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LA CITTA' DI DIO di sant'Agostino - Libri XVII- XXII (4)

Ultimo Aggiornamento: 22/12/2012 22:19
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Sesso: Femminile
22/12/2012 22:13

... e la conversione del nobile Marziale.
8. 14. V'era un uomo, uno dei principali del suo ceto, di nome Marziale, già avanzato in età e fortemente renitente alla religione cristiana. Aveva una figlia credente e il genero che si era battezzato in quell'anno. Essendosi ammalato, poiché essi con molte accorate lacrime lo supplicavano di farsi cristiano, rifiutò decisamente e con grande sdegno li respinse. Il genero decise di andare alla cappella di santo Stefano e lì pregare fino al possibile per lui, affinché il Signore gli concedesse la buona coscienza di non tardare nel credere in Cristo. Lo fece con grande lamento e pianto e sinceramente con ardente sentimento di pietà, poi nell'allontanarsi prese dall'altare una parte dei fiori che era a portata ed essendo già buio, glieli pose vicino alla testa e si dormì. Ed ecco prima dell'alba Marziale grida affinché si corra dal vescovo, che allora per caso era con me ad Ippona. Avendo udito che era assente, chiese che venissero i sacerdoti. Vennero, disse di credere e con meraviglia e gioia di tutti fu battezzato. Finché visse ebbe sulle labbra questa invocazione: "Cristo, accogli il mio spirito". Eppure non sapeva che furono queste le ultime parole di santo Stefano mentre veniva lapidato dai Giudei 38. Anche per lui furono le ultime. Poco dopo infatti spirò.

Guarigione dalla gotta.
8. 15. Sempre a Calama per intercessione del martire Stefano furono guariti dalla gotta due cittadini e uno straniero: i cittadini completamente; lo straniero udì in visione che cosa doveva usare quando soffriva e appena fatto ciò, il dolore scomparve immediatamente.

Santo Stefano e la risurrezione di un bimbo...
8. 16. Auduro è il nome di una tenuta, in cui v'è una chiesa e in essa la reliquia del martire Stefano. Buoi, che trainavano un carro agricolo, uscendo di carreggiata, con le ruote schiacciarono un bambino che stava giocando nell'aia ed egli immediatamente spirò spasimando. La madre, trattolo fuori, lo pose davanti alla reliquia e non soltanto tornò in vita, ma apparve del tutto incolume.

... di una monaca morta di tumore...
8. 17. Poiché una religiosa in un possedimento vicino, che si denomina Caspaliana, era affetta da un male senza speranza, una sua tunica fu portata all'altare del Santo. Prima che fosse ricondotta, la religiosa morì. I suoi genitori però coprirono il cadavere con la tunica suddetta e lei riprese a respirare e fu guarita.

... di una giovinetta...
8. 18. Presso Ippona un tale della Siria, chiamato Basso, davanti alla reliquia del martire Stefano pregava per la figlia ammalata in pericolo di vita e aveva portato con sé un vestito di lei, quando all'improvviso dalla casa accorsero i servi per avvertirlo che era morta. Però mentre egli pregava furono fermati dagli amici di lui i quali proibirono di dirglielo affinché non piangesse alla vista di tutti. Essendo tornato a casa che risuonava già dei pianti dei familiari e avendo steso la veste, che aveva fra mano, sopra la figlia, ella fu resa alla vita.

... di un giovane...
8. 19. Ancora ad Ippona il figlio di un certo Ireneo, esattore delle imposte, morì di malattia. Mentre il corpo giaceva esanime e si preparava il funerale da persone che piangevano per lo strazio, uno degli amici, fra le parole di conforto degli altri, suggerì che il corpo fosse unto con l'olio del santo martire. Si fece così e il morto tornò in vita.

... e di un bimbo.
8. 20. Sempre ad Ippona l'ex tribuno della plebe Eleusino pose sopra l'altare dei martiri, che si ha in un suo possedimento nel sobborgo, il figliolino morto in seguito ad una malattia e dopo una preghiera, che ivi rivolse con molte lacrime, lo risollevò tornato in vita.

Diffusa e documentata devozione a santo Stefano a Calama...
8. 21. Che fare? Sollecita l'impegnativo intento di questa opera a non ricordare a questo punto tutti i fatti che conosco. Senza dubbio molti dei nostri, quando leggeranno queste pagine, si addoloreranno che ne abbia omessi molti che assieme a me certamente conoscono. Li prego fin d'ora di perdonare e di riflettere che sarebbe una fatica molto prolungata fare ciò che al momento l'obbligo dell'opera intrapresa mi costringe a non fare. Se infatti volessi soltanto riferire, per non parlare degli altri, i miracoli delle guarigioni che per l'intercessione di questo martire, cioè del glorioso Stefano, sono avvenuti nella colonia di Calama e nella nostra, ci sarebbe da compilare moltissimi libri. Tuttavia non potranno essere messi insieme tutti, ma soltanto quelli sui quali sono state consegnate le redazioni per essere lette nelle adunanze. Abbiamo desiderato che questo avvenisse quando abbiamo notato che segni, eguali agli antichi, della potenza di Dio sono in gran numero anche ai nostri tempi e che non debbono andare perduti per la conoscenza di molti. Non sono ancora passati due anni da quando ad Ippona Regia è stata costruita questa cappella e sebbene, e questo è per noi assolutamente certo, non siano state molte le redazioni dei fatti avvenuti per prodigio, quelle che sono state consegnate erano giunte all'incirca a settanta, quando ho scritto queste pagine. A Calama poi, in cui si è avuta la prima cappella e avvengono più spesso, superano di molto il numero.

... e a Uzali nella casa della nobile Petronia.
8. 22. Abbiamo saputo che anche a Uzali, colonia vicina a Utica, sono avvenuti molti miracoli per l'intercessione del martire Stefano e molto prima che nella nostra città fosse stata dal vescovo Evodio organizzata la devozione per lui. Però in essa l'uso di consegnare le redazioni non v'è o meglio non v'è mai stato, poiché probabilmente ora ha già avuto inizio. Quando poco tempo addietro sono stato là, esortai, per desiderio del vescovo stesso, la nobildonna Petronia, guarita miracolosamente da una grave, prolungata infermità, per la quale erano stati insufficienti tutti i ritrovati dei medici, a compilare la redazione da leggere al popolo.

Ed ella eseguì con solerte obbedienza. In essa inserì un episodio che non posso passare sotto silenzio, sebbene sia incalzato a volgermi in fretta a quegli argomenti che svolgono questa opera. Scrisse che da un giudeo era stata convinta ad introdurre un anello in un cordone di capelli intrecciati da avvincere sotto le vesti, al nudo. L'anello doveva avere sotto la gemma una pietra trovata nei reni di un bue. Fasciata da quell'aggeggio, quasi fosse un medicamento, s'incamminava verso la chiesa del santo martire. Ma partita da Cartagine, pernottò in un suo possedimento posto sulla sponda del fiume Bagrada. Alzatasi per continuare il viaggio, vide quell'anello caduto davanti ai suoi piedi e meravigliata tentò di sciogliere la cintura di capelli, in cui era stato inserito. Avendola trovata legata con nodi solidissimi, pensò che l'anello si fosse spezzato e scivolato via. Essendo stato trovato anch'esso intatto, suppose di aver ricevuto da un così grande miracolo in certo senso la garanzia della futura guarigione e, sciogliendo quella fasciatura, la gettò nel fiume assieme all'anello. Non credono a questo fatto coloro i quali non credono che anche il Signore Gesù è stato messo al mondo attraverso l'utero intatto della vergine Madre e che è entrato a porte chiuse nel luogo dov'erano i discepoli. Però su questo miracolo s'informino direttamente e, se accerteranno che è vero, credano anche a quelli. Petronia è una donna illustre, nata da nobili, sposata con un nobile, vive a Cartagine; una città importante, una personalità importante non permettono che il fatto rimanga celato a coloro che se ne informano. Evidentemente il martire, per la cui intercessione è stata guarita, credette nel Figlio di colei che rimase vergine, credette in colui che entrò a porte chiuse nel luogo dov'erano i discepoli; infine, e proprio per questo vengono da noi espressi questi concetti, credette in colui che salì al cielo con la carne con cui era risorto. Quindi per la sua intercessione avvengono così grandi miracoli perché per questa fede ha dato la propria vita. Avvengono dunque anche ai nostri tempi molti miracoli operati sempre da Dio per la mediazione di chi vuole e come vuole ed Egli ha operato anche quelli che conosciamo dalla Scrittura. Questi però non sono noti allo stesso modo e non sono pigiati come ghiaia della memoria da una frequente lettura affinché non sfuggano al pensiero. Infatti dove si ha l'attenzione, che attualmente ha cominciato a manifestarsi anche dalle nostre parti, di leggere al popolo le redazioni di coloro che ottengono guarigioni, i presenti ascoltano una sola volta e molti non sono presenti. Quindi anche quelli che furono presenti dopo alcuni giorni non ricordano quel che hanno udito e difficilmente si trova qualcuno di essi che riferisca ciò che ha udito a chi sa che non era presente.

Guarigione da crisi convulsiva.
8. 23. Un solo miracolo è avvenuto dalle nostre parti, non più grande di quelli che ho ricordato, ma così celebre e famoso al punto da farmi ritenere che non vi sia alcuno degli abitanti d'Ippona che o non l'abbia visto o non ne abbia sentito parlare, e non v'è alcuno che per un qualsiasi motivo l'abbia potuto dimenticare. Dieci fratelli, di cui sette maschi e tre femmine, di Cesarea di Cappadocia, non di bassa estrazione fra i loro concittadini, in seguito alla maledizione della madre, che fu lasciata sola dopo la recente morte del loro padre e sopportò con grande amarezza il torto da loro ricevuto, furono puniti per volere di Dio di una pena tale che erano orribilmente scossi dal tremore delle membra. Non sopportando in simile sgradevole aspetto gli sguardi dei propri concittadini, andavano girovagando per quasi tutto il mondo romano in qualsiasi direzione sembrasse opportuno all'uno e all'altro. Due di essi, un fratello e una sorella, Paolo e Palladia, vennero anche dalle nostre parti, perché conosciuti in molti altri luoghi in quanto la condizione infelice ne spargeva la voce 39. Vennero una quindicina di giorni prima della Pasqua, frequentavano la chiesa in cui era la reliquia del martire Stefano, pregando affinché alfine Dio fosse benigno con loro e restituisse la salute di una volta. E lì e dovunque andavano attraevano l'attenzione della cittadinanza. Alcuni che li avevano visti altrove e conoscevano la causa del loro tremore la indicavano ad altri, a chiunque potevano. Arrivò la Pasqua e il giorno stesso di domenica, alla mattina, quando già un popolo numeroso era presente, il giovane pregando afferrava l'inferriata dell'edicola, in cui era la reliquia del martire. All'improvviso si sdraiò a terra e rimase disteso proprio come chi dorme, non tremando però come era solito anche nel sonno. Nello stupore dei presenti, dei quali gli uni tremavano, gli altri compiangevano, poiché alcuni volevano rialzarlo, altri lo impedirono e dissero che preferibilmente si doveva attendere il normale svolgimento. Ed egli all'improvviso si alzò e non tremava più perché era guarito ed era in piedi incolume fissando quelli che lo fissavano: chi in quel momento si trattenne dal lodare Dio? La chiesa si riempì delle voci di coloro che gridavano manifestando la propria gioia. Di lì si venne di corsa da me, dove sedevo pronto a comparire in pubblico; si precipitarono l'uno dopo l'altro, quello dietro per riferire la medesima cosa di quello davanti. Mentre io gioisco e in me ringrazio Dio, anch'egli entra con molti altri, si prostra alle mie ginocchia, si rialza per un mio bacio. Avanzammo verso il popolo, la chiesa era piena e risuonava di voci di gioia, poiché nessuno taceva e dall'una e dall'altra parte gridavano: "Grazie a Dio, lodi a Dio". Salutai il popolo e di nuovo gridavano con voce più fervorosa le medesime acclamazioni. Ottenuto finalmente il silenzio, furono letti i testi liturgici della sacra Scrittura. Quando si giunse al momento della mia omelia, espressi pochi concetti relativi al giorno di festa e alla pienezza di quella gioia 40. Preferii che non ascoltassero ma intuissero nell'opera divina una determinata eloquenza di Dio. L'uomo pranzò con noi e ci narrò con precisione tutta la storia della disgrazia sua, dei fratelli e della madre. Il giorno seguente dopo la omelia promisi che all'indomani sarebbe stata letta la redazione del suddetto racconto a me consegnata 41. Poiché questo doveva avvenire al terzo giorno dalla domenica di Pasqua, feci stare in piedi i due fratelli, mentre si leggeva la loro redazione, sui gradini del coro, da cui in una posizione più alta io parlavo. Tutto il popolo dell'uno e dell'altro sesso osservava l'uno che rimaneva in piedi senza movimento anormale, l'altra che aveva convulsioni in tutto il corpo. E coloro che non conoscevano il fratello scorgevano nella sorella quel che per la bontà di Dio era avvenuto in lui. Vedevano di che rallegrarsi per lui, che cosa chiedere nella preghiera per lei. Letta frattanto la loro redazione, ordinai che i due si allontanassero dalla vista del popolo 42 e cominciavo a esporre un po' più diligentemente il caso, quando all'improvviso, mentre parlavo, dalla cappella del martire si odono altre voci di un altro rendimento di grazie. I miei uditori si voltarono da quella parte e cominciarono ad accorrere 43. La giovane infatti, appena scesa dai gradini, sui quali stava in piedi, si era diretta verso il santo martire per pregare. Appena toccò l'inferriata, dopo essere caduta in coma come il fratello, si levò in piedi guarita. Mentre chiedevamo che cosa era avvenuto, per cui si era levato quel festoso schiamazzo, i presenti entrarono con lei nella basilica per accompagnarla guarita dalla cappella del martire. Si levò allora dall'uno e dall'altro sesso un grido di ammirazione così potente da sembrare che la voce, unita al pianto senza interruzione, non potesse aver termine. Fu condotta in quel posto in cui poco prima era stata in piedi tremante. Esultavano che era simile al fratello, poiché erano rimasti afflitti che era rimasta dissimile, e facevano notare che non erano state innalzate preghiere per lei, eppure la volontà che le precorreva fu così presto esaudita. Esultavano nella lode di Dio senza parole, ma con un frastuono così grande che le nostre orecchie potevano appena sopportare. E che cosa v'era nel cuore di coloro che esultavano se non la fede di Cristo, per la quale era stato versato il sangue di Stefano?

I miracoli testimonianza della vita eterna.
9. Che cosa dimostrano i miracoli se non la fede con cui si annunzia che Cristo è risorto nella carne ed è salito al cielo con la carne? I martiri stessi furono martiri di questa fede, cioè testimoni di questa fede. Offrendo la testimonianza di questa fede sopportarono con coraggio un mondo assai nemico e crudele e lo vinsero non con la resistenza ma con la morte. Per questa fede sono morti coloro che dal Signore possono ottenere miracoli poiché sono stati uccisi per il suo nome. Per questa fede si rivelò la loro ammirevole sopportazione del male, affinché con i miracoli seguisse il grande dominio sul male. Se infatti la risurrezione della carne per l'eternità o non ha preceduto in Cristo o non avverrà come è preannunziata da Cristo o come è stata preannunziata dai Profeti, dai quali il Cristo è stato preannunziato, non si spiegherebbe perché abbiano tanto potere i morti che sono stati uccisi per quella fede con cui si annunzia la futura risurrezione. Infatti Dio da se stesso può compiere i miracoli nell'ammirabile modo con cui nell'eternità opera le realtà nel tempo, ovvero li compie mediante i suoi ministri; e quelli che compie mediante i suoi ministri può compierli mediante le anime dei martiri, come mediante uomini ancora in vita, ovvero mediante gli angeli, ai quali ordina fuori del tempo, fuori dello spazio, fuori del divenire, sicché i miracoli, che si dicono compiuti mediante i martiri, sono compiuti perché essi pregano e intercedono, non perché li operano. Però tanto gli uni in un modo come gli altri in un altro, che in nessun modo si possono comprendere dai mortali, dimostrano quella fede, in cui si annunzia la risurrezione della carne nell'eternità.

Relativo il culto dei martiri.
10. A questo punto i pagani diranno che anche i loro dèi hanno compiuto alcuni fatti ammirevoli. Bene, ciò significa che cominciano a confrontare i loro dèi con gli uomini morti di noi cristiani. Ovvero vorranno dire forse che anche essi hanno dèi desunti da uomini morti, come Ercole e Romolo, e molti altri che suppongono accolti nel numero degli dèi? Ma per noi i martiri non sono dèi perché riconosciamo un unico Dio nostro e dei martiri. E tuttavia i miracoli, che si dicono compiuti nei loro templi, in nessun modo si devono confrontare con i miracoli che si compiono nei luoghi consacrati ai nostri martiri. E se alcuni sembrano simili, come i maghi del faraone sono stati superati da Mosè 44, così i loro dèi sono superati dai nostri martiri. Quelli li compirono i demoni con la presunzione di un'infame superbia con cui vollero essere i loro dèi; compiono invece questi miracoli i martiri, o meglio Dio mediante la loro intercessione e preghiera, affinché se ne avvantaggi la fede, con cui crediamo che essi non sono i nostri dèi, ma che hanno in comune con noi un solo Dio. Poi i pagani a simili dèi hanno costruito templi, eretto altari, istituito sacerdoti e offerto sacrifici. Noi invece ai nostri martiri fabbrichiamo non templi come a dèi, ma monumenti sepolcrali come ad uomini, la cui anima vive presso Dio e in essi non erigiamo altari per offrirvi sacrifici ai martiri, ma all'unico Dio dei martiri e nostro. E durante il sacrificio sono nominati secondo il proprio ruolo e ordine, come uomini di Dio che hanno vinto il mondo nel rendere testimonianza, ma non a loro è rivolta la preghiera del sacerdote che offre il sacrificio. E sebbene offra nel luogo a loro consacrato, offre il sacrificio a Dio, non a loro perché è sacerdote di Dio, non loro. E il sacrificio stesso è il corpo di Cristo che non si offre a loro, perché lo sono anche essi. A quali operatori di miracoli si deve dunque preferibilmente credere? A quelli che vogliono essere considerati dèi da coloro per cui li compiono, ovvero a quelli che compiono tutto ciò che di miracoloso compiono, affinché si creda in Dio che è anche il Cristo? A coloro i quali hanno voluto che perfino i propri delitti fossero oggetto di culto, ovvero a quelli i quali vogliono che neanche le loro opere lodevoli siano oggetto di culto, ma il tutto, per cui meritano veramente la lode, si volga a gloria di colui in cui meritano la lode? Difatti nel Signore meritano lode le loro anime 45. Crediamo dunque a coloro e che annunziano delle verità e che compiono dei miracoli. Per annunziare le verità hanno sofferto la morte e per questo possono compiere miracoli. Fra quelle verità la principale è che Cristo è risorto dalla morte e per primo ha mostrato nella sua carne l'immortalità della risurrezione e ha promesso che essa si realizzerà in noi o al principio di un mondo nuovo o alla fine di questo.

La risurrezione della carne (11-21)

Obiezione dei pagani dalle sfere dei quattro elementi.
11. 1. Contro un così grande dono di Dio questi ragionatori, i cui pensieri Dio conosce che sono vuoti di significato 46, adducono prove dalla gravità degli elementi; hanno appreso infatti dal loro maestro Platone che le due realtà corporee più estese e alle estremità del mondo sono collegate e vincolate da quelle di mezzo, cioè dall'aria e dall'acqua 47. Perciò, dicono, poiché la terra dal basso in alto è la prima, la seconda l'acqua sopra la terra, la terza l'aria sopra l'acqua, il quarto il cielo sopra l'aria, non è possibile che un corpo di terra vada in cielo; infatti i singoli elementi si tengono in equilibrio con reciproci impulsi per conservare la propria posizione 48. Ecco con quali argomenti l'impotenza umana, invasa dalla presunzione, contesta l'onnipotenza di Dio. Che cosa stanno a fare allora nell'aria tanti corpi della terra se l'aria è la terza dalla terra? A meno che colui, il quale mediante la leggerezza di piume e penne ha concesso al corpo di terra degli uccelli di levarsi in aria, non possa accordare al corpo degli uomini, reso immune dalla morte, la capacità con cui possa avere una sede nel più alto dei cieli. Anche gli animali della terra che non possono volare, fra i quali v'è anche l'uomo, avrebbero dovuto abitare sotto terra, come sotto l'acqua i pesci, che sono animali dell'acqua. Perché dunque l'animale della terra non trae la vita per lo meno dal secondo elemento, cioè dall'acqua, ma dal terzo? Per quale ragione, sebbene appartenga alla terra, se è forzato a vivere nel secondo elemento, che è sopra la terra, immediatamente viene asfissiato e per vivere deve vivere nel terzo? Ma che è errata forse la disposizione degli elementi ovvero lo sbaglio non è nella natura delle cose ma nei ragionamenti di costoro? Ometto di dire quel che ho già detto nel libro tredicesimo 49, e cioè che sono molti i corpi pesanti, come il piombo, che tuttavia dall'esperto assumono una forma tale per cui possono rimanere a galla sull'acqua. E allora si può forse negare all'esperto onnipotente che il corpo umano assuma una proprietà con cui essere condotto in cielo e rimanervi?

Elevatezza dell'anima.
11. 2. In realtà, anche nell'esaminare e trattare la disposizione degli elementi, che ritengono evidente, non hanno proprio nulla da dire contro l'osservazione che ho fatto precedentemente. Difatti dal basso in alto si ha per prima la terra, seconda l'acqua, terza l'aria, quarto il cielo in modo che al di sopra di tutti gli elementi si ha l'essenza dell'anima. Aristotele ha detto che essa è il quinto elemento 50, e Platone che non lo è. Se fosse il quinto elemento, certamente sarebbe al di sopra degli altri; poiché invece non lo è, molto di più è al di sopra di tutte le cose. Che cosa opera dunque l'anima nel corpo di terra? Cosa opera in questa quantità estesa essa che ne è immune più di tutte le sostanze corporee? Cosa opera in questa gravità essa che più di tutte è priva di peso? Che cosa opera in questa soggezione al tempo essa che più di tutte è fuori del tempo? Quindi forse che per l'efficienza di una natura così eminente non si potrà ottenere che il suo corpo sia levato in cielo? E poiché la natura dei corpi della terra può deprimere al basso le anime, forse che le anime in alcuni casi non potranno levare in alto i corpi di terra?

Un miracolo in Varrone.
11. 3. E ora se veniamo ai loro miracoli che, in quanto operati dai loro dèi, allegano in contrapposizione ai nostri martiri, anche essi fanno al caso nostro e si riscontra che vengono completamente in nostro favore. Fra i miracoli dei loro dèi è notevole certamente quello che ricorda Varrone, cioè che una vergine vestale, poiché era in pericolo di vita per un falso sospetto di offesa alla verginità, riempì un crivello con acqua del Tevere e lo portò ai propri giudici senza che ne uscisse una goccia 51. Chi trattenne il peso dell'acqua entro il crivello? Chi ha concesso che neppure una goccia ne cadesse in terra da tanti forellini aperti? Risponderanno: "Un dio o un demone". Se è un dio, forse che ve n'è uno più potente del Dio che ha creato questo mondo? Se è un demone, forse che ve n'è qualcuno più potente di un angelo che è a disposizione di Dio da cui è stato creato il mondo? Dunque un dio meno potente o un angelo o un demone ha potuto rendere così leggero il peso dell'umido elemento al punto che sembrava mutata la natura dell'acqua. E allora Dio onnipotente, che ha creato tutti gli elementi, non potrà forse sottrarre a un corpo il grave peso affinché, vivificato, abbia sede nel medesimo elemento in cui vorrà lo spirito che lo vivifica?

Naturali eccezioni alla regola del peso...
11. 4. Inoltre, dato che in mezzo pongono l'aria tra il fuoco di sopra e l'acqua di sotto, com'è che spesso la rintracciamo fra acqua e acqua e fra acqua e terra? Perché dunque sostengono che le nubi sono acqua se fra di esse e il mare v'è di mezzo l'aria? Perché, scusate, avviene, a causa del peso e posizione degli elementi, che torrenti molto impetuosi e abbondanti di acque, prima di scorrere sotto l'aria, sono sospesi sopra l'aria nelle nubi? Perché poi l'aria è di mezzo fra la sommità del cielo e la nuda terra per ogni verso in cui l'orbita terrestre si estende, se la sua sfera è disposta fra il cielo e l'acqua, come quello dell'acqua fra l'aria stessa e la terra?

... fuoco e terra compresi.
11. 5. Infine la disposizione degli elementi è così costituita che, secondo Platone, dai due di mezzo, cioè dall'aria e dall'acqua, sono collegati i due all'estremità, cioè il fuoco e la terra, e il primo raggiunge la posizione della sommità del cielo, l'altra invece la posizione alla base del mondo e perciò la terra non può essere nel cielo 52. Perché allora il fuoco è sulla terra? Stando a questa spiegazione questi due elementi, terra e fuoco, dovrebbero trovarsi nelle rispettive posizioni, la più bassa e la più alta, sicché, come i pagani dicono che non può essere nella posizione più alta quello che è della più bassa, così nella più bassa non dovrebbe trovarsi quello che è della più alta. Come dunque essi ritengono che non v'è e non vi sarà una particella di terra nel cielo, così non dovremmo vedere una particella di fuoco sulla terra. Invece non solo sulla terra si trova, ma anche sotto terra, sicché lo eruttano le vette dei monti; quindi noi osserviamo che il fuoco è sulla terra a disposizione dell'uomo e che esso viene fuori dalla terra, poiché viene fuori dalla legna e dalle pietre che senza dubbio sono corpi della terra. Ma il fuoco di lassù, dicono, è tranquillo, puro, innocuo, perenne; questo di quaggiù invece è vorticoso, fumoso, soggetto ad alterarsi e ad alterare. Tuttavia non altera i monti, in cui è continuamente incandescente, e le fenditure della terra. E sta bene, questo fuoco sia pure differente da quello di lassù affinché si adegui all'ambiente terrestre. Perché dunque essi contraddicono la nostra fede, per cui crediamo che la natura del corpo della terra, resa immune da alterazione, si adeguerà al cielo, come nel tempo il fuoco, soggetto ad alterarsi, si adegua a questa terra? Non hanno quindi alcuna prova dal peso e disposizione degli elementi per eccepire all'onnipotenza di Dio che renda i nostri corpi tali da poter avere una sede anche in cielo.

Difficoltà della forma del corpo risorto...
12. 1. I pagani sono soliti chiedere assai cavillosamente e così schernire la fede, per cui crediamo che la carne risorgerà, se risorgono i feti abortiti; poiché il Signore ha detto: In verità vi dico, neppure un capello della vostra testa andrà perduto 53, chiedono anche se la statura e il vigore saranno eguali per tutti o vi sarà diversa grandezza dei corpi. Se vi sarà, dicono, l'uniformità dei corpi, da dove gli abortiti riceveranno ciò che nel tempo non ebbero nella grandezza del corpo, se anch'essi risorgeranno? Oppure se non risorgeranno, perché non sono nati ma espulsi, rigirano il problema sui bambini, cioè da dove derivi per loro, quando muoiono in questa età, la dimensione del corpo. Noi infatti non dovremo dire che non risorgono perché sono idonei non solo alla generazione ma anche alla rigenerazione. Domandano quindi in quale misura si avrà la uniformità. Se infatti tutti saranno così grandi e così alti come lo sono stati nel tempo i più grandi e alti, chiedono non solo riguardo ai bambini ma a moltissimi altri da dove proverrà loro la dimensione che nel tempo è mancata, se ciascuno riceve quella che ha avuto nel tempo. Supponiamo invece che il pensiero dell'Apostolo che tutti noi andremo incontro alla misura dell'età di pienezza del Cristo 54, e l'altro: Quelli che ha predestinato a divenire conformi all'immagine del Figlio suo 55, si devono interpretare nel senso che la statura e la misura del corpo di Cristo sarà quella di tutti i corpi umani che saranno nel suo regno. "In tal caso, dicono gli avversari, a molti si dovrà detrarre qualcosa della grandezza e altezza del corpo; e allora dove va a finire: Neanche un capello della vostra testa andrà perduto, se andrà perduta una così gran parte della stessa grandezza del corpo?". Ed anche sui capelli stessi si potrebbe chiedere se torna tutta la parte che cade a coloro che li rasano. Se tornerà, chi non fremerebbe di raccapriccio per quella mostruosità? Ed anche per le unghie sembra che inevitabilmente si avrà il risultato che torni quella gran parte che la cura del corpo ha reciso. E dove andrà a finire la leggiadria che certamente nella futura immunità dalla morte dovrebbe essere maggiore di quella che si poté avere nell'attuale soggezione alla morte? Dunque se non tornerà, andrà perduta. In che senso quindi, soggiungono, un capello della testa non andrà perduto? Ragionano allo stesso modo sulla macilenza e sull'obesità. Se infatti tutti saranno eguali, non vi saranno certamente alcuni magri, altri grassi. Quindi ad alcuni sarà aggiunta, ad altri sarà tolta una parte; perciò non si dovrà ricevere ciò che c'era, ma qua si dovrà aggiungere ciò che non c'era, là si dovrà togliere quel che c'era.

... ed anche della deformazione e irreperibilità dei resti.
12. 2. Sono mossi a parlare senza discrezione anche sulle putrefazioni e decomposizioni dei cadaveri, dato che una parte torna in polvere, un'altra si leva in aria, le belve sopprimono alcuni individui, altri il fuoco, alcuni periscono in un naufragio o in una qualsiasi raccolta di acque, sicché il marcio stempera la loro carne in liquido. Non credono attendibile che tutte queste parti siano ricomposte e rianimate nella carne. Rovistano anche brutture e deturpazioni, sopraggiunte o connaturate, fra le quali ricordano con un brivido misto a sarcasmo i parti mostruosi e chiedono di che tipo sarà la futura risurrezione di qualsiasi essere deforme. Se diremo che nulla di simile torna nel corpo dell'uomo, ne fanno una premessa per confutare la nostra risposta sulle piaghe con cui, secondo il nostro insegnamento, Cristo è risorto. Ma fra le tante obiezioni si rinfaccia da loro il difficilissimo problema: nella carne di chi ritornerà la carne con cui, nell'impulso della fame, si nutrisce il corpo di chi si ciba di carni umane. Infatti essa si è trasformata nella carne di chi è vissuto con simili alimenti e ha surrogato con essi le deficienze che la magrezza aveva reso manifeste. Chiedono pertanto con sussiego, allo scopo di beffare la fede nella risurrezione, se la carne torna all'individuo che l'ha avuta per primo o piuttosto a quello che l'ha avuta in seguito. Così o, come Platone, assicurano stati alternati di vera inquietudine e di falsa felicità o, come Porfirio, ammettono che l'anima, dopo molti cicli attraverso corpi di specie diversa, una buona volta sarà immune da stati d'infelicità e mai più tornerà ad essi, però non animando un corpo immortale, ma liberandosi da ogni corpo 56.

Soluzione per gli abortiti...
13. Per la misericordia di Dio, che sostiene i miei sforzi, risponderò a queste obiezioni che, secondo la mia esposizione, a me sembrano formulate dalla loro fazione avversaria. Riguardo ai feti abortivi, i quali sono morti nell'utero in cui avevano iniziato a vivere, non oso né affermare né negare che risorgeranno, quantunque non riesco a capire in che senso non spetti loro la risurrezione, se non sono depennati dal numero dei morti. Infatti o non tutti i morti risorgeranno o per l'eternità vi saranno senza corpo alcune anime che ebbero un corpo umano, sebbene nell'utero materno; ovvero se tutte le anime umane nell'atto che risorgono, riavranno i rispettivi corpi che ebbero indipendentemente dal luogo in cui li hanno lasciati, ancora in vita o nel morire, non vedo perché dovrei dire che non tutti partecipano alla risurrezione dei morti, anche se morti nell'utero delle madri. Ma comunque ciascuno la pensi su di essi, ciò che stiamo per dire sui neonati, si deve intendere anche degli abortiti, se risorgeranno.

... per i neonati...
14. Dei bambini dobbiamo dire con certezza che non risorgeranno nella esigua dimensione del corpo in cui sono morti, ma quel che in seguito doveva aggiungersi col tempo lo avranno attraverso un mirabile e assai rapido intervento di Dio. Nelle parole del Signore: Non andrà perduto un capello della vostra testa 57, si afferma che non mancherà quel che v'era, non si nega che vi sarà quel che mancava. Mancava al bimbo morto la compiuta grandezza del suo corpo; certo a un bimbo, anche se come tale ha la sua compiutezza, manca la compiutezza della dimensione fisica e quando essa si aggiunge, non si può avere una più alta statura. Tutti gli individui hanno questa misura della compiutezza nel senso che unitamente ad essa sono concepiti e nascono, ma l'hanno soltanto nella forma, non nella porzione dovuta, ma anche tutte le altre parti del corpo sono potenzialmente in embrione, al punto che alcune mancano ancora ai nati, come denti e simili. In questa forma congenita alla materia corporale di ognuno già in certo senso sembra che sia ordito, per così dire, ciò che ancora non v'è, o meglio che non si manifesta, ma che col susseguirsi del tempo vi sarà, o meglio si manifesterà. In tale forma dunque il bimbo è già basso o alto, secondo che diverrà basso o alto. Per l'efficienza di questa forma non temiamo di certo le diminuzioni del corpo nella sua risurrezione giacché, anche se si avrà una generale uniformità sicché tutti giungano a proporzioni gigantesche, anche quelli che furono molto più alti non avranno nella statura qualcosa che andrebbe perduto in opposizione alle parole di Cristo, il quale ha detto che neanche un capello della testa andrà perduto. Quindi in che senso mancherebbe al Creatore, che ha creato tutto dal nulla, il potere di aggiungere ciò che egli, operatore mirabile, sa di dover aggiungere?

... sul modello della piena età del Cristo.
15. Certamente Cristo è risorto nella dimensione del corpo in cui è morto e non è conveniente dire che quando si avrà la risurrezione finale, affinché egli possa adeguarsi ai più alti, si aggiungerà al suo corpo la statura che non aveva, quando apparve ai discepoli con quella statura nella quale era da loro conosciuto. Se invece dicessimo che anche i corpi più pesanti dell'uno e dell'altro dovranno essere ridotti alla misura del corpo del Signore, andrebbe perduta una gran parte del corpo di molti, mentre egli ha promesso che non andrà perduto neanche un capello della testa. Resta dunque che ciascuno riabbia la propria corporatura o che ebbe in gioventù, anche se è morto vecchio, o che avrebbe avuto, se è morto prima. Riguardo al pensiero esposto dall'Apostolo sulla misura della piena età del Cristo 58, possiamo interpretare che è stato espresso nel senso che nei popoli cristiani si compia per il capo la misura della sua età perché si aggiunge la compiutezza di tutte le membra. Ovvero se il pensiero è stato espresso in riferimento alla risurrezione dei corpi, interpretiamolo nel senso che i corpi dei morti non risorgono né prima né dopo il bell'aspetto giovanile, ma in quella età e prestanza, alla quale sappiamo che Cristo è giunto in questa vita. Infatti anche gli uomini più dotti del nostro tempo hanno stabilito che la gioventù si ha entro i trent'anni di vita e che in seguito, quando essa ha raggiunto i termini del proprio ciclo, l'uomo va incontro ai logorii dell'età più matura e senile. Interpretiamo quindi che la frase non va intesa nella dimensione del corpo o nella dimensione della statura, ma nella dimensione della piena età del Cristo.

Prevalere dell'elemento spirituale.
16. Anche l'assunto sui predestinati a divenire conformi all'immagine del Figlio di Dio 59 si può interpretare in riferimento all'uomo in quanto pensiero. Perciò in un altro passo si dice: Non conformatevi alle cose del mondo, ma trasformatevi nel rinnovamento della vostra mente 60. Quindi nell'atto che ci trasformiamo per non conformarci alle cose del mondo, ci rendiamo conformi al Figlio di Dio. È dunque possibile interpretare nel senso che come egli si è reso conforme a noi nella soggezione alla morte, così noi ci rendiamo conformi a lui nella esenzione dalla morte. Questo significato è riferibile anche alla risurrezione dei corpi. Se infatti con queste parole siamo indotti a riflettere in quale forma risorgeranno i corpi, tanto la misura che la conformazione si devono intendere non della corposità ma dell'età. Tutti risorgeranno quindi con quella statura in cui si trovano o si sarebbero trovati in gioventù. D'altronde non vi sarà alcuna difficoltà, anche se la forma del corpo sarà da bimbo o da vecchio in uno stato in cui non rimarrà alcuna deficienza del corpo stesso. Quindi se un tale sostiene che ciascuno risorgerà in quella misura del corpo, in cui è morto, non si deve contrastare in un'affannosa replica.

Il sesso femminile nell'eternità.
17. Alcuni, in base alle parole: Finché arriviamo tutti all'unità della fede, allo stato di uomo perfetto, nella dimensione della piena età del Cristo 61; e: Conformi all'immagine del Figlio di Dio 62, ritengono che le donne non risorgeranno nel loro sesso e affermano che tutti saranno di sesso virile, poiché dal fango della terra Dio ha tratto soltanto l'uomo e dall'uomo la donna. Ma sembra che ragionano meglio coloro i quali non dubitano che risorgerà l'uno e l'altro sesso. Infatti di là non vi sarà più il desiderio del sesso che è motivo di vergogna. Prima di peccare l'uomo e la donna erano nudi e non si vergognavano. A quei corpi dunque si sottrarranno le imperfezioni, si conserverà la natura. Ma il sesso femminile non è imperfezione, ma natura, che fuori del tempo sarà esente dall'accoppiamento e dal parto. Rimarrà tuttavia l'organo femminile, non adattato alle esigenze di una volta ma alla dignità in atto, da cui non sia attratto il desiderio di chi guarda, poiché non si avrà più, ma siano lodate la sapienza e la bontà di Dio che ha creato quel che non esisteva e ha liberato dalla soggezione al male quel che ha creato. Siccome infatti all'inizio del genere umano la donna fu formata dalla costola estratta dal fianco dell'uomo che dormiva 63, era opportuno che fin d'allora Cristo e la Chiesa fossero annunziati profeticamente in un simile avvenimento. Il sonno dell'uomo era la morte di Cristo 64, il cui fianco, mentre era appeso esanime alla croce, fu trafitto da una lancia e ne uscì sangue e acqua 65. Sappiamo che questi sono i sacramenti con cui è edificata la Chiesa. La Scrittura ha usato appunto questa parola giacché non si legge in quel passo "formò" o "plasmò", ma: Edificò la costola nella donna 66. Per questo l'Apostolo parla della edificazione del corpo di Cristo che è la Chiesa 67. Quindi la donna è una creatura di Dio come l'uomo, ma col trarla dall'uomo fu raccomandata l'unità e col trarla in quel modo sono stati simboleggiati, come è stato detto, Cristo e la Chiesa. Chi dunque ha formato l'uno e l'altro sesso li ha anche sublimati entrambi. Infine Gesù stesso, interrogato dai Sadducei, che negavano la risurrezione, di quale dei sette fratelli sarà moglie la donna che, uno dopo l'altro, essi ebbero poiché ciascuno di loro voleva continuare la discendenza del fratello morto, come prescriveva la Legge, disse: Siete in errore perché non conoscete la Scrittura e il potere di Dio 68. Era proprio il caso di dire: "Quella su cui mi state interrogando sarà anch'essa uomo, non donna", tuttavia non lo disse, ma: Nella risurrezione infatti non si mariteranno e non prenderanno moglie, ma saranno come gli angeli di Dio in cielo 69. Sono simili agli angeli senz'altro nella immortalità e felicità, non nella carne e non nella risurrezione, di cui gli angeli non hanno avuto bisogno perché non potevano morire. Dunque il Signore ha negato che nella risurrezione vi sarà il matrimonio, non ha negato che vi saranno le donne e ha parlato così nella circostanza in cui si dibatteva un problema che, negando il sesso femminile, avrebbe risolto con grande facilità, se avesse saputo in anticipo che questo sesso non vi sarà. Ha affermato anzi che vi sarà dicendo: Non si mariteranno, che riguarda le donne; non prenderanno moglie, che riguarda gli uomini. Vi saranno dunque quelle che nel tempo sono solite maritarsi e quelli che sono soliti prendere moglie, ma di là non lo faranno.

Analogia col corpo reale e mistico del Cristo.
18. Perciò dobbiamo esaminare nel contesto di tutto il passo il pensiero dell'Apostolo che tutti noi arriveremo allo stato di uomo perfetto. Ed ecco il passo: Colui che è disceso è lo stesso che è anche asceso al di sopra di tutti i cieli per dare compimento a tutte le cose. È lui che ha stabilito alcuni come Apostoli, altri come Profeti, altri come Evangelisti e altri come pastori e maestri per rendere idonei i fedeli a compiere il ministero per l'edificazione del corpo di Cristo finché arriviamo tutti all'unità della fede e alla conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, alla dimensione della piena età del Cristo. Questo affinché non siamo più come fanciulli sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina secondo l'inganno degli uomini, nell'astuzia per la giustificazione dell'errore. Al contrario, diffondendo la verità nella carità, cerchiamo di crescere mediante tutte le cose in lui che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, connesso e compatto attraverso ogni stimolo della funzione organica a vantaggio dell'attuazione relativa alla dimensione di ogni parte, procura la crescita del corpo per edificare se stesso nella carità 70. Ecco qual è l'uomo perfetto, capo e corpo, che è costituito da tutte le membra che a suo tempo saranno una realtà compiuta, sebbene si aggiungono ogni giorno mentre si edifica la Chiesa. Ad essa infatti si dice: Voi siete il corpo di Cristo e sue membra 71, e in un altro passo Paolo dice: Per il suo corpo che è la Chiesa 72, e ancora: Sebbene in molti, siamo un solo pane e un solo corpo 73. Sull'edificazione di tale corpo anche nel passo citato si dice: Per rendere idonei i fedeli a compiere il ministero per l'edificazione del corpo di Cristo 74, e di seguito è stato aggiunto il concetto di cui stiamo trattando: Finché arriviamo tutti all'unità della fede e alla conoscenza del Figlio di Dio, allo stato di uomo perfetto, alla dimensione della piena età di Cristo 75, e altri concetti fino a mostrare a quale corpo si doveva applicare tale dimensione, con le parole: Cerchiamo di crescere mediante tutte le cose in lui che è il capo, Cristo. Da lui tutto il corpo, connesso e compatto attraverso ogni stimolo della funzione organica a vantaggio dell'attuazione relativa alla dimensione di ogni parte 76. Come dunque v'è la dimensione propria di ogni parte, così v'è la dimensione della compiutezza di tutto il corpo che risulta da tutte le sue parti; di essa appunto è stato detto: Nella dimensione della piena età di Cristo 77. E ha richiamato a tale pienezza anche nel passo in cui dice del Cristo: E lo ha costituito capo su tutte le cose della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza in tutte le cose 78. E se questo pensiero si dovesse riferire alle fattezze della risurrezione, nelle quali ciascuno ritornerà, che cosa impedirebbe di ravvisare nell'uomo maschio, esplicitamente nominato, anche la donna a fin d'intendere che l'uomo maschio sta per l'uomo in genere? Anche nel passo in cui è detto: Beato l'uomo maschio che teme il Signore 79, sono indicate certamente anche le donne che temono il Signore.
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