QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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R.Ugo Benson L'Amicizia di Cristo

Ultimo Aggiornamento: 23/03/2017 14:55
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23/03/2017 14:48

VIII.

CRISTO NEL SANTO

«Voi siete la luce del mondo»,
(Mt., V, 14).

Vedemmo come Cristo sia presente nel Sacerdote per il «carattere» e la missione che questi riceve. È Cristo che parla attraverso la sua bocca allorché proclama il messaggio del Vangelo; è ancora Cristo che servendosi della volontà e dell'intenzione del Sacerdote, delle sue parole e delle sue azioni, compie quegli atti soprannaturali propri del rito sacramentale e sacerdotale. Finalmente, le universali caratteristiche del sacerdozio  come la sua separazione dal mondo ed insieme la sua accessibilità  non sono altro che le caratteristiche di Cristo stesso precipitate, per dir così, in un medium umano.
Ma c'è un'altra santità nel mondo, oltre questa della esteriore consacrazione  la santità personale o santità morale. Ora noi dobbiamo considerare le relazioni di Cristo anche sotto questo punto di vista: la Sua Presenza nel Santo.
I.  Quando noi consideriamo la Religione Cattolica come attualmente ci involge, vediamo che i Santi, e sopratutto Maria, Regina dei Santi, sono vitali ed essenziali elementi nel sistema. Si dice, e si dice bene, che nessuna persona nata da genitori mortali ha esercitato ed esercita sulla razza umana un'influenza così potente come Maria, Madre di Nostro Signore  o (per dirla anche più garbatamente) a nessuno viene ascritta una influenza come a Maria. E' impossibile poter immaginarsi ciò che la sua Personalità significa per il genere umano, così come viene illustrata con le innumerevoli forme di devozione in suo onore, con i rosarii recitati a Sua lode e per ottenere la sua intercessione; le invocazioni del suo nome: in realtà, il posto che Essa occupa è un tutto complesso nell'umana coscienza. Il Suo Nome scorre traverso la storia Cristiana così inestricabilmente come il santo Nome di Gesù stesso.
Non v'ha circostanza nella vita, non c'è situazione o crisi,  e possiamo dire, non c'è gioia e dolore  a cui Maria, prima o dopo, non sia stata chiamata a prender parte. Sino a tre secoli fa, la sua Immagine stava praticamente in ogni chiesa cristiana; per tutto il mondo oggi la si ritrova nella maggior parte delle chiese e lentamente va rientrando anche nelle altre.
Nella mente cattolica il pensiero di Maria è così strettamente congiunto al pensiero di Gesù come le due nature in Cristo; poiché, dopotutto, una di quelle due nature proviene da Lei.
Si è detto dai critici Protestanti che l'errore nostro consiste precisamente in ciò, che mentre Gesù venne per chiamare a Sé tutti gli uomini direttamente, a Maria invece è stato permesso di usurpare il Suo posto. È del tutto superfluo redarguire quest'asserzione, dacché il vero Cattolico sa perfettamente bene che ogni culto e onore dato a Maria, Le viene dato con il solo intendimento di unire vieppiù il devoto con «il frutto benedetto del suo seno» (Lc., I, 42) che Ella da ogni immagine ci porge, ora come il Fanciullo della Gioia, ora come l'Uomo dei Dolori. Solo chi è dubbioso, o almeno dottrinalmente incerto, circa l'assoluta Deità del Cristo, può pensare che un Cristiano intelligente arrivi a confondere Cristo con la Sua Madre, o immaginare quasi che il Creatore e la Creatura stiano in competizione tra loro. Ma il soggetto della nostra discussione è di precisare se possiamo comprendere Gesù meglio con Maria che senza di Lei.
Innanzi tutto, se noi ci rivolgiamo al Vangelo  a questo piano fondamentale dei disegni di Dio per l'umanità  troviamo che, secondo la graduazione, per dir così, Maria occupa un posto di dignità dopo Gesù, meravigliosamente simmetrico al posto che Le viene assegnato nel più esplicito sistema cattolico: onde, ogni qualvolta il suo Figlio partecipa a un momento di crisi umana, ogni qual volta un nuovo, o impressionante e fondamentale fatto ci viene rivelato, Maria è al Suo lato, ed è presentata, per dir così, in un'attitudine molto espressiva.
«L'Angelo Gabriele venne inviato da Dio... a una vergine... e il nome della vergine era Maria» (Lc., I, 26, 27). In queste parole si descrive il primo e attuale passo dell'Incarnazione parallelo, in modo suggestivo, al primo e attuale passo nell'ordine della Caduta. In ambedue c' è una Fanciulla Immacolata, un messaggero soprannaturale e una libera elezione da cui dipenderà il futuro. Nell'un caso la disobbedienza di Eva e l'amar proprio fu preliminare al sì onde fu condannata tutta la razza umana; nell'altro l'obbedienza di Maria e l'amar di Dio fu preliminare al processo, onde la stessa razza fu redenta.
Ancora: mentre Cristo sta in Betlehem e riceve per la prima volta, come Dio fattosi Uomo, gli omaggi del genere umano, è Maria che s'inginocchia accanto a Lui; quando Cristo durante i trent' anni «impara l'obbedienza» (Hebr., V, 8) come Figlio dell'Uomo, è da Maria ch'Egli prende i Suoi ordini. Quando s'inoltra nel mondo per cominciare quella trasformazione di cose umane in cose divine, è per la preghiera di Maria ch'Egli cambia l'acqua in vino. Quando chiuse il suo ministero pubblico con quel miracolo ancor più meraviglioso, a cui tutti gli altri suoi miracoli preludevano  la Sua Morte sul Calvario  «ai piedi della Croce di Gesù stava la Sua Madre» (Joh., XIX, 25) come, secoli innanzi, Eva, madre dei perituri, stava sotto l'Albero di Morte per cui giacque il primo Adamo. Se poi ci rivolgiamo alla Tradizione  questa inesauribile memoria e mente della Chiesa, onde essa estrae continuamente «cose nuove e antiche» (Mt., XIII, 15)  o ai ricordi scritti di quella Vita, durante la quale l'intero suo tesoro fu commesso alle sue cure; in ciascun caso noi troviamo che Maria sempre fiancheggia Gesù; che allorché Lo ricerchiamo come Neonato, Lo troviamo soltanto «con Maria Sua Madre» (Mt., II, 11); quando Lo adoriamo come Uomo, obbediente come Egli ci vorrebbe obbedienti, è nella casetta di Lei che Lo troviamo: quando ci avviciniamo alla Croce per bagnarci del Suo Sangue prezioso, Maria, al Suo fianco, ci guarda. Anche storicamente dobbiamo asserire la medesima cosa: dove Maria è amata, Gesù è adorato; dove Maria, la Madre della Sua Umanità, è disprezzata o trascurata, la luce della Sua Divinità si allontana...

II.  Ciò che si verifica per Maria si verifica anche per i Santi, poiché dovunque Gesù è adorato come Dio, ivi i Suoi amici sorgono a mille come i fiori dalla terra; dove la Sua Divinità è messa in dubbio o negata, ivi il flusso del soprannaturale si smarrisce. Inoltre, ogni Cattolico ben sa che l'effetto della devozione ai Santi è la devozione verso il loro Amante Divino.
Mille e mille hanno prima imparato a conoscere e poi ad amare Gesù Cristo, dalla Sua intimità con i dilettissimi amici, dai loro sacrifici a cagione di Lui, dal modo con il quale la Sua Immagine è stata riprodotta nelle loro vite, trasportata dai termini della Sua Sacra Umanità nei confini della loro decaduta umanità. Poiché com'è possibile diventare amici degli amici di Cristo, senza scorgere la Sua Divina Amicizia quale viene ispirata da loro?
In qual modo, comunque, è possibile affermare che Cristo è presente nella Sua Madre o nei Suoi Santi? Egli non è in loro, come nella Santa Eucarestia, o nella Chiesa Cattolica, Suo Corpo, o come nel Sacerdote che amministra il Suo Eterno Sacerdozio. Essi vivono la loro vita; Egli vive la Sua. Al massimo, è possibile dire di più: che essi siano gli specchi della luce Divina su quali scorgiamo le Sue Perfezioni?
Pur tuttavia, se noi vi riflettiamo, diviene chiaro che ciò non è tutto; che Egli è in loro come una fiamma è in una lanterna; che le loro esistenze non sono semplicemente riproduzioni o riflessi della Sua, ma attuali manifestazioni di Essa. Le grazie che essi dispiegano sono attualmente le stesse grazie di cui quella Sacra Umanità era saginata; la loro ripugnanza per il peccato è la Sua; i poteri che essi esercitano sono i Suoi. Essi sono «la luce del mondo» (Mt., V, 14) dacché arde in loro la Suprema Luce del mondo. La loro «vita è nascosta con Cristo in Dio» (Col., III, 3). Con l'aiuto della grazia, essi hanno sbozzato la pietra della loro umana natura, a furia di mortificazioni, di sforzi, di preghiera,  magari anche con i colpi finali del martirio  fino a che, a poco a poco, o d'un tratto per subitaneo eroismo, ha cominciato a profilarsi nel materiale greggio, non l'angelo di Michelangelo, non una copia del Modello Perfetto, ma, in un senso reale, l'attuale Modello stesso. È Lui che ha vissuto in loro, così realmente, quantunque in altra maniera, come nel Sacramento dell'altare; è Lui che appare in loro al culmine della santità, visibile a chiunque abbia occhi per vedere. Certamente non è Lui stesso, puro e semplice; poiché rimane sempre in ogni Santo qualche fibra o frammento della personale sua identità, che Dio gli ha dato e non gli potrà mai togliere. Ed è proprio per questa personale identità e per il servizio ch'essi rendono alla promulgazione di Cristo sulla terra che il Santo è stato creato e santificato. Fissare il Sole svelato significa diventar ciechi, o per lo meno rimanere abbagliati dall'eccesso di luce fino a non veder più nulla. Nei Santi perciò  attraverso il loro individuale carattere e temperamento quasi attraverso un prisma  noi scorgiamo il Carattere tutto-santo di Cristo, la candida lucentezza della Sua Assoluta Perfezione, non alterata o diluita, ma analizzata e frazionata affinché possiamo meglio comprenderla. Nel Santo della penitenza è il Suo disgusto per il peccato che viene reso visibile; nel martire, la Sua eroica passione per il dolore; nel dottore della Chiesa, ,il tesoro della Sua sapienza; nella vergine, la Sua purità. In Maria stessa  la Vergine, la Madre, la Donna del Dolore, la Causa nella nostra Letizia  nel suo Cuore trafitto, nel Suo Magnificat, nella sua Immacolata Concezione  noi scorgiamo, raccolte in una singola persona umana, tutta l'abbondanza e tutte le perfezioni di tutte le virtù e grazie di cui può essere capace un'anima. «Tu sei tutto bello, Amor mio, e non c'è macchia in te» (Cant., IV, 7).
Cristo dunque viene a noi circondato dalla Corte degli Amici che stanno intorno al suo Trono. Alla Sua Destra siede fa Regina «in aureo ammanto» la «Figlia del Re» (Ps., XLIV, 10, 14) e ai suoi lati coloro che hanno saputo chiamarLo Amico, concepiti, e ciascuno al suo posto, e nati nel peccato, ma che «attraverso molte tribolazioni» (Act., XIV, 21; Apoc., VII, 14) hanno restaurato e ricopiato quell'immagine a somiglianza della quale furono fatti, ed hanno in tal modo identificato se stessi con Cristo, tanto che di loro si può ben dire, non essere «più essi che vivono; ma Cristo vive in loro» (Gal., II, 20).
Sforzarsi di separare Cristo dai suoi amici, di allontanare la Regina Madre dai gradini del Trono del Suo Figlio, per paura che riceva troppo amore o troppi omaggi, quale via strana per cercare l’amicizia di Colui che è il loro tutto! Una meramente individuale Amicizia con Cristo, si restringe a una ben povera e isolata cosa, tenue e disamorata, (se è possibile per uno che cerchi, quantunque fiaccamente e timorosamente, l'amore di Cristo, essere disamorato) mentre, negli splendori della pratica e della fede cattolica, vediamo da rutti i lati irradiarsi sempre nuovi modi con cui possiamo imparare ad amare Nostro Signore. Egli difatti è presente in ciascuno di loro, ma secondo il modo di essere di ciascuno, così come la luce del sole è presente nella vampa del mezzodì, nelle luci tenere dell'alba, in una conca di acqua, nella gloria sfarzosa di un tramonto, nell'argento della luna, nel colore del fiore. Compreso finalmente che Cristo è tutto, e non solo una cosa fra mille, cioè che Egli è il Tutto, e che quindi non c'è grazia né gloria senza di Lui, non c'è perfezione che non sia relativa alla Sua Assolutezza, non colore che non sia elemento del suo Candore, non suono che non sia nella scala della Sua Musica,  arrivati cioè a comprendere ciò che vogliamo significare allorché Lo chiamiamo Dio ; evitato finalmente lo spirito moderno di razionalizzare la Sua Divinità con la speranza di vedere la Sua Umanità, oh! ecco, noi lo troviamo da per tutto; non temiamo più nulla fuorché ciò che ci può separare da Lui, essendo a Lui contrario; ecco! «Tutte le cose sono vostre... e voi siete di Cristo; e Cristo è Dio» (I Cor., III, 22-23).


IX.

CRISTO NEL PECCATORE

«Quest'uomo riceve i peccatori e mangia con loro».
(Lc., XV, 2).

Abbiamo considerato come Cristo si avvicini a noi, offrendoci la Sua Amicizia, sotto varie forme e travestimenti, mettendo a nostra portata di mano, per così dire, certi suoi aspetti, od anche virtù e grazie, che altrimenti non sarebbero appresi. Egli estende a noi, per es., il Suo Sacerdozio, in un Sacerdote umano, la Santità nel Santo.
Ma questi Suoi particolari travestimenti sono abbastanza semplici. Chi conosce qualcosa della Sua realtà come Dio, solo attraverso uno straordinario pregiudizio o cecità può disconoscere la voce del Buon Pastore nelle parole che il Suo Sacerdote è autorizzato a pronunciare, o la Santità del Santo dei Santi nelle vite sovrumane dei Suoi intimi più amati. Ma non è altrettanto facile riconoscerLo nel peccatore; perché sembra che il Peccatore abbia un carattere che Egli assolutamente non può assumere. Anche i suoi più cari discepoli furono tentati di abbandonarLo, allorché, sulla Croce, e ancor più nel Gethsemani, Egli che «non conobbe peccato» si era «fatto per noi peccato» (Il Cor., V, 21).

I.  Fra le più spiccate caratteristiche di Gesù, quali vengono ricordate nel Vangelo, primeggia senza dubbio la Sua Amicizia per i peccatori, la straordinaria simpatia per essi, e l'apparente agio in loro compagnia. Per ciò, e non altro, fu accusato di colpa, giacché Egli vantava il diritto di insegnare la perfezione. Se ben riflettiamo, questa caratteristica fornisce una delle supreme credenziali per la Sua Divinità: nessuno fuorché l'Altissimo può abbassarsi tanto, nessuno fuorché Dio può essere così umano. Da un lato non c'è patrocinio che provenga da maggiore altezza. «Quest'uomo riceve i peccatori» (Lc., XV, 2). Non è contento di predicare a loro: «Egli mangia con loro», come se stesse ad eguale livello. E da altra parte non una traccia della sciocca moderna posa d'immoralità: il Suo messaggio finale è sempre: «Va, e non peccare più».
Così enfatica, infatti, è la Sua Amicizia per i peccatori, che quella per i Santi relativamente sembra, in apparenza, troppo ristretta. «Io non sono venuto a chiamare i giusti», Egli dice, «ma i peccatori». Tre volte in un solo discorso dà questa lezione alle anime che si pregiudicano incamminandosi per altra via  poiché il maggior pericolo per un'anima religiosa sta nel Farisaismo  in tre tremende parabole. La moneta d'argento smarrita nella casa è più preziosa che le nove racchiuse nello scrigno; la pecora caparbia perdutasi negli anfratti è più pregevole delle novantanove all'ovile; il figlio ribelle smarrito nel mondo è più caro del maggiore ed erede, al sicuro in casa.
Osservate ancora come Egli si regola praticamente secondo quel che dice; Non è soltanto una vaga benevolenza ch'Egli nutre verso i peccatori, così, in astratto, ma è una particolare gentilezza verso i peccatori che si traduce in concreto. Egli sceglie, pare, i tre tipi di ogni peccato, e li fa partecipi in speciale maniera della sua compagnia.
All'incurante, indifferente, rozzo delinquente, Egli promette il Paradiso; all'ardente, all'appassionata, alla sensitiva Maddalena dà la assoluzione e loda il suo amore; ed anche al peccatore più ripugnante  il calcolatore, il traditore a mente fredda che preferisce trenta denari al Suo Maestro, Egli dà il suo saluto nell' istante stesso del tradimento, col più tenero dei nomi: «Amico, perché sei venuto?» (Mt., XXVI, 50).
Una lezione abbastanza chiara emerge dai racconti evangelici. Noi non potremo conoscere Cristo sotto l'aspetto più caratteristico, se non Lo troviamo fra i peccatori.

II.  E ciò, cosa significa? Anche qui il mondo si ribella. Possiamo identificare il nostro Sacerdote, quando celebra al Suo Altare; il nostro Re dei Santi allorché è trasfigurato; possiamo anche riconoscerLo quando serve i peccatori, perché allora Egli serve a noi stessi; ma in qual senso dev'essere intesa l'affermazione che Egli si identifica con loro e che quindi bisogna cercarLo in loro e non solamente fra loro?
L'esempio dei Santi è chiaro e inconfondibile. Le anime che sono intieramente unite a Cristo, non cercano se non Cristo; e se c'è una cosa evidente è proprio questa: che queste anime sia che si ritirino dal mondo per lavorare nella penitenza e nella preghiera, sia che si tuffino nel mondo per spendervi la loro energia, cercano non solamente le cose che sono lontane da Cristo per ricondurle a Lui, ma Cristo stesso, in un certo senso, lontano da se stesso...
In fondo, ciò è molto semplice; poiché Cristo è «la Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo» (Joh., I, 9), e poiché è la Sua presenza, e questa sola, che dà un valore all'anima umana. Certamente, in un senso, l'anima perdendosi nel peccato perde Cristo, e la Sua Presenza non è più in Lei con la grazia; tuttavia in altro senso, brutalmente realistico e tragico, Cristo vi è ancora. Se un peccatore solamente cacciasse con il suo peccato Cristo, noi potremmo lasciar perdere quest'anima; ma è perché, secondo la terribile frase di S. Paolo, il peccatore tenta «crocifiggere» Cristo e «burlarsi di Lui» che non possiamo permettergli d'abbandonarsi a se stesso. Quest'anima ancora non è entrata nell'inferno, non ha perduto, irrimediabilmente e per l'eternità, la Presenza di Dio; è in uno stato di prova, e perciò avvince ancora il suo Salvatore in mistici legami e bende. Il nostro Amico allora non è impegnato solo superficialmente con l'anima, ma anche interiormente; nella voce quasi indurita di quella coscienza è la Voce di Gesù che supplica con labbra, ancora una volta colpite. Ivi sta la Luce del Mondo, ridotta a una scintillante favilla sotto un monte di ceneri; l'assoluta Verità, posta mezzo a tacere dalla Menzogna; la vita del Mondo avvenire, spinta all'orlo della morte da una vita che è ancora in questo mondo e di questo mondo.
Da quest'anima il nostro Amante grida col più amaro pathos: «Abbiate pietà di me, o Amici miei... Nella parola del mio Sacerdote io posso ancora operare azioni meravigliose e misericordiose; nell'esistenza dei miei Santi io posso vivere ancora una vita santa sulla terra; da ogni anima che si trovi in grazia io sono tollerato e lasciato in pace, anche se non ben ricevuto. Ma nell'anima di questo peccatore io sono privo di potere. Io parlo e non sono udito; mi sforzo e sono ostacolato... "Fermati, e guarda, se v'ha dolore, come il mio, grande". Ecco "Sitio"...». C'è dunque Cristo, nel travestimento di uno che lo ha respinto.

III.  Questo riconoscimento di Cristo nel peccatore è il titolo essenziale per la nostra capacità di aiutar il peccatore. Noi dobbiamo aver fiducia nelle sue possibilità. E la sua sola «possibilità» è Cristo. Noi abbiamo da riconoscere che dietro l'apparente assenza di fede v'è ancora, ad ogni modo, una scintilla di speranza; dietro la sua disperazione v'è ancora un barlume di carità. Il semplice discutere e rifiutarlo è peggio che inutile. Noi abbiamo da fare nei limiti delle nostre capacità, un po' di quello che Cristo fece nell'onnipotenza del suo amore: identificare noi stessi con il peccatore, penetrare attraverso il suo disamore e le sue tenebre all'amore e alla luce di Cristo che ancora non lo ha abbandonato a se stesso. Dobbiamo, in una parola, far di lui quanto ci può esser di meglio, e non peggio (come fa a noi nostro Signore tutte le volte, quando ci perdona i nostri peccati) perdonando i suoi trascorsi come speriamo che Dio perdoni i nostri. Riconoscere Cristo nel peccatore è non solo rendere omaggio a Cristo, ma arrecare un vantaggio al peccatore.
Tuttavia, quanto è pietosa la manchevolezza dei Cristiani, nel comprendere questo,  o, comunque, a regolarsi su questo! È molto agevole persuadere gli uomini a partecipare ad una funzione liturgica dove Cristo è evidentemente onorato; ad adorarLo nel SS. Sacramento; a riverirLo nel suo Sacerdote; a commemorare la solennità di un Santo. Ma è di un'estrema difficoltà convincerli ad intraprendere un lavoro il cui oggetto riposi nel disonore di Cristo, a sostenere, diciamolo pure, le Società di beneficenza, o le corporazioni per la salvezza degli infedeli!
Noi siamo terribilmente pronti a tenerci stretti alla nostra religione, ad abbandonare i peccatori a loro stessi, a tener le cortine chiuse, a fare piccole osservazioni ciniche, ed a dimenticare che, mancando nel riconoscere l'appello dei pagani e dei pubblicani manchiamo nel riconoscere il Signore del Quale ci professiamo servitori, e che è nella forma in cui più pressantemente desidera la nostra amicizia.
Guardiamo il Crocifisso; poi volgiamo uno sguardo sopra il peccatore. Ambedue sono repulsivi, ed orribili, agli occhi d'una perfezione fredda e senza Dio; ambedue sono amabili e desiderabili perché Cristo è in ambedue; ambedue sono infinitamente commoventi e supplicanti, perché in ambedue v'è Colui che «non conobbe peccato» e «si fece peccato» (II Cor., V, 21). Infatti il Crocifisso e il Peccatore non superficialmente, ma profondamente, si somigliano in ciò: che ambedue sono ciò che la ribelle volontà umana ha fatto dell'Immagine di Dio. Sarà questo quindi l'oggetto della più commossa devozione di coloro che desiderano vedere restaurata in quell'Immagine la luce della gloria  di tutti coloro che pretendono una simpatia da Lui che non solo è l'Amico dei Peccatori, ma volle con loro identificarsi.
Non riconoscere Cristo nel peccatore, è, dunque, non riconoscere Cristo quand'Egli è più veramente e caratteristicamente Se stesso. Tutta la devozione del mondo verso il Bianco Ospite nell'Ostensorio, tutta l'adorazione del mondo verso il Fanciullo immacolato, tra le braccia della Madre Immacolata, fallisce al suo vero fine se non è accompagnata dalla passione per le anime che lo disonorano; poiché dietro il putridume e la corruzione dei loro peccati, v'è Lui che è nel SS. Sacramento e dimora sulla mangiatoia, e invoca il nostro aiuto.
Infine bisogna ricordare, che se noi avremo pietà di Cristo nel peccatore, dovremo ancora aver pietà di Cristo in noi...


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