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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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I Vizi Capitali di Don Giuseppe Tomaselli

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2017 09:44
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Sesso: Femminile
10/06/2017 09:38

AVARIZIA


Il secondo vizio capitale è l'avarizia, cioè l'amore disordinato dei beni terreni, chiamati comunemente « beni di fortuna ».


L'avarizia è peccato più o meno grave, secondo che offende più o meno gravemente la carità o la giustizia.


Se il cuore umano è dominato da questo vizio, ad altro non pensa e non mira che alla ricchezza; diventa schiavo del denaro, sino ad adorare come Dio la moneta.


Gli avari, propriamente detti, non sono molti; costoro si privano del necessario pur di accumulare denaro. Però gli attaccati alle ricchezze più del giusto, sono in gran numero. Per convincersi di ciò, basta vedere con quale avidità si compera e si vende, quante liti si sostengono ed a quanti sacrifici si va incontro per accrescere il proprio guadagno.


Non è da confondersi con l'avarizia il giusto desiderio di guadagnare del denaro, per sovvenire ai propri bisogni ed a quelli della famiglia; neppure è avarizia quel senso di economia, per cui si limitano le spese non necessarie, allo scopo di mettere da parte qualche cosa per gl'imprevisti della vita.


 


Conseguenze.


Il desiderio di arricchire suole spingere all'usura.


Il bisognoso si rivolge al benestante per avere in prestito denaro. Bisognerebbe immedesimarsi della necessità del prossimo e dare in prestito generosamente, senza domandare interesse, oppure chiedere il minimo. Chi però è attaccato alla ricchezza, o non dà in prestito o, se dà, richiede molto interesse. Quanti usurai fanno piangere intiere famiglie, spillando denaro a più non posso! Giustamente questi miserabili sono chiamati strozzini, perché strozzano il prossimo, prendendolo per la gola.


L'amore sregolato al denaro fa frodare anche la giusta mercede all'operaio. Il lavoro dev'essere retribuito come si conviene, cioè la paga dev'essere in rapporto alla fatica ed all'abilità.


L'avaro invece esige molto lavoro e retribuisce poco, dando così motivo di bestemmiare e d'imprecare.


L'amore al denaro mette a tacere anche la voce del sangue. Perché tra genitori e figli, tra fratelli e sorelle, tra zii e nipoti, non si mantiene la dovuta cordialità? ... Perché spesso costoro non si visitano, non si salutano, anzi si calunniano, augurandosi ogni male? è la conseguenza dell'attacco al denaro.


E quanti delitti non si commettono per appropriarsi della roba altrui! Ed a quanti parenti si desidera la morte prematura, nella speranza di aver presto l'eredità o qualche lascito!


Giuda tradì Gesù Cristo per trenta denari; e chiunque si lascia vincere dall'amore ai beni di questo mondo, non c'è male che non possa commettere, davanti alla possibilità di arricchire ancora.


 


IL NECESSARIO


L'esempio di Gesù.


I beni di questo mondo ci sono stati dati da Dio come mezzo di sostenimento; non bisogna dunque attaccarvi troppo il cuore e cambiare così il mezzo col fine. Gesù diede al mondo l'esempio del più completo distacco dai beni terreni, per far comprendere che le vere ricchezze sono quelle celesti. Egli perciò volle una Madre povera ed un Padre Putativo povero; nacque nella massima povertà; lavorò e visse da povero, sino a dire ad un tale che voleva seguirlo: Gli uccelli dell'aria hanno i loro nidi e le volpi le loro tane, ma il Figlio dell'uomo non ha neppure dove posare il capo.


 


L'insegnamento divino.


Gesù amava i poveri, sino a chiamarli beati, e proclamò questo solennemente quando disse alla moltitudine dall'alto di una montagna: Beati i poveri di spirito,. cioè i distaccati dalle ricchezze, perché di essi è il regno dei Cieli!


Ma mentre il Divin Maestro ai poveri dice questo, ai ricchi rivolge parole terribili: Guai ai ricchi! E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, anziché un ricco entrare in Paradiso! Ciò significa che chi è ricco ed è molto legato ai beni, difficilmente potrà salvare l'anima sua.


 


I bisogni della vita.


Finché si sta sulla terra, si ha bisogno di cibo, di vestiti e di altre cose accessorie. Dunque si ha da brigare affinché niente venga a mancarci.


Dice S. Paolo: Avendo di che nutrirci e di che coprirci, di ciò dobbiamo essere contenti.


Perciò non è male cercare quello che è necessario. Il Signore però vuole che non si abbia troppa preoccupazione del cibo e del vestito; desidera invece che si viva con maggiore fiducia nella sua provvidenza.


 


Gli uccelli ed i fiori.


« Guardate, dice Gesù Cristo, gli uccelli dell'aria; non seminano, non mietono e non raccolgono nei granai; eppure il vostro Padre Celeste li nutrisce. Non valete voi più di molti uccelli? E chi di voi, pensando, può aggiungere alla sua statura un solo cubito? E del vestimento perché vi preoccupate? Considerate come crescono i gigli del campo; non lavorano e non tessono. Ed io vi dico che neppure Salomone nella sua gloria fu coperto come uno di essi. Se adunque l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel fuoco, Iddio veste in tale modo, quanto più vestirà voi, uomini di poca fede? Non vogliate perciò essere troppo solleciti, dicendo: Che cosa mangeremo o che cosa berremo o come ci copriremo? Tutte queste cose infatti cercano i pagani. Sa il vostro Padre Celeste che voi abbisognate di tutte queste cose ».


Queste parole sono uscite dalla bocca di Dio e quindi sono verissime. Ma come si spiega che tanti mancano del necessario?


La ragione la dà lo stesso Gesù, concludendo il discorso precedente: Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutte queste cose vi saranno date per giunta. Non vogliate dunque essere preoccupati soverchiamente del domani.


Se si osserva la legge di Dio, come si deve, il Signore non ci farà mancare il necessario.


Il più datelo ai poveri! Gesù c'insegna a pensare anche al prossimo bisognoso e dice: Quello che avete di più, datelo ai poveri!


Oh! se si mettesse in pratica questo divino precetto, come si solleverebbe l'umanità! Non avremmo i ricconi e neppure i miserabili.


 


I veri tesori.


La virtù opposta all'avarizia è la liberalità e consiste nell'avere il cuore staccato dalla ricchezza e nel beneficare gli altri, nel limite della propria possibilità.


« Non vogliate, dice il Signore; affaticarvi per guadagnare tesori sulla terra, tesori che la ruggine e la tignola distruggono e che i ladri dissotterrano e rubano. Procuratevi invece tesori per il Cielo ... Fatevi degli amici col Mammona d'iniquità, (cioè col denaro,) affinché quando verrete meno, possiate essere ricevuti negli eterni tabernacoli ».


Il Signore in tal modo ci esorta a tesoreggiare per il Paradiso e ci dice di servirci del denaro per assicurarci la felicità eterna. Chi infatti fa buon uso del denaro, esercitando la cristiana carità, sconta i peccati e si arricchisce di tesori, che troverà in Cielo quando verrà meno con la morte.


Ma mentre è promesso il Paradiso a chi fa buon uso delle ricchezze, è minacciato il fuoco dell'inferno a chi non fa carità, avendone la possibilità.


 


Il ricco epulone.


Leggiamo nel Vangelo: C'era un uomo ricco, che vestiva porpora e tutti i giorni dava grandi banchetti. C'era anche un mendicante, di nome Lazzaro, il quale pieno di piaghe giaceva alla porta di lui, bramoso dl sfamarsi con le briciole che cadevano dalla tavola del ricco, ma nessuno gliene dava; soltanto i cani andavano a leccargli le piaghe. Il mendicante mori' e fu portato dagli Angeli in seno ad Abramo; mori' anche il ricco e fu sepolto nell'inferno. Alzando costui gli occhi, mentre era nei tormenti, vide da lungi Abramo e Lazzaro nel suo seno. Allora ad alta voce esclamò: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro ad intingere nell'acqua la punta del dito per rinfrescare la mia lingua, perché io spasimo in questa fiamma! Ma Abramo gli rispose: Ricordati che tu avesti la tua parte di beni durante la vita, mentre Lazzaro ebbe nel medesimo tempo la sua parte di mali; perciò ora egli è consolato e tu sei tormentato. Oltre a questo, una grande voragine è posta tra noi e voi.


Quegli replicò: Io ti prego adunque che tu lo mandi a casa di mio padre, perchè ho cinque fratelli, per avvertirli di queste cose, affinché non abbiano anch'essi a venire in questo luogo di tormento. Abramo rispose. Hanno Mosè ed i Profeti; ascoltino quelli. E l'altro replicò: No, Padre Abramo, se un morto andrà a loro, faranno penitenza. Ma Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, non crederanno neppure ad un uomo risuscitato.


Il ricco epulone fu condannato al fuoco eterno per il solo fatto che aveva tanti beni e non si dava pensiero di farne partecipe il povero mendicante.


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