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Il sacrilegio della comunione alla mano di Don Giorgio Maffei

Ultimo Aggiornamento: 31/10/2015 19:50
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Sesso: Femminile
31/10/2015 19:42

"Gettare" e "Far cadere"


Nel definire le condizioni per incorrere nella scomunica comminata ai profanatori dell'Eucaristia, viene usato il verbo "gettare". Vi in­corre chi "getta" le sacre specie. La pratica della Comunione sulla mano non fa "gettare" dal ministro, o dai fedeli i frammenti. Se è per questo, non è un caso colpito dalla scomunica. La caduta e la dispersione dei frammenti però, e la loro conseguente profanazione, non si può considerare accidentale perché è prevista con certezza, la causa è posta volutamente e senza una grave ragione che la giustifichi. Le espres­sioni: "Gettare", "Far cadere", "Lasciar cadere", "Causare la ca­duta", normalmente hanno tra loro un significato diverso.


"Far cadere" qualcosa, significa volere che cada (parliamo evi­dentemente, delle azioni volontarie) e causarne volutamente la caduta. "Gettare a terra" ha lo stesso significato di "far cadere", usando in più la violenza.


"Lasciar cadere" significa accorgersi che la cosa sta per cadere e, pur potendolo facilmente impedire, non si interviene e si lascia appunto che cada.


"Causare la caduta" non significa necessariamente volerne la caduta, ma volere peraltro, ciò che prevedutamente e con certezza ne determinerà la caduta.


Sono azioni materialmente e moralmente diverse l'una dall'altra. Moralmente diverse qualora ciò di cui si procura la caduta sia un'oggetto di poco valore e i danni siano lievi. Ma non sono azioni moralmente tanto diverse tra loro, se si tratta di un'oggetto di altissimo valore e i danni sono gravi; peggio se si tratta di persone messe in grave pericolo; immensamente peggio se si tratta di Dio nella Persona umana e reale di Cristo.


Esprimiamo i concetti con degli esempi. Mi trovo su di un'altissima torre insieme ad un'altra persona. Cadere da questa torre significa sfracellarsi al suolo e morire. Ad un certo momento, do volutamente uno spintone all'altro perché cada.


Non si tratta di un urto involontario, ma premeditato e voluto. E' un vero e proprio omicidio, attuato in questo modo anziché in un altro. Se lo prendo di peso e lo scaglio giù, cambio solo il modo di ucciderlo, ma praticamente è la stessa cosa. Lo "getto" invece di "farlo cadere", spingendolo nel vuoto. "Gettandolo" uso una maniera più violenta e manifesto maggiormente la mia volontà di uccidere: non potrò dare da intendere come nel caso dello spintone, che è stato un atto accidentale ed involontario. Anche se potessi darlo da intendere agli uomini non potrei darlo da intendere a Dio. Resterebbe intatta la colpa. Facciamo ora il caso che io veda l'altro in grave pericolo di cadere. Sta ormai per cadere. Io potrei con la massima facilità soccorrerlo ed impedirgli di cadere, ma mi astengo dall'intervenire. Lo "lascio cadere". Ho forse soltanto colpa di generica omissione di soccorso, o non ho piuttosto colpa di omicidio? In molti casi come questo, lasciar morire equivale ad uccidere. Non posso giustificarmi dicendo: "Non sono stato io a metterlo in quella condizione di pericolo!". E' lo stesso: potevo e, perciò, dovevo salvarlo. Merito la condanna che il Signore dice di infliggere a chi ha omesso il bene che poteva fare: "Avevo fame e non mi avete dato da mangiare, ecc.". Non potrà il reo giustificarsi di­cendo: "Non sono stato io a ridurlo alla fame ..., a metterlo in carcere ..., a farlo ammalare ...". Non importa: "Via da me maledetti, al fuoco eterno!".


E se fossi stato proprio io a mettere il mio prossimo in condizioni di pericolo? Se fossi stato proprio io a mettere quella persona in condizioni di certa caduta dalla torre? Pur senza avere la volontà di ucciderla, ma anche senza una gravissima e proporzionata ragione (ma quale?) l'avessi messa in condizioni che avrebbero prevedibilmente e certamente provocato la caduta? Quale scusante o attenuante avrei, per salvarmi dall'accusa d'omicidio? Assolutamente nessuna. Non avevo volontà di far morire, ma ho avuto la volontà di causargli la morte e senza alcuna ragione che potesse in qualche modo giustificare o spiegare il mio gravissimo gesto, che sarebbe un vero e proprio omicidio.


C'è dunque ben poca differenza tra il procurare la morte "lasciando cadere", "causandone la caduta", "facendo cadere" o "gettando" giù dalla torre. Ora ci chiediamo: se per l'omicidio fosse comminata la scomunica, crediamo forse che v'incorrerebbe solo "gettando" giù dalla torre, e non anche negli altri modi? C'è da temere che vi si possa incorrere anche negli altri casi. Applichiamo ora queste considerazioni alla pratica della Comunione sulla mano. Non si tratta evidentemente di "lasciar cadere" l'Ostia o i frammenti di Ostia. Né volontariamente, né del tutto involontariamente. Con la pratica della Comunione sulla mano non si "lascia cadere" il Pane consacrato, per la semplice ra­gione che "se ne provoca la caduta". Non si vuole espressamente la caduta, ma si vuole la causa che certamente e prevedutamente ne determinerà la caduta. E' un peccato simile a quello di rimanere indifferenti, inerti nel vedere che il Pane consacrato sta cadendo e non intervenire per impedirlo, pur potendolo fare comodamente.


Tuttavia, non si tratta precisamente di lasciare volontariamente cadere il Corpo SS.mo di Nostro Signore Gesù Cristo. Questo gravis­simo reato contro il Corpo del Signore, lo hanno commesso e lo commettono coloro che, pur avendo autorità d'impedirlo, hanno "lasciato" e "lasciano" fare dapprima col tacito consenso, poi col "consenso" esplicito, generale, pubblico e ufficiale. Pur sapendo e pur vedendo che degli sciagurati profanavano il Corpo del Signore con questa abominevole pratica e pur potendolo facilmente impedire, l'hanno invece consentita. E' vero che non sarebbero materialmente riusciti ad impedirlo, perché molti avrebbero continuato imperterriti a farlo, ma si doveva ugualmente intervenire per vietarlo. Si sa che nessuna legge è capace d'impedire del tutto i delitti, ma non per questo si deve rinunciare all'uso dell'autorità, lasciando compiere impunemente i delitti.


Se non si possono impedire tutti i delitti, li si possono (e lo si deve fare) perlomeno ridurre moltissimo. Invece, acconsentendo prima tacitamente e poi esplicitamente, i delitti si moltiplicano a dismisura. Ma torniamo per ora a quelli che praticano la Comunione sulla mano, tra i quali però, ci sono anche coloro che l'hanno "autorizzata" e la praticano essi stessi. Come risulta dall'esempio della persona che cade dalla torre perché fatta cadere con un'azione tanto imprudente quanto inutile, è ben chiaro che        poca differenza tra quell'atto gravemente colpevole e l'atto di "gettarla" giù, o di lasciarla "cadere" senza in­tervenire, come si potrebbe facilmente, ad impedirlo, o di "farla volutamente cadere". Non vi è molta differenza perché non si tratta di un oggetto qualsiasi ma di una persona umana, sulla cui vita non si può scherzare.


Quanto meno sulla Persona Divina di Nostro Signore Gesù Cristo viva e vera, presente nell'Ostia consacrata e nei suoi frammenti? Quello che non sono riusciti a fare i Nazareni quando cercarono di buttarlo giù dal precipizio, riescono a farlo oggi i suoi ministri, anche se invece di gettarlo giù, lo mettono colpevolmente e del tutto inutilmente nelle condizioni di certa e prevedibile caduta. E notare bene che la profanazione del SS. Sacramento perpetrata da coloro che praticano la Comunione sulla mano, non è equiparabile alla profanazione dovuta ad un atto di negligenza, sia pur grave, del ministro o degli inservienti, oppure dei fedeli, dal quale atto la profanazione può seguire o meno, risultando quindi incerta. Con la Comunione sulla mano, la profanazione del SS. Sacramento prima o poi avverrà; è prevista, è certa ed è voluta nella sua causa senza giustificazione alcuna, anzi completamente inutile. Si può stare sicuri di non incorrere nella scomunica?



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