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I Simboli che circondano il Cuore Divino di Gesù

Ultimo Aggiornamento: 04/06/2013 16:11
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04/06/2013 16:02


CAPITOLO III

«LA CROCE»


http://us.123rf.com/400wm/400/400/Krisdog/Krisdog1206/Krisdog120600038/14052158-illustrazione-del-simbolo-cristiano-del-sacro-cuore-un-cuore-splendente-di-luce-divina-con-la-corona.jpg

Dopo gli splendori e dopo le fiamme, nel Cuor dolcissimo di Gesù ci si presenta la Croce, quasi bandiera sulla vetta di una roccia; e come un giorno fu vista sulla cima del Golgota, così ora si vede sulla vetta del Cuor di Gesù. Questo è il terzo simbolo, che Gesù nel suo Cuore ci presenta, e noi lo dobbiamo studiare per poterlo capire; è la sua bandiera, è la bandiera della sua milizia, della sua vittoria e della sua gloria.

Bandiera della sua milizia, cioè bandiera della redenzione. La redenzione è la grande impresa di Gesù; e il carattere di Redentore è il suo proprio carattere. Egli per noi è tutto: è Dio, è Padre, è Monarca, è Pastore, è Amico, è tutto, ma soprattutto è Redentore, perché la redenzione era la nostra primissima necessità. Colla sua Croce Egli ci redense e non coi suoi miracoli; colla Croce e non coi discorsi oppure colle preghiere.

Egli guarisce i ciechi, i muti, i malati, ma non è qui dove d salva. Egli risuscita i morti, ma non è qui dove ci salva. Egli moltiplica i pani nel deserto e comanda alle tempeste del mare e si trasfigura sul Tabor, ma non è qui dove ci salva. Egli parla, istruisce e rivela dottrine sorprendenti, ma non è ancor qui dove ci salva. Egli si abbandona ai suoi nemici, si lascia flagellare, vituperare, crocifiggere, ed ecco dove e come ci salva.

Oh! mio Dio! e chi poteva pensarlo? Egli ci salva non col mostrarsi Dio, ma coll'abissarsi al di sotto di tutti gli uomini. Gesù Crocifisso era là sul Calvario, era l'obbrobrio della plebe. Ecco la Croce, ecco cioè il simbolo che raccoglie e ricorda tutte le privazioni, i patimenti, le umiliazioni, i sacrifizi coi quali Gesù ci salvò...

Bandiera delle sue vittorie. Allora il mondo era per gli uomini quello che è adesso per i Cattolici la Chiesa; il mondo era quello che formava i popoli, le famiglie, i costumi, e intanto questo mondo era impastato di vizi, di errori, di forza e non c'era una Chiesa accampata contro di lui. Ma gli errori erano rispettati come verità e i vizi erano adorati negli idoli; e la forza che difendeva gli idoli ed errori si chiamava Impero romano. Questo Impero, adunque, con tutti i suoi errori, vizi e violenze era il mondo di allora, il mondo che formava i popoli per l'inferno.

E questo mondo bisognava pur vincerlo. E lo vinse Gesù; lo vinse colle sue dottrine sante e colle sue massime di mortificazioni e umiltà; vinse i vizi collo spirito di sacrificio; vinse l'Impero Romano collo slancio dei martiri e colla virtù del martirio; insomma vinse il mondo colla Croce, perché la mortificazione, il sacrifizio, il martirio che cosa sono mai? non sono la croce? È stata la croce di Gesù; e questa croce Gesù consegnava poi alla Chiesa ed Egli colla sua Chiesa, quasi capitano col suo esercito, vinse il mondo e liberò i popoli dai loro errori, dai loro vizi e dalle loro violenze.

La croce è la bandiera delle sue vittorie ed è la bandiera della sua gloria. E qual è la gloria più grande di Gesù? Non è forse di aver attirato a sé e alla sua Chiesa le nazioni pagane per farne il suo popolo e il suo regno? L'aveva predetto: avrebbe attirato gli intelletti a credere i suoi misteri, le volontà ad osservare la sua legge, le libertà ad accettare il suo giogo, i cuori ad amarlo, i fedeli a seguirlo. Per Lui gli Apostoli, per Lui i martiri, per Lui gli anacoreti nei deserti, per Lui i monaci e le Suore nei loro chiostri, per Lui i Santi coi loro eroismi e i martiri coi loro sacrifizi.

Ma come ha fatto e come fa Gesù a moltiplicare così i Suoi seguaci? È la virtù della croce che ha formato il regno di Gesù, lo formò e lo conserva. Dunque la croce è la bandiera di gloria di Gesù. Non poteva Gesù presentarsi al mondo senza Croce: Gli è troppo cara. È la bandiera della sua milizia, colla quale vinse il demonio e liberò le anime sue schiave; è la bandiera delle sue vittorie, perché colla croce vinse e disfece il mondo e liberò il popolo dai suoi errori e violenze; è la bandiera della sua gloria, perché con essa trasse a sé le anime e conquistò i cuori. E la croce ci ricorderà sempre come Gesù vinse i demoni colla redenzione, sconfisse il mondo col vangelo, conquistò i cuori colla grazia.

Il carattere principale di Gesù è quello di Redentore. Egli venne a redimerci dal peccato e dalla morte eterna e salvarci per la vita futura; ma per fare una così grande opera Egli subì la Croce, anzi la elesse, la volle, la bramò. Perché mai Gesù elesse la croce? I grandi sacrifizi non si accettano senza grandi ragioni. Quale sarebbe adunque il motivo che portò Gesù ad accettare, anzi ad eleggere e a volere il massimo dei sacrifizi rappresentato dalla croce?

Prima di tutto è certo che Gesù non subì la croce come un condannato che non possa evitarla; ma invece la elesse, la volle. Difatti, Gesù poteva salvarci in ben altri modi. Oh! sì! sì! che è vero che poteva Gesù con mezzi facili salvarci; ma è anche vero che soltanto la croce avrebbe dato all'amor suo uno splendore nuovo, irresistibile, trionfale.

Ma poi, Gesù voleva solo redimerci? E non voleva ancora Egli conquistarsi i nostri cuori col farci conoscere il Suo? Gesù, che voleva ottenere colla nostra salvezza anche il nostro amore, che cosa fa? Questo amante Divino dimentica se stesso per provvedere a noi, e messo da parte ogni pensiero di dignità, di gloria, di riposo, sceglie la croce dicendo: «Nella croce si vedrà come io so amare... dalla croce ben potrò domandare un po' d'amore... ».

L'amore vuol farsi conoscere, ma essendo egli cosa interna e invisibile, ricorre ai segni esterni e cerca coi segni esterni di farsi vedere; e questi segni dell'affetto sono molti. Alle volte, per esempio, l'amore si manifesta con dolci parole, colle occhiate, coi sorrisi. Ma questi segni non possono anche servire alle ipocrisie dell'amore? Altre volte l'amore si vede in opere e fatiche; ma questi segni non li usano anche gli eredi che corteggiano il vecchio parente, amatori non della vita di lui, ma delle sue ricchezze? Alle volte l'amore parla con favori e benefizi: va tanto bene questo; ma quante volte i favori e i benefizi servono a certe brutte passioni, che non sono davvero l'amore?

L'amore però sa anche parlare con accenti più alti e più sicuri, ma molto ben sicuri: questi sono i sacrifizi. E non rare volte l'amor parla così, e allora basta: il sacrifizio è l'ultima parola dell'amore, la sua più autentica forma, e davanti al sacrifizio volontario chi potrà mai discutere sopra la verità dell'amore?

Ebbene, ecco perché Gesù scelse il sacrifizio e ancora il sacrifizio più umiliante, più tormentoso, più ripugnante e più grande! Egli, questo dolce amore, voleva rendere così evidente la immensità del suo amore per noi, che anche a noi diventasse come impossibile non solo il dubbio, ma ancora e molto più l'indifferenza davanti a un così meraviglioso amore. No! no, non si può negare che il sacrifizio compiuto da Gesù per giungere alla conquista dei nostri cuori è il più grande dei sacrifizi che la terra abbia mai visto.

Eppure oh, no! no! non fu troppo!! perché se Gesù avesse fatto meno, chi avrebbe conosciuto e chi ammirato e chi avrebbe ricambiato l'infinito amore fiammeggiante del Cuor di Gesù? In verità, quando la luce di Gesù inondò la terra, le nazioni si scossero, la dolce fisonomia di Gesù attirò i cuori, il suo gran sacrificio li conquise e la terra fu piena di anime amanti e di cuori ardenti fino al sacrifizio. Gesù diventò il grande oggetto di un grande amore.

Ma intanto, in tutti i lidi e in tutti i tempi quante anime restarono indifferenti e quanti cuori freddi! e anzi, quanti furono che studiarono trame contro la Chiesa e mossero a Gesù la guerra! Anche ai nostri tempi basta girare intorno gli occhi e guardare per vedere subito che Gesù e la sua Chiesa sono diventati non solo cose indifferenti, ma bersaglio di contraddizioni, oggetto di odio profondo e di persecuzione. Adunque, se anche dopo tanto amore e tanti sacrifizi Gesù è così poco conosciuto e amato, che da tanti è perfino odiato e perseguitato, che farebbero gli uomini se Gesù non ci avesse mostrato l'immensità dell'amor suo nella immensità dei suoi sacrifizi? Non sarebbe egli rimasto un amore incompreso, dimenticato, negletto, perduto tra le nebbie delle cose passate?

Studiamo almeno noi di conoscere bene il Cuor di Gesù e di corrispondergli. Questo è un dovere, perché chi ama Gesù non fa che adempiere il primo dei divini precetti; ma è anche un interesse, perché come l'amor di Gesù per noi ci aprì il Paradiso, così l'amor nostro per Lui ci renderà capaci di poterci arrivare.

Ma questo amore vuole essere vero e autentico, cioè voglio dire associato al sacrifizio della vita cristiana. Gesù dall'amore passò al sacrifizio e noi dobbiamo mostrargli coi sacrifizi la verità del nostro amore...

Per quanto sia vero che alla natura ripugna portar la croce, noi però, ripensando che colla croce si merita il Paradiso e si può godere per una eternità, invece di impazientarci fra i patimenti che ci succedono nella vita, dovremmo persino meravigliarci che Dio voglia premiare le nostre croci col Paradiso e metter a così basso prezzo quel Paradiso che ai Vergini, agli Anacoreti, ai Santi martiri costò tanto di lotta, di penitenze, di eroismi e di sacrifizi...

E come mai la nostra croce ci può valere il Paradiso? Per meritare non basta il patire, perché una persona che bestemmia, il giustiziato che si ostina, ecc. ecc. queste persone soffrono molto, ma senza nessun merito. Adunque, per meritare patendo non basta il solo patire, qualche altra cosa ci vuole che dà merito ai patimenti nostri, ed è l'unione a Gesù, cioè l'associarci per fede e rassegnazione e amore ai patimenti di Gesù, unendo la nostra croce alla Sua. Allora i meriti della croce di Gesù passano alle nostre croci; allora le nostre croci meritano il Paradiso.

Questa verità viene come raggio vitale dal mistero dell'incarnazione; il Verbo divino, assunta la natura umana, visse in terra la vera vita nostra, operando e patendo come noi e per noi; ma il suo fare e patire dove mirava? mirava forse soltanto al fine della redenzione? No, no. Egli mirava ancora ad altri fini particolari e tutti a nostro vantaggio. Egli adunque, questo amante Divino, voleva santificare le opere e le pene della nostra vita, quasi profumandole col contatto della sua santità; poi voleva darci in se medesimo il grande modello del bene operare e del bene patire; infine voleva trasfondere poi il merito delle sue opere nelle opere nostre e dei suoi patimenti nei nostri patimenti.

Ed Egli ha fatto tutto questo: come Dio ha santificato tutta la vita umana operando e patendo al pari di noi; come Maestro ci ha lasciato in sé le norme sicure dell'operare e del patire; come Capo dell'umanità trasfonde nel corpo della cattolicità la Sua vita soprannaturale e il valore dei suoi meriti.

Gesù medesimo dice che Lui è la nostra vite e noi i tralci Suoi. Quei pampini, quei grappoli, quelle fecondità che noi tanto lodiamo nei tralci, chi è che non sa che tutto viene dalla vite? E poi, chi è che non sa che un tralcio staccato dalla sua vite è buono solo per gettare nel fuoco? E così è lo stesso di noi: se ci stacchiamo da Gesù perdiamo la fecondità spirituale, perché perdiamo la vita soprannaturale; ma uniti a Lui saremo tralci vivi e fecondi, e le opere e i patimenti nostri, quasi pampini e grappoli, saranno pieni di bellezza e di vita e di merito per la comunicazione della grazia e dello spirito di Gesù. Quando noi ci associamo a Gesù, le nostre opere, i nostri patimenti prendono il profumo, la bellezza, il valore delle opere e dei patimenti di Gesù e così diventano meritevoli del Paradiso.

Ecco, adunque, il bisogno che abbiamo di tenerci uniti a Gesù come soldati al loro capitano e come discepoli al loro Maestro; e però ecco il bisogno non solo della fede, ma della carità che esclude le colpe e si nutre di preghiere, di sacramenti, di opere buone e di virtù, perché allora Gesù comunicherà alla nostra vita l'abbondanza dei suoi meriti, come fonte che partecipa ai rivi le acque sue, come vite che trasfonde nei tralci suoi succhi vivificanti e fecondi. Stiamo adunque sempre uniti a Gesù come tralci alla vite materna, come ruscelli alla loro fonte, e allora ogni nostra giornata sarà degna del Cielo.

Dunque, per farsi dei meriti pel Paradiso non basta il patire, se la nostra croce non viene santificata e impreziosita dalla croce di Gesù; e questo è perché i nostri meriti vengono da Gesù e non da noi, come l'acqua nasce dalla fonte e non dal canale per cui scorre e l'oro nasce dalla miniera e non dalla borsa in cui lo chiudiamo. Gesù è così necessario, che neanche la croce senza di Lui può giovare.

Per confermare questa verità andiamo al Calvario, dove sono tre croci; in queste tre croci mi sembrano raffigurate le croci dei perfetti, dei pentiti e degli ostinati. Il mondo è pieno di queste croci, ma quanta differenza vi è tra quelli che pendono dalla loro croce!

Prima vediamo la croce degli ostinati. Il patir la croce non è solo proprio dei cristiani; basta essere figli di Adamo ed Eva, perché la croce non manchi, e né manca mai, dovendo essa servire ad espiazione dei nostri peccati, ad esercizio di virtù ed acquisto di meriti. Ma sono tanti quelli che soffrono malamente, e questi imitano il cattivo ladrone crocifisso presso di Gesù. Esso poteva farsi della sua croce una fonte di grazia e di gloria; invece egli compì sulla croce la sua prevaricazione, e al fianco di Gesù medesimo, fra sommi portenti e davanti all'esempio del suo compagno, bestemmiò, si ostinò, disperò e perduto mori.

Ecco un ostinato in croce!!! E non sono simili a lui quei tribolati i quali, stando sulla croce loro, invece di scontare le loro colpe, ne fanno delle nuove ribellandosi a Dio? Questi tribolati impenitenti non sono pochi... La croce era l'ultimo aiuto, che Gesù dava a loro per salvarsi; invece essi ne fanno per sé l'ultima rovina.

La seconda croce è quella dei pentiti; e il ladro buono come se ne servì bene!!! Illuminato dalla grazia conobbe due cose, Gesù e la croce. Conobbe Gesù Cristo, la bontà, la divinità e la misericordia di Lui e in Lui pose la sua fiducia. Conobbe la croce e vide che era la sua penitenza e la sua purificazione, e però di una croce necessaria facendo una espiazione volontaria, pagò i suoi debiti alla giustizia di Dio e colla croce si salvò. E non fu questa una bella sorte, una gran sorte, passare dalla croce al Paradiso? E questa è la sorte di tutti i buoni cristiani che sanno patire con fede, speranza e amore; essi stanno in croce, ma è una croce benedetta, che li purifica e li salva. Anche a queste anime Gesù dice: «Oggi sarai meco in Paradiso».

Ci sono poi delle altre anime, che non solo si rassegnano alla croce, ma la amano, anzi ne godono; e questa sarebbe la croce dei perfetti, prefigurata nella croce di Gesù. Queste sono anime forti, anime grandi, anime piene di amore per Gesù; volendo rendergli amore per amore, sacrifizio per sacrifizio, vogliono patire a somiglianza di Lui, e sono contente quando hanno da patire. Esse guardano le croci come doni di Gesù, perché sanno che, come Giuseppe mise il suo calice di argento nel sacco del suo Beniamino, così Gesù presenta il suo calice alle anime sue predilette; e questo calice sono pene gravi di varie forme, le quali formano il patire dei perfetti. E qual è, Rev.mo Padre, quel Santo che sia rimasto senza croci? Nessuno. E qual è mai quel Santo che non le abbracciò?

Ecco adunque tre modi di patire, ossia tre croci diverse. Il mondo è un gran Calvario pieno di crocifissi, voglio dire di tribolati, e i crocifissi del mondo somigliano a quelli del Calvario. Vi sono i crocifissi ostinati e ribelli: la loro croce è senza nessun merito, ed essi colla croce si perdono. Ci sono i crocifissi umili, pentiti e rassegnati, e la loro croce santificata da quella di Gesù li purifica e li salva. Ci sono poi i crocifissi perfetti, i quali amano le loro croci perché amano Gesù Crocifisso, e quella croce non pur li salva, ma li santifica ancora.

 

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