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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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LA MENZOGNA testo di sant'Agostino d'Ippona

Ultimo Aggiornamento: 10/08/2013 16:29
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10/08/2013 15:07

Nessun argomento valido a favore della menzogna dai libri sacri.

5. 9. Nessun argomento valido a favore della menzogna si può quindi ricavare dai libri sacri. Non dall’Antico Testamento, perché non è menzogna ciò che si deve prendere come figura, tanto se si tratta di fatti quanto di detti, ovvero anche perché non si propone alla imitazione dei buoni ciò che nei cattivi, incamminati verso il meglio, si loda rapportandolo con cose peggiori. Non si ricava nemmeno dai libri del Nuovo Testamento, nei quali ci si invita ad imitare il ravvedimento di Pietro più che non la [colpa della] simulazione, come, dello stesso Pietro, dobbiamo imitare le lacrime e non la negazione.

La menzogna è peccato grave.

6. 9. Quanto agli esempi desunti dalla vita ordinaria, asseriscono con la più grande sicurezza [questi dottori] che non vi si deve prestar fede. Nel loro insegnamento infatti essi partono dal principio che la menzogna è un’iniquità; e ciò provano con molti testi della sacra Scrittura, primo dei quali il passo: Tu, Signore, hai in odio quanti commettono azioni inique, mandi in perdizione quanti dicono la menzogna. Infatti, come di solito fa la Scrittura, con lo stico seguente si chiarifica il precedente; e così, siccome la parola «iniquità” ha un significato assai ampio, dobbiamo intendere che, quando si nomina la menzogna, l’autore ha voluto presentarla come una specie nel genere della iniquità. Ovvero se fra menzogna e iniquità c’è una qualche differenza, tanto peggiore è da ritenersi la menzogna quanto più è severa la parola mandare in perdizione rispetto a odiare. Può darsi infatti che Dio abbia in odio qualcuno in maniera piuttosto blanda, cioè non al punto di dannarlo; riguardo al dannato viceversa, tanto più forte è l’odio divino quanto più severa è la punizione inflitta. Orbene, quanti operano l’iniquità egli li odia; invece tutti coloro che dicono menzogne egli addirittura li manda in perdizione. Ammesso questo, chiunque accetta un tale principio come potrà lasciarsi impensierire dagli esempi addotti da quei tali che dicono:»Se viene da te un uomo che con una menzogna tu potresti liberare dalla morte, come ti comporteresti?». Eppure quella morte, temuta stoltamente dagli uomini che non temono il peccato, è una morte che uccide il corpo, non l’anima, come insegna il Signore nel Vangelo, dove appunto ordina di non temerla. La bocca che proferisce menzogna, viceversa, uccide non il corpo ma l’anima. È scritto in termini quanto mai espliciti: La bocca che dice menzogne uccide l’anima. Come quindi non sarà un’enorme perversione affermare che per conservare ad uno la vita del corpo un altro possa lecitamente morire nello spirito?

Infatti l’amore del prossimo ha come punto di riferimento l’amore verso se stessi. Dice: Amerai il prossimo tuo come te stesso. In che maniera dunque potrà uno amare un altro come se stesso, se per dare a costui la vita temporale, egli personalmente si gioca la vita eterna? In realtà, se per dargli la vita temporale uno compromettesse la sua vita temporale non sarebbe questo un amare come se stesso, ma più di se stesso. E ciò oltrepassa la norma imposta dalla sana dottrina. Molto meno sarà lecito perdere la propria vita eterna dicendo menzogne, per [salvare] all’altro la vita temporale. Ovviamente il cristiano non esiterà a sacrificare la propria vita temporale per la vita eterna del prossimo: in questo ci ha preceduti con l’esempio il nostro Signore quando ha dato la vita per noi. Egli infatti diceva a questo riguardo: Questo è il mio comandamento: che vi amiate l’un l’altro come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici. A questo proposito nessuno vorrà essere così scervellato da dire che il Signore abbia inteso provvedere ad altro che alla salvezza dell’uomo quando compiva di persona le opere che comandava o quando comandava di compiere le opere che lui faceva. Se pertanto col mentire si perde la vita eterna, è evidente che mai è lecito mentire per giovare in qualsiasi modo alla vita temporale di chicchessia. Che dire infatti di questi tali, che si indispettiscono e vanno sulle furie quando qualcuno si rifiuta di uccidere la propria anima con la menzogna, perché un altro nel suo corpo giunga a vecchiaia? Che dire, insisto, se qualcuno potrebbe scampare la stessa morte mediante un nostro furto o adulterio? Potremo, pe

r ottenere un tale risultato, rubare o commettere adulterio? Costoro non si rendono conto di dover per forza tirare questa conclusione: se un uomo, corda in mano, voglia farsi da te stuprare, affermando ripetutamente che, se non gli si concede quanto richiesto, egli si legherà la corda al collo. In tal caso, dicono costoro, per liberare la sua vita [dalla morte] bisogna acconsentire [alla sua richiesta]. Ebbene, se un tal gesto è assurdo e delittuoso, perché si dovrebbe concedere ad uno di deturpare la propria anima con la menzogna affinché l’altro conservi la vita del corpo? Poiché, se per lo stesso scopo abbandonasse alla corruttela il proprio corpo quel tale sarebbe, a giudizio di tutti, condannato come reo di esecranda turpitudine? In conclusione, su questo problema nulla si deve considerare all’infuori del fatto se la menzogna sia o no una cosa illecita. Ora siccome, stando ai documenti citati sopra, la risposta è affermativa, è da porsi il problema se si possa mentire per salvare una persona come si porrebbe quello se sia lecito commettere il peccato per salvare qualcuno. Si sa però che la salvezza dell’anima non consente questa scelta, poiché non ci si salva se non con la giustizia; anzi la stessa salvezza esige che la collochiamo al di sopra della salute temporale non solo degli altri ma anche di noi stessi. Di fronte a ciò - dicono costoro - cosa concludere se non che, indubbiamente, non si deve mai assolutamente mentire? Non si può infatti affermare che fra i beni d’ordine temporale ce ne sia qualcuno più grande o più prezioso della vita e della salute fisica. E se nemmeno questi beni son da preporsi alla verità, quale motivo possono addurre coloro che ritengono che a volte sia lecito mentire, per dimostrare efficacemente questa loro sentenza?

Non si può mentire nemmeno per difendere il pudore.

7. 10. E veniamo ora al rispetto del corpo. Ecco, fa’ che ti si presenti una persona degna della massima stima e ti chieda insistentemente che tu dica una menzogna perché la insidia uno stupratore che si potrebbe tenere lontano con una menzogna. In questo caso -dicono certuni - si deve mentire senza alcun dubbio. È facile la risposta: non c’è pudicizia del corpo se non quella che deriva dall’integrità dell’anima. Se s’infrange quest’ultima, necessariamente cade anche l’altra, sebbene all’apparenza essa sembri rimanere intatta. Questo, perché non la si collochi fra i beni corporali, per cui la si possa strappare anche a chi ha volontà contraria. Ne consegue che l’anima non deve in alcun modo contaminarsi con la menzogna per giovare al proprio corpo, sapendo che il corpo rimane intatto se la corruzione non intacca l’anima. Infatti tutto ciò che il corpo subisce per una violenza esterna senza alcuna libidine antecedente deve chiamarsi sopraffazione, non corruttela. O, ammettendo che ogni sopraffazione sia corruttela, non ne segue che ogni corruttela sia riprovevole e viziosa! Lo è soltanto quand’è provocata da affetto libidinoso o quando con tale affetto ad essa si consente. Orbene, quanto l’anima è superiore al corpo, altrettanto più grave è il delitto di chi la corrompe. Là dunque si può conservare la pudicizia dove non ci può essere corruzione che non sia volontaria. Ma ecco che il corpo di una persona viene aggredito da uno stupratore che non si riesce ad ostacolare né opponendogli la forza né ricorrendo a persuasioni o menzogne. In tal caso, dobbiamo confessarlo, la pudicizia del violentato non è compromessa dalla sporca passione dell’aggressore.

E siccome non c’è alcun dubbio che l’anima è superiore al corpo, all’integrità del corpo va preferita l’integrità dell’anima: quell’integrità che potremo conservare per sempre. Ora, chi oserà dire che l’anima di colui che proferisce menzogne è integra? Questa in effetti è la definizione esatta della libidine: Appetito dell’anima per il quale ai beni eterni si preferiscono i beni temporali, di qualsiasi genere siano. Ne segue che nessuno può addurre ragioni valide per sostenere che almeno qualche volta è lecito mentire: fino a quando almeno non avrà dimostrato che con la menzogna si può conseguire qualche bene eterno. Ma se è vero che l’uomo tanto più si allontana dall’eternità quanto più si allontana dalla verità, è cosa quanto mai assurda asserire che uno allontanandosi dalla verità possa conseguire un qualsiasi bene. Ovvero, se c’è un qualche bene che sia eterno senza che rientri nella verità, questo non è un vero bene, e pertanto, siccome è un bene falso, non è nemmeno un bene. E come si deve stimare più l’anima che il corpo, così la verità deve stimarsi più dell’anima, con la conseguenza che essa deve essere desiderata dall’anima non solo più del corpo ma anche più di se stessa. Ciò facendo, in quanto gode dell’immutabilità propria della verità più che non della propria mutevolezza, l’anima ci guadagna in integrità e castità. Si pensi a Lot. Essendo talmente giusto da ospitare in casa sua anche gli angeli, diede ai sodomiti le proprie figlie perché abusassero di loro e in tal modo si violassero corpi di femmine e non di maschi 22. Ebbene, con quanto maggiore oculatezza e tenacia non dovrà conservarsi la castità dell’anima perché resti nella verità, se è certo che l’anima stessa è superiore al corpo più di quanto non lo sia un corpo maschile rispetto a un corpo di donna?

Non è lecito mentire per procurare ad alcuno la salvezza.

8. 11. Ci potrà essere chi ritenga lecita la menzogna detta ad uno a vantaggio di un altro per farlo vivere, ovvero perché non venga contrariato nelle cose che gli stanno molto a cuore, e così possa raggiungere, attraverso l’apprendimento, la verità eterna. Costui non si rende conto, prima di tutto, che non c’è nefandezza a commettere la quale non ci si possa costringere quando si avverano le stesse condizioni, come è stato esposto sopra. Inoltre è chiaro che l’autorità stessa della dottrina è eliminata e cessa totalmente se in coloro che vorremmo condurre alla verità, con la nostra menzogna creiamo la persuasione che qualche volta sia necessario mentire. Tener presente che la dottrina rivelata risulta composta di cose che in parte son da credersi mentre altre son da comprendersi: soltanto che alle verità da comprendersi non si può arrivare senza prima credere a quelle che debbono essere credute. Orbene, come si può credere a uno che ritiene, almeno qualche volta, necessaria la menzogna, senza pensare che egli menta anche quando ci ingiunge di credergli?
In base a che si può dedurre con certezza che egli non abbia anche in quel caso un qualche motivo per dire una menzogna»officiosa», come egli la considera? Egli infatti potrebbe pensare che l’interlocutore, spaventato dal racconto falso [che gli viene fatto], si astenga dagli atti di libidine; e pertanto come non dire che in tal modo egli con la sua menzogna abbia anche contribuito a farlo progredire spiritualmente? Notiamo tuttavia che, una volta ammesso e approvato un tale comportamento, va a rotoli tutta la normativa della fede e, scomparsa questa, non si arriva nemmeno alla comprensione [della verità], per ottenere la quale la fede nutre la mente dei piccoli. Pertanto, se si apre il varco per ammettere in qualche situazione la menzogna (anche quella chiamata «ufficiosa”), viene tolta di mezzo ogni norma di verità, la quale è costretta a ritirarsi di fronte alla falsità anche nelle sue forme più stravaganti. Chiunque mente infatti antepone alla verità i vantaggi temporali, o propri o di qualche altro: ma ci può essere qualcosa più perversa di questa? Può anche darsi che uno ricorrendo alla menzogna intenda condurre un altro all’acquisto della verità; costui però nello stesso tempo gl’impedisce il raggiungimento della verità. Volendo infatti conseguire la verità ricorrendo alla menzogna, si rende inattendibile anche quando dice la verità. Pertanto, o non si deve credere ai buoni, o bisogna credere a coloro che ritengono lecito dire menzogne, almeno in qualche caso, o bisogna credere che i buoni non dicano mai menzogne. Di queste tre ipotesi, la prima è perniciosa, la seconda insipiente. Si conclude che i buoni non debbono in nessun caso mentire.

Mentire per evitare mali peggiori.

9. 12. A questo punto la questione della menzogna potrebbe dirsi esaminata e risolta da entrambi i lati, ma la conclusione non deve trarsi con faciloneria. Occorre ascoltare quei tali che dicono non esserci azione così cattiva che non si possa commettere per evitare un male peggiore: e fra queste azioni umane sono da annoverarsi non solo gli atti che gli uomini compiono ma anche quelli che subiscono condiscendendovi. Ci si chiede, ad esempio, se non sia un motivo valido per cui il cristiano possa offrire incenso agli idoli quello di non consentire allo stupro che il persecutore gli minaccia in caso di rifiuto. Alla pari sembra [loro] lecito domandarsi se non sia lecito mentire per evitare la stessa infame sconcezza. Dicono costoro che il consenso prestato nell’offrire incenso agli idoli piuttosto che subire lo stupro non è una passione ma un semplice gesto : per non fare quella sconcezza ecco che uno preferisce offrire l’incenso. Ebbene, con quanto maggiore facilità non avrebbe dovuto scegliere la bugia se con essa gli fosse stato possibile sottrarre il corpo ad una oscenità così mostruosa?

Si critica questa argomentazione.

9. 13. Riguardo a questa argomentazione si possono fare diverse domande. E cioè: se un tale consenso può essere preso come un [semplice] fatto; se si può parlare di consenso dove non ci sia anche l’approvazione; se sia un’approvazione dire: «È meglio subire questo [male] che fare quest’altro»; se abbia agito bene colui che per non subire lo stupro ha offerto incenso agli idoli; se finalmente sia preferibile mentire piuttosto che offrire incenso, qualora capitasse una tale occasione. Orbene, se tale consenso è da ritenersi un fatto, sono omicidi anche coloro che preferiscono farsi uccidere anziché dire una falsa testimonianza; anzi il loro omicidio è più grave [perché commesso] contro se stessi. Perché infatti non dire che essi hanno ammazzato se stessi, se hanno scelto essi stessi che l’atto venisse compiuto contro di loro per non dover cedere alla costrizione? Ovvero, se si ritiene che uccidere un altro sia più grave che uccidere se stesso, che dire se a un martire venisse fatta la seguente proposta: tu non vuoi dire una falsa testimonianza su Cristo né immolare sacrifici ai demoni; ebbene dinanzi ai tuoi occhi ti viene ucciso non un qualsiasi uomo ma tuo padre, e lo si uccide mentre egli scongiura te, suo figlio, di non permettere col tuo persistere che una tale sventura gli accada. Non è del tutto chiaro in questo caso che, se quel tale rimane saldo nella sua determinazione di dare una testimonianza di assoluta fedeltà [a Cristo], quegli altri, cioè coloro che gli uccidono il padre, sono certo degli omicidi, ma lui stesso non è un parricida? Egli non è stato corresponsabile di quell’enorme delitto avendo preferito che suo padre, uomo magari sacrilego la cui anima stava per andare in perdizione, venisse ucciso da gente estranea anziché macchiare la propria fede con una falsa testimonianza. Il suo consenso non lo ha infatti reso corresponsabile di così enorme delitto se lui personalmente non voleva compiere il male, e di fatto non l’ha compiuto, qualunque cosa abbiano poi fatto gli altri. In effetti, i persecutori che cosa dicono se non: Fa’ tu il male perché non abbiamo a farlo noi? E se davvero avendo fatto noi il male essi non lo facessero, nemmeno in questo caso noi dovremmo dare ad essi l’appoggio del nostro consenso.

Ma ecco che essi, pur non dicendo cose come queste, fanno il male: ora perché si dovrebbe essere detestabili malfattori e loro e noi, e non loro soli? In effetti il nostro operare non può chiamarsi consenso, poiché noi non approviamo quello che essi fanno, ma cerchiamo sempre [il bene] e, per quanto sta in noi, ci sforziamo d’impedire che facciano [il male] e, quanto all’azione cattiva, non solo non la compiamo insieme con loro ma la condanniamo detestandola con tutto il nostro animo, per quanto ci è possibile.
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