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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Il Catechismo detto "di san Bellarmino" ossia dal Concilio di Trento

Ultimo Aggiornamento: 02/06/2013 16:32
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02/06/2013 16:10

MIRACOLI DEGLI ERETICI

 

 

   La fede apostolica che ha sempre insegnato e insegna la Chiesa cattolica, ha brillato in ciascuna età per una stragrande gloria di miracoli. Questo abbiamo fatto intendere da questo luogo nel passato discorso: ve lo ricorderete, ottimi uditori.

    Ora sono da dissipare con la luce della verità, alcune nebbie, tenuissime a dir vero, con le quali gli eretici tentano di oscurare il fulgore dei nostri miracoli.

    Che cosa dunque portano in primo luogo? Dicono, che non sono avvenuti i miracoli, che noi abbiamo riferito, Asseriscono, che Santo Atanasio e S. Girolamo raccontano molte cose favolose di Sant'Antonio e di Sant'Ilarione; che S. Girolamo non ha scritto sul serio la storia per quanto concerne Paolo e Malco; ma che se la diverte da bravo retore, quale egli era; che San Gregorio nei Dialoghi ha detto molte bugie; che Palladio ha pubblicato la vita di molti, che non sono mai esistiti. In modo somigliante se la cavano con poca fatica riguardo ad altri. Che fare con simil gente? Quale argomento non scioglieranno essi con questa risposta? Proponiamo la vita di S. Paolo e il miracolo dei due leoni, che alla presenza di Sant'Antonio scavarono con gli artigli il sepolcro a S. Paolo. Dicono che quella dei due leoni è una favola, e che S. Paolo stesso non è mai esistito. Ma l'ha scritto San Girolamo. Rispondono: San Girolamo non l'ha fatta sul serio, ma scrisse da retorico. Ma San Girolamo alla fine del racconto esprime il desiderio di avere la tonaca di San Paolo con i suoi meriti. Soggiungono: E' stile retorico. Ma S. Girolamo nella prefazione alla vita di Sant'Ilarione si lamenta di quelli, che dicevano, che S. Paolo non era mai esistito. E' nel libro «Degli uomini illustri» in Sant'Antonio afferma che Sant'Antonio stesso aveva raccontato di S. Paolo quelle cose, che egli aveva messe in iscritto. Ripigliano: Anche codesto è colorito retorico. Ma, se si va di questo passo nel disputare, che cosa c'impedisce, che anche noi diciamo, che è favola la storia dei Magdeburgesi, dai quali abbiamo imparato codesti stili retorici; che l’Illirico non ha scritto la storia sul serio, ma per divertimento? E' davvero una pazzia troppo manifesta, voler negare cose, che scrittori chiarissimi e degnissimi di fede raccontano essere avvenute. Ma che? Non crederemo a un Sant'Atanasio, a un S. Basilio, a un S. Girolamo, a un Sant'Agostino, a un S. Gregorio, a un Venerabile Beda, a un S. Bernardo, a un S. Bonaventura? non ad altri personaggi santissimi e dottissimi e che scrissero miracoli del loro tempo? E crederemo ai Magdeburgesi, dei quali ogni dì si scoprono grossolanissime ed evidentissime menzogne? E crederemo di cose accadute mille anni prima? Quale maggiore stoltezza si può pensare del non credere a Sant'Atanasio di Sant'Antonio. a S. Girolamo di Sant'Ilarione, a S. Bernardo di S. Malachia,  che vissero al loro tempo: e credere poi degli stessi ad uomini, che non li hanno mai visti neppure in sogno? Si aggiunga, essere credibile, che molti di quei miracoli, che menzionammo verso la fine del discorso precedente, abbiano ancor oggi dei testimoni viventi ed oculari.

     Una seconda trovata degli eretici è, che dai nostri si sono fatti sì alcuni prodigi: ma per prestigio dei demoni, non per virtù divina; come anche l'Anticristo farà prodigi, se crediamo all'Apostolo. I Magdeburgesi vogliono anche, che S. Martino fu negromante, e Santa Brigida maga. Anzi Martin Lutero e Calvino a ogni piè sospinto attribuiscano a prestigio i miracoli dei santi. E quanto a Calvino, nella prefazione alle sue «Istituzioni», gli pare di aver dimostrato con un argomento invincibilissimo, che alle volte si fanno dei veri miracoli per arte dei demoni. In conferma di ciò ci fa sapere, che tempo fa gli Egiziani venerarono con sacrifizi ed altri onori il profeta Geremia, sepolto presso di loro: che anzi hanno abusato del santo Profeta a scopo di idolatria: e ciò non di meno con quella venerazione del sepolcro, che era una manisfestissima idolatria, conseguirono molti benefizi quasi per miracolo divino.

     Ma volete, che vi dica quello che ottengono codesti nobili ingegni con questa così acuta trovata? Che si manifestano veri nipoti ed eredi dei Giudei, dei pagani e degli antichi eretici. Non dicevano anche i Farisei di Cristo: «Egli scaccia i demani per Beelzebub principe dei demoni?» (Lc. 11, 15). O non chiamavano i pagani ad ogni passo maghi e negromanti i santi martiri, per causa dei meravigliosi miracoli che facevano, allorché non osavano toccarli i leoni affamati, né il fuoco, la più vorace cosa che ci sia? Non ci fa sapere S. Girolamo, nel libro contro Vigilanzio, che ad Eunomio e a Vigilanzio, impurissimi eretici, piacque questa eresia dell'ascrivere a prestigio dei demoni i miracoli dei santi? Non è anche Sant'Ambrogio, che nel discorso cinquantesimosesto intorno ai SS. Gervasio e Protasio inveisce contro gli Ariani del suo tempo; perché solo da loro venivano calunniati e si negava che fossero veri miracoli quelli, che avvenivano alle reliquie dei santi in vista di tutto il popolo? Non è altresì testimonio degnissimo di fede S. Vittore di Utica nel libro secondo «della persecuzione dei Vandali»? Aveva Sant'Eugenio - così racconta S. Vittore - nella  fede della Trinità restituito la vista ad un cieco conosciutissimo. Subito gli Ariani alzarono la voce: Oh questo si è fatto per malefizio di Eugenio!
E gli Ariani tormentarono tanto questo già cieco con varie domande, che più non avevano fatto già i Farisei con quel cieco curato da Gesù. Si potrebbero apportare molti esempi tali, da cui facilmente apprenderemmo, che gli eretici del nostro tempo non hanno degenerato punto dai loro maggiori. Ma, quando tutto questo non contasse nulla, chi ha mai udito, che coi prestigi dei demoni vengono curati i ciechi, o i sordi, o che i morti vengono richiamati alla vita? Altre sono le cose, che si sogliono fare dai prestigi dei dèmoni; ma né superano la potenza della creatura, né riescono a vantaggio degli uomini, anzi a rovina. Potrà un mago coi prestigi dei demoni darti stagno per argento, rame od anche carboni invece d'oro; potrà, col permesso di Dio. tribolare gli uomini e i giumenti; privarli delle funzioni dei sensi, ferire anche ed uccidere; potrà dar fuoco alle messi, sradicare gli alberi, abbattere le case; mandare, come venisse dal cielo, il fuoco portato altronde: potranno fare queste cose ed altre simili, e le fanno alle volte i demoni e i maghi cultori dei demoni. Infatti nella storia di S. Giobbe leggiamo, che si fecero cose tali. Ed anche S. Paolo abbastanza apertamente ci informa, che tali saranno i miracoli dell'Anticristo, benché li taccia da menzogneri. Parla egli così nella seconda lettera ai Tessalonicesi: «L'arrivo del quale, per operazione di Satana sarà con tutta potenza e con segni e prodigi bugiardi» (2 Ts. 2, 9). Ma non possono ascriversi a prestigio dei demoni i veri miracoli, che superano ogni potenza creata degli uomini, dei demoni, degli angeli e di tutte le creature, e che si fanno a vantaggio degli uomini, come sarebbe il risuscitare i morti, il sanare i ciechi e i sordi, la penetrazione e la conversione delle menti, secondo che abbiamo detto, essere stato fatto dagli uomini santi. Quanto poi a quello che apporta Calvino dei miracoli di Geremia, che avvenivano quasi divinamente in favore di quelli, che veneravano il santo Profeta quale un Dio con sacrifizi ed altri onori divini; non è un argomento, ma una menzogna di che sono pieni gli scritti dei settari. Epifanio ed Isidoro nella vita di Geremia scrivono sì bene, che egli era in pregio e in venerazione presso gli Egiziani, e che perciò non immeritevolmente avvenivano dei miracoli, e che ricevevano molti benefizi non solo i Cristiani ma anche i pagani. Ma questo è molto in favore della nostra causa.

Non si legge in nessun luogo, altro che in Calvino, che o gli Egiziani od altri quali si siano abbiano venerata Geremia e il suo sepolcro con sacrifizi ed onori divini. Questo argomento nuoce loro moltissimo. Se Dio in vista dei meriti del santo Profeta faceva benefizi anche ai pagani, come non è credibile, che per l'intercessione e i meriti dei santi martiri si possano rendere i medesimi benefizi agli stessi cristiani e fedeli? Eppure gli eretici non credono questo. Dicono che non sono da tenersi in gran conto i miracoli anche veri; perché a volte essi sono sì testimonianze divine, ma né necessarie né sicure. Non necessarie: e lo deducono anche dal solo Giovanni Battista, che «non fece alcun prodigio», (Gv 10, 41), come parla il Vangelo: eppure fu uomo mandato da Dio per rendere testimonianza alla verità. Di più sono deboli e malsicure. Infatti Dio fa talora miracoli per opera di uomini malvagi e scellerati. Dice Gesù: «Molti mi diranno, in quel giorno: Signore, Signore. non abbiamo noi profetato nel tuo nomee non abbiamo nel nome tuo cacciato i demoni e fatto molti miracoli? E allora io protesterò ad essi: Non vi ho mai conosciuti» (Mt. 7, 22). 

     Ma è facile e chiara la riposta. La sacra Scrittura è tanto chiara, che non può essere oscurata dalle tenebre degli eretici. Badate se i miracoli non sono necessari a persuadere la fede, perché mai disse Gesù Cristo: «Se non avessi tra loro compito opere, che nessun altro mai fece, sarebbero senza colpa»? (Gv 15, 24). Perché il medesimo Gesù diede agli apostoli il potere di fare miracoli, quando li mandò a predicare? «Andate, disse, predicate e dite: Il regno dei cieli è vicino. Rendete la sanità ai malati, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni» (Mt. 10, 7).

    Se poi i miracoli sono testimonianze deboli e incerte; perché volle il Signore per mezzo di Isaia distinguere il vero Cristo dai falsi profeti, e diede come segno certissimo il far miracoli? Dice il Profeta: «Dio verrà egli stesso, e vi salverà» (Is 35, 5). E' come se qualcuno avesse domandato: qual segno ci dai della sua venuta? Risponde: «Allora gli occhi dei ciechi si apriranno, e si spalancheranno le orecchie dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cerbiatto, e sarà sciolta la lingua dei mutoli» (Is 35, 5). Se i miracoli non sono testimonianze salde, perché Gesù Cristo Signor nostro, al domandargli i discepoli di Giovanni, se egli fosse il vero Messia; alla loro presenza, come dice San Luca: «In quella stesso tempo egli liberò molti dalle malattie e dalle piaghe e dagli spiriti maligni e donò la vista a molti ciechi» (Lc 7, 21): e allora rispose loro: «Andate, riferite a Giovanni quello che avete udito e veduto: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano, e si annunzia ai poveri il vangelo» (Lc 7, 21). Se i miracoli non fossero testimonianze salde, perché il Salvatore rimproverò l'incredulità dei Giudei con quelle parole: «Quando non vogliate credere a me, credete alle opere»? (Gv 10, 38). E: «Io ho una testimonianza maggiore di quella di Giovanni. Perché le opere, che mi ha dato il Padre da adempire, queste opere stesse che io fo, testificano a favore mio» (Gv 5, 36).
Se i miracoli non sono testimonianze forti; perché l'Apostolo ci spaventa con quelle terribili parole: «Come avremo noi scampo, se poco conto faremo di salute sì grande? La quale avendo principiato ad essere annunziata dal  Signore, è stata a noi confermata da quelli le l'avevano udito, rendendo Dio testimonianza per mezzo di segni e di prodigi e di vari miracoli e dei doni dello Spirito Santo distribuiti secondo la sua volontà»? (Eb 2, 3). E nella legge antica, perché il Signore frequentemente richiama il ricordo di quei prodigiosi miracoli, che fece nell'Egitto. se non per contenere i Giudei nella fede e nella religione?

     Però io non nego, uditori, che i Luterani hanno una fede così grande, che davvero non hanno bisogno di miracoli. Chi negherebbe infatti, che essi hanno una gran fede; mentre credono, che, sebbene vivano nel modo più disonesto, pure sono amici di Dio, e che avranno un ottimo posto nel regno dei cieli? Siamo stolti, se non crediamo enormemente creduli i Luterani, i quali hanno potuto credere senza segni e senza prodigi a un apostata come Lutero, che predicava, che il male è bene, e il bene male, il bianco nero e il nero bianco, e rovesciava ogni insegnamento religioso. Ma noi, che siamo uomini di poca fede, e ci fa paura quel detto del savio: «Chi è corrivo a credere, è leggero di cuore» (Eccli. 19, 4), col favore di Dio non abbandoneremo quella fede che sappiamo confermata da innumerevoli e grandissimi miracoli, e propri solamente di Dio.

    Ma S. Giovanni Battista non fece alcun miracolo. Così è: ma né era necessario, né conveniva. Affinché non accadesse (se si fossero aggiunti i miracoli a quella esimia santità), che i popoli, o disprezzassero, o non stimassero tanto Gesù Cristo, che più tardi avrebbe fatto cose simili. Di poi non ci stupiamo. che i popoli udivano e veneravano Giovanni anche senza miracoli. Si sa; menava egli una vita santissima e innocentissima, e aveva dalla sua la testimonianza della Chiesa di quel tempo, e dei principi, dei sacerdoti, e degli Scribi e dei Farisei, presso i quali allora si conservava la vera fede. Ma noi come potremo dar retta a questi novatori, che dalla Chiesa di Cristo, e dal Sommo Sacerdote sono stati colpiti col fulmine dell'anatema, e sono stati separati dal resto della greggia, come pecore ammorbate; e mentre di essi sappiamo, che non solo non fanno miracoli, ma anche vivono una vita scelleratamente corrotta?

     Facilmente poi si annienta l'obiezione che fanno, che cioè talvolta si fanno miracoli anche per opera di uomini perversi: e che per ciò gli uomini, che nella Chiesa cattolica risplenderono per segni e prodigi, con tutti i loro segni e prodigi poterono essere empi e nemici di Dio. Eccoci. I veri miracoli sono testimonianza del vero Dio; non si fanno però mai per niente: ma, o confermano la vera fede, e allora possono essere fatti e dai buoni e dai cattivi: ovvero dichiarano non tanto la fede, quanto la santità della vita del servi di Cristo, e allora nessuno dubita, che si fanno solo dai veramente buoni. Dio, che è la stessa verità, non può essere testimonio della menzogna. Scelgano dunque gli eretici quello che vogliono. I miracoli di S. Benedetto, di S. Francesco, di S. Bernardo, di S. Malachia e di altri, o confermano la fede di Cristo, o dichiarano la loro santità. Gli eretici, diciamolo tra parentesi, concedono volentieri a noi, cioè alla Chiesa Romana, tali ed altri santi. Ora, se i miracoli confermano la fede, è vera la nostra fede, falsa quella dei Luterani; dato che i santi non confessavano altra fede, che la loro, e che è poi anche la nostra. Se poi Dio dichiarava col mezzo dei miracoli la loro santità, dunque erano veramente santi e amici di Dio: Benedetto, Bernardo, Malachia, Francesco e gli altri. di cui abbiamo parlato. Chi non sa che non avrebbero potuto essere santi gli amici di Dio senza la vera fede e la vera religione? La fede è la radice, il principio e il fondamento della giustizia. Dunque, come dice l'Apostolo «E' impossibile piacere a Dio senza la fede» (Eb 11, 6). Che se la fede dei nostri padri era vera, è falsa la fede degli eretici, che diametralmente si oppone ad essa, Pertanto, dovunque si volgano, qualunque cosa eleggano o dicano, troveranno di essere presi nella rete.

     Ma io insegnerò loro un'ottima via d'uscita. Non vi adirate con me, se reco loro qualche aiuto. Dobbiamo aver pietà anche dei nemici. Che opporranno essi? Se avranno senno, opporranno miracoli a miracoli. Molti invero e stupendi sono i miracoli degli eretici. Cominciamo dagli antichi. I profeti di Baal gareggiarono con Elia, profeta del Signore (1 Re, 18). Avrebbero voluto far venire giù dal cielo la fiamma per dare fuoco all'olocausto. E l'avrebbero fatto, se in quel tempo Baal non fosse stato dormendo. Stupefacente il miracolo di Datan ed Abiron. che vestiti e calzati, insieme con i loro figliuoli, con le mogli e con tutte le loro sostanze, vivi vivi discesero nell'inferno (Nm. 16). Belli i miracoli dei maghi Egiziani! Essi col permesso di Dio, cambiarono coi loro prestigi le verghe in dragoni: ma, senza il permesso di Dio, non poterono far uscire le minutissime mosche (Es 8). Ma tralasciamo questi ed alcuni altri miracoli dei falsi profeti dell'Antico Patto. Chi non ammirerebbe il celeberrimo, prodigio di Simon Mago, primo eresiarca? Come racconta Egesippo, avrebbe egli voluto richiamare alla vita un uomo morto: ma questo non si mosse, Allora lo risuscitò l'apostolo S. Pietro. Simone si tenne offeso, dalle ingiurie dei Galilei. Così chiamava egli i due santi apostoli Pietro e Paolo. Decise dunque di volare in cielo. Ma voi sapete quello che accadde. Il miracolo sarebbe dovuto avvenire in vista di tutta Roma. Ci furono anche i due Galilei. Ed ecco Simone, portato dai diavoli, comincia a volare per aria, e San Pietro inginocchiato in terra a pregare il Signore. Ma arrivò in cielo prima la preghiera, che il volo, ed impetrò da Dio, che colui che già sapeva volare e non abbisognava di piedi, immediatamente con una troppo grave caduta perdesse i piedi. L'infelice Simone, gettato a terra quasi da un fulmine, sopravvisse sì per un certo tempo: ma con le gambe rotte; sicché egli, che, non contento di camminare, avrebbe voluto anche volare, non poté più né volare né camminare.

     Sentite un miracolo di Manicheo. L'hanno lasciato scritto Epifanio nella eresia sessantesimasesta, e Teodoreto nel libro secondo delle favole degli eretici. Andava egli divulgando di essere lo Spirito Santo, e di conoscere tutte le cose. Era malato il figlio del re di Persia, non so di che malattia, ma per fortuna non così grave. Quello spirito santo di Manicheo fu pregato dal re, di prendersi cura di suo figlio, e mostrare così la sua sapienza e potenza. Accettò. Dopo pochi giorni coi suoi rimedi lo curò così, che in avvenire non ebbe più bisogno mai non solo di medico, ma né di cibo, né di bevanda. Adirato all'estremo il re, com'era naturale, contro Manicheo. subito gli fece strappare la pelle con una aguzzatissima canna, così com'era vivo e veggente, e ordinò che fosse divorato dai cani.

     Non molto dopo l'eresia dei Manichei sorse quella dei Donatisti. Questi fecero due miracoli, ma contro la loro volontà, e perciò non meritarono lode. Ne scrisse Sant'Ottato nel secondo libro contro Parmeniano. Avrebbero voluto i Donatisti, con un miracolo più che empio e scellerato, tentare, se il santissimo corpo del Signore, che si contiene nel sacramento dell'Eucarestia, possa essere divorato dai cani: e parimente. se l'ampolla del sacro Crisma, col quale i cristiani vengono cresimati, sia tanto resistente, che sbattuta contro le pietre, non si rompa. Vennero al fatto. Rabbrividisco al dirlo. Offersero ai cani la sacrosanta Eucarestia, e per la finestra gettarono giù con violenza l'ampolla del sacro Crisma. All'istante quei cani stessi, accesi dalla rabbia, dilaniarono i propri padroni: e l'ampolla del sacro Crisma, presa in mano da qualche angelo, si posò intera ed illesa sulle durissime pietre.

    Ario, il gran principe degli eretici, è risuscitato ai nostri dì, come dimostreremo a suo luogo, in Lutero e Calvino. Fu egli uno di quelli che in morte primieramente cominciano a risplendere per miracoli. Un giorno, nella città di Costantinopoli, attorniato da una gran moltitudine di vescovi e di altri eretici della sua setta, si avviava solennemente alla chiesa, per essere riammesso nella comunione dei fedeli anche contro il volere del vescovo (cattolico). Avvenne, che d'improvviso, per una necessità di natura si sentì costretto a ritirarsi. Intanto - spettacolo il più bello che mai - quel magnifico corteo di vescovi e di magnati stava aspettando in piazza Ario, che si alleggeriva. Aspettarono un bel po’. Pareva che Ario non volesse tornare. Mandarono a chiamarlo. Ma il valent’uomo aveva già versato, nel luogo comodo con verissimo miracolo tutti gli intestini e tutte le viscere, e aveva reso ai demoni la schifosa anima per essere tormentata nelle fiamme eterne. Che il fatto sia vero, è attestato da Epifanio nell'eresia settantesimanona, e da Rufino e da Teodoreto: l'uno e l'altro nel libro primo delle «Storie Ecclesiastiche».

     Ma in che posto metteremo il famosissimo prodigio di Cirola, vescovo Ariano? Ce ne ha lasciato memoria S. Gregorio Turonese nel libro secondo delle storie. Il Cirola aveva visto Sant'Eugenio, vescovo cattolico, restituire con il solo segno della Croce la vista e gli occhi ad un conosciutissimo cieco. Volle anch'egli fare altrettanto. Subornò con cinquanta monete d'oro un tale sconosciuto a fingersi cieco, e a dire, che improvvisamente avesse ricevuto da lui il lume degli occhi. Combinato il trucco in questo modo, un giorno passa il Cirola eretico in compagnia di Sant'Eugenio e di altri due vescovi. Quello che s'era finto cieco, cominciò a chiamare Cirola a voce alta e piagnucolosa. Ascoltatemi, andava dicendo, o santo sacerdote di Dio, guarda la mia cecità: faccia io sperimento dei tuoi rimedi, che spesso gli altri ciechi meritarono da te, che sperimentarono i lebbrosi, che sentirono perfino i morti. Allora il Cirola, uomo misericordioso, non si lasciò pregare a lungo. Subito si accostò, e, applicandogli la mano agli occhi: Per la nostra fede, disse, e per il retto concetto che abbiamo di Dio, se ne vadano le tenebre dai tuoi occhi. Appena aveva detto questo, che il disgraziato impostore fu preso da un così grande strazio agli occhi, che si sentiva costretto da comprimerli con la mano con quanta forza poteva, affinché per sventura non gli uscissero dal capo. Poi cominciò subito a gridare: Guai a me, che volli beffarmi di Dio per il denaro. E al Cirola: Eccoti il tuo denaro: rendimi la vista, che mi hai tolta. In quella il Santo vescovo Eugenio, per eterno scorno degli Ariani, col fare il segno della croce restituì la primiera sanità a quel miserabile, che, già cieco di mente, prese a detestare l'eresia Ariana.

     Quasi nel medesimo tempo, o non molto prima, come sappiamo dalla Collazione decimaquinta di Cassiano, un tale Eunomiano si sforzava di tirare dalla fede ortodossa alla sua eresia i popoli dell'Egitto col mezzo di sillogismi aristotelici. Udì ciò San Macario, si abboccò con l'eretico, e, imitando il profeta Elia, lo invitò a fare un miracolo, cioè a risuscitare un morto. Gli diede retta l'eretico. Che altro avrebbe osato alla presenza dei popoli, che aveva ingannato? Capì saggiamente, che coi sillogismi aristotelici non s'erano mai risuscitati i morti. Se la svignò. Con la fuga provvide al suo onore e alla sua confusione. Non si fece più vedere in quei paesi.

     Fu divulgatissimo il miracolo di Policronio: ma ve l'ho raccontato un'altra volta da questo luogo. Egli al tempo del sesto concilio, come si può vedere all'Azione decimaquinta di quel concilio, in mezzo a una immensa affluenza di popolo si accinse a risuscitare un morto, affine di confermare l'eresia dei Monoteliti. Avvenne a lui quello che ai precedenti. Cercò la gloria falsa, e trovò la vera ignominia. Il morto non rivisse: ma egli si buscò il soprannome di Simon Mago, e con sommo. smacco fu deportato in esilio.

    Fu più avveduto un eretico della greggia degli Iconoclasti. Un suo miracolo viene descritto da Paolo Diacono nell'ultimo libro «Delle cose Romane». S'era colui nascosto in un sepolcro, e di là faceva udire delle voci, con meravigliose lodi dell'imperatore Costantino Copronimo, che allora faceva guerra contro le sacre immagini. Con tale astuzia intendeva atterrire il popolo, affinché credesse, che l'eresia degli Iconoclasti era confermata anche dai morti.

    Eccovi i ridicoli ritrovati e i miracoli fanciulleschi degli eretici.

    Ma che diremo degli eretici del nostro tempo? Degenerano forse dai loro antenati? Niente affatto. Questa razza di uomini è intimamente invasata dal demonio. Va per le bocche di tutto il mondo anche il miracolo di Calvino, del quale si racconta, che uccise un uomo veramente vivo, mentre morto. lo voleva risuscitare simulatamente. Martin Lutero e in vita e in morte fu chiaro per miracoli. Veniamo a sapere per una lettera di un certo Germano di Mansfeld, scritta intorno alla morte di Lutero, quanto segue, e dice così: Mentre egli  viveva, oltre a molte altre cose, in ciascun pranzo e in ciascuna cena beveva un sestiere di vino dolce e forestiero. Ciò dovete intendere senza contare la birra ed altre qualità di vini. In morte, oltrechè non fu malato se non poche ore, morì con la bocca scontorta e con tutto un fianco annerito. E non fu forse un gran miracolo, che laddove durante i più gran freddi sogliono i cadaveri durare dei mesi incorrotti, quello di Lutero, il quarto o il quinto giorno, mandava un fetore intollerabile quantunque fosse stato chiuso con somma accuratezza in una cassa di stagno? Dopo più di cent'anni fa, morì S. Lorenzo Giustiniani, primo patriarca di Venezia, papista e monaco. Come scrive chi vide il fatto, e aveva sperimentato i miracoli di lui nel proprio figlio, rimase insepolto il santo per sessantasette giorni, sempre spirando un soavissimo odore, incorrotto, come fosse vivo, colle guance rosseggianti. E sì che era stato malato di febbre putrida, per cui i medici credevano, che sarebbe durato senza fetore appena appena un'ora. Tali miracoli sono propri dei nostri santi.

     Ma torno a Lutero. Chi non ammirerebbe la grazia di discacciare i demoni, di cui era fornito Lutero? Udiamo Stafilo, che fu presente a tutta la scena. Volle una volta scacciare il diavolo da una donnicciuola. Ma immantinente fu spaventato dal demonio e fu ridotto a tanta necessità di corpo, che dovette più che in fretta scappare di là. Ma che? Il demonio gli chiuse la porta in tal modo, che a Stafilo fu bisogno fracassare i battenti con la scure, e in quel modo aprir la via al grande esorcista.

    Aggiungo un solo miracolo molto più recente e più famoso, e finisca. Quattordici anni fa, tra l'Ungheria e la Polonia, non lontano dalla città di Cracovia, uno dei fratelli evangelici s'era sentito ardere di un grande desiderio dì propagare una tal nuova dottrina. Che fece? Volle servirsi perfino di un finto miracolo a rovina di innumerevoli anime. Si accordò con un certo Matteo e con sua moglie, che Matteo un dato giorno sarebbe portato come morto al sepolcro: e la moglie, come di consueto, seguisse il funerale, mostrandosi afflitta con alto pianto simulato. Il defunto vien portato alla chiesa. Quel novello Simone sale il pulpito. Con una lungo discorso amplifica la gloria del rinascente Evangelo. Afferma, che egli è così certo e sicuro della sua dottrina, che non dubita punto, che Dio stesso l'avrebbe confermata con un miracolo. Bella occasione gli si porge del defunto allora portato. Rivolto a lui, grida forte: «In nome di Cristo, al cui vangelo oggi ho reso testimonianza. Matteo, sorgi». Guardano tutti. Matteo non si alza. Quello a voce più alta: «Sorgi ti dico, Matteo». Ma certo avrebbe potuto gridare fino a morire lui stesso. Matteo era già morto davvero, davvero era sceso all'inferno.

     Stando così le cose, che dubbio può rimanere, se i settari sbaglino e dispiacciano a Dio, o no? Chi non vede chiaro, in quanto oscura notte si trovino quelli, che non solo non vedono la Chiesa di Dio vivo, che rifulge per nuova luce di nuovi miracoli in ogni età, ed è posta sul monte; ma anche abusano di finti e bugiardi segni e prodigi, affine di stornare da Essa gli occhi dei cattolici? Riflettete, di grazia, con che veemenza ha tormentato gli occhi malati degli eretici, lo splendore, la gloria, il fulgore di grandi miracoli, pei quali in tutti i secoli la Chiesa Cattolica fu illustre. Lutero non sapeva a che partito appigliarsi. Desiderò con estrema voglia di trovare qualcosa da apporre a noi, fosse pure con inganni. Non si vergognò di predicare qual miracolo perfino la vergognosissima fuga dal monastero di una monaca vergine. «Questi, egli disse, sono veri miracoli. Che sono le contorsioni e le espulsioni dei demoni, se si confrontano con questa mirabile opera di Dio»? ah, tenebre palpabili! Oh castigo di cecità! Oh peccato contro lo Spirito Santo! Attribuisce a miracolo divino un'opera iniquissima, scelleratissima, procurata con arte diabolica! E già! Restava questo, che chi aveva attribuito a prestigi di demoni le vere opere di Dio, ora, con inaudita bestemmia, ascrivesse a Dio un'opera chiarissimamente diabolica. Davvero che Dio li ha percossi con flagello crudele, nel suo furore li ha percossi col flagello della cecità e dell'induramento sì, da dire bene il male, e male il bene. Miracoli sono cotesti? fuggire dal monastero, di monaca diventare apostata, di vergine donna da trivio, di sposa di Cristo meretrice dell'Anticristo? Si tengano pur essi tali miracoli. Un tale miracolo fece Satana, quando di angelo bellissimo ed ottimo si fece bruttissimo e pessimo diavolo: Questi miracoli empiono l'inferno. Tali miracoli sono pianti dalla Chiesa. Troppo spesso, troppo facilmente si fanno tali miracoli.

 

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