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L’AMICIZIA SPIRITUALE di AELREDO DI RIEVAULX

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2013 14:56
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10/08/2013 14:42

LIBRO SECONDO
Il dialogo fra Aelredo e Marco


Aelredo: Vieni pure, fratello, dimmi per quale motivo, mentre io parlavo con altre persone, te ne stavi seduto tutto solo, lontano da noi. Ti ho visto, guardavi da una parte e dall’altra, ti passavi una mano sulla fronte, ti toccavi i capelli con le dita, a volte mostravi sul volto il fastidio per qualcosa che non ti andava, manifestando chiaramente la tua disapprovazione.
Marco: È vero. Come si può rimanere in pace tutto il giorno vedendo che certi “esattori del faraone” godono abbondantemente della tua compagnia, mentre noi, a cui devi una particolare dedizione, non riusciamo ad avere neanche un breve colloquio con te?
Aelredo: Dobbiamo trattare con tutti, anche con quelli che possono procurarci dei favori o crearci dei guai. Però, ora che finalmente se ne sono andati, la serenità della solitudine mi è tanto più gradita quanto più insopportabile era l’agitazione di prima. Si dice che “la fame sia un ottimo condimento del cibo”! Il miele o qualsiasi altro aroma non rendono il vino così gustoso quanto la sete rende desiderabile l’acqua. Questo incontro sarà per te come un cibo o una bevanda spirituale tanto più gradita quanto più forte è stato il desiderio che l’ha preceduto. Coraggio, dunque, e non esitare a dirmi tutto quello che poco fa ti preparavi a far uscire dal tuo cuore agitato.
Marco: Certo che lo faccio. Se infatti mi lamentassi perché il tempo che quelli ci hanno lasciato è troppo breve, ne perderei ancora di più. Dimmi per favore, se ancora lo ricordi quello che una volta tu e Giovanni vi eravate detti a proposito dell’amicizia spirituale: quali domande ti aveva fatto? A che punto eravate rimasti? Hai scritto qualcosa sull’argomento?

Aelredo: Il ricordo del carissimo Giovanni, anzi, l’abbraccio costante del suo affetto mi è sempre così presente che, anche se ora ci è stato tolto, nel mio cuore è più vivo che mai. Lui è sempre con me. Più mi vedo splendere davanti l’intensità spirituale del suo volto; più mi sorride la dolcezza dei suoi occhi; più le sue parole piene di gioia mi danno un tale gusto che mi sembra di essere stato con lui in paradiso, o che lui stia ancora conversando con me su questa terra. Sai però che sono passati molti anni da quando ho perduto quel breve scritto in cui avevo fissato le sue domande e le mie risposte a proposito dell’amicizia spirituale.
Marco: Lo so. Ma, per dir la verità, tutta la mia avidità e la mia impazienza nascono proprio dal fatto che come mi ha detto qualcuno quello scritto è stato ritrovato e ti è stato consegnato tre giorni fa. Ti prego, fammelo vedere! Non mi darò pace finché, dopo averlo letto e dopo aver visto ciò che manca, potrò sottoporre all’esame della tua attenzione paterna ciò che o la mia mente o un’ispirazione segreta mi suggeriranno di chiederti: così tu potrai dire se dissenti da ciò che penso o se sei d’accordo, oppure approfondire quei punti che lo richiedono.

I frutti dell’amicizia

Aelredo: Farò come desideri. Però voglio che tu legga da solo ciò che ho scritto, e che non lo mostri in pubblico, perché ritengo che ci siano alcune cose da togliere, altre da aggiungere, e sicuramente parecchi punti da correggere.
Marco: Sono qui per questo, tanto più avido di sapere quanto più dolce è stato il gusto per le cose che ho letto sull’amicizia. Visto che ho già letto quanto hai magnificamente esposto sulla natura dell’amicizia, vorrei che mi dicessi quali vantaggi procura a chi la coltiva. Si tratta, infatti, come tu hai saputo dimostrare, di una cosa di grande importanza. Sarà dunque tanto più forte il desiderio che ci spingerà a cercarla quanto meglio ne conosceremo il fine e i frutti.
Aelredo: Non pretendo di riuscire a darti una spiegazione che sia all’altezza di un bene così grande: nelle cose umane, infatti, non possiamo desiderare niente di più santo e di più utile; niente è più difficile da trovare, niente si può sperimentare di più dolce e niente è più ricco di frutti. L’amicizia, infatti, porta i suoi frutti nella vita presente e in quella futura. L’amicizia dà gusto, con la sua soavità, a tutte le virtù, con la sua forza seppellisce i vizi, addolcisce le avversità, modera la prosperità, così che senza un vero amico quasi niente tra le cose umane può essere fonte di gioia. Un uomo senza amici è come una bestia, perché non ha chi si rallegri con lui quando le cose gli vanno bene; non ha chi condivida la sua tristezza nei momenti di dolore; gli manca uno con cui sfogarsi quando la mente è angustiata per qualche preoccupazione, o qualcuno cui poter comunicare qualche intuizione geniale o più luminosa del solito. Guai a chi è solo, perché se cade non ha chi lo sollevi. Colui che è senza amici vive nella solitudine più totale. E invece, quale felicità, quale sicurezza, quale gioia avere uno “con cui tu abbia la libertà di parlare come a te stesso”, uno cui poter confidare senza timore i tuoi sbagli, uno al quale poter rivelare senza arrossire i tuoi progressi nella vita spirituale, uno cui affidare tutti i segreti e tutti i progetti del tuo cuore! Cosa può esserci di più gioioso dell’unione di un animo con un altro, di due che diventano uno al punto che sparisce la paura della prepotenza, o il timore indotto dal sospetto, e la correzione di uno non fa soffrire l’altro, né la lode può essere presa come adulazione? Un amico, dice il Sapiente, è una medicina per la vita.




Eccellente, davvero! Non c’è, infatti, in tutto quanto può capitarci in questa vita, medicina migliore, più valida o più efficace per le nostre ferite, che l’avere un amico che venga a dividere con noi i momenti di sofferenza e i momenti di gioia, così che spalla a spalla, come dice l’Apostolo, portiamo gli uni i pesi degli altri, meglio, uno sopporta più facilmente i propri mali che quelli dell’amico. L’amicizia, dunque, “rende più splendida la buona sorte e più lievi le avversità condividendole e mettendole in comune”. L’amico è veramente una medicina eccellente per la vita. Su questo concordano anche i pagani, i quali dicevano: “molto spesso ci serviamo più dell’amico che non dell’acqua o del fuoco” In ogni azione, in ogni progetto, nelle certezze e nei dubbi, in qualsiasi evenienza, in qualsiasi occasione, in segreto e in pubblico, quando abbiamo bisogno di un consiglio, in casa e fuori, dovunque, l’amicizia fa piacere, l’amico è necessario, il suo aiuto è prezioso. Gli amici, come dice Cicerone, “sono presenti anche se sono assenti, sono ricchi anche se poveri, sono forti anche se deboli e, cosa ancor più difficile, anche se morti, vivono”. L’amicizia, quindi, è la gloria di chi è ricco, la patria di chi è in esilio, la ricchezza di chi è povero, la medicina di chi è malato, la vita di chi è morto, la grazia di chi è sano, la forza di chi è debole, il premio di colui che è forte. Questo è l’onore, il ricordo, l’apprezzamento e il rimpianto che si accompagna agli amici, a coloro la cui vita ci appare degna di lode, e la morte preziosa. Ma c’è ancora una cosa che supera tutte le precedenti: l’amicizia è a un passo dalla perfezione che consiste nell’amore e nella conoscenza di Dio, cosicché un uomo, in virtù dell’amicizia che ha verso un altro uomo, diventa veramente amico di Dio, secondo quanto dice il Signore nel Vangelo: “Non vi chiamo più servi, ma amici”.
Marco: Devo confessarti che le tue parole mi commuovono e accendono nel mio animo un desiderio di amicizia così grande da credere che non riuscirei a vivere qualora mi mancasse la ricchezza di un bene così grande. Però vorrei che tu mi spiegassi più ampiamente quest’ultima cosa che hai detto, e che mi ha toccato a tal punto da strapparmi quasi dalla realtà terrena, cioè che l’amicizia costituisce il gradino più alto verso la perfezione. È una fortuna che sia entrato proprio in questo momento Luca, lui che a ragione potremmo definire “discepolo dell’amicizia”, visto che il suo impegno costante è quello di “essere amato e di amare”. È un bene che sia qui, perché non gli capiti che, avido com’è di amicizie, e ingannato da ciò che ne è solo una parvenza, prenda per vera un’amicizia che è falsa, oppure per solida una che è fragile o per spirituale un’amicizia che è del tutto carnale.
Luca: Ti ringrazio per la tua cortesia, fratello, dato che mi concedi di prender parte a questo incontro spirituale, pur non essendo stato invitato. Anzi, a dire il vero mi sono inserito nel vostro discorso senza neanche chiedere il permesso. Devo ammettere che, se mi hai chiamato sul serio, e non per scherzo, “discepolo dell’amicizia”, avrei dovuto essere invitato qui fin dall’inizio della conversazione, così non sarei stato costretto a tradire la mia avidità, vincendo la mia riservatezza. Ma tu, padre, continua la tua esposizione, e metti sulla tavola qualcosa per me: anche se non potrò “mangiare” come Marco che, dopo aver divorato chissà quanti piatti, ora fa lo schizzinoso e sembra volermi offrire solo i suoi resti, avrò almeno qualche briciola.

L’amicizia: un gradino verso Dio

Aelredo: Non avere di questi timori, perché sul bene dell’amicizia abbiamo ancora tante cose da dire che, se una persona saggia volesse proseguire il discorso, ti accorgeresti che quanto ho detto fin qui è poca cosa.

Ora, in breve, in che modo l’amicizia costituisce un gradino che porta all’amore e alla conoscenza di Dio? Nell’amicizia, non può esserci niente di disonesto, niente che sia finto o simulato, in essa tutto è puro, spontaneo e vero. Questa è proprio la caratteristica della carità. La qualità particolare dell’amicizia risplende nel fatto che fra coloro che sono uniti nel vincolo dell’amicizia tutto è fonte di gioia, tutto dà una sensazione di sicurezza e di dolcezza. In nome della carità perfetta noi amiamo molti che ci sono di peso e ci fanno soffrire: ci occupiamo di loro in tutta onestà, senza finzioni o simulazioni, ma con sincerità e buona volontà, e però non li ammettiamo nell’intimità della nostra amicizia. Nell’amicizia, invece, si ricongiungono l’onestà e la dolcezza, la verità e la gioia, l’amabilità e la buona volontà, il sentimento e l’azione. Tutte queste cose vengono da Cristo, maturano grazie a lui, e in lui raggiungono la perfezione. Dunque non è troppo impervio né innatu¬rale il cammino che, partendo da Cristo che ispira in noi l’amore con cui amiamo l’amico, sale verso di lui che ci offre se stesso come amico da amare: cosi si aggiunge meraviglia a meraviglia, dolcezza a dolcezza, affetto ad affetto.

I VARI TIPI DI AMICIZIA: I TRE BACI

L’amico, dunque, che nello spirito di Cristo entra in sintonia con un altro amico, diventa con lui un cuor solo e un’anima sola, e così, salendo insieme i diversi gradini dell’amore fino all’amicizia di Cristo, diventa un solo spirito con lui in un unico bacio. Questo era il bacio che un’anima santa desiderava quando diceva: “Mi baci con il bacio della sua bocca”. Consideriamo adesso le caratteristiche di questo bacio carnale, per poter passare dalle cose carnali a quelle spirituali, da quelle umane a quelle divine. La vita dell’uomo si sostenta con due alimenti: il cibo e l’aria. Senza il cibo si può sopravvivere per un po’, ma senza l’aria neanche un’ora. Per vivere, con la bocca inspiriamo aria e la espiriamo. E ciò che viene inspirato o espirato lo chiamiamo “spirito”, o “fiato”. Per questo diciamo che in un bacio due fiati si incontrano, si mischiano e si uniscono. Da qui nasce una sensazione gradevole che stimola il sentimento di quelli che si baciano e li stringe l’uno all’altro. C’è dunque un bacio corporale, un bacio spirituale e un bacio intellettuale. Il bacio corporale si fa unendo le labbra, il bacio spirituale unendo gli animi, il bacio intellettuale con l’infusione della grazia mediante lo Spirito di Dio.

Il bacio corporale

Il bacio corporale si deve dare e ricevere solo a certe condizioni che lo rendono onesto: per esempio, come segno di riconciliazione, quando due che prima erano nemici ridiventano amici; come segno di pace, quando coloro che stanno per ricevere l’Eucaristia esprimono esternamente col bacio la pace che hanno nel cuore; come segno di amore, tra lo sposo e la sposa, oppure tra amici che si incontrano dopo una lunga assenza; come segno dell’unità cattolica, come si usa fare quando si riceve un ospite. Ma come molti usano cose buone per natura come l’acqua, il fuoco, il ferro, il cibo e l’aria per farne strumento della propria cattiveria o della propria voluttà, così persone perverse e turpi si servono di questo bene, voluto dalla legge naturale per esprimere le cose di cui abbiamo parlato, per addolcire in qualche modo i loro misfatti, sporcando il fatto stesso del baciare in modo così vergognoso che un bacio del genere non è che adulterio. Ogni persona onesta si rende conto di quanto sia detestabile e odioso un simile bacio, che deve essere evitato e rifiutato.

Il bacio spirituale

Viene ora il bacio spirituale, caratteristico di quegli amici che sono legati dalla vera legge dell’amicizia. Non è un contatto della bocca, ma un sentimento del cuore; non è un congiungere le labbra, ma un fondere gli spiriti, e lo Spirito di Dio che rende pura ogni cosa infonde con la sua presenza il gusto delle realtà celesti. Non troverei sconveniente chiamare questo bacio il bacio di Cristo, perché in realtà è lui che lo dà, non direttamente con la sua bocca, ma con quella dell’amico, ed è lui che ispira in quelli che si amano quell’infinito affetto che li fa sentire uniti al punto da sembrar loro che in corpi diversi abiti una sola anima, fino a dire con il Profeta: “Come è bello e gioioso stare insieme come fratelli”.

Il bacio intellettuale

Allora l’animo abituato a questo bacio, sapendo che tutta questa dolcezza viene da Cristo, si trova a riflettere e a dire: “Se venisse lui, in persona!”, e così desidera il bacio intellettuale, e con tutto la forza del desiderio dice: “Baciami con i baci della tua bocca”, e allora, calmati gli affetti terreni, e assopiti gli affanni e i desideri di questo mondo, troverò la mia gioia solo nel bacio di Cristo, e mi riposerò nel suo abbraccio, e dirò al colmo della felicità: “La sua sinistra mi sostiene il capo, e la sua destra mi abbraccia”.
Luca: Mi pare che un’amicizia così non sia comune, né assomiglia a quella che noi di solito immaginiamo e vediamo. Non so cosa ne pensi Marco; per conto mio ho sempre ritenuto che l’amicizia non sia altro che un’identità di vedute tra due persone, così che uno non voglia quello che non vuole l’altro, ma ci sia una tale sintonia nella buona e nella cattiva sorte che quello che uno possiede, vita, ricchezza, onore o qualsiasi altra cosa, sia condiviso con l’altro perché ne usi secondo il suo desiderio.
Marco: Ricordo di aver imparato cose molto diverse dal primo dialogo: è stata proprio la definizione dell’amicizia che là è stata data che ha suscitato in me il grande desiderio di riesaminare tutto con maggiore profondità, per vedere quali frutti produca. Visto che su questo sappiamo già abbastanza, dobbiamo proporci di determinare quali siano i limiti dell’amicizia e fin dove possa arrivare, anche perché ci sono pareri diversi in proposito. Ci sono alcuni che ritengono di dover aiutare l’amico anche contro la lealtà, contro l’onestà e contro il bene comune o privato. Altri ritengono che, fatta eccezione per la lealtà, tutto il resto sia permesso. Altri ancora pensano che, per l’amico, uno debba disprezzare il denaro, rifiutare gli onori, subire l’inimicizia dei potenti, accettare anche l’esilio se è il caso, perfino perdere la faccia in azioni turpi e disoneste, purché non ne venga un danno alla collettività o non si rovini un altro contro il lecito. C’è anche chi pone in questo la meta dell’amicizia: provare per l’amico gli stessi sentimenti che uno prova per se stesso. Altri credono di soddisfare alle esigenze dell’amicizia ricambiando ogni volta il favore o il servizio ricevuto dall’amico. Questa nostra conversazione mi ha fatto capire che non si può accettare nessuna di queste opinioni. Quindi ti prego di fissare per l’amicizia dei confini che siano certi, soprattutto per il nostro Luca, perché non capiti che, volendo fare il bene, finisca incautamente col comportarsi male.



Luca: Ti sono grato per la sollecitudine che hai nei miei confronti; potrei anche restituirti subito il favore, se non me lo impedisse la voglia di imparare. Allora ascoltiamo insieme quale può essere la risposta alle tue domande.
Aelredo: Un confine preciso all’amicizia è stato posto da Cristo stesso, quando ha detto: “Nessuno ha un amore più grande di chi offre la sua vita per gli amici”. Ecco fino a dove deve tendere l’amore tra gli amici: che siano disposti a morire l’uno per l’altro. Vi basta?
Luca: Dato che non può esserci amicizia più grande, perché non dovrebbe bastare?
Marco: Diremo allora che, se dei malviventi o dei pagani sono d’accordo nel perpetrare crimini e malvagità e si amano a tal punto da essere disposti a morire l’uno per l’altro, sono arrivati al vertice dell’amicizia?
Aelredo: Nemmeno per sogno: non può esserci amicizia tra malviventi.
Luca: Allora, per favore, spiegaci tra quali persone l’amicizia può nascere e durare per sempre.

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