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Il sacrilegio della comunione alla mano di Don Giorgio Maffei

Ultimo Aggiornamento: 31/10/2015 19:50
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31/10/2015 19:39

Con la pratica della Comunione sulla mano è certa la profanazione del SS. Sacramento


Poiché nel dare la Comunione qualche frammento di Ostia, prima o poi, certamente si staccherà e cadrà, e poiché con la pratica della Comunione sulla mano i frammenti di Ostia che si staccano e cadono vanno certamente ed inevitabilmente dispersi al suolo, ne deriva logicamente che la pratica di dare e di ricevere la Comunione sulla mano è causa certa di grave profanazione del SS. Sacramento, per cui tale pratica è assolutamente illecita e sacrilega.


Coloro che difendono questa abominevole pratica, dicono che anche con la pratica tradizionale di dare e ricevere la Comunione può succedere lo stesso. Sì, anche con la pratica tradizionale di dare la S. Comunione ed in altre circostanze, pure con tutta la diligenza e la prudenza del sacerdote cosciente, può succedere che qualche fram­mento di Ostia vada disperso, ma moralmente non è la stessa cosa. Può succedere anche di causare la morte di qualcuno per pura disgrazia, pure con tutta la prudenza e la diligenza usata per evitarlo, ma moralmente non è la stessa cosa che provocare la morte di qualcuno per gravissima negligenza; peggio poi, se la morte è certamente prevista e ciononostante, volere compiere l'azione che avrà effetto mortale.


Questo è un vero omicidio, mentre nella pura disgrazia non c'è colpa alcuna e non si può parlare di omicidio, né volontario né colposo. Non si può pertanto giustificare la volontà di uccidere o di provocare per grave negligenza la morte di qualcuno, dicendo poi che si può causare la morte anche per disgrazia. E non si può giustificare la profanazione del SS. Sacramento provocata dalla pratica della Co­munione sulla mano, dicendo che tanto succede anche con la pratica tradizionale di dare e di ricevere la Comunione. C'è il peccato quando un'azione cattiva è compiuta con piena avvertenza e deliberato con­senso: la Comunione sulla mano è un'azione cattiva per la profanazione del SS. Sacramento da essa provocata; è compiuta con piena avver­tenza almeno dal sacerdote, che non ignora il fatto della caduta e della dispersione dei frammenti di Ostia sacra; ed è compiuta con deliberato consenso, perché la si vuole deliberatamente fare, benché sia, oltre tutto, perfettamente inutile. La pratica della Comunione sulla mano è, pertanto, gravissimo peccato e gravissimo sacrilegio.


1 pericoli sono di tre tipi:


1°) Pericolo semplicemente possibile. E' normale. Noi ci troviamo costantemente in qualche pericolo, nonostante tutta la prudenza che possiamo usare. Evitare un pericolo non dipende sempre dalla nostra prudenza. Pericolo di cadere e di farci male. Pericolo di sbagliare e di averne un danno. Pericolo di un incontro sgradito. Pericolo di am­malarci. Pericolo anche di morire. Ecc. ecc.


Sulla terra non si può essere assolutamente sicuri dai pericoli e non c'è che da affidarci alla Provvidenza. E c'è anche il pericolo, pure con tutta la prudenza e la diligenza che si possa usare, che qualche frammento di Pane consacrato cada, si disperda e non sia più ritrovato. Non c'è colpa. La profanazione è solo materiale.


2°) Pericolo più o meno grave. Ci sono situazioni e condizioni in cui il pericolo si fa più probabile, talora molto probabile. Si può affrontare lecitamente, purché vi sia una ragione proporzionalmente grave che lo giustifichi e si usi pure sempre la debita prudenza possibile. Il Pane consacrato, messo nelle mani di quelli che si presentano nel momento della Comunione, corre il gravissimo pericolo di venire sottratto da malvagi a scopo sacrilego e non c'è alcuna ragione che possa giusti­ficare tale pericolosa pratica.


3° ) Pericolo certo. Se nei due tipi di pericolo il male temuto può succedere, ma può anche non succedere, col pericolo certo il male seguirà senz'altro. Ora, se è lecito per una ragione proporzionalmente grave compiere un'azione pericolosa a sé stessi, o ad altri, mai è lecito agire col pericolo certo di un male, ossia non è lecito compiere un'azione, quando si sa con certezza che sarà causa di male.


Uno potrà intraprendere o fare intraprendere ad altri un viaggio pericoloso, perché con le dovute precauzioni usate si spera che tutto vada bene. Ma se si è sicuri che, per esempio, all'aereo sta per staccarsi un'ala, non è lecito autorizzare il volo, anche se non si è sicuri che l'ala si staccherà al primo o al secondo viaggio. Sarebbe non solo impru­dente, ma criminale. Se uno porge al suo prossimo da bere una bevanda che sa con certezza essere avvelenata, è responsabile della di lui morte. Non commette soltanto un'imprudenza, ma commette un omicidio.


Come si può volere la causa, ma non l'effetto certo? Non è dunque la stessa cosa compiere coscientemente e deliberatamente un'azione che causerà certamente del male, per esempio la morte di qualcuno, o compiere un'azione gravemente colpevole, che può causare a qualcuno la morte, o compiere un'azione legittima che, accidentalmente ed imprevedibilmente, provoca una grave disgrazia. C'è differenza sia moralmente che materialmente, perché quando si compie un'opera legittima con diligenza e prudenza, la possibilità che avvengano disgrazie, pure sempre possibili, sono ridotte al minimo, diventano anzi rarissime, mentre si fanno frequenti dove si compiono opere pericolose con imprudenza e negligenza.


Similmente succede nell'amministrazione dell'Eucaristia. E' vero che anche usando il modo corretto di dare e ricevere la Comunione, ossia nel modo tradizionale e con l'uso del piattello, può ugualmente cadere e andare disperso qualche frammento di Pane consacrato, ma i casi sono estremamente rari, mentre sono frequenti dove c'è im­prudenza e frequentissimi con la deprecabile pratica della Comunione sulla mano. E ognuno capisce anche la differenza morale che vi è tra questi casi.


Dobbiamo anzi dire, che la profanazione del SS. Sacramento provocata dalla Comunione sulla mano è molto più grave della profanazione provocata da grave negligenza, perché qui è solo possi­bile, mentre là è certa.



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