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I Vizi Capitali di Don Giuseppe Tomaselli

Ultimo Aggiornamento: 10/06/2017 09:44
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10/06/2017 09:42


TEMPERANZA

Chiamasi temperanza la virtù che modera e frena i sensi del corpo, specialmente la gola.

La temperanza è di grande utilità all'anima ed al corpo. I medici la raccomandano. Noi però dobbiamo praticare questa virtù in vista della nostra salvezza eterna.

Parte integrale della temperanza è la mortificazione cristiana, tanto inculcata da Gesù Cristo e dalla Santa Chiesa.

 

L'esempio di Gesù.

Gesù Cristo è perfetto Dio e perfetto uomo. Come tale, aveva un corpo simile al nostro, soggetto cioè al bisogno della nutrizione. Egli però era molto frugale. Durante le peregrinazioni della sua vita pubblica, veniva alimentato dalla carità di pie persone; qualche volta si contentava di nutrirsi con alcune spighe di grano raccolto nei campi.

Gesù volle dare inoltre un grande esempio di penitenza corporale, restando digiuno per quaranta giorni e quaranta notti. In tutto questo tempo non prese ne cibo ne bevanda; alla fine ebbe fame, tanto che il demonio colse l'occasione per tentarlo. Se sei Figlio di Dio, gli disse, fa' che queste pietre diventino pane.

Gli rispose Gesù: Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che procede dalla bocca di Dio.

L'esempio dei Santi.

Persuasi i Santi della necessità di seguire le orme di Gesù, erano molto limitati nel cibo e per lo più si contentavano dello stretto necessario.

Sappiamo di alcuni Santi che s'industriavano di rendere disgustosi i cibi e le bevande, mettendovi sostanze amare o nauseanti.

Gli eremiti vivevano nel deserto e si nutrivano di erbe, di qualche frutto e di un po' di acqua; con tutto ciò, sappiamo che buon numero di essi raggiunse un'età avanzata, anzi parecchi oltrepassarono i cento anni, come Sant'Antonio Abate e San Paolo, primo eremita.

Si sa di altri Santi che arrivarono a tale grado di mortificazione della gola, da superare la naturale ripugnanza assumendo cibi disgustosi. Un esempio lo troviamo nella vita di San Giovanni Bosco.

Questo Santo lavorava molto e mangiava poco, tanto da recare meraviglia ai commensali.

Una sera, dopo una giornata faticosissima, rincasò ad ora tarda; nell'Oratorio tutti erano a riposo. Per non molestare alcuno, entrò in cucina, sperando trovare qualche boccone, fosse anche freddo. Scorse in un cantuccio un pentolino, con qualche cosa dentro. Si cibò di quella sostanza. L'indomani mattina la madre sua cercava la colla e non poteva darsi pace avendo trovato il pentolino vuoto. Non datevi pensiero, disse tranquillamente Don Bosco; mi servì di cena ieri sera. Ma come potesti mangiare quella roba? Eh, madre mia, l'appetito condisce ogni cosa! E poi non ci si vedeva bene in cucina; del resto il fatto è fatto.

L'esempio dei Santi è un forte rimprovero a quelli che trattano troppo delicatamente la gola.

Quanto tempo s'impiega nella preparazione di cibi prelibati! Quanto denaro si spreca in dolciumi ed in bibite non necessarie, e forse anche dannose!

Quanti lamenti, se un cibo non incontra il proprio gusto! ...

Coloro che assecondano il vizio della gola, invertono l'ordine voluto da Dio, cioè non mangiano per vivere, ma vivono per mangiare. Il loro Dio è lo stomaco; ad esso rivolgono le cure principali della giornata; imitano in qualche modo le bestie, le quali non hanno altra preoccupazione.

 

La pratica della Chiesa.

Data l'importanza della mortificazione della gola, la Santa Chiesa prescrive delle penitenze.

è bene conoscere le norme per l'adempimento del precetto ecclesiastico. La Santa Chiesa prescrive che al venerdì non si mangi la carne, per un senso di gratitudine e di rispetto verso Gesù Cristo, che in detto giorno morì in Croce. Il venerdì non si mangia la carne (o il sanguinaccio o le interiora degli animali a sangue caldo). Però si può supplire in questo giorno con qualche altra opera buona.

In Quaresima non si mangia la carne in tutti i venerdì e nel giorno delle Ceneri, cioè, l'indomani di carnevale, che è primo giorno di Quaresima.

Sino ai quattordici anni compiuti non si è tenuti ad osservare questa legge ecclesiastica. Dopo i quattordici anni questo Precetto non ha limite di età.

Sono esenti gli ammalati e quelli che hanno qualche grave motivo. Ma in questo caso si può soltanto consigliare di fare qualche altra opera buona.

Il digiuno è prescritto due volte l'anno: il giorno delle Ceneri ed il Venerdì Santo.

è tenuto al digiuno chi ha compiuti i ventuno anni di età, sino ai cinquantanove anni compiuti. Ne sono dispensati gli ammalati, chi è troppo debole e chi fa lavori molto faticosi. A costoro si può soltanto consigliare di fare qualche altra opera buona.

Può digiunarsi così: a colazione è permesso, a chi ne sentisse il bisogno, un leggerissimo cibo. Il caffè non rompe il digiuno. A pranzo, che può iniziare alle ore undici, è permesso tutto, in quantità ed in qualità, tranne la carne. La cena sia molto moderata. Si può invertire il pranzo con la cena.

 

La mortificazione della gola.

La mortificazione della gola non solo fa evitare l'eccesso del mangiare e del bere, ma anche priva la gola di qualche piacere lecito. Ecco un piccolo elenco di mortificazioni, che potrà essere utile alle anime di buona volontà.

1) Sentendo la sete, non bere subito, ma aspettare alquanto; oppure bere in quantità minore di quanto si vorrebbe, cioè senza saziarsi.

2) Fuori dei pasti ordinari, non prendere alcun cibo o bevanda, tranne il caso di vera necessità o di convenienza sociale.

3) Avendo desiderio di mangiare un frutto, una caramella oppure qualche dolce, rimandare ad altro orario; meglio ancora se ci si priva del tutto e se ne fa dono a un bambino o ad un poverello.

4) Tenere in bocca qualche sostanza amara o disgustosa, unicamente per contrariare il gusto.

5) Privarsi dello zucchero nel prendere il caffè oppure il latte.

6) Stando à tavola, mangiare e bere senza avidità, anzi scegliere le porzioni meno appetitose.

7) Non lamentarsi se i cibi sono in poca quantità o se sono mal preparati.

8) Non parlare dei cibi che piacciono di più e non brigare per averli.

9) Dare ai poverelli il denaro che si vorrebbe destinare ai gelati, alle bibite o ai dolciumi.

10) Prendere le medicine senza lamentarsi e senza lasciare trasparire la naturale ripugnanza.

Chi si esercita nelle piccole mortificazioni di gola, arreca grande bene all'anima sua.

Ecco l'utilità di queste mortificazioni: Si acquista il dominio di se stessi, per cui con facilità si possono tenere a freno gli altri sensi del corpo; si scontano i peccati commessi col corpo; si acquista un grado di gloria maggiore per il Paradiso; nell'anima scende di continuo la rugiada della grazia divina, per cui si è sempre più disposti ad operare il bene; più che tutto si dà piacere a Dio, perchè gli si offrono dei sacrifici.

 

Venerdì e sabato.

Alle persone pie sono tanto cari i venerdì ed i sabati, perchè tali giorni sono dedicati al Sacro Cuore di Gesù ed a Maria Santissima.

Ovunque si va diffondendo la pratica dei fioretti spirituali al venerdì ed al sabato, fioretti che consistono nel fare qualche opera buona particolare o nell'imporsi qualche sacrificio volontario.

Vorrei suggerire, a proposito di gola, qualche mortificazione da farsi in detti giorni. Un fioretto potrebbe essere: Non mangiare nel venerdì e nel sabato frutta fresca oppure dolci; ovvero non bere fuori dell'orario dei pasti.

Ho trovato tanto bello il fioretto di un'anima di mia conoscenza, la quale il venerdì prepara il pranzo ed invita un povero a consumare il pasto bene apparecchiato; essa non solo serve il povero, ma per mortificazione di gola si limita a mangiare soltanto pane con scarso companatico.

Non tutti sono nella possibilità di fare ciò; ma chi potesse e volesse farlo, quanta gloria darebbe a Dio e quanto merito acquisterebbe!



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