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LE BEATITUDINI (Mt 5,1-12) Don Pedron Lino

Ultimo Aggiornamento: 06/12/2014 20:01
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06/12/2014 19:54


LE BEATITUDINI
(Mt 5,1-12)
(Pedron Lino)



Indice:

Le Beatitudini: legge fondamentale del cristianesimo
Le Beatitudini nella vita di Gesù
La felicità nelle Beatitudini
Beati i poveri
Beati gli afflitti
Beati i miti
Beati gli affamati e gli assetati di giustizia
Beati i misericordiosi
Beati i puri di cuore
Beati gli operatori di pace
Beati i perseguitati



Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo:

Beati i poveri in spirito,
perché di essi è il regno dei cieli.
Beati gli afflitti,
perché saranno consolati.
Beati i miti,
perché erediteranno la terra.
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia,
perché saranno saziati.
Beati i misericordiosi,
perché troveranno misericordia.
Beati i puri di cuore,
perché vedranno Dio.
Beati gli operatori di pace,
perché saranno chiamati figli di Dio.
Beati i perseguitati per causa della giustizia,
perché di essi è il regno dei cieli.

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.

 

 

LE BEATITUDINI: LEGGE FONDAMENTALE DEL CRISTIANESIMO

Le beatitudini sono il codice della vita cristiana, la sintesi del messaggio rivoluzionario che Cristo ha portato al mondo: un messaggio di felicità.

Gesù proclama e realizza un cambiamento più sorprendente di quello di Cana (Gv 2,1-11): la povertà diventa ricchezza, le lacrime gioia.

Egli non segue le vie battute dagli uomini, né suggerisce nuovi mezzi perché la loro affannosa ricerca trovi finalmente la meta. Prende atto del loro bisogno di gioia, lo approva, perché lo ha installato Dio creatore nel loro cuore, ma cambia la segnaletica del percorso, muta radicalmente il valore delle cose, ribalta la mentalità del mondo.

Non si tratta di leggere lo straordinario messaggio delle beatitudini per suscitare in noi uno sterile entusiasmo estetico o un’illusione di facile consolazione. È parola di Dio: È la voce di Dio fatto uomo che si propaga nel mondo e arriva alle anime, ad ogni singola anima... La prima nota che si avverte è un grido quasi polemico, contraddittorio: non indica quel concetto piuttosto comune di ritenere il vangelo come un balsamo lenitivo di ogni afflizione... È ben altro. Ha sì tutta la dolcezza e la capacità di confortarci: ma il vangelo è fuoco, il vangelo è ardimento, è la forza di Dio... Il vangelo ci dice cose che sembrano irreali: Beati i poveri, beati i piangenti, beati i perseguitati, beati quelli che rinunciano alla vendetta, all’uso della forza... Ecco come il vangelo sgombra dai nostri cuori la congerie dei falsi fondamenti delle nostre speranze terrene (Paolo VI).

Quelli che vogliono seguire Gesù Cristo devono essere forti, impegnati, liberi, leali: non possono servire a due padroni, a Dio e a mammona (Mt 6,24).

La vecchia obiezione contro il messaggio del vangelo, secondo cui il cristianesimo sarebbe la religione della rinuncia e della tristezza, nemica della vita e dell’impegno sulla terra, la religione dell’alienazione che impedirebbe ai suoi seguaci la compromissione con i problemi umani e il contributo fattivo alla loro soluzione, è una ben misera obiezione. Coloro che accusano il cristianesimo di alienazione non sanno capire nulla al di fuori del gioco delle passioni e degli interessi, non sanno vedere una spanna più in là dei loro contrasti temporali. Si tratta di un’incomprensione e di un rifiuto aprioristici al cui fondo sta il timore di essere posti in discussione, di venire costretti ad un esame poco lusinghiero per il loro orgoglio, ad un possibile superamento dei loro interessi.

Il vangelo non è contro l’uomo, anzi ne mette in luce la parte migliore, ne esalta le aspirazioni e lo spinge ad una crescita reale e operosa per il miglioramento della sua stessa condizione terrestre. Il vangelo non rende tristi e non toglie le speranze di una perfezione nella vita. Tutt’altro: esso non solo non spegne la felicità, ma la proclama. Tutte le ripresentate voci di Cristo incominciano con la grande parola "Beati", cioè essere felici; avere gioia e pienezza dell’essere. Il vangelo garantisce la felicità. Ma con due clausole. La prima è che esso cambia la natura della felicità. Questa consiste non nei beni effimeri, ma nel regno di Dio. Quindi: Cercate prima il regno di Dio... e tutte queste cose vi saranno aggiunte. La seconda novità introdotta da Gesù è quella che cambia i modi per raggiungere la felicità. Niente bramosia di ricchezze, niente egoismo, odio, cupidigie.

Bisogna invece contraddire queste tendenze o passioni, istinti, tentazioni. Si deve andare contro corrente, incominciando a rendere degno, paziente e sacro il dolore... Nel rileggere e meditare il discorso delle beatitudini si comprenderà come esso sia il codice della vita cristiana, il principio per dimostrarsi autentici, veramente fedeli, effettivi seguaci di Cristo (Paolo VI).

Le beatitudini non sono un testo da declamare quando si ha voglia di belle frasi: devono penetrare nell’intelletto e nella volontà e trasformare l’esistenza. Viviamo in un mondo dove la povertà non è certo in onore; dove il pianto degli afflitti, la mitezza, la misericordia, la purezza di cuore e cose simili sono ritenute prerogativa degli scemi.

Cristo ha insegnato ad alzare lo sguardo al di là dei limiti del presente. I poveri in spirito oggi possono godere del dono della pace e domani saranno padroni del regno di Dio. Perciò non debbono sentirsi abbandonati e infelici: devono sapere di essere beati. Così gli afflitti, quelli che piangono... Le lacrime non sono lontane da nessuno: il dolore accompagna la vita di ogni uomo. Così ogni uomo può conoscere oggi la beatitudine e la speranza della consolazione che scenderà sul suo cuore tribolato come una carezza della mano di Dio. Piangere è già una beatitudine... Ai suoi poveri, la consolazione Cristo la semina già nell’ora dei singhiozzi, quando il dolore brucia in cima come una candela e l’anima cola in gocce. Il piangere - solo il piangere - ci fa poi misericordiosi, ci fa provare pietà di noi stessi e degli altri; e quando siamo misericordia, finalmente tra Dio e noi non c’è più confine, la nostra acqua si mescola alla sua... E se di Dio vorremo essere chiamati figli, allora arruoliamoci nella schiera dei pacifici: che è una durissima milizia e tutto vuol dire fuor che vivere in pace e disertare la lotta, ma battersi per la madre più minacciata e tremante, la pace (Luigi Santucci).

 

 

LE BEATITUDINI NELLA VITA DI GESÙ

Quello che Gesù insegnava ai suoi discepoli lo viveva lui per primo.

Egli viveva distaccato da ogni bene materiale e da ogni comodità. Nato povero, visse ancora più povero e morì poverissimo. Le volpi e gli uccelli sono proprietari, lui nullatenente: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Mt 8,20). Lui, il padrone di tutte le cose fa una scelta di povertà e di distacco assoluto. S. Paolo scriveva ai Corinzi: Voi conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2 Cor 8,9). Gesù è un povero che vuol arricchire spiritualmente gli altri. È felice della sua povertà purché l’umanità possa acquistare più ricchezza d’anima.

Gesù è mite e si attribuisce espressamente questa qualità: Imparate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Egli non è come gli scribi e i farisei che legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito (Mt 23,4). Presentando il suo messaggio sotto forma di beatitudini, manifesta la sua intenzione di attirare gli uditori alla sua dottrina, piuttosto che opprimerli con prescrizioni da osservare.

Mite e umile di cuore durante la sua vita, conserva la sua dolcezza sulla croce. Oltraggiato non rispondeva con oltraggi e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia (1Pt 2,23). Implora perdono per i responsabili della sua morte, invocando per essi le circostanze attenuanti: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34).

Sulla croce realizza in modo impressionante la beatitudine degli assetati: Ho sete (Gv 19,28). Egli ha sete fisicamente, ma soprattutto ha sete di maggior giustizia e d’amore nel mondo. Come aveva fame della volontà del Padre (Gv 4,34) così aveva sete di questo regno di grazia che avrebbe trasformato l’umanità. Con la sua fame e la sua sete Gesù ha aperto la via ai nostri buoni desideri, ai desideri di un mondo migliore.

Gesù è puro di cuore. Nel suo cuore non v’è alcuna passione avvilente. La sola passione era di far amare il Padre e di salvare gli uomini.

Aveva una dirittura totale nella condotta, non deviava e non si lasciava fuorviare da alcuna ambizione personale. Viveva nella chiarezza della verità. In lui non è mai penetrata l’ombra della menzogna o la complicità col male. Tuttavia questa rettitudine assoluta non è mai stata durezza, non si è mai tradotta in severità per gli altri.

Gesù è stato misericordioso. Aveva una sincera e profonda pietà per i peccatori: i suoi avversari l’hanno accusato di essere l’amico dei peccatori e di mangiare con loro (Lc 15,2). Egli stesso ci spiega perché questa simpatia per loro era così viva in lui: Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc 19,10).

Molti episodi del vangelo testimoniano questo amore misericordioso: la samaritana (Gv 4), la donna adultera (Gv 8), la prostituta pentita (Lc 7), il pubblicano Zaccheo (Lc 19)...

Gesù è operatore di pace. Anzi, Egli è la nostra pace (Ef 2,14). Riconciliando gli uomini con Dio, li riconcilia tra loro. Stabilisce la pace nelle relazioni umane. Fornisce il principio di soluzione di tutti i conflitti: l’amore universale, senza limiti, un amore che non si stanca mai di perdonare e che tenta tutte le strade per riconciliare quelli che sono divisi. Nel suo Natale porta la pace agli uomini (Lc 2,14) e la pace sarà nuovamente il dono della sua Pasqua di risurrezione (Gv 20,19-21). Non la pace degli armistizi, dei trattati e dei tira molla della politica, ma la sua pace: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore (Gv 14,27). La pace che egli dona l’ha conquistata con il suo sacrificio sulla croce.

Gesù è stato afflitto e perseguitato. È lui l’uomo dei dolori annunciato da Isaia (Is 52,13-53,12). Tanto si è occupato di alleviare quelli che soffrivano e di guarire i malati e gli infermi, altrettanto ha accolto le sofferenze fisiche e morali che il Padre gli aveva destinato. La vita di Gesù non è mai stata facile: Tutta la vita di Cristo è stata croce e martirio (Imitazione di Cristo. Libro II Cap. XII,7). Fin dal suo nascere e in tutto il corso della sua esistenza terrena è stato cercato a morte e molestato dagli avversari. Trovò la sua gioia nell’eseguire la volontà del Padre, percorrendo la via della sofferenza.

Tutte le beatitudini hanno trovato in Gesù un modello perfetto. La felicità nascosta nella sua vita terrena si è rivelata in modo definitivo nel trionfo della sua risurrezione.

Egli ci ha mostrato così che la felicità della beatitudine comincia nella vita presente e si svilupperà in pienezza nella vita del mondo che verrà.

 












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