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LA CITTA' DI DIO di sant'Agostino - Libri XVII- XXII (4)

Ultimo Aggiornamento: 22/12/2012 22:19
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22/12/2012 22:06

Gli eletti e le pene dei dannati.
22. Ma come usciranno i buoni per vedere le pene dei malvagi? Lasceranno forse con uno spostamento del corpo quella patria di felicità e si recheranno nei luoghi di pena per osservare di fisica presenza i tormenti dei malvagi? No certamente, ma andranno fuori mediante un atto del pensiero. Col termine di "esser fuori" infatti è stato espresso il concetto che saranno fuori coloro i quali saranno tormentati. Perciò anche il Signore definisce quei luoghi "le tenebre di fuori" 197, alle quali si oppone quell'entrata, su cui si dice al servo buono: Entra nella gioia del tuo padrone 198. E non si pensi che i cattivi, per essere oggetto di pensiero, entreranno nella gioia ma, per così dire, uscirà verso di loro il pensiero, con cui i buoni li conosceranno, perché conosceranno ciò che è fuori. Coloro che saranno nei tormenti ignoreranno ciò che avviene dentro, nella gioia del Signore; invece coloro, che saranno in quella gioia, sapranno quel che avviene di fuori, nelle tenebre di fuori. E perciò è stato detto: Andranno fuori 199, perché non saranno loro nascosti quei fatti che avverranno fuori di loro. Se infatti i Profeti hanno potuto conoscere tali fatti, sebbene ancora non avvenuti, perché nella loro intelligenza di esseri soggetti alla morte vi era Dio, nei limiti in cui vi era, certamente i santi non soggetti alla morte non ignoreranno fatti già avvenuti, dal momento che Dio sarà tutto in tutti 200. Saranno stabili dunque nella felicità dei santi la progenie e il nome; la progenie, di cui Giovanni dice: La progenie del Signore dimora in lui 201; il nome perché di esso, mediante Isaia, è stato detto: Darò loro un nome eterno 202. Si avrà per loro mese da mese e sabato da sabato 203, come a dire luna da luna e riposo da riposo. Gli eletti infatti saranno l'uno e l'altro, quando da queste ombre vecchie e divenienti passeranno alle luci nuove e perenni. È stato variamente interpretato dai vari esegeti il fuoco che non si spegne e il verme che non muore nelle pene dei malvagi 204. Alcuni hanno riferito l'uno e l'altro al corpo, altri l'uno e l'altro alla coscienza, altri il fuoco in senso proprio al corpo e il verme per metafora alla coscienza, il che è più attendibile. Ma ora non è il momento di discutere su questa differenza. Ho intrapreso infatti a completare questo libro sull'ultimo giudizio con cui avviene la distinzione di buoni e cattivi; dei premi e castighi si deve trattare più diligentemente in altra parte.

In Daniele le quattro bestie e i dieci re.
23. 1. Daniele svolge la profezia sull'ultimo giudizio in modo da preannunziare che anche l'Anticristo verrà prima e da sviluppare l'esposizione dei fatti fino al regno eterno dei beati. Dopo aver visto in visione profetica quattro bestie, che simboleggiano quattro regni, e il quarto sconfitto da un re, in cui si ravvisa l'Anticristo, e dopo questi fatti il regno eterno del Figlio dell'uomo che evidentemente è il Cristo, dice: Cadde nell'angoscia la mia coscienza, io Daniele, per il mio stato interiore, e le visioni della mia mente mi turbavano. Mi accostai - soggiunge - a uno di coloro che stavano in piedi e chiedevo a lui il vero significato di tutti quei fatti ed egli me ne diede la spiegazione 205. Poi espone ciò che ha udito da colui, al quale aveva chiesto su tutti quei fatti e come se gliene desse la spiegazione, così continua: Le quattro grandi bestie rappresentano quattro grandi regni che sorgeranno dalla terra e saranno sterminati; i santi dell'Altissimo riceveranno il regno e lo possederanno nel tempo e fino al tempo dei tempi. E chiedevo - aggiunge - con insistenza sulla quarta bestia, che era diversa da tutte le altre e molto terribile perché aveva denti di ferro e artigli di bronzo, che mangiava e stritolava e il resto se lo metteva sotto i piedi e lo calpestava. Chiedevo anche delle dieci corna che aveva sulla testa e sull'ultimo corno, che era spuntato e davanti al quale erano cadute tre delle prime corna e sul motivo per cui quel corno aveva occhi e una bocca, che parlava di grandi imprese, e perché appariva più grande delle altre corna. Io guardavo e quel corno faceva guerra ai santi e li vinceva, finché venne il Vegliardo e fu resa giustizia ai santi dell'Altissimo e giunse il tempo in cui i santi possedettero il regno 206. Daniele dice di avergli chiesto queste spiegazioni. Poi, soggiungendo di seguito quel che aveva udito, dice: E disse (cioè quel tale, al quale aveva chiesto, rispose e disse): La quarta bestia sarà un quarto regno sulla terra che prevarrà su tutti i regni, divorerà la terra, la stritolerà e la calpesterà. Le dieci corna significano che sorgeranno dieci re da quel regno e dopo di loro ne sorgerà uno, che supererà nel male i precedenti, abbatterà tre re e proferirà insulti contro l'Altissimo e distruggerà i santi dell'Altissimo; penserà di mutare i tempi e la legge e gli sarà concesso per un tempo, più tempi e la metà di un tempo. Si terrà poi il giudizio e gli toglieranno il potere per sterminarlo e distruggerlo del tutto. Allora il regno, il potere e la grandezza dei re, che sono sotto il cielo, saranno dati ai santi dell'Altissimo, il cui regno sarà eterno e tutti gli imperi lo serviranno e obbediranno. Qui ha fine il discorso. Io, Daniele. Molti pensieri mi turbavano, il colore del mio volto si cambiò e ho conservato nel mio cuore queste parole 207. Alcuni hanno spiegato che i quattro regni sono quelli degli Assiri, Persiani, Macedoni e Romani. Coloro che desiderano sapere con quale criterio abbiano dato tale spiegazione leggano il libro del prete Girolamo su Daniele, compilato con competenza e metodo 208. Comunque anche chi legge sonnecchiando non può dubitare che si deve sopportare, sia pure per breve tempo, lo spietato regno dell'Anticristo contro la Chiesa, fino a che, con l'ultimo giudizio di Dio, i beati posseggano il regno perenne. Anche dal numero dei giorni, che sarà indicato in seguito, appare chiaro, e talora nella Scrittura è indicato col numero dei mesi, che un tempo, i tempi e una metà di tempo sono un anno, due anni e una metà, e perciò tre anni e mezzo 209. Può sembrare che nel passo in latino questi tempi siano indicati in forma indeterminata, ma sono stati indicati al duale che il latino non ha. Come il greco, così si dice che lo abbia l'ebraico. Sono stati quindi definiti "tempi", ma come se fossero due tempi. Confesso di essere preoccupato che ci inganniamo sui dieci re, che l'Anticristo incontrerebbe nelle persone dei dieci individui e così egli arriverebbe impreveduto, giacché non esistono tanti re nel mondo romano. Perciò col dieci può essere simboleggiato l'insieme dei re, dopo i quali egli verrà. Così con mille, cento e sette è simboleggiato il più delle volte un tutto e con molti altri numeri che al momento non occorre ricordare.

Convergenza di Daniele e Matteo.
23. 2. In un altro passo il medesimo Daniele scrive: Vi sarà un tempo di angoscia, come non c'era mai stato dal sorgere delle nazioni fino a quel tempo. E in quel tempo sarà salvato tutto il tuo popolo che si troverà scritto nel libro. Molti di quelli che dormono sotto un mucchio di terra si sveglieranno: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e all'infamia eterna. I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e i giusti come le stelle per sempre 210. Questo brano è molto simile al pensiero del Vangelo soltanto sulla risurrezione dei corpi morti. Difatti nel Vangelo si dice che i morti sono nei sepolcri 211, e qui che dormono sotto un mucchio di terra o, come altri hanno tradotto: nella polvere della terra ; nel Vangelo si dice: avanzeranno, qui: si leveranno in piedi; lì: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna 212; in questo passo: gli uni alla vita eterna e gli altri alla vergogna e all'infamia eterna. Non si ritenga divergente il pensiero perché nel Vangelo è detto: Tutti coloro che sono nei sepolcri, invece nel brano il profeta non ha detto che tutti, ma: molti di quelli che dormono sotto un mucchio di terra. Talora la Scrittura usa molti per tutti. Anche ad Abramo fu detto: Ti ho reso padre di molti popoli 213, e in un altro passo il Signore dice: Nella tua discendenza saranno benedetti tutti i popoli 214. Sulla risurrezione anche allo stesso profeta Daniele si annunzia poco dopo: Anche tu va' a riposarti; vi sono ancora dei giorni per il compimento di tutto; riposerai e ti rialzerai per la tua sorte alla fine dei giorni 215.

La fine del mondo nel Salmo 101.
24. 1. Molti pensieri si hanno sull'ultimo giudizio nei Salmi, ma la maggior parte di passaggio e stringatamente. Ma non passerò sotto silenzio quel che si dice molto chiaramente sulla fine del mondo: In principio tu hai creato la terra, o Signore, e opera delle tue mani sono i cieli. Essi avranno fine, ma tu rimani, tutti si logoreranno come una veste, come una coperta tu li muterai e saranno mutati, ma tu resti lo stesso e i tuoi anni non avranno fine 216. Ma perché Porfirio, sebbene lodi la religiosità degli ebrei, mediante la quale da loro è adorato un Dio grande, vero e adorabile dalle stesse divinità, e poi, anche attraverso i responsi dei propri dèi, incolpa di massima stoltezza i cristiani perché pensano che questo mondo avrà fine?. Eppure nei libri sacri degli ebrei si dice a Dio che, per consenso di un sì grande filosofo, anche le stesse divinità onorano tremando: I cieli sono opera delle tue mani, essi avranno fine. Forse che quando i cieli avranno fine, il mondo, di cui i cieli sono la parte più alta e sicura, non avrà fine? Se questo modo di pensare dispiace a Giove, dal cui responso più autorevole, come scrive questo filosofo, è stata biasimata come falsa la fede dei cristiani, perché non biasima come stoltezza anche la sapienza degli ebrei, dal momento che si trova nei loro libri veramente religiosi? Se in quella sapienza, che a Porfirio piace al punto da difenderla anche con i responsi dei propri dèi, si legge che i cieli avranno fine, perché tale ipocrisia è così insignificante che nella fede dei cristiani condannino, fra gli altri o più degli altri l'assunto, per cui si crede che il mondo avrà fine sebbene, se esso non avrà fine, neanche i cieli la possono avere? Nelle sacre Scritture, che sono soltanto nostre e non comuni a noi e agli ebrei, cioè nel Vangelo e negli scritti degli Apostoli si legge: Trascorre l'aspetto di questo mondo 217; si legge: il mondo passa 218; si legge: il cielo e la terra passeranno 219. Credo che: Trascorre, Passa, Passeranno sono espressioni più moderate di: Avranno fine. Anche in una lettera dell'apostolo Pietro, in cui si afferma che il mondo di allora ebbe fine perché sommerso dall'acqua 220, è abbastanza chiaro quale parte dell'insieme del mondo è stata indicata e in quali proporzioni si dice che ebbe fine e quali sono i cieli destinati ad essere consegnati al fuoco nel giorno del giudizio e della perdizione dei reprobi. Poco appresso dice ancora: Il giorno del Signore verrà come un ladro e allora i cieli passeranno come in un uragano, gli elementi consumati dal calore si dissolveranno, la terra e tutti gli oggetti che vi sono saranno distrutti dal fuoco; e soggiunge: Poiché tutte queste cose avranno fine, quali dovrete essere voi? 221. Si può intendere che avranno fine quei cieli che ha detto destinati ad essere consegnati al fuoco e che gli elementi, i quali saranno consumati dal calore, siano quelli che sono posti in questa più bassa parte del mondo, funestata da inondazioni e uragani, nella quale ha detto che i cieli sono come innestati, esclusi quindi quelli in alto che rimangono nella propria interezza e nella cui consistenza sono inserite le stelle. Infatti anche il passo, in cui si dice che le stelle cadranno dal cielo, a parte che con molto maggiore attendibilità si può interpretare diversamente, lascia intendere piuttosto che quei cieli rimarranno, seppure da essi le stelle cadranno 222. Potrebbe essere un linguaggio figurato, ed è più attendibile; oppure è un fenomeno che avverrà in questo cielo più basso, certamente in forma più singolare di quel che ora avviene. Per questo anche la celebre stella di Virgilio: Portando una fiaccola corse con molta luce 223, e si nascose nella foresta di Ida. Non sembra che il brano, che ho riportato dal Salmo, faccia eccezione per un cielo di cui non si possa dire che avrà fine. Nell'inciso: I cieli sono opera delle tue mani, essi periranno 224, come nessuno di essi viene eccettuato dall'opera di Dio, così nessuno dalla propria fine. Non si degneranno infatti, mediante il pensiero dell'apostolo Pietro che odiano violentemente, di difendere la religiosità degli ebrei approvata dai responsi dei propri dèi. Almeno, per non ritenere che tutto il mondo avrà fine, si separi una parte dal tutto nella frase: Essi avranno fine, nel senso che soltanto i cieli in basso avranno fine. In questo senso anche in quella lettera dell'apostolo Pietro una parte si separa dal tutto perché vi si afferma che il mondo ha avuto fine, sebbene abbia avuto fine la parte in basso con i suoi cieli. Ma coloro, i quali sostengono che non può aver fine tutto l'uman genere né con le acque né con le fiamme, non si degneranno, come ho detto, né di accettare il pensiero dell'apostolo Pietro, né di accordare al cataclisma finale quanto sappiamo che ha effettuato il diluvio. Resta quindi loro di dire che i propri dèi hanno lodato la sapienza degli ebrei perché non avevano letto questo Salmo.

Il giudizio nel Salmo 49.
24. 2. Anche nel Salmo 49 è relativo al giudizio di Dio il brano: Dio verrà visibilmente, il nostro Dio, e non rimarrà in silenzio. Davanti a lui arderà un fuoco e attorno a lui si avrà una tempesta violenta. Convocherà il cielo nell'alto e la terra a contraddistinguere il suo popolo. Riunite a lui i suoi giusti che stabiliscono la sua alleanza sopra i sacrifici 225. Noi interpretiamo il brano in relazione al Signore Gesù Cristo, perché speriamo che verrà dal cielo a giudicare i vivi e i morti. Verrà visibilmente fra giusti e ingiusti per giudicare con giustizia egli che prima è venuto nel segreto per essere giudicato dagli ingiusti con ingiustizia. Egli, ripeto, verrà visibilmente e non rimarrà in silenzio; si manifesterà palesemente nella voce del giudice egli che, essendo venuto nel segreto, tacque davanti al giudice quando fu condotto per essere immolato come una pecora e fu senza voce come un agnello alla presenza di chi lo tosa. È un fatto che su di lui leggiamo profeticamente preannunziato da Isaia 226 e che notiamo adempiuto nel Vangelo 227. Ho già parlato del fuoco e della tempesta in che senso si devono interpretare, quando trattai un simile argomento nella profezia di Isaia 228. Il concetto espresso con le parole: Convocherà il cielo nell'alto, poiché i beati e i giusti giustamente sono considerati il cielo, corrisponde senz'altro a ciò che dice l'Apostolo: Saremo rapiti assieme a loro nelle nubi incontro a Cristo nell'aria 229. Infatti stando all'espressione letterale non si capirebbe perché è convocato il cielo nell'alto come se fosse possibile che non sia in alto. Supponiamo che nella frase seguente: E la terra a contraddistinguere il suo popolo, sia sottinteso: convocherà, cioè che convocherà anche la terra e non sia sottinteso nell'alto. Allora secondo la retta fede l'espressione ha questo significato: che come cielo sono designati quelli che giudicheranno con lui e come terra quelli che dovranno essere giudicati, sicché nell'inciso: Convocherà il cielo nell'alto non intendiamo che li rapirà nell'aria, ma che li farà sedere sugli scranni da giudice. La frase: Convocherà il cielo nell'alto si può anche interpretare nel senso che convocherà gli angeli nei sublimi luoghi dell'alto e con essi scenderà per compiere il giudizio e convocherà anche la terra, cioè gli uomini, certamente per essere giudicati nella terra. Se poi sia da sottintendere l'uno e l'altro termine nell'inciso: e la terra, cioè tanto convocherà, come in alto, in modo che questo ne sia il senso: Convocherà il cielo in alto e anche la terra convocherà in alto, ritengo che la migliore interpretazione sia che tutti saranno rapiti incontro a Cristo nell'aria, ma il cielo è indicato a causa delle anime e la terra a causa dei corpi. Inoltre: Contraddistinguere il suo popolo significa senz'altro separare i buoni dai cattivi, come le pecore dai capri. Poi il discorso è rivolto agli angeli con le parole: Riunite a lui i suoi giusti, poiché mediante il ministero degli angeli si compie una così grande operazione. Se poi ci chiediamo quali giusti riuniranno a lui gli angeli, dice: Coloro che stabiliscono la sua alleanza sopra i sacrifici. È proprio questa tutta la vita dei giusti: stabilire l'alleanza di Dio sopra i sacrifici. Infatti o le opere di beneficenza sono sopra i sacrifici, cioè da preporre ai sacrifici secondo la parola di Dio che dice: Preferisco la beneficenza al sacrificio 230, oppure se sopra i sacrifici si traduce "nei sacrifici", come si dice che avviene "sulla" terra ciò che avviene "nella" terra, certamente le opere di beneficenza sono i sacrifici con cui si è graditi a Dio. Ricordo di averne parlato nel libro decimo di questa opera 231. Nelle opere di beneficenza i giusti stabiliscono l'alleanza di Dio perché le compiono sulla base delle promesse che sono contenute nella nuova alleanza. Quindi Cristo, ovviamente nell'ultimo giudizio, dirà ai suoi giusti riuniti a sé e stabiliti alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Infatti ho avuto fame e mi avete dato da mangiare 232, e gli altri pensieri che nel testo si esprimono sulle buone opere dei giusti e sul loro premio eterno mediante la sentenza di chi giudica.

Malachia e le pene di purificazione.
25. C'è poi il profeta Malachiele o Malachia, ritenuto anche un angelo o anche il sacerdote Esdra, di cui altri libri della Scrittura sono inseriti nel canone. Girolamo afferma che questa è l'opinione degli Ebrei su di lui 233. Egli annunzia profeticamente l'ultimo giudizio con le parole: Ecco viene, dice il Signore onnipotente, e chi sopporterà il giorno della sua venuta o potrà resistere nel guardarlo? Perché egli verrà come il fuoco di una fornace e come la liscivia dei lavandai; sederà per struggere e raffinare come argento e come oro; purificherà i figli di Levi e li metterà in fusione come oro e argento; offriranno al Signore oblazioni nella giustizia e sarà gradito al Signore il sacrificio di Giuda e Gerusalemme come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Mi accosterò a voi nel giudizio e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri e contro coloro che giurano il falso nel mio nome, contro coloro che frodano il salario degli operai, che opprimono con la forza le vedove, che picchiano gli orfani e fanno torto nel giudizio al forestiero e non mi temono, dice il Signore onnipotente, perché io sono il Signore Dio vostro e non cambio 234. Da queste parole sembra risultare assai chiaramente che in quel giudizio per alcuni vi saranno pene di purificazione. Non si possono interpretare diversamente le parole: Chi sopporterà il giorno della sua venuta o potrà resistere a guardarlo? Perché egli verrà come il fuoco di una fornace e come la liscivia dei lavandai; sederà per struggere e purificare come argento e come oro; purificherà i figli di Levi e li metterà in fusione come oro e argento. Anche Isaia dice qualcosa di simile: Il Signore laverà le macchie dei figli e delle figlie di Sion e detergerà il sangue di mezzo a loro con lo spirito di giustizia e con lo spirito di purificazione 235. Ma forse si deve intendere che saranno resi mondi dalle macchie e in certo senso depurati, quando i cattivi verranno separati da loro attraverso il giudizio di pena, sicché il loro allontanamento alla condanna sarà una purificazione per i buoni, poiché per il resto vivranno senza essere frammischiati con gli altri. Ma quando Malachia dice: Purificherà i figli di Levi e li metterà in fusione come oro e argento; offriranno al Signore oblazioni nella giustizia e sarà gradito al Signore il sacrificio di Giuda e Gerusalemme, fa capire che quegli stessi, che saranno purificati, saranno graditi al Signore in seguito con sacrifici di giustizia e perciò essi stessi saranno resi mondi dalla propria ingiustizia, per cui non erano graditi al Signore. Inoltre, quando saranno stati purificati, essi stessi saranno oblazioni nella totale e definitiva giustizia. In tale condizione non offrono a Dio nulla di più gradito che se stessi. Però il trattare più attentamente il problema delle pene di purificazione, si deve differire per un po'. Di seguito nei figli di Levi, in Giuda e Gerusalemme dobbiamo scorgere la Chiesa di Dio costituita, non soltanto dagli Ebrei, ma anche dagli altri popoli. E non sarà come è nel tempo in cui, se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e in noi non è la verità 236, ma come sarà alla fine, purificata attraverso l'ultimo giudizio, come l'aia con la vagliatura 237, perché saranno resi puri dal fuoco anche quelli per i quali tale depurazione era indispensabile, in modo che non vi sia alcuno che offra il sacrificio per i propri peccati. Infatti tutti coloro, che offrono con questo intento, sono certamente nei peccati e offrono per averne il perdono in modo che, dopo aver offerto un sacrificio che sia a Dio gradito, siano perdonati.

Il sacrificio di giustizia nel giudizio...
26. 1. Volendo Dio dimostrare che alla fine la sua città non rimarrà in tale condizione di vita, ha detto che i figli di Levi offriranno oblazioni nella giustizia, e quindi non nel peccato e conseguentemente non per il peccato. Da ciò si possono comprendere le parole che Malachia ha detto di seguito: Sarà gradito al Signore il sacrificio di Giuda e Gerusalemme come nei giorni antichi e come negli anni lontani 238, cioè che i Giudei si ripromettono inutilmente, secondo la Legge dell'Antico Testamento, i tempi passati dei propri sacrifici. Infatti allora non offrivano oblazioni nella giustizia ma nei peccati, poiché principalmente e primieramente le offrivano per i peccati al punto che il sacerdote stesso, che certamente dobbiamo ritenere più giusto degli altri, per comando di Dio era solito offrire prima per i propri peccati, poi per quelli del popolo 239. Perciò è opportuno spiegare come si deve interpretare la frase: Come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Forse richiama quel tempo in cui i progenitori furono nel paradiso. Allora, puri e incontaminati da ogni colpa e macchia di peccato, offrivano se stessi a Dio come oblazioni purissime. Però dopo che ne furono cacciati per la trasgressione commessa e che in essi fu condannata la natura umana, ad eccezione del solo Mediatore e di qualunque bambino dopo il lavacro di rigenerazione, nessuno è immune dalla colpa, come si ha nella Scrittura, neanche il bimbo, la cui vita sulla terra è di un solo giorno 240. Si potrebbe rispondere che giustamente si può dire che offrano oblazioni nella giustizia anche coloro i quali le offrono nella fede. Infatti il giusto vive di fede 241, quantunque inganni se stesso se pensasse di essere senza peccato 242, e perciò non lo pensi perché vive di fede. Ma chi potrà affermare che questo tempo di fede si può adeguare a quel fine, poiché coloro che offrirebbero oblazioni nella giustizia saranno purificati col fuoco dell'ultimo giudizio? Perciò, poiché si deve credere che dopo tale purificazione i giusti saranno senza alcun peccato, certamente quel tempo, per quanto attiene ad essere senza peccato, non si può paragonare ad alcun tempo. Si esclude quello in cui i progenitori, prima della trasgressione, vissero in una intemerata felicità. Giustamente quindi s'intende che il concetto suddetto è stato espresso con le parole: Come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Anche dopo che per mezzo d'Isaia sono stati promessi un cielo nuovo e una terra nuova, fra gli altri concetti che, mediante allegorie e simboli, egli espone, e la preoccupazione di evitare lungaggini mi ha impedito di darne una conveniente spiegazione, dice: Secondo i giorni dell'albero della vita saranno i giorni del mio popolo 243. Chi ha avuto in mano la sacra Scrittura non ignora dove Dio ha piantato l'albero della vita e che, essendo stato ordinato ai progenitori di non mangiarne, quando la loro trasgressione li cacciò dal paradiso, a quell'albero fu posta una terribile difesa di fuoco 244.

... sarà veramente senza macchia.
26. 2. Qualcuno può affermare che i giorni dell'albero della vita, di cui ha parlato il profeta Isaia, sono i giorni in atto della Chiesa di Cristo, i quali si trascorrono nel tempo, e che Cristo stesso profeticamente è denominato "albero della vita" perché è la Sapienza di Dio, della quale Salomone dice: È un albero di vita per tutti coloro che la prescelgono 245. Può dire anche che i progenitori non hanno trascorso alcuni anni nel paradiso perché ne furono cacciati molto presto, sicché in quel luogo non ebbero alcun figlio e che quindi non è possibile intravedere quel periodo in quell'espressione: Come nei giorni antichi e come negli anni lontani. Tralascio la discussione per non essere costretto, giacché andrebbe per le lunghe, a esaminare tutti gli assunti, affinché la verità accertata renda evidente qualcuno di essi. Noto però un altro significato per non farci ritenere che i giorni antichi e gli anni lontani dei sacrifici carnali ci siano stati promessi mediante il profeta come un grande dono. Era prescritto infatti che le oblazioni della vecchia Legge fossero offerte con animali di qualsiasi specie senza macchia e senza alcun difetto 246, e simboleggiavano gli uomini santi, come è stato soltanto il Cristo, assolutamente senza peccato. Infatti, dopo il giudizio, quando saranno purificati anche col fuoco coloro che sono meritevoli di tale purificazione, in tutti i beati non si troverà affatto alcun peccato e in tale stato offriranno se stessi nella giustizia, sicché tali oblazioni saranno assolutamente senza macchia e senza alcun difetto. Saranno allora certamente come nei giorni antichi e come negli anni lontani, quando come simbolo di questo evento futuro si offrivano oblazioni veramente pure. Dunque nella carne immortale e nella intelligenza dei beati vi sarà la purezza che era rappresentata per allegoria nel corpo di quegli animali.

Il giudizio e la coscienza dei reprobi in Malachia.
26. 3. Poi, per quelli che non sono meritevoli di purificazione ma di condanna, Malachia dice: Mi avvicinerò a voi e sarò un testimone pronto contro gli incantatori, contro gli adùlteri 247, e il resto. Elencati i delitti degni di condanna, aggiunge: Poiché io sono il Signore Dio vostro e non cambio 248, come a dire: Sebbene la vostra colpa vi abbia cambiato in peggio e la mia grazia in meglio, io non cambio. Afferma altresì che sarà testimone, perché al proprio tribunale non ha bisogno di testimoni, e che sarà pronto, sia perché verrà all'improvviso e il suo giudizio, a causa della venuta inattesa, sarà molto rapido, anche se sembrava in ritardo, sia perché dimostrerà colpevoli le coscienze senza un lungo discorso. Si ha nella Scrittura: L'interrogatorio dell'empio infatti sarà nei suoi pensieri 249; e dice l'Apostolo: Con i pensieri che accusano o anche difendono nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini mediante Gesù Cristo, secondo il mio Vangelo 250. Anche in questo senso dunque si deve intendere che il Signore sarà un testimone pronto, perché senza indugio richiamerà alla memoria per dimostrare colpevole e punire la coscienza.

Separazione dei buoni e dei cattivi.
27. Anche il brano che, nel libro diciottesimo 251, trattando un altro argomento, ho desunto da questo profeta, riguarda il giudizio finale. In esso dice: Essi diverranno, dice il Signore onnipotente, mia proprietà nel giorno che io preparo e li prediligerò come un padre predilige il figlio che gli è sottomesso; io cambierò e voi noterete la differenza fra l'uomo giusto e l'ingiusto, fra colui che serve Dio e colui che non lo serve. Perché ecco viene il giorno ardente come il forno e li brucerà; e tutti gli stranieri e tutti gli operatori d'iniquità saranno come paglia e quel giorno venendo li incendierà, dice il Signore onnipotente, e non rimarrà di loro né radice né tralcio. E sorgerà per voi, che temete il mio nome, il sole di giustizia e la salvezza nelle sue ali e voi uscirete e saltellerete come vitelli liberati dal giogo; calpesterete gli empi e saranno cenere sotto i vostri piedi, dice il Signore onnipotente 252. Quando la differenza di premi e pene, che distingue i beati dai reprobi e sotto questo sole nella utopia della vita presente non si scorge 253, si manifesterà chiaramente sotto quel sole di giustizia nello svelarsi di quella vita, allora si avrà un giudizio quale mai si ebbe.

La vera felicità è solo dei giusti.
28. Poi il medesimo profeta, con la frase: Ricordatevi della Legge di Mosè, mio servo; a lui l'ho affidata sull'Oreb per tutto Israele 254, opportunamente fa appello a ordinamenti e decisioni, dopo aver indicato la grande distinzione che avverrà fra coloro che osservano e coloro che trasgrediscono la Legge. Questo affinché imparino contemporaneamente a intendere la Legge nello spirito e scorgano in essa il Cristo, perché da lui, come giudice, si deve operare la distinzione fra buoni e cattivi. Non senza ragione egli, il Signore, ha detto ai Giudei: Se credeste a Mosè, credereste anche a me perché di me egli ha scritto 255. Infatti, interpretando secondo la carne la Legge e ignorando che le sue promesse relative alla terra sono allegorie dei valori del cielo, giunsero a tali lamentele che osarono dire: È sciocco chi serve Dio; che vantaggio abbiamo ricevuto dall'avere custodito i suoi comandamenti e dall'avere camminato in preghiera davanti al Signore onnipotente? Dobbiamo invece proclamare beati gli stranieri e sono favoriti tutti quelli che compiono ingiustizia 256. Il profeta, da queste loro parole, è stato spinto, per così dire, a preannunziare un giudizio tale, in cui i malvagi neanche all'apparenza siano felici, ma appaia con grande chiarezza che sono assai infelici e i buoni non siano afflitti da alcuna sofferenza, sia pure momentanea, ma godano di un'evidente, perenne felicità. Anche poco prima Malachia aveva riferito alcune parole di costoro i quali affermano: Chiunque fa il male è come se fosse buono agli occhi del Signore e proprio questi gli sono graditi 257. Sono giunti, ripeto, a queste lamentele contro Dio, interpretando secondo la carne la Legge di Mosè. Perciò anche nel Salmo 72 dice il Salmista che i suoi piedi inciampavano e i suoi passi vacillavano 258, evidentemente nella caduta, perché ha invidiato i peccatori vedendo la loro tranquillità; arriva al punto di dire fra l'altro: Come l'ha saputo Dio, c'è forse conoscenza nell'Altissimo? 259 e di dire anche: Forseché invano ho conservato puro il mio cuore e ho lavato fra gli innocenti le mie mani? 260. Per risolvere questo difficilissimo problema, che si propone quando sembra che i buoni siano infelici e i malvagi felici, aggiunge: Questa angoscia è in me finché non entro nel santuario di Dio e non penso all'ultimo fine 261. Infatti con l'ultimo giudizio non sarà più così, ma si manifesterà una realtà diversa nella palese infelicità dei reprobi e nell'evidente felicità dei beati.

Il ritorno di Elia in Malachia.
29. Poi, dopo aver ammonito i Giudei di tenere a mente la Legge di Mosè, poiché prevedeva che essi per molto tempo non l'avrebbero interpretata secondo lo spirito, come conveniva, ma secondo la carne, Malachia soggiunge: Ormai, prima che giunga il giorno grande e luminoso del Signore, io invierò a voi Elia di Tesbe che volgerà il cuore del padre al figlio e il cuore dell'uomo al suo prossimo, affinché io venendo non colpisca la terra con lo sterminio 262. È assai ricorrente nelle parole e nei sentimenti dei fedeli che i Giudei, nell'ultimo tempo prima del giudizio, crederanno nel Cristo vero, cioè nel nostro Cristo attraverso l'esposizione della Legge per mezzo del grande e meraviglioso profeta Elia. Si spera appunto, e non a torto, che egli verrà prima della venuta del giudice Salvatore, perché non a torto si crede che egli è tuttora in vita. Fu rapito infatti con un carro di fuoco fuori dell'esperienza umana ed è un fatto che la Scrittura attesta con grande chiarezza 263. Quando verrà, spiegando secondo lo spirito la Legge che attualmente i Giudei interpretano secondo la carne, volgerà il cuore del padre al figlio, cioè il cuore dei padri ai figli, poiché i Settanta hanno usato il singolare per il plurale. Questo è il significato: che anche i figli, cioè i Giudei, comprendano la Legge come l'hanno compresa i loro padri, cioè i Profeti, tra i quali v'era anche Mosè. Così infatti il cuore dei padri si volgerà ai figli quando la capacità di pensare dei padri s'incontrerà con quella dei figli; e il cuore dei figli ai loro padri, quando i figli pensano in conformità a ciò che hanno pensato i loro padri, sebbene i Settanta abbiano letto: E il cuore dell'uomo si volgerà al suo prossimo. Sono infatti molto vicini nel rapporto padri e figli. Nella versione dei Settanta, che hanno tradotto con ispirazione profetica, si può riscontrare un altro significato, e anche più scelto, se s'intende che Elia volgerà il cuore di Dio Padre al Figlio, certamente non per ottenere che il Padre ami il Figlio, ma per insegnare che il Padre ama il Figlio in modo che anche i Giudei amino il medesimo Cristo, che è il nostro, mentre prima lo odiavano. Per i Giudei infatti ora il Padre ha il cuore contrario al nostro Cristo, questo essi pensano. Per essi quindi il cuore di lui si volgerà al Figlio, quando essi, volgendo il proprio cuore, apprenderanno l'amore del Padre per il Figlio. L'inciso che segue: E il cuore dell'uomo al suo prossimo, cioè che Elia volgerà il cuore dell'uomo al suo prossimo, s'interpreta molto bene se s'intende che è il cuore dell'uomo per Cristo uomo. Infatti, sebbene sia nell'essenza divina il nostro Dio, ricevendo l'essenza di schiavo 264 si è degnato di essere anche nostro prossimo. Questo dunque farà Elia. Affinché io non venga - soggiunge - e colpisca la terra con lo sterminio. Sono terra coloro che s'intendono delle cose della terra, come fino ad oggi sono i Giudei carnali. Da questo pervertimento sono derivate quelle lamentele contro Dio: Gli sono graditi i cattivi 265, e: È sciocco chi si sottomette a Dio 266.

Anche nei Profeti il Dio che verrà è Cristo.
30. 1. Molti sono i testi della sacra Scrittura sull'ultimo giudizio di Dio e andrei per le lunghe se li raccogliessi tutti. Sia sufficiente quel che abbiamo esaminato come predetto profeticamente dai libri sacri del Nuovo e Antico Testamento. Ma nell'Antico, a differenza del Nuovo, non è stato indicato con evidenza che il giudizio avverrà per mezzo di Cristo, cioè che Cristo verrà come giudice dal cielo, perché quando nell'Antico Testamento il Signore Dio dice che verrà o si dice che il Signore Dio verrà, non ne consegue che sia il Cristo. Il Signore Dio è il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo; però non conviene che noi lasciamo questo punto senza chiarirlo. Anzitutto dunque si deve far notare in quali termini Gesù Cristo parla come il Signore Dio nei libri profetici e tuttavia è d'immediata evidenza che è Gesù Cristo, sicché quando non è così evidente e si dice tuttavia che il Signore Dio verrà per l'ultimo giudizio, si possa intendere che è Gesù Cristo. V'è un passo del profeta Isaia che mostra chiaramente quel che sto dicendo. Dio infatti per mezzo del profeta dice: Ascoltami, Giacobbe e Israele, con cui sto parlando. Io sono il primo e sarò per sempre; la mia mano ha posto le fondamenta della terra e la mia destra ha reso stabile il cielo. Li chiamerò, verranno insieme, si raduneranno tutti e udranno. Chi lo ha avvertito su questo? Perché ti amavo ho soddisfatto il tuo desiderio su Babilonia per sgombrare la razza dei Caldei. Io ho parlato e ho chiamato, l'ho accompagnato e ho reso felice il suo cammino. Avvicinatevi a me e ascoltate questi fatti. Fin dal principio non ho parlato in segreto, quando avvenivano ero presente. E ora il Signore Dio e il suo Spirito mi hanno inviato 267. In realtà è lo stesso che parlava come il Signore Dio e tuttavia non vi si ravvisava Gesù Cristo se non avesse aggiunto: E ora il Signore Dio e il suo Spirito mi hanno inviato. Lo ha detto nella forma di schiavo usando per un evento futuro il verbo al passato come in un altro passo del medesimo profeta: È stato condotto per essere immolato come una pecora 268. Non ha detto: Sarà condotto, ma ha usato il verbo al passato per un fatto che doveva avvenire. E ripetutamente il linguaggio profetico si esprime così.

E' considerato onnipotente...
30. 2. In Zaccaria v'è un passo, il quale mostra con chiarezza questo pensiero, cioè che l'Onnipotente ha inviato l'Onnipotente, evidentemente Dio Padre Dio Figlio. Questo è il passo: Così dice il Signore onnipotente: Dopo l'impresa gloriosa mi ha inviato ai popoli che vi hanno depredato, perché chi tocca voi è come se toccasse la pupilla del suo occhio. Ecco, io alzerò la mano contro di loro e diverranno bottino di coloro che furono loro schiavi e saprete che il Signore onnipotente mi ha inviato 269. Il Signore onnipotente dice di essere inviato dal Signore onnipotente. Chi oserà dire che nel passo non si tratta di Cristo che parla alle pecore perdute della casa d'Israele? Dice nel Vangelo: Non sono stato inviato se non alle pecore perdute della casa d'Israele 270. Nel testo citato le ha paragonate alla pupilla dell'occhio di Dio a causa dell'eminente sentimento di amore. Anche gli Apostoli appartengono a questo tipo di pecore. Ma si ha qualcosa dopo la gloria della risurrezione, evidentemente la sua, poiché prima che avvenisse l'Evangelista dice: Gesù non era stato ancora glorificato 271. Dopo di essa infatti fu inviato ai popoli nei suoi Apostoli e così si è avverato quel che si legge in un Salmo: Mi libererai dai contrasti del popolo, mi porrai a capo delle nazioni 272. Questo affinché coloro che avevano depredato gli Israeliti e dei quali gli Israeliti erano stati schiavi, mentre erano assoggettati alle nazioni, non fossero a loro volta depredati col medesimo risultato, ma essi divenissero bottino degli Israeliti. Gesù l'aveva promesso agli Apostoli dicendo: Vi renderò pescatori di uomini 273, e a uno di loro: D'ora in poi sarai pescatore di uomini 274. Diverrebbero bottino dunque, ma in bene, come i vasi rapiti a quel forte, ma legato da uno più forte 275.

... sebbene sia annunziato nella sua passione.
30. 3. Egualmente per mezzo del medesimo profeta il Signore dice: In quel giorno farò in modo di allontanare tutti i popoli che vengono contro Gerusalemme e riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di perdono; volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato e verseranno per questo un pianto come per una persona molto cara e proveranno dolore come per un unigenito 276. Forseché soltanto Dio può allontanare tutti i popoli nemici dalla santa città di Gerusalemme, i quali vengono contro di essa, cioè sono suoi avversari, oppure, come altri hanno tradotto, vengono per essa, cioè per sottometterla; o potrà versare sulla casa di Davide e sugli abitanti della medesima città lo spirito di grazia e di perdono? Certamente è un'attribuzione di Dio e dalla prospettiva di Dio sono dette quelle parole per mezzo del profeta. Eppure Cristo mostra di essere egli stesso quel Dio che opera cose così grandi e così divine, aggiungendo le parole: Volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato e verseranno per questo un pianto come per una persona molto cara (o amata) e proveranno dolore come per un unigenito. Certamente in quel giorno si pentiranno i Giudei, anche quelli che riceveranno lo spirito di grazia e di perdono perché hanno insultato il Cristo nella sua passione, quando lo vedranno venire nella sua grandezza e riconosceranno che egli è colui che prima nei propri antenati hanno deriso nella sua umiltà. Ed anche i loro antenati, autori di sì grande scelleratezza, nel risorgere, lo vedranno, ma per essere puniti, non riscattati. Non si devono quindi ravvisare loro nelle parole: Riverserò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo spirito di grazia e di perdono; volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato. Vi si devono ravvisare i provenienti dalla loro stirpe che in quel tempo, Elia mediante, crederanno. Ma come noi diciamo ai Giudei: Avete ucciso il Cristo, sebbene siano stati i loro antenati a compiere il delitto, così i discendenti si affliggeranno di aver compiuto in un certo senso quel che hanno compiuto gli altri, perché discendono dalla loro stirpe. Sebbene dunque, ormai eletti per aver ricevuto lo spirito di grazia e di perdono, non saranno condannati con i loro antenati delinquenti, si affliggeranno tuttavia, come se essi abbiano compiuto quel che è stato compiuto dagli altri. Non si affliggeranno quindi per l'accusa di un delitto, ma per un sentimento di bontà. Con avvedutezza l'inciso, che nei Settanta suona così: Volgeranno lo sguardo a me per il fatto che mi hanno insultato, è stato tradotto dal testo ebraico che ha: Volgeranno lo sguardo a me che hanno trafitto. Da queste parole si rileva con maggior evidenza che Cristo è stato crocefisso. Ma l'insulto, che i Settanta hanno preferito rilevare, non è mancato in tutta la sua passione. Difatti lo hanno insultato mentre era arrestato, legato, giudicato, coperto con il vituperio di una veste di derisione, coronato di spine, battuto con una canna sulla testa, adorato a ginocchi piegati per scherno, mentre portava la sua croce ed era appeso. Quindi non seguendo una sola traduzione ma unendo l'una e l'altra, quando leggiamo tanto hanno insultato, come hanno trafitto, riconosciamo più ampiamente la genuina vicenda della passione del Signore.

Cristo sarà giudice perché fu giudicato.
30. 4. Poiché dunque nei libri dei Profeti si legge che Dio verrà per eseguire il giudizio, sebbene non sia indicata alcuna distinzione, unicamente sulla base del giudizio si deve rilevare il Cristo poiché, anche se il Padre giudicherà, giudicherà con la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti il Padre non giudicherà alcuno con la manifestazione della sua presenza, ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio 277, poiché questi, il quale si manifesterà come uomo per giudicare, come uomo è stato giudicato. E non è un altro uomo quello di cui, in Isaia, Dio allo stesso modo parla con l'appellativo di Giacobbe e Israele, nella cui stirpe ebbe l'esistenza. Ecco il testo: Giacobbe, mio servo, io lo sosterrò; Israele, mio eletto, la mia anima lo ha accolto. Ho infuso il mio Spirito in lui, enuncerà il giudizio ai popoli. Non griderà e non tacerà e non si udrà la sua voce al di fuori. Non spezzerà la canna incrinata e non spegnerà il lucignolo fumigante, ma enuncerà il giudizio con verità. Risplenderà e non si abbatterà finché non stabilisce il giudizio sulla terra e nel suo nome spereranno i popoli 278. Nel testo ebraico non si ha Giacobbe e Israele, ma i Settanta, evidentemente, con l'intento di avvertire che l'inciso mio servo, si deve interpretare in relazione alla forma di servo, in cui l'Altissimo si è manifestato nella più grande umiltà, hanno aggiunto il nome per segnalare colui dalla cui stirpe è stata assunta la forma di servo. È stato infuso lo Spirito su di lui perché nella testimonianza del Vangelo si è mostrato in forma di colomba 279; ha enunciato il giudizio ai popoli perché ha predetto che sarebbe avvenuto ciò che ai popoli era nascosto; per benignità non ha gridato, ma non ha cessato dall'esaltare la verità; ma non si è udita e non si ode la sua voce al di fuori perché non si obbedisce a lui da coloro che sono tagliati fuori dal suo corpo; non ha spezzato e non ha spento perfino i Giudei, suoi persecutori, i quali per la perdita della compattezza sono stati paragonati a una canna incrinata e per la mancanza di luce a un lucignolo fumigante, poiché ha loro perdonato, dato che non era ancora venuto a giudicarli ma ad essere giudicato da loro. Ha senz'altro enunciato il giudizio nella verità perché ha predetto loro quando dovrebbero essere puniti se persistessero nella malvagità. Risplendette sul monte il suo viso 280, nel mondo la sua fama; non è stato abbattuto o calpestato perché non si è arreso ai suoi persecutori, per cessare d'esistere, né in sé né nella sua Chiesa; quindi non è avvenuto e non avverrà quel che i suoi nemici hanno detto o dicono: Quando morirà e perirà il suo nome? 281. Finché non stabilisce il giudizio sulta terra. È stato reso manifesto quel che cercavamo perché nascosto: è il giudizio finale che stabilirà in terra quando egli stesso verrà dal cielo. Riguardo al giudizio vediamo già adempiuto quel che è espresso nell'ultimo inciso: Nel suo nome spereranno i popoli. Sulla base di questo fatto, che non è possibile negare, si creda anche quel che si nega senza criterio. Chi avrebbe sperato che anche coloro, i quali ancora non vogliono credere in Cristo, sono spettatori assieme a noi e poiché non possono negare, digrignano e sbavano con i denti 282? Chi, dico ancora, avrebbe sperato che i popoli avessero sperato nel nome di Cristo, quando veniva arrestato, legato, percosso, deriso, crocefisso, dal momento che perfino i discepoli avevano perduto la speranza che avevano cominciato ad avere in lui? Quel che ha allora sperato soltanto il ladrone sulla croce, ora lo sperano i popoli, sparsi in ogni parte 283, e a fin di non morire per l'eternità, si segnano con la croce in cui Cristo è morto.

Gli eventi del giudizio finale.
30. 5. Dunque nega o dubita che l'ultimo giudizio avverrà come è preannunziato nei citati libri della Bibbia se non colui che, per non saprei quale incredibile malanimo o ignoranza, non crede in essi, sebbene abbiano già segnalato la propria veridicità al mondo intero. Abbiamo appreso che in quel giudizio o attorno a quel giudizio si verificheranno questi avvenimenti: la venuta di Elia di Tesbe, la fede dei Giudei, la persecuzione dell'Anticristo, il giudizio di Cristo, la risurrezione dei morti, la discriminazione di buoni e cattivi, il cataclisma del mondo e la sua rinascita. Si deve credere che si avranno tutti questi avvenimenti, ma in quali misure e con quale successione si verifichino lo insegnerà più la realtà dei fatti di quanto attualmente riesce a raggiungere alla perfezione il pensiero umano. Ritengo però che si avvereranno nella successione da me indicata.

Quel che rimane da dire negli altri due libri.
30. 6. Per mantenere con l'aiuto di Dio gli impegni presi ci rimangono due libri, attinenti a quest'opera, uno sulla pena dei malvagi, l'altro sulla felicità dei giusti. In essi, come Dio lo concederà, si confuteranno soprattutto i ragionamenti umani che contro le predizioni e promesse divine certi sventurati sembrano saggiamente rosicchiare per sé e disprezzano come falsi e ridicoli gli alimenti della fede che dà salute. Coloro invece che sono saggi secondo Dio, ritengono la veritiera onnipotenza di Dio come il più valido argomento di tutti i capi di dottrina che sembrano incredibili agli uomini e tuttavia sono contenuti nella sacra Scrittura, la cui veridicità è stata già in molti modi confermata. Ritengono infatti come certo che in nessun modo Dio ha potuto mentire e che può compiere ciò che al non credente è impossibile.
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