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San Filippo Neri Dell'amore al proprio disprezzo

Ultimo Aggiornamento: 03/05/2015 00:18
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03/05/2015 00:13





AVVERTIMENTO AL PIO LETTORE

Se nonostante tutto quello che si è esposto nella presente operetta, qualcuno si sgomentasse dall'abbracciare un' impresa alla natura così ostile, e già vacillasse e languisse nella risoluzione d'accingersi all'opera, per le viscere di Gesù non si abbatta; ma posta tutta, la sua confidenza in Gesù e in Maria, incominci a muovere i passi, faccia moralmente quel che può, si umili; e dove per la sua debolezza talora non gli riesca giungere all'effetto, armato di viva fede e di orazione, si ecciti coi desideri; e se sarà costante in tali ferventissimi atti, a poco a poco sentirà invigorirsi lo spirito, ed accrescersi nuove forze, e sempre si avanzerà nel fortunato cammino, che conduce a far morire in noi la superbia, e trionfare nel nostro cuore il divino amore.

Di più avverta bene chiunque vuole avanzarsi in questo cammino, che noi siamo come navigli, che non possiamo muoverci a far viaggio in alto mare, se non ispira favorevole il vento dello Spirito Santo; e però importa infinitamente prevalerci con tutto l'impegno, e di far buon uso di questo vento quando c'investe, e singolarmente di andare a seconda di lui quando è più vigoroso e più forte; altrimenti si farebbe una perdita inesplicabile.

Quindi è che, quando si eccita in noi un lume vivo, un pensiero santo, un conoscimento penetrante della necessità che abbiamo di esser umili, e di amare il disprezzo, e proviamo impulsi al cuore, ispirazioni, desideri santi, e simili altri movimenti dei divino spirito, che ci pungono e ci stimolano ad intraprendere coraggiosamente gli atti e gli esercizi della vera umiltà e dell'amore al proprio vilipendio, immantinente, e senza frapporre un momento di tempo, applichiamoci tutti coraggiosamente all'opera, e facciamoci un pregio di lasciarci condurre dallo Spirito Santo, e cooperiamo alle sue divine operazioni, con la maggior fedeltà possibile dal canto nostro, solleciti sempre di non aspettare a domani, ma di fare oggi, e nelle occasioni presenti quel che si può fare subito.

Questa è la maniera d'impegnare Dio in nostro favore, perché si vedrà ben corrisposto, vedendo che le sue grazie non cadono a terra, e ci farà fare meravigliosi progressi in questa strada. Se poi non ci sembra che soffi in nostro favore l'aura graziosa dello Spirito Santo, e ci sentiamo mal disposti all'amore dei disprezzo, di grazia, non ci battiamo, e non perdiamo la confidenza, ma piuttosto suppliamo a un tal mancamento di buona disposizione, con umiliarci profondamente e con disprezzarci per questo medesimo, che fra tante nostre miserie siamo per anche superbi, e nemici dei disprezzo.

Rinforziamo, come più volte si è insinuato, l'orazione e le istanze dinnanzi a Dio, senza mai stancarci; e con vigore prevaliamoci di quei mezzi e di quelle massime, che fanno maggior colpo nel nostro cuore, per piegarlo prima a soffrire , e poi ad amare il disprezzo: al che e darà lume la propria esperienza, se saremo perseveranti nell'esecuzione di quanto fin qui e stato suggerito; ed è impossibile, che alla fine non spiri il dolce soffio dello Spirito santificatore a ravvivare il terreno purtroppo sterile dei nostri cuori, e renderlo fecondo di eccellenti frutti: tu, austro, vieni, soffia nel mio giardino, si effondano i suoi aromi (Cant4,16).

Frattanto si osservi, che trovandoci noi senza amore al disprezzo, se accade che incontriamo dei vilipendi, bisogna, invece di attristarci per questo e di lagnarci, accenderci di viva speranza, che Dio ci voglia infondere, prima la pazienza, e poi l'amore al di sprezzo; perché richiedendo in tali casi il Signore da noi la sofferenza amorosa dei disprezzi medesimi, s'impegnerà a somministrarci l'aiuto e le forze, affinché acquistiamo tale virtù, purché non cessiamo di pregare e per arte nostra di fare quel che possiamo, conforme Va dottrina fondamentale stabilita nel sacro Concilio di Trento: Deus impossibilia non iubet, sed iubendo monet facere quod possis, et petere quod non possis , et adiuvat ut possis (Dio non ordina cose impossibili, ma, ordinando ammonisce perché tu faccia ciò che puoi e chieda quello che non puoi, e aiuta perché tu possa).

Oltre a ciò sappia ognuno, che benché per sua debolezza non avesse la sorte di giungere alla cima sublime di questa divina strada, e non arrivasse ad un compiuto e perfetto amore al disprezzo, gli sarà sempre di no inesplicabile vantaggio e di un gran merito, l'aver camminato in essa nel modo migliore che avrà potuto, e di avere acquistato qualche grado d'amore al disprezzo: onde non saranno gettate in vano le sue fatiche, né perduti i suoi passi; e nell'eternità beatissima non cesserà di benedire il Signore per qualunque profitto, anche mediocre, che gli sia riuscito di fare in questa nobile e fruttuosissima impresa.

 


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APPENDICE

Che contiene una esortazione efficace ai disprezzatori del prossimo, perché desistano da tale eccesso.

Quanto si è maturato fin qui per accendere nel cuore del cristiano l'amore al proprio disprezzo, Dio guardi che serva a taluni per animarli, o stabilirli nell'uffizio, il quale esercitano contro ogni dovere di vilipendere i loro prossimi: sarebbe questo un abusarsi troppo sfacciatamente d'una dottrina santa ed evangelica, e un trarre occasione di rovina per sé dall'altrui vantaggio. Or perché questo non succeda, e perché anzi avvenga l'opposto, e si provveda anche al bene di costoro (giacché è proprio della carità il distendersi, conforme l'avviso del grande Apostolo, ad ogni genere di persone) è parso doveroso, dopo aver suggerito più cose a profitto dei disprezzati, al fine di incitarli a soffrire ed amare la loro abiezione, di soggiungerne alcune poche, ma sugose e massicce, in pro e salute dei disprezzatori dei prossimi, per ingerir loro un alto orrore a questo indegno mestiere, ed impegnarli sollecitamente ed efficacemente a correggersi.

Sappiano dunque, che un tale uffizio è del tutto contrario allo spirito di Dio, e in conseguenza, al carattere di un uomo giusto e cristiano. Questo divino spirito ha per base l'umiltà e consiste nella carità; infatti è scritto che Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia (Gc 4,6; 1 Pt 5,5) e che Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1 Gv 4,16) e all'opposto chi non ama rimane nella morte (1 Gv 3,15). Ora è manifesto che disprezzare il prossimo si oppone direttamente all'una ed all'altra importantissima virtù.

E primieramente si oppone all'umiltà, perché un tale spirito nasce da superbia, e finisce in superbia; nasce da superbia, atteso che l'uomo si induce ad abbassare e vilipendere gli altri per cagione di quel suo maledetto trasporto a sollevarsi ed innalzarsi oltre il suo grado e sopra degli altri; il che non potrebbe a suo senso ottenere senza il loro avvilimento; e perciò s'ingegna di atterrarli coi vilipendio: quindi è che, a misura che uno è portato a farsi grande e sovrastare, più è incitato a deprimere i prossimi e godere della loro depressione. E non vien da superbia quel voler rendersi superiore agli altri senza ragione, e farsi lor giudice? Ma qual giudice? giudice temerario ed arrogante, che da se stesso s'intrude nella giudicatura, senza esservi posto né da Dio, né dagli uomini: giudice prepotente e dispotico, che non ascolta ragioni, non cura difese, non attende esami né processi, ma, affidato unicamente al proprio sentimento, vuol decidere a suo capriccio: giudice disumano e fierissimo, che precipita tosto alla sentenza, alla condanna ed all'esecuzione della pena, e perciò gli altri disprezza.

E se non è questo un effetto di gran superbia, qual mai sarà? Inoltre, un tale spirito di disprezzare va a gettarlo nel seno più profondo della superbia; poiché con lo stesso vilipendere il prossimo, l'uomo viene sempre più, come naturalmente, a dimenticarsi e perder di vista le proprie miserie e peccati, il conoscimento dei quali sarebbe atto a frenare il suo orgoglio: e sempre in lui cresce la stima, l'amore e la compiacenza di sé, e si aumenta in lui lo spirito di alterezza, di superiorità, quel credersi e farsi maggior degli altri, reputandosi un non so che di grande, e di singolare eccellenza e distinzione tra gli uomini. Tutto ciò si ravvisa appuntino nel Fariseo disprezzatore dei Pubblicano, di cui parla S. Luca al capitolo 18. Frattanto non si speri di trovare umiltà nei disprezzatori del prossimo: perché questa o mai non vi fu, o rimase distrutta da un vizio a lei sì contrario.
Ma niente meno si oppone il disprezzo del prossimo alla cristiana scambievole carità.

Due sono i principali suoi atti, e le regole che la dirigono, come parlano le divine scritture: fare agli altri quel che bramiamo che gli altri facciano noi : tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro (Mt 7,12) e non fare ad altri quel che non si vuole per sé: non fare a nessuno ciò che non piace a te (Tob 4,15). Ora domando io: i disprezzatori del prossimo amano forse e desiderano il disprezzo per sé medesimi? Se non mentiscono, mi debbono rispondere che no. Dunque essi spregiando gli altri uomini, operano contro i dettami della carità, menti e non concedono loro quel che bramano per sé, cioè l'onore e il rispetto; anzi, al rovescio, li costringono a soffrire quel che essi in nessuna maniera vogliono per sé, ed a cui professano una estrema ripugnanza, cioè la confusione e lo scherno. E dov'è dunque la carità? Sì, dov'è la carità nel fare un'azione capricciosa, che si sa di certo che a moltissimi rapisce beni assai grati e pregevoli, come sono l'onore, il rispetto, il credito, la pace del cuore, la tranquillità della vita, l'attenzione agli affari più seri, e ai beni dell'anima ancora? Mostrandoci l'esperienza, che la maggior parte dei deboli ed imperfetti, dei quali il mondo è pieno, per non soggiacere al disprezzo degli uomini, abbandonano la pietà, la devozione, la pratica delle virù.

Più, più dov'è la carità nel dare la spinta ad innumerabili persone, già contristate ed offese, vale a dire nel porgere ad esse occasione coi loro disprezzi di prorompere in mille e mille peccati d'impazienza, di discordie, di mormorazioni, di scandali, di maldicenze, di odi, di rancori, e talora per fin di bestemmie, con pericolo di perdere l'eterna salute dell'anima? E non sono questi e somiglianti, i più ordinari effetti, che dal disprezzo dei prossimi derivano universalmente, e sotto l'occhio di tutti? Possibile che vi sia carità in chi è cagione di sì grandi mali? Che se a tutto ciò si aggiunge la violazione della giustizia, che è compresa nel disprezzo dei prossimi, sempre più risulta quanto esecrabile e pernicioso sia questo vizio. E se manca nell'uomo la carità, in aggiunta al mancamento dell'umiltà, non vi ha più certamente in lui lo spirito di Dio, né il carattere di vero cristiano.

Che diremo poi di quella mostruosa dissomiglianza da Gesù Cristo, che portano in fronte i disprezzatori del prossimo? Tutte le azioni e gli esempi dell'amabilissimo Redentore spirano umiltà la più profonda, e carità la più trascendente, e, nell'esercizio di queste due sì sostanziali virtù, vuol singolarmente esser imitato da noi, giusta ciò che si legge in S. Matteo: imparate da me, che sono mite e umile di cuore (11,29) e S. Giovanni: Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. (Gv 15,12). Ora i disprezzatori del prossimo, direttamente si oppongono, come di sopra si è dimostrato, all' umiltà e alla carità, dunque operano tutto al rovescio di Gesù; dunque non comparisce in loro la conformità e l'immagine di Cristo ; in essi anzi campeggiano i tratti più manifesti dell'anticristo.

Può immaginarsi sorte peggiore? Né serve il dire, che i prossimi avviliti e disprezzati possono ricavare dalla loro abiezione un gran bene a pro dell'anima loro: e spesso ancor taluni il ricavano. Anche innumerabili martiri hanno riportato stupendi vantaggi dalle persecuzioni dei tiranni : anche molti santi uomini hanno profittato assai, e profittano tuttora nelle tentazioni dei demoni; ma per questo, diviene forse innocente la condotta dei tiranni, e la condotta dei diavoli? Qual temerario oserà mai di affermarlo? E così appunto deve giudicarsi di costoro, che nel disprezzare i prossimi senza ragione, imitano non Gesù Cristo, che pur dovrebbe essere l'esemplare e il modello di tutte le nostre azioni, ma i tiranni e i demoni, suoi giurati nemici. È dunque da considerarsi, che il bene il quale può seguire, e di fatto più volte segue mediante il disprezzo, non procede da chi disprezza, ma da tutt'altra cagione, cioè dalla virtù dei buoni, che traggono bene dal male e, soprattutto, dalla immensa bontà di Dio onnipotente, che sa rivolgere il disprezzo in massimo utile dei disprezzati, ad onta dei loro disprezzatori, dai quali deriva il puro male, e ciò che è atto a cagionar precipizi e rovine.

Quindi è che gli angariati ed oppressi riporteranno da Dio un'altissima gloria, in ricompensa delle belle virtù esercitate da essi nei vilipendi, e i loro persecutori un formidabile castigo, proporzionato alla malizia e superbia da loro risata nel disprezzare; e per tal mezzo si pareggeranno le partite, e ciascuno avrà il suo giusto.

Chi potrà frattanto spiegare l'orribilissima pena che sovrasta ai disprezzatori del prossimo nel secolo futuro, in faccia del magnifico guiderdone che si riserva da Dio ai giusti scherniti? Lo Spirito Santo ce ne dà un abbozzo, al capo quinto della Sapienza. Verrà, dice egli, verva un giorno (e sarà questo il dì dell' universale giudizio, e l'interminabile giorno dell'eternità) in cui i giusti avviliti già ed oppressi nel mondo, mutata affatto la scena, alzeranno il capo, e compariranno più luminosi del sole, con palme in mano e corone in capo; e allora che sarà finito il tempo per essi di partecipar delle umiliazioni di Gesù, e non vi sarà più pericolo di cadere in superbia, né di mancare alla carità, la quale non avrà più luogo rapporto ai reprobi, e che sarà un tempo per i giusti medesimi di esaltamento e di gloria, allora dissi, con gran vigore e fermezza si ergeranno di fronte ai loro disprezzatori, dai quali nel corso della loro vita mortale ricevettero onte, ingiurie ed affronti: Allora il giusto starà con grande fiducia di fronte a quanti lo hanno oppresso e a quanti han disprezzato le sue sofferenze (Sap 5,1).

Infelicissimi disprezzatori dei prossimi, singolarmente dei giusti, in tal feralissimo giorno! Appena gli ravviseranno, già disprezzati da loro, in un portamento e in un volto affatto diverso, e in aria di trionfanti, e dal fango e dal nulla innalzati ad una gloria inesplicabile, e pieni di coraggio e di forza star di fronte ad essi, resteranno per la novità di un tale spettacolo non mai immaginato, sopra ogni credere stupefatti ed attoniti; ed un orribile raccapriccio e terrore, ed uno spavento e paura non più provato li farà impallidire, tremare, e prorompere in ululati e clamori, e gli strapperà dal cuore un pentimento forzato ed inutile, il quale ad altro non servirà che a più atrocemente cruciarli. Costoro vedendolo saran presi da terribile spavento, saran presi da stupore per la sua salvezza inattesa.

Pentiti, diranno fra di loro, gemendo nello spirito tormentato
 (Sap 5, 2-3): ecco là, coloro che una volta furono il bersaglio delle nostre irrisioni, delle nostre beffe e balocchi, che conculcammo come oggetti i più abietti ed ignobili, come altri conculca il fango e la polvere, contro dei quali si scaricarono da noi mille improperi, villanie, ed obbrobri; sì vile era il concetto formato nei nostri cuori delle loro persone. Infatti le loro azioni erano reputate da noi leggerezze, inezie, sciocchezze puerili, e la loro vita una semplicissima dabbenaggine, ed una pazzia da finir male: ecco colui che noi una volta abbiamo deriso e che stolti abbiamo preso a bersaglio del nostro scherno;giudicammo la sua vita una pazzia e la sua morte disonorevole (Sap 5,4). Ma in realtà i pazzi, i forsennati noi siamo stati: noi abbiamo preso lo sbaglio, sopra ogni credere terribile, e fummo ciechi, e per noi non spuntò mai né sole, né luce; quelli, con il loro modo di vivere, si fecero in terra amici di Dio, e si sono salvati, e dall'abiezione sono passati alla gloria dei santi e dei figliuoli dell'Altissimo, e noi con la nostra superbia, con le nostre grandezze, che si sono disciolte in fumo, ed a nulla ci hanno servito, non fummo capaci di esercitare nel mondo un atto di virtù, e siam venuti meno, e precipitati in un abisso, che è peggiore dello stesso niente, e ci siamo perduti per sempre: Perché ora è considerato tra i figli di Dio e condivide la sorte dei santi? Abbiamo dunque deviato dal cammino della verità; la luce della giustizia non è brillata per noi, né mai per noi si è alzato il sole. Ci siamo saziati nelle vie del male e della perdizione; abbiamo percorso deserti impraticabili, ma non abbiamo conosciuto la via del Signore. Che cosa ci ha giovato la nostra superbia? Che cosa ci ha portato la ricchezza con la spavalderia? così anche noi, appena nati, siamo già scomparsi, non abbiamo avuto alcun segno di virtù da mostrare; siamo stati consumati nella nostra malvagità (Sap 5, 5-8. 13).

Se non che è da avvertire, che il più terribile e doloroso disprezzo, che andrà a cadere, nel giudizio e nell'eternità sugli oltraggiatori dei prossimi, non sarà quello che cagioneranno loro i buoni già da loro vilipesi, ma sarà il disprezzo fulminato direttamente sovra il loro capo da Dio, rigidissimo vendicatore degli affronti fatti ai più piccioli: il Signore li deriderà(Sap,18); tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti (Sal 119 (118), 118). Oh, che formidabile castigo, esser disprezzati dal suo Creatore, dal suo Redentore, da un Dio infinito nella grandezza, nella sovranità, nella possanza e nella giustizia! E ciò non per un solo momento, che pur sarebbe moltissimo, non per un tempo limitato e ristretto, ma eternamente nell'inferno, finché Dio sarà Dio! E chi potrà sostenerlo? O buon Gesù, che a tanti ciechi nel corpo concedeste la vista, date per carità adesso il lume a tanti ciechi nell'anima, che ne hanno estremo bisogno. Oltraggiatori dei prossimi, di grazia intendetela, io ve lo ripeto per vostro bene: il vostro trastullo sì ingiurioso a Dio ed agli uomini, ha da finire: si ha da mutare la scena, e da disprezzatori avete a ridurvi ad essere, con atroce supplizio, disprezzati nell'eternità, così richiedendo l'ordine della divina giustizia: guai a te, che disprezzi, non sarai forse disprezzato (cf Is 33,1 Vulg.)? E apertamente così lo dichiarò lo Spirito Santo: con quelle stesse cose per cui uno pecca, con esse è poi castigato (Sap11,16)

Un avviso voglio darvi, ed è, che se voi nel leggere queste terribili verità, indugiate a risolvere di desistere affatto dall'esecrando costume di tribolare il prossimo coi vostri disprezzi, potrebbe già essere a voi imminente l'interminabile castigo della vendicatrice destra di Dio; potrebbe presto avvenire, che nell'atto medesimo che proseguite ad offendere alcuno coi vostri dileggiamenti e scherni, la divina giustizia da voi nuovamente irritata, scaricasse anche visibilmente il colpo sopra di voi, senza riparo, come ha fatto con altri vostri pari. Leggesi nella storia ecclesiastica, che un certo malvivente, vedendo di mal occhio un religioso che era di santa vita, lo strapazzava, con recargli disgusti grandi, quali egli sempre soffriva con eroica virtuosa pazienza. Dovette questo buon religioso portarsi a dimorare in un altro monastero, e, non pago quell'oltraggiatore dei disgusti che fino allora gli aveva dati, aggiunse ancor questo; andò in una casa a vederlo partire, e tutto lieto e baldanzoso, insultandolo con irrisioni e scherni, mostrava il contento grande che provava della di lui partenza da quel monastero; quando all'improvviso precipitò il solaio della finestra ove stava, e vivo vivo lo seppellì sotto le sue rovine, con dispiacere ben grande di quel buon religioso, che ne pianse amaramente.

Tremate dunque voi a questo orrendo giustissimo castigo di Dio, e valetevi di un tal timore per piangere ora che siete in tempo, e detestare con vero dolore le offese fatte alla bontà infinita dei Signore nei disgusti dati al prossimo coi vostri disprezzi; prontamente cessate dal reo diabolico mestiere di disprezzare alcuno; e fate tosto un passaggio libero dallo stato di disprezzatori dei prossimi, a quello di disprezzati, in quanto che siate pronti ad accettare con pazienza e con pace i vilipendi, che piacerà a Dio di mandarvi per mezzo degli uomini, in pena di tante irrisioni e dispregi, con cui nel vostro prossimo avete oltraggiato, e perduto il rispetto a Dio; e rese compiutamente le dovute soddisfazioni a chiunque fu oltraggiato da voi, da qui innanzi studiatevi di usar col prossimo maniere del tutto diverse, e contrarie affatto alle passate, ingegnandovi di sovrabbondare con esso negli atti di rispetto, di stima, di venerazione, di carità, di servigi, onde suppliate a quel che gli toglieste nel tempo indietro, e più facilmente e più presto distruggiate in voi l'abito di disprezzare i vostri fratelli.

Oltre di ciò avvezzatevi a sfogare sopra di voi stessi quella inclinazione malvagia, che già vi trasportava a schernire il prossimo, accertandovi che non sarà mai per mancarvi materia e ragioni per disprezzar voi medesimi. Voi ben vedete, che il merito di ricever disprezzi non vi manca, se non altro per questo capo, perché avete disprezzato altri con tanto ardire. Amate di pagare adesso in questa vita la giusta pena, con sottoporvi volentieri al disprezzo; e in tal guisa con un leggerissimo e momentaneo vilipendio, scanserete un disprezzo incomprensibile ed eterno, a voi ben dovuto, ed entrerete a parte ancor voi della gloria riservata agli umili ed agli amanti del proprio disprezzo.




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