiutarmi. Quindi le persone più pronte a capire, per le quali i precedenti libri sull'argomento sono più che sufficienti, mi debbono sopportare pazientemente e serenamente e in considerazione degli altri non devono considerare superfluo ciò che ritengono per se stessi non necessario. Nell'affermare la ricerca e il culto della vera e veramente santa divinità, non per il fumo passeggero di questa vita mortale ma per la vita beata che si ha soltanto nell'eternità, si compie una impresa veramente grande, anche se da lei ci è concesso l'aiuto indispensabile alla debolezza di cui in questo mondo siamo portatori.

Possibili criteri di selezione.
1. Devo parlare dunque di questa divinità o, con altra parola, deità, giacché ai latini non dà più fastidio usare questa parola per tradurre con maggiore proprietà il termine greco . Chi dunque non è rimasto convinto leggendo il sesto libro, da me testé terminato, che questa divinità o deità non si trova nella teologia che chiamano civile, trattata da Marco Varrone in sedici libri, in altri termini che non si giunge alla felicità della vita eterna mediante l'adorazione degli dèi del politeismo secondo la forma e il culto stabiliti dagli Stati, nel leggere eventualmente questo libro non avrà da chiedere ulteriori chiarimenti. Qualcuno potrebbe pensare che gli dèi eletti per eminenti prerogative, che Varrone ha trattato nell'ultimo libro e di cui io non ho molto parlato, si debbano adorare in vista della vita beata che si ha soltanto nell'eternità. In proposito io non accetto il motto più spiritoso che ragionevole di Tertulliano: Se gli dèi si scelgono come le cipolle, gli altri sono giudicati scarti 1. Io non dico questo. Noto che anche fra gli scelti se ne scelgono altri a un compito maggiore per importanza. Avviene anche nell'esercito perché, scelte le reclute, fra di esse si scelgono alcune ad un ufficio più responsabile nelle azioni militari. Ed anche nella Chiesa quando si scelgono i superiori, certamente gli altri non sono scartati, giacché tutti i fedeli sono giustamente considerati persone elette. Nell'edificio si scelgono le pietre per gli angoli 2, senza scartare le altre che sono destinate alle varie parti della costruzione. Si scelgono le uve per la mensa ma non si scartano le altre che destiniamo alla pigiatura. Non occorre addurre molti esempi perché il concetto è evidente. Dunque per il fatto che fra molti sono stati scelti alcuni dèi non se ne deduce che si devono biasimare o lo scrittore o gli adoratori o gli dèi stessi; piuttosto si deve valutare criticamente quali sono e a quale scopo sono stati scelti.

Non valido alla selezione l'incarico.
2. Varrone presenta gli dèi eletti nel contesto di un solo libro. Sono: Giano, Giove, Saturno, Genio, Mercurio, Apollo, Marte, Vulcano, Nettuno, Sole, Orco, Libero padre, Terra, Cerere, Giunone, Luna, Diana, Minerva, Venere, Vesta. Fra tutti venti, di cui dodici sono maschi e otto femmine 3. Ma queste divinità si considerano elette in base a più rilevanti mansioni nel mondo, ovvero perché furono più note ai cittadini e fu loro offerto un culto maggiore? Se per il fatto che assolvono compiti più importanti nel mondo, non avremmo dovuto trovarle fra la folla quasi popolana di divinità destinate a banali incombenze. Infatti nel concepimento del feto, da cui prendono l'avvio le varie competenze assegnate al minuto a minute divinità, è Giano in persona ad aprire l'entrata con l'accogliere il seme. Ma poi c'è Saturno per il seme in se stesso; c'è Libero che libera il maschio con l'effusione del seme; c'è Libera che, a sentir loro, è anche Venere, e accorderebbe un eguale soccorso alla femmina affinché anche lei si liberi con l'effondere il seme 4. Tutti questi appartengono agli eletti. Ma al concepimento è presente anche la dea Mena che è preposta alle mestruazioni e lei, a parte che è figlia di Giove, è una dea proletaria. Inoltre Varrone nel libro sugli dèi scelti assegna il settore dei flussi mestruali alla stessa Giunone che è anche regina fra gli dèi scelti e nel caso in parola sovraintende al flusso mestruale come Giunone Lucina assieme alla figliastra Mena 5. Sono presenti anche due dèi di non saprei quale umilissima estrazione, Vitunno e Sentino, di cui uno elargisce la vita al feto, l'altro il senso 6. Comunque, sebbene così oscuri, valgono molto di più dei magnati e degli eletti. Infatti senza la vita e il senso, tutto ciò che è gestato nel grembo di una donna è un non so che di spregevole da paragonarsi a un impasto di fango.

L'eccezione di Vitunno, Sentino e Mente...
3. 1. Quale ragione dunque ha indotto tanti dèi scelti a queste minuziose incombenze se nella distribuzione delle competenze in questo caso sono superati da Vitunno e Sentino che un'oscura reputazione rende sconosciuti 7? Infatti Giano un eletto contribuisce con l'apertura e quasi porta per lo sperma, Saturno un eletto con lo sperma stesso, Libero un eletto con l'effusione del medesimo sperma per gli uomini, e Libera, che è anche Cerere e Venere, per le donne, Giunone un'eletta, non da sola ma affiancata da Mena, figlia di Giove, contribuisce con i flussi mestrui per la crescita del feto. Ma Vitunno uno sconosciuto e popolano contribuisce con la vita e Sentino uno sconosciuto e popolano col senso. E questi due sono di tanto superiori agli altri quanto essi sono inferiori a un atto di puro pensiero. Come infatti gli esseri che ragionano e pensano sono certamente più perfetti di quelli che, privi di capacità di pensare come le bestie, hanno vita e senso, così anche quelli che sono dotati di vita e di senso sono più perfetti di quelli che non hanno vita e senso. Quindi Vitunno che rende vivi e Sentino che rende senzienti avrebbero dovuto essere fra gli dèi scelti a maggior diritto di Giano che introduce lo sperma, di Saturno che lo dà o lo semina, di Libero e di Libera che stimolano e fanno uscire lo sperma. Ed è sconveniente pensare a spermi che non giungessero alla vita e al senso. Ma questi doni scelti non sono concessi da dèi scelti ma sconosciuti e dimenticati in confronto con l'onorabilità degli altri. Potrebbero ribattere che Giano ha il potere di tutti gli inizi e che perciò giustamente gli si attribuisce anche l'apertura del concepimento, che Saturno ha il potere su tutti i semi e che quindi anche lo sperma umano non si può esimere dal suo influsso, che Libero e Libera hanno potere sull'effusione di tutti i semi e che pertanto sovraintendono anche a quelli che hanno competenza a diffondere l'umanità, che Giunone ha il potere su tutte le cose che si spurgano e si generano e pertanto non può mancare agli spurghi femminili e alle generazioni umane. Ma allora riflettano che cosa rispondere su Vitunno e Sentino, se, cioè, per caso intendono dire che anche essi hanno potere su tutti gli esseri che hanno vita e senso. Se lo ammettono, pensino a porli molto più in alto. Infatti il nascere da un seme avviene in terra e dalla terra, ma essi sostengono che anche gli dèi astrali hanno vita sensitiva. Se poi dicono che a Vitunno e a Sentino sono assegnati soltanto gli esseri che prendono vita nella carne e sono dotati di sensi, perché il dio che fa vivere e sentire tutti gli esseri non infonde direttamente vita e senso nella carne, attribuendo con universale operazione questa caratteristica anche alle generazioni? E che bisogno c'è al caso di Vitunno e di Sentino? Ma supponiamo che questi incarichi, considerati i più abietti e vili, da colui che ha il dominio universale sulla vita e sui sensi siano stati affidati ai due dèi come a domestici. In tale ipotesi forseché gli eletti sono stati abbandonati dalla servitù da non trovare a chi affidare anche essi quegli incarichi e da essere quindi costretti, malgrado tutta la loro nobiltà per cui si ritenne di considerarli eletti, a sfacchinare con gente plebea? Giunone eletta e regina, sorella ed anche moglie di Giove 8, è Iterduca (accompagnatrice) per i bimbi e svolge il compito assieme alle dee estremamente plebee Abeona e Adeona. In quell'incombenza hanno posto anche la dea Mente perché produca nei fanciulli una buona mente e tuttavia lei non è posta fra gli scelti come se si possa concedere all'uomo qualcosa di più nobile. Vi è invece Giunone, perché è Iterduca e Domiduca, come se uscire a passeggio ed essere ricondotti a casa giovi qualcosa se la mente non è buona 9. Ma gli individui incaricati della scelta non hanno neanche pensato di porre fra le divinità elette una dea con una commissione tanto delicata. Al contrario, sarebbe dovuta esser superiore a Minerva alla quale hanno assegnato la memoria dei fanciulli. Eppure non v'è dubbio che è molto meglio avere una buona mente che una memoria straordinaria. Non si può essere cattivi se si ha una buona mente, invece alcuni pessimi individui sono di una memoria meravigliosa e sono tanto peggiori quanto meno possono dimenticare il male che pensano di fare. E tuttavia Minerva è fra gli dèi eletti, invece la dea Mente è rimasta confusa fra una turba plebea. Che dire di Virtù e Felicità? Ne abbiamo parlato abbastanza nel quarto libro 10. Pur considerandole dee, non pensarono di assegnare loro un posto nell'élite degli dèi, piuttosto lo diedero a Marte e Orco, l'uno esecutore, l'altro ricettatore dei morti.

...e della potente ma non eletta Fortuna.
3. 2. Vediamo quindi che in queste minuziose incombenze, assegnate con minuzia a molti dèi, gli eletti collaborano come il senato con la plebe; scopriamo d'altronde che alcuni dèi i quali non sono stati considerati eletti svolgono incarichi più alti per dignità di quelli che sono considerati eletti. Rimane dunque l'ipotesi che sono stati considerati eletti e ragguardevoli non in base a incombenze più eminenti nel mondo ma perché riuscì loro di rendersi più noti fra i cittadini. Lo stesso Varrone dice in proposito che alcuni dèi padri e alcune dee madri perdettero, come gli uomini, i diritti di nobiltà 11. Se dunque per ipotesi Felicità non doveva essere fra gli dèi eletti, perché gli altri giunsero alla nobiltà non per merito ma per un colpo di fortuna, almeno fra di loro o meglio a preferenza di loro doveva avere un posto Fortuna. A sentire i pagani, è una dea che concede i propri favori non in base a un criterio razionale ma così a caso. Lei avrebbe dovuto essere a capo degli dèi eletti perché soprattutto in essi ha mostrato il proprio potere. Osserviamo infatti che sono stati scelti non sulla base di una eminente virtù o di una ragionevole felicità ma di un bizzarro potere di Fortuna, secondo quanto i loro adoratori pensano di lei. Pure Sallustio, uomo veramente intelligente, sta forse pensando anche agli dèi quando dice: Certamente Fortuna influisce su tutti gli avvenimenti e di essi uno lo rende celebre, un altro lo lascia in ombra più per capriccio che per un motivo razionale 12. I pagani infatti non possono trovare un motivo plausibile perché sia stata celebrata Venere e lasciata nell'ombra Virtù, sebbene entrambe siano state divinizzate senza dover confrontare le rispettive benemerenze. E se ottiene di essere nobilitato ciò che i più preferiscono, perché sono i più a preferire Venere a Virtù, perché è stata esaltata la dea Minerva e lasciata nell'ombra Pecunia? Infatti della razza umana ne attrae più l'amore del denaro che la cultura, e fra quelli stessi che sono cultori di una disciplina raramente puoi trovare un uomo che non renda la propria professione venale con la ricompensa in denaro. D'altronde si apprezza di più l'utile che si ottiene che l'azione con cui l'utile si ottiene. Se dunque la selezione degli dèi è stata fatta col criterio della massa ignorante, perché la dea Pecunia non è stata preferita a Minerva, dal momento che molti professano l'arte per denaro? Se poi la scelta è dei pochi colti, perché non è stata preferita Virtù a Venere, dal momento che la ragione di molto la predilige? Ma torniamo a Fortuna la quale, come ho detto, stando all'opinione di molti che le accordano un grandissimo potere 13, influisce su tutti gli avvenimenti e di essi uno lo rende celebre, un altro lo lascia in ombra più per capriccio che per un motivo razionale. Se ella dunque ebbe un simile potere anche sugli dèi tanto da esaltare o lasciare in ombra in base a un suo criterio capriccioso coloro che voleva, dovrebbe avere un ruolo eminente fra gli dèi eletti perché avrebbe un potere straordinario sugli dèi stessi. Se poi non è riuscita a collocarsi tra gli eletti, si deve pensare soltanto che Fortuna in persona ebbe la fortuna avversa. Si è avversata da sé perché pur rendendo illustri gli altri, ella non lo divenne.

Dèi eletti e infamati.
4. Un individuo desideroso di nobiltà e di rinomanza si congratulerebbe con gli dèi eletti e li chiamerebbe fortunati se non si accorgesse che sono stati scelti più per ricevere oltraggi che rispetto. Infatti lo stesso nome oscuro ha coperto la schiera proletaria degli dèi perché non fosse subissata d'improperi. Ci vien proprio da ridere quando vediamo, secondo i modelli dell'immaginazione umana, gli dèi assegnati a scompartimenti di lavoro come gli esattori al minuto e come gli artigiani nel quartiere degli argentieri, in cui un vasetto per riuscire perfetto passa per le mani di molti artigiani, quando potrebbe esser condotto a termine da uno solo che fosse abile in tutto. Ma non si è pensato di provvedere in altro modo alla ressa della manodopera. Così ciascuno apprendeva con agevole speditezza le specifiche competenze dell'arte senza che tutti fossero costretti ad essere abili con laboriosa lentezza in tutta l'operazione tecnica. Tuttavia si riesce appena a trovare qualcuno degli dèi non scelti che avesse la reputazione infamata da un delitto e al contrario si trova appena qualcuno degli dèi eletti che non abbia ricevuto una nota di segnalata immoralità. Così gli eletti si abbassarono agli umili lavori degli abietti e gli abietti non si elevarono agli illustri delitti degli eletti. Riguardo a Giano non viene in mente nulla che si volga a suo disonore. E forse sarà stata una persona dabbene, sarà vissuto senza colpa e alieno da delinquenza e immoralità. Accolse con umanità il fuggiasco Saturno, divise il regno con l'ospite, in modo che ciascuno costruisse la propria città, egli il Gianicolo e l'altro Saturnia. Ma i Romani, bramosi di una qualsiasi deformazione nel culto degli dèi, essendosi accorti che la sua vita era meno turpe, lo deturparono con la mostruosa deformità del suo idolo perché lo figurarono con doppia fisionomia, ora bifronte ed ora quadrifronte. Intesero forse che egli apparisse con più fronti in quanto più onesto, giacché moltissimi dèi eletti avevano perduto la fronte commettendo azioni vergognose?

Interpretazione naturalistica degli dèi eletti (5-26)

Simbolismo esoterico sul dio e l'anima.
5. Ascoltiamo piuttosto le interpretazioni naturalistiche dei pagani con cui essi tentano di colorare con la patina di una eminente dottrina la bruttura di un errore assai meschino. Prima di tutto Varrone giustifica queste interpretazioni col dire che gli antichi hanno inventato gli idoli, le loro insegne e ornamenti affinché gli iniziati agli arcani della dottrina, nell'osservare quegli oggetti con la vista, potessero intuire con la mente l'anima del mondo con le sue parti, cioè gli dèi veri. Sembrava inoltre che coloro i quali avevano rappresentato gli idoli degli dèi con la figura umana avessero voluto far comprendere che lo spirito dei mortali, che è nel corpo umano, è molto simile allo spirito immortale. Poniamo, ad esempio, che si pongano dei vasi per contrassegnare i vari dèi e che nel tempio di Libero si ponga una cesta di caraffe, che significherebbe il vino, cioè il contenente per il contenuto. Allo stesso modo mediante l'idolo con figura umana viene significata l'anima ragionevole, perché la natura dell'anima è contenuta nel corpo come in un vaso e il dio o gli dèi, secondo la loro teoria, sono della medesima natura 14. Questo è l'aspetto esoterico della dottrina che quest'uomo di grande cultura aveva studiato a fondo per portarlo alla luce. Ma, o uomo intelligentissimo, hai forse, in mezzo a questi arcani della dottrina, perduto la saggezza con cui hai assennatamente ritenuto che i primi costruttori di idoli nelle città eliminarono il timore dai propri cittadini, accrebbero l'errore e che gli antichi Romani onorarono gli dèi più rispettosamente senza idoli? 15. Sono stati gli antenati a rendersi garanti perché tu osassi sostenere queste idee contro i Romani delle epoche successive. Perché se anche i Romani dei primi tempi avessero adorato gli idoli, avresti forse col silenzio del timore reso esoterica questa teoria, nondimeno vera, sulla necessità di non costruire idoli e avresti giustificato con un discorso più abbondante ed elevato gli arcani della dottrina in simili funeste e vane figurazioni. Tuttavia la tua anima di vasta cultura e di nobile temperamento, nonostante l'esoterismo della dottrina, non poté giungere, e ce ne dispiace molto per te, al proprio Dio, cioè a colui dal quale e non assieme al quale è stata creata, di cui non è parte ma fattura, che non è l'anima di ogni cosa ma ha creato ogni anima, la quale nella sua luce diviene beata se non è ingrata alla sua grazia. Tuttavia la trattazione che segue chiarirà che cosa è l'esoterismo della dottrina e come si deve valutare. Frattanto quest'uomo di grande erudizione afferma che l'anima del mondo con le sue parti sono veri dèi. Se ne deduce che tutta la sua teologia, e proprio quella naturale in cui aveva molta fiducia, si è potuta estendere fino alla natura dell'anima ragionevole. Parla pochissimo sugli dèi eletti nel libro che compilò in ultimo. Esamineremo se in esso Varrone mediante le interpretazioni naturalistiche possa rapportare la teologia naturale alla civile. Se ci riuscirà, tutta la teologia sarà naturale e non c'era bisogno di segregare da essa la civile con tanta preoccupazione di distinguerla. Ma poniamo che sia segregata in base a una ragionevole separazione ma che non sia vera neanche la naturale che egli accetta, tanto più che è giunto fino all'anima e non fino al vero Dio che ha fatto anche l'anima. In tal caso è molto più abietta e falsa la teologia civile che è limitata prevalentemente alla natura dei corpi, come dimostreranno le sue stesse interpretazioni, scoperte e analizzate con tanta diligenza dai pagani. Mi occorre riportarne alcune indispensabili.

Il mondo e la sua anima nell'interpretazione naturalistica di Varrone.
6. Dice dunque Varrone fin dall'introduzione alla teologia naturale, che, a suo parere, l'anima del mondo, chiamato dai Greci , è un dio e che il mondo stesso è un dio. Precisa che come l'uomo sapiente, essendo composto di corpo e di spirito, è giudicato sapiente dalla prospettiva dello spirito, così il mondo, essendo composto di spirito e di corpo, è considerato un dio da parte dello spirito. Sembra che in questo passo ammetta in certo senso un solo Dio, ma per ammetterne anche molti, aggiunge che il mondo è diviso in due parti, il cielo e la terra, e il cielo a sua volta in due parti, etere e aria, e la terra in acqua e suolo. Di essi il più alto sarebbe l'etere, seconda l'aria, terza l'acqua e la più bassa la terra. Tutte queste parti sarebbero informate da quattro anime, immortali nell'etere e nell'aria, mortali nell'acqua e nella terra. Dalla più ampia orbita del cielo a quella minore della luna sarebbero anime eteree gli astri e le stelle; l'esistenza di questi dèi celesti non sarebbe soltanto oggetto dell'intelligenza ma anche della vista. Le anime aeree si troverebbero fra l'orbita della luna e i punti più alti delle formazioni meteorologiche, ma esse sono oggetto del pensiero e non della vista e si chiamano eroi, lari e geni 16. Questa è appunto la teologia naturale trattata brevemente nella introduzione. Fu insegnata non soltanto da Varrone ma da molti filosofi. Di essa si dovrà trattare più accuratamente in seguito quando avrò svolto con l'aiuto del vero Dio quanto rimane della teologia civile per la parte attinente agli dèi eletti.

Giano principio e Termine fine del mondo.
7. Chiedo dunque chi è Giano, da cui Varrone ha cominciato. Mi si risponde: il mondo. È una risposta chiara nella sua brevità. Perché dunque si dice che l'inizio delle cose è di sua competenza e la fine è di competenza dell'altro che chiamano Termine 17? Affermano in proposito che in vista dell'inizio e della fine a questi due dèi sono stati dedicati due mesi, al di fuori dei dieci che vanno da marzo a dicembre, e cioè gennaio a Giano e febbraio a Termine. Dicono che appunto per questo nel mese di febbraio si celebrano i terminali, durante i quali si compie il mistero della purificazione che chiamano febro e da cui ha avuto nome il mese 18. Ma è possibile che l'inizio delle cose compete al mondo, che è lo stesso Giano, e la fine non gli compete, tanto che ne è incaricato un altro dio? Il dire che tutti i fenomeni si verificano in questo mondo non significa forse che sono limitati a questo mondo? E quale stravaganza è quella di conferire a Giano un mezzo potere nell'influsso e una doppia faccia nell'idolo? Non interpreterebbero con molto più buon gusto questo dio bifronte se lo considerassero Giano e Termine e attribuissero una faccia all'inizio e una alla fine? Chi compie un lavoro deve tener presente l'uno e l'altro, perché in ogni movimento della propria azione se non si volge a guardare l'inizio non preordina la fine. È necessario quindi che il proposito che si volge in avanti sia rilanciato dalla memoria che si volge indietro, perché se si dimenticherà di avere cominciato l'opera, non si troverà il modo di finirla. Se i pagani ritenessero che la felicità ha inizio in questo mondo e la perfezione fuori del mondo, e perciò affidassero a Giano, cioè al mondo, soltanto l'incombenza dell'inizio, certamente crederebbero superiore Termine e non lo estrometterebbero dagli dèi eletti. Comunque anche in questa teoria in cui si contemplano nei due dèi l'inizio e la fine delle cose nel tempo, si sarebbe dovuto dare più onore a Termine. È più grande la gioia quando un'opera qualsiasi si porta a compimento, invece le cose incominciate comportano molta ansietà, finché non si conducono alla fine che, nell'iniziare un qualcosa, soprattutto si cerca, si intende, si aspetta, si desidera e non ci si allieta della cosa incominciata se non è condotta a termine.

Giano bifronte e quadrifonte e il mondo.
8. Ma ci si adduca l'interpretazione dell'idolo bifronte. Affermano che ha due facce, una davanti e una addietro, perché l'apertura della nostra bocca avrebbe una certa somiglianza col mondo. Per questo i Greci chiamano il palato 19 e alcuni poeti latini, dice Varrone, hanno chiamato cielo il palato, perché da questa apertura della bocca si avrebbe l'accesso al di fuori fino ai denti e al di dentro verso la gola 20. Ecco dove è andato a finire il mondo a causa di una parola, greca o poetica, che significa il nostro palato. Che cosa importa questo all'anima, che cosa importa alla vita eterna? Questo dio si adorerebbe soltanto per le salive, perché l'una e l'altra porta si apre sotto il cielo del palato per inghiottirle da una parte e sputarle dall'altra. Ed è l'assurdo più banale il non riuscire a trovare nel mondo stesso due porte poste di fronte, da cui esso introduca in sé e faccia apparire di fuori la realtà e il pretendere di simboleggiare in Giano la struttura del mondo riferendosi alla nostra bocca e gola, sebbene il mondo con esse non abbia alcuna somiglianza. Questo soltanto per riguardo al palato, sebbene anche Giano non abbia con esso alcuna somiglianza. Quando invece lo considerano quadrifronte e lo chiamano Giano Gemino, interpretano questo simbolo in relazione alle quattro parti del mondo, come se il mondo osservi qualche cosa al di fuori, come fa Giano attraverso tutte le sue facce. Inoltre se Giano è il mondo e il mondo risulta di quattro parti, è fasullo l'idolo di Giano bifronte. Ma poniamo che sia autentico poiché con i termini di Oriente e Occidente si suole intendere tutto il mondo. Ma allora quando si considerano le altre due parti del Settentrione e del Meridione, s'intende forse dire che il mondo è gemino, come i Romani lo dicono di Giano? Non hanno affatto un fondamento per interpretare le quattro porte che si aprono ai fenomeni che vengono e che vanno come simbolo del mondo, mentre al contrario, per quanto riguarda il bifronte, hanno trovato un pretesto per lo meno nella bocca dell'uomo. Si eccettua il caso che Nettuno venga in aiuto e porga un pesce che, oltre l'apertura della bocca e della gola, ha le branchie a destra e a sinistra. Comunque nessuna anima sfugge, sia pure attraverso tante porte, la menzogna se non ascolta la Verità che dice: La porta sono io 21.

Secondo i naturalisti Giove come ragione ultima...
9. 1. Ed ora i naturalisti espongano che cosa significa Giove, detto anche Iuppiter. È il dio, rispondono, che ha il potere sulle ragioni del divenire nel mondo 22. Quanto sia importante questo problema lo dichiara il nobilissimo verso di Virgilio: Fortunato chi è riuscito a conoscere le ragioni delle cose 23. Ma perché gli viene anteposto Giano? Il motivo ce lo dice Varrone, l'uomo più intelligente e colto: Perché, egli dice, in Giano si ha l'inizio, in Giove la pienezza. Giustamente dunque Giove è considerato il re di tutte le cose. L'inizio è infatti meno perfetto della pienezza perché, sebbene esso venga prima nel tempo, la pienezza è superiore per valore 24. Questo sarebbe un significato ragionevole se prima si stabilisse la differenza fra inizio e pienezza dei fenomeni. Come inizio di un fenomeno è partire e la pienezza è arrivare, l'inizio cominciare ad apprendere e la pienezza il conseguimento della cultura, così in tutte le cose viene prima l'inizio e la fine è perfezione. Ma questo affare è stato già trattato fra Giano e Termine. Invece le ragioni che sono assegnate a Giove sono principi efficienti e non effetti ed è assolutamente impossibile che siano precorse nel tempo da fenomeni o dagli inizi dei fenomeni. Infatti l'essere che causa è sempre prima dell'essere che è causato. Pertanto se a Giano compete l'inizio dei fenomeni, essi non sono prima delle ragioni efficienti che i naturalisti assegnano a Giove. Come niente diviene, così niente comincia a divenire che non sia preceduto dalla sua causa efficiente. Ma se i popoli chiamano Giove questo dio nel quale si hanno tutte le cause di tutte le nature causate e di tutti i fenomeni naturali e poi lo adorano con tanti oltraggi e con tante imputazioni di delitto, si irretiscono in una irreligiosità più riprovevole che se professassero esplicitamente l'ateismo. Quindi sarebbe preferibile per loro chiamare col nome di Giove un altro che sia meritevole di disoneste e delittuose onoranze, sostituendolo con una creazione fantastica da insultare, come si dice che per Saturno fu sostituita una pietra da divorare invece del figlio 25, anziché considerare un dio costui che tuona e commette adultèri, che sostiene il mondo e si consuma attraverso tanti atti carnali, che contiene le ragioni ideali di tutte le nature e di tutti i fenomeni naturali e non contiene le proprie ragioni morali.

...e come il tutto.
9. 2. Chiedo poi quale posto assegnano a Giove fra gli dèi se Giano è il mondo. Varrone ha stabilito che sono veri dèi l'anima del mondo con le sue parti; dunque ciò che questo non è, secondo i naturalisti non è un vero dio. Potranno dunque dire forse che Giove è l'anima del mondo in modo che Giano ne sia il corpo, cioè questo visibile mondo? Ma se la mettono così, non potranno sostenere che Giano è un dio, perché anche secondo loro il corpo del mondo non è un dio ma solamente l'anima del mondo con le sue parti. E per questo Varrone stesso dice che, secondo il suo parere, l'anima del mondo è un dio e che il mondo stesso è un dio, con la riserva che come l'uomo sapiente, pur essendo composto di spirito e di corpo, si considera sapiente dalla prospettiva dello spirito, così il mondo, sebbene sia composto di spirito e di corpo, si considera dio dalla prospettiva dello spirito 26. Quindi il solo corpo del mondo non è un dio ma la sola anima o insieme il corpo e lo spirito, nel senso però che non è dio da parte del corpo ma dello spirito. Se dunque Giano è il mondo e Giano è un dio, forse che finiranno per dire che Giove, per esser dio, è una parte di Giano? Al contrario abitualmente attribuiscono a Giove il tutto. Da qui il detto del poeta: Di Giove il tutto è pieno 27. Devono ammettere dunque che Giove, per esser dio e soprattutto il re degli dèi, non è altro che il mondo, affinché domini, secondo i naturalisti, gli altri dèi come proprie parti. Sempre Varrone, nel libro Sul culto degli dèi che ha scritto separatamente da questi sulla religione, interpreta ai sensi di questa teoria alcuni versi di Valerio Sorano. Sono questi: Giove, onnipotente progenitore dei re, delle cose e degli dèi e a un tempo genitrice degli dèi, un solo dio e tutti 28. Nel libro citato sono interpretati come segue. I naturalisti pensavano che è maschio chi emette il seme, femmina chi lo riceve e che Giove è il mondo e che emette da sé tutti i semi e riceve in sé tutti i semi. Per questa ragione, soggiunge Varrone, Sorano ha scritto che "Giove è genitore e genitrice" e con non minore ragione che egli è una sola cosa e tutte le cose, poiché il mondo è uno e in esso ci sono tutte le cose 29.

Diversità o no di Giove e Giano.
10. Giano quindi è il mondo e Giove è il mondo e il mondo è uno. Perché dunque Giano e Giove sono due dèi? Per quale ragione hanno i templi e gli altari distinti, diversi i misteri, dissimili le immagini? Ma diamo l'ipotesi che altro sia il significato degli inizi ed altro quello dei principi e che il primo abbia preso il nome di Giano e l'altro il nome di Giove. Ma allora se un solo uomo avesse in diversi settori due cariche o due professioni, forse che si devono considerare due giudici o due professionisti, dato che è diverso il significato delle rispettive attività? Allo stesso modo anche un solo dio, sebbene abbia il potere degli inizi e dei principi, forse che per questo è necessario credere che sia due dèi, perché inizio e principio sono due idee diverse? Se lo credono ragionevole, dicano pure che Giove è tanti dèi quanti sono i nomi speciali che gli hanno attribuito in base ai molti suoi poteri, poiché tutti i concetti da cui gli appellativi sono stati derivati sono molti e diversi. Ne ricordo alcuni.

Altri appellativi di Giove.
11. Lo hanno chiamato Vincitore, Invitto, Soccorritore, Incitatore, Statore, Centopiedi, Sterminatore, Travicello, Datore di vita, Rumino ed altri di cui sarebbe lungo parlare 30. I Romani imposero questi appellativi a un solo dio in vista di ragioni ideali e di poteri diversi ma non lo condizionarono ad essere tanti dèi quanti sono i poteri attribuitigli, e cioè che vincesse tutto, che non fosse vinto da nessuno, che portasse soccorso ai bisognosi, che avesse il potere di incitare, di non far fuggire, di rendere immobili, di sterminare, che come una trave sostenesse saldamente il mondo, che desse vita a tutto, che come poppa o mammella nutrisse i viventi. Di queste funzioni alcune, come possiamo notare, sono di grande rilievo, altre insignificanti. Comunque un solo dio è incaricato ad adempiere le une e le altre. A mio parere sono molto più affini i principi ideali e gli inizi delle cose, anche se hanno affermato che per essi si hanno un solo mondo e due dèi, Giove e Giano, che rendere stabile il mondo e offrire la mammella ai viventi. Tuttavia per queste due funzioni tanto diverse fra di loro per significato e valore non è stato necessario che si dessero due dèi ma il solo Giove è stato chiamato Travicello per l'una e Rumino per l'altra. Non voglio dire che era più adatta Giunone che Giove ad offrire la mammella ai viventi lattonzoli, tanto più che v'era anche la ninfa Rumina la quale poteva dare allo scopo un valido aiuto. Tuttavia non lo dico, perché mi si può rispondere, come sto pensando, che Giunone non è diversa da Giove, stando ai versi citati di Valerio Sorano, in cui è stato detto: Giove onnipotente progenitore dei re, delle cose e degli dèi e a un tempo genitrice degli dèi. Per quale motivo dunque è stato chiamato Rumino, quando da un'indagine approfondita si potrebbe rilevare che egli è anche la ninfa Rumina? Ci è sembrato irrispettoso per la grandezza degli dèi che nella sola spiga uno fosse destinato alla protezione dei nodi e un altro dei gusci. Ma è molto più irrispettoso che un incarico così banale, nutrire gli animali con la mammella, sia affidato al potere di due dèi, di cui uno è Giove, che è anche nientemeno il re di tutti loro e che non compia questo servizio per lo meno con sua moglie ma con una non saprei quale sconosciuta Rumina, salvo che egli stesso non sia la stessa Rumina: Rumino per i maschi lattanti e Rumina per le femmine. Direi che i Romani non hanno voluto imporre a Giove un nome femminile se nei versi citati non fosse chiamato genitore e genitrice. Potrei leggere inoltre che fra gli altri appellativi era chiamato anche Pecunia. Abbiamo trovato questa dea fra gli dèi meno importanti e ne abbiamo parlato nel quarto libro 31. Ma poiché maschi e femmine hanno denaro, lo vedano loro il motivo per cui non sarebbe stato chiamato Pecunia e Pecunio come Rumina e Rumino.

Considerazioni peregrine su Giove Pecunia.
12. Con finezza hanno dato la spiegazione del nome. Si chiama anche Pecunia, dice Varrone, perché tutte le cose sono sue 32. O alta spiegazione di un nome divino! Al contrario egli, di cui sono tutte le cose, con grande spregio e oltraggio è considerato denaro. Che cosa è in definitiva il denaro con tutte le cose che si posseggono dagli uomini mediante il denaro in confronto delle cose contenute nel cielo e nella terra? Ma è stato l'amore del denaro che ha imposto questo nome a Giove affinché chi ama il denaro si illuda di amare non un dio qualunque ma lo stesso re di tutti gli dèi. Sarebbe ben diverso se si parlasse di ricchezza. Perché ricchezza e denaro sono diversi. Infatti consideriamo ricche le persone sapienti, giuste, oneste che non hanno denaro o ne hanno poco, ma sono ricche di virtù, poiché con esse anche nei bisogni materiali è sufficiente per loro ciò che c'è. Al contrario gli avari sono poveri perché hanno sempre brame e bisogni, anche se possono ottenere molto denaro, ma nonostante la sua abbondanza non possono non avere bisogno. Giustamente consideriamo ricco anche lo stesso vero Dio, non di denaro ma di onnipotenza. Pertanto coloro che hanno denaro sono considerati anche ricchi ma spiritualmente bisognosi se sono avari, così sono considerati poveri coloro che mancano di denaro ma spiritualmente ricchi se sono sapienti. Come deve essere dunque valutata dal sapiente questa teologia, da cui il re degli dèi ha ricevuto l'appellativo di quella cosa che nessun saggio ha desiderato 33? Se con questa dottrina fosse insegnata una verità che riguarda la vita eterna, sarebbe stato molto più comprensibile che il rettore del mondo fosse chiamato non Pecunia ma Sapienza, perché l'amore per lei purifica dalla meschinità dell'avarizia, cioè dall'amore al denaro.

Giove è tutto ma anche Saturno e Genio.
13. Ma non c'è più motivo di parlare di Giove, perché a lui si devono forse ricondurre gli altri. Così la tesi politeistica rimane priva di senso. Tutti infatti sono lui, tanto se si considerano le sue funzioni o poteri, quanto se il potere generativo dell'anima, che i naturalisti ritengono operante in tutte le cose, ha ricevuto i nomi come di una pluralità di dèi dalle parti del tutto, nelle quali si struttura il mondo visibile e dalla varia fenomenologia della natura. Infatti che cos'è Saturno? Un dio, risponde Varrone, di primo ordine perché ha il potere su tutte le sementi 34. Però l'interpretazione dei versi di Valerio Sorano comporta che Giove è il mondo e che sprigiona da sé e riceve in sé tutti i semi. Quindi egli stesso è il dio che ha il potere su tutte le sementi. E che cos'è Genio? È il dio, risponde Varrone, che sovraintende e ha il potere della generazione di tutte le cose. Però essi credono che questo potere lo ha soltanto il mondo, al quale si dà l'appellativo di Giove genitore e genitrice. In un altro passo afferma che Genio è lo spirito razionale di ciascun individuo ed è quindi individuale per ognuno e che Dio è lo spirito razionale del mondo 35. Ma questa tesi richiama al concetto che lo stesso spirito del mondo sia come il genio universale. Dunque è il medesimo che chiamano Giove. Infatti se ogni genio è un dio e se ogni spirito umano è un genio, ne segue ineluttabilmente che ogni spirito umano è un dio. E se questa assurdità costringe i pagani stessi a rabbrividire, rimane loro di riconoscere che da solo e nella forma più alta è il dio Genio quello che essi chiamano lo spirito del mondo, cioè Giove.

Simbolismo di Mercurio e di Marte.
14. Non hanno trovato modo di rapportare Mercurio e Marte a determinate parti del mondo e alle opere di Dio, che risultano dagli elementi, e si sono limitati a preporli alle opere degli uomini come intendenti del discorso e della guerra. Se Mercurio ha il potere sul discorso degli dèi, signoreggia perfino il re degli dèi, nell'ipotesi che Giove parli rimettendosi alla sua decisione o abbia ricevuto da lui la facoltà di parlare. E questo è assurdo. Se poi si afferma che gli è stato attribuito il potere soltanto sul discorso umano, non è credibile che Giove abbia voluto abbassarsi ad allattare con la mammella non solo i bimbi ma perfino gli animali, fino a farsi denominare Rumino, e che non abbia voluto richiamare alla propria competenza la cura del nostro discorso per cui siamo superiori agli animali. Perciò sono una medesima cosa questo attributo di Giove e Mercurio. Ma diamo l'ipotesi che Mercurio sia il discorso stesso come dimostrano le interpretazioni simboliche che lo riguardano. Si spiega infatti che è chiamato Mercurio come chi scorre in mezzo, poiché il discorso si pone come intermediario fra gli uomini; pertanto in greco è chiamato perché il discorso, o meglio l'interpretazione, che è appunto una categoria del discorso, si traduce con . Per lo stesso motivo si afferma che sovraintende ai commerci perché il discorso fa da intermediario fra venditori e compratori; così le sue ali in testa e ai piedi significherebbero che il discorso passa volando nell'aria, infine sarebbe stato considerato annunziatore perché mediante il discorso si enunziano i pensieri 36. Se dunque Mercurio è il discorso stesso, per loro stessa confessione non è un dio. Ma quando essi si propongono come dèi esseri che non sono neanche demoni, invocandoli come spiriti immondi sono da loro resi schiavi perché non sono dèi ma demoni. Allo stesso modo poiché non sono riusciti a trovare per Marte un elemento o una parte del mondo, in cui potesse esercitare determinate funzioni naturali, lo hanno considerato dio della guerra 37. E questa è un'attività dell'uomo ed è desiderabile che non lo sia. Perciò se Felicità concedesse una pace perenne, Marte non avrebbe nulla da fare. Se poi Marte è la guerra stessa, come Mercurio il discorso, sarebbe un bello auspicio perché come egli evidentemente non è un dio, così non ci sarebbe più la guerra che erroneamente è considerata un dio.

Gli dèi e i pagani.
15. Ma c'è l'ipotesi che essi siano quei pianeti che hanno denominato con i loro nomi. Chiamano appunto un pianeta Mercurio e un altro Marte. Ma v'è anche il pianeta che i pagani chiamano Giove e a sentir loro il mondo è di Giove; v'è quello che chiamano Saturno e tuttavia in più gli affibbiano una non piccola responsabilità, quella cioè di tutti i semi. Vi è anche il pianeta più lucente che dai pagani è chiamato Venere e affermano tuttavia che Venere è anche la luna 38, sebbene nei loro scritti Giunone e Venere si contendano il pianeta più lucente come fecero con la mela d'oro 39. Alcuni dicono appunto che Lucifero è di Venere, altri di Giunone ma, come al solito, vince Venere. Sono molti di più quelli che lo attribuiscono a lei, sicché se ne trova appena qualcuno d'opinione contraria 40. Come si fa a non ridere quando dicono che Giove è il re di tutti gli dèi, se il suo pianeta è superato per straordinaria lucentezza da quello di Venere? Il suo pianeta doveva essere tanto più lucente quanto egli è più potente. Giustificano la propria opinione col dire che il pianeta Giove, ritenuto più oscuro, è più in alto e molto più lontano dalla terra. Se dunque una onorificenza più grande ha meritato un luogo più alto, perché fra i pianeti Saturno è più in alto di Giove? Oppure la vacuità del mito che ci presenta Giove come re non è potuta giungere fino al cielo e fu consentito a Saturno di ottenere almeno in cielo quel che non era riuscito a ottenere nel suo regno e in Campidoglio 41? E perché Giano non ha avuto in consegna un pianeta? Se per il fatto che egli è il mondo e che tutti i pianeti sono in lui, anche di Giove è il mondo e tuttavia ha il suo pianeta. Oppure Giano è venuto al compromesso che gli è stato possibile e in luogo di un pianeta che non ha fra gli astri, ha ricevuto in cambio altrettante facce in terra. Infine se per considerarli dèi reputano Mercurio e Marte come parti del mondo soltanto sulla base dei loro pianeti, perché il discorso e la guerra non sono certamente parti del mondo ma azioni umane, per quale ragione non tributano onori all'Ariete, al Toro, al Cancro, allo Scorpione e alle altre costellazioni che considerano segni celesti? Eppure essi non sono formati da una sola stella ma da più stelle e gli scienziati dicono che sono collocati nel cielo più alto al di sopra dei pianeti 42, dove un movimento più uniforme offre alle stelle un corso fisso. Comunque a queste costellazioni non hanno dedicato altari, misteri, templi e non li hanno ammessi fra gli dèi, non dico quelli eletti, ma neanche fra quelli per così dire plebei.

Spiegazioni naturalistiche di altri dèi eletti.
16. Sebbene i pagani preferiscano Apollo come divinatore e medico, tuttavia per collocarlo in una determinata parte, hanno affermato che è anche il sole ed egualmente che sua sorella Diana è la luna ed anche la custode delle strade. Perciò la dicono vergine perché la strada non fa crescer nulla. Affermano quindi che entrambi hanno le frecce perché i due astri dal cielo saettano i raggi fino alla terra 43. Affermano che Vulcano è il fuoco cosmico, Nettuno le acque cosmiche, Dite padre, cioè l'Orco, la terrena e più bassa parte del mondo 44. Considerano Libero e Cerere come savraintendenti ai semi, lui ai maschili, lei ai femminili o anche lui alla parte liquida e lei alla parte secca dei semi 45. Ma tutti questi significati sono in relazione al mondo, cioè a Giove ed egli è stato detto genitore e genitrice appunto perché sprigionerebbe da sé e riceverebbe in sé tutti i semi. Talora affermano che Cerere è la Gran Madre la quale, nella loro dottrina, non è altro dalla terra e sarebbe anche Giunone e perciò le assegnano le cause seconde dei fenomeni 46. Comunque Giove avrebbe sempre il significato di genitore e genitrice degli dèi perché, secondo loro, tutto il mondo in sé è di Giove. Anche di Minerva, dato che l'hanno preposta all'umana cultura e non hanno trovato un pianeta in cui darle residenza, hanno detto che è il punto più alto dell'etere o anche la luna 47. Hanno anche giudicato Vesta la più grande delle dee appunto perché anche essa è la terra, sebbene abbiano pensato di assegnarle il fuoco cosmico più leggero, che si impiega negli elementari bisogni dell'uomo, e non quello più violento che è di Vulcano 48. Dunque essi ritengono che tutti gli dèi eletti sono il mondo visibile, il tutto in alcuni, le sue parti in altri, il tutto come Giove, le sue parti come Genio, la Gran Madre, Sole e Luna o piuttosto Apollo e Diana. E talora considerano un solo dio più cose e talora una sola cosa più dèi. Infatti più cose sono un solo dio, come nel caso di Giove stesso, perché Giove è considerato e chiamato il mondo intero o soltanto il cielo o soltanto il pianeta. Allo stesso modo Giunone è arbitra delle cause seconde ma è anche l'aria e la terra e, se avesse vinto Venere, il pianeta. Egualmente Minerva è il punto più alto dell'etere ma anche la luna che, secondo i naturalisti, sarebbe nella zona più bassa dell'etere. Al contrario considerano una sola cosa più dèi; ad esempio, il mondo è Giano e Giove, la terra Giunone, la Gran Madre e Cerere.

Riserve e incertezze di Varrone.
17. Queste spiegazioni, che ho citato a titolo di esempio, non chiariscono ma generano confusione. Così avviene per le altre. Come l'impulso della loro vagabonda immaginazione li spinge, si slanciano in un verso o nell'altro e poi ritornano sui propri passi da una parte e dall'altra. Varrone stesso preferì dubitare di tutte le spiegazioni anziché ammetterne come certa qualcuna. Infatti dopo aver espletato il primo degli ultimi tre libri riguardante gli dèi certi, cominciando nel secondo a parlare degli dèi incerti, dice: Quando avrò esposto in questo libro le opinioni dubbie sugli dèi non debbo essere criticato. Chi crederà che era opportuno e possibile formulare un giudizio, dopo aver letto, lo farà egli stesso. Quanto a me potrei essere spinto a richiamare in dubbio le spiegazioni che ho dato nel primo libro anziché portare a una determinata conclusione quelle che indicherò in questo secondo 49. Così ha reso incerto non solo il libro sugli dèi incerti ma anche quello sugli dèi certi. Inoltre nel terzo libro sugli dèi eletti dapprima ha premesso dalla teologia naturale alcuni concetti che gli sembrò opportuno di dover premettere; ma prima di cominciare ad esporre le sciocchezze e le incredibili follie della teologia civile, giacché non solo non lo guidava la verità ma lo condizionava anche la tradizione degli antenati, scrive: In questo libro tratterò degli dèi del popolo romano, riconosciuti dallo Stato, giacché hanno loro dedicato templi e li hanno contraddistinti ornandoli di varie insegne ma, come dice Senofane di Colofone, esporrò un mio parere non una mia convinzione. Sull'argomento infatti è dell'uomo farsi un'opinione, del dio avere scienza 50. Dunque mentre si accinge ad esporre i riti istituiti dagli uomini, premette con inquietudine un discorso non su oggetti scientificamente certi o fermamente creduti ma opinabili e dubbi. Infatti egli conosceva per scienza che esistono il mondo, il cielo e la terra, che il cielo è illuminato dagli astri, la terra è fertile di semi e altre verità simili; credeva con incrollabile fermezza del pensiero che l'immenso meccanismo della natura è retto e preordinato al fine da una forza veramente potente anche se invisibile. Ma non poteva né per scienza né per fede affermare di Giano che era il mondo o indagare su Saturno in che modo fosse padre di Giove e fosse stato assoggettato al suo dominio e così via.

Amministra Discussione: | Chiudi | Sposta | Cancella | Modifica | Notifica email Pagina precedente | 1 | Pagina successiva
Nuova Discussione
 | 
Rispondi

Feed | Forum | Bacheca | Album | Utenti | Cerca | Login | Registrati | Amministra
Crea forum gratis, gestisci la tua comunità! Iscriviti a FreeForumZone
FreeForumZone [v.6.1] - Leggendo la pagina si accettano regolamento e privacy
Tutti gli orari sono GMT+01:00. Adesso sono le 15:06. Versione: Stampabile | Mobile
Copyright © 2000-2024 FFZ srl - www.freeforumzone.com