QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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LA CONFESSIONE

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:18
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01/09/2009 08:17

Non cattolico. Possibile tutto quello che stai dicendo, quando don L. Milani ha scritto ciò che ti ho riferito?

Cattolico. Possibilissimo. Perché, ti ripeto ancora, il pensiero del sac. Milani è ben lungi da quello che tu gli vuoi far dire.

Qualche decennio prima del Milani, Jacques Maritain aveva scritto: “Comprendiamo dunque che il fermento evangelico, che la massaia solerte nasconde in tre staia di farina e che fa fermentare tutta la massa, solo la Chiesa sa serbarlo puro. Chiunque altro che non sia lei lo altera manipolandolo senza saggezza; ed è una cosa tremenda il manipolare senza saggezza le energie di un fermento divino. Cristo non può essere disgiunto dalla sua Chiesa. Il Cristianesimo non è vivo che nella Chiesa; fuori di essa muore, e come ogni cadavere, entra in dissoluzione. Se il mondo non vive del cristianesimo vivente nella Chiesa, muore del cristianesimo corrotto fuori la Chiesa" (Lettera riportata su Oggi, 3-5-1973, p. 78, G. Lentini, come sopra, p. 37).

Il ventenne neofita Lorenzo Milani comprese perfettamente tutto ciò e lo credette fermamente.

Egli (don Milani) ebbe perfettamente chiara quella importantissima distinzione sulla realtà divina-umana della Chiesa, tanto sottolineata dal medesimo Jacques Maritain: “Non bisogna confondere Chiesa e cristianità: la prima è unica, sempre la stessa per tutti i tempi, infallibile e assoluta, perché viene da Dio ed è la continuazione del Cristo nella storia; la seconda è multiforme, variabile, in relazione ai cristiani che di tempo in tempo incarnano la Chiesa in particolari condizioni storiche. Naturalmente la cristianità non è fuori della Chiesa, con tutte le deficienze e tutte le precarietà che sono proprie dell'umano. I cristiani (compresa la gerarchia (n.d.r., sono dunque la Chiesa, ma la Chiesa in un dato momento storico, essi la rappresentano, però la Chiesa non si esaurisce in loro, e specialmente nel loro compito temporale di cultura e di socialità" (Lettere di don Milani, priore di Barbiana, Ed. Mondadori, Milano, 1970, a don Ezio,

12-5- 1955; G. Lentini, ivi p. 37).

 

Non cattolico. Troppe cose stai dicendo che non mi riguardano e per me sono molto relative e ci sarebbe tanto da discutere.

 

Cattolico. A dirti tutte queste cose mi ci hai costretto con le tue obiezioni e con la tua citazione su don Lorenzo Milani. Chi legge ha diritto di sapere, è interessato e vuol conoscere la verità su certe questioni di fede. Don Lorenzo Milani, cristiano e prete, sapeva di avere bisogno della Verità con lettera maiuscola, della Verità cristallina, senza incertezze, netta e sicura, sui massimi problemi dell'esistenza, su Dio, su Cristo, sull'uomo; sapeva di aver bisogno di perdono, di avere rimessi i peccati, di una continua purificazione; sapeva di aver bisogno di un Pane Vivo sorgente di forza e di gioia in questa valle di lacrime. E tutto ciò non lo poteva trovare che nella Chiesa e per la Chiesa, senza della quale e al di fuori della quale era sicuro di non poter vivere. Affermava, infatti. “Per me che l'ho accettata, questa Chiesa è quella che possiede i Sacramenti. L'assoluzione dei peccati non me la dà mica l'"Espresso". L'assoluzione me la dà il prete. Se uno vuole l'assoluzione dei peccati si rivolge al più stupido, arretrato dei preti pur di averla... Il più piccolo litigio che io avessi con la Chiesa, io perdo questo potere: di togliere i peccati agli altri e di farli togliere a me. E chi me lo rende questo potere? Arrigo Benedetti?... - Falconi? Me lo rende Falconi il potere di togliere i peccati agli altri e di farmeli togliere? O la Comunione e la Messa me la danno loro? Sicché devono rendersi conto che non sono... che loro non sono nelle condizioni di poter giudicare e di criticare queste cose. Non sono qualificati per dare il giudizio su una cosa in cui il fondamentale è credere o no nel potere di questa Chiesa di togliere i peccati, di salvare l'anima e insegnare la Verità (ibidem Lettere di don Milani, cfr G. Lentini, come sopra, pp. 38-39).

Don Milani capiva che la Chiesa per il credente è Madre e Maestra; con essa egli aveva stabilito un legame ontologico radicato nella fede; tutte le questioni che poteva avere con essa erano semplicemente marginali e secondarie (pur se in sé gravi e importanti) di fronte al suo potere “di togliere i peccati, di salvare l'anima e di insegnare la Verità".

La gioia di vivere nella sicurezza della Chiesa cattolica don Milani la manifestava anche scrivendo al direttore del quotidiano cattolico fiorentino Il Giornale del Mattino, queste parole: “Noi cattolici saremo perdonati anche se... non avremo saputo mostrare al mondo cosa sappiamo fare. Ma guai se non avremo almeno mostrato cosa vorremmo fare. Perché il non saper far nulla di buono è retaggio d'ogni creatura. Sia essa credente o atea, sia in alto o in basso loco costituita. Ma il non saper cosa si vuole, questo è retaggio solo di quelle creature che non hanno avuto la Rivelazione da Dio. A noi Dio ha parlato. Possediamo la Sua legge scritta in 72 libri e in più possediamo da 20 secoli un’Interprete vivente e autorizzato di quel libri. Quell'Interprete ha già parlato più volte, ma se non bastasse si può rivolgersi in ogni momento a lui è sottoporgli nuovi dubbi e nuove idee. A noi cattolici non può dunque far difetto la luce. Peccatori come gli altri, passi. Ma ciechi come gli altri, no. Noi i veggenti o nulla. Se no vale meglio l'umile e disperato brancolare dei laici... Chi non crede allora dirà di noi che pretendiamo di saper troppo; avrà orrore dei nostri dogmi e delle nostre certezze, negherà che Dio ci abbia parlato o che il papa ci possa precisare la Parola di Dio. Dicendo cosi avrà detto solo che siamo un pò troppo cattolici. Per noi è un onore. Ma sommo disonore è se invece potranno dire di noi che, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, non sappiamo poi neanche da dove veniamo e dove andiamo, e qual è la gerarchia dei valori, e qual è il bene e quale il male" (citato in Famiglia Cristiana, n. 16, Alba, 1973, p. 32, ad un confratello, 9-3- 1950. Vedi G. Lentini, libro cit., p. 42).

La Chiesa, dunque, e la Gerarchia in essa, a don Milani garantiva la chiarezza dei principi, la gerarchia dei valori, la distinzione tra il bene e il male: una ricchezza enorme alla quale attingere. Gli importava poco se poi riscontrava l'incoerenza a questa somma di Verità in basso e, anche, in alto; meglio, non è che non gliene importava, non se ne scandalizzava: con forza e con coraggio cercava di far fronte alla incoerenza in se stesso, in primo luogo, e poi negli altri cattolici, nella stessa Gerarchia, nel mondo della scuola e della politica...

In don L. Milani c'era un realismo che impressiona... Il suo era il realismo della fede, quello evangelico, quello di Gesù Cristo il quale affidò la immacolatezza della sua Verità liberante alla fragilità morale di Pietro e degli Apostoli, nonché alla carente umanità dei loro successori, perché, nel contrasto, fosse chiaro che la potenza della verità non è l'uomo che l'annunzia, non è la Chiesa, non è il consenso che riscuote, ma lo

Spirito di Dio presente nella storia e che fa la storia dell'umanità" (ivi, G. Lentini, pp. 42-43).

 

Non cattolico. Non ti sembra di esagerare e di essere anche troppo polemico?

Cattolico. Se pensi così, io chiedo scusa a te ed ai lettori. Ma le tue ambiguità nel presentare certi personaggi e questioni impongono chiarezza e precisione, per tutti, per te obiettante e per quelli che leggono le nostre diatribe.

 

Non cattolico. A parte le nostre discussioni e le tue lungaggini, la confessione, così come la intendono i cattolici è superbia e piacere, e basta.

 

Cattolico. La Confessione è umiltà e dolore o pena.

 

Non cattolico. Risulta a molti che la confessione è un peso.

 

Cattolico. Si, ed è giusto, poiché per essa si tratta di ottenere il perdono dei peccati; ma è un peso anche dolce che risponde all'inclinazione naturale del cuore che ha bisogno di confidarsi, e apporta gioie e consolazioni indicibili.

 

Non cattolico. Mah!   ... Io resto molto perplesso di fronte alle tue affermazioni perché contrastano molto con la realtà.

 

Cattolico. Certo, il contrasto c'é tra le idee che ti sono state inculcate e la realtà quale ci risulta dalla divina Parola.

Dire che non c'è differenza tra peccato leggero e peccato grave, tra una bugia e l'assassinio, tra il peccato di gola e l'adulterio, tra uno sgarbo e un omicidio... e via dicendo... mi sembra di ascoltare cose fuori della realtà... Cosi mi sembra fuori della realtà il dire che chi non si confessa, o si confessa direttamente con Dio, diventa migliore e più responsabile... Almeno nella maggioranza dei casi, mi sembrano tutte scuse, o deviazioni di pregiudizi che sovvertono la realtà...

Io sono sacerdote e, quindi, confessore da oltre 40 anni. La mia esperienza mi dice tutto il contrario di quello che tu affermi. La umana debolezza e la vigliaccheria ci fa desiderare di confessarci direttamente con Dio, ma la stragrande maggioranza di quelli che dicono di confessarsi a Dio direttamente, vive poi un cristianesimo e un Vangelo che chiama "secondo me". Questo è quello che mi risulta, il resto sono chiacchiere e polemica anticattolica, ossia anticristiana.

 

Non cattolico. Non ti dicono nulla gli esempi da me ricordati?

 

Cattolico. Si, mi dicono tutto quello che già ti ho detto e ciò che ti sto ancora dicendo.

- Quando ebbi la grazia di convincermi profondamente delle Verità cristiane, dopo qualche mese, di notte (ero prigioniero nel Kenia), verso le 3-4, mi si fecero chiari alla mente molti miei peccati mai confessati o dimenticati. Ebbene sentii tanta confusione e il bisogno di incominciare a riparare. Saltai dal letto, mi posi in ginocchio e rimasi in tale posizione finché non potetti cercare il cappellano e confessarmi con tutta sincerità e completamente. Non saprei bene raccontare la gioia e la felicità di cui fui invaso dopo la confessione. Sono cose che, come dice Dante, "intender non le può chi non le prova".

Leggendo il Catechismo agli adulti di Mons. B. Castegnaro (Ed. G. Galla, Vicenza, XI Ed. aggiornata, 3° Vol., p. 297) vi trovo:

Nella vita del Santo Curato d'Ars si legge che un giorno si presentò nella sua camera un individuo, che all'aria e al linguaggio era facile riconoscere per un uomo del gran mondo. Egli si avanzò rispettosamente e il buon Curato, credendo di indovinare l'intenzione, gli additò il piccolo sgabello ove solevano inginocchiarsi i suoi penitenti.

- No, signor Curato, disse quel signore con sorriso sardonico, son venuto per questionare un poco con lei e non per confessarmi!

- Va bene, rispose il Curato, ma prima inginocchiatevi qui e confessatevi.

- Ma lei scherza, signor Curato; io non credo alla confessione!

- Non importa: confessatevi lo stesso!

- Ma è impossibile: quando non ci credo?

- Inginocchiatevi, vi prego!

Insomma quell'uomo, vinto dalle istanze del santo, si inginocchiò quasi macchinalmente, senza volerlo. Il buon Curato gli fece fare il segno della Croce e cominciò a interrogarlo per la Confessione. Questa incominciò male, ma fini poi molto bene.

Rialzato quell'uomo, tutto rasserenato e contento, diede un profondo respiro come se gli si fosse tolto un peso dal cuore, e, rivoltosi al santo, con l'accento della più profonda convinzione:

- Padre, disse, adesso, sono tranquillo ... non ho più bisogno di questionare sulle Verità della fede... non ho più dubbi nella mente  ... credo, fermamente, credo alla divinità della nostra religione..

 

Non faccio commenti. Noi credenti lodiamo e ringraziamo Dio che nella sua bontà ci donò un mezzo così facile di salute, ci dischiuse una sorgente così prodigiosa di perdono, di pace, di felicità!...

 

Un altro caso limite e clamoroso è quello dell'avvocato Alberto Del Fante, bolognese, autore del libro “Per la storia". Non ricordo l'edizione, né il tempo della pubblicazione dei libro, forse scritto intorno al 1940, dopo la conversione del Del Fante a contatto col notissimo P. Pio da Pietrelcina.

Riporto succintamente e con mie parole l'incontro di Alberto Dei Fante con P. Pio.

 

-          Galantuomo, io ti stavo aspettando.

-          Come, Padre, lei aspettava me?

-          Si, proprio te stavo aspettando!

-          Senta, Padre, vorrei parlare con lei di fede e di religione, perché io sono un miscredente.

-          Ma che vuoi parlare di fede e di religione... Inginocchiati e confessati. Da quanti anni non ti confessi?

-          Padre, scusi, le ho detto che non credo e perciò intendo soltanto discutere.

-          Ed io ti ripeto: inginocchiati e confessati.

-          Padre, non posso. Io voglio prima discutere, perché, le ripeto per la terza volta, che non credo.

-          Ed io per la quarta volta, ti dico: inginocchiati e confessati. Da quanti anni non ti confessi?

 

A questo perentorio e ripetuto invito di inginocchiarsi e confessarsi, il Del Fante, soggiogato da una forza strana, s'inginocchiò e iniziò la confessione dei suoi peccati. Ad un certo momento P. Pio gli domanda a bruciapelo:

 

- Hai finito?

-          Si, ho finito.

-          Sei sempre il solito bugiardo.

-          Padre, perché mi dice questo?  ...

-          Ah, ti sei dimenticato?

 

A questo punto il Del Fante continua. P. Pio incominciò a dirmi dei fatti successimi molti anni addietro, ai quali io non pensavo più. Egli mi raccontò per filo e per segno tutto: tempo, luogo, circostanze, fatti, particolari... e i peccati da me commessi in quella occasione. Per chi non sapesse, lo informo che io avevo constatato più di uno dei fatti miracolosi operati da P. Pio, ma quello che maggiormente mi scosse fu la guarigione completa di un mio nipotino di quattro anni, nato handicappato e assolutamente irrecuperabile. Ora, lo svelarmi i miei peccati di tanti anni addietro per me fu la goccia che fece traboccare il vaso. Mi sentii come liberato da un grosso blocco che era dentro di me... e tante altre cose divenivano per me molto chiare... E piansi... Piansi tanto! E fui assolto da tutti i miei peccati. Mi sentii cambiato. Ero più leggero, più libero, felice. Sono cose che le può capire soltanto chi le prova.

A questo punto il Del Fante finisce il suo racconto, ed io, che leggevo tra lo scetticismo e il dubbio tali avvenimenti, ne rimasi molto scosso. Passò poco tempo e poi, tra incertezze e domande che mi feci, e dopo di aver detto “non esiste proprio nulla"... (volendo dire che Dio non esisteva), caddi in una profonda crisi che poi si concluse con la mia conversione, fino a giungere a ritirarmi in un convento.

Divenni anche sacerdote, nolente e riluttante, perché suggeritomi da Dio con chiare e precise locuzioni interiori.

 

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