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LA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA nella Tradizione e Magistero

Ultimo Aggiornamento: 02/07/2013 11:11
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02/07/2013 11:00

XI. - IL DIRITTO DI PROPRIETA'

Il senso della proprietà è connaturale all'uomo. Basta os­servare come agisce un bambino di pochi anni o come si regola, ordinariamente, una persona d'età, anche se quel che possiede è ben poca cosa. In realtà la proprietà è, come si vedrà, in netta relazione con le caratteristiche dell'uomo: essere razionale e libero. Attorno alla proprietà si sono però riuniti, nei secoli, troppi egoismi; e contro di essa si sono manifestati, nei tempi moderni, troppi atteggiamenti rivoluzionari. Una conoscenza ed una pratica attuazione dei princìpi cristiani in proposito porte­rebbe la vita associata su di un piano, veramente auspicabile, di sicurezza, utilità personale, solidarietà sociale, fraternità e pace.

L'oggetto del diritto di proprietà.

Quando si parla di proprietà si intende non solo quella dei beni che si consumano, usandoli, ma anche di quelli non destinati al consumo; non solo, cioè, i beni d'uso ma anche quelli di produzione.

In realtà per i beni di consumo non esiste alcuna seria controversia; invece la proprietà dei beni di produzione è negata dal social-comunismo.

 

La proprietà è un diritto.

« La proprietà privata dei beni - dice la "Rerum Nova­rum" - è diritto naturale dell'uomo; e l'esercitare questo di­ritto è, specialmente nella vita sociale, non soltanto lecito, ma assolutamente necessario ».

Le ragioni che impongono di riconoscere il diritto di proprietà si possono ridurre alle seguenti

1) Il fondamento della società è - come s'è dimostrato nei primi capitoli - l'uomo, e il bene comune degli uomini è il fine della stessa società. Dato questo primato dell'uomo rispetto allo Stato, è evidente che i diritti rispetto ai beni economici (tanto importanti per la vita umana!) debbono, prima e più che allo Stato, spettare ai singoli uomini.

2) L'uomo è un essere ragionevole e, perché tale, previ­dente. Prevedendo i bisogni futuri, e prevedendo che non sempre vi saranno sufficienti beni di consumo a sua disposizione, è por­tato naturalmente a conservare per l'avvenire i beni prodotti in eccedenza nel presente e ad assicurarsi, col possesso di mezzi di produzione, la possibilità di produrli nel futuro.

3) La dipendenza economica si unisce facilmente a un certo grado di soggezione spirituale. Al contrario, l'uomo che è padrone di una quantità sufficiente di beni risulta più libero nel suo pensiero, nella sua attività, nelle sue possibilità di darsi, senza esagerate preoccupazioni, ad ideali di cultura e di pro­gresso.

4) La proprietà si costituisce normalmente col frutto del lavoro risparmiato. Il pensiero di poter possedere sprona al lavoro ed incita ad un tenore di vita parco, al risparmio, all'in­vestimento di esso in beni produttivi, con i benefici che è facile comprendere sia per i singoli proprietari che per la società. L'impossibilità di acquisire una proprietà porterebbe la grande maggioranza degli uomini o a ridurre il lavoro al meno possibile o a sperperare tutto quel che guadagnano.

5) L'uomo tende naturalmente a formarsi una famiglia, e s'accorge d'aver bisogno di beni da destinare alla sposa e ai figli, anche in caso di sua premorienza: la proprietà, evidente­mente, favorisce in modo particolare la formazione e la vita serena delle famiglie.

6) In una società che riconosce la proprietà privata e cerca di favorirvi l'accesso al maggior numero possibile di cittadini, è naturale che ci sia un miglior ordine sociale, una più attenta conservazione, da parte di ciascuno, dei beni, un più pacifico sviluppo della vita delle singole nazioni e dei rapporti interna­zionali.

7) Si aggiungano due conferme:

a) la Rivelazione, proibendo il furto, afferma il diritto di proprietà;

b) la storia dimostra che la proprietà, esistendo pressoché sempre e dovunque, è un diritto naturale; essa dimostra ancora che, quando essa è stata negata, gli uomini si sono ritrovati pressoché schiavi dei potenti o, ai tempi moderni, dello Stato.

 

Diritto alla proprietà.

Dato che la proprietà è intimamente connessa con la dignità e la libertà della persona umana, è evidente che si deve affermare il diritto dell'uomo alla proprietà. Perciò, contrariamente al principio marxista « tutti proletari e proprietario solo lo Stato », il pensiero sociale cristiano vuole « tutti proprietari ». Per giungere a ciò occorre:

a) che chi non ha non sia impedito nel suo sforzo di giungere alla proprietà;

b) che lo Stato, per ragioni di giustizia sociale, favorisca l'accesso alla proprietà, a cominciare dai suoi aspetti fondamen­tali, come la casa, il podere, il possesso dei piccoli strumenti di lavoro;

c) che coloro che possiedono molto comprendano che oc­corre giungere, come più volte i Sommi Pontefici hanno procla­mato, « ad una più ragionevole ed equa distribuzione della ricchezza » - e ciò sia detto tanto per i singoli uomini che per i popoli -_;

d) che coloro che non hanno ricordino e pratichino il mo­nito di Pio XII: « Non nella rivoluzione, ma in una evoluzione concorde sta la salvezza e la giustizia. La violenza non ha mai fatto altro che abbattere... Solo un'evoluzione progressiva e pru­dente, coraggiosa e consentanea alla natura, illuminata e guidata dalle sante norme cristiane di giustizia e di equità, può condurre al compimento dei desideri e dei bisogni onesti dell'operaio » (Pentecoste del 1943).

 

Uso della proprietà.

Occorre bene distinguere il principio della proprietà dal problema del suo uso. La Chiesa afferma il diritto di proprietà privata, anzi la vuole, come s'è visto, estesa, gradualmente, a tutti. Passando, però, al problema del suo uso, essa non ammette che il proprietario ne usi o ne abusi a suo capriccio.

1) Perché i beni della terra sono essenzialmente di Dio, supremo e assoluto proprietario di ogni cosa;

2) perché Dio ha destinato i beni terreni, in generale, al bene degli uomini;

3) i singoli proprietari debbono ricordare che la proprietà deve avere due funzioni:

a) una, individuale, a servizio, cioè, di chi possiede;

b) l'altra, sociale, volta, cioè, al bene della società.

È un grave errore dire - come fa qualcuno - che la pro­prietà è una funzione sociale; bisogna però affermare nettamente che la proprietà ha, anche, una funzione sociale. I modi per soddisfare a tale seconda funzione sono diversi; principalmente: il non lasciare la proprietà improduttiva; l'offrire, nella mag­gior misura possibile, lavoro; il prestare i capitali, ad interesse non esoso, per gli investimenti produttivi; il pagare senza frodi, anzi con senso sociale di soddisfazione, le imposte; il sussidiare generosamente le opere di bene; l'essere misericordioso, in effet­tiva proporzione con le proprie possibilità, con i bisognosi.

A tale proposito si noti che secondo i principi cristiani:

- ci sono i doveri di stretta giustizia;

- c'è « il dovere gravissimo della carità » (Leone XIII nella « Rerum Novarum »);

- c'è la carità libera, la cui misura è lasciata alla gene­rosità di ogni cristiano.

 

Limiti alla proprietà.

La proprietà privata - come s'è visto - è istituto di diritto naturale; esso va distinto, però, dalle forme nelle quali storica­mente si realizza nei vari luoghi e tempi, forme che sono mute­voli e di fatto sono spesso mutate.

Va riconosciuto, tra l'altro, che le leggi dello Stato possono stabilire dei limiti:

a) al genere di proprietà (ad es. avocando allo Stato quella dei generi di monopolio - sale, tabacchi - e il possesso e l'eser­cizio di determinate categorie di beni e servizi, fondamentali per la popolazione - ad es. principali ferrovie, centrali elettriche -);

b) alla quantità della proprietà (sia aumentando con forte progressione le imposte sui redditi veramente alti; sia precisa­mente limitando l'entità del possesso, ad es. terriero).

La pubblica autorità, però, non può usare arbitrariamente di un tale potere: essa deve costantemente tenere presenti i di­ritti anteriori ed intangibili dell'individuo, della famiglia, delle società minori, nonché il suo fine, « il bene comune »: contro quei diritti e al di là di questo fine lo Stato non può legittima­mente andare. Spinto, però, dal dovere di perseguire il bene comune, esso deve tener presente la grande mèta di favorire, con pacifica gradualità, l'accesso alla proprietà a tutti i cittadini.

 

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