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LA CITTA' DI DIO di sant'Agostino - Libri XVII- XXII (4)

Ultimo Aggiornamento: 22/12/2012 22:19
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22/12/2012 21:52

... Redentore dell'umanità.
11. Dopo questi contenuti profetici il Profeta si volge a pregare Dio ma anche la sua preghiera è una profezia: Fino a quando o Signore volgi altrove, alla fine? 138. È sottinteso il tuo viso, come si dice in un altro Salmo: Fino a quando da me volgi altrove il tuo viso? 139. Per questo alcuni codici a questo punto non hanno: Volgi altrove, ma: "ti volgi altrove", sebbene si possa intendere: volgi altrove il tuo aiuto che hai promesso a Davide. L'inciso: Alla fine non significa altro che sino alla fine. In questa fine si deve ravvisare l'ultimo tempo quando anche il popolo giudaico crederà in Cristo Gesù. Era indispensabile che prima di quella fine avvenissero tutti i fatti che precedentemente il Salmo aveva deplorato come calamitosi. In riferimento ad essi soggiunge: La tua ira divampa come fuoco, ricordati qual è la mia essenza. In questo passo nulla di più appropriato s'intende che lo stesso Gesù come essenza del suo popolo, perché da esso proviene l'esistenza del suo essere fisico. Poiché non inutilmente, soggiunge, hai dato all'esistenza tutti i figli degli uomini 140. Se un solo figlio dell'uomo non fosse l'essenza d'Israele, affinché in questo figlio dell'uomo fossero riscattati molti figli degli uomini, senz'altro inutilmente sarebbero dati all'esistenza tutti i figli degli uomini. Ora ogni esistenza umana a causa del peccato del primo uomo è caduta dal vero essere all'inutilità dell'essere e per questo dice un altro Salmo: L'uomo è diventato tanto simile a una cosa inutile, i suoi giorni trascorrono come un'ombra 141. Però non inutilmente Dio ha dato all'esistenza tutti i figli degli uomini, perché ne riscatta molti dall'inutilità per opera di Gesù mediatore. E ha dato all'esistenza anche coloro di cui ha avuto prescienza che non sarebbero riscattati, senz'altro non inutilmente, nel sublime e giustissimo ordinamento della creatura ragionevole, per utilità dei riscattati e nel confronto per reciproca opposizione delle due città. Il Salmo soggiunge: Qual è l'uomo che vivrà e non vedrà la morte, trarrà fuori la propria anima dal potere dell'oltretomba? 142. Può essere soltanto Egli, che è essenza d'Israele dalla discendenza di Davide, Cristo Gesù. Di lui dice l'Apostolo che risorgendo dai morti più non muore e la morte non avrà più potere su di lui 143. Così vivrà e non vedrà più la morte, ma nel senso che è morto e ha tratto fuori la propria anima dal potere dell'oltretomba, in cui era disceso per sciogliere i lacci mortali di alcuni e se n'è tratto fuori con quel potere di cui dice nel Vangelo: Ho il potere di offrire la mia anima e il potere di riprenderla 144.

Il suo popolo casa di Dio è ingiuriato.
12. I rimanenti concetti di questo Salmo sono così espressi: Dov'è, Signore, la tua benignità d'un tempo che nella tua fedeltà hai giurato a Davide? Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi, perché ho represso nel cuore quello di molti popoli, perché i tuoi nemici, Signore, hanno oltraggiato, hanno oltraggiato la trasformazione del tuo Cristo 145. Si può ragionevolmente porre il problema se questi concetti sono stati espressi dalla prospettiva degli Israeliti, i quali desideravano che si adempisse per loro la promessa rivolta a Davide, o piuttosto dei cristiani i quali non sono Israeliti secondo la razza ma secondo lo spirito. Infatti sono stati espressi o scritti al tempo in cui visse Etan al cui nome è intestato il Salmo ed era pure il tempo del regno di Davide. Perciò non si avrebbe questa espressione: Dov'è, Signore, la tua benignità di un tempo che nella tua fedeltà hai promesso a Davide?, se la profezia di per sé non indicasse metaforicamente il modo di pensare di individui che sarebbero esistiti molto tempo dopo e per i quali era antico il tempo in cui furono fatte simili promesse a Davide. Si può intendere così che molti popoli pagani, quando perseguitavano i cristiani, rinfacciavano a loro la passione di Cristo che la Scrittura considera trasformazione, perché morendo divenne immortale. Si può anche intendere, stando a questa interpretazione, che la trasformazione di Cristo fu rimproverata ai Giudei perché, mentre si attendeva che fosse il loro Cristo, lo divenne dei popoli pagani. Ora infatti molti popoli pagani lo rinfacciano ad essi perché hanno creduto in lui mediante la Nuova Alleanza, mentre essi sono rimasti alla vecchia età. Quindi è possibile anche in questo caso dire: Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi, giacché, dal momento che non li dimentica ma ne ha pietà, dopo questo insulto anche essi crederanno. Ma l'interpretazione, che ho indicato, mi sembra la più genuina. Infatti ai nemici di Cristo, ai quali si rimprovera che egli li ha abbandonati per passare ai popoli pagani, si adatta male l'espressione: Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi. Non devono essere considerati servi del Signore simili Giudei ma queste parole riguardano coloro i quali, poiché subivano per il nome di Cristo le gravi umiliazioni delle persecuzioni, hanno potuto richiamare alla memoria che un regno nell'alto fu promesso alla discendenza di Davide. Nell'aspirazione ad esso han potuto dire non disperando ma chiedendo, attendendo, picchiando: Dov'è, Signore, la tua benignità di un tempo che nella tua fedeltà hai giurato a Davide? Ricordati, Signore, dell'insulto ai tuoi servi perché ho represso nel cuore (cioè ho pazientemente sopportato nella mia coscienza) quello di molti popoli pagani, perché i tuoi nemici hanno oltraggiato, Signore, hanno oltraggiato la trasformazione del tuo Cristo, perché non pensavano che fosse una trasformazione ma un annientamento. Poi l'inciso: Ricordati, Signore, significa certamente: Abbi pietà e al posto della mia bassezza, sopportata pazientemente, concedimi l'altezza che hai giurato a Davide nella tua fedeltà. Se vogliamo attribuire ai Giudei queste parole, han potuto dirle quei servi di Dio che, saccheggiata la Gerusalemme terrena, prima che Cristo venisse nel mondo, furono condotti in prigionia, se capivano la trasformazione di Cristo perché da lui si doveva attendere con fede non la felicità terrena e carnale, quale si ebbe nei pochi anni del re Salomone, ma la felicità celeste e spirituale. Quando, ignorandola, la miscredenza dei popoli pagani rinfacciava con insolenza che il popolo di Dio era prigioniero, non faceva altro che insultare la trasformazione del Cristo perché la ignorava ed essi la conoscevano. Quindi il pensiero che segue a conclusione del Salmo: La benedizione del Signore per sempre, amen, amen 146, conviene assai a tutto il popolo di Dio che appartiene alla celeste Gerusalemme, tanto in coloro che erano occulti nell'Antica Alleanza prima che fosse rivelata la Nuova, come in quelli che, ormai rivelata la Nuova Alleanza, appartengono apertamente al Cristo, come si può osservare. Non si deve attendere una benedizione del Signore che duri per un periodo di tempo, come si manifestò al tempo di Salomone, ma che duri in eterno e in questa infallibile attesa s'invoca: Amen, amen. È conferma di una simile attesa la ripetizione della parola. Davide, che capiva questa verità, dice nel Secondo Libro dei Re da cui son passato al Salmo citato: Tu hai parlato a favore della casa del tuo servo per un lontano avvenire 147. Perciò poco dopo soggiunge: Comincia adesso e benedici la casa del tuo servo fino all'eternità 148 e il resto. Davide appunto stava per generare un figlio, dal quale la sua posterità doveva giungere a Cristo, per la cui mediazione la sua casa sarebbe diventata eterna perché era anche la casa di Dio. Casa di Davide a motivo della stirpe di Davide ed anche casa di Dio a motivo del tempio di Dio, strutturato di uomini e non di pietre, in cui deve abitare in eterno il popolo con Dio, nel suo Dio, e Dio con il popolo, nel suo popolo. Così Dio appaga il suo popolo e il popolo è appagato dal suo Dio quando Dio sarà tutto in tutti 149, Egli premio nella pace perché coraggio nella battaglia. Quindi poiché con parole di Natan si dice: Il Signore ti avvertirà di edificargli una casa 150, poco dopo con parole di Davide: Tu, Signore onnipotente, Dio d'Israele, hai rivelato al tuo servo: ti edificherò una casa 151. Anche noi edifichiamo questa casa vivendo onestamente, aiutandoci Dio affinché viviamo onestamente perché se il Signore non edificherà la casa, invano hanno lavorato quelli che la edificavano 152. Quando avverrà l'ultima inaugurazione di questa casa, allora si avvererà ciò di cui ha parlato il Signore mediante Natan con le parole: Fisserò un luogo al mio popolo Israele, ve lo stabilirò ed esso abiterà nella propria casa, non sarà più turbato e l'iniquo non oserà più opprimerlo come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele 153.

La pace vera.
13. Chi attende un bene così grande nel tempo e nel mondo ragiona da sciocco. Non si penserà certo che esso sia stato conseguito nella pace del regno di Salomone. La Scrittura, sia pure con linguaggio meraviglioso, addita la pace vera nell'ombra del futuro. Però con attenzione è stata da lei evitata questa falsa supposizione poiché, dopo aver detto: E l'iniquo non oserà più opprimerlo, si ha subito l'aggiunta: Come in passato quando ho dovuto stabilire i Giudici sul mio popolo Israele 154. I Giudici, prima che dominassero i re, erano stati costituiti sopra il popolo da quando esso aveva occupato la Terra promessa. Lo opprimeva l'iniquo, cioè lo straniero nemico, in quegli intervalli di tempo in cui, come è scritto 155, la pace si avvicendava con la guerra e in quell'epoca si riscontrano periodi di pace più lunghi di quelli che ottenne Salomone, il quale regnò quarant'anni 156. Difatti sotto il giudice Eud si ebbero ottant'anni di pace 157. Non si deve quindi affatto ritenere che in quella predizione sia designata l'età di Salomone e molto meno di qualsiasi altro re. Nessuno di loro regnò in una continua pace come lui e assolutamente mai quel popolo ebbe un regno tale da non preoccuparsi di venire assoggettato dai nemici. Infatti nell'incessante crisi delle cose umane a nessun popolo fu consentita tanta sicurezza da non temere gli attacchi che amareggiano questa esistenza. Il luogo dunque che viene promesso per una dimora tanto serena e tranquilla è eterno ed è destinato agli eterni nella libera madre Gerusalemme in cui esisterà secondo verità il popolo d'Israele. Questo nome si traduce: "colui che vede Dio" 158. Nell'aspirazione a questo premio si deve condurre in questo travagliato esilio una vita devota mediante la fede.

Davide e i Salmi.
14. Dunque Davide regnò mentre la città di Dio si evolveva attraverso il tempo, dapprima nell'ombra del futuro, cioè nella Gerusalemme terrena. Davide era un uomo competente nei versi destinati al canto, egli amò il ritmo musicale non per un diletto che è di tutti, ma per religiosa aspirazione, e consacrò quei versi al suo Dio, che è il vero Dio, nella mistica allegoria di un grande avvenimento. Difatti l'accordo, dovuto alla misura razionale e alla modulazione di suoni diversi, fa pensare all'unità, ottenuta con armonica varietà, di una città bene ordinata. Poi quasi tutta la sua produzione profetica è nei Salmi, il Libro che definiamo dei Salmi ne contiene centocinquanta. Alcuni sostengono che sono stati composti da Davide quelli di essi che sono intestati al suo nome. Vi sono anche alcuni i quali ritengono che non sono stati composti da Davide se non quelli che sono intitolati: Dello stesso Davide, quelli invece che hanno nel titolo: Allo stesso Davide, composti da altri, sarebbero stati adattati al suo modo di esprimersi. Questa ipotesi è confutata dalla parola dello stesso Salvatore, contenuta nel Vangelo, in cui egli dice che Davide sotto ispirazione ha chiamato il Cristo suo Signore 159. Il Salmo centonove appunto comincia: Oracolo del Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi 160. E certamente questo Salmo non ha nel titolo: Dello stesso Davide, ma: Allo stesso Davide, come parecchi altri. A me personalmente sembra che giudichino con maggiore attendibilità coloro i quali attribuiscono alla sua produzione tutti i centocinquanta Salmi e che egli ne intestò alcuni col nome di altre persone le quali erano allegoria di un qualche significato attinente all'argomento trattato e non volle che i rimanenti avessero nella intestazione il nome di un uomo. Agì, cioè, come il Signore gli indicò per ispirazione di comporre la disposizione, certamente misteriosa ma non inutile, della varia attribuzione. Non deve spingere a rifiutare questa ipotesi il fatto che nel libro ad alcuni Salmi sono assegnati nomi di Profeti che vissero molto tempo dopo l'età del re Davide e che danno l'impressione di parlare a nome proprio 161. L'ispirazione profetica ha potuto suggerire al re Davide, mentre profetava, i nomi di futuri Profeti in modo che si salmodiasse in tono di profezia un argomento che si addiceva alla loro personalità. Ad esempio il re Giosia, che doveva venire al mondo e regnare dopo più di trecento anni, fu palesato assieme al nome a un Profeta che predisse anche la sua attività avvenire 162.

Prolusione critica sui Salmi.
15. Ora si attende da me, me ne accorgo, che a questo punto del libro esprima che cosa nei Salmi Davide ha previsto del Signore Gesù Cristo e della sua Chiesa. Per non farmi eseguire questa operazione, come pare che l'attesa stia chiedendo, sebbene l'ho già fatto per un Salmo, sono ostacolato più dall'eccedenza che dalla scarsità. Mi sento inibito dal parafrasarli tutti a motivo della prolissità. Se ne sceglierò alcuni, può sembrare, come temo, a molti i quali conoscono che ho omesso i più necessari. Poi la documentazione che si offre deve avere la conferma dal contesto di tutto il Salmo in modo che eventualmente non vi sia qualche elemento che disdice, anche se tutti non confermano. Non deve sembrare che alla maniera dei centoni vado spiccando dei versetti, attinenti all'argomento che intendo trattare, da un grande componimento poetico che appare svolto non sull'argomento voluto ma su uno molto diverso. Affinché questo intento critico possa esser rilevato in qualsiasi Salmo, lo si deve esporre integralmente. I libri degli altri e miei, in cui ho trattato così l'assunto, indicano sufficientemente quale impegno richiedono. Chi vuole e può li legga dunque, vi troverà quante e quanto grandi verità il re e profeta Davide ha profetato del Cristo e della sua Chiesa, cioè del re e della città da lui fondata.

Salmo 44, prima parte: Cristo re.
16. 1. Sebbene su qualsiasi argomento si abbiano discorsi profetici palesemente specifici, è indispensabile che vi siano inseriti anche quelli metaforici i quali, soprattutto nei più lenti a capire, comportano per gli insegnanti un faticoso impegno nel dimostrare e spiegare. Alcuni discorsi però a prima vista appena si enunciano, lasciano intravedere Cristo e la Chiesa, sebbene rimangono da esaminare a tempo libero brani che meno si comprendono. Di questo stampo è uno dei Salmi: Ha proferito il mio cuore una lieta parola, io narro le mie imprese al re. La mia lingua è come lo stilo di scriba veloce. Sei il più bello tra i figli degli uomini, sulle tue labbra è diffusa la leggiadria, per questo ti ha benedetto Dio in eterno. Cingi la tua spada al fianco, o valoroso, nel tuo splendore e bellezza e aspira, procedi felicemente e regna per la verità, la mitezza e la giustizia e la tua destra ti farà avanzare meravigliosamente. Le tue frecce acute, o valoroso, poiché i popoli cadono sotto di te, colpiscono al cuore i nemici del re. Il tuo trono, o Dio, dura per sempre, lo scettro della rettitudine è lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia e hai detestato l'empietà, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio d'esultanza nel rapporto con i tuoi seguaci. Mirra, aloe e cassia dalle tue vesti e dai palazzi d'avorio, dai quali le figlie dei re ti hanno sorriso nella tua carica onorifica 163. Ogni individuo, anche se lento nel capire, può ravvisare nel brano il Cristo che annunciamo e in cui crediamo quando apprende che è Dio perché il suo trono è per sempre ed è consacrato da Dio, evidentemente come consacra Dio, cioè con un crisma non visibile ma spirituale e del mondo intelligibile. Non v'è certamente una persona tanto ignorante in questa religione ovvero così insensibile alla sua celebrità ampiamente diffusa, la quale non sappia che Cristo è denominato da crisma, quanto dire dall'unzione. Dopo aver riconosciuto che Cristo è re, questa persona, ormai sottomessa a lui, che regna per la verità, la mitezza e la giustizia, esamini a tempo libero gli altri significati che nel brano sono stati espressi per metafora, cioè in che senso sia il più bello tra i figli degli uomini, di una singolare bellezza tanto più degna di amore e ammirazione quanto meno sensibile, cosa significano la spada, le frecce e gli altri concetti che sono così espressi, non con significato specifico ma metaforico.

Salmo 44, seconda parte: la Chiesa regina.
16. 2. Poi ravvisi la sua Chiesa congiunta a uno sposo così grande con unione spirituale e amore divino. Di essa si dice nei versi che seguono: Alla tua destra si è fermata la regina con vestito tessuto d'oro e con vari ornamenti. Ascolta, o figlia, guarda e porgi l'orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, poiché il re ha desiderato ardentemente la tua bellezza: egli è il tuo Dio. Si prostreranno davanti a lui le giovinette di Tiro portando doni, i ricchi del popolo vorranno vedere il tuo volto. Tutto lo splendore della figlia del re è dall'interno, è rivestita in vari ornamenti in frange d'oro. Le fanciulle saranno condotte al re dopo di lei, le più vicine a lui saranno condotte a te. Saranno condotte in gioia ed esultanza, guidate nel palazzo del re. Al posto dei tuoi padri ti sono nati dei figli, li farai capi su tutta la terra. Si ricorderanno del tuo nome di generazione in generazione. Perciò i popoli ti loderanno in eterno, per sempre 164. Non penso che ci sia qualcuno tanto insensato da ritenere che nel testo venga esaltata nei vari tratti una povera donna qualsiasi, la moglie, cioè, di colui al quale sono state già rivolte le seguenti parole: Il tuo trono, o Dio, dura per sempre, lo scettro della rettitudine è lo scettro del tuo regno. Hai amato la giustizia e hai detestato l'empietà, perciò Dio, il tuo Dio, ti ha consacrato con olio d'esultanza nel rapporto con i tuoi seguaci, certamente Cristo in riferimento ai cristiani. Sono suoi seguaci coloro dalla cui concorde unità in tutti i popoli si pone nei fatti questa regina, come di lei si dice in un altro Salmo: La città del gran Re 165. È la Sion in senso spirituale. Questa parola tradotta in lingua latina significa "contemplazione" 166. Difatti ella contempla il grande bene della vita fuori del tempo poiché ad essa è rivolta la sua aspirazione. Ella è anche la Gerusalemme sempre in senso spirituale, della quale ho già parlato abbastanza 167. La sua nemica è la città del diavolo, Babilonia, che si traduce "confusione". Libera da questa Babilonia la regina in parola è affrancata in tutti i popoli mediante la rigenerazione e da un re molto cattivo passa a uno molto buono, cioè dal diavolo a Cristo. Le viene detto perciò: Dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre. Della città miscredente fanno parte anche gli Israeliti soltanto per razza e non per fede, perché anche essi sono nemici del gran Re e della sua Regina. Difatti venuto al mondo fra di loro e da loro ucciso, è divenuto capo di altri che non ha intravisto nella razza. In proposito, nella predizione di un Salmo, afferma lo stesso nostro re: Mi scamperai dalle rivolte del popolo, mi porrai a capo delle nazioni. Un popolo, che non conoscevo, mi ha servito, subito all'ascoltarmi mi ha ubbidito 168. Dunque questo popolo di nazioni pagane, che non ha conosciuto Cristo nella presenza fisica e che ha creduto nel Cristo annunciato, sicché giustamente di esso si dice: Subito nell'ascoltarmi mi ha ubbidito, poiché la fede proviene dall'ascolto 169, questo popolo, dico, aggiunto ai veri Israeliti nella natura umana e nella fede, è la città di Dio. Essa, quando era composta di soli Israeliti, ha generato lo stesso Cristo secondo l'umana natura. Le apparteneva infatti la Vergine Maria, nella quale il Cristo, per essere uomo, assunse l'umana natura. Della città un altro Salmo dice: Della metropoli Sion, si dirà, l'uomo è nato in essa e l'Altissimo le ha dato salde fondamenta 170. L'Altissimo è certamente Dio. E perciò Cristo Dio, prima che in quella città divenisse uomo in Maria, egli stesso le diede salde fondamenta nei Patriarchi e Profeti. Dunque a questa città di Dio regina tanto tempo prima è stato predetto mediante una profezia un evento che vediamo già avverato: Al posto dei tuoi padri ti sono nati dei figli, li farai capi su tutta la terra 171. Alcuni tra i suoi figli infatti sono stati eletti in tutta la terra anche come suoi padri quando la riconoscono i popoli giungendo insieme al riconoscimento di un ideale eterno per sempre. Senza dubbio tutto ciò che nel Salmo è stato espresso velatamente con discorsi metaforici, comunque s'interpreti deve essere applicato a questi significati tanto evidenti.

Cristologia dei Salmi 109 e 21.
17. Anche nel Salmo in cui con assoluta evidenza il Cristo viene dichiarato sacerdote come è dichiarato re nel Salmo citato: Ha detto il Signore al mio Signore: siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi 172, è oggetto di fede e non d'esperienza che Cristo siede alla destra del Padre. Non si manifesta ancora che i nemici saranno posti sotto i suoi piedi, sta avvenendo, ma si manifesterà alla fine. Anche questa verità ora è oggetto di fede, poi di conoscenza. Però il pensiero che segue: Il Signore stenderà da Sion lo scettro del tuo potere e tu domina in mezzo ai tuoi nemici 173 è talmente chiaro che sarebbe negato non solo per mancanza di fede e di correttezza ma perfino di pudore. Anche i nemici ammettono che da Sion fu promulgata la legge di Cristo, che noi chiamiamo Vangelo, e riconosciamo lo scettro del suo potere. Che poi domina in mezzo ai suoi nemici lo attestano essi stessi, in mezzo ai quali domina, perché digrignano i denti, sudano a freddo e non possono nulla contro di lui. Dopo poco il Salmo continua: Il Signore ha giurato e non si pentirà, e con queste parole attesta che sarà immutabile ciò che aggiunge: Tu sei sacerdote per sempre al modo di Melchisedec 174. E poiché in nessun luogo ormai sono in vigore il sacerdozio e il sacrificio secondo l'ordine di Aronne e in ogni luogo si offre con Cristo sacerdote quello che offrì Melchisedec quando benedisse Abramo 175, nessuno può mettere in discussione chi sia colui di cui si parla. A questi evidenti significati si riferiscono quelli che nel medesimo Salmo sono stati espressi in forma un po' più oscura, se si interpretano bene. L'ho già fatto nei miei discorsi al popolo. V'è un altro Salmo in cui Cristo espone profeticamente l'abiezione della sua passione con le parole: Hanno trafitto le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa, essi mi hanno guardato e osservato 176. Con queste parole ha indicato il corpo disteso sulla croce con le mani e i piedi confitti e trapassati dalla perforazione dei chiodi e che in questo modo si era offerto come qualcosa da vedere a coloro che guardavano e osservavano. Continua: Si sono divise le mie vesti e hanno gettato la sorte sulla mia tunica 177. Si narra nel Vangelo come si è adempiuta questa profezia 178, anche gli altri particolari, che nel Salmo sono stati esposti meno chiaramente, s'intendono nel vero significato se si accordano con quelli che sono segnalati per una verifica in atto. Questo soprattutto perché i fatti che, come possiamo notare, non appartengono ancora al passato ma li costatiamo presenti, si possono osservare nel loro verificarsi in tutto il mondo nei termini in cui nel Salmo sono stati preannunciati. Ad esempio poco dopo si dice nel Salmo: Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra e si prostreranno davanti a lui tutte le stirpi dei popoli, poiché il regno è del Signore, egli domina sui popoli 179.

I Salmi 3 e 40 sulla risurrezione.
18. 1. Le predizioni dei Salmi non hanno passato sotto silenzio la sua risurrezione. Nel Salmo tre viene esaltata questa verità con parole pronunciate in prima persona: Io mi sono coricato e mi sono addormentato, ma mi sono svegliato perché il Signore mi sorreggerà 180. Non si può vaneggiare al punto da credere che il Profeta ci ha voluto segnalare come grande avvenimento il fatto che si è addormentato e poi s'è svegliato, se questo sonno non fosse la morte e il risveglio la risurrezione che era conveniente predire di Cristo in questi termini. Nel Salmo quaranta molto più palesemente è esposta questa verità. In esso, sempre dalla prospettiva della persona dello stesso Mediatore, al solito fatti previsti come futuri sono narrati come passati poiché, se dovevano avvenire, erano come avvenuti in quanto certi nella predestinazione e prescienza di Dio. Egli dice: I nemici mi hanno augurato il male: quando morirà e scomparirà il suo nome? Se qualcuno è entrato per visitarmi, il suo cuore ha detto il falso e ha accumulato malizia. Usciva fuori e parlava assieme agli altri. Contro di me sussurravano tutti i miei nemici, pensavano il male contro di me. Hanno accolto contro di me un presagio malvagio: forseché chi dorme non ottiene di rialzarsi? 181. Queste parole hanno una intonazione tale da suggerire che quel tale intendeva dire: Forseché chi è morto non ottiene di risorgere? Le parole precedenti fanno comprendere che i nemici hanno augurato e predisposto la sua morte e che la congiura era stata organizzata da colui che era entrato per visitare ed era uscito per tradire. Ad ognuno a questo punto viene in mente Giuda, da discepolo diventato traditore. Poiché dunque stavano per eseguire ciò che complottavano, stavano cioè per ucciderlo, il Mediatore, mostrando che invano per sciocca malvagità stavano per uccidere uno che sarebbe risorto, ha aggiunto questa frase, come a dire: "Cosa fate, stupidi?". Il vostro delitto è per me un sonno: Forseché chi dorme non otterrà di rialzarsi? Tuttavia nelle frasi seguenti manifesta che non impunemente hanno commesso un così grande misfatto: Anche l'amico in cui ho sperato, egli che mangiava i miei pani, ha premuto il calcagno sopra di me, cioè mi ha calpestato. Ma tu, Signore, aggiunge, abbi pietà di me, fammi rialzare e io li ripagherò 182. Non può negare questa punizione chi sa che dopo la passione e risurrezione di Cristo i Giudei furono completamente sterminati dal loro paese in una devastazione e massacro dovuti alla guerra. Ucciso da loro è risorto e frattanto ha fornito loro una temporanea ammonizione, oltre ciò che riserva ai non pentiti, quando giudicherà i vivi e i morti. Il Signore stesso Gesù, nel rivelare agli Apostoli il traditore col porgergli un pezzo di pane, fece riferimento al versetto di questo Salmo e dichiarò che si era avverato in lui: Chi mangiava i miei pani ha premuto il calcagno sopra di me 183. L'inciso: In cui ho sperato non riguarda il capo ma il corpo. Il Salvatore non ignorava chi fosse perché aveva già detto di lui: Uno di voi mi tradirà e: Uno di voi è un demonio 184. Ma al solito trasferisce in sé la persona dei propri seguaci e aggiudica a sé una loro attribuzione perché capo e corpo sono il medesimo Cristo. Si ha quindi nel Vangelo: Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare 185. Esplicitando questa frase ha detto: Quando l'avete fatto a uno dei miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me 186. Ha detto che si attendeva quel che si attendevano i suoi discepoli quando Giuda fu accolto fra gli Apostoli.

I Salmi 15 e 67 sulla morte redentrice.
18. 2. I Giudei non attendono che dovrà morire il Cristo che attendono 187. Perciò sostengono che non sia il nostro quello che hanno predetto la Legge e i Profeti, ma un loro Cristo, non saprei quale, che essi farneticano immune dalla soggezione alla morte. Perciò con sorprendente superficialità e accecamento sostengono che le frasi da me allegate non indicano la morte e la risurrezione ma il sonno e il risveglio. Ma grida loro il Salmo quindici: Perciò si è rallegrato il mio cuore e ha gridato di gioia la mia lingua ed anche il mio corpo riposerà nella speranza, perché non abbandonerai la mia anima nell'oltretomba né lascerai che il tuo santo veda la corruzione 188. Soltanto chi è risorto al terzo giorno poteva dire che il suo corpo riposava nella speranza che la sua anima non fosse abbandonata nell'oltretomba ma, ritornando ben presto ad esso, lo facesse risuscitare affinché non si corrompesse come si corrompono tutti i cadaveri. Certo non lo possiamo dire del profeta e re Davide. Anche il Salmo sessantasette grida: Il nostro Dio è un Dio che rende salvi ed anche del Signore è il passaggio della morte 189. Nulla si poteva dire più chiaramente. Il Dio che rende salvi è Gesù Signore che si traduce: "Salvatore" o "Datore di salvezza" 190. Il significato è stato reso manifesto quando, prima che nascesse dalla Vergine, fu annunciato: Ella partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai loro peccati 191. Poiché per la remissione di questi peccati è stato versato il suo sangue, era certamente indispensabile che da questa vita non avesse altro passaggio che quello della morte. Perciò dopo questa espressione: Il nostro Dio è un Dio che rende salvi immediatamente si soggiunge: Anche del Signore è il passaggio della morte per mostrare che ci avrebbe salvato morendo. Ma con una certa meraviglia si dice: Anche del Signore, come a dire: "È tale la vita dei mortali che anche il Signore non poteva passare da essa in altra maniera che attraverso la morte".

Il Salmo 68 sulla impenitenza dei Giudei.
19. Dato che i Giudei non si arrendono affatto alle attestazioni così palesi di questo preannuncio profetico e anche perché i fatti hanno approdato a una realizzazione così chiara ed evidente, si adempie certamente in loro quel che è espresso nel Salmo successivo a quello citato. Poiché anche in esso nell'intervento della persona di Cristo si preannunciano particolari attinenti alla sua passione, si segnala una circostanza - narrata apertamente nel Vangelo -: Hanno messo nel mio cibo fiele e nella mia sete mi han dato per bevanda l'aceto 192. E come se si trattasse di un banchetto e di cibi di tal fatta a lui offerti, subito soggiunge: La loro tavola diventi per loro una trappola, un'insidia e un inciampo, i loro occhi si offuschino e non vedano e piega sempre di più la loro schiena 193 e altre cose che non sono dette per malaugurio ma, nell'apparenza del malaugurio, previste nella profezia. Non fa meraviglia che non vedano fatti così evidenti coloro i cui occhi sono offuscati affinché non vedano. Non fa meraviglia se non guardano in alto le cose del cielo coloro il cui dorso è sempre piegato affinché siano chinati verso le cose della terra. Con queste espressioni metaforiche desunte dal corpo sono designati i difetti dello spirito. Affinché si dia un limite, bastano questi rilievi dai Salmi, cioè dalla profezia del re Davide. Scusino coloro che li leggono e conoscono tutte quelle verità e non si lamentino di quelle che sanno o suppongono che io abbia omesso sebbene forse più valide.

Da Salomone all'ultimo profetismo [20-24]

I nemici di Cristo e loro vocazione nei libri sapienziali.
20. 1. Davide regnò nella Gerusalemme terrena, ma come figlio della Gerusalemme celeste, molto esaltato per divina attestazione perché i suoi delitti furono cancellati dalla sua grande pietà mediante la salutare contrizione del pentimento al punto da essere fra quelli, di cui egli stesso ha detto: Beati coloro cui sono rimesse le colpe e perdonati i peccati 194. Dopo di lui regnò su tutto il medesimo popolo il figlio Salomone che, come è stato detto precedentemente 195, cominciò a regnare quando il padre era ancora in vita. Egli a buoni inizi fece seguire cattivi risultati. Lo danneggiò infatti il successo, che mette in crisi la coscienza dei sapienti, più di quanto gli giovasse la sapienza ora e per sempre degna di ricordo e allora lodata in ogni luogo 196. Si riscontra che anche egli ha profetizzato nei suoi tre libri accolti nell'autenticità canonica, cioè i Proverbi, l'Ecclesiaste, il Cantico dei cantici. L'uso ha prevalso, per una certa conformità nell'espressione, nel far attribuire a Salomone altri due, la Sapienza e l'Ecclesiastico, tuttavia i più versati non dubitano che non siano suoi. Tuttavia soprattutto la Chiesa occidentale fin dal principio li ha accolti come autentici. In uno di essi, chiamato la Sapienza di Salomone, è molto apertamente preannunciata la passione di Cristo. Vengono presentati gli empi suoi carnefici mentre dicono: Tendiamo insidie al giusto perché ci è sgradito ed è contrario alle nostre azioni, ci rimprovera le trasgressioni della legge e ci rinfaccia le mancanze contro l'educazione da noi ricevuta. Proclama di possedere la conoscenza di Dio e si dichiara suo figlio. È diventato per noi lo scherno dei nostri sentimenti. Ci è insopportabile solo al vederlo, perché la sua vita è diversa da quella degli altri e coerente il suo modo di avanzare. Siamo considerati da lui come buffoni, schiva le nostre abitudini come immondezze, proclama beata la fine dei giusti e si vanta di avere Dio come padre. Vediamo se le sue parole sono vere, proviamo ciò che gli accadrà e vedremo quale sarà la sua fine. Se il giusto è figlio di Dio, Egli l'assisterà e lo libererà dalle mani dei suoi avversari. Mettiamolo alla prova con insulti e tormenti per conoscere la sua deferenza e saggiare la sua rassegnazione. Condanniamolo a una morte infame, perché, secondo le sue parole, il soccorso gli verrà. L'hanno pensata così ma si sono sbagliati, la loro malizia li ha accecati 197. Nell'Ecclesiastico si preannuncia in questi termini la fede dei popoli pagani: Abbi pietà di noi, Signore Dio dell'universo, e infondi il tuo timore su tutti i popoli, alza la tua mano sui popoli stranieri e vedano la tua potenza. Come ai loro occhi ti sei mostrato santo in mezzo a noi, così ai nostri occhi mostrati grande fra di loro e riconoscano, come noi abbiamo riconosciuto, che non c'è un Dio fuor di te, o Signore 198. Osserviamo che si è adempiuta in Gesù Cristo questa profezia presentata nella fattispecie dell'imprecare e del pregare. Però questi libri non si adducono con tanta sicurezza contro i dissenzienti, perché non sono inseriti nel canone dei Giudei.

Cristo, la Chiesa e le due città nelle opere di Salomone.
20. 2. Per dimostrare che riguardano Cristo e la Chiesa contesti simili che si leggono nei tre libri attribuiti con certezza a Salomone e che i Giudei ritengono canonici è necessaria una travagliata polemica la quale, se si pone in atto al momento, ci impegna più del necessario. Comunque nei Proverbi si legge che uomini disonesti dicono: Nascondiamo ingiustamente nella terra l'uomo giusto, divoriamolo come l'oltretomba un essere vivente ed eliminiamo dalla terra il ricordo di lui e impadroniamoci della sua ricca proprietà 199. Il passo non è tanto oscuro da non potersi applicare senza una faticosa analisi al Cristo e alla sua proprietà, la Chiesa. Anche il Signore Gesù in una parabola del Vangelo ha lasciato intravedere che i contadini disonesti hanno ragionato in quel senso: Questo è l'erede, su, uccidiamolo e avremo noi l'eredità 200. Il passo del medesimo libro, passo al quale ho precedentemente accennato quando ho parlato della sterile che ha avuto sette figli 201, di solito fu interpretato come riferito a Cristo e alla Chiesa, appena istituita, dagli esegeti i quali sanno che Cristo è la sapienza di Dio: La sapienza si è costruita la casa e ha innalzato sette colonne, ha immolato le vittime, ha versato il vino nella coppa e ha imbandito la tavola. Ha mandato i suoi servitori per invitare con un bando dall'alto al banchetto con le parole: Chi è ignorante? Venga da me. E ai privi d'ingegno ha detto: Venite, mangiate i miei pani e bevete il vino che ho versato per voi 202. Nel passo ravvisiamo la Sapienza di Dio, cioè il Verbo coeterno al Padre che nel grembo della Vergine si costruì come casa il corpo umano e che ad esso unì la Chiesa come membra al Capo, che sacrificò come vittime i martiri, che preparò la mensa col pane e col vino, in cui si manifesta anche il sacerdozio secondo l'ordine di Melchisedec, che ha chiamato gli ignoranti e i privi d'ingegno perché, come dice l'Apostolo, ha scelto ciò che nel mondo è debole per far arrossire i forti 203. Ma ai deboli di tal fatta Salomone ha rivolto anche la frase che segue: Abbandonate l'ignoranza per vivere e procuratevi la prudenza per avere la vita 204. Partecipare alla sua mensa è lo stesso che avere la vita. Difatti nell'altro libro, intitolato l'Ecclesiaste, dice: Non v'è bene per l'uomo se non ciò che mangerà e berrà 205. Con maggiore attendibilità nel passo si ravvisa ciò che riguarda la partecipazione alla mensa che lo stesso sacerdote Mediatore della Nuova Alleanza 206 offre secondo l'ordine di Melchisedech dal suo corpo e dal suo sangue. Questo sacrificio sottentrò a tutti i sacrifici dell'Antica Alleanza che erano offerti come adombramento del futuro. Perciò anche nel Salmo trentanove ravvisiamo la voce del Mediatore che parla profeticamente: Non hai gradito sacrificio e offerta, ma mi hai dato un corpo 207, perché in luogo di tutti i sacrifici e offerte, si offre il suo corpo e si dispensa ai partecipanti. Che l'Ecclesiaste nel concetto del mangiare e del bere, che spesso ripete e raccomanda vivamente, non intenda il banchetto del piacere sensibile, lo dimostra la frase: È meglio andare in una casa in cui si piange che andare in una casa in cui si gozzoviglia; e poco dopo: Il cuore dei saggi nella casa in cui si piange e il cuore degli stolti nella casa in cui si fa baldoria 208. Ma penso che di questo libro si debba soprattutto richiamare ciò che riguarda le due città, una del diavolo e l'altra di Cristo e i rispettivi re, il diavolo e Cristo: Guai a te, dice, o paese che hai per re un ragazzo e i cui principi banchettano fin dal mattino. Felice te, o paese, il cui re è figlio di persone nate libere e i cui principi mangiano a tempo dovuto nel coraggio e non nella delusione 209. Ha paragonato il diavolo a un ragazzo a causa dell'avventatezza, dell'orgoglio, della leggerezza e impudenza e altri difetti che di solito sono in gran numero in questa età e ha assimilato Cristo a un figlio di uomini nati liberi, cioè dei santi Patriarchi che appartengono alla libera città, perché da essi discende secondo la razza 210. I principi della città terrena mangiano fin dal mattino, cioè prima dell'ora propizia perché non attendono la felicità autentica, che è la vera, nella vita d'oltre tempo, in quanto ambiscono bearsi alla svelta dell'incessante vicenda del tempo. Invece i principi della città di Cristo attendono con pazienza il tempo della felicità che non delude. Questo significa: Nel coraggio e non nella delusione, perché non inganna la speranza di cui l'Apostolo ha detto: La speranza non delude 211 e un Salmo dice: Coloro che ti attendono non saranno delusi 212. Infine il Cantico dei cantici è un vero e proprio diletto spirituale di pure intelligenze in occasione del connubio del Re e della Regina della città, cioè di Cristo e la Chiesa. Ma questo diletto è avvolto di rivestimenti allegorici affinché sia desiderato con maggiore ardore, sia scoperto con gioia più grande e appaia lo Sposo, cui si dice nel Cantico: La giustizia ti ha amato 213, e la Sposa che in esso ascolta: La carità nella tua tenerezza 214. Passo molte cose sotto silenzio per la sollecitudine di giungere alla fine di questa opera.


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