XX. - LA CHIESA E GLI STATI
Al termine di questo studio sulla dottrina sociale cristiana, dopo aver considerato tutte le organizzazioni sociali - fino alla comunità mondiale delle nazioni -, è necessario fissare l'attenzione sulla grande società umano-divina, naturale-soprannaturale, che è la Chiesa di Gesù Cristo. Essa ha con l'individuo come con gli Stati e con la comunità dei popoli. intimissimi rapporti; essa può avere sopra di essi un'influeniza benefica assolutamente eccezionale.
Chiesa e Stato.
Sia la Chiesa che lo Stato vengono da Dio; il secondo, attraverso la natura umana, da Lui creata intrinsecamente sociale; la prima, perché fondata da Cristo Uomo-Dio.
La natura delle due società, i loro fini, i mezzi per raggiungerli sono assai diversi e rivolti
- per gli Stati, a realizzare il bene comune degli uomini in terra;
- per la Chiesa, a realizzare quaggiù il Regno di Dio e, conseguentemente, condurre a salvezza eterna le anime.
La Chiesa riconosce lo Stato, nel suo ordine, come società perfetta, libera, sovrana, concretamente affermando l'evangelico « Cesare quel che è di Cesare »; essa esige però - e non - fare altrimenti - che lo Stato la riconosca ugualmente, nel suo ordine, società perfetta, libera e sovrana, mettendo in pratica l'evangelico « Date a Dio quel che è di Dio ».
« La Chiesa - come dice Leone XIII (Encicl. "Immortale Dei.") -, a causa del fine cui mira e dei mezzi che adopera per conseguirlo, ha carattere soprannaturale e spirituale, e perciò va distinta ed è diversa dalla società civile e, quel ch'è più, è società nel suo genere giuridicamente perfetta, avendo in sé e per se stessa, per volontà e grazia del suo fondatore, tutto ciò ch'è necessario al suo essere e al suo operare ». In conseguenza, tutte le volte che gli Stati non hanno voluto riconoscere alla Chiesa tali caratteri e ne hanno negate o insidiate l'indipendenza e la libertà d'azione, la Chiesa stessa ha vigorosamente e nettamente riaffermato i diritti che le derivano dalla sua origine e natura.
Necessaria e benefica collaborazione.
Lo Stato, nella presente situazione storica delle nazioni cristiane, non può non avere con la Chiesa dei rapporti.
Questi non possono essere, evidentemente, di persecuzione o di assorbimento; essi devono, invece, essere di collaborazione. Ciò perché:
a) la società - che è formata da credenti e che ha origine da Dio - non può non riconoscere l'istituzione voluta da Dio per il bene delle anime;
b) Chiesa e Stato presiedono, se pur sotto diversi aspetti e in diversi modi, agli stessi individui, fedeli per l'una, cittadini per l'altro;
c) vi sono molte materie di dominio misto, nelle quali entrano sia la Chiesa che lo Stato (ad es. matrimonio, famiglia, educazione): occorre perciò un loro accordo. A questo nei tempi nostri si giunge, ordinariamente, coi Concordati. I rapporti tra Chiesa e Stato in Italia - come conferma l'articolo 7 della Costituzione - sono regolati dai Fatti Lateranensi (11 febbraio 1929).
Dal comune riconoscimento, dall'armoniosa convivenza e dalla sincera collaborazione tra la Chiesa e lo Stato vengono certamente, ad entrambi, grandi benefici. Nel caso comunque - che non dovrebbe esserci, ma che certo è possibile - di un qualche insuperabile contrasto tra le direttive della Chiesa e quelle dello Stato, dev'essere applicata la norma già espressa dagli apostoli dinanzi alle ingiuste proibizioni del Sinedrio: « Bisogna obbedire piuttosto a Dio che agli uomini ». Il fine della Chiesa è, infatti, superiore a quello dello Stato; questo, d'altra parte, dovendo realizzare il bene comune, non può non tener conto delle direttive della Chiesa in campo religioso-morale, dalle quali ricaverà grandi benefizi.
La Chiesa e gli Stati.
Assai importanti sono, infine, i rapporti della Chiesa con la comunità degli Stati, sia considerata come realtà naturale, sia come organizzazione di diritto positivo. S'è già visto come i popoli, per motivi di cultura, sviluppo, benessere, pace, tendano sempre più ad una organizzazione giuridica dei loro rapporti, anzi ad una vera e propria armonizzazione della propria attività e ad una certa cooperazione ed unione.
Nessuno, quanto i cattolici, può rallegrarsi di tale tendenza dei popoli; nessuna dottrina è atta, quanto quella della Chiesa cattolica, a promuovere la collaborazione e la fraternità dei popoli; nessun messaggio di pace e di sicuro progresso e risuonato ai nostri tempi più alto, più disinteressato; più sicuro, più fecondo per un autentico ordine internazionale di quello. espres. so, in numerosi e fondamentali discorsi, dal Sommo Pontefice Pio XII.
La dottrina della Chiesa cattolica e la sua presenza attiva nel campo delle relazioni internazionali hanno recato al mondo, quando sono state riconosciute o, almeno, non ostacolate, immensi benefici; ancora e di gran lunga maggiori il mondo d'oggi - che ne ha tanto bisogno - ne attende.
Particolarmente va messo in rilievo il fatto che il Sommo Pontefice - specialmente dopo la perdita del potere temporale - si trova in una posizione unica al mondo per poter dire una parola non solo superiore, ma anche evidentemente disinteressata, nei contrasti tra le nazioni; la mediazione e l'arbitrato del Papa dovrebbero entrare più spesso nella prassi e nel diritto internazionale, sicuri portatori di giustizia, di pace, di fraternità.
F I N E