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Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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Apparecchio alla Morte di sant'Alfonso Maria de Liguori

Ultimo Aggiornamento: 10/07/2019 00:04
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09/07/2019 23:25

MEZZI PER APPARECCHIARSI ALLA MORTE


Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis (Eccli 7,40)


PUNTO I


Tutti confessano che si ha da morire, e morire una sola volta; e che non vi è cosa di maggiore conseguenza di questa, poiché dal punto della morte dipende l'esser beato, o disperato per sempre. Tutti sanno poi che dal viver bene o male dipende il fare una buona o mala morte. E poi come va che dalla maggior parte de' cristiani si vive, come non si avesse mai a morire, o come poco importasse il morir bene o male? Si vive male, perché non si pensa alla morte: "Memorare novissima tua, et in aeternum non peccabis". Bisogna persuaderci che 'l tempo della morte non è proprio per aggiustare i conti, affin di assicurare il gran negozio dell'eterna salute. I prudenti del mondo negli affari di terra prendono a tempo opportuno tutte le misure per ottenere quel guadagno, quel posto, quel matrimonio; per la sanità del corpo non differiscono punto i rimedi necessari. Che diresti di taluno, che dovesse andare a qualche duello o concorso di cattedra, se volesse attendere ad istruirsi, quando è già arrivato il tempo? Non sarebbe pazzo quel capitano, che in tempo dell'assedio si riserbasse a far la provvisione de' viveri e dell'armi? Non pazzo quel nocchiero, che trascurasse a provvedersi d'ancore e di gomene sino al tempo della tempesta? Tale appunto è quel cristiano, che si riduce ad aggiustar la coscienza, quando è arrivata la morte. "Cum interitus quasi tempestas ingruerit... tunc invocabunt me, et non exaudiam; comedent fructus vitae suae" (Prov 1,27). Il tempo della morte è tempo di tempesta, di confusione; allora i peccatori chiamano Dio in aiuto, ma per solo timore dell'inferno, a cui si vedon vicini, senza vera conversione, e perciò Dio non gli esaudisce. E perciò anche giustamente non assaggeranno allora, che i soli frutti della loro mala vita. "Quae seminaverit homo, haec et metet". Eh che non basta allora prendere i sagramenti; bisogna morire odiando il peccato e amando Dio sopra ogni cosa; ma come odierà i piaceri illeciti, chi sino ad allora li avrà amati? come amerà Dio allora sopra ogni cosa, chi sino a quel punto avrà amate le creature più di Dio?


Il Signore chiama stolte quelle vergini (perché tali erano) che voleano apparecchiar le lampane, quando già veniva lo sposo. Tutti temono la morte subitanea, perché allora non vi è tempo di aggiustare i conti. Tutti confessano che i Santi sono stati i veri savi, perché si sono preparati alla morte, prima che giungesse la morte. E noi che facciamo? vogliamo aspettare ad apparecchiarci a morir bene, quando la morte sarà già vicina? Bisogna dunque fare al presente quel che vorremo aver fatto in morte. Oh che pena dà allora la memoria del tempo malamente speso! tempo dato da Dio per meritare, ma tempo ch'è passato e non torna più. Che affanno darà allora il sentirsi dire: "Iam non poteris amplius villicare". Non ci è più tempo di far penitenza, di frequentar sagramenti, di sentir prediche, di visitare Gesù Cristo nelle chiese, di fare orazione; quel ch'è fatto, è fatto. Vi bisognerebbe allora una mente più sana, un tempo più quieto per far la confessione, come va fatta, per risolvere diversi punti di scrupoli gravi, e così quietar la coscienza; ma "tempus non erit amplius".


PUNTO II


Presto dunque, fratello mio, giacché è certo che avete da morire, mettetevi a' piedi del Crocifisso, ringraziatelo del tempo, che vi dà per sua misericordia di poter aggiustare la vostra coscienza; e poi date una rivista a tutti gli sconcerti della vita passata, specialmente a quelli della gioventù. Date un'occhiata a i divini precetti, esaminate gl'impieghi esercitati, le conversazioni, che avete frequentate, e notatevi in iscritto le vostre mancanze, e fatevi una confession generale di tutta la vostra vita, se non l'avete fatta ancora. Oh quanto giova la confessione generale per mettere in buon sistema la vita d'un cristiano! Pensate che son conti per l'eternità, e perciò fateli come ora stessivo in punto di dovergli rendere a Gesù Cristo giudice. Discacciate dal cuore ogni affetto malvagio, ogni rancore: toglietevi ora ogni scrupolo di roba d'altri, di fama tolta, di scandali dati, e risolvete di fuggir quelle occasioni, in cui potete perdere Dio. Pensate che quel che ora vi pare difficile, in punto di morte vi parerà impossibile.


Ciò che importa, risolvete di mettere in pratica i mezzi per conservarvi in grazia di Dio. I mezzi sono la Messa ogni giorno, la meditazione delle verità eterne, la frequenza della confessione e Comunione almeno ogn'otto giorni, la visita ogni giorno al SS. Sagramento e alla divina Madre, la congregazione, la lezione spirituale, l'esame di coscienza ogni sera, qualche divozione speciale a Maria SS. con fare il digiuno nel sabato; e sopra tutto proponete di spesso raccomandarvi a Dio ed alla B. Vergine con invocare spesso, e specialmente in tempo di tentazioni, i nomi sagrosanti di Gesù e di Maria. Questi sono i mezzi, che possono ottenervi una buona morte e la salute eterna.


Il far ciò sarà un gran segno per voi della vostra predestinazione. Ed in quanto poi al passato, confidate al sangue di Gesù Cristo, il quale vi dona ora questi lumi, perché vi vuol salvo, e confidate all'intercessione di Maria che questi lumi v'impetra. Con tal registro di vita e confidenza in Gesù e Maria, oh come Dio aiuta, e che forza acquista l'anima! Presto dunque, lettor mio, datevi tutto a Dio che vi chiama; e cominciate a goder quella pace, di cui sinora per vostra colpa siete stato privo. E quale pace maggiore può sentire un'anima che 'l poter dire in porsi a letto la sera: Se stanotte viene la morte, spero di morire in grazia di Dio! Quale consolazione è l'udire lo strepito de' tuoni, vedere tremar la terra e star aspettando con rassegnazione la morte, se Dio così dispone!


PUNTO III


In oltre, bisogna procurare di ritrovarci in ogni ora quali desideriamo di ritrovarci in morte. "Beati mortui, qui in Domino moriuntur" (Apoc 14). Dice S. Ambrogio che quelli muoiono bene, che al tempo della morte si trovano già morti al mondo, cioè distaccati da quei beni, da cui la morte allora a forza avrà da separarci. Sicché bisogna che da ora accettiamo lo spoglio delle robe, la separazione da' parenti e da tutte le cose di questa terra. Se ciò non lo facciamo volontariamente in vita, l'avremo a fare necessariamente in morte, ma allora con estremo dolore e con pericolo della salute eterna. E con ciò avverte S. Agostino che giova molto per morir quieto l'aggiustare in vita gl'interessi temporali, facendo da ora la disposizione de' beni che si han da lasciare, acciocché in morte la persona s'occupi solo a stringersi con Dio. Allora è bene discorrere solamente di Dio e del paradiso. Son troppo preziosi quegli ultimi momenti, per non dissiparli in pensieri di terra. In morte si compisce la corona degli eletti, poiché allora si fa forse la migliore raccolta di meriti in abbracciare quei dolori e quella morte con rassegnazione ed amore.


Ma non potrà avere questi buoni sentimenti in morte, chi non gli ha esercitati in vita. A tal fine alcuni divoti con molto loro profitto praticano di rinnovare in ogni mese la Protesta della morte cogli atti cristiani, dopo essersi confessati e comunicati figurandosi di trovarsi già moribondi vicini ad uscire di vita. ("Nel nostro libretto della Visita al SS. Sagramento, vi è questa Protesta cogli atti, che può leggersi in poco tempo, perché è breve"). Ciò che non si fa in vita, è molto difficile farlo in morte. La gran serva di Dio suor Catarina di S. Alberto Teresiana morendo sospirava e dicea: Sorelle, io non sospiro per timor della morte, perché da 25 anni la sto aspettando, sospiro in vedere tanti ingannati, che menano la vita in peccato e si riducono a far pace con Dio in morte, quand'io appena posso pronunziare Gesù.


Esaminate dunque, fratello mio, se ora tenete attaccato il cuore a qualche cosa di terra, a quella persona, a quell'onore, a quella casa, a quei danari, a quella conversazione, a quegli spassi; pensate che non siete eterno. L'avete da lasciare un giorno, e forse presto; e perché volete starvi attaccato, con porvi a rischio di fare una morte inquieta? Offerite da ora tutto a Dio, pronto a privarvene, quando a Lui piace. Se volete morir rassegnato, bisogna che da ora vi rassegniate in tutti gli accidenti contrari, che vi possono accadere, e vi spogliate degli affetti alle cose della terra. Mettetevi innanzi il punto della morte e disprezzerete tutto. "Facile contemnit omnia (dice S. Geronimo) qui semper se cogitat moriturum".


Se non avete eletto ancora lo stato di vostra vita, eleggetevi quello stato che vorreste aver eletto, quando sarete in morte, e che vi farà fare una morte più contenta. Se poi già l'avete eletto, fate quel che vorreste aver fatto allora nel vostro stato. Fate come ogni giorno fosse l'ultimo di vostra vita, ed ogni azione l'ultima che fate, l'ultima orazione, l'ultima confessione, l'ultima comunione. Immaginatevi come in ogni ora vi trovaste moribondo, steso in un letto, e vi sentiste intimare quel "Proficiscere de hoc mundo". Questo pensiero oh quanto vi gioverà per ben camminare e distaccarvi dal mondo: "Beatus ille servus, quem, cum venerit Dominus eius, inveniet sic facientem" (Matth 24,46). Chi aspetta la morte ad ogni ora, ancorché morisse all'improvviso, non lascerà di morir bene.





PREZZO DEL TEMPO

Fili, conserva tempus (Eccli 4,23)

PUNTO I

Figlio, dice lo Spirito Santo, sta attento a conservare il tempo ch'è la cosa più preziosa e 'l dono più grande che può dare Dio ad un uomo che vive. Anche i gentili conoscevano quanto vale il tempo. Seneca diceva non esservi prezzo ch'uguagli il valore del tempo. "Nullum temporis pretium". Ma con miglior lume hanno conosciuto i Santi il valore del tempo. Disse S. Bernardino da Siena che tanto vale un momento di tempo, quanto vale Dio: perché in ogni momento può l'uomo con un atto di contrizione o d'amor acquistarsi la divina grazia e la gloria eterna: "Modico tempore potest homo lucrari gratiam, et gloriam. Tempus tantum valet, quantum Deus, quippe in tempore bene consumto comparatur Deus".

Il tempo è un tesoro, che solamente in vita si trova; non si trova nell'altra, né nell'inferno, né in cielo. Nell'inferno questo è il pianto de' dannati: "O si daretur hora!". Pagherebbero ad ogni costo un'ora di tempo, in cui potessero rimediare alla loro ruina; ma quest'ora non l'avranno mai. Nel cielo poi non si piange, ma se potessero piangere i beati, questo sarebbe il loro solo pianto, l'aver perduto il tempo in questa vita, in cui poteano acquistarsi maggior gloria, e che questo tempo non possono più averlo. Una Religiosa Benedettina defunta comparve gloriosa ad una persona e le disse ch'ella stava appieno contenta; ma se avesse potuto mai desiderare qualche cosa, era solo di ritornare in vita e di patire per meritare più gloria; e disse che si sarebbe contentata di soffrire la sua dolorosa infermità, che avea patita in morte, sino al giorno del giudizio, per acquistare la gloria che corrisponde al merito d'una sola "Ave Maria".

E voi, fratello mio, a che spendete il tempo? perché quel che potete far oggi, sempre lo trasportate al domani? Pensate che il tempo passato già scorso non è più vostro; il futuro non istà in vostro potere: solo il tempo presente avete per far bene. "Quid de futuro miser praesumis (ne avverte S. Bernardo), tanquam Pater tempora in tua posuerit potestate?". E S. Agostino dice: "Diem tenes, qui horam non tenes?". Come puoi prometterti il giorno di domani, se non sai se ti tocca neppure un'altra ora di vita? Dunque conclude S. Teresa e dice: Se oggi non istai pronto a morire, temi di morir male.

PUNTO II

Non vi è cosa più preziosa del tempo, ma non vi è cosa meno stimata e più disprezzata dagli uomini del mondo. Questo è quel che piange S. Bernardo: "Nihil pretiosius tempore, sed nihil vilius aestimatur". E poi seguita a dire: "Transeunt dies salutis, et nemo recogitat sibi perire diem, et nunquam rediturum". Vedrai quel giuocatore stare i giorni e le notti a perdere il tempo ne' giuochi; se gli dimandi, che fai? risponde: Passiamo il tempo. Vedrai quell'altro vagabondo trattenersi per ore intere in mezzo ad una strada a guardare chi passa, o a parlare osceno o di cose inutili; se gli dimandi, che fai? risponde: Ne fo passare il tempo. Poveri ciechi, che perdono tanti giorni, ma giorni che non tornano più!

O tempo disprezzato, tu sarai la cosa più desiderata da' mondani nel tempo della morte! Desidereranno allora un altro anno, un altro mese, un altro giorno, ma non l'avranno; sentiranno allora dirsi: "Tempus non erit amplius". Ognun di costoro quanto pagherebbe allora un'altra settimana, un altro giorno di tempo, per meglio aggiustare i conti della coscienza? Anche per ottenere una sola ora di tempo, dice S. Lorenzo Giustiniani, costui darebbe tutt'i suoi beni: "Erogaret opes, honores, delicias pro una horula". Ma quest'ora non gli sarà data: presto, gli dirà il Sacerdote assistente, presto partitevi da questa terra, non v'è più tempo: "Proficiscere, anima christiana, de hoc mundo".

Pertanto ci esorta il profeta a ricordarci di Dio e a procurarci la sua grazia, prima che manchi la luce: "Memento creatoris tui, antequam tenebrescat sol, et lumen" (Eccl 12,1). Qual pena è ad un pellegrino, che s'avvede di avere errata la via, quando è fatta già notte, e non v'è più tempo di rimediare? Questa sarà la pena in morte di chi è vivuto molti anni nel mondo, ma non gli ha spesi per Dio: "Venit nox, in qua nemo potest operari" (Io 9,4). Allora la morte sarà per lui tempo di notte, in cui non potrà fare più niente. "Vocavit adversum me tempus" (Thren 1,15). La coscienza allora gli ricorderà quanto tempo ha avuto, e l'ha speso in danno dell'anima; quante chiamate, quante grazie ha ricevute da Dio per farsi santo, e non ha voluto avvalersene, e poi si vedrà chiusa la via di fare alcun bene. Onde dirà piangendo: Oh pazzo che sono stato! Oh tempo perduto! Oh vita mia perduta! Oh anni perduti, in cui potea farmi santo; ma non l'ho fatto, ed ora non ci è più tempo di farlo. Ma a che serviranno questi lamenti e sospiri, allora che sta per finire la scena, la lampana sta vicina a smorzarsi, e 'l moribondo sta prossimo a quel gran momento da cui dipende l'eternità?

PUNTO III

"Ambulate dum lucem habetis" (Io 12,35). Bisogna che camminiamo nella via del Signore in vita, or che abbiamo la luce; perché poi questa si perde in morte. Allora non è tempo di apparecchiarsi, ma di trovarsi apparecchiato. "Estote parati". In morte non si può far niente; allora quel ch'è fatto è fatto. Oh Dio, se taluno avesse la nuova che tra breve ha da trattarsi la causa della sua vita, o di tutto il suo avere, come s'affretterebbe per ottenere un buon avvocato, per far intesi i ministri delle sue ragioni, e per trovar mezzi da procurarsi il lor favore? E noi che facciamo? Sappiamo certo che tra breve (e può essere ad ogni ora) si ha da trattar la causa del maggior negozio che abbiamo, ch'è il negozio della salute eterna, e perdiamo tempo?

Dirà taluno: Ma io son giovane, appresso mi darò a Dio. Ma sappiate (rispondo) che il Signore maledisse quel fico, che trovò senza frutto, ancorché non fosse tempo di frutti, come nota il Vangelo: "Non enim erat tempus ficorum" (Marc 11,13). Con ciò volle Gesù Cristo significarci che l'uomo in ogni tempo anche nella gioventù dee render frutto di buone opere, altrimenti sarà maledetto e non farà più frutto in avvenire. "Iam non amplius in aeternum ex te fructum quispiam manducet". Così disse il Redentore a quell'albero, e così maledice chi da lui è chiamato e resiste. Gran cosa! il demonio stima poco tempo tutto il tempo della nostra vita, e perciò non perde momento in tentarci: "Descendit diabolus ad vos habens iram magnam, sciens quod modicum tempus habet" (Apoc 12,12). Dunque il nemico non perde tempo per farci perdere, e noi perderemo il tempo, trattandosi di salvarci?

Dirà quell'altro: "Ma io che male fo?". Oh Dio, e non è male perdere il tempo in giuochi, in conversazioni inutili, che niente giovano all'anima? Iddio forse a ciò vi dà questo tempo, affinché lo perdiate? No, dice lo Spirito Santo: "Non te praetereat particula boni diei" (Eccli 4). Quelli operari, di cui scrive S. Matteo, non faceano male, ma solamente perdevano il tempo: e di ciò furono ripresi dal padron della vigna: "Quid hic statis tota die otiosi?" (Matth 20). Nel giorno del giudizio Gesù Cristo ci chiederà conto d'ogni parola oziosa. Ogni tempo, che non è speso per Dio, è tempo perduto. "Omne tempus, quo de Deo non cogitasti, cogita te perdidisse" (S. Bernardo). Quindi ci esorta il Signore: "Quodcunque facere potest manus tua, instanter operare, quia nec opus, nec ratio erunt apud inferos, quo tu properas" (Eccl 9,10). Dicea la Ven. M. suor Giovanna della SS. Trinità teresiana che nella vita de' Santi non v'è il domani: il domani è nella vita de' peccatori, che sempre dicono, appresso, appresso; e così si riducono alla morte. "Ecce nunc tempus acceptabile" (2 Cor 6,2). "Hodie si vocem eius audieritis, nolite obdurare corda vestra" (Ps 94,8). Oggi Dio ti chiama a far il bene, oggi fallo; perché domani può essere, o che non vi sia più tempo, o che Dio non ti chiami più.

E se per lo passato per tua disgrazia hai speso il tempo in offendere Dio, procura di piangerlo nella vita che ti resta, come propose di fare il re Ezechia: "Recogitabo tibi omnes annos meos in amaritudine animae meae" (Is 38,15). Dio ti dà la vita, acciocché ora rimedi al tempo perduto. "Redimentes tempus, quoniam dies mali sunt" (Ephes 5,16). Commenta S. Anselmo: "Tempus redimes, si quae facere neglexisti, facias". Di S. Paolo dice S. Geronimo ch'egli sebbene fu l'ultimo degli Apostoli, fu il primo ne' meriti per quel che fece dopo che fu chiamato: "Paulus novissimus in ordine, prior in meritis, quia plus in omnibus laboravit". Se altro non fosse, pensiamo che in ogni momento possiamo fare maggiori acquisti de' beni eterni. Se ti fosse concesso di acquistare tanto terreno, quanto potessi girar camminando per un giorno, o tanti danari, quanti potessi in un giorno numerare, qual fretta non ti daresti? E tu puoi acquistare in ogni momento tesori eterni, e vuoi perder tempo? Quel che puoi far oggi, non dire che puoi farlo domani, perché quest'oggi sarà perduto per te, e più non tornerà. S. Francesco Borgia, quando altri parlavano di mondo, volgevasi a Dio con santi affetti, sì che richiesto poi del suo sentimento, non sapeva rispondere; di ciò fu corretto: ma egli disse: "Malo rudis vocari, quam temporis iacturam pati". Mi contento più presto d'essere stimato rozzo d'ingegno, che perdere il tempo.




IMPORTANZA DELLA SALVEZZA

Rogamus autem fratres, ut negotium vestrum agatis (Thess 4,10)

PUNTO I

Il negozio dell'eterna salute è certamente l'affare, che a noi importa più di tutti gli altri; ma questo è il più trascurato da' cristiani. Non si lascia diligenza, né si perde tempo per arrivare a quel posto, per vincer quella lite, per concludere quel matrimonio; quanti consigli, quante misure si prendono; non si mangia, non si dorme! E poi per accertare la salute eterna, che si fa? come si vive? Non si fa niente, anzi si fa tutto per perderla; e si vive dalla maggior parte de' cristiani, come la morte, il giudizio, l'inferno, il paradiso e l'eternità non fossero verità di fede, ma favole inventate da' poeti. Se si perde una lite, una raccolta, che pena non si sente? e che studio non si mette per riparare il danno avuto? Se si perde un cavallo, un cane, che diligenza non si fa per ritrovarlo? Si perde la grazia di Dio, e si dorme, e si burla, e si ride. Gran cosa! Ognuno si vergogna d'esser chiamato negligente ne' negozi del mondo; e poi tanti non si vergognano di trascurare il negozio dell'eternità, che importa tutto! Chiamano essi savi li santi, che hanno atteso solamente a salvarsi, e poi essi attendono a tutte l'altre cose del mondo e niente all'anima! Ma voi (dice S. Paolo), voi, fratelli miei, attendete solo al gran negozio che avete della vostra salute eterna, che questo è l'affare che a voi più importa. "Rogamus vos, ut vestrum negotium agatis". Persuadiamoci dunque che la salute eterna è per noi il negozio più "importante", il negozio "unico", ed è un negozio "irreparabile", se mai si sgarra.

È il negozio il più "importante". Sì, perch'è l'affare di maggior conseguenza, trattandosi dell'anima, che perdendosi è perduto tutto. L'anima dee stimarsi da noi la cosa più preziosa, che tutti i beni del mondo."Anima est toto mundo pretiosior", dice S. Gio. Grisostomo. Per intendere ciò, basta sapere che lo stesso Dio ha dato il Figlio alla morte, per salvare l'anime nostre! "Sic Deus dilexit mundum, ut Filium suum unigenitum daret" (Io 3,16). E 'l Verbo eterno non ha ricusato di comprarle col suo medesimo sangue. "Emti enim estis pretio magno" (1 Cor 19,10). Talmente che (dice un santo Padre) par che l'uomo vaglia, quanto vale Dio: "Tam pretioso munere humana redemtio agitur, ut homo Deum valere videtur". Quindi disse Gesù Cristo: "Quam dabit homo commutationem pro anima sua?" (Matth 16,26). Se l'anima dunque tanto vale, per qual bene mai del mondo un uomo la cambierà perdendola?

Avea ragione S. Filippo Neri di chiamar pazzo chi non attende a salvarsi l'anima. Se mai nella terra vi fossero uomini mortali ed uomini immortali, ed i mortali vedessero gl'immortali tutti applicati alle cose del mondo, ad acquistare onori, beni e spassi di terra, direbbero certamente loro: Oh pazzi che siete! voi potete acquistarvi beni eterni e pensate a queste cose miserabili e passaggiere? e per queste vi condannate voi stessi a pene eterne nell'altra vita? Lasciate che a questi beni terreni ci pensiamo solamente noi sventurati, per cui nella morte finirà tutto per noi. Ma no, che siamo tutti immortali; e come va poi, che tanti per li miseri piaceri di questa terra perdono l'anima? Come va, dice Salviano, che i cristiani credono esservi giudizio, inferno, eternità, e poi vivono senza temerli? "Quid causae est, quod christianus, si futura credit, futura non timeat?".

PUNTO II

Il negozio dell'eterna salute non solo è il più importante, ma è "l'unico" negozio che abbiamo in questa vita. "Porro unum est necessarium". Piange S. Bernardo la sciocchezza de' cristiani, che chiamano pazzia le pazzie de' fanciulli, e poi chiamano negozi i loro affari terreni. "Nugae puerorum, nugae vocantur, nugae maiorum, negotia vocantur?". Queste pazzie de' grandi sono pazzie più grandi. Ed a che serve (dice il Signore) guadagnarti tutto il mondo, e perdere l'anima? "Quid prodest homini, si mundum universum lucretur, animae vero suae detrimentum patiatur?" (Matth 16,26). Se ti salvi, fratello mio, non importa che in questa terra sii stato povero, afflitto e disprezzato: salvandoti, non avrai più guai, e sarai felice per tutta l'eternità. Ma se la sgarri e ti danni, che ti servirà nell'inferno l'averti presi tutti gli spassi del mondo, e l'essere stato ricco ed onorato? Perduta l'anima, si perdono gli spassi, gli onori, le ricchezze; si perde tutto.

Che risponderai a Gesù Cristo nel giorno de' conti? Se il re mandasse un suo ambasciadore a trattare qualche gran negozio in una città, e quegli in vece di attendere ivi all'affare commessogli, attendesse solamente a far banchetti, commedie e festini: e con ciò mandasse a male il negozio, qual conto ne darebbe al re nel suo ritorno? Ma oh Dio! che maggior conto darà al Signore nel giudizio colui, che posto sulla terra, non per divertirsi, non per farsi ricco, non per acquistare onori ma per salvarsi l'anima, ad ogni cosa avrà atteso, fuorché all'anima? Si pensa da' mondani solamente al presente, non al futuro. S. Filippo Neri parlando una volta in Roma ad un giovane di talento, chiamato Francesco Zazzera, che stava applicato al mondo, gli disse così: Figlio mio, tu farai gran fortuna, sarai buono avvocato, poi sarai prelato, poi forse anche cardinale, e chi sa, forse anche Papa. E poi? e poi? Va (gli disse in fine), pensa a queste due ultime parole. Se ne andò Francesco alla casa, e pensando a quelle due parole, "e poi? e poi?" lasciò le sue applicazioni mondane, lasciò anche il mondo, ed entrò nella stessa Congregazione di S. Filippo, e cominciò ad attendere solo a Dio.

"Unico" negozio, perché un'anima abbiamo. Benedetto XII fu richiesto da un principe d'una grazia, che non potea concedersi senza peccato; il Papa rispose all'ambasciadore: Dite al vostro principe, che se io avessi due anime, potrei una perderla per lui e l'altra riservarla per me; ma perché ne ho una sola, non posso né voglio perderla. Dicea S. Francesco Saverio che un solo bene vi è nel mondo, e un solo male; l'unico bene è il salvarsi, l'unico male è il dannarsi. Ciò replicava ancora S. Teresa alle sue monache dicendo: "Sorelle mie, un'anima, un'eternità". Volendo dire: "Un'anima", perduta questa, è perduto tutto: "Una eternità", perduta l'anima una volta, è perduta per sempre. Perciò pregava Davide: "Unam petii, et hanc requiram, ut inhabitem in domo Domini" (Ps 22,6). Signore, una cosa vi chiedo, salvatemi l'anima, e non altro.

"Cum metu, et tremore, vestram salutem operamini" (Phil 2,12). Chi non teme e non trema di perdersi, non si salverà; ond'è che per salvarsi, bisogna faticare e farsi violenza. "Regnum coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud" (Matth 11). Per conseguir la salute è necessario che in morte la nostra vita si trovi simile a quella di Gesù Cristo. "Praedestinavit uniformes fieri imaginis Filii sui" (Rom 8,29). E perciò dobbiam faticare in fuggir le occasioni da una parte, e dall'altra in avvalerci de' mezzi necessari a conseguir la salute. "Regnum non dabitur vagantibus (dice S. Bernardo), sed pro servitio Deo digne laborantibus". Tutti vorrebbero salvarsi senza incomodo. Gran cosa! dice S. Agostino, il demonio fa tanta fatica, e non dorme per farci perdere; e tu, trattandosi del tuo bene, o male eterno, sei così trascurato? "Vigilat hostis, dormis tu"?

PUNTO III

Negozio "importante", negozio "unico", negozio "irreparabile". "Sane supra omnem errorem est", dice S. Eucherio, "dissimulare negotium aeternae salutis". Non v'è errore simile all'errore di trascurare la salute eterna. A tutti gli altri errori vi è rimedio: se uno perde una roba, può acquistarla per altra via: se perde un posto, può esservi il rimedio a ricuperarlo: ancorché taluno perdesse la vita, se si salva, è rimediato a tutto. Ma per chi si danna, non vi è più rimedio. Una volta si muore; perduta l'anima una volta, è perduta per sempre. "Periisse semel, aeternum est". Altro non resta, che piangere eternamente cogli altri miseri pazzi nell'inferno: dove questa è la maggior pena, che li tormenta, il pensare che per essi è finito il tempo di rimediare alla loro miseria. "Finita est aestas, et nos salvati non sumus" (Ier 8,20). Dimandate a que' savi del mondo, che ora stanno in quella fossa di fuoco, dimandate quali sentimenti ora tengono? e se si trovan contenti di aver fatte le loro fortune in questa terra, ora che son dannati a quel carcere eterno? Udite come piangono e dicono: "Ergo erravimus!". Ma che serve loro conoscer l'errore fatto, ora che non v'è più rimedio alla loro eterna dannazione? Qual pena non sentirebbe taluno in questa terra, se avendo potuto rimediare con poca spesa alla rovina d'un suo palagio, un giorno poi lo trovasse caduto, e considerasse la sua trascuraggine, quando non può più rimediarvi?

Questa è la maggior pena de' dannati il pensare che han perduta l'anima, e si son dannati per colpa loro. "Perditio tua, Israel, tantummodo in me auxilium tuum" (Os 13,9). Dice S. Teresa che se uno perde per colpa sua una veste, un anello, anche una bagattella, non trova pace, non mangia, non dorme. Oh Dio qual pena sarà al dannato in quel punto ch'entrerà nell'inferno, allorché vedendosi già chiuso in quella prigione di tormenti, anderà pensando alla sua disgrazia, e vedrà che per tutta l'eternità non vi sarà mai più riparo! Dunque dirà: Io ho perduta l'anima, il paradiso e Dio: ho perduto tutto per sempre, e perché? per colpa mia.

Ma dirà taluno: Se io fo questo peccato, perché m'ho da dannare? può essere che ancora mi salvi. Io ripiglio: Ma può essere che ancora ti danni. Anzi ti dico esser più facile che ti danni, poiché le Scritture minacciano la dannazione a' traditori ostinati, come in questo punto sei tu: "Vae filii desertores, dicit Dominus" (Is 30,1) "Vae eis, quoniam recesserunt" (Os 7,13). Almeno con questo peccato, che fai, non metti in gran pericolo e dubbio la tua salute eterna? Ed è negozio questo da metterlo in pericolo? Non si tratta d'una casa, d'una villa, d'un posto, si tratta, dice S. Gio. Grisostomo, di subissare in un'eternità di tormenti e di perdere un paradiso eterno: "De immortalibus suppliciis, de coelestis regni amissione res agitur". E questo negozio che importa il tutto per te, vuoi arrischiarlo ad un "può essere?".

Dici: Forse chi sa, non mi dannerò: spero che appresso Dio mi perdonerà. Ma frattanto? frattanto già da te stesso ti condanni all'inferno. Dimmi, ti butteresti in un pozzo con dire, forse chi sa, non morirò? No. E come poi puoi appoggiare la tua salute eterna ad una speranza così debole? ad un "chi sa?". Oh quanti con questa maledetta speranza si son dannati! Non sai che la speranza degli ostinati a voler peccare, non è speranza, ma inganno e presunzione, che muove Dio non a misericordia, ma a maggiore sdegno? Se ora dici che non ti fidi di resistere alla tentazione ed alla passione che ti domina, come resisterai appresso, quando non ti si aumenteranno, ma ti mancheranno le forze col commettere il peccato? poiché da una parte allora l'anima resterà più accecata, ed indurita dalla sua malizia, e dall'altra mancheranno gli aiuti divini. Forse speri che Dio abbia ad accrescere a te i lumi e le grazie, dopo che tu avrai accresciuti i peccati?




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