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I Simboli che circondano il Cuore Divino di Gesù

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2013 16:11
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04/06/2013 15:58


CAPITOLO II

«LE FIAMME»


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Dopo gli splendori ci sono quelle fiamme sante che escono dal Cuor di Gesù e che tutto lo avvolgono. Gli splendori devono illuminare la mente che medita; invece le fiamme devono accendere un cuore che sente, perché quelle fiamme ci ricordano e ci rappresentano l'amore infinito. Questo amore è la suprema beltà del Cuor di Gesù; le fiamme del Cuor di Gesù simboleggiano l'amore di Gesù per la Divinità.

Adesso vediamo un pò come nasce l'amore nei nostri cuori. L'amore è la più nobile facoltà del nostro spirito, ma è come la radice sepolta dentro del campo: aspetta che piova e il sole, per nascere e mettere i suoi germogli. Così è l'amore chiuso dentro il cuore: aspetta le sue occasioni per risvegliarsi, per farsi sentire e vedere. E quali sarebbero queste occasioni? Non sono forse la bellezza, la bontà, la dolcezza, l'amore, l'amabilità? Questo è certo, nevvero Reverendo Padre mio? Come pure è certo che quanto maggiore è la amabilità che si presenta, tanto è ancor più grande l'amore che al vederla si accende.

E che diremo dell'amore dovuto a Dio? Non è Dio una infinita bellezza? Non è una bontà, una dolcezza, una amabilità infinita? Dio non solo si merita l'amore, ma un amore infinito. Questa verità la mente la intende, il cuore la sente: Dio infinitamente amabile merita un infinito amore. Oh sì, lo merita, ma dove lo troverà? Non lo troverà di certo se non nei due mondi che esistono, e sono il mondo eterno e il mondo creato, cioè l'Essere della Divinità colle sue perfezioni infinite, e il mondo temporaneo e creato con tutti gli esseri, cioè l'universo.

Adesso vediamo: quell'infinito amore che Dio si merita lo trova Egli nel mondo primo ed eterno, che è la sua stessa immensità, infinità e eternità? Oh! sì certamente, ivi lo trova e infinito; questo amore infinito è lo Spirito Santo. In noi intelletto e amore sono due facoltà dello spirito, ma in Dio sono due persone: il Verbo e lo Spirito Santo; e come il Verbo è la sapienza infinita della Divinità, così lo Spirito Santo è il Suo infinito amore, quell'amore con cui le Divine persone vicendevolmente si amano in un gaudio infinito; e questa infinita sapienza e amore sono la intrinseca gloria di Dio, gloria che non dipende dal creato e che Dio ebbe ed ha e sempre avrà in se stesso.

Adesso entriamo nel mondo creato: ci troveremo noi l'amore a Dio? Oh! che vi troveremo l'amore, ma non certamente l'amore infinito a Dio che si merita. In questo universo conosciamo Angeli a Dio fedeli e uomini buoni: essi amano Dio, ma essendo amori creati e naturalmente limitati, che cosa sono mai essi dinanzi a Dio se non stille dinanzi al mare e faville dinanzi al sole? Sono milioni e miliardi di amori, ma, fatto il conto, di essi ne viene forse fuori un amore infinito? Oh! no! no! la somma sarà sempre un amore finito, voglio dire un amore infinitamente lontano dall'infinita amabilità di Dio.

Padre mio, io faccio uno sciocco paragone: supponiamo che tutti i mondi che vanno circolando per l'azzurra immensità del Cielo, siano tutti popolati di creature innumerevoli e siano tutte piene di grazia e di amore; non sarebbe questo, Reverendo Padre, uno splendido culto d'amore tributato a Dio? Oh! sì! ma pure, quell'amore non sarebbe infinito.

Facciamo ancora un altro paragone più bello, maggiore. -

Supponiamo che Dio tutti gli anni creí dei nuovi mondi popolandoli di anime tutte sante e tutto amore. Oh! Padre, che bellezza!!! ma di qui risulterebbe forse quell'amore che Dio si merita, l'amore infinito? Oh! no! no! perché essendo amori finiti, messi tutti insieme non offrirebbero mai a Dio un amore infinito. E che debbo dire? che Dio non avrà mai dal creato un amore degno di sè?

Fu proprio così, finché il mondo non ebbe Gesù Cristo. Ma venuto in mezzo di noi Gesù, non fu più così, perché nella Sua Santa Umanità egli ama Dio con un amore degno di Dio; dico nella Sua Santa Umanità, perché Gesù Cristo, essendo Dio e uomo, possiede due amori, il Divino e l'umano, appartenenti l'uno e l'altro al Verbo. Io, parlando dell'amore di Gesù alla Divinità, non parlo nel Suo amore Divino ed eterno, ma invece del suo amore creato e umano, che armonizza perfettamente coll'amore Divino, ma ne è sempre distinto, come due corde tirate insieme che fanno concerto, ma l'una non è l'altra (non so se mi sia spiegata bene).

Ebbene, questo amore umano è quello che fiammeggia nel Cuor di Gesù ed è così ricco, così bello, alto, santo, profondo, sublime, che, sebbene umano, dà a Dio una gloria infinita, perché esso medesimo è un amore infinito, non già infinito nella sua sostanza, ma sì nella sua dignità, essendo l'amore umano del Verbo divino.

Ecco, adunque, quel nuovo amore, che il Verbo accese nel Suo Cuore adorabile per mettersi così fra le creature, e con quel Cuore amare Dio con un amore che fosse degno di Dio. Questo è quello che avvenne nella Incarnazione.

Immaginiamoci che adesso alla terra manchi il sole e che gli uomini tutti vivano e lavorino al chiaro della luna e delle lucerne. Oh! che vita misera, stentata sarebbe mai! Ma supponiamo che un bel giorno cresca la luce e finalmente spunti il sole inondando di luce e vita la terra: non sarebbe questa una incredibile mutazione di scena? Che gioia, che stupore, che vita nel mondo!!!

Così è stato nel mondo quando è nato Gesù. Prima di Gesù l'amore degli uomini a Dio era simile al chiaror della luna e delle lucerne; ma venuto Gesù fra di noi, Egli inondò di luce e amore il mondo, ed essendo il capo dell'universo e amando divinamente Dio, trasse presso di sè le anime e orientò verso Dio i cuori e gli amori creati. Allora il creato glorificò il Creatore come Egli merita e lo glorificò sopra tutto coll'amore.

Così Gesù esercita il Suo eterno pontificato, Egli Sacerdote supremo dell'universo. Il sacrifizio del Calvario è passato, i sacrifzi dell'altare finiranno e finirà questo culto composto di preghiere, di sacramenti, di cerimonie e di riti; ma resterà il culto di amore, e questo culto d'amore che adora, che ringrazia, che loda e benedice sarà la religione in Cielo degli Angeli e dei Beati associati a Gesù, e Gesù il Pontefice eterno. Il Suo Cuore è il centro di tutti gli amori celesti ed Egli li attira, li trasporta con sè alla prima sorgente degli esseri, dell'amore e di ogni felicità, la Triade sacrosanta. Così Dio sarà amato in eterno come deve essere amato. E questo immenso ed eterno inno di amore ha il suo principio nel Cuor di Gesù e il suo simbolo nelle fiamme che ne divampano...

Chi ama Dio ama anche tutto quello che appartiene a Dio e Gli è caro, e, sebbene tutte le cose sono di Dio, è però certo che le anime soprattutto sono di Dio e Gli sono carissime. L'amore di Dio produce sempre l'amor del prossimo, come vediamo nel Cuor di Gesù, in cui quanto è immenso l'amor verso Dio, altrettanto è inesauribile l'amor per le anime. Questo è il secondo significato di quelle fiamme che ardono nel Cuor di Gesù; esse ci ricordano l'amor suo per noi.

Dio è tutto, ma soprattutto è amore, tanto che gli attributi della Divinità sembrano tutti militare per l'amore; e noi nell'eternità di Dio vediamo l'amore immenso; nella sapienza l'amore eterno; nell'immensità l'amore che tutto sa; nell'onnipotenza l'amor che tutto può; nell'infinità l'amor infinito; la stessa giustizia milita per l'amore, perché come la misericordia lo asseconda, così la giustizia lo vendica e lo difende. Sebbene adunque i Divini attributi sono tutti essenzialmente uguali, pure l'amore nelle sue relazioni con noi è il più mirabile fra gli attributi di Dio ed è l'amore che solo ci spiega le opere, i benefizi e le grazie di Dio, perché se si togliesse l'amore, come si spiegherebbero le effusioni di Dio e le sue comunicazioni alle creature nei tre mondi della natura, della grazia e della gloria?

Gesù Cristo è Dio e Dio è l'amore sostanziale. Adunque era ben naturale che la qualità più evidente di Gesù fosse l'amore. Difatti, Egli è sempre amore e tutto per noi amore: amore nell'incarnazione, amore nella nostra vita mortale, amore nella redenzione, amore nella Eucarestia e poi, quando questo Divin amore manifestò il suo Cuore, «Ecco, disse, ecco quel Cuore che tanto ha amato gli uomini», e intanto quel Cuore era tutto circondato di fiamme.

E che cosa sono queste fiamme? Non è questo il simbolo, non è forse il linguaggio dell'amore? E perché queste fiamme? Il cuore non bastava a significare l'amore? Oh no, che non bastava. Primo, perché il cuore umano, benché sia il simbolo naturale dell'amore, è anche la sede delle passioni che lo turbano, per esempio l'ira, l'invidia, l'impazienza, la durezza, ecc... E poi, tutti quanti gli uomini nei loro amori presto si stancano e il cuore facilmente si muta, perché, dipendente come nell'essere così nell'amore, appena si vede venir meno i motivi che ebbe di amare subito sente venirsi meno l'amore, quasi fiamma a cui manca l'alimento.

Invece Dio è l'amore sostanziale, eterno e assoluto, e, indipendente nell'amore come nell'essere, sa amare l'uomo anche quando l'uomo non meriterebbe che un colpo della sua giustizia punitrice; e dopo tanti secoli di ingratitudini somme, la carità Divina verso il genere umano ardeva ancora, nè i torrenti di colpe infinite avevano potuto estinguerla.

E che fa Gesù? Rivela agli uomini dei tempi nostri il suo stesso Cuore. Ma il Cuor in mezzo alle fiamme è un Cuore riboccante di amore. Egli è pieno di pazienza, pieno di compassione e di misericordia, pieno di perdoni e di grazie. Ma perché, se non perché è pieno d'amore?

È questo adunque il secondo significato di quella sacra fiamma che esce dal Cuor di Gesù; questa fiamma dice che quel Cuore non solo ama Dio smisuratamente, ma ama immensamente anche noi. Oh! che divina consolazione!!! per noi poveri pellegrini di questa terra! Oh! perché lamentarsi del poco amore che troviamo nelle creature? Oh! no! no! no! consoliamoci piuttosto di quell'immenso amore che Dio ci porta, e procuriamo di corrispondere meglio coi nostri cuori a quel Cuore Divino, che ci ama tanto tanto per farci felici.

E poi, questo non è ancora niente: ciò che fa bello il cuore e attraente è l'amore; per questo il Cuor di Gesù è il più bello e il più attraente fra tutti i cuori creati e creabili, perché è pieno di amore e di tanto amore. Eppure questa amabilità di questo Cuore Divino ci sembrerà ancor più bella e attraente e irresistibile se noi, Reverendo Padre, la guardiamo da un lato tutto speciale, che sarebbe questo: il Cuor di Gesù è un amore il quale, essendo assistito e servito da una sapienza infinita, ama le anime non solo in generale, ma ancora in particolare; le ama ad una ad una con un particolarissimo amore, ama ciascuna delle anime che gli appartengono, come se non amasse nel mondo che una anima sola. Ecco uno dei lati più belli di questo grande amore, che è il Cuor dolcissimo di Gesù.

Per esempio, un re ama il suo popolo, e un buon generale ama il suo esercito; ma come la mente loro non conosce i singoli, ma solamente la moltitudine, così il loro amore si estende certo alla moltitudine, senza però riferirsi personalmente ai singoli.

Ma non è così Gesù. Egli conosce una per una le anime tutte quante e così le ama ad una ad una; ond'è che mentre il Re e il generale ama i singoli perché ama tutti, invece Gesù ama tutto il popolo delle anime, perché ciascuna delle anime presa a sè è per Gesù un amor particolare, solitario, indipendente. E difatti, non è Gesù che, come potenza infinita, crea le anime ad una ad una? E non è Egli che ad una ad una le conosce come sapienza infinita? E così Egli medesimo come infinito amore le ama una per una, come se ciascuna anima per Lui fosse sola al mondo.

Diamo uno sguardo al sole. Si potrebbe credere che il sole, occupato intorno a tutta l'universa natura, non si occuperà, poi, individualmente delle singole cose della terra; eppure non è così. Qual filo d'erba, che spunta dentro un fosso, o un fiorellino che spunta dentro a un vecchio muro, oppure una formica o un moscerino che sono nei campi o nell'aria, che il sole non li guardi e non li nutra di luce, di calore, di vita?

E così è il Cuor di Gesù con noi. È desso il sole del mondo spirituale. È questa verità medesima, che Gesù ci insegna ora coi fatti ora colle parabole. E Gesù che parla alle turbe, le istruisce, le attrae: ecco il sole della grazia, che opera sopra la moltitudine. Al pozzo di Sichem aspetta la Samaritana, la interroga, la istruisce, la converte: ecco il sole che si occupa di un solo fiore. E poi nelle parabole delle vergini e degli invitati alla cena Gesù, questo Divin amore, ci fa vedere come si occupi delle turbe; ma nella parabola del buon pastore e del figliuol prodigo, del samaritano, non vediamo Gesù occuparsi di ciascuna anima in particolare? Perché l'agnella smarrita, il figliuol prodigo perdonato, il víandante ferito dai ladroni ci rappresentano le anime una ad una; ma è Gesù il buon Pastore, è Gesù il Padre, è Gesù il Samaritano, perché è Gesù l'amore che cerca, che accoglie, che risana. È un'anima sola, ma per Gesù vale molto di più che il sole e tutti gli astri del cielo.

Oh sì! sì! Gesù conosce ciascuno di noi e ci ama e si occupa di noi con divino amore; e sono quelle fiamme che ci ricordano questo amore; così ammirabile e così consolante...

Gesù dice: «Io ti amo; e tu mi ami?» Ecco una domanda a cui presto o tardi bisogna rispondere; ma la risposta non può essere che quella del cuore: amare Gesù e rendergli amore per amore.

Adesso guardiamo un po' la natura del cuore umano. Chi è che non sa che il cuore è fatto per amare? È bensì vero che il cuore è agitato da tante passioni, come il mare da venti diversi; però come il mare è fatto per le acque grandi, così il cuore per l'amore. Ma perché noi abbiamo l'amore? La mente è fatta per la verità e l'amore per la amabilità, e l'amor grande per quello che è grandemente amabile, e il sommo per ciò che è sovranamente amabile. Adunque il cuore lo abbiamo per amare Dio, suprema amabilità, e segnatamente il Dio fattosi nostro, il Dio incarnato, Cristo Gesù. Alla natura dell'amore si aggiunge il precetto; sopra i dieci precetti sta quello dell'amore, e questo è il primo, e con quanta forza batte al cuore e insiste e incalza. Con questo precetto Dio assalta il cuore, investe la mente, impera alla volontà, esige ogni sforzo, e non solo domanda l'amore, ma lo vuole e lo vuol tutto quanto. Nella pienezza poi dei tempi, questo Dio, fattosi uomo, prima riconferma solennemente il precetto dell'amor di Dio, dichiarando essere questo il primo e il massimo di tutti i precetti, e poi quante volte ritorna al punto dell'amore?

E questo diritto di Gesù e questo nostro dovere apparirà ancora in un altro modo, se guardiamo il contegno di Gesù dinanzi a noi: che cosa è venuto a fare nel mondo? Con quale pompa si presentò? Forse tuonò dalle nuvole come sul monte Sinai? Ha forse detto: « O figli della terra, adoratemi e tremate»? Oh! no; era questo il linguaggio di Dio nei secoli antichi; ma dopo l'Incarnazione tutto tutto è cambiato; Egli alza la sua voce là dalla Giudea e grida a tutta la terra: « O voi che soffrite, qua, venite a me, sì, venite tutti a me: se siete infermi vi guarirò, se siete affamati io vi nutrirò, se siete peccatori io vi salverò; se siete afflitti io vi consolerò».

Gesù bisogna capirlo bene: Egli non vuole il timore, vuole l'amore; non ci vuole schiavi ma amici, ma figli, e per renderci facile questo santo amore e quasi naturale, oh! quante industrie non ha mai adoperato! E qual vi è posto del cuore umano che non abbia assalito? Guardiamolo e lo vedremo prendere tutti i profili e le tinte e le sfumature dell'amore e dell'amabilità. Non lo vediamo? Ebbene, guardiamolo in Betlem bambino che piange, in Nazaret fanciullo che lavora, nel deserto anacoreta che digiuna, nella Giudea maestro che illumina, sul Tabor uomo che si trasfigura, sul Calvario vittima che muore, nei Tabernacoli Dio che sta con noi.

E che fa? Ama. Che cosa vuole? Vuole essere amato; e per ottenere l'amore Egli è tornato al Cielo, ci manda l'amore eterno, l'amore sostanziale, lo Spirito Santo, affinché noi, animati dallo Spirito Santo, diventiamo capaci di rendere a Gesù amore per amor.

E dopo tutto questo, Gesù non è amato! ah! no che non è amato! Fu amato tanto nei tempi antichi; e l'amore a Gesù fu un amore domestico, un amore sociale, come si vede nella storia dei martirii e delle penitenze dei chiostri e delle crociate. Invece adesso non è più così; l'amore di Gesù arde sì, ma qua e là, ma arde come lampada solitaria nelle anime buone, le quali per amare

Gesù devono andare contro la corrente sociale, ed è che pochi Lo cercano, pochi Lo vogliono e pochi Lo amano. Oh! San Paolo! San Paolo! avevi proprio ragione quando gridavi: «Chi non ama Gesù è un anatema». Sì, la terra, il mare, il cielo dovrebbero dichiarare la guerra a costoro. E che cosa fanno nel mondo quelli che non amano Gesù?

Il primo nostro dovere sarà sempre il primo amore, giacché il cuore è fatto per questo. E che cosa sarebbe il mare senza le acque immense? E che cosa è un cuore senza l'amore di Dio?

E il mare del cuore ha la sua immensità, le sue tempeste e la sua calma. La sua immensità è la capacità di amare, le tempeste sono le passioni, la calma è l'amore a Gesù. Questo amante Divino ci tiene molto a dichiararsi padrone del mare, ma ci tiene molto di più ad essere padrone del nostro cuore. Il nostro cuore è fatto per amare Dio, il quale dandoci un cuore ce ne domanda l'amore.

Ma si presenta una difficoltà e sarebbe questa: noi siamo piccole creature, vicinissime al nulla e nulla abbiamo che sia veramente nostro, e Dio è l'essere eterno e immenso, infinita grandezza, pienezza infinita; e adunque come va che il tutto domanda al nulla? E conviene all'Essere infinito domandare l'amore a noi? Oh! sì! sì! che conviene, perché soltanto l'amore può dare a Dio la gloria sua, quella gloria che gli conviene e che Egli vuole da noi.

Ecco là il Cuore di Gesù. In quel Cuore Divino è Dio medesimo che si presenta a noi, non più come maestà, come grandezza, come giustizia e sapienza e potenza infinita, ma bensì come infinito amore; Dio ci ama e vuole essere amato, chè questa è la gloria dell'eterno amore...

E poi, tutti i divini attributi, coi quali noi stiamo in relazione con Dio, aspettano da noi ciascuno la sua propria corrispondenza, come, per esempio, alla maestà infinita dobbiamo il nostro rispetto, alla grandezza infinita le nostre adorazioni, alla potenza l'ammirazione, alla sapienza la fede, alla misericordia la fiducia, all'autorità l'obbedienza, alla giustizia il timore. E all'amore infinito qual tributo potremo mai rendere? Niente altro che il tributo dell'amore.

Guardiamo, Reverendo Padre, ancor meglio queste verità guardando Dio Creatore. Egli ci ha dato tutto, tutto l'essere che abbiamo, e noi gliene dobbiamo la riconoscenza e l'omaggio, onorandolo con tutte le facoltà vitali del nostro essere. Non basta il culto della memoria, della mente, delle parole, dei sensi e della fedeltà; ci vuole ancora e soprattutto il culto dell'amore, perché l'amore è l'apice dell'essere umano, è l'ultima parola dello spirito, l'ultimo accento del cuore e nell'albero della nostra vita l'ultimo frutto. Non è vero, Padre mio, che dalla radice vogliamo il tronco e dal tronco i rami e dai rami le foglie, poi i fiori e dopo i frutti? Dato il frutto, l'albero non ha più nulla da dare, ma il frutto noi lo vogliamo...

E così Dio vuole da noi l'amore. Conoscere, ammirare, venerare sono passi dell'anima verso Dio; ma si può andare molto più avanti, perché si può dare a Dio i beni, il tempo, le forze nostre, e questo ci pare già molto; ma non è ancora tutto. Quando però si dice: «Mio Dio, io ti amo, io ti rendo il mio cuore» allora non resta più nulla nè a dire nè a dare, perché allora l'anima si rende tutta quanta al suo Creatore. E adunque come è possibile che Dio si accontenti del meno, lasciando a noi il più e il meglio? Questo si vedrà essere impossibile, ove si pensi che Dio, essendo Creatore, è anche Padrone e Re e deve regnare; ma come fa a regnare se non è amato?

Dio regna nella materia colle leggi fisiche, sui bruti colle leggi istintive e su di noi colle leggi morali, delle quali la prima e la suprema è l'amore... Potrebbe, è vero, regnare sopra di noi solamente colla speranza o col timore oppure colla forza, ma la forza ci eguaglierebbe alla fiere, il timore agli schiavi, la speranza ai mercenari, mentre che l'amore e l'amor solo ci fa sudditi volontari, contenti, felici a guisa di figli, che hanno il Padre che è monarca. La più bella monarchia è quella dell'amore, ed è questa la monarchia propria di Gesù. Un re nella sua sala reale, in mezzo alla sua corte, dove si siede, se non sul suo trono? giacché il trono è il posto del re. Ebbene, l'anima nostra è la reggia di Dio, monarca supremo ed eterno, e il suo soglio non è che l'amore.

Gesù non può essere corrisposto e da noi onorato a dovere se non per via di amore, ed è appunto ricambio di amore che il Sacro Cuore colle sue fiamme ricorda, domanda e aspetta.

Tutto quello che ho detto fino adesso per spiegare un pochino il significato di quelle fiamme, che circondano il Cuor di Gesù, mentre ci hanno fatto vedere quanto Gesù ci ama, nel medesimo tempo ci hanno fatto sentire che bisogna rendergli amore per amor.

Ma ci sono delle anime di buona volontà, che dicono: Amo io Gesù? E il mio amore dov'è? E qual è il mio vero amore?

Io spiegherò loro, come sono capace, come Gesù mi mette in mente di scrivere; così servirà a illuminare tutti e a consolare tanti (Padre, non sarà mica superbia dir così? In quello che scrivo non c'è niente di mio, perché sono una povera ignorante; quello che scrivo è tutto Gesù che mi spinge a scrivere, mi incalza, lo vuole, e mentre scrivo capisco tutto il significato di quello che scrivo, ma solo mentre scrivo, e poi non ricordo più nulla di quello che ho scritto; Lei, Reverendo Padre, ne faccia la tara).

Dobbiamo distinguere due amori a Gesù, o piuttosto due nomi del medesimo amore; l'uno sarebbe l'amore sensibile, amor che fiammeggia in affetti e sospiri e tenerezze e slanci del cuore; l'altro è l'amore operoso, amore che ci porta alla preghiera, ai santi sacramenti, alla pazienza, a vincere le tentazioni e a sopportare le croci per amor di Gesù. Sono, questi due amori, nascenti da uno stesso principio di carità, due nomi di una sola radice, la quale, nascosta sotto terra, manda fuori due bei rami vigorosi, ma diversi, perché l'uno è bello di fiori e l'altro è ricco di frutta. Ebbene, la carità è una feconda radice piantata nel nostro cuore e questa radice manda fuori due bellissimi rami: il primo è il ramo dei fiori, che sono i sentimenti, affetti e slanci; il secondo è il ramo dei frutti, che sono le opere e i sacrifici della virtù.

Quando Gesù si volge alle anime e domanda l'amore, quale amore domanda? Il primo oppure il secondo? Il ramo dei fiori o quello dei frutti? Sospiri e affetti oppure opere e sacrifizi? La domanda è molto importante, ma la risposta è altrettanto sicura, ed è questa: che l'amore di Gesù, domandato e voluto, non è di sospiri, ma di opere, non è di tenerezze, ma di sacrifizi; insomma, Gesù non domanda dei fiori, ma vuole dei frutti.

Con tutto questo non voglio mica dire che Gesù disprezzi le tenerezze e gli affetti di un'anima. Oh! no! tutt'altro! l'amore è così bello e prezioso, che ogni sua forma piace; ma voglio dire che queste cose, prima di tutto non dipendono dalla nostra volontà, e poi per sè non sono segni sempre sicuri della carità, mentre le opere e i sacrifizi da una parte sono segni sempre sicuri e dall'altra dipendono dalla nostra volontà. È per questo che Gesù non domanda dei fiori ma dei frutti; è sempre così: Gesù non chiede mai l'amore senza chiedere nel medesimo tempo la prova delle opere e dei sacrifici.

Ed è con ragione, giacché quando l'amore è vero amore, unisce due volontà e le fonde insieme per formarne una sola, come due raggi che si mescolano insieme formando una luce sola, o come due rivi, i quali incontrandosi nella campagna si uniscono e fanno un solo fiume. E poi, non è quello che fanno dappertutto due anime le quali vivamente si amano? Le anime sono due, ma le volontà loro sono unite insieme come due gocciole di rugiada, sono diventate una sola volontà per virtù d'amore. E questo fu sempre e sarà l'istinto e la forza dell'amore.

Ebbene, ecco due volontà, la volontà di Gesù e la nostra; ma se noi ameremo Gesù, la nostra volontà la uniremo alla sua per odiare quello che Gesù odia e per amare quello che Gesù ama e per fare quello che a Gesù piace. E poi, non tocca mica a Gesù di fare la nostra volontà, ma bensì a noi di fare la sua. Vogliamo noi sapere se amiamo proprio Gesù? Guardiamo se abbiamo per Lui opere e sacrifizi; e chi ne ha se ne consoli.

Per rendere adunque veramente cristiana la nostra vita non bastano affetti e sentimenti, se non ci sono le opere buone e i sacrifizi della virtù.

Ecco adunque l'amore vero a Gesù qui su questa terra; in Paradiso non è poi più così: resterà l'amore, ma cambierà la forma, perché invece di opere faticose, là sarà eterno riposo, e invece di sacrifizi saranno gioie e delizie. Così è stabilito: la vita è una via Crucis e l'amore cristiano ce la fa percorrere colla croce sulle spalle e le spine in fronte; ma alla nostra morte l'amore deporrà sulla tomba le croci e le spine, e, conducendoci nel regno Celeste, ci farà trovare dopo la croce un soglio beato, e dopo le spine una ghirlanda di fiori immortali.

 



[Modificato da Caterina63 04/06/2013 15:59]
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