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LA CITTA' DI DIO di sant'Agostino - Libri XII - XVII (3)

Ultimo Aggiornamento: 22/12/2012 22:17
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22/12/2012 19:51

La lingua primigenia e l'ebraico.
11. 1. Quindi, sebbene vi fosse un idioma comune a tutti non per questo mancarono i figli della perversione. Anche prima del diluvio v'era un solo idioma, eppure tutti, fuorché la famiglia del giusto Noè, meritarono di morire nel diluvio. Così, quando per colpa di una più altezzosa miscredenza, le genti furono punite e divise con la diversità dei dialetti e la città dei senza Dio ebbe il nome di Confusione, cioè fu chiamata Babilonia, si ebbe la tribù di Eber a far sì che si conservasse quello che precedentemente era il linguaggio di tutti. Come ho ricordato dianzi 51, all'inizio della genealogia dei discendenti di Sem, i quali diedero origine alle varie popolazioni, per primo fu menzionato Eber, sebbene sia figlio di un pronipote, cioè al quinto grado nella discendenza da lui. Mentre le altre popolazioni si dividevano nelle varie lingue, nella tribù di Eber rimase la lingua che, come giustamente si ritiene, prima era comune a tutto l'uman genere. Perciò in seguito fu denominata ebraica. Si richiedeva appunto che fosse distinta dalle altre lingue con una propria denominazione come le altre si distinsero mediante i rispettivi nomi. Quando era la sola, si chiamava lingua o parlata umana perché con essa sola si esprimeva il genere umano.

Cronologia e glottologia.
11. 2. Qualcuno potrebbe obiettare: Se al tempo di Falec, figlio di Eber, il territorio fu distribuito in base ai dialetti, cioè agli uomini che erano nel territorio, dal suo nome doveva essere designata la lingua che prima era comune a tutti. Ma si deve riflettere che Eber stesso impose appunto un nome simile al figlio chiamandolo Falec, che significa "Divisione", perché gli era nato quando il territorio era diviso in base ai dialetti, cioè, proprio in quel tempo. Così s'interpretano le parole: Ai suoi tempi fu distribuito il territorio 52. Se Eber non era più vivo quando avvenne il differenziarsi dei dialetti, la lingua che poté sopravvivere nella sua tribù non sarebbe stata denominata da lui. Si deve perciò ritenere che era quella comune a tutti poiché provennero da un castigo il differenziamento e il mutamento dei dialetti e il popolo di Dio doveva essere esente da questo castigo. E non senza motivo è la lingua che parlò Abramo, sebbene non poté trasmetterla a tutti i suoi discendenti ma soltanto a quelli che provennero da Giacobbe e che, costituendosi in forma più eminente e segnalata in popolo di Dio, poterono recepire le alleanze ed essere la stirpe di Cristo. Ed Eber non ha trasmesso la lingua a tutta la sua discendenza ma a quella soltanto la cui genealogia era protratta fino ad Abramo. Perciò quantunque non sia riferito con evidenza che esisteva un gruppo di uomini aderenti alla religione quando dai senza Dio venne edificata Babilonia, questo silenzio non è valso a deludere ma a stimolare l'interesse del critico. Si legge dunque che prima v'era una sola lingua universale e fra tutti i discendenti di Sem si menziona prima di tutti Eber, sebbene sia al quinto grado, e si denomina ebraica la lingua che l'autorità dei Patriarchi e dei Profeti ha conservato non solo nel loro linguaggio usuale ma anche nella sacra Scrittura. Si chiede allora in quale discendenza poté esser conservata la lingua che prima era di tutti, anche perché nella popolazione in cui essa si conservò non si ebbe il castigo che si verificò con il differenziamento dei linguaggi. Si può replicare soltanto che si conservò nella stirpe che proveniva da colui dal cui nome essa ebbe il nome e che questo è un ricordo non indifferente della nobiltà della stirpe poiché, mentre le altre venivano punite con il differenziamento dei dialetti, non giunse ad essa tale punizione.

Da Sem ad Abramo.
11. 3. C'è inoltre il problema della possibilità che ebbero Eber e il figlio Falec di costituire due differenti popolazioni se entrambi parlavano una medesima lingua. Certamente una sola è la popolazione ebraica che da Eber si protrasse fino ad Abramo e in seguito da lui fino a che si costituì il grande popolo d'Israele. Come dunque tutti i discendenti menzionati dei tre figli di Noè costituirono popolazioni diverse se Eber e Falec non le costituirono? Senza dubbio è ipotesi più probabile che il famoso gigante Nebrot costituì anche egli una sua popolazione ma a causa del prestigio del dominio e della statura è stato segnalato in forma più appariscente in modo da stabilire settantadue popolazioni e dialetti. Falec è stato menzionato non perché costituì una popolazione in quanto la sua è la stessa popolazione e lingua ebraica, ma a causa del singolare scorcio di tempo, poiché durante la sua vita si distribuirono i territori. Non ci deve turbare la considerazione che Nebrot non poté giungere al periodo di tempo in cui fu costruita Babilonia e avvenne il differenziarsi dei dialetti e conseguentemente la separazione delle popolazioni. Dal fatto che Eber è al sesto grado da Noè e Nebrot al quarto non ne consegue che non furono contemporanei. Questa vicenda poté verificarsi poiché vivevano di più quando le generazioni erano meno numerose e di meno quando erano più numerose, oppure nascevano più tardi quando le generazioni erano di meno e più presto quando erano di più. Si deve riflettere che quando il territorio fu distribuito non solo erano nati gli altri discendenti di Noè, che sono ricordati come Patriarchi delle popolazioni, ma erano già in età di avere parecchie famiglie degne dell'appellativo di popolazioni. Perciò non si deve affatto pensare che nacquero nell'ordine con cui sono elencati. Altrimenti è inverosimile che i dodici figli di Iectan, l'altro figlio di Eber e fratello di Falec, avessero già costituito le popolazioni se Iectan era nato dopo suo fratello Falec come dopo di lui è menzionato, dal momento che i territori furono distribuiti al tempo della nascita di Falec. Quindi si deve ammettere che fu menzionato per primo ma che era nato molto tempo dopo la nascita di Iectan, tanto che i dodici figli di quest'ultimo potevano già avere famiglie tanto numerose da poter essere distribuite secondo i rispettivi dialetti. Perciò poté essere nominato per primo chi veniva dopo per nascita, allo stesso modo che dei discendenti dai tre figli di Noè al primo posto sono stati nominati i discendenti di Iafet che era il più piccolo dei tre, poi i discendenti di Cam che era il figlio di mezzo, infine i discendenti di Sem che era il primo e il più grande. Le denominazioni di quelle popolazioni in parte rimasero, sicché anche oggi ne è manifesta la derivazione, come Assiri da Assur ed Ebrei da Eber, in parte sono cambiate col passar del tempo al punto che uomini dottissimi, i quali fanno ricerche di archeologia, sono riusciti a scoprire le origini di appena alcune di quelle popolazioni, non di tutte. Difatti nessun dato etimologico fa apparire che gli Egiziani, come si afferma, abbiano origine da un figlio di Cam chiamato Mesraim. Altrettanto si dice degli Etiopi che sono considerati discendenti del figlio di Cam, chiamato Cus. Se si riflette bene, sono più le denominazioni cambiate che quelle rimaste.

Adolescenza della Città di Dio in Abramo [12-36]

Gli Ebrei dalla Caldea in Mesopotamia.
12. Ora esaminiamo lo sviluppo della città di Dio in quel periodo di tempo che si ebbe col patriarca Abramo, perché da quel tempo inizia una sua più palese manifestazione e in esso si rendono manifeste promesse divine che attualmente vediamo adempiute in Cristo. Come abbiamo appreso dalla narrazione della sacra Scrittura, Abramo nacque nella regione dei Caldei 53, territorio che apparteneva all'impero degli Assiri. Presso i Caldei anche allora erano in vigore irriverenti usanze religiose, come presso gli altri popoli. V'era soltanto la famiglia di Tara, da cui nacque Abramo, in cui erano rimasti il culto dell'unico vero Dio e, per quanto si può dedurre, la sola lingua ebraica. Tuttavia, stando alla testimonianza di Giosuè di Nun 54, si è informati che anche Tara, come pure il popolo che era più palesemente di Dio, sia in Egitto che in Mesopotamia, adorarono altri dèi. Questo avveniva perché gli altri della discendenza di Eber gradatamente passavano ad altre lingue e ad altri popoli. E come durante il diluvio delle acque soltanto la famiglia di Noè era rimasta per ricuperare il genere umano, così nel diluvio delle molte credenze religiose diffuse nel mondo era rimasta soltanto la famiglia di Tara in cui fu custodito il germe della città di Dio. Precedentemente dopo aver elencato le generazioni fino a Noè assieme al numero degli anni e dopo aver esposto la causa del diluvio, prima che Dio parlasse a Noè della costruzione dell'arca, la Scrittura dice: Questi sono i discendenti di Noè 55. Allo stesso modo ora, dopo aver elencato le generazioni dal Patriarca chiamato Sem, figlio di Noè, fino ad Abramo, si segnala una serie di rilievo con le parole: Queste sono le generazioni di Tara. Tara generò Abram, Nacor e Arran, e Arran generò Lot. Arran morì prima di Tara suo padre nella terra in cui nacque, nella regione dei Caldei. Abram e Nacor presero moglie, il nome della moglie di Abram è Sara e quello della moglie di Nacor è Melca, figlia di Arran 56. Arran fu padre di Melca e di Iesca, che si ritiene sia la stessa Sara moglie di Abramo.

Importanza dell'elemento cronologico.
13. Si narra poi come Tara lasciò con i suoi familiari la regione dei Caldei e si recò nella Mesopotamia e si stabilì a Carran. Non si parla del figlio che si chiamava Nacor, come se non l'avesse condotto con sé. Ecco il testo: Tara prese con sé Abram suo figlio e Lot figlio di Arran suo nipote, Sara sua nuora e moglie del figlio Abram, li condusse dalla regione dei Caldei nella regione di Canaan, giunse a Carran e vi si stabilì 57. In questo passo non sono ricordati Nacor e la moglie Melca. Ma lo incontriamo in seguito quando Abramo mandò un suo servitore a scegliere una moglie per il figlio Isacco. Dice la Scrittura: Il servitore prese con sé dieci dei cammelli e una parte dei beni del suo padrone e messosi in cammino partì per la Mesopotamia nella città dove era Nacor 58. Con questa testimonianza e con altre della Storia sacra si dimostra che anche Nacor fratello di Abramo uscì dal paese dei Caldei e stabilì la residenza in Mesopotamia, dove Abramo si era stabilito con suo padre. Cerchiamo quindi il motivo per cui la Scrittura non lo ha ricordato quando Tara con i suoi familiari partì dal paese dei Caldei e si stabilì in Mesopotamia, tanto più che aveva condotto con sé non solo il figlio Abramo ma anche la nuora Sara e il nipote Lot. Il vero motivo è, come pensiamo, che si era allontanato dalla religione del padre e del fratello e aveva aderito alla falsa credenza dei Caldei, ma poi anche egli emigrò dal paese perché era pentito o minacciato come persona sospetta. Infatti nel libro intitolato Giuditta, quando Oloferne, nemico degli Israeliti, chiese che gente fosse e se si doveva combattere contro di loro, Achior, condottiero degli Ammoniti, rispose: Il nostro signore ascolti la parola di un suo dipendente e dirò la verità sul popolo che abita la montagna qui vicino e non uscirà una menzogna dalla bocca del tuo dipendente. Sono i discendenti di una popolazione della Caldea e prima abitavano la Mesopotamia perché non vollero più adorare gli dèi dei loro padri. Erano famosi nella terra dei Caldei, ma si allontanarono dalla tradizione dei loro antenati e adorarono il Dio del cielo che avevano riconosciuto come il vero Dio. Allora i Caldei li espulsero dalla presenza dei loro dèi ed essi si rifugiarono in Mesopotamia e vi abitarono per molto tempo. E il loro Dio comandò che abbandonassero la loro abitazione e andassero nella terra di Canaan e quivi si stabilirono 59 e di seguito le altre informazioni di Achior l'Ammonita. È evidente che la famiglia di Tara aveva subìto dai Caldei una persecuzione a causa della vera religione con cui si adorava l'unico vero Dio.

La vocazione e problemi cronologici su Abramo.
14. Dopo la morte di Tara in Mesopotamia dove, come ci è notificato, visse duecentocinque anni, si comincia a segnalare le promesse fatte da Dio ad Abramo. È scritto appunto: Gli anni di vita di Tara in Carran furono duecentocinque e egli morì a Carran 60. Il passo non si deve interpretare nel senso che egli trascorse in quel luogo tutti questi anni, ma che in quel luogo raggiunse tutti gli anni della sua vita che furono duecentocinque. Altrimenti non si saprebbe quanti anni è vissuto Tara, perché non è indicato a che età della sua vita andò a Carran e sarebbe assurdo ritenere che in questa genealogia, in cui si segnalano con precisione gli anni di vita di ciascuno, soltanto il numero di anni di questo patriarca non sarebbe consegnato alla storia. E il motivo per cui non è indicata l'età di alcuni, di cui la sacra Scrittura parla, è che essi non sono nella serie in cui l'elemento cronologico è derivato dalla scomparsa dei genitori e dalla successione dei figli. La lista che si protende da Adamo a Noè e da lui ad Abramo non comprende nessuno senza l'indicazione del numero degli anni.

Gli spostamenti di Abramo nella relazione di Stefano.
15. 1. Dopo la notificazione della morte di Tara, padre di Abramo, si legge: E disse il Signore ad Abram: lascia il tuo paese, la tua tribù e la famiglia di tuo padre 61 e il resto. Non si deve pensare che questo fatto, perché segue immediatamente nel contesto del libro, segua immediatamente anche nell'ordine degli avvenimenti. Al caso sarebbe un problema insolubile. Dopo queste parole rivolte da Dio ad Abramo, la Scrittura sacra continua: Abramo lasciò tutto secondo il comando del Signore e andò con lui Lot. Abramo aveva settantacinque anni quando abbandonò Carran 62. È impossibile che questo sia vero se lasciò Carran dopo la morte del padre. Precedentemente è stato notificato che Tara aveva settanta anni quando mise al mondo Abramo. Sommati a questo numero i settantacinque anni che aveva Abramo quando lasciò Carran, diventano centoquarantacinque anni. Dunque Tara aveva questa età quando Abramo lasciò la città della Mesopotamia. Egli infatti aveva settantacinque anni di età, perciò il padre che l'aveva generato quando era al settantesimo anno di età, aveva, come è stato detto, centoquarantacinque anni. Quindi Abramo non se ne andò dal paese dopo la morte del padre, cioè ai duecentocinque anni di vita di lui, ma risulta, senza possibilità d'errore, che l'anno della sua dipartita fu ai centoquarantacinque anni di vita del padre, dato che egli ne aveva settantacinque e il padre all'età di settanta anni l'aveva messo al mondo. Si deve quindi ammettere che la Scrittura, secondo un suo criterio, è tornata indietro ad un tempo che l'esposizione dei fatti aveva oltrepassato. Anche precedentemente, mentre menzionava i discendenti dei figli di Noè, aveva indicato che si erano stabiliti nei rispettivi dialetti e popolazioni 63, tuttavia dopo, come se seguisse nella successione del tempo, dice: L'umanità aveva un medesimo linguaggio e idioma 64. Non era assurdo dire che i discendenti erano costituiti nelle rispettive popolazioni e dialetti e che la lingua era comune soltanto perché l'esposizione si è volta indietro rinviando a un avvenimento passato. Anche nel caso in esame fu premessa questa notizia: Gli anni di vita di Tara in Carran furono duecentocinque ed egli morì a Carran 65. Poi la Scrittura tornando a una notizia che aveva omesso appositamente perché si completasse quel che in precedenza si era cominciato a dire di Tara, soggiunse: Il Signore disse ad Abram: lascia il tuo paese e il resto. E dopo questa parola del Signore si soggiunge: Abram lasciò tutto secondo il comando del Signore e andò con lui Lot. Abram aveva settantacinque anni quando lasciò Carran 66. Questo dunque avvenne quando il padre aveva centoquarantacinque anni d'età, perché egli allora ne aveva settantacinque. L'obiezione ha avuto anche un'altra soluzione. I settantacinque anni di Abramo quando lasciò Carran sarebbero calcolati dall'anno in cui fu fatto uscire da Ur dei Caldei, come se allora avesse cominciato a vivere, e non dall'anno in cui nacque.

Cronologia della manifestazione di Dio ad Abramo.
15. 2. Santo Stefano, nel narrare questi avvenimenti, dice negli Atti degli Apostoli: Il Dio della gloria apparve al nostro patriarca Abramo, quando era in Mesopotamia prima che andasse ad abitare a Carran e gli disse: Lascia il tuo paese, la tua tribù e la famiglia di tuo padre e va' nel paese che io ti indicherò. Stando a queste parole di Stefano Dio non parlò ad Abramo dopo la morte del padre che morì certamente a Carran, dove con lui dimorò anche il figlio, ma prima che andasse a quella città, però quando già era in Mesopotamia. Dunque aveva già lasciato il territorio dei Caldei. Il resto del discorso di Stefano e cioè: Allora Abramo abbandonò il paese dei Caldei e si stabilì a Carran non riguarda ciò che era avvenuto dopo che il Signore gli ebbe parlato. Difatti non aveva abbandonato la Caldea dopo quelle parole del Signore, poiché Stefano afferma che si manifestò a lui quando era ancora in Mesopotamia. Il termine allora è relativo a tutto quel tempo, ossia da quando abbandonò il paese dei Caldei e si stabilì a Carran. Egualmente va inteso ciò che segue: Da quel paese, dopo la morte del padre, lo fece stabilire in questo territorio in cui ora abitate voi e i vostri antenati 67. Non ha detto: "Dopo la morte del padre abbandonò Carran", ma: "Lo fece stabilire qui dopo la morte del padre". Si deve quindi intendere che Dio si manifestò ad Abramo, quando era ancora in Mesopotamia, prima che si stabilisse a Carran, ma che giunse a Carran con il padre, conservando in sé il comando di Dio e che di là emigrò quando egli aveva settantacinque anni e il padre centoquarantacinque. In realtà Stefano attesta che dopo la morte avvenne la residenza fissa nel territorio di Canaan e non la partenza da Carran, perché il padre era già morto quando acquistò un terreno, di cui entrò in possesso come proprietà personale. Con le parole che Dio gli rivolge quando era già stabilito in Mesopotamia, cioè emigrato dal paese dei Caldei: Lascia il tuo paese, la tua tribù, la famiglia di tuo padre non gli ordina di far emigrare il corpo, perché l'aveva già fatto, ma di distogliere il pensiero. Difatti non ne era uscito col pensiero se era ancora tenuto dalla speranza e dal desiderio di tornarvi, speranza e desiderio che dovevano scomparire con l'aiuto di Dio e la sua docilità. È attendibile l'ipotesi che quando Nacor raggiunse il padre nell'aldilà, allora Abramo adempì il comando del Signore di emigrare da Carran assieme alla sua moglie Sara e a Lot figlio del fratello.

Tre imperi e tre continenti.
16. Ormai si devono prendere in esame le promesse di Dio ad Abramo. In esse cominciarono a rivelarsi le predizioni più manifeste del nostro Dio, cioè del vero Dio, sul popolo dei credenti preannunciato dalla veridicità di un profeta. La prima è in questi termini: Il Signore disse ad Abramo: Lascia il tuo paese, la tua tribù e la famiglia di tuo padre ed emigra nel paese che io ti indicherò e ti farò diventare un grande popolo, ti benedirò e renderò famoso il tuo nome e sarai benedetto e benedirò coloro che ti benediranno e maledirò coloro che ti malediranno e in te saranno benedetti tutti i popoli della terra 68. È da rilevare che due cose furono promesse ad Abramo. La prima è che la sua discendenza avrebbe posseduto il territorio di Canaan ed è indicata con le parole: Emigra nel paese che io ti indicherò e ti farò diventare un grande popolo. L'altra riguarda un evento più importante perché non è relativa alla discendenza fisiologica ma spirituale, in virtù della quale è padre non solo del popolo israelitico ma di tutti i popoli che seguono il modello della sua fede. Questa promessa ha avuto inizio con le parole: E in te saranno benedetti tutti i popoli della terra. Eusebio ritiene che questa promessa fu fatta al settantacinquesimo anno di vita di Abramo 69, come se fosse avvenuta appena egli abbandonò Carran, poiché non si può considerare erroneo questo passo della Scrittura: Abramo aveva settantacinque anni quando lasciò Carran 70. Ma se la promessa avvenne in quell'anno, già Abramo dimorava in Carran col padre. Non poteva lasciarla se prima non vi si fosse stabilito. Così non si ritiene che abbia errato Stefano il quale afferma: Il Dio della gloria apparve ad Abramo nostro padre quando dimorava nella Mesopotamia prima che si stabilisse a Carran 71. Si deve intendere appunto che nel medesimo anno si siano verificati tutti questi eventi, la promessa di Dio prima che Abramo si stabilisse a Carran, la sua residenza in essa e la dipartita, non solo perché Eusebio nella Cronaca inizia la cronologia dall'anno di questa promessa e dimostra che la fuga dall'Egitto avvenne dopo quattrocentotrenta anni, quando fu consegnata la legge, ma anche perché così opina l'apostolo Paolo.

Abramo verso il paese di Canaan.
17. Contemporaneamente v'erano famosi regni pagani, nei quali la città dei nati dalla terra, cioè la società degli uomini che vivevano secondo l'uomo, sotto il dominio degli angeli ribelli, si segnalava per splendore. Erano tre i regni, di Sicione, d'Egitto e d'Assiria. Quello d'Assiria era molto più potente e splendido. Infatti il celebre Nino, figlio di Belo, aveva assoggettato i popoli di tutta l'Asia, eccettuata l'India. Per Asia ora non intendo quella parte che è una provincia dell'Asia maggiore ma quella che corrisponde all'Asia intera, che alcuni hanno considerato l'altra parte di tutto l'orbe, parecchi invece come la terza parte così che sarebbero tre parti le quali sono Asia, Europa, Africa. Evidentemente non hanno usato il medesimo criterio nel dividere. La parte appunto che corrisponde all'Asia va dal Mezzogiorno attraverso l'Oriente fino al Settentrione, l'Europa dal Settentrione fino all'Occidente e l'Africa dall'Occidente fino al Mezzogiorno. Sembra quindi che due, Europa e Africa, comprendano metà del pianeta e l'Asia da sola l'altra metà. Ma le due sono state considerate parti perché tra l'una e l'altra dall'Oceano defluiscono tutte le acque che circondano la terra e che per noi formano il Mediterraneo. Quindi se consideri l'orbe diviso in due parti, dell'Oriente e dell'Occidente, l'Asia è nella prima, l'Europa e l'Africa nell'altra. Quindi dei tre imperi che allora primeggiavano quello di Sicione non dipendeva dall'Assiria perché Sicione era in Europa. C'è quindi da chiedersi perché non era loro tributario l'impero d'Egitto se dagli Assiri era dominata tutta l'Asia, fatta eccezione, come si afferma, soltanto per gli Indiani. In Assiria dunque aveva prevalso la supremazia della città senza Dio. Prototipo ne fu la celebre Babilonia, denominazione molto appropriata della città terrena perché significa confusione. Vi regnava Nino dopo la morte di suo padre Belo che per primo vi aveva regnato durante sessantacinque anni. Il figlio Nino, successo nell'impero alla morte del padre, regnò cinquantadue anni e regnava da quarantatré quando nacque Abramo circa mille e duecento anni prima della fondazione di Roma, quasi altra Babilonia in Occidente.

Abramo in Egitto.
18. Dunque Abramo lasciò Carran quando aveva settantacinque anni e il padre centoquarantacinque con Lot, figlio del fratello e con la moglie Sara e si diresse verso il paese di Canaan e giunse a Sichem, in cui di nuovo ricevette una comunicazione divina, sulla quale si ha nella Scrittura: Il Signore si manifestò ad Abramo e gli disse: Darò alla tua discendenza questo territorio 72. Con queste parole non è stata indicata la discendenza con cui egli è diventato padre di tutti i popoli, ma soltanto di quella per cui è padre del solo popolo d'Israele. Da questa discendenza infatti fu occupato quel territorio.

Abramo si separa da Lot.
19. In seguito dopo aver costruito in quel luogo un altare e aver invocato Dio, Abramo partì di là e fece sosta nel deserto e poi fu costretto dalla carestia a recarsi in Egitto. Qui disse che la moglie era sua sorella senza mentire perché lo era come consanguinea. Anche Lot per il medesimo vincolo di parentela fu presentato come fratello, sebbene fosse figlio del fratello. Passò sotto silenzio la moglie ma non negò che lo fosse, affidando a Dio la difesa della fedeltà di lei ed evitando come uomo gli agguati dell'uomo perché, se non evitava il pericolo nei limiti del possibile, avrebbe piuttosto tentato Dio che sperato in lui 73. In proposito ho parlato abbastanza contro il cavilloso Fausto il manicheo 74. In seguito avvenne ciò che Abramo si attendeva dal Signore. Il Faraone re d'Egitto, che s'era preso Sara in moglie, affetto da grave malattia, la rese al marito. E non dobbiamo credere che fosse violata da contatto adultero perché è assai più credibile che non fu consentito al Faraone di farlo dallo stato di prosternazione.

Nuova promessa ad Abramo.
20. Ritornato quindi Abramo dall'Egitto nel luogo da cui era partito, Lot figlio del fratello, pur salvaguardando l'affetto, si separò da lui per recarsi nel paese di Sodoma. Erano diventati ricchi e avevano cominciato ad avere molti guardiani del bestiame. Poiché questi si contrastavano, con quel provvedimento evitarono una violenta discordia delle proprie famiglie. Ne poteva derivare, come in tutte le cose umane, una lite anche fra loro due. Abramo, che voleva evitare un simile male, rivolse a Lot queste parole: Non vi sia alterco fra me e te, fra i miei e i tuoi pastori, perché siamo fratelli. Tutto il nostro possedimento non è davanti a te? Allontanati da me, se tu vai dalla parte sinistra, io andrò alla destra o se tu alla destra, io andrò alla sinistra 75. Forse da questo fatto è derivata agli uomini l'usanza del compromesso, cioè che quando si deve distribuire una parte dei terreni, il più grande divida, il più giovane scelga 76.

Abramo e Melchisedec.
21. Dopo che Abramo e Lot si erano separati e per l'obbligo di sorreggere la famiglia e non per la stortura della discordia vivevano ciascuno per conto suo, Abramo nel paese di Canaan e Lot a Sodoma, in una terza manifestazione il Signore disse ad Abramo: Volgendo attorno i tuoi occhi guarda dal luogo dove sei ora a Nord e a Sud, a Est e verso il mare Mediterraneo perché darò a te e alla tua discendenza per sempre il territorio che tu vedi e renderò la tua discendenza numerosa come la sabbia della terra. Se si può fissare il numero della sabbia della terra, lo si farà anche della tua discendenza. Suvvia percorri per lungo e per largo il territorio perché te lo darò 77. Non appare con evidenza che in questa premessa sia inclusa anche quella con la quale divenne padre di tutti i popoli. Può sembrare che la riguardi la frase: renderò la tua discendenza numerosa come la sabbia della terra. Ma la frase è di quel modo di esprimersi che i Greci chiamano iperbole 78 che è linguaggio figurato, non proprio. Però chi conosce la Scrittura non può metter in dubbio che abitualmente usa questa figura come le altre. Si ha questa figura, cioè questo modo di esprimersi, quando l'espressione va molto al di là del significato. Ognuno comprende quanto al di là di ogni paragone sia più grande il numero dei granelli di sabbia che quello di tutti gli uomini da Adamo sino alla fine del mondo. A più forte ragione è maggiore dei discendenti di Abramo, non solo per quanto attiene al popolo d'Israele ma anche a quelli che faranno parte della discendenza sul fondamento dell'imitazione della fede in tutto il mondo e presso tutti i popoli. Questa discendenza in confronto con la moltitudine dei miscredenti, si trova in pochi i quali, anche se pochi, costituiscono una propria incalcolabile moltitudine che è stata indicata per iperbole mediante i granelli di sabbia. Questa moltitudine non è incalcolabile a Dio ma agli uomini, a Dio neanche la sabbia della terra. Quindi poiché con maggiore proprietà si paragona all'enorme quantità di sabbia non solo il popolo d'Israele ma tutta la discendenza di Abramo nei passi in cui v'è la promessa di molti figli non secondo la carne ma secondo lo spirito, in questo passo è possibile avvertire la promessa dell'una e dell'altra paternità. Per questo abbiamo detto che la promessa non è espressa con evidenza perché anche la moltitudine del solo popolo, che proviene secondo la carne da Abramo tramite il suo nipote Giacobbe, crebbe al punto che si è diffusa in tutte le parti del mondo. Quindi è stato possibile paragonarla in base a un'iperbole, all'enorme quantità di sabbia, anche perché soltanto essa è incalcolabile per l'uomo. Nessuno mette in dubbio che come territorio è stato indicato soltanto quello che si denomina Canaan. Ma le parole: Lo darò a te e alla tua discendenza per sempre possono sorprendere alcuni se la parola per sempre s'interpreta in eterno. Ma costoro non rimarranno sorpresi se in questo passo intendono il sempre come noi lo intendiamo per fede, che cioè l'inizio del sempre futuro si ha quando termina il sempre presente. Difatti sebbene gli Israeliti siano stati espulsi da Gerusalemme rimangono tuttavia nelle altre località del paese di Canaan e vi rimarranno sino alla fine e tutto il paese, poiché è abitato da cristiani, è anche esso discendenza di Abramo.

I discendenti numerosi come le stelle.
22. Dopo aver ricevuto questa promessa Abramo emigrò e si stabilì in un'altra località del paese, presso il querceto di Mambre che era a Ebron 79. Poi essendo stati sconfitti i Sodomiti in una guerra condotta da cinque re contro quattro, anche Lot fu fatto prigioniero dai nemici che avevano invaso Sodoma. Lo liberò Abramo con i trecentodiciotto servitori che aveva condotto con sé in battaglia e restituì la vittoria ai re di Sodoma e non volle avere nulla del bottino sebbene il re, per cui aveva vinto, glielo offrisse. In quell'occasione appunto fu benedetto da Melchisedec che era sacerdote di Dio l'Altissimo 80. Di lui sono state scritte molte e importanti considerazioni nella Lettera intestata agli Ebrei che molti attribuiscono a Paolo, alcuni dissentono 81. In quella circostanza inoltre per la prima volta si manifestò il sacrificio che ora dai cristiani in tutto il mondo si offre a Dio e si adempie quel che molto tempo dopo questo avvenimento profeticamente si dice al Cristo che non si era ancora incarnato: Tu sei sacerdote in eterno nella successione a Melchisedec 82 e non nella successione ad Aronne, perché era una successione che doveva essere abolita al luminoso apparire di quei fatti che erano preannunciati da quelle ombre.
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