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San Filippo Neri Dell'amore al proprio disprezzo

Ultimo Aggiornamento: 03/05/2015 00:18
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02/05/2015 23:50


21. Merita che evitati con lui tutti i discorsi gradevoli, consolativi e giocondi, non d'altro gli si parli che di materie odiose, moleste e spiacevoli al suo naturale, delle quali si era dichiarato di abborrire la rimembranza: il che anche si faccia con le maniere le più disgustose e ingrate: e non s'abbia alcun riguardo a interrompergli importunamente l'applicazione ai negozi più seri, e per fino la quiete, lo studio e il riposo, per attaccare con lui discorsi malinconici e molestissimi, anche mentre non può mettere al male alcun rimedio.

22. Merita che facendo qualche atto di scusa, sebbene non dovuta, o di umiliazione a qualcuno, non solo non sia ammesso con maniere piacevoli, ma venga ancora ributtato con dispetto, con minacce, rimproveri, villanie e affronti sensibilissimi, e frattanto altri che vi si trovassero presenti ne mostrino godimento, ne facciano applauso per confonderlo più ed umiliarlo.

23. Merita, che essendo lodato da alcuno in assenza sua, o in sua presenza, subito altri ne interrompa la lode con rivolgere ad altre cose il discorso, e anche con narrare qualche sua mancanza vera, o falsa, e che gli siano cavati fuori i suoi antichi errori, sfregi e bassezze, già restate come sepolte nell' oblio; sicché ne resti con disistima e discredito.

24. Merita che gli siano ridette da tutti le stesse cose cento e mille volte, come se fosse del tutto privo di memoria e di capacità di comprendere: e che gli si faccia ripetere spesso ciò che da lui altre volte è stato detto o narrato; e a ciò seguano derisione motti di scherno: e che anche le persone ignorantissime pretendano di fargli da dottori e maestri in cose di sua competenza e perizia, dove più si è fondato con lo studio o con l'esperienza; e non manchi altresì chi si faccia avanti a suggerirgli i primi principi, e ad insegnarli, come suole dirsi, l'abc sulle stesse materie: del che quegli anche pubblicamente si vanti e se ne faccia un pregio.

25. Merita, che si estenda anche più innanzi, questa sorta di disprezzo, e ci sia chi non avendo alcuna autorità sopra di lui, entri nei fatti e nelle cose sue ancor più recondite e delicate, gli stai alle costole, gli dia leggi, e voglia dominarlo a suo capriccio, e mettergli, per modo di dire, il piede sul collo, con usare una certa padronanza e superiorità sui suoi affari, interessi e maneggi, e anche sulla sua persona con maniere alte e sprezzanti.

26. Merita, che gli sia mostrato il bene, solo per lusingarlo o per adescarlo, per accendergli sempre più l'appetito, e dopo cento buone parole faccia sul più bello sparir dagli occhi, e resti bruttamente deluso a mani vuote; onde invece della rosa trovi la spina, invece d'argento e di pane trovi un sasso, e invece di onore trovi disprezzo, e tutto vada a finire in una strepitosa risata.

27. Merita, che se qualcuno dalle sue circostanze è costretto a fargli qualche sorta di bene, glielo faccia mal volentieri, e come per forza, e poi non cessi di rinfacciargli e rimbrottargli mille e mille volte il bene che gli ha fatto, quando in realtà altro non fu che bagatella: ancora vada spargendo a piena bocca d'averlo esso cavato fuori dal nulla per carità, trattolo da un abisso di miserie, e sollevatolo al posto che di presente possiede, e che di ciò deve essergli debitore, ma che egli si è comportato sempre da irriconoscente e ingrato.

28. Merita, qualora si trova ridotto in gravi afflizioni, caduto al basso, abbattuto di corpo e di spirito, di vigore e di forze, con mille angosciosi pensieri alla mente ed angustie al cuore, che allora gli si moltiplichino i disprezzi, senza alcun riguardo e alla peggio; anzi in tali congiunture la gente dalle stesse sue calamità ed oppressioni prenda animo a vilipenderlo e conculcarlo; che si attribuiscano le sciagure che gli sono piombate addosso, alla sua imprudenza, balordaggine, temerità e si ascrivano a eccessi occulti da lui commessi

29. Merita che sia cacciato dai suoi onorevoli posti ed impieghi, e sia messo in disgrazia di chi lo reggeva, e sia fatto passare come scimunito, inabile, perverso, e solo atto a rovinare ogni cosa, talora per incapacità, e talora anche per malizia. Trovandosi poi così depresso e avvilito, merita che gli sia dato più addosso, per finire di precipitarlo. In tal guisa fu strapazzato Gesù: "inseguono colui che hai percosso, aggiungono dolore a chi tu hai ferito. (Ps. 69 (68), 27).

30. Merita, che gli sia negato quello che gli appartiene, o almeno gli sia dato con maniere incivili, con viso torbido e con parole ingiuriose, o pure con frequenti replicati rimbrotti, onde spesso sia maggiore la pena che per un tal trattamento riceve, del bene che gli si fa, per altro a lui dovuto; e avvenga ancora, che ciò che altri gli debbono per rigorosa giustizia, millantino di pagarglielo per di più, per carità e commiserazione; e questo pure segua con pessimo garbo: laddove quel che egli fa, o somministra ad altri per mera carità, sia ricevuto e preteso come di legge e di dovere senza dimostrargli però alcuna sorta di gradimento,

31. Merita, che chi aveva commissione di dargli della roba, nulla esegua a suo vantaggio, e piuttosto dia ciò che era destinato e spedito a lui a quelli che non sono bisognosi di cosa alcuna; e impieghi l'opera sua in tutt'altro fuorché verso di lui

32. Merita, che contro la sua e contro la comune aspettativa, quel bene che egli desiderava, lo veda conferito ad altri, senza titolo alcuno, anzi per questo solo motivo, perché non sia dato a lui e intanto con estrema sua pena e confusione ne resti privo e mancante, quantunque vi contasse, e lo facesse suo; soprattutto quando ciò sia avvenuto per falsissime informazioni e lamentele, per inganni ed anche in modi violenti e ingiusti.

33. Merita che furtivamente da più persone renda un'esatta e rigorosa osservazione di lui, per intendere come parla, come opera, con chi tratta, quali affari abbia alle mani, ove si porta, ove si trattiene, e che per minuto si osservino perfino i passi, i movimenti, le occhiate, i sospiri; tutto ciò in somma che è in riguardo a lui sia spiato da tutti con occhio ben attento ed anche di nascosto, e questo al fine di censurarlo e screditarlo e riferirlo a chi meno vorrebbe, con suo gravissimo dispiacere; onde ne succeda di far esso una miserabile figura in faccia a chi più egli conta, e al pubblico ancora; e che ciò gli si usi non solo dai maggiori e da chi ha sopra di lui qualche autorità, ma bene spesso ancora dagli uguali, dai minori e da quelli stessi che cento e mille volte hanno sperimentato la schiettezza del suo procedere; e che quei medesimi si infurierebbero se il potessero sospettare che egli in tal guisa si ponesse in osservazione dei fatti loro.

34. Merita che gi spacci il suo nome e la sua parola, senza la di lui commissione e intelligenza, anche in materie odiose e gelosissime, senza speranza, che sia mai scoperta la falsità della commissione; onde ne gli succeda disamore, discredito e disprezzo.

35. Merita che in un tratto, e quando meno se l'aspetta, gli siano troncati e rovesciati sul più bello, i suoi disegni, onde non abbia il piacere di compiere ciò che aveva incominciato con speranza di felice successo.

36. Merita, che non gli si permetta di operare, almeno quando e come vorrebbe; e però succeda, che gli siano tolti dinanzi i mezzi e gli strumenti necessari per le sue azioni; che gli sia impedito di entrare in casa propria, e che ne sia anzi cacciato per forza, onde sia costretto a rimanere fuori allo scoperto, esposto alle inclemenze delle stagioni, senza trovare sostentamento e ricovero. E ancora, per avvilirlo maggiormente, avvenga che si attribuisca la sua inazione e ritardo a ignoranza, a positiva voglia di scansar la fatica e di non far cosa alcuna di bene. Chi si è servito della sua volontà e dei doni datigli da Dio per arma contro di lui nell'oltraggiarlo con le sue colpe, non merita forse, che si usi ogni mezzo anche il più strano per troncargli la strada a operare?

37. Merita di vedere, che le sue opere anche intraprese con ottimo fine e retta intenzione, non abbiano felice riuscita, mentre le opere altrui sortiscono effetto felice; dal che risulti, che quelli siano applauditi, onorati e premiati, ed egli non curato, abbassato e posto in una confusione ben grande.

38. Merita di esser sottoposto e negli impieghi e nei posti e nelle comparse e nel vivere, a persone molto a liti inferiori per la condizione, per gli anni, per l'anzianità, per sapere e per qualunque altro titolo; le quali persone siano verso di lui poco trattabili, indiscrete, arroganti, incivili, impetuose e in tutto ripugnanti e contrarie alla sua indole e inclinazione.

39. Merita che anche a bella posta non sia mai impiegato in quelle azioni e imprese, per le quali è abile e felice nell'operare; dal che ne segua, che non riuscendogli bene le sue funzioni e ministeri, sia reputato uomo da nulla, un pan perso e un aggravio della casa e della comunità, e come tale sia spesso schernito.

40. Merita che se gli tronchi la strada ad ogni avanzamento e vantaggio, in genere di roba e d'onore e di posti e d'impieghi e di dignità e di qualunque bene desiderabile nel mondo, e di quello ancora che era in atto di conseguire in corrispondenza dei suoi lunghi servigi e benemerenze, o per qualunque altra ragione: e ciò segua e a fronte scoperta e con occulti maneggi e artifici, onde non possa mai alzare il capo, ma sempre si trovi respinto indietro, e rovesciato a terra, a dispetto di tutte le sue diligenze, e premure; e qualunque volta sperava di migliorar le sue condizioni, le ritrovi ridotte in stato peggiore.

41. Merita che gli siano anche fuor di tempo e all'improvviso tolti gli impieghi e uffici a lui più graditi, e conferiti ad altri, e singolarmente a chi ha procurato che contro ogni ragione gli fossero levati. Nel qual caso, sotto i suoi medesimi occhi, quegli disfaccia anche ad onta sua ciò che esso aveva fatto e ben ordinato con molto studio e travaglio.

42. Merita se ebbe impieghi di governo, che le persone da lui ammonite e castigate, divenendo poi suoi superiori, lo tengano sempre basso, e con gran severità lo castighino per mancanze anche involontarie, e tutti gli ridicano più volte e in pubblico, alla presenza talvolta di chi possa più a lui dispiacere, i difetti che commise quando era superiore.

43. Merita di esser preso di mira e fatto servire a quest'uso. Si rimuova da una operazione, quando è vicino a finirla e riportarne onore, e si faccia terminare da un altro, anche suo contrario, appunto perché quegli ne abbia l'onore e la compiacenza, a costo di lui: ed al rovescio, quando altri ha condotto male un affare senza rimedio, ed è vicino a provarne la confusione e il castigo, si tolga quegli dall'imbarazzo e vi si metta esso disprezzevole; e tutta la pena e la confusione tocchino a lui, creduto autore dell'opera rovinata.

44. Merita di essere senza riguardo alcuno, smentito, anche in faccia, con maniere le più vili e offensive: e che avendo egli preso un impegno, e fatto un' azione, con l'approvazione e consiglio di qualche personaggio di conto e per commissione ancora di liti, volendo poi portare, a giustificazione dei suo detto e operato, l'autorità di quel tale, quegli mutato del tutto linguaggio, si getti liberamente a negare, sia in privato che in pubblico, sia voce che per iscritto, di avergli mai data la detta approvazione, consiglio e commissione, e che mai neppure gli è stato parlato di ciò. Dal che ne segua, che il misero se ne resti contro ogni aspettazione deluso, senza alcuno che lo sostenga, e con la nera taccia di impostore, bugiardo e raggiratore.

45. Merita che avendo intrapreso, anche con sua ripugnanza e per fare sacrificio di sé, un affare delicato, un impegno difficile, mosso unicamente dalle persuasioni e preghiere importune, e talvolta dai comandi di persone autorevoli, queste poi siano le prime a rivoltarglisi contro e dargli addosso, a biasimare e condannare il suo operato, con tacciarlo d'incapace, di superbo, di temerario, quando anche tali persone siano state, e proseguono ad essere la cagione, coi loro segreti raggiri a fraudolenti maneggi, che la sua opera e le sue fatiche non abbiano potuto, e non possano felicemente riuscire: e frattanto egli con un simile sfregio se ne rimanga avvilito e depresso.

46. Merita che il suo bene, e ciò elle potrebbe cagionargli stima e fargli del merito, resti o non conosciuto, o non voluto conoscere, o dimenticato affatto, o in qualche maniera diminuito, oscurato, soppresso e come annichilato. Quindi avvenga, che nulla si valutino in lui le buone qualità, che in altri si apprezzano, benché sia certo che sommamente le possiede. come la roba, la civiltà, la parentela, il merito illustre dei suoi maggiori, il. talento, la felice memoria, la scienza, la destrezza nell'operare, l'esperienza negli affari, e il vantaggioso servizio da lui prestato al pubblico e ai privati, il posto, la professione, la beneficenza, la sincerità, il buon cuore, e mille altre simili cose.

47. Merita di vedere del continuo altri per le stesse buone qualità, e molto minori ancora delle sue, essere da tutti commendati, applauditi, onorati, consultati, promossi, provvisti coli ogni splendidezza e decoro, e alla grande trattati; ed egli frattanto sia posto in dimenticanza e lasciato in un canto come un uomo da nulla, senza che da veruno si abbia la minima considerazione e riguardo per lui; oppure sia fatto tornare addietro, e messo in impiego infimo da principiante. Infatti, se si reputa un niente, come in realtà egli è, intenda bene questo essere il trattamento che a lui si compete: e se si reputa un peccatore, che è quanto dire un oggetto di niente peggiore, deve stimar bagatelle simili trattamenti, e non curanze di lui, e deve piuttosto stupirsi, se mai riceve il più piccolo contrassegno dell'altrui stima e ossequio: e se oltre il non farsi alcun conto di lui e delle sue qualità, non è sempre caricato di ingiurie di obbrobri.

48. Merita di passare per balordo, melenso, imbecille, scemo di cervello e come tale esser trattato, anche con mille raggiri e sottomani, e che sia esplorato il. suo sentimento e consiglio, unicamente per contrariarlo, vilipenderlo e prendersene pubbliche beffe. Laonde anche succeda d'esser egli tentato, circonvenuto, messo in mezzo, e che con arte se gli tragga di bocca quel che si vuol far servire per abbatterlo, e rovinarlo e che in faccia gli si parli in un modo, e tutto a rovescio dietro le spalle.

49. Merita di esser burlato, deriso, motteggiato e schernito con soprannomi, che lo tocchino sul più debole e sul più vivo; e che in sua assenza e in sua presenza, senza la minima soggezione e riguardo, quando si pretende di rallegrare la brigata e muoverla a riso, si metta in campo la di lui persona, i suoi modi, le sue operazioni con tal garbo e artifizio, che sia fatto servire di giuoco, di trastullo, di balocco agli sfaccendati, e di oggetto di scherni e di beffe, e come se fosse posto alla berlina; e che inoltre si rifaccia da altri la sua parlata, la sua voce, gesti, maniere, atteggiamenti ecc., con mille caricature e affettazioni, per renderlo del tutto ridicolo.

50. Merita che gli sia contraffatto il carattere e il sigillo, e anche si arrivi a fingere la sua persona e adattarsene la figura, per fare qualche azione disdicevole, onde da ognuno si creda derivare da lui, con grave sua confusione e diffamazione, come ad altri è ciò avvenuto. Di più, che se ha dato alla luce opere scientifiche da recargli onore, si ristampino col titolo di diverso autore, oppure col suo nome medesimo, ma alterare con errori di lingua, di sentimenti, di raziocinio; in modo che sia riputato da tutti ignorantissimo.

51. Merita che altri si servano di lui come di uno zimbello, o di un fantoccio di paglia per i loro fini stravolti; e senza che se ne accorga, gli facciano fare la figura più brutta e odiosa del mondo, con gettargli anche, come suoi dirsi, la polvere negli occhi; e che ciò gli si usi, perché egli stesso da sé si fabbrichi la sua rovina, e s'inviluppi nella rete con le sue stesse mani tessuta; della qual cosa non si accorga, finché non vi sia più rimedio.

52. Merita di comparire vile, abbietto, ignobile, incivile, senza giudizio, senza spirito, senza creanza ed educazione, privo di ogni buona qualità, e pieno d'innumerabili mancamenti e naturali e morali, e quanto al corpo e quanto all'anima, e quanto a tutto il rimanente delle cose sue. E perciò non considerato per nulla, qualora per suoi premurosi affari e ingerenze gli avvenga portarsi a qualche personaggio, subito che mette il piede in quella casa, o ne sia cacciato dai servi cori villanie, o sia fatto aspettare nelle anticamere, dandosi frattanto accesso ad altri inferiori ad esso di nascita e di condizione, sopraggiunti più tardi di lui, e dopo lunghe ore ne sia licenziato con frivoli e ridicoli pretesti, e mandato via come un vilissimo plebeo; il che gli si usi con riso, con beffe e con vituperi ancora, e di concerto fra molti, e cori approvazione di quello stesso personaggio.

53. Merita che liberamente si pensi male di lui, e che la gente supponga di poter ciò fare senza dilungarsi dal vero, con credere d'averne più che sufficienti fondamenti e ragioni, Quindi succeda, che si formi di lui un concetto molto sinistro, e di esser creduto la persona più cattiva del suo vicinato, della sua comunità e dei suo paese.

54. Merita che s'interpretino le sue parole ed azioni buone in se medesime, o almeno indifferenti, per la parte sempre peggiore, e lo stesso avvenga dei suoi pensieri e intenzioni, onde per lui sia dato d'eccezione a tutte le leggi di favore e di condiscendenza; così il suo silenzio e pazienza siano presi per una confessione di colpa; ogni ombra di dubbio, o sospetto s'interpreti per una verità manifesta, e che non solamente non gli si menino buone né ignoranza, né inavvertenza, né primi moti, ma di più che sia condannato ad ogni piccolo indizio, Senza udir lui, e chi faccia per lui, e si cammini contro di esso per via di sinistre prevenzioni e falsi supposti.

55. Merita di essere stimato difettoso e mancante in quel medesimo, ove pone tutto lo studio per ben riuscire, o praticare la virtù. Per esempio, di passar per superbo e ambizioso, quando procura di esser umile e alieno dalle umane grandezze; di esser riputato disobbediente e ostinato nel proprio giudizio e volontà, quando si sforza di cedere, di sottomettersi e di arrendersi all'altrui volere, massime dei suoi superiori; privo affatto di carità, quando si ingegna di fare del bene a tutti; collerico e vendicativo, quando alle ingiurie corrisponde con orazioni e con benefici; finto e bugiardo, mentre ha grande orrore a sì fatti vizi; che abbia per mira di soprastare, di dominare di entrar per tutto, di regolare il mondo, quando in realtà nulla più brama che di attendere a Dio solo ed a sé. E così vada quanto al resto.

56. Merita che si parli male di lui in pubblico e in privato, in sua assenza e presenza, e che appena commette una debolezza e cade in errore, nulla gli si perdoni, anzi subito si prenda la tromba, e dappertutto si propali e sì sparga, e si faccia penetrare all'orecchio anche di chi non vorrebbe che tali cose sapesse: e non si ponga mai fine al rumore e alla mormorazione, ma ogni dì si torni da capo, e si ripigli la stessa musica.

57. Merita di ritrovarsi in angustie tali, che per lui non vi resti parte ove voltarsi, onde dappertutto incontri biasimi, censure e disprezzi. Che però sia ugualmente maltrattato e vilipeso se opera, o se non opera, se si mostra mesto, o allegro, se sociale o ritirato, se si giustifica dalle accuse, o se non si giustifica. Se parla, sia tacciato di manifesta superbia fina e nascosta; se esteriormente si umilia, se l'imputi a finzione e ipocrisia, se non si umilia, si chiami reo di ostinata arroganza: e così del rimanente. Dal che ne succeda che da tutto quello a cui si appiglia, a lui ridondi biasimo e vilipendio, e neppure sappia in tali casi, frequenti a succedergli, a qual partito, gli convenga attenersi per evitare, se non altro, il maggior disprezzo.

58. Merita che con lui si proceda con tutto il rigore, mentre con altri si usa con equità e dolcezza. Quindi da lui si pretenda, che faccia più delle sue forze, della sua abilità e cognizione, e non potendo egli corrispondere, sia perciò trattato come caparbio, codardo ecc., e qualora trascorre in qualche mancanza leggiera, anche una sola volta, sia subito mortificato, e con più severità di ciò che ammette, o la legge, o la consuetudine, o l'arbitrio dei superiori: laddove se cadono altri in mancamenti ancora più gravi e più sovente di lui, gli veda meglio trattati per via di epicheie, di grazie e di dissimulazioni.

59. Merita che il più malagevole, il più odioso, il peggio in somma venga a posarsi e colare sopra di lui quasi di diritto e di legge; come la stanza più incomoda, le vesti più vili, il cibo mal condizionato, onde a lui tocchi sempre il rifiuto degli altri, e quel che essi non possono, o non vogliono fare. Quindi per ordinario si veda addossate le incombenze, gli impieghi e le occupazioni ove è maggiore il travaglio, la pena e l'umiliazione, e minore il lucro, il piacere e l'onore. Infatti, se il peggio tra molti deve necessariamente toccare ad uno di essi, senza alcun dubbio è dovere che trovandosi tra mille e centomila una persona disprezzabile, cada sopra di questa. Dunque chi pensa di sé medesimo di meritare il disprezzo (e non può e non deve pensare ciò degli altri) sempre ha da credere per sicuro di meritare il più vile ed il peggio, anche se fosse in mezzo a centomila persone, e che convenga che sia preso di mira esso, per lasciar vivere in pace gli altri che non debbono esser disprezzati.

60. Merita che non siano attese e curate le sue domande e raccomandazioni, come derivanti da un soggetto di nessuna stima, e anzi siano sempre respinte le sue pur giuste suppliche, istanze, memoriali, lettere, e persino i clamori ed i pianti. E quante volte noi siamo stati volontariamente sordi alle voci di Dio, nulla curando le sue ispirazioni, i suoi avvisi e le sue premurose interne richieste! E ci sembrerà poi strano di ricevere un simile trattamento dagli uomini? E chi non ha dato neppure a Dio ciò che con infinito diritto di giustizia esigeva tante volte da lui, potrà pretendere da altri quello che per mera cortesia implora?

61. Merita che non sia lasciato fare giammai a suo modo, e specialmente in quelle cose che l' interessano moltissimo; e ciò accada non semplicemente ed a caso, ma per capriccio, per emulazione, per dispetto ancora, onde venga abbassato e depresso.

62. Merita di esser corretto e rimproverato da tutti, in tutti i tempi, con maniere ancor le più aspre e crude, e senza finirla mai; onde di continuo gli siano gettale sul viso le sue mancanze, sebbene fossero gravi e notabili, e già detestate e abolite da lui con rigorosa penitenza e dei tutto emendate.

63. Merita che gli siano imputate colpe enormi e delitti gravissimi da lui non commessi, e che si arrivi a segno di condannarlo perciò a penitenza e castigo il più severo, anche di carcere penosissima, senza alcun conforto e sollievo (come è avvenuto ad alcuni santi, benché vissuti sempre innocentissimi) e senza che vengano giammai a discoprirsi le altrui imposture e calunnie contro di lui, non solo nella stia città, ma altrove ancora; onde rimanga egli nel mondo diffamato sulle lingue degli uomini, sulle scritture private e sui libri pubblici a tutta la posterità. Il che deve considerarsi da esso per un. tratto della divina adorabilissima giustizia, che con ciò permette cha sia data riparazione a molti verissimi peccati da lui commessi, i quali se sono occulti agli uomini, non cessano, né cesseranno mai di esser manifesti e patenti dinanzi agli occhi di Dio.

64. Merita che il bene fatto da lui si attribuisca altri, i quali ne restino perciò senza alcun loro merito onorati, apprezzati e premiati, e che il male degli altri si attribuisca a lui, o se non altro si creda esserne stato egli l'occasione con i suoi cattivi esempi. E questo specialmente accada quando si vede un bene e un male e dell'uno e dell'altro s'ignori l'autore. In tali casi sempre si supponga procedere il bene da un altro fuori che da lui, e il male non potersi più convenientemente ascrivere ad altri che a lui medesimo.

65. Merita per renderlo più vile e odioso, che gli siano date ad intendere mille falsità, le quali narrate da liti con buona fede, gli sollevino contro gli animi delle persone, e sia reputato egli l'inventore di bugie e di scandal, e sia riconosciuto per cagione d'innumerevoli sconcerti.

66. Merita che tutto quello, che naturalmente dovrebbe portargli onore, stima, rispetto, ricompensa ed amore, e che in qualunque altro, a vista di tutti, produce simili effetti, come la canutezza, l'anzianità, la condizione, il sapere, le molte fatiche e servigi da lui prestati con notevole emolumento e profitto di molti, o della sua comunità, niuno di tali vantaggi cagioni a lui considerazione alcuna, anzi il tutto si tra volga e rovesci in suo maggior discredito e vilipendio, o per vie mezzi affatto ignoti ed oscuri, o per qualche persecuzione manifesta e palese, per cui bianco per lui si trovi il modo di cambiarlo in nero.

67. Merita di esser posposto a tutti e cacciato nell'ultimo luogo, senza alcun riguardo, quando secondo lo stile e la comune usanza, o per l'età, o per le fatiche, o per gli impieghi sostenuti, o per la dottrina, o per qualunque altro titolo gli toccherebbero i primi posti i quali veda assegnati a giovani senza merito e senza esperienza, col solo intento di escluder lui. Infatti se fu preferito l'empio Barabba all'innocentissimo Gesù, e posto Gesù in mezzo a due ladroni, fu fatto comparire di essi il più ribaldo e malvagio, come potrà un peccatore non reputarsi meritevole di esser posposto ad altri, per vile, per ignorante e ancor vizioso che quegli sia? Oh gran punto di utile meditazione può esser questo alle occasioni!

68. Merita che essendo a torto angariato e calunniato, gli sia contro ogni buona regola tolto il diritto a difendersi e discolparsi, onde o si pronunzi contro di lui la sentenza o la condanna senza sentirlo, o se si ascolta, si ributti con impero e con disprezzo quanto egli allega in suo favore, senza dar luogo alle giuste riflessioni, per bilanciare le sue ragioni.

69. Merita che contro di lui prevalgano, o a ragione o a torto, i suoi emoli, avversari, persecutori, quantunque ingiusti, bugiardi e di notoria malignità, per vie anche più storte ed inique.

70. Merita che dalla sua depressione e rovina, altri si ingrandisca e si innalzi, e anche chi gli ha fatto contro e ne è stato la cagione, e che mentre esso piange e patisce, altri rida e tripudi, anche in sua presenza, e se ne vanti e ne faccia un trionfo, fin che vive.

71. Merita che con prepotenze ed inganni gli siano tolti gli aderenti e gli amici, i difensori, i favorevoli, i serventi ecc. e che sia impedito alla gente l'impegnarsi per esso, il fargli del bene, e di vedere ripresi e puniti quelli che si interessano per lui.

72. Merita di esser soverchiato e messo in mezzo, balzato in: qua e in là, posto in mala considerazione presso le persone più ragguardevoli e che avevano della stima di lui, e ciò gli avvenga da chi più si prometteva; e si accorga chiaramente, che con belle tinte parole è stato posto in imbarazzi e in impegni, per essere da quegli ingannato con maniere le più sconvenienti e umilianti, quando credeva di esser portato in palma di mano: e segua che chi gli faceva da amico e da confidente, alla fine gli si mostri nemico, contrario e traditore, quando non sia più in tempo di guardarsi dai fraudolenti colpi e lacci di lui, e che si veda ridotto per terra senza speranza di potersi riprendere.

75. Merita che sia di lui meglio trattata una bestia, anche dinanzi ai suoi medesimi occhi: dovendosi aver riflesso, che la bestia non ha mai offeso il comune Creatore, ed esso molto lo ha oltraggiato. Di più, quanto alla bestia, non c'è da temerne mai la ribellione contro il suo Signore; ma quanto a lui v'è tutto il motivo di paventarne, per il futuro e per il passato e perché finché vive porta in sé il principio e la tendenza alla ribellione a Dio; la quale, se lo stesso Dio non comprime e rintuzza con l'onnipotente suo braccio, va senza dubbio a finire in eccessi enormissimi.

74. Merita che gli piovano sul capo le disgrazie e i flagelli, e che unitamente agli uomini, anche i demoni cospirino a screditarlo e avvilirlo; onde si pensi che qualche straordinaria malizia e iniquità in lui si trovi, in punizione della quale gli piombi addosso un segnalato castigo; in guisa che sembri che lo stesso Signore Iddio, invece di difenderlo, manifestamente si accordi per suoi giustissimi fini a umiliarlo e deprimerlo.

73. Merita che gli oltraggi che gli si fanno, invece di esser ributtati e sventati, siano anzi approvati e autorizzati da persone ancora di conto e di stima, e da quelle altresì, delle quali più si prometteva; onde non gli sia possibile il far ricorso alle medesime per sincerarsi e riportarne qualche sollievo, o le trovi affatto prevenute contro di lui e impegnatissime nella sua depressione.

76. Merita che a misura del crescer degli anni e della servitù da lui prestata a comune vantaggio, gli crescano gli avvilimenti e i disprezzi, fino ad esser considerato come un rimbambito, senza che altri, e singolarmente chi per uffizio è obbligato a farlo, prenda la cura di provvedere alle sue necessarie indigenze; o al più gli siano dati impieghi da fanciulli e ridicoli, con assegnargli anche qualche uomo fiero e indiscreto che a capriccio lo regoli, lo maneggi e gli comandi come gli fosse un tutore; e di più arrivi a venire a noia e in fastidio a tutti, anche ai suoi più cari medesimi.

77. Merita che il suo disprezzo sia universale, quanto a quelli che lo vilipendono; e a sua maggior confusione succeda, che le persone tra loro contrarissime, nel vilipenderlo poi si uniscano insieme di comune consentimento con l'impegno più efficace, nella guisa stessa che permise il Signore per nostro amore, che Erode e Pilato, fra loro innanzi discordi, convenissero ambedue a maltrattarlo; onde apparisca come concesso a tutti di fargli oltraggio impunemente, senza eccezione, senza riserva di luoghi, di tempi e di circostanze, e ancora a posta ferma e a bello studio e su gli occhi e dietro alle spalle e con la voce e coi fatti; onde i suoi vilipendi sempre più si dilatino e pervengano alla notizia più facilmente di chi ha, o può aver cognizione di lui. Parimente sia universale il disprezzo quanto all'oggetto, onde sembri esservi libertà d'attaccarlo in tutti i generi, anche più stravaganti, delicati e disonorevoli, di vizi, di eccessi, di rossori e di confusioni.

78. Merita che il suo disprezzo sia di vastissima estensione quanto ai perniciosi effetti da esso prodotti a sua maggior onta e avvilimento, in guisa che resti senza limitazione offeso non solo nell'onore e rispetto, non solo nella fama, nella comune estimazione e nel buon nome; ma anche nell' anima per le amarezze, afflizioni ed angustie recategli; nel corpo per le fiere percosse e strapazzi consecutivi; onde resti molto danneggiato nella sanità, nella roba che gli sia rubata, o per vari accidenti la veda andare in consumazione, e nello stato splendido e decoroso non si possa più sostenere; e per maggiore afflizione sua nei suoi dipendenti ancora e più cari e di sua maggior congiunzione e attinenza, sopra dei quali o direttamente, o indirettamente e per una certa ridondanza miri scaricarsi il suo disprezzo medesimo con l'angustia di non potere ad essi porgere aiuto, in guisa tale che i disprezzi e i travagli che soffre nella propria persona, sia costretto a vederli soffrire in quelli che ama quanto se stesso; onde neppure conosca quale delle due sia la pena maggiore che lo colpisce, se quella che prova per i disprezzi fatti a sé, o per i disprezzi e confusioni, che per suo riguardo vede scaricati sopra gli altri.

79. Merita che il disprezzo il quale l'affligge sia irrimediabile: che non -serva per lui il giustificarsi, implorar perdono e misericordia, e umiliarsi motto profondamente, piangere, offrirsi a rendere qualunque soddisfazione a chi la brama, applicarsi ad una rigorosa penitenza in espiazione delle sue mancanze, emendare i costumi e cambiarsi tutto in un altro, spogliandosi dell'uomo vecchio e delle sue debolezze rivestendosi del nuovo, col corredo d'ogni virtù. E quantunque trattandosi d'altri soggetti, il fare la sola metà di tutto ciò fosse sufficiente e ancora d'avanzo per reintegrarli nel proprio onore, per lui non giovi; onde anche per questo motivo gli si renda più pesante il disprezzo medesimo.

80. Merita, che il suo disprezzo sia continuo e perseverante, e che senza respiro dopo uno ne succeda un altro anche maggiore; e battuto appena per una parte, si senta ben tosto vibrare un colpo dall'altra: in guisa che non vi sia tempo, né luogo, né circostanze, che lo liberino dal disprezzo: e il sonno medesimo ed il riposo sia esposto a venirgli interrotto, non ad altro oggetto che per abbatterlo con nuovi vilipendi e strapazzi. E per ultimo, che il suo disprezzo sia per durare altresì dopo la sua morte, della qual cosa ne abbia ancora dei contrassegni, onde succeda che resterà nel nulla la sua memoria tra gli uomini, oppure disonorata ed infame sino alla fine del mondo.



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