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L'EUCARISTIA E LA SANTA MESSA

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:13
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01/09/2009 08:10

Non cattolico. A me sembra molto più logico pensare ad un simbolismo, anziché ad un fisicismo e materialismo, giacché la presenza eucaristica di cui parla la Chiesa cattolica sfugge, per sua natura, a ogni possibile relazione col mondo dei corpi.

 

Cattolico. Chi pensa e afferma queste cose, praticamente percorre le vie già battute dai "riformatori" del secolo XVI, anche se con un vocabolario e con un apparato scientifico rinnovato.

Per taluni, infatti, la presenza reale del Cristo non si può dire presenza corporale perchè la condizione del Corpo glorioso di Cristo sfugge ad ogni relazione col mondo fisico.

Si potrebbe dire - secondo questa sentenza - che il Corpo di Cristo goda di una certa ubiquità od onnipresenza, senza nessun rapporto con particolari corpi.

Paolo VI (M. Fidei, 21) risponde: “Malamente qualcuno spiegherebbe questa forma di presenza, immaginando il Corpo di Cristo glorioso di natura pneumatica (spirituale) onnipresente". Malamente, poichè in tal caso non si potrebbe dire “questo è il mio corpo", e l'eventuale presenza di Cristo nell'anima sarebbe spirituale e immediata, anche se occasionata dal pane e dal vino che la significherebbero efficacemente.

Come è chiaro, siamo sulla via dei simbolismo: via già denunciata da Pio XII nell'enciclica Humani generis (16), quando deplorava che alcuni volessero correggere la dottrina tradizionale della presenza eucaristica "in modo da ridurre la presenza reale di Cristo nell'Eucaristia a un simbolismo per cui le specie consacrate non sarebbero altroché segni efficaci della presenza di Cristo e della sua intima congiunzione con i fedeli membri del corpo mistico".

 

Non cattolico. Ripeto, sono ancora convinto che bisogna più appoggiarsi al simbolo - per

capire la presenza di Cristo nell'Eucaristia - che alla realtà fisica la quale ci porterebbe fuori della ragione.

 

Cattolico. Ti rispondo. Che la SS. Eucaristia abbia significato simbolico è dottrina molto sviluppata dai Padri e dai Dottori e sancita dal Tridentino, quando dice, per es., che Cristo ha lasciato l'Eucaristia alla Sua Chiesa "come simbolo dell'unità di quel corpo di cui Egli è il capo" (D.B. 875); oppure che l'Eucaristia, come tutti i sacramenti, "è simbolo di una realtà sacra; è visibile forma della grazia invisibile" (D.B. 676). Ma se l'Eucaristia è simbolo, essa è anche "memoriale della sua morte, ... pegno della gloria futura... antidoto contro le quotidiane colpe... e cibo spirituale dell'anima...". Così lo stesso Concilio (D.B. 875), il quale finisce poi per fermarsi di preferenza proprio sul punto della natura di questo cibo spirituale asserisce, che è lo stesso corpo e sangue di Cristo "veramente, realmente, sostanzialmente" presente sotto le specie, come affermano i sinottici e San Paolo.

 

Non cattolico. Da una parte affermi il simbolismo e dall'altra lo neghi.

 

Cattolico. Non si tratta di negare il simbolismo, che è uno degli aspetti fondamentali dell'Eucaristia, ma si tratta di intenderlo esattamente e, soprattutto, di non ridurre esclusivamente ad esso la natura ed il significato dell'Eucaristia.

"L'errore - dice la M. Fidei, 4 - sta nell'insistere sulla ragione di segno sacramentale come se il simbolismo, che certamente tutti ammettono nella SS. Eucaristia, esprimesse esaurientemente il modo della presenza di Cristo in questo sacramento".

Proprio in ciò sta la peculiarità che distingue l'Eucaristia da tutti gli altri Sacramenti nei quali la materia, le cose e i gesti visibili sono della grazia, che generano, appunto, soltanto simboli, per quanto efficaci. Nell'Eucaristia la materia, le cose - pane e vino - non sono soltanto simboli della grazia che producono, ma si trasformano nella loro realtà ontologica diventando la sostanza stessa - corpo e sangue e anima e divinità - di Cristo, del datore della grazia, e solo attraverso questa trasformazione producono nell'anima quella grazia che simboleggiano. Orbene, ogni interpretazione puramente simbolica del mistero eucaristico tende a obliterare questo momento tipico ed esclusivo dell'Eucaristia e passa subito dal simbolo alla grazia simboleggiata: questa sarebbe ciò che si intende col nome di cibo dell'anima, di carne e sangue di Cristo, rispetto ai quali il pane e il vino avrebbero soltanto ragione di rappresentazione, segno, simbolo.

 

Non cattolico. Devo ancora contraddirti perchè il consenso di alcuni Padri della Chiesa, come quello del papa Gelasio I, è nettamente contrario alla dottrina della cosiddetta transustanziazione.

- S. Agostino (c. anno 400), parafrasando le parole di Gesù scrive: "Comprendete in senso spirituale quello che vi dissi. Non mangerete questo corpo che vedete, e non berrete questo sangue che sarà sparso da quelli che mi crocifiggeranno. Vi ho raccomandato un sacramento che vi darà la vita, se lo intendete spiritualmente e, quantunque sia necessario celebrarlo in modo visibile, bisogna tuttavia intenderlo spiritualmente" (Enarrationes in salmos, 98,9).

- S. Giovanni Crisostomo (344-407): “Prima della consacrazione lo chiamiamo pane, ma poi... perde il nome di pane e diventa degno che lo si chiami il Corpo del Signore, sebbene la natura del pane continui tale in esso" (Epistola a Cesario, ediz. Wake, p. 137, citato da: U. Janni, La cena del Signore, Torre Pellice, Ed. "La Luce", 1925, p. 83).

- Teodoreto, vescovo di Ciro (393-458): “I simboli mistici il pane e il vino non abbandonano la loro natura dopo la consacrazione, ma conservano la sostanza e la forma in tutto come prima" (Dialogus, Liber H; citato da U. Janni, op. cit., p. 84).

- Gervasio I, Papa: “Il sacramento del corpo e del sangue di Cristo è veramente una cosa divina; ma il pane e il vino conservano la loro sostanza nella natura del pane e del vino, e la celebrazione del santo mistero non è certo che una immagine o una similitudine del sacrificio del corpo e del sangue di Gesù" (De duobus naturis in Christo [circa anno 496]. Vedi: Biblioteca Patrum, Lione, t. VIII, cit. da Jean Augustin Bost in: Dictionaire d'historie ecclésiastique, Ginevra, 1884).

 

Cattolico. Ti prego di ascoltarmi con molta attenzione perché quanto sto per dirti non è mia personale invenzione, o semplicemente un modo qualunque di difendere la verità. Si tratta di constatazioni fatte da studiosi e dal Magistero ecclesiastico.

E' scontato che tutti i santi e i Padri antichi hanno creduto alla SS. Eucaristia così come è creduto oggi dalla Chiesa cattolica ed apostolica, però bisogna pur dire, ad onore della verità che nulla toglie all'unicità della fede, che nei primi tempi non c'era ancora un'appropriazione di termini precisi e teologici, per cui molte frasi oggi possono sembrare, e sono, poco esatte per indicare il mistero profondo dell'Eucaristia.

Presso taluni Padri, tanto latini quanto greci, talora il pane e il vino sono detti rappresentare il corpo e il sangue di Cristo, sono pure detti figura e simbolo del corpo e sangue di Cristo. Ma il significato di tali espressioni non indica un'interpretazione puramente simbolica dell'Eucaristia, sia perché tali espressioni si trovano occasionalmente in trama di pensiero nettamente ortodossa, in cui il significato della presenza di Cristo nell'Eucaristia ha un senso reale e letterale; sia perché quelle stesse espressioni assumono un significato ortodosso: il pane e il vino vengono detti rappresentazione e figura dei Corpo e Sangue di Cristo, in quanto esprimono o indicano visibilmente il Corpo e il Sangue invisibilmente presenti nell'Eucaristia: è il visibile segno dell'invisibile realtà - Carne e Sangue di Cristo - presente in esso. Non possono, dunque, i simbolisti appoggiarsi a queste espressioni dei Padri, per autorizzarsi a manomettere il dogma della presenza reale.

Come sia da intendere il simbolismo dell'Eucaristia, lo dice chiaramente Paolo VI: "Le apparenze sensibili restano quelle che erano, pane e vino: ma la loro sostanza, la loro realtà è intimamente cambiata; quelle restano solo per significare ciò che le ha definite la parola onnipotente, perchè divina, di Gesù: corpo e sangue" (Giovedì Santo, 26.3.1970).

I personaggi da te citati - nelle loro espressioni da te ricordate, pur accettando che le parole siano autentiche - hanno anche delle espressioni che lasciano chiaramente comprendere la loro ortodossia. Infatti papa Gelasio sente che il sacramento dell'Eucaristia è una cosa veramente divina; S. Agostino intuisce molto bene il mistero e cerca di far capire ai fedeli che la manducazione non deve intendersi nel senso materiale pur dando, nella sua realtà, la vita... Lo stesso S. Giovanni Crisostomo non fa altro che annunciare la stessa verità e realtà pur non usando quelle parole più proprie, di specie o apparenze, che la teologia eucaristica ha sempre meglio esplicitate da un concilio all'altro. S. Tommaso d'Aquino ci dice che visus, tactus, gustus in te fallitur, ossia: vedo pane, tocco pane, gusto pane (e vino), ma non è né pane e né vino quello che io vedo, tocco e gusto, ma il Corpo e il Sangue di Cristo.

Lo stesso dicasi dei Vescovo di Ciro Teodoreto. Egli dice che il pane ed il vino conservano la sostanza e la forma, cioè restano apparentemente quello che erano prima e perciò li chiama simboli mistici. Tutti i vescovi suddetti erano ortodossi e credevano fermamente alla presenza reale di Gesù nell'Eucaristia. S. Tommaso, che è di un'altra epoca, ha saputo usare parole più chiare e convincenti.

Di Papa Gelasio I sappiamo che oltre ad essere santo, è stato autore del famoso Sacramentario gelasiano, il primo Sacramentario romano; egli fu omelista, liturgista, innologo... il più famoso scrittore fra i suoi antecessori; egli appare come il dottore, il teologo e lo storico del suo tempo. Si sa dalla storia che i suoi scritti spesso furono dai gallicani (francesi) un pò manomessi...

Per le sue ottime qualità di talento e di scrittore i suoi contemporanei nel loro entusiasmo lo acclamarono "Vicario di Cristo e Apostolo Pietro". La successiva generazione, nella persona di Dionigi il Piccolo, ne scrisse l'encomio.

Non penso che un personaggio del genere non credesse alle cosi chiare parole di Cristo, anche se ha usato delle improprietà nelle espressioni.

Chi non conosce la grandezza e la dottrina di S. Agostino e di S. Giovanni Crisostomo? Sono due apprezzatissimi Santi e Dottori della Chiesa cattolica ed apostolica.

Nel Sermone 49,8 PL 38,324, S. Agostino parla già cattolicamente della S. Messa. In De Civitate Dei 10,20 [PL, 41,288], parlando della presenza di Gesù nell'Eucaristia cosi si esprime: “Christus sacerdos est ipse offerens, ipse et oblatio" (= Cristo è il sacerdote che offre ed Egli stesso è l'offerta). Sempre parlando della S. Messa, S. Agostino riesce a compendiare in una frase, pregna di contenuto, l'insegnamento patristico sulla immolazione incruenta, e scrive: “Nonne semel immolatus est Christus in seipso? E tamen in Sacramento omni die populis immolatur” (= Cristo non si è immolato una volta sola? E tuttavia nel Sacramento dell'Eucaristia ogni giorno si immola per tutti (Ep 99,9; PL 33,363).

Tra le altre cose S. Agostino raccomandava la S. Comunione quotidiana. Il Concilio tridentino, al n. 60 così lo ricorda: “Non è del solo Agostino la sentenza: 'pecchi ogni giorno?... e dunque ricevi il Signore ogni giorno'; perchè tale è l'opinione di tutti i Padri che si occuparono di tale argomento come facilmente riconoscerà chi li studierà diligentemente".

Il Concilio tridentino del resto si riconnetteva alla prassi più antica. La Didaché (sec. I) e S. Giustino (sec. II), attestano, per es., che l'Eucaristia era distribuita ai presenti alla Messa e portata agli assenti. I Padri in generale - come S. Cipriano, S. Giovanni Crisostomo - raccomandavano la comunione quotidiana...

Ogni sospetto sul Vescovo d'Ippona cade quando leggiamo nella sua Epistola contro i Manichei, 5 n. 6: “Non crederei al Vangelo se l'autorità della Chiesa cattolica non mi persuadesse".

S. Giovanni Crisostomo è ritenuto "un grande testimone della dottrina e della fede della Chiesa cattolica al suo tempo, soprattutto per quanto riguarda l'Eucaristia" (Encicl. UTET). E' fuori di ogni sospetto per la sua ortodossia, specialmente quando parla del primato di Pietro: “In quei giorni, Pietro si alzò in mezzo ai fratelli e disse... (v. At 1,15). "... Dato che era il più zelante e gli era stato affidato da Cristo il gregge, e dato che era il primo nell'assemblea per primo prese la parola: “Fratelli, occorre scegliere uno tra voi..." (At 1,21-22 - Dalle Omelia sugli Atti degli Apostoli di S. Giovanni Crisostomo, Omelia 3,123; vedi n. 126).

Teodoreto, vescovo di Ciro, presenta delle incertezze sulla sua ortodossia. Egli era amico personale dell'eretico Nestorio; per questa ragione scrisse contro Cirillo ed il Concilio di Efeso, per cui fu condannato. Per questa condanna si appellò al papa Leone I ed al Concilio di Calcedonia (451). E suo appello gli procurò l'ammissione tra i Dottori Ortodossi, dopo di aver fatto, però, una dichiarazione esplicita contro Nestorio. Ma il V Conc. Ecumenico (551) condannò di nuovo i suoi scritti contro Cirillo ed il Concilio di Efeso ed alcune delle sue lettere e sermoni.

In conclusione, per Teodoreto valga tutto ciò che ho detto all'inizio sulla imprecisione dei termini di alcuni Padri, i quali, però, intendevano dire quello che, con più precisione di termini, diciamo oggi, tanto più che le sue parole possono essere intese in senso retto ancora oggi, giacchè effettivamente tutto resta, del pane e dei vino, apparentemente la forma in tutto come prima.

 

Non cattolico. Noi respingiamo l'affermazione che nella.Messa viene rinnovato il sacrificio di Cristo, perchè “noi siamo stati santificati, mediante l'offerta del Corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre" (Eb 10, 10).

Non ti sembra un sofisma sostenere che l'unico sacrificio compiuto da Gesù Cristo, e che é consistito nella sua morte sulla croce, possa rinnovarsi in maniera incruenta, senza morte, nel pane e nel vino transustanziati?

Cattolico. Tu ti attieni molto alle congetture ed alle apparenze, io invece credo alla Parola di Dio ed al Magistero ecclesiastico istituito da Cristo per darmi chiarezza e sicurezza. E il Magistero mi dà la definizione della Messa in questi termini: "Essa è il sacrificio della Nuova Legge, nel quale, sotto le specie sacramentali è offerta la stessa vittima del Calvario, Gesù Cristo, per riconoscere il supremo dominio di Dio e per applicare ai fedeli i meriti acquistati sulla Croce". La natura propria della Messa è quella di essere un sacrificio. Non si tratta di un nuovo sacrificio, diverso da quello della Croce. La Croce è l'unico sacrificio del Nuovo Testamento: non vi sono altri sacrifici, quasi che quello fosse incompleto e manchevole (cf Eb 16,10-12). E' lo stesso sacrificio della Croce reso presente attraverso una nuova offerta di esso al Padre, da parte del sacerdote, della Chiesa, dei fedeli. "Noi crediamo che la Messa... è il sacrificio del Calvario reso sacramentalmente presente sui nostri altari" (Professio fidei di Paolo VI). Il Vaticano II (Decreto sul sacerdozio, 13) afferma che “nel mistero del sacrificio eucaristico... viene esercitata ininterrottamente l’opera della nostra redenzione"; e più distesamente, nella Costituzione sulla Chiesa, 3: "Ogni volta che il sacrificio della Croce, col quale Cristo nostro agnello pasquale è immolato, viene celebrato sull'altare, si rinnova l'opera della nostra redenzione".

Molte discussioni si sono fatte per precisare meglio questo rapporto essenziale per cui la Messa, non potendosi dire un nuovo sacrificio diverso da quello della Croce, non si può tuttavia neppure ridurre a una semplice memoria o commemorazione di esso, ed ha ragion vera di sacrificio: “l’augusto sacrificio dell'altare - dice Pio XII nella M.D., 55 - non è una pura e semplice commemorazione della passione e morte di Gesù Cristo, ma è un vero e proprio sacrificio".

Non cattolico. Io voglio credere fermamente a Cristo, ma non posso credere a quel che dice la Chiesa romana.

 

Cattolico. Sappi che io sto discutendo sulla realtà biblica e sulla Parola di Dio. Comunque, comprendo le gravi difficoltà che possono sorgere su tale argomento che la Chiesa definisce "mistero della fede", quasi a significare che è uno dei più grandi, se non assolutamente il più grande dei misteri dei Cristianesimo.

A intendere il rapporto fra la Messa e la Croce potremmo forse aiutarci con un esempio. Giovanni XXIII ha pronunciato il discorso di apertura del Conc. Ecum. Vaticano II, il giorno 11 ottobre 1962. Quando, mediante il registratore, io riproduco e riascolto quel discorso, è chiaro che si tratta proprio dello stesso discorso: è papa Giovanni che parla l’11 ott. 1962; è la sua stessa voce. Quel discorso, che è uno solo, si realizza di nuovo per me, sebbene sotto modalità diverse (registratore, ecc..). L’esempio valga quel che può valere; ma forse serve a persuaderci che non è una cosa assurda affermare l'identità del Sacrificio della Messa con quello della Croce. La Messa rinnova o, se si vuole, rende presente nuovamente il Sacrificio compiuto una volta per sempre sul Calvario. E' questa mistica identità che costituisce il pregio infinito della Messa.

Si veda, allora, con quanta ragione Lutero e i protestanti negassero il carattere sacrificale della Messa, quasi esso detraesse all'unico sacrificio, il Sacrificio della Croce! La Messa, sacrificio incruento, "anzichè diminuire la dignità del sacrificio cruento, ne fa risaltare, come afferma il Concilio di Trento, la grandezza e ne proclama la necessità. Rinnovato ogni giorno, ci ammonisce che non c'è salvezza al di fuori della Croce di Nostro Signore Gesù Cristo". (Dalla Mediator Dei, 65, di Pio XII).

 

Non cattolico. Cosicchè io debbo convincermi di questo assurdo: che il Sacrificio della Croce è lo stesso della S. Messa! Io non posso convincermi di una simile assurdità.

 

Cattolico. Io ti comprendo, caro fratello, ma bisogna pur credere a Cristo. Certamente Egli ha detto delle cose divine, anche misteriose, ma non ha potuto ingannarci. D'altra parte, la Chiesa si rende conto di certe difficoltà e ci tiene a precisare e a chiarire. Infatti il Conc. di Trento si è preoccupato di precisare gli aspetti per cui convengono e gli aspetti per cui differiscono la Messa e la Croce. "Nel divino Sacrificio che si compie nella Messa, è contenuto e viene immolato in modo incruento quello stesso Cristo che una volta si è immolato in modo cruento sulla Croce... Una e medesima è la vittima, il medesimo è colui che si offre ora attraverso il ministero dei sacerdoti, e che si offrì allora sulla Croce; diverso è solo il modo dell'offerta" (D.B. 940). ... “Sulla Croce di fatto... l'immolazione della vittima fu compiuta per mezzo di una morte cruenta liberamente subita; sull’altare invece, a causa dello stato glorioso (e perciò impassibile) della sua umana natura... non è possibile l'effusione di sangue; ma la divina sapienza ha trovato il modo mirabile di rendere manifesto il Sacrificio del nostro Redentore con segni esterni che sono simboli di morte... Le specie eucaristiche infatti, sotto le quali Egli è presente, simboleggiano la cruenta separazione del corpo e dei sangue" (Pio XII, Med. Dei, 56-57).

Il Catechismo di Pio X, inoltre, aggiunge che “sulla Croce Gesù Cristo meritò ogni grazia per noi; invece sull'altare Egli... ci applica i meriti del Sacrificio della Croce" (Risp. 350).

 

Non cattolico. Tutte cose complicate e difficili. Chi le può capire?

 

Cattolico. La tua domanda è quasi identica a quella posta da molti dei suoi discepoli a Gesù: "Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?" (cf Gv 6,60).

In sintesi, diciamo che la Messa è il rinnovamento del Sacrificio della Croce, l'applicazione della redenzione per quello operata, il ricordo perennemente richiamato dell'amore del Cristo. Questi tre aspetti indissolubilmente uniti, così vengono sintetizzati dalla Mysterium Fidei, 11 di Paolo VI, che riprende il decreto del Tridentino: "Nel mistero eucaristico è “ripresentato” in modo mirabile il Sacrificio della Croce una volta per sempre consumato sul Calvario; vi si richiama perennemente alla memoria e ne viene applicata la virtù salutifera in remissione dei peccati che si commettono quotidianamente".

Così pure il Vaticano II (S.C., 47): "Gesù Cristo istituì il Sacrificio eucaristico dei suo Corpo e del suo sangue, onde perpetuare nei secoli, fino al suo ritorno, il Sacrificio della Croce, e per affidare così alla sua diletta Sposa, la Chiesa, il memoriale della sua morte e della sua risurrezione ..... .

La volontà di Cristo di immolarsi per noi si è espressa direttamente sul Calvario, ma, con l’istituzione dell'Eucaristia, essa si esprime anche nella Messa attraverso il mistero del Sacerdote che offre. "Cristo ha sigillato in un rito, rinnovabile dai suoi discepoli, fatti apostoli e sacerdoti, l'offerta di se stesso, vittima al Padre per la nostra salvezza, per nostro amore: è la Messa" (Paolo VI, 26.3.1970).

Sul Calvario solo Gesù è vittima e sacerdote; nella Messa, insieme con Lui, che rinnova l'offerta attraverso il ministero del sacerdote, si unisce la Chiesa tutta e si uniscono i fedeli partecipanti... La Messa è l'offerta sacrificale del Cristo intero, persona fisica e persona mistica, di Gesù e della Chiesa, prolungamento di Cristo nella storia.

Non cattolico. Ma Gesù parlando di "memoria" e dicendoci che le sue parole sono "spirito e verità" ci vuol lasciare comprendere che tutto va spiegato spiritualmente e basta.

Cattolico. In merito alle precise parole di Gesù vi furono varie interpretazioni ed errori. Vi fo solo un accenno.

- L'esagerato spiritualismo delle sette medievali si risolse in una decisa negazione della Messa come rito sacrificale.

- All'inizio del secolo XIII gli Albigesi formularono la loro negazione in una concisa frase, riportata da Durando di Mende: "Né Cristo né gli Apostoli istituirono la Messa" .

- Nel secolo XVI, nel non celato desiderio di abbattere la maggiore difesa del papato, avanzarono speciosi argomenti biblici per scuotere la fede nell'origine divina della Messa.

- Il protestantesimo liberale e il razionalismo, con tattica nuova, hanno tentato di eliminare tutto il fenomeno eucaristico.

Dopo questo brevissimo accenno agli errori sino al protestantesimo, riprendo a chiarire la dottrina cattolica.

Il Concilio di Trento (Sess. XII, cann. 1- 4), fissò il pensiero della Chiesa nelle dense e lapidarie formule, con le quali condannò tutte le sfumature dell'errore protestante.

 

Non cattolico. Tu parli con tanta sicurezza e albagia ... ma, dimmi, quali sono le prove bibliche che mi porti su quanto vai affermando?

 

Cattolico. Ti rispondo con piacere perchè la Chiesa cattolica basa tutta la sua fede nella Rivelazione. Come già ho accennato al principio di questo argomento, nell'A. Testamento i Padri hanno riscontrato figure e allusioni al Sacrificio eucaristico. Oggi si considerano vere profezie della S. Messa due testi, sui quali è concentrata l'attenzione della Chiesa e dei teologi: Salino 109,4: “Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedech". Questo salmo, che da tutti è ritenuto messianico afferma tre cose: Cristo è sacerdote e pertanto offre il sacrificio; Egli compirà questa funzione sacerdotale per sempre; la sua offerta sacrificale sarà fatta secondo il rito di Melchisedech (Gen 14,18). L'inciso "ed era sacerdote dell'Altissimo" suggerisce l'idea di una oblazione sacrificale di pane e vino, fatta da Melchisedech per la vittoria di Abramo...

Tale profezia si può ritenere pienamente verificata soltanto nell'ipotesi che la Messa sia un vero sacrificio; infatti solamente nella quotidiana offerta del pane e dei vino consacrati, Cristo appare sacerdote che offre perpetuamente un sacrificio secondo il rito di Melchisedech.

Nel secolo V a.C., il profeta Malachia, riprendendo la tiepidezza dei sacerdoti dell'A. Testamento, che offrivano roba di scarto (animali ciechi, zoppi), così si esprime:  “Io non sono contento di voi, dice il Signore degli eserciti, io non accoglierò più il sacrificio delle vostre mani, perchè dall'Oriente all'Occidente il mio nome è grande fra le genti e in ogni luogo si sacrifica e si offre al mio nome un'oblazione pura, poichè grande è il mio nome fra le genti, dice il Signore degli eserciti” (Mal 1, 10-11).

In questa profezia si parla di un vero sacrificio, che sarà offerto nell'età messianica, caratterizzata dall'abrogazione del levitismo, dalla universalità e dalla santità. La visione profetica di Malachia che vede l'offerta, il sacrificio puro all'unico Dio, ha il suo compimento perfetto nella Messa, che da ogni punto della terra e da tutte le stirpi è offerta come “ostia immacolata" al Signore.

Il Nuovo Testamento offre indizi certi e apodittiche testimonianze. Nell'Ultima Cena Gesù compì un vero sacrificio quando disse che il suo Corpo era “dato”, ed il suo Sangue era "versato". Queste due espressioni nello stile biblico, anche separatamente prese (vedi Is 53,12; Mt 20,28; Rm 8,12; Gal 1,4; 2,20; Ef 5,25; 1 Tm 2,6; Tit 2,14; Eb 10,10; per l'effusione del sangue, vedi Rm 3,25; 5,9; Ef 1,7; 1 Cor 14,20; Eb 9,7; 1 Pt 1, 19; 1 Gv 1,7), indicano sempre un'immolazione sacrificale. Né si può ritenere che Gesù volesse alludere all'imminente sacrificio della Croce, poichè è al presente che Egli parla: "viene dato" (il suo corpo), “viene effuso" (il suo sangue). Quindi tutto si riferisce a quanto avveniva nel momento in cui Gesù parlava. Proprio in quell'istante Cristo diede l'ordine di rinnovare quel rito sacrificale: “fate questo in memoria di me" (Lc 22,19).

La Chiesa pertanto, ripetendo il gesto eucaristico del suo Fondatore, compie, un vero e proprio sacrificio, quello stesso che offrì Gesù. Questa interpretazione sacrificale dell'Ultima Cena viene efficacemente confermata da altre espressioni del contesto di Lc 22,19: “che per voi è dato".

Il Corpo del Signore non viene soltanto offerto in cibo ai discepoli, ma anche dato per loro: evidente allusione al carattere sacrificale del rito.

Lo, stesso dicasi del Sangue che "per voi viene effuso" (Lc 22,20). Nello stesso inciso si considera stabilita la Nuova Alleanza nel Sangue eucaristico, con manifesta allusione ad Es 28,8. Le due Alleanze sono viste nella prospettiva sacrificale dell'effusione del sangue delle vittime. In questo stesso sfondo l'Eucaristia è considerata come la nuova Pasqua, la quale, nel Sangue dell'unico Agnello che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29), fa cessare gli innumerevoli sacrifici della Legge.

S. Paolo (1 Cor 10,20-21) affianca le testimonianze evangeliche: “…No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demoni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demoni; non potete bere il calice del Signore e il calice dei demoni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demoni".,

L’Apostolo, stabilendo un'antitesi tra i riti pagani e quelli cristiani, riconosce presso entrambi l'esistenza di un sacrificio.

Un'altra trasparente allusione al Sacrificio della Messa è in Eb 13,10: "Noi abbiamo un altare dei quale non hanno alcun diritto di mangiare quelli che sono al servizio del Tabernacolo". Infatti il realistico, verbo "mangiare" porta spontaneamente il pensiero all'altare eucaristico, dove realmente la vittima è consumata, piuttosto che all'altare della Croce, la cui vittima può dirsi mangiata soltanto metaforicamente. Cosi come giacciono le parole (Eb 13,10), c'è l'allusione al culto e sacrificio eucaristico a confronto con quelli levitici dell'A. Testamento (Tabernacolo).

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