QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Il Catechismo detto "di san Bellarmino" ossia dal Concilio di Trento

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2013 16:32
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02/06/2013 15:58

S. ROBERTO BELLARMINO
Catechismo grande della dottrina cristiana

Composto dal ven. cardinale Roberto Bellarmino ; richiamato in pratica da mons. Luigi Reggianini – Modena, Per gli eredi Soliani, [1838]. - 230, [2] p. ; 18 cm
Con approvazione ecclesiastica

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INDICE

La Fede
Antichità della Chiesa Cattolica
Cattolicità e perennità della Chiesa
Verità e concordia della Dottrina Cattolica
Purità della Dottrina Cattolica
Gloria dei miracoli
Miracoli degli eretici
Il dono della Profezia
Bontà dei Dottori della Chiesa e malizia degli eretici
Confronto degli eretici antichi e nuovi quanto alla Fede
Costumi degli eretici antichi e moderni.
Costumi degli eretici, efficacia della Dottrina Cattolica, testimonianza degli avversari

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LA FEDE

Ho sempre giudicato, ottimi uditori, essere sommamente necessario perseverare nella Chiesa, nella quale si trova la fede vera ed ortodossa, il vero culto di Dio, la vera remissione dei peccati, il vero pegno della salvezza ed eredità eterna. Penso però, che sia necessario stare nella Chiesa in questo tempo soprattutto, quando per ogni dove un brulichio di eresie e di sette va stendendo su tutta la terra una tenebra così densa e così tetra, che sembrano essere vicini quei tempi, di cui Gesù Cristo dice nel Vangelo: «Usciranno fuori de' falsi profeti e sedurranno molti, e per essere sovrabbondata l'iniquità, si raffredderà la carità in molti» (Mt. 24, 24): e ancora, «Quando verrà il Figliolo dell’uomo, credete voi, che troverà fede sopra la terra?» (Lc. 18, 8).

Osservate bene la faccia della terra. Quanti atei, quanti pagani, quanti giudei vi si trovano! Quante regioni, quanti regni, quante province sono passate da Cristo al Maomettanismo! Lo scisma e l'eresia dei Greci, dei Giacobiti, dei Nestoriani non ha forse strappato via quasi tutto l'Oriente? La peste Ariana, la Sabellica, la Luterana, in gran parte anche quella dei Greci non ha forse infettato totalmente il settentrione? L'Africa tutta, dove una volta c'erano tante sedi di arcivescovi e vescovi, non è essa occupata parte dai Mauri, seguaci di Maometto; parte dagli Etiopi, cristiani solo di nome, e già da tempo separati dalla vera Chiesa? Che diremo dell'Occidente?

Citi potrà contare le sette dei Confessionisti, degli Anabattisti, dei Calvinisti? Non è vero, che nello spazio di 50 anni sono sorte ai nostri giorni quasi tante eresie, quante dal tempo degli Apostoli per intieri 1500 anni? Inoltre l'avarizia, la superbia, la lussuria, l'ambizione, gl'inganni, le frodi, le menzogne, tutti i vizi, tutte le scelleraggini, tutte le azioni più vergognose hanno invaso il cuore e la mente dei mortali a segno tale, che ci sarebbe pericolo «da fare, che siano ingannati - se è possibile - gli eletti stessi» (Mt. 24, 24), e che comincino a dire: «ma c'è Dio in mezzo a noi?». Siamo o non siamo eredità e beni del Signore?

Quantunque ciò sia vero, resta l'asserzione di Nostro Signore Gesù Cristo: «Chi persevererà fino alla fine si salverà» (Mt. 10, 22). Resta il detto di S. Cipriano: «Chiunque sia e quale che egli sia, non è cristiano, chi non è nella Chiesa di Cristo» (Cypr. l. 4, epist: 2, et lib. de unitate Eccles.). E in un altro luogo: «Chiunque si separa dalla Chiesa e si unisce ad una adultera, si separa dalle promesse fatte alla Chiesa, e non appartiene ai tesori di Cristo. Chi abbandona la Chiesa di Cristo, è d'altri, è profano, è nemico. Non può aver per padre Dio, chi non ha per madre la Chiesa». Se non poté salvarsi chi si trovò fuori dell'arca di Noè; così non si salverà chi sarà stato fuori della Chiesa della pace. Dunque fuori della Chiesa di Cristo non si trova né salvezza, né remissione dei peccati. Oggi ci minaccia un gravissimo pericolo da parte di certi atrocissimi assassini delle anime. Nulla è oggidì più facile per gl'incauti, che l'allontanarsi dalla rocca della Chiesa, e incappare nei lacci e nelle reti della infedeltà.

Ho pensato perciò, che nei discorsi di quest'anno non avrei potuto trattare di altro con maggior frutto, che di alcuni argomenti, coi quali si dimostra ad evidenza che la religione, abbracciata da noi per beneficio di Dio, deve a ragione da tutti quanti hanno giudizio essere anteposta a tutte le sette e superstizioni dei Giudei e dei pagani: che anzi essa sola è quella, dalla quale Dio è onorato con pietà e santità: che essa altresì guida i suoi adoratori al vero porto della eterna felicità. Questa disputa verserà quasi tutta nella prova della fede: ma daremo qualche cosa alla morale. Divideremo i nostri discorsi in due parti, nella prima spiegheremo l'argomento, che abbiamo già detto: nella seconda (1) esporremo, per la edificazione dei costumi il primo pensiero della epistola, che si sarà letta nella messa cantata.

Ci sono due cose. che principalmente ci muovano a credere, e sono: il lume interno della fede, e certi argomenti esterni. Gli argomenti, di cui intendiamo trattare sono in tutto dodici, cioè: la verità della religione cristiana, l'efficacità, l'antichità, l'ampiezza, la saldezza, il lume profetico, la gloria dei miracoli, la bontà della vita, la testimonianza e l'approvazione dei nemici, i costumi della Chiesa antica, e i costumi degli eretici antichi. S. Agostino, uomo santissimo, e dottissimo, indica questi argomenti, non proprio tutti, ma alcuni di essi, nel libro che scrisse già contro la lettera di Manicheo, che chiamano «del fondamento». L'effetto, che produssero in lui tali argomenti, uditelo dalle seguenti sue parole: « Molte sono le ragioni, che mi tengono strettissimamente nel grembo della Chiesa Cattolica. Mi tiene il consentimento dei popoli e delle genti. Mi tiene l'autorità, cominciata coi miracoli, nutrita con la speranza, cresciuta con la carità, confermata dalla antichità. Mi tiene la successione, dei sacerdoti fino dalla sede di Pietro apostolo» (Aug. contro epist. fund. cap. 4). Così parla quel grand'uomo, che non era fornito meno di lume divino, che di acutissimo e sodissimo giudizio; e che assai meglio di tutti poteva giudicare della differenza che c'è ha la sono dottrina della Chiesa e gl'insani principi degli eretici.

Degli argomenti esterni parleremo in altro tempo, Oggi, secondo che ce lo permetterà il tempo, ragioneremo soltanto del lume della fede. Diremo, quanto esso sia eccellente, e quanto necessario dono di Dio, e con quanta sollecita cura si deve conservare.
A me pare, che il lume della fede sia altrettanto necessario per credere i dogmi, che ci vengono proposti dalla Chiesa cattolica, quanto il lume naturale della intelligenza per conoscere i primi principi. Tutti gli uomini sono forniti di un certo lume naturale, con il quale intendono senza fatica e senza argomenti, che i primi principi sono veri. Così non c'è nessuno, che domandi ragioni od argomenti, quando gli si propongono tali principi, per esempio: che si deve seguire il bene e fuggire il male: che tre è più che due, che tre più due fa cinque. Parimente tutti i cristiani, rischiarati da un cotal lume divino e soprannaturale, ammettono che sono verissimi e certissimi i primi principi della nostra fede, ancorché difficilissimi e trascendenti la ragione. Quale è la ragione, per cui non è possibile insegnare ai bruti una verità? Prendi un animale, un cavallo per esempio, o un nibbio.
Provati, se sei capace. di persuaderli di qualche verità. Non ci riuscirai, anche se vi adoperassi tutta la dialettica e tutta la retorica. Mancano del lume naturale della intelligenza. Allo stesso modo tutte le nostre prediche, e non solo le prediche, ma tutti i nostri prodigiosi miracoli non sono sufficienti a persuadere i pagani e gli eretici della nostra fede, se non viene Dio stesso come maestro, e illumini la loro mente con questo divino lume.

I Pelagiani, sprezzatori della divina grazia c superbissimi lodatori delle loro forze, non esitavano di affermare, che noi non abbiamo poi tanto bisogno di cotesto lume, e che la fede non si chiama nella S. Scrittura dono di Dio per altra ragione, se non perché per grazia e dono di Dio avviene, che abbiamo le SS. Scritture e la predicazione del Vangelo. Ma ben altro ci dimostrò Gesù Cristo, ben altro insegnarono gli apostoli, ben altro attesta la pratica esperienza. Che cosa non videro ed udirono quelli che videro ed udirono Cristo stesso in persona, cioè il Verbo e la Sapienza del Padre, a predicare e a far miracoli? Ciò nonostante S. Giovanni lasciò scritto di essi: «E avendo egli fatto sì grandi miracoli sotto i loro occhi, non credevano in lui». (Gv 12, 37), Che più sapiente della Sapienza? Che più eloquente del Verbo? Che più santo di chi poteva dire: «Chi di voi mi convincerà di peccato?» (Gv 8, 46). Che più meraviglioso di colui che con una parola, con un comando richiamava alla vita i morti da quattro giorni? Eppure, benché avesse fatto così grandi miracoli, e fosse egli tanto grande e tale, non credevano in lui. Giustamente Gesù diceva di loro: «Chiunque ha udito e imparato dal Padre, viene a me» (Gv. 6, 45). «Sono tra voi alcuni, i quali non credono: ma per questo vi ho detto, che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio» (Gv 6, 65).
L'apostolo Paolo prima della conversione certo aveva udito. Se non altri, almeno Santo Stefano pieno di Spirito Santo, che predicava in tal modo che nessuno poteva «resistere alla sapienza ed allo Spirito, che par1ava in lui» (At 6, 10): e l'aveva visto fare miracoli e prodigi grandissimi in mezzo al popolo, e ciò nondimeno perseguitava la nostra fede con tanto odio, che un tempo «spirando minacce e strage contro i discepoli del Signore» (At 9, 1), domandò al principe dei sacerdoti «lettere per Damasco alle sinagoghe; affine di menar legati a Gerusalemme, quanti avesse trovati di quella professione, uomini e donne» (At 9, 1). Ma dopo che «una luce del cielo gli folgoreggiò d'intorno» (At 9, 3), che gli accecò gli occhi, egli illuminò la mente, d'un tratto fu tutto cambiato. Ed egli che prima perseguitava il nome di Cristo, lo portò in tutta la terra innanzi ai re e ai principi. Egli che da prima con tutte le forze si sforzava di devastare la Chiesa, poscia lavorò più di tutti nell'edificare le chiese stesse. Egli, che diceva essere stolte e ridicole le cose, che si dicevano dai cristiani, di poi egli solo chiamò la sola Chiesa «colonna e appoggio della verità ». (1 Tm. 3, 15) Quale fu la causa di sì grande e meraviglioso cambiamento? Chi persuase Paolo in un istante, di ciò, che non avevano potuto persuaderlo, né le parole, né i miracoli? Sicuramente non altro, che l’unzione dello Spirito Santo. L'unzione giel'insegnò. Ebbe a interno maestro e testimonio quello, di cui diceva S. Giovanni: «Chi crede nel Figliuolo di Dio, ha in sé la testimonianza di Dio» (Gv 5, 10). Avrete letto quello che dice Sant'Agostino di questa testimonianza. Dice così: «Deh possa io, o Signore, ascoltare e capire in che modo al principio facesti il cielo e la terra. Scrisse questo Mosè, scrisse e se ne andò: passò di qui a te (o Signore): e certo non è ora dinanzi a me. Se fosse qui, lo afferrerei, lo pregherei e lo scongiurerei per te, che mi manifestasse queste cose, e porgerei le orecchie del mio corpo ai suoni che uscissero dalla sua bocca. Ma se parlasse in Ebraico invano colpirebbe il mio senso, e la mia mente non potrebbe afferrar nulla. Se però parlasse in latino, saprei quello che dice. Ma come saprei, se dice il vero? E sapessi anche questo, lo saprei forse da lui? Nell'interno, proprio dentro nella stanza della mente, la verità non ebrea, né greca, né latina, né straniera, e senza gli organi della bocca e della lingua, e senza il suono delle sillabe, mi direbbe: Dice il vero. Ed io senz’altro pieno di certezza direi francamente: Dice la verità» (Confess. Libro II, c. 3). Questo, uditori, è il lume della fede, cioè una testimonianza di Dio, con la quale dentro della stanza del cuore ci si dice: Così è, non esitare: E’ dimostrazione delle cose che non si vedono» (Eb 11, 1), e con essa naturalmente si crede ciò che non si vede: o piuttosto, come scrive S. Agostino, con essa «certissimamente si vede, che ancora non si vede, ciò che si crede» (Aug. ep. 85, ad Constant.).

Ora aggiungete questa dimostrazione, questo lume, questa testimonianza interna di Dio a quelle dimostrazioni e testimonianze esterne, di cui discorreremo negli altri discorsi che seguiranno. Esse faranno così manifesto ed evidente, che sono credibili e da anteporsi a tutte le dottrine delle sette e delle eresie, le cose che c'insegna la Chiesa Cattolica, che non ci sarà nessuno, che non erompa nel grido: «Le tue parole sono oltre modo degne di fede» (Ps. 92, 7).

Se così è, penso, che non ci dobbiamo affaticare più a lungo per esortarvi a conservare con ogni cautela questo esimio dono di Dio, questo celeste e divino lume: specialmente in questo tempo, nel quale vediamo, che così facilmente in tanti va spento da quel vento, che spira da Aquilone. E' una amara infelicità essere separato dal Signore con fare getto della carità: ma è molto maggiore e più amara la infelicità del naufragare intorno alla fede.
Che cos'è la fede? E' il seme, la radice, la base e il fondamento della giustizia. Chi fa maggior danno ad un albero, colui che ne taglia solo il tronco, o chi lo sradica del tutto? Chi nuoce più alle case, chi rotta giù il tetto, o chi le abbatta dalle fondamenta? Deh con quanta fatica si gettano le fondamenta! Certo non ha fatto poco chi ha gettato le fondamenta. Negli alberi, ancorché la radice senza il tronco e senza i rami non faccia frutti: tuttavia, se il sole la riguardi, se di nuovo sia innaffiato dalle piogge, ancora pulluleranno da essa e il tronco e i rami. Così anche quantunque la fede senza la carità sia morta, e non produca frutti di opere buone e gradite a Dio: pure se il sole di giustizia Cristo Signore Dio nostro rimiri un'altra volta il campo del cuore con i raggi della misericordia, e lo inebri con la pioggia liberale, cioè con l'acqua dello Spirito Santo, e con le lagrime della compunzione, oh con quanta prestezza ripullulerà la carità, e rimetteranno da essa e i fiori e i frutti delle buone opere! Quindi è un gran dono anche la fede morta ed informe, ed è da conservarsi a tutta possa, con tutte le forze.

Ma con quali mezzi si conserva la fede?

Con le buone opere, o uditori.
E come si perde finalmente? Con le opere cattive; con le vergogne, con i delitti, con il lusso, con l'avarizia, con l'ubriachezza. Non dico io già, come mentiscono e delirano i Luterani, che «ogni peccato sia perdita della fede, e che nei peccatori non ci può essere fede». Non dico io questo. So, che la Chiesa è una rete piena di pesci buoni e cattivi, e so anche, che nessuno può essere salvo nella Chiesa senza la fede. Che diciamo dunque? Appunto, che la moltitudine dei peccati, la facilità del peccare, l'abitudine del vivere una vita corrotta è la strada e quasi certi scalini, per cui si arriva alla infedeltà. Gli uomini sono fatti così, che credono facilmente ciò che bramano, ciò che loro piace, ciò che li diletta. Non è difficile persuadere i voluttuosi, che i sacerdoti dovrebbero ammogliarsi, che la castità è impossibile, che i digiuni sono superflui, che la differenza dei cibi è una superstizione. Non è difficile che gli avari scusino le usure, gli ambiziosi la simonia, i lussuriosi la fornicazione. Leggete l'evangelo di S. Luca, dove dice: «I Farisei, che erano avari, udivano tutte queste cose, e si burlavano di lui» (Lc. 16, ;13). non credevano i Farisei a Gesù, che ragionava e diceva: «Non potete servire a due padroni, non potete servire a Dio e all'interesse». Ed anzi si burlavano di lui. E perché? Perché erano avari e non potevano soffrire di essere strappati dal denaro. Di nuovo dice Gesù in un altro luogo agli ambiziosi: «Com'è possibile, che crediate voi, che andate mendicando gloria gli uni dagli altri, e non cercate quella gloria, che da Dio solo procede?». (Gv 5, 44). Non mi meraviglio, egli dice, che non crediate, mi meraviglierei piuttosto, se credeste, una volta che la superbia e l'ambizione ha accecato i vostri occhi sì fattamente, che non potete approvare un andar umile e un disprezzare gli onori. Avrebbero certo accolto volentieri Gesù i Farisei, se non avesse predicato la croce e l'umiltà, ma avesse promesso ai suoi seguaci «i primi posti nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe, e di essere salutati nelle piazze»; (Lc 20, 46; 11, 43), insomma magnificenza e onori non fa meraviglia che tanti e così facilmente aderirono a Maometto prima, a Lutero poi nel nostro tempo, mentre essi predicavano la libertà della carne, e allentavano le briglie alle libidini.

Tanto è vero, che nell'un tempo e nell'altro, come si può conoscere dalle storie, erano corrottissimi i costumi dei cristiani in gran parte. Non si faceva conto dei sacramenti, della religione, della disciplina ecclesiastica, ansi si disprezzavano, e regnava ogni sorta di vizi; così che gli uomini, disposti già in questo modo, non potevano soffrire «la sana dottrina», ma cercavano «a sé stessi i maestri per prurito di sentire» (2 Tm 4, 3). Non diventavano eretici, perché qualcuno predicasse loro le eresie: ma perché essi stessi erano già abbastanza disposti ad accoglierle. Erano legna secche, e molto adatte a prender fuoco: solo mancava, chi gettasse il fuoco e li accendesse. Non mancò il diavolo al suo ufficio. D'un tratto eccitò i suoi ministri ad accendere il fuoco e con le parole e con le opere. E già vediamo eccitato in breve tempo e in molti luoghi tanto grande incendio, quanto in molti anni e a gran fatica non si potrà spegnere.

Perciò, fratelli miei, ammaestrati dall'esempio altrui «camminate, mentre avete lume, affinché non vi sorprendano le tenebre» (Gv 12, 35): faticate, lavorate, non vogliate intorpidire; affinché non sorprendano voi, come tanti altri, le tenebre della infedeltà. E come chi, andando di notte per la strada con la lucerna; quando soffia il vento, ne para il lume con una mano; così anche noi, uditori, difendiamo la santa fede con le mani delle buone opere, acciocché col soffio dei venti, che in queste regioni hanno cominciato a spirare, non si estingua, e non ci sorprendano le tenebre. Vuoi, fratello, non perdere la fede rispetto ai sacramenti? Onora i sacramenti, pratica i sacramenti, va con frequenza e di buon volere alla confessione e alla comunione. Vuoi non perdere la fede rispetto ai digiuni, alle indulgenze, alle buone opere? Ama i digiuni, acquista le indulgenze, quando ti si porge l'opportunità, esercitati assiduamente nelle buone opere. Altrimenti che meraviglia, se Dio permette che tu naufraghi circa la fede?

Sì fratelli, noi ci rendiamo ridicoli, perché pare che proponiamo più che paradossi, quando diciamo e certo asseriamo, che la sacra Eucarestia contiene il fonte stesso delle grazie e di tutte le buone opere. Eppure ci accostiamo a riceverla appena una volta l'anno e anche allora perché spinti. Che è ciò che facciamo? Intendiamo quello che diciamo? Chi ci crederà? Se dicessimo: In una tale parte della città c'è un enorme mucchio di danari. Ognuno ci vada. E' permesso. Prenda quanto ne vuole. Chi non ci andrebbe ben tosto? Le piazze non conterrebbero la gente che va e torna. Così anche gridiamo contro gli eretici: La sacrosanta eucaristia contiene il vero verissimo e stessissimo Dio ed uomo. Intanto però ci portiamo, come se paresse che non ci crediamo punto, i sacri altari nella maggior parte dei luoghi sono pieni di polvere, pendono di qua e di là le tele di ragno, i corporali, i purificatoi, i vasi sacri in molti luoghi sono così schifosi, da far dare di stomaco. Il sacerdote stesso compie quei misteri sacri e tremendi anche per gli angeli con tanta precipitazione, e tanto senza divozione e freddamente, che par che gridi a tutti: Io non ammetto la presenza, né di Cristo, né degli angeli. Oh che pene atroci subiranno quelli, che percepiscono i denari dei benefizi, e non spendono un centesimo in uso della Chiesa!

Se così è, non vi meravigliate, se è tolto da voi il regno di Dio, ed è dato ad altri, che ora di fresco si vanno convertendo in Oriente e in Occidente e nel Nuovo mondo. Dio fa con noi così. «Voi, egli dice, disprezzate la penitenza; Torrò da voi il sacramento della penitenza. Disprezzate l'Eucarestia? Ve la toglierò. Disprezzate i sacerdoti? Ve ne priverò. Voi vi portate quasi come se queste cose non valessero niente: ed io permetterò, che vengano uomini, che diranno sul serio, che queste cose non valgono niente: e vi persuadano di questa a rovina e dannazione delle vostre anime. Estinguerò il picciol lume, che è in voi. Lascerò, che vi sorprendano le tenebre, e che viviate nelle tenebre, moriate nelle tenebre, e dalle tenebre interiori scendiate nelle esteriori, nell'inferno. Né la mia fede patirà danno; se qui diminuirà, si propagherà altrove». E che così sia, chi non vede, uditori? Quanti non si convertano ogni dì nell'Oriente, nelle vastissime regioni dell'India! Quanti nel settentrione, nei regni del Giappone! Quanti nel mezzodì, nei regni del Brasile e nelle terre dell'Africa! La fede, uditori, si allontana, se ne va via da noi, senza che essa ne soffra danno, perché si propaga altrove. Ma siamo noi che ne soffriamo, noi resteremo involti nelle tenebre. Camminate «camminate, mentre avete lume, affinché non vi sorprendano le tenebre» (Gv 12, 35). Così sia.



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