QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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IL PAPATO - 2 -

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:34
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01/09/2009 08:24

TESTIMONIANZA DELLA STORIA

VI CAPITOLO DEL LIBRO:

"MA IL VANGELO NON DICE COSI'":

 

Fascicoli dal n° 131 al n° 171

 

IL PAPATO

 

A - Testimonianza della Storia

A cura di fra Tommaso Maria di Gesù dei frati minori rinnovati

Via alla Falconara n° 83 - 90100 Palermo  - Tel. 0916730658

 

 

 

Non cattolico. Riporto, anzitutto, le parole di un ex sacerdote, il quale scrive: “La storia del costituirsi e dell'evolversi della Chiesa romana e dei suoi poteri primaziali, è senza dubbio uno degli aspetti più sorprendenti nella storia dei Cristianesimo" (Ernesto Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, I, Milano, Dall'Oglio, 1942, p. 156).

 

Cattolico. Caro fratello, mi sembra che tu abbia delle particolari predilezioni per questo ex sacerdote. Spesso lo chiami in causa. Però non ti nascondo che, così come giacciono le sue parole, possono essere accettate anche da un cattolico. Esse potrebbero significare e dimostrare la grandezza sorprendente del Cristianesimo, il quale, date le premesse e le parole di Gesù, ha assunto nei secoli e va assumendo continuamente una portata sempre più maestosa e portentosa, nonostante le burrasche che gli ringhiano intorno.

 

Non cattolico. Sei ottimista, alquanto pare. Ma ascoltami e rifletti.

 

Perché l'Apostolo Pietro non può avere avuto dei successori?

 

Anche se accettiamo per buona l'affermazione che Gesù abbia voluto nominarsi un vicario, non è affatto detto nei Vangeli che Pietro a sua volta, dovesse avere dei successori.

l. Anzitutto perché gli Apostoli erano tali in quanto testimoni oculari della risurrezione di Cristo (Atti 1,21-22) e quindi non potevano avere dei successori. Come afferma un professore di seminario cattolico, "nella Scrittura è innegabile che Pietro stia al centro dei collegio apostolico, ma la sua funzione finisce con la fine dei Dodici, i quali hanno la missione - non trasmissibile - di deporre dinanzi al mondo in favore di Gesù, delle cui gesta sono stati testimoni oculari" (Cit. da L. Rosadoni, I Cattolici Olandesi, Torino, Gribaudi, 1968, p. 162).

2. Inoltre l'idea di successori degli apostoli non sarebbe mai venuta alla mente della Chiesa primitiva, per il semplice fatto che i cristiani del primo secolo ritenevano imminente la fine del mondo.

3. E poi gli apostoli avevano ricevuto la loro vocazione dallo Spirito Santo (1 Cor 12,23-29) per evangelizzare il mondo. I vescovi (detti anche "anziani" o "presbiteri" erano eletti dalla comunità locale (Atti 14,23). Gli Apostoli non potevano quindi avere dei successori nei vescovi.

Cattolico.

a) Rispondo alle tue sempre arbitrarie obiezioni le quali, in verità, non tengono conto né della S. Scrittura, né delle realtà storiche. A fil di logica e con rigore biblico, non possiamo neppure sospettare che Gesù non abbia voluto un suo fisico rappresentante al quale i fedeli avrebbero dovuto rivolgersi. Infatti, cosa significherebbero le parole: "a te darò le chiavi del regno dei cieli?", e le altre: “conferma i tuoi fratelli nella fede?"; e le altre ancora: "pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle?".

La realtà storica ci prova che S. Clemente Romano, papa, scrive una lettera ai Corinzi, mentre l'Apostolo Giovanni è ancora vivo. Egli scrive tra l'altro: "Pietro e Paolo predicarono il Vangelo a Roma e vi fondarono la Chiesa". "Pietro e Paolo... furono perseguitati e lottarono fino alla morte... divenendo esempio bellissimo fra noi".

Quando Gesù dice: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me..." (Gv 17,20), non voleva forse riferirsi ai loro successori, capi e gregari?

E quando dice: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla  fine del mondo"      (Mt 28,20) pensi che Egli non capisse le parole che proferiva? Non sapeva che Pietro e gli altri Apostoli sarebbero presto morti, come aveva già predetto? Come si fa a pensare che Egli volesse indicare le loro persone e non la loro missione?

 

b) Si gli Apostoli furono testimoni oculari della vita pubblica di Gesù e da Lui prescelti, proprio perché la loro testimonianza, forte e coraggiosa potesse suscitare nella successone e nei credenti convinzioni profonde, e tali da meritare sempre l'elogio del Maestro"- "beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20,29), e quello di Pietro (1 Pt 1,8) che dice: "Voi Lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in Lui".

Che la Chiesa fondata da Cristo dovesse dissolversi e rimanere in balia degli uomini dopo la morte degli Apostoli, è semplicemente strano, oltre che essere antilogico, antibiblico e antistorico. Il Nuovo Testamento è pieno di questa realtà. Gesù aveva detto: "Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra" (Atti 1,8); e in base a questa testimonianza "andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore..." (cf At 5,14; 6,7; 14,21, ecc.).

Cosa dire dei Vescovi Timoteo e Tito ordinati da Paolo per il governo delle chiese di nuova fondazione?

Quanti successori di Pietro Valdo, di Lutero, di Calvino, ecc., senza essere mai stati da loro chiamati direttamente alla successione?

E tutta la storia umana, anche quella profana, non ci dice che ogni seria fondazione ha dei successori? Le ditte commerciali o industriali ci tengono a mettere in evidenza che sono state fondate da molti anni.... e ciò per meglio garantire la bontà e serietà dei loro prodotti e della loro attività.

La continuità del primato nel successore di Pietro sulla cattedra romana risulta inoppugnabilmente, non solo dalle parole di Cristo, ma chiarissimamente dall'esame delle vicende storiche della Chiesa primitiva.

E' già un fatto singolare che nessuna sede e nessun vescovo hanno mai preteso che il successore di Pietro non fosse il Vescovo di Roma o dovesse determinarsi diversamente.

Come negare che i Valdesi, i Luterani, i Calvinisti, ecc. non siano i successori di P. Valdo, di Lutero, di Calvino? Sembrerebbe un assurdo. Ebbene a questo assurdo, e peggio ancora, giungono i nostri fratelli non cattolici quando dicono che il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi non sono i successori degli Apostoli. Noi sappiamo, dunque, di essere fatti eredi... dopo aver ascoltato la parola della Verità.... per cui siamo caparra della eredità degli Apostoli (cf Ef 1,1-23).

 

c) E' vero che nei primi tempi del Cristianesimo ci sia stata in molti,

l'impressione d'una venuta del Signore a breve scadenza, ma ciò non ha impedito alla Chiesa di svilupparsi e di capire sempre meglio le cose.... Ancora oggi siamo persuasi e predichiamo la stessa cosa: tutti dobbiamo pensare e meditare al prossimo incontro con il Giudice divino: incontro che per ognuno è imminente e può verificarsi da un momento all'altro, con la nostra morte corporale.

 

Non cattolico. Dopo aver detto il perché l'Apostolo Pietro non può avere avuto dei successori, ti domando:

2. Ma non si dice che la Chiesa romana abbia avuto Pietro come primo papa?

Una tradizione sufficientemente fondata ci parla del martirio di Pietro a Roma. Ma non esiste la minima prova circa un suo soggiorno prolungato in questa città. Si aggiunga che fino alla seconda metà del secondo secolo, la Chiesa di Roma non fu guidata da un solo Vescovo, ma da un collegio di anziani o presbiteri, eletti dai fedeli, secondo l'uso generale della Chiesa cristiana primitiva. Così infatti leggiamo nel Pastore di Erma (anno 140 circa): “Tu leggerai il libro a questa città (Roma) in presenza dei presbiteri che dirigono la chiesa" (Visione seconda, IV, 3; cit. da G. Dix, Le ministèr dans l'Eglíse ancienne, Neuchatel-Parigi, Delachaux & Niestlè, 1955, p. 109).

Cattolico. Ascoltami, caro fratello. Tu continui a fare affermazioni che per "Fondamento storico" hanno soltanto delle supposizioni, tue e dei tuoi fratelli di fede. Voglio anche ricordarti che i tempi di cui stiamo parlando, sono gli inizi della Chiesa di Gesù. Tempi, come sai, difficilissimi perché contrassegnati da acerbe persecuzioni, specie quella di Nerone tra le cui vittime è quasi certamente anche quella di Pietro.

Dal momento che tu stesso ammetti che “una tradizione sufficientemente fondata ci parla dei martirio di Pietro a Roma", io mi risparmio di elencartene le varie prove storiche.

Nella sua Histoíre ancienne,de l'Eglise, I, p. 61, Msg. Duchesne ha messo ben in rilievo il valore di queste testimonianze: "Per tutta quanta la cristianità, appena si comincia a prendere interesse per i ricordi apostolici e i diritti ad essi legati, la Chiesa di Roma è la Chiesa di S. Pietro; là egli è morto e ha lasciato la sua sede. Tutte le controversie tra Oriente e Roma lasciano intatta questa posizione, il che è assai importante per un fatto così gravido di conseguenze".

Per quanto riguarda quel che affermi di Erma, ti voglio ricordare che egli era fratello del Papa S. Pio I (140-155) e che il "Pastore" da lui scritto, pur essendo, all'epoca, apprezzato per quel che dice sulla moralità, resta sempre il libro di uno che immagina visioni ed è prettamente spirituale. Le sue affermazioni non hanno senso storico. Erma è un laico e non un teologo; usa un linguaggio poco rigoroso, difficile a tradursi in formule teologiche; ha molti passi oscuri sulla Trinità e sull'Incarnazione.

Quindi, la frase: “Tu leggerai il libro a questa città (Roma) in presenza dei presbiteri che dirigono la chiesa", non ci dice che in questa Chiesa, diretta dai presbiteri, manchi l'autorità suprema. Egli era fratello del Papa Pio I e certe cose le suppone come le supponevano quelli a cui si rivolgeva. Da questo silenzio, concludere che a Roma “il Vescovo unico si è sostituito al collegio dei presbiteri-vescovi soltanto al tempo di Aniceto (verso il 160) o tutt'al più al tempo di Pio I (verso il 150)" (A. Harnack), oppure pensare come Lipsius (altro protestante) “che la lista episcopale sarebbe stata imbastita allora per giustificare il cambiamento di regime sfruttando nomi noti di presbiteri-episcopi romani", sono supposizioni semplicemente temerarie. Se così fosse stato, ci sarebbe dovuto essere, necessariamente, una storia piena di proteste e di contestazioni. Fatti che la storia ignora completamente. Invece la storia c'è, ed é chiara e precisa. Mi limito alle cose principali.

 

- Così scrive S. Ireneo (Adv Haer. III, 3,3):

 

“Dopo d'aver fondato e stabilito la Chiesa di Roma, i beati Apostoli Pietro e Paolo ne affidarono l'amministrazione a Lino, di cui parla Paolo nelle lettere a Timoteo. Gli successe Anacleto. Dopo questi, Clemente ebbe il terzo posto nell'episcopato dopo gli Apostoli. A Clemente successe Evaristo, a Evaristo Alessandro; poi Sisto fa il sesto dopo gli Apostoli. Dopo di lui venne Telesforo che diede una gloriosa testimonianza. Gli successe Igino; poi, Pio che fu seguito da Aniceto. Sotero successe ad Aniceto, ed Eleuterio (174-189), occupa oggi il dodicesimo posto dopo gli Apostoli".

La lista di S. Ireneo è ripetuta da altri, tra cui Egesippo, giudeo di Palestina, convertito al Cristianesimo; egli visitò diverse Chiese, particolarmente quelle di Corinto e Roma (verso il 155-166). Eusebio di Cesarea (H.E. IV, 22,3) cita le seguenti parole di Egesippo: “Mentre stavo a Roma, feci una lista di successione (episcopale) fino ad Aniceto (verso il 160) di cui Eleuterio era diacono. In ogni successione ed in ogni città, tutto è conforme a quanto prescrivono la legge, i profeti e il Signore".

Quindi, caro fratello non cattolico, le supposizioni di Harnack e di Lipsius, ripetute da te e da tutti i non cattolici sono, oltre che temerarie, anche assurde, perché, come abbiamo visto, Ireneo, Egesippo e tutti gli altri ci danno la lista della successione dei papi, proprio nel periodo supposto come cambiamento di rotta. E non è detto che l'hanno inventata loro. Certamente si rifacevano a documenti e voci ripetute dalla tradizione.

 

Non cattolico. Ma allora, perché, oltre Erma, neppure nella lettera ai Corinzi (che i cattolici dicono scritta da Clemente) non si parla a nome proprio, ma a nome della comunità romana?

 

Cattolico. La storia è chiara. Da Dionigi di Corinto sappiamo che S. Clemente romano papa, è l'autore della lettera ai Corinzi. Ma lo sapevano bene anche quelli per i quali fu mandata la lettera e i destinatari, ai quali il papa, dopo aver fatto raccomandazioni e richiami generici, dà disposizioni per superare la crisi (pentimento ed esilio dei responsabili).

E' dà tali disposizioni come chi possiede un diritto incontestato ed è rivestito di una autorità superiore che viene da Dio. Pur usando la massima carità, egli così si esprime: "Se qualcuno disobbedirà alle parole dette da Dio per mezzo nostro, sappia..." (59,1); "   ... ci procurerete gioia e allegrezza se obbedendo agli ammonimenti che vi abbiamo scritto mossi dallo Spirito Santo..." (63.2). Può persino destare sorpresa una testimonianza di esercizio del primato così netta e autoritaria, tanto più quando si considera che vicino a Corinto - ad Efeso appunto -, era ancora vivo l'apostolo Giovanni, la cui personale autorità e il cui personale prestigio erano certamente molto più grandi di quelli del lontano e sconosciuto Clemente romano.

Saprai bene dalla storia che precede P. Valdo, Lutero, ecc. che la lettera di San Clemente papa è detta "l'epifania del papato", ossia la prima manifestazione scritta dell'esercizio del papato. Tieni presente che S. Clemente ha esercitato il suo ufficio di Papa tra l'88 ed il 97, ossia 50-60 anni prima che a Roma avvenisse il “colpo di stato" di cui parlano Harnack, Lipsius, tu stesso e tutti gli altri protestanti!... Oltre a ciò, tieni anche presente che Erma da te caldeggiato, nel tema generale del “Pastore" (Vis. 3; Sim.9) e nelle Odi di Salomone (22,11-12) scrive delle sorprendenti allusioni a Pietro come fondamento della Chiesa.

 

Non cattolico. Tu credi che noi parliamo con leggerezza e capziosità, mentre è proprio la storia che tu chiami in causa che tace.

 

Cattolico. Beh! Questo è vero per modo di dire. Voglio dire nel senso che per i primi due-tre secoli i testi che ci riportano le vicende della Chiesa sono piuttosto scarsi ed occasionali. Ciononostante, è singolare trovarvi cenni ed episodi di intervento del Vescovo di Roma, i quali rimarrebbero inspiegabili in un ambiente che non avesse riconosciuto al Vescovo di Roma una autorità diversa e superiore a quella degli altri vescovi.

In conclusione, quello che scrivi nel tuo libro a pag. 46 e che sopra ho riportato, cioè “che la Chiesa romana fino alla seconda metà del secondo secolo non fu guidata da un solo vescovo, ma da un collegio di anziani o presbiteri, eletti dai fedeli secondo l'uso generale della Chiesa cristiana primitiva" è una invenzione del protestantesimo. Aggiungo pure che non si può pretendere che il primato del Romano Pontefice si sia imposto (con le persecuzioni che c'erano!...) ed esercitato subito con la stessa chiarezza e ampiezza dei secoli successivi e di oggi.

E' sufficiente scoprire alle origini i tratti essenziali, dai quali deriva lo sviluppo omogeneo dello stesso potere conferito a S. Pietro. Questa è una legge comune alla maggior parte delle verità rivelato (vedi dogma) e alla Chiesa stessa, paragonata da Gesù al seme che si sviluppa.

 

Non cattolico.

 

Quali altri argomenti ci convincono pienamente che i papi non possono essere considerati vicari di Cristo?

 

1 . Sempre accettando per buona l'idea che Gesù abbia voluto nominarsi una serie di centinaia di vicari, bisognerebbe dimostrare che ogni papa sia stato il legittimo successore del precedente. Ma vi sono stati lunghi periodi in cui c'erano due papi; ci sono stati dei Concili che hanno deposto i due papi per nominarne un terzo; vi sono stati dei periodi in cui non c'erano papi. "La lista dei papi rimane incerta in più d'un caso sino al 1417".

Infatti il defunto Giovanni Roncalli ha assunto il nome di Giovanni XXIII. Questo papa pontificò dal 1411 al 1415, anno in cui venne deposto dal Concilio di Costanza, come "pubblico simoniaco e peccatore incorreggibile"; si può visitare la sua tomba nel Battistero di Firenze.

La catena del papato (la cosiddetta "successione apostolica") è lungi dall'essere storicamente accertata, ed è quindi comunque escluso che l'attuale papa sia il successore di S. Pietro.

2. Inoltre, se fosse vero che Gesù ha nominato Pietro suo vicario, a sua volta Pietro avrebbe dovuto nominarsi il suo successore, come fece Felice IV, e così via.

3. La chiesa romana sostiene che i papi succeduti a Pietro nel I secolo sono stati Lino, Cleto, Clemente, Evaristo. Orbene noi sappiamo che l'apostolo Giovanni, l'autore del Vangelo, ha vissuto sin quasi alla fine del I secolo. Così la Chiesa avrebbe nominato al vertice della sua gerarchia, al di sopra dell'apostolo Giovanni, testimone oculare di Gesù Cristo, dei papi infallibili, con maggiore autorità dell'apostolo “che Gesù amava" (Gv 13,23)!

 

Cattolico. Rispondo come posso alle tue obiezioni, costantemente contorte e astutamente presentate.

L'idea di Gesù - come è ben chiaro dalle sue parole - è stata quella di volere un suo sostituto o vicario permanente che potesse confermare sempre i fratelli nella fede, e potesse, in suo luogo, pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle, e perciò gli diede le Chiavi dei Regno, ossia la potestà sul "suo" gregge, ossia sulla "sua" Chiesa.

La successione nell'ufficio di Pietro, come simbolo di sicurezza e di unità è implicita in tutte le parole di Cristo che assicura di essere con gli apostoli, ossia con la loro funzione sino alla fine del mondo.

Quello che avviene, naturalmente, in qualunque società umana, doveva avvenire, necessariamente, anche nella Chiesa di Dio, che è una società umana, ma anche divina e perciò è detta teandrica, ossia divina e umana. E se in tutte le società c'è una direzione suprema, tanto più era necessaria una suprema autorità nella Chiesa. Non furono gli apostoli ad eleggere il loro capo, il primo papa, S. Pietro. Fu Gesù stesso a scegliere direttamente la persona di Pietro per mostrare che, se ogni "autorità viene da Dio" (cf Rm 13,1-2), questo è particolarmente vero per quella del Papa.

Noi non sappiamo come fu scelto il successore di Pietro. Dalla storia ricaviamo che, secondo un'antica disciplina, l'elezione era fatta dal clero e dal popolo. Un testo autentico lo troviamo nella Lettera di Papa Clemente ai Corinzi (95-96). Egli non ha lo scopo di dirci come il papa veniva scelto, però tutto ci fa credere che, trattandosi della scelta dei vescovi e dell'organizzazione della Chiesa, Clemente descriveva l'elezione del vescovo di Roma al pari di quella degli altri vescovi. Egli si esprime così: "I nostri apostoli per mezzo del Signore Nostro Gesù Cristo sapevano che sarebbero scoppiate contese per la dignità episcopale... Perciò, avendo conseguito una perfetta prescienza, stabilirono i vescovi predetti e poi fissarono le norme della successione, cosicché alla loro morte altre persone onorate ne raccogliessero il ministero. Quelli che così furono investiti da loro e dopo di loro da altre persone degne, con l'approvazione di tutta la Chiesa, e hanno servito irreprensibilmente il gregge di Cristo, con umiltà, nella pace e nella giustizia, ricevendo testimonianze in molte circostanze da tutti, non riteniamo giusto che costoro siano scacciati dal servizio divino" (cf c. 44. traduzione ital., Roma. Ed. Paoline, 1944, 2° edizione).

Da questo passo è evidente che la scelta dei vescovi, fatta dapprima dagli apostoli, in seguito era fatta dai capi della Chiesa con il consenso del popolo cristiano. E niente ci induce a pensare che fosse diversamente per il Vescovo di Roma.

Un secolo e mezzo dopo, una lettera di S. Cipriano, vescovo di Cartagine, ci assicura che: "Cornelio - vescovo di Roma ossia papa - è stato creato vescovo col volere di Dio, e del suo Cristo, con la testimonianza di quasi tutto il Clero,  col suffragio del popolo presente, col consenso del Collegio dei preti anziani e delle persone ragguardevoli, e nessuno prima di lui è stato eletto per occupare la sede resa vacante dalla morte di Fabiano". (Lettera ad Antonianum, scritta verso la fine del 251).

 

Ho detto che la Chiesa è divina e umana. Ebbene la parte divina è come voluta da Cristo, immutabile, indefettibile, infallibile, eterna; la parte umana è, invece, mutabile, defettibile, fallibile. Da ciò è comprensibile come l'ambizione, gli intrighi e i vizi potessero produrre elementi capaci di creare opposizioni, preferenze, scismi. A tutto ciò si aggiunga l'ambizione dei principi, dei re, degli imperatori o delle case regnanti, ecc... e ci rendiamo conto della parte negativa della Chiesa di Dio. Gli intrighi spesso hanno costretto dei papi a chiedere la protezione dei sovrano, ma il rimedio spesso si è dimostrato peggiore del male per l'ingerenza e la prepotenza dei sovrani stessi nelle nomine ecclesiastiche.

Ad evitare queste imposizioni dell'autorità civile, alcuni papi pensarono di assicurare personalmente l'elezione del successore che essi ritenevano più degno, designandone il nome, ma senza imporlo. La prova di queste comprensibili premure, l'abbiamo in diversi testi. Segnaliamo innanzitutto la decisione del Concilio romano del 19 novembre 462, che condannò come "inaudita" la pretesa di certi vescovi che prima di morire designarono il loro successore, in modo che non più la richiesta elezione, ma il favore del defunto sostituiva il consenso che deve venire dal popolo (can. 5).

Ancora una volta si affermano così i diritti e gli usi tradizionali dell'elezione. Quel che il Concilio condannava con parole tanto severe non era l'indicazione di un candidato desiderabile fatta dal defunto, ma era la sua designazione autoritaria.

Le disposizioni del Sinodo romano del 1 marzo 499 dicevano: "Se.... il papa muore improvvisamente... venga consacrato chi sarà stato eletto dall'unanimità del clero. Se... le opinioni sono contrastanti vincerà la maggioranza" (can. 4). Accadeva anche che, mentre il papa era vivo e a sua insaputa, alcuni ambiziosi spingessero la loro audacia fino a raccogliere firme per la scelta futura o a promettere il loro interesse o il loro voto e tenere delle conventicole a questo scopo (can. 1).

A tutte queste prove aggiungiamo i conflitti che nascevano tra il clero e l'esercito.

Da questi testi pare legittima la conclusione che il Sommo Pontefice affermava il proprio diritto a prendere delle decisioni sulla scelta del suo successore.

Così possiamo meglio comprendere la decisione del papa Felice IV (526-530); Egli fu elevato al sommo pontificato per l'influsso di Teodorico re dei Goti, che inflisse così un colpo alla libera elezione dei Pontefice.  Venuto però, poco dopo, a morire Teodorico, il papa fu liberamente eletto, accettato e consacrato pacificamente.

 

Prima di morire Felice, temendo il pericolo di lotte e scissure tra i partiti per l'elezione del successore, ricorse ad un provvedimento fino allora "inaudito": designò egli stesso il successore nella persona dell'arcidiacono Bonifacio. Il partito contrario elesse Dioscoro che da lunghi anni aveva reso grandi servizi alla Chiesa.

Conclusione: in questo modo non si ovviò alle difficoltà previste. Lo scisma fu di breve durata perché Dioscoro morì 24 giorni dopo.

Tuttavia Bonifacio Il (530-532) volle a sua volta scegliere il proprio successore nella persona del diacono romano Vigilio, il quale in effetti divenne papa, ma soltanto dopo altre tre vacanze della sede pontificia (Giovanni II, S. Agapito I, S. Silvenio), perché Bonifacio, ritornando sulla designazione fatta, se ne accusò come d'una colpa e la ritrattò.

 

Quindi, caro fratello, il richiamarti alla nomina fatta da Felice IV per provare la successione apostolica dei papi è un grave errore, perché tali nomine, fatte pur solo in casi di emergenza, si sono dimostrate controproducenti, oltre che essere anticostituzionali. Oggi le cose sono logicamente e necessariamente cambiate, ma ciò non toglie alla storia la sua realtà, che è ben lungi da quella che tu ci presenti.

La fine del dominio dei Goti in Italia, che fu dovuta agli sforzi dell'Imperatore d'Oriente Giustiniano, non portò alcun vantaggio alla Chiesa romana. I Bizantini, che avevano imposto la persona del successore di Silverio, il papa Vigilio (537-555), con i mezzi che conosciamo, rivendicarono sull'elezione i diritti già pretesi dai Goti. Ossia pretesero che il loro “placet” (= il benestare e l'approvazione dell'autorità civile), precedesse il riconoscimento dell'eletto; donde, in gran parte, le lunghe vacanze della Santa Sede. Inoltre, ci vollero in seguito i tenaci e abili sforzi di papa Agatone I (siciliano, 678-681), per ottenere dall'Imperatore d'Oriente l’esenzione del pesante tributo di tremila danari d'oro richiesti dall'imperatore (per la nomina di ogni papa) sull'esempio di Alarico e dei suoi successori.

 

Gesù volle Pietro come fondamento necessario, unico ed esclusivo del Cristianesimo. A lui appartengono le promesse, con lui è l'unità, cioè la Chiesa. Diceva Giuseppe De Maistre (nel suo libro Du Pape, Lione 1819, traduz. ital., Firenze, Ed. Fiorentina, 1926): "Ogni Chiesa che non è cattolica è protestante. Poiché il principio è lo stesso sotto ogni aspetto, cioè una rivolta contro l'unità romana; tutte le Chiese dissidenti non possono differire che per il numero dei dogmi rifiutati. Poiché la supremazia del papa è il dogma capitale senza cui il Cristianesimo non può sussistere, chi rifiuta questo dogma rifiuta la volontà di Cristo, rifiuta la Chiesa fondata da Cristo e la sua unità da Lui voluta. Da questo dogma viene tutto il resto: l’unità di dottrina, la cattolicità, l'apostolicità, il progresso e la fecondità, l'indipendenza e la libertà".

La designazione di Pietro da parte di Gesù non lascia alcun dubbio, come non lascia alcun dubbio il fatto che gli immediati successori di Pietro si siano avvicendati nell'episcopato di Roma.

S. Giovanni, relegato ad Efeso, non ha mai pensato di volere essere il successore di Pietro, ne lo hanno pensato i fedeli, e perciò ci descrive con tanta vivacità l'episodio tra Cristo e il suo Vicario, al quale impone di pascere il suo gregge (Gv 21,15-17). Tenere sempre presente che Giovanni scrive circa 30 anni dopo la morte di Pietro, mentre era papa S. Clemente romano. Se Pietro non avesse dovuto avere dei successori, Giovanni non avrebbe avuto alcuna ragione di narrarci un episodio inutile.

 

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01/09/2009 08:25

Carissimo fratello, rispondendo alla meglio alle tue obiezioni, spero che tu abbia capito che i papi sono effettivamente i vicari di Cristo perché così da Lui stabilito e voluto. Spero che tu abbia capito che ogni papa sia stato legittimo successore: ce lo garantisce la storia della Chiesa, la quale, prima o dopo, ha accertato la verità sulla successione di ognuno, dandoci la lista degli antipapi. Gli antipapi costituiscono un lacrimevole e lungo capitolo della storia dei pontificato romano, scritto, oltre che dall'ambizione di quasi tutti gli ingloriosi protagonisti, da rivalità dottrinali, dalle conseguenze di violente deportazioni di legittimi pontefici, da fazioni in lotta tra loro, da doppie elezioni e dall'incertezza - almeno in alcuni periodi - della legislazione canonica sull'elezione dei papi, ma, soprattutto, come ho già fatto notare, da dispotica e spesso armata ingerenza dei sovrani bizantini, di re longobardi e d'Italia, di imperatori francesi e tedeschi, della nobiltà e di signorotti dell'Urbe e dei dintorni e, infine, dal partito avignonese che, anteponendo nel modo più irriguardoso e nelle più importanti questioni della vita ecclesiastica le particolari aspirazioni personali e nazionali al bene della Chiesa universale, ha dato l'avvio allo Scisma d'Occidente che è forse una delle più terribili burrasche che abbia squassato le strutture del papato durante la sua plurisecolare e stupefacente avventura. La quarantina di cotesti "anticristi" - come icasticamente ebbe a definirli Gerhoh von Reichersberg - che dal 217 al 1449 hanno turbato la pace della Chiesa sovente già paurosamente compromessa, mentre sono un severo monito sugli sconcertanti eccessi cui il potere civile, indebitamente introducendosi negli affari ecclesiastici, può spingere calcolatori senza scrupoli, rimangono un’apologia indiretta di quel pontificato romano che le indefettibili promesse divine hanno assicurato contro tutte le “porte degli inferi” (cf Encicl. del Papato, pagina 1396, ed. Paoline, Vol. II).

Quindi l'antipapa è un membro del clero o un laico che si leva contro il legittimo papa con l'intenzione di impadronirsi del seggio pontificio. Però devo anche dire che tra gli antipapi - sebbene si tratta di qualche rarissima eccezione - ci sono anche quelli che erano bene intenzionati e coloro che si videro quasi costretti da un partito o da un sovrano ad accettare un incarico che ovviamente rimaneva sempre irregolare per difetto di elezione canonica. Da ultimo si potrebbe ancora accennare al caso di Dioscoro di Alessandria (22.9.530-14.10.530) da alcuni posto tra gli antipapi e da altri tra i legittimi pontefici, secondo il vario modo di accordare i criteri storici con quelli teologico-canonici, per il semplice fatto che morì dopo l'elezione, ma prima della incoronazione (id. p. 1397).

E' da riflettere che i torbidi provenienti da ambizioni, intrighi, imposizioni, ecc., anche se tanto incresciosi, restano sempre spiegabili e comprensibili perché prodotti dalla umana fragilità; quello invece che desta meraviglia e stupore, frammisti a gioia, è la costatazione che, ciononostante, Dio non ha MAI permesso che la "Sua” Chiesa deflettesse dalla via tracciatale da Cristo, perché Cristo, come la Sua Chiesa, è sempre lo stesso: "Ieri, oggi e sempre!" (Eb. 18,8).

 

Giovanni XXIII, papa, è stato soltanto Giovanni Roncalli, mentre il Giovanni XXIII da te nominato è stato soltanto antipapa. Il Concilio di Costanza, indetto dietro le istanze di Sigismondo, re di Germania, ove egli si presentò insieme ad un altro antipapa, Benedetto XIII di Avignone, sancì la propria autorità e citò Cossa Baldassare (l'antipapa Giovanni XXIII che era fuggito) a comparire. Questi, abbandonato dal duca di Tirolo, si sottomise, fu imprigionato a Radolfeazell; il 29 maggio 1415 fu deposto dopo un breve processo "come simoniaco, dissipatore dei beni ecclesiastici, amministratore infedele della Chiesa tanto nello spirituale che nel temporale”. Il Cossa era di nobile famiglia napoletana e perciò godeva di un certo prestigio, tanto che, alla sua morte, per ordine di Cosimo dei Medici, gli fu eretto un monumento sepolcrale nel battistero della città di Firenze.

 

Non cattolico.

 

Quali sono gli argomentI di natura morale che escludono che i papi siano stati Vicari di Cristo?

 

Tra gli uomini che hanno personificato il papato ve ne sono stati alcuni grandi e degni; molti i mediocri, e se ne contano diversi che, per ampia ammissione degli storici cattolici, si sono macchiati dei più nefandi delitti: omicidio e immoralità, peculato, malversazione e concussione, simonia, condotta pagana.

Ecco quanto si ricava dalla testimonianza dei più famosi storici cattolici circa la condotta di ben quarantotto loro papi:

 

l. San Marcellino (296) morì martire, ma durante la persecuzione di Diocleziano aveva rinnegato il Cristianesimo (Saba, Storia dei Papi, I, p. 60-62; Platina, Historia delle vite dei Sommi Pontefici, Venezia, 1612, p. 23).

 

Cattolico. Prima di rispondere alle accuse mosse contro S. Marcellino, papa, voglio ricordare ai lettori, come ho fatto notare altrove, che, grazie a Dio, la S. Madre Chiesa è sempre coerente con se stessa. Ad imitazione di Cristo e dei suoi Evangelisti, essa ha il coraggio, sempre, di dire pubblicamente, a voce e per Iscritto, tutta la sua storia, quella gloriosa dei Santi e quella Ingloriosa dei suoi figli più deboli o fedifraghi. Fatta questa premessa, che rende la Chiesa sempre credibile per la sua coerenza, rispondo, anche se brevemente, alle accuse mosse dai non cattolici contro il papa S. Marcellino.

Secondo il Catalogo Liberiano successe al papa Caio il 1° luglio del 296 e governò la Chiesa romana sino al 304. Questo è l'unico dato sicuro circa il suo pontificato, essendo di certo spurie due decretali attribuitegli dallo Psuedo-Isidoro. D'altra parte, intorno alla condotta di Marcellino durante la persecuzione di Diocleziano han circolato voci sfavorevoli, che sono anche stato raccolte in alcuni scritti e sembrano confermate dall'assenza del suo nome in documenti in cui ci si attenderebbe di trovarlo. Occorre quindi esaminare le varie testimonianze, negative e positive, per giudicare della consistenza di tali voci e della legittimità di avanzare dei dubbi.

Il nome di Marcellino è omesso nella Depositio Martyrum, nel Martirologio geronimiano e nella maggior parte dei cataloghi papali dei secc. V-VII. Sta invece al suo posto nel Catalogus Liberianus e nella Depositio Episcoporum al 16 gennaio. Siccome però in tale giorno il Martirologio geronimiano riporta la deposizione di papa Marcello, qualche studioso ritiene che nella Depositio Episcoporum debba leggersi Marcello e non Marcellino.

I donatisti (ammettevano l'efficacia dei Sacramenti solo se amministrati da degni sacerdoti; la Chiesa, invece, li ritiene validi anche se amministrati da sacerdoti indegni), han ripetutamente accusato Marcellino di debolezza nella persecuzione: consegna delle Scritture e offerta di incenso agli idoli. Questa accusa, lanciata verso il 400 da Potiliano, vescovo di Costantina, e ripetuta nel Chronicon donatista del 427, è stata raccolta e sviluppata al principio dei sec. VI negli Atti dello pseudo Concilio di Sinuessa, i quali narrano come in seguito alla caduta di Marcellino che aveva offerto incenso agli idoli, si radunarono 300 vescovi a Sinuessa per giudicarlo.

Marcellino dapprima negò, poi confessò il suo peccato. Ma poiché i vescovi si rifiutarono di condannare il vescovo della prima sede, Marcellino si scomunicò e depose da se stesso. Un ulteriore sviluppo si ha nella Passio Marcellini, ora perduta, e da questa è passato verso il 530 nel Liber Pontificalis che racconta come Marcellino sacrificò, poi dopo qualche giorno si pentì e perciò fu decapitato insieme ad altri tre cristiani e il suo corpo venne sepolto dal prete Marcello nel cimitero di Priscilla.

 

E' lecito da queste testimonianze concludere la caduta di Marcellino nella persecuzione?

 

Sembra di no. Infatti, si deve senz'altro rigettare l'accusa proveniente dai donatisti, giacché essa compare un secolo dopo il fatto; gli stessi donatisti l'hanno taciuta alla Conferenza di Cartagine del 411, e S. Agostino, che la riporta, l'ha recisamente respinta come non provata.

Il Liber Pontificalis non ha alcun valore in questo genere di notizie. Gli Atti del Concilio di Sinuessa sono una evidente falsificazione, fabbricata all'inizio del sec. VI, in occasione dello scisma laurenziano, per sostenere il legittimo papa Simmaco e per provare l'assunto: "prima sedes a nenime indicatur". Non è affatto sicuro che nella Depositio Episcoporum debba leggersi Marcelli e non Marcellini.

L'omissione del suo nome nella Depositio Martyrum si spiega benissimo pensando che sia morto di morte naturale, il che, se non è confermato, non è neppure negato da Eusebio (Hist. Eccl, VIII, 32).

L'omissione in molti cataloghi dei papi si può spiegare con la facile confusione dei due nomi e con il fatto che,  molto probabilmente, non ci sarebbe stato un papa Marcello e sarebbe quindi inteso Marcellino sotto il nome di Marcello.

L'omissione, infine, nel Martirologio geronimiano significa solo che il suo culto era poco propagato. Del resto è certo che Marcellino ha ricevuto il culto presso il suo sepolcro.

Dunque la questione della caduta di Marcellino non avrebbe alcun fondamento.

Di conseguenza, non ha senso la teoria di Gaspar che vede in quelle omissioni una "damnatio memoriae" (= volutamente taciuta memoria), simile a quella che era in uso nell'impero.

Nella Chiesa tale procedimento non fu in vigore, poiché la legittimità dei vescovi si fondava proprio sulla loro successione e continuità. E se dopo il sec. IV invalse presso gli orientali, sotto l'influsso della corte bizantina, l’espunzione del nome di qualche vescovo dai dittici liturgici, mai ne fu cancellato il nome dai cataloghi vescovili.

 

Non cattolico. Non ti sembra che tutto ciò che hai detto, possano essere semplici giustificazioni per riabilitare un papa? E dimmi, tutte queste notizie da dove le hai attinte?

 

Cattolico. Meno male che tu stesso all'inizio hai dichiarato che gli storici cattolici non tacciono i difetti della Chiesa e di persone ecclesiastiche, fossero anche papi. Se tu scavi nella storia troverai tutte quelle cose che io ti ho riferite. Ti suggerisco di consultare, come ho fatto io, l'Enciclopedia Cattolica, alla voce Marcellino papa, e ti accorgerai, consultando la bibliografia, quanti autori hanno trattato tale questione.

Vedi, i non cattolici, e quindi anche tu, come ho avuto occasione di dire altrove, si fermano alla parte negativa delle questioni che riguardano la Chiesa e finiscono per vedere solo l'errore e, quindi, necessariamente mancano di obiettività. Il sistema di mettere in evidenza il male, accumulandolo per ingrandirlo, e tacendo tutta la parte positiva senza confrontarla con quella negativa, porta ai risultati che, in genere, i non cattolici o altri avversari si propongono, ... mortificano così l'obiettività e spesso, anche la verità.

 

Non cattolico. Cosa mi risponderai su papa Liberio (352) e santo per giunta, quando di lui S. Girolamo afferma che, insofferente delle pene dell'esilio, sottoscrisse all'eresia (ariana) e tornò vittorioso a Roma? (A. Du Chesno, Histoire des papas, I. Parigi, 1616, p. 15 1).

 

Cattolico. Risponderò, anzitutto, che i tuoi giudizi, come il solito sono un pò affrettati. Infatti, se vai a guardare l'Enciclopedia Cattolica, troverai molte notizie storiche da te neppure accennate.

Nulla di certo si sa della sua vita precedente al papato: secondo il Liber Pontificalis sarebbe romano d'origine; secondo l'epitaffio, che non è sicuro sia di Liberio, sarebbe stato lettore e poi per alcuni anni diacono. Gli inizi del suo pontificato, che va dal 17 maggio 352 al 23 settembre 366, coincidono con la campagna scatenata dall'imperatore Costanzo II per imporre a tutti i vescovi il ripudio dell'omousios

(= consustanziale) e la condanna di Atanasio. Liberio non stette inoperoso. Invitò Atanasio a Roma, che invece inviò un memoriale sottoscritto da 80 vescovi egiziani. Liberio lo fece esaminare in un sinodo e si dichiarò solidale con Atanasio. Allo stesso tempo inviò un'ambasceria a Costanzo ad Arles, per implorare la convocazione di un concilio generale ad Aquileia. L'imperatore lo fece tenere nella sua residenza di Arles (351) e riuscì a far condannare Atanasio anche dai legati romani. Si rifiutò solo Paolino di Treviri che fu esiliato. Rattristato per la defezione dei suoi legati, Liberio domandò un nuovo Concilio, che l'imperatore stabilì a Milano (355). Ma di nuovo le violenze e le

minacce ebbero ragione sui convenuti, eccettuati i legati romani, Eusebio di Vercelli, Lucifero di Cagliari e Dionigi di Milano che furono esiliati e le loro sedi occupate da vescovi remissivi. Liberio li consolò con una lettera, nella quale si raccomandava alle loro preghiere per la prova che l'attendeva. Difatti poco dopo giunse a Roma l'eunuco Eusebio con l'incarico di indurre Liberio a condannare Atanasio, e non essendovi riuscito, lo fece rapire di notte e condurre a corte a Milano. Quivi pure Liberio si riportò con mirabile fortezza e dignità, sicché Costanzo lo esiliò a Berea in Tracia (355) e mise al suo posto l'arcidiacono Felice. Sul finire del 357 Liberio fu condotto alla corte di Sirmio, ove cooperò con Basilio di Ancira a rivolgere il favore imperiale dagli anomei (eretici ariani del IV secolo), alla fazione moderata. Durante il 358 Liberio poté tornare a Roma, accolto con gioia ed affetto dai fedeli che non vollero sapere di un pontificato a due, Liberio e Felice, onde questi, dopo un inutile tentativo di ripresa, si ritirò definitivamente. Liberio non partecipò né inviò legati al Concilio di Rimini (359), il che gli permise poi di condannarne le decisioni, di associarsi alle iniziative conciliatorie prese al Sinodo di Alessandria (362) e di prescrivere ai vescovi italiani di perdonare ai loro fratelli ritornati sinceramente alla fede nicena, impedendo così che si affermasse in Italia lo scisma Luciferiano (Lucifero con le sue idee e la sua intransigenza aveva creato disordini nella Chiesa).

Nel 366 giunsero a Roma tre vescovi legati di 64 vescovi omeusiani, per ripristinare la comunione con la Sede apostolica. Liberio volle che essi per iscritto,

accettassero la fede nicena, condannassero la formula di Rimini e tutti gli errori ad essa fede contrari e riconoscessero i diritti pontifici in caso di controversie. Ciò ottenuto, concesse la sua comunione e diede loro lettere dirette ai 64 vescovi e a tutti gli ortodossi dell'Oriente che furono lette ed approvate al Concilio di Tiana ed avrebbero operato una piena pacificazione, se non fosse intervenuto ad impedirlo l'imperatore Valente. Nel frattempo però Liberio era già morto. A lui si deve la costruzione della Basilica Liberiana, rinnovata da Sigto II (S. Maria Maggiore). Il suo nome fu iscritto nel Martirologio geronimiano, mentre fu escluso dal Martirologio romano, a causa non tanto delle calunnie del Liber pontificalis, che lo presenta quale eretico persecutore dei cattolici, quanto della debolezza con cui avrebbe comprato il ritorno a Roma.

 

Non cattolico. Finora hai presentato questo papa quasi come un eroe, invece San Girolamo ci dice che il suo ritorno a Roma fu ottenuto per aver sottoscritto all’eresia ariana.

 

Cattolico. In verità, come ho già detto sopra, egli avrebbe avuto la debolezza di aver comprato il ritorno a Roma. Però la questione è controversa. Tra i Padri della Chiesa, Sant’Atanasio vi accenna due volte: nell'Apologia contra Arianos, scritta nel 350 ed ampliata verso il 360, menziona Liberio tra i vescovi a sé favorevoli; però aggiunge che non ha sopportato sino alla fine le privazioni dell'esilio (cap. 8); nell'Historia arianorum ad monachos, scritta verso la fine del 357, dice che Liberio dopo due anni di esilio, vinto dalle minacce di morte, vacillò e sottoscrisse (cap. 41). Ambedue i passi sembrano indicare, nel loro contesto, che ciò consistesse nell'abbandono di Anastasio. S. Ilario, nell’invettiva lanciata nel 360 contro Costanzo, scrive di non sapere se l'imperatore commise maggiore empietà nell'esiliare Liberio o nel rimandarlo (Contra Costantium, cap. 2). S. Girolamo, sia nel Chronicon (Ad an Abr., 2635 = a. 352), che nel De viris illustribus (cap. 97), parla di sottoscrizione di una formula eretica. Il 1° documento della Coliectio Avellana nel riportare la risposta di Costanzo alle richieste dei romani: "Avrete Liberio migliore di come è partito", commenta: “Ciò indica il consenso con cui aveva ceduto alla perfidia”. Rufino finalmente riferisce, senza far sua l'una o l'altra, le due versioni correnti; del ritorno comprato da Liberio con l'acquiescenza alla volontà imperiale, o dovuto all'accondiscendenza di Costanzo alle richieste del popolo romano (Hist. Eccl., 1, 27). E' evidente che al momento del ritorno di Liberio a Roma correva la voce che Liberio avesse ceduto in qualche cosa a Costanzo. Lo storico greco Sozomeno, che scrive su buone informazioni nel sec. V, dice che Liberio avrebbe acceduto ad una delle formule di Sirmio, d'accordo con Basilio d'Ancira, per rimettere la pace in Oriente e ritornare a Roma. Rimangono però 4 lettere che Liberio, avrebbe scritto dall'esilio e sono conservate nei Fragmenta di S. Ilario di Poitiers; in esso Liberio si mostra preoccupato di scindere la sua responsabilità da quella di S. Atanasio e di ottenere a qualunque costo il ritorno a Roma. La disputa sulla loro autenticità è tutt'altro che chiusa, e recentemente fu notato che “la mancanza dei 'cursus velox' e delle altre caratteristiche proprie del periodare di Liberio, rendono molto improbabile l’opinione di coloro i quali sostengono che le quattro lettere aritmiche furono dettate dal Papa” (Fr. Di Capua, Il ritmo prosaico nelle lettere dei papi ecc., Roma, 1937, p. 240). In ogni modo, se colpa ci fu in Liberio, questa non coinvolge l’infallibilità pontificia. Perché questa fosse coinvolta, sarebbe stato necessario che Liberio, oltre a condannare Atanasio ed entrare in comunione con gli orientali, avesse sottoscritto una formula apertamente eretica ed avesse inteso di imporla a tutta la Chiesa. Ma ciò non risulta affatto. La questione è quindi di ordine storico e non teologico. In ogni modo merita di essere ricordata l'osservazione di P. Batiffol: "Liberio ed Ilario di Poitiers avevano tesa la mano a Basilio di Ancira; nessuno ne fece rimprovero ad Ilario; dovremo trattar meno bene Liberio? Per il momento Costanzo gli fu grato che avesse cooperato ad una pace le cui condizioni si credevano sicure e stabili" (La paix constantinienne et le catholicisme, Parigi, 1914, p. 465 ess.), (cf Enc. Catt., alla voce Liberio Papa). Non nascondo che tutta questa storia sul Papa Liberio è veramente interessante e commovente. Quanti sforzi, quante sofferenze ha subito questo papa per difendere l'ortodossia della fede. E' davvero ammirevole ed ha meritato l'alta qualifica della santità. E' facile comprendere che con tanti nemici e avversioni si saranno dette e scritte  molte cose contro di lui che sono poi passate nella storia, in quella storia da cui ha attinto anche San Girolamo. La prova più bella della sua innocenza mi sembra la richiesta all'imperatore da parte dei romani e la loro festosa accoglienza al ritorno a Roma del loro amato papa Liberio.

Il terzo papa préso in considerazione nella lista è S. Damaso (366).

 

Non cattolico. Alla elezione di S. Damaso si scatenò una furibonda rissa fra i suoi sostenitori e quelli di Ursino. Ma il partito di Damaso ebbe la meglio dopo essere venuto alle mani con gli oppositori nella Chiesa di Ursino, con morti e feriti (Saba, Storia dei Papi, I, p. 82; Platina, Historia delle vite dei Sommi Pontefici, Venezia, 1612, p. 53).

 

Cattolico. Carissimo fratello, con la mentalità e l'ambiente di quell'epoca, è facile vedere lotte e contese. Anzi, anche durante le persecuzioni, l'ambizione e altri vizi riuscivano a sobillare, nel corpo elettorale del clero e del popolo, alcuni elementi capaci di creare uno scisma eleggendo un altro candidato opposto al primo. Se simili traviamenti erano possibili in un periodo in cui il papa veniva, per il fatto stesso, designato alla persecuzione, non c'è da stupirsi che l'ambizione producesse effetti uguali dopo che la pace fu concessa alla Chiesa e il papa divenne un personaggio la cui situazione sociale era tra le più desiderabili.

Di qui ebbero origine le numerose lotte che, fin dal sec. IV, sboccarono nello scisma. Basterà citare, appunto, l'elezione di papa Damaso (366-384), un austero prete spagnolo e amministratore di vaglia, a cui un partito composto di chierici impertinenti e della parte meno stimata del popolo oppose un diacono ambizioso e intrigante, Ursino (366-67).

La lotta degenerò in una sanguinosa guerra civile; i partigiani dell'antipapa Ursino invasero basiliche e chiese e le abbandonarono soltanto dopo d'averle contaminate di centinaia di cadaveri. Ci volle l'intervento severo, attivo e tenace del prefetto di Roma Pretestato per assicurare la vittoria di papa Damaso.

L'autorità imperiale costatò così quale influenza irresistibile poteva esercitare in quei conflitti; anzi ne approfittò per i suoi scopi politici e amministrativi, usando i più "rispettabili pretesti".

Con i suoi mezzi d'azione essa favoriva i propri candidati, fossero o no legittimamente eletti, possedessero o no le qualità necessarie e il suffragio dei sacerdoti anziani, del clero secondario e del vero popolo cristiano (cf Encicl. dei Papato, Ed. Paoline, Vol. 1, 2^ ed., pp. 243-244).

Da quanto ho detto precedentemente sia degli intrighi dell'ambizioso Ursino, sia degli interventi dell'autorità imperiale, si può capire come fosse travagliata e combattuta la vita del papa. Si aggiungevano a tante tribolazioni anche quelle causategli dagli eretici, sempre attivi, luciferiani, novazionisti e donatisti di Roma.

Damaso non poté occuparsi degli interessi generali della Chiesa quanto si sarebbe da lui desiderato. Fece tuttavia moltissimo. Egli è il primo papa che ogni anno, il giorno della sua elezione (30 sett.), pare radunasse a concilio attorno a sé i Vescovi dell'Italia suburbicaria. In tali concili prese molte deliberazioni interessanti la Chiesa universale.

Fu molto attivo e combatté le eresie, procedette in vari sinodi contro gli ultimi vescovi Ariani occidentali (specialmente illirici) appoggiando in ciò l'azione più energica  di Ambrogio, accolse in Roma, dal 373 al 378, Pietro profugo dalla sua sede di

Alessandria, fu buon assertore del primato papale, tanto che Teodosio richiamando l'impero d'Oriente al cattolicesimo dava a quei vescovi per norma la fede seguita da Damaso di Roma e Pietro di Alessandria. Damaso è il papa delle prime decretali e anche il primo scrittore che illustrasse la cattedra di S. Pietro. Non fu invece il primo ad occuparsi di edilizia ecclesiastica, ma superò facilmente tutti i predecessori. Gli archeologi se lo sono scelti a protettore. Fu anche scrittore e poeta. Ebbe molta corrispondenza con S. Girolamo che scelse a suo segretario. Si fa risalire anche a Damaso l'uso occidentale di salmodiare nelle chiese, concludendo i salmi con il Gloria Patri.

 

Non cattolico. Da quanto dici sembra che papa Damaso vada piuttosto ammirato che condannato.

 

Cattolico. E' chiaro che se l'ambizioso e intrigante Ursino fosse stato un pò meno scorretto e se non avesse con i suoi poco onesti sostenitori invaso le chiese e le basiliche, molto probabilmente i fatti avrebbero assunto proporzioni più modeste o anche insignificanti dal punto di vista storico.

 

Non cattolico. Sono curioso di sapere quale risposta darai sul papa Zosimo (417), il quale tributò i più grandi elogi all'eretico Pelagio e alla sua dottrina che, più o meno volentieri, fu poi costretto a condannare (L. Duchesne, Histoire ancienne de l'Eglise, III, Parigi, 1911, pp. 234, 239).

 

Cattolico. Come di solito, le tue parole sono sempre tratte dall'errore, da autori che propendono per l'errore o da frasi poco chiare o equivoche. La questione di papa Zosimo e dei pelagioni è molto semplice. Si sa dalla storia che il papa Innocenzo I, di Albano (401-417), il 27 gennaio del 417, condannò i due punti principali dell'eresia pelagiana, cioè l'inutilità della grazia e l'inefficacia dei battesimo dei bambini e scomunicò Pelagio e Celestio. Con la morte di Innocenzo I, Pelagio cerca di abbindolare il suo successore che è appunto il papa Zosimo, e, subdolo e menzognero, egli fa presso il nuovo papa, una ritrattazione dei suoi errori e una (falsa) professione di fede. In base a tale ritrattazione Pelagio e Celestio sono dichiarati innocenti e i loro oppositori biasimati. Ma il papa, meglio informato, ritira subito la sua sentenza e conferma le decisioni dei due nuovi concili africani (417 e 418), di cui uno aveva giudicato insufficiente la ritrattazione e invitati gli eretici a pronunciarsi sulla necessità della

grazia, mentre l'altro, quello di Cartagine (418), presieduto da S. Agostino, aveva anatemizzato l'errore in nove articoli. Il Concilio di Roma del 418, convocato da papa Zosimo, lancia contro la dottrina dei seguaci del pelagianesimo una condanna definitiva, che viene comunicata a tutto l'episcopato in una lunga lettera circolare celebre con nome di Tractoria. Quasi dovunque il documento pontificio è accettato, e l'imperatore, bandendo i vescovi renitenti, che saranno poi condannati neI concilio generale di Efeso del 431, mette fine alla controversia.

 

Non cattolico. E allora, secondo te, anche papa Zosimo non ha errato?

 

Cattolico. Non credo che tu voglia chiamare errore dottrinale, l'aver prestato fede a due imbroglioni che sembravano sinceri nel ritrattare i propri errori. Gli imbroglioni sono stati sventati e l'errore è stato regolarmente e fermamente condannato (cf Encicl. del Papato, Vol. I, pp. 424-425). Quindi non è esatto dire che Damaso tributò grandi elogi all'eretico Pelagio e alla sua dottrina e che, poi, più o meno volentieri, fu costretto a condannare.

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01/09/2009 08:25

Non cattolico. Andando avanti di questo passo tu avrai il coraggio di giustificare tutti i papi che la storia ci segnala come persone che hanno evidentemente errato sulla dottrina cristiana, o che sono stati evidentemente degli indegni.

 

Cattolico. Non intendo assolutamente ergermi a paladino dell'errore e del male, ma desidero e voglio fermamente essere obiettivo, chiaro e preciso. Non ho pregiudizio in materia e perciò credo nella storia vera e non in quella di parte, spesso inventata, ingrandita, diminuita o comunque manipolata dagli avversari della Chiesa. Questa storia partigiana ci porge come certo ciò che è dubbio e viceversa, come errore ciò che è una semplice questione di opinioni, o come eresia ciò che è invece soltanto qualche inesattezza commessa da qualche papa semplicemente perché male informato su certi problemi. C'è chi pretende che il Papa non solo sia infallibile su materia di fede e di morale, ma che sia sempre ineccepibile su qualunque altra dottrina. E queste sono opinioni errate di chi vuol denigrare per rafforzarsi nelle proprio idee e propagandarle con la speranza di ottenere adesioni, specie tra persone ignoranti o, comunque, malamente informate.

 

Non cattolico. Il papa S. Celestino I (422), falsificò gli atti del Concilio di Nicea per dimostrare il suo diritto a giudicare in appello le cause ecclesiastiche (L. Duchesne, III, p. 256).

Cattolico. Carissimo fratello Nisbet, ho perduto diverso tempo per scoprire la falsificazione degli atti del Concilio di Nicea da parte di papa Celestino I. Dopo lunghe ricerche mi sono accorto che molto probabilmente ci devono essere delle imprecisioni in quello che dici.

Infatti dalla storia dei Concili, accertiamo che il Concilio di Nicea (primo Concilio ecumenico tenutosi nel 325) fu presieduto dal papa Silvestro I tramite i suoi rappresentanti; mentre S. Celestino I, per mezzo del patriarca di Alessandria S. Cirillo, e dei suoi legati, d'accordo con l'imperatore Teodosio II, presiedette il III Concilio ecumenico di Efeso nel 431 per la condanna degli errori di Nestorio. Detto questo potrei sentirmi soddisfatto di aver risposto alla tua obiezione che dovrebbe, come sembra, essere inesistente.

A meno che - ammesso l'errore di aver citato Nicea al posto di Efeso - tu voglia riferirti proprio al Concilio di Efeso dove effettivamente S. Celestino è intervenuto con la sua autorità, non per falsificare ma per precisare i diritti della Sede Apostolica. Leggiamo infatti a pag. 109 nell'Enciclopedia dei papato: "E' certo che papa Celestino, per mezzo dei suoi legati, ha presieduto effettivamente, e con presidenza di autorità, il Concilio di Efeso del 431, il quale ha coscientemente e deliberatamente messo in pratica le sue istruzioni. Difatti, da una parte, nelle sue istruzioni ai legati mandati ad Efeso, papa Celestino afferma: "Ordiniamo che venga rispettata l'autorità della Sede Apostolica... Se ci sono dei dibattiti voi dovere pronunziarvi sulle opinioni dei vescovi ma non accettarne la discussione"; d'altra parte nella condanna di Nestorio, alla fine della prima sessione, i Padri dichiarano che essi vi sono stati costretti dai sacri canoni e dalla lettera del Nostro Santissimo Papa e collega della città di Roma. Nella seconda sessione, Firmo, vescovo di Cesarea, parla allo stesso modo: "Celestino ci aveva in precedenza prescritto una sentenza e una regola che noi abbiamo seguita e messa in pratica", e nella sua relazione all'imperatore l'assemblea dichiara che in concilio s'è conformata all'esempio e al giudizio di Celestino.

 

Non cattolico. Da quanto tu stesso hai, riferito, non ti sembra che il papa Celestino abbia voluto fare da despota?.

 

Cattolico. Niente affatto. Io vedo soltanto un papa che usa tutti i suoi diritti e doveri con la massima energia, trepidando per l'ortodossia della dottrina cristiana ed ergendosi come un macigno contro l'errore.

 

Non cattolico. Dunque, anche papa Celestino è un altro eroe da lodare?

 

Cattolico. Certamente, se i fatti storici sono quelli che io ti ho riferiti. E se ho sbagliato correggimi.

 

Non cattolico. Sono curioso di sentire la tua risposta su un altro papa: S. Silverio, figlio del papa Sant' Ormisda, che ebbe il pontificato per imposizione del re dei Goti (Saba, I, p. 180; Platina, p. 106).

 

Cattolico. Le notizie che trovo su S. Silverio papa, dopo molte ricerche sono le seguenti. Ebbe un breve pontificato (536-537). Fu nominato papa per l'influenza di Teodato re dei Goti. Oriundo di Frosinone, figlio del papa Ormisda.

Il suo breve pontificato fu coinvolto e travagliato dalle lotte politiche e religiose che in quegli anni turbavano l'Italia e delle quali Silverio cadde vittima. Avendo il re Belisario ripreso Roma, Silverio fu arrestato ed esiliato per gli intrighi dell'ambizioso Vigilio, che si fece intronizzare al suo posto il 29 marzo 537. Scopertesi le calunnie ordite a suo carico, l'imperatore Giustiniano ordinò che Silverio fosse ricondotto a Roma e sottoposto ad un regolare giudizio, ma giunto in Italia fu consegnato a Vigilio che lo fece relegare nell'isola Palmaria dove morì di stenti e di fame. Il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi ed il Signore vi operò anche miracoli.

Del papa Ormisda sappiamo che era di carattere pacifico, ma energico tutore dei diritti della Chiesa e difensore della dottrina cattolica, si adoperò grandemente per estinguere gli scismi che alla sua elezione funestavano la Chiesa.

 

Non cattolico. Conclusione, altri elogi da tributare al papa Silverio?

 

Cattolico. lo non voglio fare il paladino di papi che meritano biasimo. Ma stando così le cose, non mi sento di condannare il papa Silverio perché è il figlio di Ormisda, papa, e perché la sua elezione avvenne per l'influsso del re dei Goti.

Papa Ormisda era ammogliato prima di essere ordinato diacono. Egli succedette a San Simmaco senza contrasti di sorta. Emanò savie leggi ed ebbe la gioia di poter comporre nel 518 lo scisma di Acacio, mediante una regola di fede da lui completata e passata alla storia con in nome di formula di Ormisda. Questo papa fortunato salutò la conversione di Clodoveo e l'ingresso dei Franchi nella Chiesa.

Papa Silverio è figlio di Ormisda, come abbiamo detto, ma tutto ciò non pone nessuna difficoltà o negatività nei riguardi del padre perché si sa che fin dai primi secoli (Concilio di Elvira del 305, can. 33, e anche quello di Nicea, (325, can. 3) è comminata la proibizione di usare del matrimonio dopo l'ordinazione diaconale, presbiterale o vescovile, pena la espulsione dall'ufficio clericale.

Né mi sento di condannare assolutamente Silverio perché divenuto papa con l'appoggio del re Teodato. L'elezione fu regolare e Silverio da papa si è comportato degnamente tanto che il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi ed il Signore vi operò dei miracoli. Tutto ciò ci dice che fa un santo uomo e la Chiesa infatti lo venera come tale.

Non cattolico. Adesso desidererei sapere quale panegirico, tesserai per il papa Vigilio (537) il quale mandò il suo predecessore S. Silverio in esilio nell'isola Palmaria (SIC). “Stimolato dal solito pizzicore della suprema dignità" promise denaro al re Belisario perché gli assicurasse il papato. Finì per morire in Sicilia di male di pietra: “Questo fu il fine di Vigilio, morendo per giusto giudizio di Dio, consumato da una travagliosissima infermità: quegli che costretto aveva il suo santo predecessore Silverio a morire in una isola; e avendo fatto strada con male arti al pontificato, fu sempre combattuto da immense tempeste" (Baronio, I, p. 49; II, p. 70; Saba, I, p. 440).

Cattolico. Si sa che Vigilio era un patrizio e fu nunzio a Costantinopoli. Giunse al potere con mezzi illeciti, ebbe la protezione di di Teodora, moglie dell'imperatore Giustiniano, la quale volle farne un papa sperando che fosse complice nei suoi maneggi per i monofisiti (= eretici che ammettevano in Cristo una sola natura, la divina). Giunto a Roma vi trovò papa Silverio. Nel marzo del 537, cominciava l'assedio di Roma da parte del nuovo re Vitige; Belisario che difendeva la città in nome di Giustiniano volle liberarsi di Silverio che accusò di complotto coi Goti e lo cacciò da Roma. Fu eletto allora pontefice Vigilio e consacrato il 29 marzo 537. A Teodora che lo richiamava alle precedenti promesse rispose fieramente. Partecipò a tutti i pericoli del lungo assedio e quand'esso finì nel marzo dei 538, con la ritirata dei Goti si adoperò per riparare ai danni da loro causati alle basiliche suburbane ed ai cimiteri dei Giordani sulla Salaria, di Callisto, dei SS. Pietro e Marcellino, ecc.

Era cominciato nel 545 il secondo assedio di Roma per opera del re goto Totila quando il 22 novembre Vigilio fu costretto, per volere di Giustiniano, a lasciare Roma per la Sicilia donde procurò di aiutare gli assediati. Il 25 gennaio del 547 giunse a Costantinopoli dove lo attendevano le lunghe e sfibranti trattazioni con l'Imperatore, e poi col Concilio a proposito dei Tre Capitoli. Nel 533 egli otteneva da Giustiniano la Prammatica Sanzione per riordinare le condizioni d'Italia dopo le desolatorie guerre gotiche. Ottenuto il permesso di ritornare a Roma, morì a Siracusa durante il viaggio il 7 giugno del 555.

Aggiungiamo pure che le turbinose vicende del suo pontificato trovano la loro spiegazione nelle condizioni della città agitata fra il partito dei Goti dominatori e quello che faceva capo all'impero d'Oriente nonostante i suoi dissensi teologici.

(cf Enciclopedia Cart. alla voce “Vigilio, papa").

Si può ancora aggiungere che la dominazione bizantina seguita a quella dei Goti non portò nessun vantaggio al papato. I Sommi Pontefici furono troppo spesso trattati come semplici funzionari dell'impero.

S. Silverio martire (536-537) fu deposto dall'imperatore e fatto morire in esilio, e Vigilio stesso subì molto angherie. E ripetiamo pure che Vigilio era giunto al potere con mezzi illeciti, ma poi fu universalmente riconosciuto come papa, alla morte di Silverio. Egli si riabilitò difendendo l'ortodossia.

Papa Vigilio viene anche accusato di aver ceduto all'eresia dietro vessazioni, violenza poliziesca, manovre di ricatti, promesse menzognere. Vigilio fu in gran parte vittima delle vessazioni violente dell'imperatore, della viltà dei mezzi usati e della sua inescusabile condotta di fronte alla nobile resistenza del papa, il quale fu strappato a viva forza mentre era aggrappato all'altare (14 agosto 551). Fu lo scandalo di una destituzione oltraggiosa pronunciata contro di lui e imposta ai Padri dei V Concilio (26 maggio 553). Vigilio, trattenuto lontano da Roma a tempo indefinito, dovette ricordarsi della sua città angustiata, devastata dalla guerra e calpestata dagli eserciti occupanti. Senza dubbio stimò che la pacificazione della Chiesa e il sollievo dell'Italia straziata giustificavano una concessione, che egli fece salvando tuttavia espressamente la dottrina di Calcedonia, quindi rimanendo nell'ortodossia (cf Encicl. del Papato).

Non cattolico. Di fronte agli errori di Papa Onorio e alle scomuniche da lui ricevute, dovrai finalmente arrenderti. Non credo che vorrai giustificarlo per compassione o raccontandomi frottole.

 

Cattolico. Di fronte all'errore di un papa, io metterò da parte e la compassione e le chiacchiere inutili. Però nessuno mi potrà impedire di essere obiettivo e di seguire le vicende storiche di Papa Onorio, così come una sana equilibrata ed autorevole critica ce le racconta.

 

Non cattolico. Non cambiare la storia. Le condanne a suo carico le troverai scritte come te le ho riferite, proprio nella storia ecclesiastica.

 

Cattolico. Vedrai che neppure io cercherò di eliminare gli errori di Onorio I, però dobbiamo guardare bene in faccia allo svolgimento dei fatti che ora ti racconterò.

Durante il Concilio Vaticano I (1870), come si sa, dopo lunghi dibattiti fu proposta dalla maggioranza la infallibilità pontificia.

Alla minoranza fu concessa piena libertà di esprimere il proprio parere. Dopo che gli oratori della maggioranza (infallibilisti) ebbero esposto le ragioni a favore della definizione dogmatica, i teologi della minoranza ribatterono punto per punto gli argomenti addotti, esagerarono le difficoltà storiche, puntando soprattutto sul caso di papa Onorio.

Ci furono lunghe, profonde e calorose discussioni. Lo schema primitivo subì molte modifiche e miglioramenti, fino alla congregazione generale del 13 luglio, in cui la formula ormai definitiva ebbe 451 piacet (= si), 88 non placer (= no), 62 placet iuxta modum (un si condizionato ... ). Allo scopo di raggiungere nella sessione pubblica una accresciuta maggioranza di voti, la deputazione ritoccò lo schema secondo gli ultimi suggerimenti, ma respinse decisamente la proposta di inserire una frase che indicasse l'assenso della Chiesa come condizione dell'infallibilità del Pontefice, anzi alla già chiara formula "ideoque eiusmodi Romani Pontificis definitiones esse ex se irreformabiles" (= e perciò le definizioni dello stesso Romano Pontefice sono per se stesse irreformabili), fu aggiunto “non autem ex consensu Ecclesiae" (= non dunque col consenso della Chiesa); con questo inciso il gallicanesimo riceveva il colpo mortale.

Approvata nell'ultima congregazione generale (16 luglio) la relazione definitiva dello schema, si stabilì che la sessione pubblica si sarebbe tenuta il 18 luglio. Cinquantacinque Padri della minoranza, fatto invano l'ultimo tentativo di ottenere dal Papa la sospensione della seduta pubblica, lasciarono Roma dopo aver sottoscritto una dichiarazione, in cui affermavano che per la venerazione ed il rispetto che avevano per Sua Santità preferivano astenersi dalla sessione pubblica, piuttosto che pronunziare davanti al Papa il non placet. Il 18 luglio si ebbe la solenne proclamazione del dogma, in cui tutti i 535 Padri presenti (eccetto due, che per un malinteso dissero non placet) furono concordi nell'approvare la costituzione dogmatica a cui Pio IX appose la sua infallibile sanzione. Ammessa senza contestazione la infallibilità del papa (quando come maestro universale - ex cathedra - propone dottrine o dirime questioni concernenti la fede e la morale), sono caduti tutti i sotterfugi per sottrarsi all'obbedienza della Chiesa; una decisione del Romano Pontefice é ormai per ogni fedele una norma da seguire senza discussione (cf Enc. del Papato, pp. 96-97). Fatte queste premesse, chiarisco brevemente le due eresie che causarono l'accondiscendenza di papa Onorio alle astuzie del patriarca Sergio di Costantinopoli.

l. Monofisismo. Eresia che ammette in Cristo una sola natura, la divina. Il monofisismo viene condannato da Roma, ma Sergio, patriarca di Costantinopoli, aiutato da Ciro di Alessandria, gioca d'astuzia e tenta di salvare la situazione e di ristabilire l'unità dottrinale e politica con una nuova professione di fede.

Secondo lui il Cristo ha una sola energia, una sola volontà. La volontà umana in lui non ha nessuna spontaneità; agisce solo per ordine e impulso della volontà divina. In questa maniera il patriarca Sergio cade in un'altra eresia ossia nel:

2. Monotefismo che, accettando solo la volontà divina nega, conseguentemente, le due nature. L'eresia è evidente.

Con queste abili astuzie, Sergio cerca di guadagnare alla sua causa il papa Onorio dicendo che è necessario, per la conservazione della pace, non parlare né di una né di due volontà. Infatti l'affermazione di una sola volontà fa nascere in alcuni il sospetto che si neghi la dualità di natura, mentre l'affermazione delle due volontà che non è usata dai Padri e fa ammettere due volontà opposte in Cristo, scandalizza gli altri.

 

Non cattolico. Io sono curioso di ascoltarti per vedere a che punto spingerai la difesa.

 

Cattolico. Seguo la storia e ti dirò che papa Onorio I (625-638) ha avuto un atteggiamento equivoco.

Due lettere di Onorio incoraggiano la posizione dottrinale del patriarca di Costantinopoli. Nella prima diretta a Sergio, dichiara che nelle difficoltà sollevate dal monaco Sofronio egli vede una pura questione di parole e senza alcuna importanza dogmatica. In Gesù egli riconosce indubbiamente la volontà divina e la volontà umana, tuttavia, a causa dell'ineffabile unione della natura umana con la divina, noi confessiamo una sola volontà. D'altronde, è una questione oziosa parlare di una oppure di due energie nel Cristo. Con la frase "una sola volontà", il papa intende probabilmente sottolineare l'unità morale che esiste tra le due volontà, ma checché ne sia, la sua risposta imprecisa viene interpretata in Oriente come un'approvazione della dottrina monotelita, e, quindi, l'eresia si andava estendendo. Ma lo Spirito Santo, che guida la Chiesa alla verità tutta intera, vegliava e interveniva per mezzo del Concilio del Laterano (ottobre 649) che condannava energicamente l'errore e i suoi seguaci, non risparmiando Onorio.

Tale condanna sarà confermata circa 30 anni dopo dal VI Concilio ecumenico, il III di Costantinopoli (riunito il 7 novembre 680). Il papa Leone II (682-683), successore di Agatone e come lui siciliano, ratifica le decisioni del VI Concilio ecumenico, senza eccettuare la condanna di Onorio.

 

Non cattolico. Finalmente anche tu ammetti che papa Onorio I è stato un eretico ed ha appoggiato personalmente l'eresia monotelita.

 

Cattolico. Io t'ho detto che sarei stato, come sempre, obiettivo e imparziale. Ciononostante devo ancora finire di chiarire la posizione di papa Onorio I.

 

Non cattolico. Certamente vorrai ora dichiararlo completamente innocente e degno di lode.

 

Cattolico. Non voglio lodarlo, ma voglio farti presente un pò meglio i fatti storici.

Il famoso caso di Onorio, che tante discussioni suscitò al Concilio Vaticano, il quale peraltro concluse che Onorio non intendeva affatto dare una definizione dogmatica, si riduce a questo interrogativo: Onorio è stato condannato al VI Concilio ecumenico (680-681) perché aderente all'eresia monotelita, e quindi come eretico, oppure per il suo poco accorgimento e la sua negligenza in una questione di fede?

La risposta l'ha data lo stesso Leone II (682-683), il quale, ricevendo gli atti del VI Concilio ecumenico e confermandone le decisioni, approvava di conseguenza anche la condanna del suo predecessore. Però, dando conferma della condanna di Onorio, Leone ne precisò i limiti: “Noi condanniamo gli inventori del nuovo errore (il monotelismo)... ed anche Onorio, che non si adoperò con ogni sforzo di far risplendere questa Chiesa apostolica, attenendosi all'insegnamento della tradizione apostolica, ma che invece permise che questa Chiesa immacolata venisse contaminata".

Come si vede, Leone ratificò. è vero, le decisioni del concilio, però, pur condannando Onorio, limitava la sentenza del concilio stesso, in quanto la sua censura era soltanto un rimprovero alla negligenza di Onorio nella repressione dell'eresia e al suo poco accanimento di fronte alle sottili astuzie della lettera del patriarca Sergio (634).

 

Non cattolico. Quindi, anche al papa Onorio I dobbiamo tributare qualche elogio!

Cattolico. Da quanto ho detto finora tu non puoi trarre queste conclusioni. Ti dirò di più. Indubbiamente la sua negligenza fa gravida di conseguenze, tanto è vero che persino nella professione di fede che i papi del medioevo dovevano fare al momento della loro incoronazione, era presente la condanna di Onorio a severo ammonimento e a norma di condotta. Da quanto ho detto e dalla storia, noi sappiamo che Onorio fu, vittima dell'astuzia di Sergio ed ebbe di mira unicamente l'unità cristiana.

Il grande storico H. Grisar (Onorio I ed il Concilio ecumenico del 680-81 in Analecta Romana, Roma, 1899, pp. 385-426), riconosciute lealmente le manchevolezze delle lettere di Onorio (quella del 634 a Sergio - di cui non si possiede il testo originale latino, ma una traduzione greca letta al VI Concilio ecumenico; - e quella probabilmente del 635, di cui possediamo soltanto alcuni brani), dice che Onorio, scrivendo a Sofronio e a Ciro, mostra di aver studiato più da vicino la questione, che nella lettera precedente (inviata a Sergio), aveva presa con troppa leggerezza. Infatti pur vietando la discussione sul numero delle energie, data "l'incapacità degli uomini" a comprendere questi misteri, egli afferma nettamente la dualità delle operazioni in Cristo. L'eccessiva fretta con cui Onorio rispose alla capziosa lettera del patriarca Sergio del 634, stabilisce che il pontefice incriminato non ha voluto definire nessuna nuova dottrina.

Questa è la storia, anche se ridotta ai minimi termini per non essere troppo prolisso.

 

Conclusione: Papa Onorio biasimevole per la sua leggerezza non ha compromesso l'infallibilità pontificia, né è caduto formalmente nell'errore.

 

Non cattolico. Desidererei ora sapere notizie del papa Bonifacio VI (896).

Si sa che ascesse al trono pontificio con la forza e l'intrigo.

Per la sua malvagità il papa Giovanni VIII lo aveva già due volte colpito di scomunica (A. Duchesne, I, p. 899).

 

Cattolico. Ad esserti sincero per Bonifacio VI non so né come difenderlo, né come accusarlo. Nell'Enciclopedia del Papato è appena segnalato con queste notizie: "Bonifacio VI (aprile 896 - aprile 896) - Ronano". Leggendo l'Enciclopedia UTET, ci trovo scritto che da alcuni è ritenuto antipapa, mentre l'Enciclopedia Cattolica ci dice qualche cosa in più. Vi leggiamo che la morte di papa Formoso, avvenuta il 4 aprile 896, segnò l'inizio di lunghi e gravi tumulti in Roma, causati dai due partiti opposti di Arnolfo, re di Germania, e del duca Lamberto, di Spoleto.

Bonifacio, romano di nascita, fu eletto dal partito spoletano e consacrato nell'aprile 896.

Nel Concilio romano dell'898 sotto Giovanni IX, si ricorda questa elezione faziosa, deplorando il fatto che Bonifacio era stato deposto come suddiacono e come prete. Il suo pontificato fu brevissimo. Colpito da podagra, morì quindici giorni dopo l'elezione e fu sepolto nel portico dei Pontefici al Vaticano.

 

Non cattolico. Mi sembra, se non erro, che per Bonifacio VI ammetti anche tu pienamente quanto di male ha fatto, sia pure in 15 giorni.

 

Cattolico. Quello che io vorrei farti particolarmente notare è il fatto che, nonostante gli intrighi, i tumulti e il caos creati dai due contendenti Arnolfo e Lamberto, la Chiesa di Dio è rimasta sempre intatta. Anzi dobbiamo confessare la nostra ammirazione per la divina Misericordia, la quale, pur permettendo agli uomini di far tanto male, non ha mai permesso che venisse meno la promessa di Cristo: “e le porte degli inferi non prevarranno...". Ossia che né il tempo né l'errore sarebbero prevalsi contro la Sposa

(= Chiesa) incontaminata di Cristo.

 

Non cattolico. In breve ti racconto la storia di Stefano VI (896) e tu stesso dovrai inorridire. Figlio del sacerdote Giovanni. "ha bruttato la storia del papato con un fatto di barbarie inaudito". Fece riesumare la salma del suo predecessore Formoso, lo fece processare, gli fece tagliare le tre dita della mano destra con la quale benediceva, e il cadavere venne poi gettato nel Tevere. A sua volta Stefano VI venne poi cacciato in prigione e strozzato (Baronio, II, p. 474; Saba, I, p. 440).

 

Cattolico. I fatti di Stefano VI (= VII) ancora oggi fanno orrore. Bisogna però chiarire qualche cosa.

Il papa Formoso -uomo di alto valore, di grande cultura e di vita austera - per le insistenze degli scontenti, offre la corona imperiale a Lamberto, figlio di Guido di

Spoleto. Per riparare il male commesso con tale incoronazione, quattro anni dopo (il 22 gennaio 896) chiama a Roma il re Arnolfo e l'incorona imperatore. Però questo gesto non doma l'ambizione degli Spoletini che, dopo la morte di Guido, animati dalla focosa imperatrice Agiltrude, madre di Lamberto, continuano la lotta contro la casa di Germania. Arnolfo muore e Lamberto prende immediatamente possesso di Roma. Frattanto il papa Formoso muore il 4 aprile 896.

Ormai il potere pontificio conoscerà le più degradanti umiliazioni. Papa Formoso è vittima, dopo la sua morte, di scene scandalose. Non solo viene contestata la validità della sua elezione, assicurata invece dall'unanimità dei voti, ma per ordine dell'implacabile e astiosa Agiltrude, il suo corpo viene esumato, rivestito dei paramenti pontificali e collocato in cattedra. Davanti ad una pubblica assemblea, che papa Stefano ebbe la debolezza di presiedere, e chiamata dalla storia il "concilio del cadavere”, viene giudicato, condannato, deposto e tutti i suoi atti (rivalutati poi dai  papi successivi), vengono dichiarati invalidi. Alla fine, la plebaglia si impossessa del suo corpo e lo getta nel Tevere.

 

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01/09/2009 08:26

Non cattolico. Rispondimi ora sul papa Cristoforo (903). Egli fece morire in carcere il papa Leone V e fu a sua volta incarcerato dal suo successore Sergio III: “Avendo acquistato il pontificato con male arti, malamente lo perdé” (Platina, p. 209; Baronio, pp. 907-908; A. Duchesne. I. p. 906).

 

Cattolico. Cristoforo non esiste nell’elenco dei papi semplicemente perché è un’antipapa (903-904).

Tutte le notizie su di lui confermano il delitto da lui compiuto contro il papa Leone V.

 

Non cattolico. Finalmente mi dai ragione in pieno.

Cattolico. Ti preciso di nuovo che non si tratta di un papa, come invece tu lo presenti.

 

Non cattolico. Desidererei che anche tu mi parlassi di Sergio III (904).

Io ho queste notizie: ebbe il pontificato con le armi del conte Alberigo di Spoleto. Schiavo di ogni vizio è l'uomo più scellerato che ci fosse al mondo (Baronio. p. 903;

A. Duchesne, I, p. 906; Saba, I, p. 451).

Cattolico. Per quanto riguarda quest'uomo, come anche per altri ancora, vorrei farti notare che le convulsioni e le gazzarre intestine, il più delle volte accese da violente e subdole intrusioni di casati, di signorotti e di imperatori, rendono sempre più precaria e agitata l'esistenza del papato. Gli eventi s'incalzano in una ridda ossessionante. Riprendono quota gli Spoletini che presentano come candidato (898) Sergio, il futuro Sergio III, cui i Formosiani contrappongono il legittimo pontefice Giovanni IX di Tivoli (gennaio, 898 - gennaio 900). Sergio fugge e, alla morte di Giovanni si susseguono i legittimi papi Benedetto IV e, nel luglio del 903, Leone V di Ardea. Nuovo brusco colpo di scena. Il pontefice ardeatino, dopo neppure otto settimane di regno, viene gettato in prigione da una rivolta capeggiata dal romano Cristoforo che ne prende il posto (luglio o settembre del 903). Allora Sergio, già battuto una volta alle soglie del pontificato, legato com'era al casato di Teofilatto e sempre spalleggiato dagli Spoletini, per le "macchinazioni di alcuni romani" rientrò in Roma con una scorta di armati: l'ambizioso antipapa Cristoforo nel gennaio del 904 va a raggiungere in carcere la sua vittima di ieri, Leone V, dove entrambi vennero assassinati. Sergio, che per ben due volte "non riuscì ad essere antipapa" - in seguito alla scomparsa di Leone V, rimase al potere fino alla molte (14 aprile 911) (cf Enciclopedia del Papato, Vol. 2, p. 1408).

A pag. 248 della stessa Enciclopedia si legge- "Gli abusi della Casa di Teofilatto”.

Dal 904, data della elezione del romano Sergio III (904-911), fino al 964, data della fine del pontificato di Ottaviano, dei Conti di Tuscolo, detto Giovanni XII (955-964), scelto per ordine di suo padre Alberigo, figlio di Marozia, questa e la sua famiglia ebbero una nefasta influenza sulla Chiesa. La legge canonica non era mutata, ma né Marozia né i suoi ne tenevano conto. Altrove (pag. 466) leggiamo: "Ormai la scelta del papa dipenderà dalla casa di Teofilatto, e in particolare dall'ambiziosa e intrigante Teodora e dalle sue figlie Teodora Il la Giovane e Marozia. Con Sergio si apre un periodo di circa sessanta anni chiamato non senza motivo, perché ci furono realmente dei papi indegni, ma con esagerazione, la pornocrazia".

Nonostante il triste stato morale della S. Sede, nessuno di quanti occuparono in quel periodo il trono di Pietro può essere accusato del più piccolo errore dottrinale. A questo proposito possiamo ricordare le parole di S. Roberto Bellannino: “Dio voleva mostrare che il romano pontefice non deve la sua conservazione a una direzione umana, né alla prudenza, e che la pietra su cui esso poggia è talmente munita da una particolare protezione di Dio che le potenze dell' inferno non prevarranno mai contro di essa".

Non nascondo che la mia ammirazione si fa preghiera e ringraziamento.

Come mai questi vari papi, scelti dalle case regnanti, quindi uomini senza virtù, con molta ambizione, disposti al delitto pur di raggiungere lo scopo, non sono riusciti a portare danni dottrinali alla nostra fede?

Se avessimo avuto tutti papi degni potrei forse anche pensare che la mano divina li avesse scelti di proposito, ma non sarei mai rimasto scioccato da una cosa così contrastante e meravigliosa: uomini indegni, ma giunti al soglio pontificio, non hanno mai commesso un errore dottrinale, anzi spesso si sono battuti energicamente per l'ortodossia della fede.

 

Cattolico. Tra i peggiori papi considerati finora è certamente da annoverare Sergio III, come ti ho dimostrato precedentemente. Adesso di chi mi vuoi parlare?

 

Non cattolico. Io vorrei sentire il tuo parere su Giovanni X, il quale, come si sa dalla storia, fu figlio di Sergio III e di Marozia (Baronio, p. 931). Venne eletto papa tra i 18 e i 22 anni. Con la deposizione di questo papa per opera dell’imperatore, la Chiesa fu certamente liberata da un pontefice indegno (Saba, 1, p. 474, Encicl. Catt., IX, p. 765).

 

Cattolico. Dal momento che ritorni su Sergio III, io sento il dovere di fare alcune precisazioni su di lui. Durante il suo pontificato la casa di Teofilatto agisce da padrone incontestato nello Stato della Chiesa. Marozia più audace e più perversa di sua madre si fa chiamare la "Signora Senatrice" e spinge il suo cinismo a stabilirsi in Castel Sant'Angelo. Secondo alcuni storici, essa avrebbe avuto colpevoli relazioni con Sergio; dalla loro scandalosa unione sarebbe nato il futuro papa Giovanni XI (quindi non Giovanni X). Però l'asserzione è assai discutibile perché è fatta da Liutprando, avversario del papa. Secondo altri sarebbe nato da lei e da Alberico I di Spoleto. Per volere della madre, Giovanni XI fu eletto papa molto giovane. Nonostante i sospetti che gravano sulla vita privata di Sergio III (le accuse si trovano in Liutprando, vescovo di Cremona, che scrisse mezzo secolo dopo gli avvenimenti, ed era avversario del papa; e da lui probabilmente dipendono anche le uguali notizie date dai cataloghi papali che continuano in Liber Pontificalis), questi non peccò mai nel suo insegnamento dottrinale o morale; anzi difese la dignità del clero raccomandandogli la vita di comunità e favori la fondazione del monastero di Cluny, la cui opera più tardi doveva essere così efficace per la riforma della Chiesa (cf Enciclopedia del Papato, Vol. I, p. 467).

Giovanni X fu eletto nel 914 e deposto nel giugno del 928. La tradizione storica, appoggiata soprattutto al racconto maledico di Liutprando, dà un ritratto assai sfavorevole del personaggio: studi recenti ne hanno messo in luce la vigorosa figura. Fu arcivescovo di Ravenna e fin da allora si convinse della necessità che l'autorità spirituale e temporale si dessero reciproco appoggio contro l'anarchia feudale; perciò diede favore a Berengario I. Fu eletto papa con l'appoggio, o certo con il consenso, di Teofilatto e di Teodora, potentissimi in Roma, con cui era da tempo in relazioni cordiali, ma i rapporti illeciti di lui con Teodora sono assai probabilmente una invenzione maligna. Raccolse in una lega Romani, Bizantini, Alberico marchese di Spoleto e Camerino, gli Stati del mezzogiorno di Italia, per snidare i Saraceni dal Garigliano, prese parte all'impresa e ottenne piena vittoria (agosto 915). Nel dicembre del 915 diede la corona imperiale a Berengario. In Roma non poté impedire che si affermasse l'autorità di Marozia, "senatrice" e “patrizia", e, più tardi, sposa di Guido, marchese di Toscana. Favorì l'elezione a Re d’Italia dell'energico Ugo di Vienne, e concluse con lui a Mantova (926) un “foedus" (= patto); ne ebbero sospetto Marozia e Guido, anche per l'autorità data dal Papa al fratello suo, il marchese Pietro. Il Laterano fu invaso dai loro soldati e fu ucciso Pietro; non molto dopo, nell'assenza di Ugo dall'Italia, il Papa fu fatto prigioniero, deposto, probabilmente ucciso.

Nel governo della Chiesa, Giovanni X tenne alto il prestigio dell'autorità papale; prese provvedimenti per il mantenimento della disciplina ecclesiastica e il miglioramento dei costumi; ma il suo programma di rafforzare l'autorità regia, come presupposto di una riforma religiosa, lo costrinse a concessioni pericolose, come quella, fatta ai re di Germania e di Francia, di ingerirsi nella nomina dei Vescovi. Inviò in Germania un legato, che presiedette al Sinodo di Hohenaltheim (sett. 916), nel quale si obbligarono con sanzioni ecclesiastiche i sudditi alla fedeltà verso il Re. Facilitò la conversione dei Normanni al Cristianesimo. Si adoperò a mettere pace tra i Greci e i Bulgari e tra questi e i Croati; inviò la corona imperiale allo zar dei Bulgari, Simeone, e probabilmente creò re dei Croati Tomislao. Cercò di mantenere il popolo di Croazia, di Schiavonia, di Dalmazia nell'obbedienza alla Sede romana, e raccomandò che i fanciulli fossero avvezzati a studi di lettere latine e che la Messa non si celebrasse ."in barbara seu slavinica lingua".

Ricostruì la Basilica Lateranense e l'adornò di pitture allora assai ammirate (cf Enc. Catt., alla voce Giovanni X , papa, p. 586).

In conclusione, non solo Giovanni X, ma anche il suo predecessore Sergio III, hanno saputo mantenere, in definitiva, un contegno in qualche modo decoroso per il posto da essi occupato nella direzione della Chiesa.

Con questo non intendo giustificarli, ma soltanto rendere una certa giustizia per il male che hanno saputo evitare nonostante le esterne vicende storiche così avverse al bene spirituale della Chiesa. Ripeto, stupisce che tra tante avversità, la Chiesa sia riuscita - certo perché guidata dallo Spirito Santo e assistita da Cristo - a superare tutto il male ed a progredire nel bene.

 

Non cattolico. Diversi sono i papi col nome di Giovanni. Ti chiedo ora di darmi notizie di Giovanni XV (985-996).

Figlio del prete Leone (Saba, 1, p. 490), odiato perché distribuiva ai congiunti le cose sacre “disprezzando l'onore di Dio e la dignità della sede romana" (Platina, p. 226).

 

Cattolico. E' ricordato in alcune liste di papi come Giovanni XVI, essendo inserito prima di lui per errore un altro Giovanni XV, donde in quelle liste l'accrescimento di una unità per tutti i papi fino a Giovanni XIX e la mancanza di un Giovanni XX.

Eletto forse per un accordo tra la fazione imperiale e l'antimperiale, dovette lasciare a Giovanni Crescenzio la direzione degli affari politici. Poi, fuggito in Toscana, implorò l'aiuto di Ottone III.

Avvicinandosi questi a Roma, Giovanni fu riaccolto nella città, ma venne a morte prima che Ottone vi entrasse.

Giovanni XV, che é ricordato come esperto nelle armi e autore di molti libri, dimostrò un'attività religiosa assai notevole. Impose (991) la pace a Etelredo re d'Inghilterra e a Riccardo duca di Normandia, in un Sinodo tenuto a Roma (31 ott. 993); canonizzò Ulrico vescovo di Augusta, primo esempio a noi noto di canonizzazione compiuta da un papa.

Rivendicò energicamente l'autorità del pontificato in una gravissima controversia scoppiata in Francia, primo clamoroso episodio del gallicanismo (cf Enc. Cattol., p. 588-89).

Sotto il suo pontificato, la Russia si converte al Cristianesimo e in Francia si fonda la dinastia dei Capetingi che fornirà alla Chiesa molti devoti difensori (cf Enc.      del Papato, Vol. I, p. 474).

A pag. 1378 del 2° Vol. dell'Enciclopedia del Papato, è anche detto che fu “Papa virtuoso e colto, ma troppo attaccato agli interessi della propria famiglia".

E' proprio giusto per queste ragioni qualificarlo come uno che “disprezza l'onore di Dio e la dignità della sede romana?".

 

Non cattolico. Io credo di si, perché le parole che io ti ho dette non sono mie, ma tratte da Platina, p. 226.

 

Cattolico. Anche i pensieri che ti ho riferiti, non sono miei.

Diversi sono i papi che hanno peccato di “nepotismo", ma dire che per questo "hanno disprezzato l'onore di Dio" mi sembra un pò esagerato.

 

Non cattolico. Forniscimi notizie precise sul papa Giovanni XVIII (1004), il quale "nel pontificato fu un grandissimo ladrone perché non l'aveva acquistato per la diritta via" (Platina, p. 229).

 

Cattolico. Carissimo fratello, per Giovanni XVIII ho fatto diversi accertamenti. Ho consultato tre enciclopedie, quella Cattolica, quella del Papato, e la UTET. Ho cercato anche altrove, ma senza risultato. Eccoti le notizie scrupolosamente reperite.

 

a) Enciclopedia UTET. Giovanni XVIII fu papa dal gennaio 1004 al luglio 1009. Resse la Chiesa mentre Roma era governata da Crescenzio III; gli scarsi documenti lasciano capire suoi interventi nella Chiesa greca, nelle Chiese germaniche e britanniche, e perfino nella lontana Russia.

 

b) Enciclopedia del Papato (1° Vol., p. 477). Il potere civile (Crescenzio il Giovane) dispone successivamente della tiara a favore di Giovanni XVII (in realtà Giovanni XVI, perché quello che prese il nome di Giovanni XVI ora un antipapa, il Filigato, arcivescovo di Piacenza), il cui pontificato dura sei mesi, di Giovanni XVIII, che regna fino al 1009, e di Sergio IV: questi tre papi hanno condotto una vita degna ed hanno goduto una buona reputazione.

Nella stessa enciclopedia a p. 1378 del 2° Vol., leggiamo: ”Giovanni XVIII (Genn. 1004 - Luglio 1009). Di nome Fasano, romano. Avrebbe ripreso le relazioni con i Greci. Affermò i diritti del papa contro i vescovi di Sens e di Orléans. Morì monaco a S. Paolo fuori le Mura”.

 

e) Enciclopedia Cattolica (VI Vol., p. 589). Giovanni XVIII, papa. Romano, eletto nel genn. 1004, morto nel luglio 1009. Di nome Fasano, cardinale "Sancti Petri", dopo l'elevazione al pontificato attese solo alle cose di Chiesa, lasciando il governo temporale al patrizio Crescenzio. Creò in Germania il vescovato di Bamberga, assoggettandolo immediatamente alla S. Sede, per favorire, secondo il desiderio dell'imperatore Enrico III, l'evangelizzazione degli Slavi. Ordinò all'arcivescovo di Sens e al vescovo di Orléans di comparire a Roma per discolparsi dall'avere gettato nel fuoco certe bolle papali e invitò Roberto re di Francia, sotto pena di scomunica, a costringerveli (1008?). Morì nell'Abbazia di S. Paolo, dove sembra si fosse ritirato.

 

Non cattolico. Secondo quello che dici le cose riferite da Platina, p. 299, sarebbero calunnie?

Cattolico. Non so, ma da quanto ti ho riferito non c'è posto per dire che Giovanni XVIII fu un grandissimo ladrone.

Non cattolico. E allora come si spiega tutto ciò?

Cattolico. Io non ho troppe difficoltà a capirlo. Siamo a mille anni di distanza da Giovanni XVIII, ci sono mezzi di comunicazione sociale molto perfetti, con i quali si può subito controllare ogni avvenimento... Ebbene, mi sono accorto - e dovresti saperlo anche tu - che con molta facilità, per varie ragioni, giornalisti e altre persone, specie se anticlericali, molto spesso stravolgono discorsi, disposizioni... del papa, dei vescovi... e danno notizie completamente false per colpire la nostra fede e la nostra santa religione. E' vero che si può far presto a chiarire, ma chi è inclinato all'anticlericalismo, recepisce, generalmente, solo quelle notizie che si accordano con le proprie idee; e anche quando si dovesse chiarire e precisare successivamente, alle notizie correttive non viene prestata la dovuta attenzione. Faccio un esempio. Quando il Cardinale di Torino, Anastasio Balestrero, disse che gli esperti britannici e statunitensi avevano tecnicamente accertato che la S. Sindone era un panno del 1200- 1300, molti accolsero questa notizia come verità scientifica definitiva. Questo perché? Per la grande ignoranza delle masse in materia. Ma non fu così per chi aveva già molto letto e studiato. Per esempio, io, alla notizia dell'arciv. di Torino, dissi: da oggi in poi, la dimostrazione scientifica sarà più precisa e rigorosa e affermerà con più forza le verità credute finora sulla S. Sindone. E così fu. Quando le cose da molti scienziati venivano sempre meglio specificate scientificamente, fino al libro di Giubo Ricci: “L’uomo della Sindone è Gesù, diamo le prove" (Ediz. "Carroccio 1989), e poi di altri, io mi sono imbattuto, all'università di Palermo e altrove, in persone di cultura e laureate, le quali, parlando della S. Sindone, conoscevano bene soltanto le notizie comunicate a suo tempo dal Cardinale Balestrero. Di tutto il seguito non sapevano nulla.

Ritornando ai discorsi del papa, vescovi... può darsi che fra molti anni, anche secoli, le notizie errate e calunniose conservate sui giornali anticlericali, verranno fuori come "verità storiche", e ci sarà anche il nome del “famoso" giornalista che a suo tempo propalò le sue false notizie.

 

Non cattolico. Conclusione?

 

Cattolico. La mia conclusione non posso trarla dalle notizie da te riferitemi, ma da tutti gli accertamenti fatti, i quali mi dicono che Giovanni XVIII ha condotto una vita degna ed ha goduto di una buona reputazione. Egli attese solo alle cose della Chiesa e morì da monaco nell'Abbazia di S. Paolo.

 

Non cattolico. Dopo Giovanni XVIII, voglio ricordarti Giovanni XIX (1024), il quale fu fratello del papa Benedetto, suo successore, era un laico e da laico si trasformò di colpo a forza di denaro in pontefice (Baronio, p. 1024). Cosa mi dici in merito?

 

Cattolico. Ecco, io ti riferisco il risultato delle mie ricerche.

 

a) Dall'Encicl. Cattolica apprendiamo che fu eletto papa nell'aprile o maggio del 1024 e morì nel 1032. Romano dei conti di Tuscolo, fratello di Benedetto VIII, era stato, durante il pontificato di questo, "console, duca e senatore di tutti i Romani". Fu eletto per simonia, ancora laico, a succedergli e raccolse così nelle sue mani il potere religioso e civile. Sotto di lui riapparvero gli abusi, che Benedetto VIII aveva tentato di combattere. Quando Basilio II, imperatore di Costantinopoli, volle far riconoscere come ecumenico il patriarca di Costantinopoli, Giovanni XIX parve dapprima disposto a cedere; ma l'opposizione soprattutto dei Cluniacensi lo indusse ad opporsi. Incoronò imperatore Corrado il Salico (26-3-1027) in presenza di Rodolfo III di Borgogna e di Canuto re di Danimarca e d'Inghilterra; e da qui divenne strumento nelle mani dell'Imperatore (Enc. Catt., Vol. V, p. 590). Ometto altre notizie di secondaria importanza.

b) Dall'Encicl. del Papato apprendiamo le difficoltà di provvedere alla vacanza della S. Sede. Disgraziatamente, Corrado II (1024-39), eletto re della Germania dopo la morte di S. Enrico Il, si disinteressa della riforma della Chiesa iniziata da Enrico II. L'unico scopo è di dominare sul papato e sull'episcopato. In queste gravi difficoltà viene eletto Giovanni XIX, dopo d'aver ricevuto tutti gli ordini sacri. Fu amministratore accorto ma dotato di minore saggezza e minore fede di suo fratello, lasciò in pericolo la riforma già iniziata dal predecessore (Enc. dei Papato, I Vol., p. 479). In più di quello che ho detto, nella stessa Enc., Vol. Il, p. 1379, è annotato che concesse la prima indulgenza generale.

e) Dall'Encicl. UTET (Vol. VI, p. 454), apprendiamo più o meno le stesse notizie precedenti con questa piccola variante: "si ritiene che l'elezione sia stata simoniaca. Fu energico governatore temporale di Roma, ma la sua cultura ecclesiastica non doveva essere molta".

Certo su un uomo del genere, sul quale ci sono tante incertezze e sospetti, si può anche dire che “da laico si trasformò di colpo, a forza di denaro, in pontefice". Anche se la frase è, per se stessa, piuttosto severa, ed esagerata, in quanto - neppure per inciso - fa capire che prima di raggiungere il pontificato gli furono conferiti tutti gli ordini inferiori.

 

Non cattolico. A Giovanni XIX successe il nipote Benedetto IX. "Con questo giovane indegno e ignorante, intruso di forza nella Chiesa, tornano i disordini dei tempi peggiori. Pare che la sua nomina avvenisse quando egli aveva di poco superati i dodici anni. Certo non aveva raggiunto i venti. Uno dei suoi successori nel pontificato, Vittore II, narra che Benedetto IX empiè Roma di ruberie e di altri delitti e confessa di dover raccapricciare a dover dire quanto scellerata e laida fosse stata la sua vita. Finì per vendere il papato all'arciprete Graziano". (A Duchesne, 11, p. 965; Saba, I, p. 514).

 

Cattolico. Certo, ci troviamo di fronte ad un soggetto poco raccomandabile e non degno di fare il papa. Sarà bene che ascoltiamo la voce della storia per conoscerlo meglio. Nella Enciclopedia Cattolica, Vol. II. pagg. 1272-74, troviamo le seguenti notizie che riferisco in succinto.

Benedetto IX, papa. Teofilatto, era figlio di Alberico III, dei conti di Tuscolo e nipote dei due ultimi pontefici, Benedetto VIII e Giovanni XIX. Alla morte di quest'ultimo, il padre, arbitro dello Stato romano, lo propose, se proprio non l'impose, agli elettori valendosi dell'autorità che faceva pesare sulla città ed anche di generose elargizioni. Rodolfo Glaber monaco a S. Germano d'Auxerre (cf M. Manitius, Geschichte der lateinischen Literatur des Mittelalters, II, Monaco, 1923, pp. 347-53), dice che il neo eletto era fanciullo poco più che decenne e la sua asserzione passò alla storia.

Ora, l'autorità di Rodolfa va soggetta a cauzione, perché Desiderio di Montecassino, pur chiamando Benedetto tale di nome ma non di fatto e giudicandone severamente la vita, non accenna alla sua età fanciullesca e neppure vi accennano Ermanno e Leone Ostiense.

S. Pier Damiani scrive che la condotta del nuovo Papa cominciò subito dopo l'elezione ad essere biasimevole assai, ma ciò non si potrebbe dire d'un fanciullo dodicenne. Tanto più che egli esercitò subito funzioni papali e governò con competenza. Non si potrebbe inoltre credere che uomini venerabili, quali il cancelliere Pietro, Ugo abate di Farfa, Bartolomeo abate di Grottaferrata, Lorenzo arcivescovo di Amalfi ed altri abbiano potuto collaborare con un fanciullo. Quindi con la critica più recente si può concludere che al momento dell'elezione Benedetto contava dai venticinque ai trent'anni: ancora troppo giovane per l'altissimo ufficio a cui era chiamato, del quale inoltre Benedetto non era affatto degno.

E' vero che molte accuse sono sfogo di libellisti avversari o racconti di cronisti per lo più lontani dai luoghi e dal tempo di cui parlano, tuttavia è impossibile negare tutto: non si capirebbe l'accordo generale delle fonti nel condannare la sua condotta. Si può affermare di Benedetto che rassomigliò a tanti principi secolari e nobili del tempo, saliti per interessi profani agli uffici ecclesiastici e si comportò più da signore secolare che da papa.

L'elezione di Benedetto fu gradita all'imperatore Corrado II... Malsicure affermazioni dei cronisti farebbero credere che Benedetto  sia stato cacciato da Roma fin dal 1037 e vi sia stato ricondotto con la forza dall'imperatore. E' leggenda. Invece è certo che nel 1037 Benedetto s'incontrò a Cremona con Corrado III e si lasciò trascinare nella lotta contro Alberico di Milano, che scomunicò e depose nel Sinodo di Spello (Pasqua 1038). Ad eccezione di questo viaggio, Benedetto restò sempre a Roma. Egli tentò di tenersi amico anche il nuovo imperatore Enrico III, successo nel 1039 a Corrado II. Gli concesse di contrarre seconde nozze con Agnese di Poitou sua parente e non ne ostacolò l'ingerenza nel campo religioso. Nel 1044, per molti malcontenti da parte del popolo e per gelosie delle famiglie avverse, vi fu una sollevazione a Roma. Benedetto si, rifugiò nella sua fortezza del Monte Cavo, mentre i suoi partigiani furono assediati in Trastevere. Gli insorti elessero papa Giovanni vescovo della Sabina, un protetto dei Crescenzi che si chiamò Silvestro III. Questi però non si resse più di cinquanta giorni, perché la riscossa dei Tuscolani lo ricacciò nel suo rifugio (marzo 1045). Ma Benedetto, conscio dell'ostilità popolare, si lasciò indurre dai migliori suoi amici a rinunziare al pontificato il 1° maggio 1045. Il nuovo eletto fu Giovanni Graziano, arciprete di S. Giovanni a Porta Latina. Benedetto si ritirò nei suoi castelli, da dove respinse l'invito di Enrico III di comparire al Sinodo di Sutri (20 dic. 1046), in cui furono deposti Silvestro III e Gregorio VI, come s'era chiamato Giovanni Graziano. Invece Benedetto fu deposto nel Sinodo del 24 dic. a Roma, forse perché a Sutri si giudicò bastare la sua precedente rinuncia. Morto il Papa eletto in questa circostanza, Clemente II (19 ott. 1047), Benedetto ricomparve a Roma e vi si sostenne dall'8 nov. 1047 al 16 luglio 1048, quando le forze imperiali lo costrinsero a cedere il seggio a Damaso II, che pontificò appena una ventina di giorni (m. il 9 agosto 1048). Voci prive di fondamento fecero credere che la morte prematura di Damaso II, come quella di Clemente II, fosse dovuta ad avvelenamento da parte di Benedetto. Alcune fonti invece affermano che egli, persuaso da Bartolomeo abate di Grottaferrata, chiudesse la sua vita in quel monastero, pentito delle sue colpe. S. Pier Damiani dice invece che morì impenitente e infatti, sostenuto dai fratelli, continuò ad opporsi ai Papi imperiali: tanto che Leone IX sul letto di morte pregò Dio di convertire Teofilatto, fautore di discordia e di scisma. Nell'ultimo documento che ci resta di lui, una donazione del 18 sett. 1055, si chiama ancora "papa". Un'altra carta, 9 febbr. 1056, lo suppone morto. Dunque la sua morte avvenne tra il 18 sett. 1055 e il 9 febbr. 1056.

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01/09/2009 08:27

Non cattolico. Hai detto tutto su Benedetto IX?

 

Cattolico. Ti ho sunteggiato le notizie che ho trovato nell'Enc. Catt. Ma ti do qualche altra notizia presa da altre fonti per chiarire qualche cosa. Nell'Enc. del Papato, 1° Vol., a pag, 479, leggo: A dispetto delle anormali circostanze della sua nomina, Benedetto IX è ritenuto tra i papi legittimi, perché la sua autorità è stata implicitamente ratificata dal fatto che il clero e il popolo di Roma per dodici anni hanno accettato di essergli sottomessi. Salito al trono pontificio, Benedetto IX non migliora la sua vita. Continua a cercar piaceri e ricchezze e si presta docilmente a tutte le ambizioni della sua famiglia e ai piani dell'imperatore.

 

Non cattolico. Bravo! T'ammiro per la tua sincerità.

 

Cattolico. Tieni presente che finora mi sono sforzato di essere sempre sincero e, con l'aiuto di Dio, credo di esserci sufficientemente riuscito. A completamento di questa mia sincerità, ti riferisco ancora che "l'insegnamento ufficiale del papa Benedetto IX è la condanna della sua vita. Dio, che per far toccare col dito le funeste conseguenze dell'intromissione dei potere civile nella scelta dei suoi vicari, lascia che la corruzione salga fino al trono di Pietro nella persona di un papa indegno, non permette però che la Chiesa abbia ad arrossire d'un sol rigo del suo bollario". (ivi pag. 480).  -

 

Non cattolico. Ti ringrazio delle notizie datemi. Soltanto bisognerebbe meglio accertare se Benedetto IX è stato veramente nominato papa a dodici anni.

 

Cattolico. Le notizie fornite mi sembrano il risultato di una critica assennata e abbastanza rigorosa. Si potrebbe anche pensare che egli fosse stato proposto dal padre Alberico a quell'età, ma che poi la nomina sia avvenuta a età più matura. Vorrei dirti ancora che leggendo il 2° Vol. dell'Enc. del. Papato, abbiamo qualche altra precisazione a p. 1379. Benedetto IX, 1032-1044, per la prima volta; 10 apr. 1045 - 1 mag.1045, per la seconda volta; 8 nov. 1047 - 17 lugl. 1048 per la terza volta. L'Annuario Pontificio 1961 (p. 15) scrisse: "Se la triplice rimozione di Benedetto IX (1044, 1046, quando cedette a Gregorio VI e poi nel Sinodo del dicembre) non fu legittima - e questo dovrebbe considerarsi sicuro per Silvestro III - quest'ultimo, Gregorio VI e Clemente  II furono antipapi".

 

Non cattolico. Gregorio VI (1045) sborsò una buona somma al papa Benedetto IX perché gli vendesse il papato. Fu costretto ad abdicare sotto l'accusa di simonia. (Saba, I, p. 518).

 

Cattolico. Ho consultato diversi punti della Enciclopedia del Papato, ed ho anche letto quanto l'Enciclopedia Cattolica dice in merito a questo papa. Le notizie che mi sembrano le più chiare, precise e riassuntive sono quelle dell'Enc. Catt. che qui appresso riferisco.

Gregorio VI, papa, -. Giovanni Graziano. Pontificò dal 5 mag. 1045 al 20 dic. 1046. Arciprete di S. Giovanni ante Portam Latinam, uno dei precettori di Ildebrando-Gregorio (vedi Gregorio VII); acquistò con una certa somma da papa Benedetto IX la tiara, per liberare la Chiesa da quel Papa.

Uomo degno, fu eletto unanimemente dal clero e dal popolo romano, salutato con entusiasmo da S. Pier Damiani e riconosciuto dal re di Francia e da principio anche da Enrico III re di Germania.

Quest'ultimo però, inteso sinceramente alla riforma della Chiesa e totalmente contrario alla simonia, nel Sinodo (dic. 1046), oltre a Benedetto IX e Silvestro III, che già aveva deposti, depose anche Gregorio VI, quantunque personalmente degno, a causa dell'atto simoniaco nell'acquisto del sommo pontificato e lo mandò in esilio. Lo seguì, come suo cappellano, Ildebrando, fino a Colonia, dove Gregorio VI morì ben presto.

 

Non cattolico. Praticamente tu lo scusi e lo apprezzi.

 

Cattolico. Quello che non apprezzo dei fratelli non cattolici è questo vezzo abituale di riferire solo la parte negativa. Per cui: è vero che Gregorio VI acquistò il papato con denaro e che per questa ragione fu deposto, ma è anche vero che lo scopo fu solamente quello di voler liberare la Chiesa dalle mani dell'indegno Benedetto IX. Inoltre bisognerebbe anche dire, per essere precisi e veritieri, che la sua elezione fu accolta da tutti entusiasticamente perché era un uomo degno e virtuoso.

 

Non cattolico. Adesso, giustificami, se puoi, la condotta del papa Gregorio VIII (1187), il quale, passando per Lucca, fece aprire la tomba dell'antipapa Ottaviano, e gettar via le ossa fuori dalla Chiesa (Saba, 1, p. 518).

Cattolico. Per accertarmi della vita di questo papa, ho dovuto perdere molto tempo e, finalmente, mi pare,di aver capito che molto probabilmente quello da te citato deve essere l'antipapa Gregorio VIII, la cui elezione fu dovuta all'arbitrio dell'imperatore tedesco Enrico V. Questo antipapa si chiamava Maurizio Burdino (o asino), ed era di origine francese, mentre il vero papa Gregorio VIII si chiamava Alberto de Morra, nato a Benevento e morto a Pisa il 17 dic. 1181. Egli fu canonico regolare di S. Agostino, del quale istituto fondò pure una Congregazione a Benevento con rigidi statuti. Nel 1155-56 era cardinale diacono, nel 1158 cardinale prete, e dal 1178, cancelliere di Santa Romana Chiesa. Eletto papa a Ferrara il 21 ott. 1187, veniva consacrato a Pisa il 25 dello stesso anno. Dopo soli 57 giorni la morte troncava un pontificato che si presentava promettente per i disegni che Gregorio aveva concepiti, specialmente per una nuova crociata, la riforma della Chiesa e la pacificazione con l'Impero. (Per il papa Gregorio VIII vedi Enc. Catt., Vol. VII, p. 12; mentre per l'antipapa vedi Enc. del Papato, Vol. II, p. 144).

 

Non cattolico. Cercherò di fare migliori ricerche e, se ho fatto la confusione che mi addebiti, ti chiederò scusa. Però adesso ti chiedo di darmi notizie del papa Innocenzo IV (1243), il quale, oltre ad aver autorizzato l'uso generale della tortura contro gli eretici, approvò, nel 1246, un piano ingegnoso per l'uccisione dell'imperatore Federico II (H. Kuhner, I tabù nella storia della Chiesa, Torino, Gribaudi, 1967. p. 46).

 

Cattolico. Per il papa Innocenzo IV ho consultato tre Enciclopedie: la Cattolica, quella del Papato e la UTET.

Incominciando da quest'ultima, nel vol. VIII a pag. 198-99, troviamo le seguenti notizie da me riassunte e che racconto molto brevemente.

Innocenzo IV fu papa dal 25.7.1243 al 7.12.1254. Fu eletto pontefice mentre intorno ad Anagni e a Roma premeva con le sue armi e i suoi maneggi Federico II. Ci furono tentativi di riconciliazione tra il papa e l'imperatore, ma non si approdò a nulla perché le pretese dell'uno e dell'altro erano poco conciliabili. Innocenzo, imbarcatosi a Civitavecchia, approdò a Genova accoltovi trionfalmente dal popolo... Poi andò a Lione dove, nel giugno 1245, convocò il XIII Concilio ecumenico al quale intervennero 140 prelati, l'Imperatore d'Oriente, Baldovino II, gli ambasciatori dei sovrani... Federico, adirato, trovandosi a Torino, non volle comparire dinanzi al papa e mandò in sua vece Taddeo di Suessa con l'incarico di avvalersi di tutta la sua eloquenza e dottrina giuridica per scagionare l'imperatore e dimostrare che quel Concilio non era ecumenico. Ma Innocenzo, avendo risposto che mancavano al Concilio solo i prelati impediti da Federico, in una atmosfera di sbigottimento e con solennità dichiarò scomunicato e deposto l'imperatore, sciogliendo i suoi sudditi in perpetuo dai vincoli di fedeltà. Federico allora pubblicò da Torino il famoso manifesto, indirizzato ai principi cristiani, nel quale, sulla base di concetti audaci e rivoluzionari per il suo tempo, denunciava, con evidenti scopi politici, i reali vizi, le smoderate ricchezze e la corruzione dei prelati. Il papa rispose con l'enciclica Aeger cui levia, contenente la formula perentoria e assoluta della teocrazia papale del Medioevo, affermando essere il Primato pontificio immediata istituzione del Figlio di Dio per cui nessuno può sottrarsi alla giurisdizione del Vicario di Cristo. La condanna di Lione coincise con il precipitare delle sorti di Federico che moriva poco dopo (1250).

Innocenzo si rallegrò alla sua morte per le sorti dei Guelfi in Italia, ma, dopo essere trionfalmente rientrato in Roma, a sua volta moriva a Napoli (1254), dove si era recato con un forte esercito a prendere possesso del reame di Federico per consegnarlo agli Inglesi.

 

Dalla Enciclopedia del Papato abbiamo:

 

a) L'elezione di Innocenzo IV subì un grande ritardo per l'opposizione di Federico II ed avvenne ad Anagni il 25.6.1243. Il papa morì il 7 dic. 1254 a Napoli, dove si trovava da alcune settimane, cacciato da Roma dall'insubordinazione della borghesia romana. E podestà di Napoli, per costringere i cardinali a eleggere senza indugio un nuovo papa, fece chiudere le porte della città. L'elezione avvenne infatti il 12 dic. (ivi vol. I, p. 255).

 

b) A nostro giudizio Innocenzo IV ha dato la formula più assoluta della potenza papale, nel medioevo, nella sua enciclica Aeger cui levia, nella quale stigmatizza il comportamento di Federico II, scomunicato e deposto nel Concilio di Lione (1245) e riporta la questione al suo punto focale ricordando l'istituzione immediata del primato da parte del Figlio di Dio stesso. Sottrarsi alla giurisdizione del suo Vicario significa non tener conto dell'autorità divina e misconoscere l'eredità di Cristo.. I successori di Metro sono stati investiti della pienezza del potere non solo per legare e sciogliere qualunque uomo ma qualsiasi cosa... Questa è l'altezza prodigiosa a cui il papato è arrivato attraverso numerose lotte, sostenuto dalle idee del tempo, ma senza deviare dal suo principio tradizionale.

Essa rispondeva allora all'aspirazione dei popoli, salvaguardando la giustizia e creando il diritto in quella specie di società delle nazioni che era la cristianità medioevale.

Col tempo si è sempre meglio capito che bisogna "... dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio" (cf Mt 22,17-21; ivi p. 496-97).

 

c) Innocenzo IV... energico ed abile ... conclude nel marzo 1244 la pace con Federico II, poi, vedendo che l'imperatore si rifiutava di rilasciare i vescovi fatti prigionieri nel 1241, fuggì a Lione, vi riunì il XIII Concilio ecumenico (Lione 1, 1245), scomunicò Federico, lo depose e indisse una crociata contro di lui.

L'accanimento della lotta cominciò a causare una deviazione di politica finanziaria della S. Sede, per cui si può, datare da questo grande pontificato l'inizio della decadenza del papato medioevale. Dopo la morte di Federico II (1250), il papa ebbe il torto di perseguitare i suoi discendenti (Corrado e Manfredi) e di mirare alla sovranità in Sicilia. Rientrò in Roma nel 1253.

 

Dalla Enciclopedía Cattolica ricaviamo che Innocenzo IV studiò sotto la guida di uno zio paterno, che era Vescovo di Parma. Frequentò a Bologna le celebri scuole di diritto canonico e romano ascoltando maestri illustri, come Azone e Accursio, e divenne egli stesso uno dei più rinomati canonisti dei suo tempo; nel 1226 si trasferì a Roma ove ebbe incarichi in Curia e compì legazioni; il 23 set. 1227 Gregorio IX, che lo conosceva da tempo, lo elevò al cardinalato, mentre la Chiesa era in condizioni gravissime per l'ostilità di Federico II. Finalmente i pochi cardinali superstiti elessero all'unanimità Sinibaldo Fieschi che assume il nome di Innocenzo IV (24 giugno 1243).

Il nuovo papa mostrò dapprima l'intenzione di svolgere trattative con il Sovrano, ma ben presto ogni intesa divenne impossibile perché entrambe le parti avevano troppe pretese. Innocenzo si sentì poco sicuro in Roma e si portò a Genova e di qui a Lione, dove convoca un Concilio generale e Federico II venne solennemente scomunicato, per la seconda volta e deposto dal trono; seguì un periodo di lotte con alterna fortuna, chiuso con la morte dell'imperatore (17.12.1250).

Allora Innocenzo prese la via del ritorno, ma soltanto il 6 ott. 1253 entrò in Roma, quando erano già scoppiati i nuovi dissidi con gli eredi di Federico, Corrado e Manfredi; un anno dopo Innocenzo, da tempo ammalato, morì a Napoli il 7 dicembre.

 

Non cattolico. Dunque, dobbiamo ammirare anche Innocenzo IV?

 

Cattolico. Non dico di doverlo ammirare, ma mi sembra che le notizie che dai di lui sono quelle esagerate o, forse, inventate dalla parte avversa. E' chiaro che tra il papa e Federico II vi è stata una grande avversione, ma "il piano ingegnoso per l'uccisione dell'imperatore" può essere una forzatura degli avversari. Lo stesso si può dire anche per l'uso generale della tortura contro gli eretici. Qui sarà bene ricordare che la situazione:del medioevo era ben diversa da quella odierna. E la Chiesa permise inquisizioni, torture, rogo, contro il suo tradizionale orientamento e la sua tradizionale prassi di clemenza e di perdono, sospinta dalla pressione dei poteri civili, dall'opinione pubblica e dalla gravità dei pericolo, un pò come si fa in guerra quando legittimamente si istituiscono i tribunali di eccezione.

Il rogo contro gli eretici, per esempio, fu istituito proprio dall'imperatore Federico II nel 1231, e in Inghilterra dal Parlamento che lo decretava contro i Lollardi (1401).

Tutto era più duro allora. La procedura inquisitoriale e la penalità era tutta regolata con la severa unità di misura, consona alla giurisprudenza e allo stato dei tempi. L'opinione pubblica spesso rimproverava, alla Chiesa troppa clemenza e misericordia verso gli eretici divenuti un pericolo pubblico da cui il potere civile cercò di difendersi adeguatamente.

 

Non cattolico. Tra i papi che vissero "con infamia e, senza lode" troviamo anche Niccolò III (1277), il quale arricchì i suoi parenti con i beni della Chiesa (A. Duchesne, II, p. 1357).

 

Cattolico. Anche per questo papa ho fatto ricerche varie.

 

a) Dall'enciclopedia del Papato (Vol. II, p. 1324) si apprende che egli pontificò dal 25 nov 1277 al 22 ago 1280. Si chiamava Giovanni Gaetano Orsini. Nella controversia tra i vari rami francescani, si pronunziò per la stretta osservanza (Bolla Exiit). Inviò ambasciatori in Mongolia. Cercò di stabilire la pace tra Carlo d'Angiò e Rodolfo d' Asburgo. Obbligò i Greci ad introdurre il Filioque nel Credo. Fu nepotista.

 

b) Dall' Enciclopedia UTET (vol. IX, p. 147), sappiamo che venne eletto il 25 nov. del 1277, dopo sei mesi di vacanza, succedendo dopo tre brevissimi pontificati a Gregorio X, di cui  ripigliò la politica ostile a Carlo d'Angiò. Una costituzione papale del 18 luglio 1278 stabili che nessun imperatore, re o principe potesse rivestire la carica di senatore di Roma, che re Carlo fu costretto ad abbandonare, come quella di vicario di Toscana. Fece attribuire a sé l'ufficio di senatore di Roma e lo delegò a suo nipote prima, poi a un Colonna e ad un Savelli. Continuò pure, come Gregorio X, nella politica di pacificazione tra Guelfi e Ghibellini nelle città italiane; in particolare fece concludere a Firenze la Pace che fu detta del Cardinal Latino (1280). Ottenne da Rodolfo d'Asburgo la cessione definitiva dei diritti imperiali sulla Romagna e sulle Marche in cambio dell'offerta della corona imperiale, che però Rodolfo non poté venire a prendere. I signori di Romagna furono costretti a giurare fede al pontefice. Patrocinò la pace tra Rodolfo e Carlo, in cui questi riconobbe di tenere la Provenza come feudo dell'impero (1280). Pare che Niccolò pensasse di costituire in Toscana e in Lombardia due monarchie per i suoi nipoti; in generale rimase famoso il suo nepotismo, flagellato da Dante (Inf. e. XIX). Ma si deve riconoscere che fu più geloso della grandezza della Santa Sede che della propria casa. Favorì la regolare osservanza dei Francescani con la Bolla Exiit qui seminat (1279).

 

c) L'Enciclopedia Cattolica (Vol. VIII, p. 824-26) ci dice che Niccolò III propose di tenere alta l'autorità della Chiesa romana, tenendola al di sopra delle opposte fazioni che straziavano le città italiane e mirò a concludere una politica nazionale per dare ordine e pace a tutta la penisola...

Favorì il matrimonio fra Carlo Martello, nipote di Carlo d'Angiò con Clemenza, figlia di Rodoldo d'Asburgo, allo scopo di eliminare ogni ragione di gelosia fra i due sovrani. Per mettere ordine nelle contrastanti tendenze delle famiglie e del popolo romano, non volle che al termine del decennio fosse rinnovato al re Carlo l'ufficio di senatore, ma volle che fosse conferito a lui stesso, e stabilì che in avvenire fosse esercitato da uno o da lui stesso e stabilì che in avvenire fosse esercitato da uno o da due senatori ogni anno (16 settembre 1278). Fece importanti restauri nella Basilica Vaticana e nel Laterano. Distribuì ai suoi uffici ecclesiastici e civili, ciò che gli procurò l'accusa di nepotismo e di simonia (vedi Dante Inf. XIX). Morì di apoplessia a Soriano il 22 agosto 1280.

Non cattolico. Dunque, anche questo è un santo papa.

Cattolico. Certamente no, ma ha fatto anche tante cose buone, pur essendo chiaro che ha peccato di nepotismo. Per la Chiesa di Cristo è assolutamente importante che il Papa non commetta errori in materia di fede e di morale. Si sa bene da tutti che l'infallibilità pontificia non esime nessun papa dalla sua natura umana, la quale è per se stessa fallibile. Chi confonde la infallibilità pontificia con la impeccabilità personale non ha capito bene la forza e la prerogativa dell'infallibilità così come ce la indicano le parole e le frasi evangeliche di Nostro Signore Gesù Cristo.

 

Non cattolico. Sono desideroso di sentire la tua risposta sul papa Bonifacio VIII (1294) [che secondo il regnante pontefice "ha esercitato il suo mandato apostolico secondo delle forme rivestite da autentica luce" ] (Paolo VI, Discorso: ad Anagni. Vedi: "Docum. Cathl". del 18 settembre 1966), il quale desiderò talmente il pontificato, da non lasciare nessun inganno per conseguire il suo fine. Avido di denaro, cercava di procurarselo con ogni mezzo (Platina, p. 347). Fece imprigionare il papa Celestino V in una cella così stretta e malsana che questi tosto morì (Baronio, p. 1295).

 

Cattolico. Carissimo fratello non cattolico, forse avresti fatto molto meglio ad accertarti, prima di esporre giudizi così negativi sul papa da te incriminato. Ti prego di lasciarmi dire tutto quello che devo fino all'ultimo. Come il solito, ho consultato tre Enciclopedie (quella del Papato, la Cattolica e la UTET), e poiché non ci sono sostanziali differenze, cercherò di raccogliere, molto brevemente in questa risposta, le principali chiarificazioni atte a scagionare Bonifacio VIII da tutte le accuse e le calunnie orchestrate contro di lui dai suoi avversari e che poi per secoli sono state ripetute da una storia poco illuminata e per niente preoccupata di mettere a fuoco la verità dei fatti.

 

Bonifacio VIII - Benedetto Caetani - Sommo Pontefice dal 1294 al 1303. Nato ad Anagni tra il 1220 ed il 1230, di nobili genitori.

Recatosi a Roma in giovane età, molto incline per le discipline giuridiche, si affermò presto presso le sfere curiali, grazie al vivo ingegno e ad instancabile attività, alla quale, fu chiamato dalla S. Sede, anche per la Sua diplomatica abilità.

Quando Celestino V (1294), desideroso dopo cinque soli mesi, di tornarsene alla sospirata vita eremitica, gli domandò consiglio circa la liceità e opportunità di una eventuale rinuncia, non esitò ad incoraggiarlo ed a confortarlo, senza però ricorrere a quelle astuzie di cui, poi, venne cosi ingiustamente accusato, ed alle quali così facilmente credette lo stesso Villani (storico dell'epoca, rappresentante presso la curia romana, appartenente al partito guelfo nero).

Avvenuta, pertanto, la famosa rinunzia il 13 dic. 1294 a Napoli, nel conclave ivi stesso adunato dopo dieci giorni a norma delle disposizioni gregoriane, da Celestino V ristabilite, pochi scrutini condussero alla proclamazione a pontefice, con grande, maggioranza di voti, del Card. Benedetto Caetani (24 dic.), che assunse il nome di Bonifacio VIII. Si tratta, dunque, di elezione assolutamente canonica e regolare, avvenuta senza gli intrighi simoniaci cui allude Dante Alighieri, anch'egli ingannato dai giudizi fatti propalare da interessati mestatori di parte avversa.

Gli scopi fondamentali del nuovo papa furono quelli di restaurare la completa libertà della Chiesa e di pacificare il popolo cristiano.

Per ottenere l'indipendenza del papato cercò di sottrarsi all'influenza degli Angioini col trasferirsi immediatamente a Roma... Rimase, tuttavia, fedele alle tradizionali relazioni di buona amicizia con gli Angiò, che non desistevano dal difendere gli interessi guelfi contro gli smodati entusiasmi imperiali dei ghibellini. In tal senso vanno veduti e giudicati molti momenti fra i più controversi della storia del pontificato di Bonifacio VIII e specialmente le vicende concernenti la difesa dea dinastia angioina nel Regno di Sicilia, la lotta contro i Colonnesi, il conflitto aspro e selvaggio di Filippo il Bello, IV re di Francia.

Gli stessi accesi contrasti tra Guelfi e Ghibellini che laceravano tanto fiorenti contrade e città di Italia, fecero ripetute volte naufragare gli sforzi di Bonifacio VIII pazientemente e generosamente compiuti per ottenere l'auspicata pacificazione.

Il pontificato di Bonifacio VIII ebbe tragiche vicende a causa della ribellione dei Colonnesi e della lotta con Filippo il Bello.

Per quanto riguarda la successione a Celestino V, si diffusero, e più di una volta, le voci calunniose sulla illegittimità di Bonifacio. La responsabilità diretta di aver suscitata, un'ondata calunniosa contro il Pontefice risale ai cardinali Colonnesi Giacomo e Pietro, i quali non si trattennero neanche di sfruttare in loro favore il caso pietoso della prigionia e morte del Papa rinunciatario.

Dopo un vano tentativo di fuga il vecchio Celestino fu preso e condotto in Anagni alla presenza del Papa che lo fece custodire nella non lontana rocca di Fumone, ove, in una povera cella, santamente spirava il 19 mag. 1296 di morte naturale e non violenta, come falsamente affermarono, tra gli altri, i Colonnesi.

I contrasti fra i Colonnesi e la sedo papale si inasprirono e furono scritti libelli contro il Papa controfirmati dallo stesso Jacopone da Todi e dagli Spirituali..

Ma il conflitto più fatale per il Papa fu quello condotto contro Filippo il Bello, le cui prepotenze ed abusi oltrepassarono tutte lo misure, ed egli, con gli inganni dei suoi adepti, riuscì a farsi credere e ad ottenere il favore della nobiltà e della borghesia... "per difendere la libertà della nazione"!...

Il Papa, in un Sinodo romano, assistito anche da prelati francesi, emanò una delle più famose Bolle della storia: la Unam Sanctam.

Nell'Enciclopedia dei Papato, Vol I, p. 500, leggiamo: Noi definiamo che la sottomissione di ogni creatura umana al Pontefice è assolutamente necessaria alla salvezza”. Questa conclusione, suscettibile di un accordo con le teorie più mitigate sul potere pontificio, come è stato notato dai teologi, è in stridente contrasto con le dottrine assolutiste esposte nelle premesse. Essa sola viene imposta alla fede.

E pensando alla personalità del suo autore, ci si può vedere una luminosa manifestazione dell'assistenza dello Spirito Santo.

 

Non cattolico. Quindi le mie "strettamente storiche" citazioni non sarebbero vere!…

 

Cattolico. Carissimo fratello, non possiamo dilungarci. Io già sapevo da molti anni di questa rivalutazione storica di Bonifacio VIII. Ma poiché tu e tutti i non cattolici non la vogliono ammettere, è chiaro che i loro riferimenti storici si rifaranno, chissà ancora per quanto tempo, sempre e solo ai "falsi storici".

         Mi dispiace, ma devo dirti che molti sono gli errori dei non cattolici perché nelle obiezioni che fanno alla Chiesa non si regolano secondo equità e giustizia, ma studiano la storia e la stessa sacra Scrittura soltanto in funzione anticattolica.

 

 Non cattolico. E adesso, caro fratello cattolico, cerca di trovare anche qualche giustificazione per Clemente VI (1342), il quale, per continuare le sue abitudini di vita splendida e spendereccia, aveva bisogno di nuove fonti di denaro, e seppe trovarne. Quando gli veniva fatto osservare che i suoi predecessori non si sarebbero permesse tali cose, rispondeva: "i miei predecessori non seppero essere papi" (L. Von Pastor, Storia dei papi, I, pp. 85-87).

 

Cattolico. Anche qui, come altrove, dobbiamo sempre dare uno sguardo al momento storico e ad altre circostanze che in certi periodi hanno potuto avere un forte influsso per la scelta del successore di Pietro: famiglie regnanti, la provenienza del soggetto, l'influsso di certe personalità da cui si sperava protezione o si temevano rappresaglie, ecc.

Queste ragioni non sono ipotetiche; spesso rispondono a sconcertante realtà.

Per Clemente VI, troviamo che gli stessi genitori, per ambizione, lo avviarono, fin da ragazzo - come allora si soleva fare in certe famiglie nobili - nel monastero benedettino di Chaise-Dieu (1301), poi fu successivamente abate di Fécamp (1326), vescovo di Arras (1328), arcivescovo di Sens (1329), poi di Rouen (1330), cardinale (1338). Eletto alla morte di Benedetto XII, fu il 4° dei papi avignonesi. Amò le splendidezze e le pompe, fu dotto, eloquente, largo verso i poveri; ma troppo prodigo nello splendore, inaugurò quella politica di magnificenza che tanti danni doveva arrecare alla Chiesa. Accolse benevolmente come ambasciatore dei Romani Cola di Rienzo, accordandogli la sua protezione e approvò la nuova costituzione che il tribuno inaugurò poi in Campidoglio.

Ma quando gli onori e le adulazioni trasformarono il fantastico sognatore in demagogo sanguinario e tirannico, il papa lo condannò e il popolo sollevato lo cacciò da Roma.

Nel 1349, supplicato dal Petrarca e dai Romani, pubblicò una bolla che fissava la celebrazione del Giubileo ad ogni 50 anni.

L'anno seguente Roma vide un numero immenso di pellegrini. A quel giubileo senza il papa, che preferì starsene in Avignone, Clemente VI sopravvisse due anni.

Fu grande principe, e sarebbe anche stato grande pontefice se non si fosse mostrato troppo ligio alla Francia, troppo prodigo e amante dei suoi. Al contrario, fu avverso alla Germania separandola da Roma, preparando così un altro elemento della futura Riforma luterana.

Nel 1348 acquistò dalla regina Giovanna di Napoli la città e il territorio di Avignone.

 

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01/09/2009 08:27

Non cattolico. Mi pare che da quanto dici ammetti quanto io ho affermato.

 

Cattolico. Io ti sto dicendo qualche cosa in più di quello che tu hai detto. Però, se hai notato, c'è stato in questo papa anche qualcosa di buono. Quella frase da te citata: "i miei predecessori non seppero fare i papi", da tutto il complesso mi fa pensare che sia una aggiunta degli avversari, e non sarà facile appurarne la realtà storica, come è avvenuto con l"eppur si muove" di G. Galilei, perché anche oggi - pure accertatane la falsità - essa circola ancora nella odierna società, nelle scuole e anche in qualche libro.

Lo sentiamo apprezzato come uomo energico, caritatevole, specie verso i poveri. Non sempre gli riuscirono le imprese a cui si era dedicato. Tra quelle positive si possono ricordare la lega conclusa con Venezia, Cipro e gli Ospedalieri contro il Turco, che portò all'occupazione di Smirne e alla vittoria di Imbros (1344-47). Concluse a buon fine la lotta contro Ludovico il Bavaro, che fu deposto (13 apr. 1346) e sostituito da Carlo IV di Lussemburgo. Assolse Giovanna di Napoli dall'accusa di aver ucciso il primo marito Andrea d'Ungheria e le permise il matrimonio con il cugino Luigi di Taranto. Nella grande peste del 1348, che fece tanti milioni di vittime in tutta Europa, Clemente VI non si mosse dalla città di Avignone che ebbe sessantamila vittime, moltiplicando gli aiuti spirituali e materiali. Difese gli Ebrei, che il popolino accusava di essere colpevoli della peste. Mori in Avignone il 6 dic. 1352.

 

Non cattolico. Noto con interesse che dalle notizie che mi rechi anche tu non hai troppa simpatia per un papa che col suo lusso preparò una certa decadenza alla Chiesa.

 

Cattolico. Io sono francescano... e ciò ti dice la mia giusta antipatia. Anzi potrei dirti ancora molte cose, ma non lo ritengo opportuno. Dico solo una cosa per soddisfare la nostra curiosità: S. Brigida, la santa mistica svedese, nel 1350 venne a Roma per il Giubileo. S'era fatta precedere da una lettera a Clemente VI, nella quale gli ordinava, in nome di Cristo, di trattare la pace tra Francia e Inghilterra e di recarsi a Roma per il Giubileo. Clemente rimase tranquillamente ad Avignone. La veggente svedese dice al papa, sempre in nome di Cristo, molte altre cose, fino a profetizzare dei castighi. Infatti il 3 dic. 1352, in un violento uragano, cadde un fulmine sulla Chiesa di S. Pietro: le campane si fusero e all'orecchio di S. Brigida risuonarono queste parole: "Il papa muore! Benedetto questo giorno, ma non questo papa"! Tre giorni dopo (6 dic.) Clemente spirava.

 

Non cattolico. Forse c'è ancora tempo e spazio per chiederti conto di un altro papa tra quelli che hanno disonorata la Chiesa di Cristo. Intendo parlare di Urbano VI (1378), il quale mancava di mitezza e di carità cristiana. Con la irrefrenata violenza del suo carattere, diede pretesti a gravi e giuste lamentele. Scoppiata una congiura, fece crudele vendetta dei cardinali ribelli, che vennero incarcerati, torturati e infine messi a morte (L. Von Pastor, I, pp. 114, 120, 129).

 

Cattolico. Non ti nascondo, caro fratello, che per Urbano VI verrò a trovami in molte difficoltà, soprattutto perché egli è legato al Grande Scisma.

La sede papale ad Avignone aveva accresciuti i problemi.

Gregorio XI, ultimo papa francese, era morto a Roma il 26 giu. 1378. Il troppo lungo soggiorno ad Avignone aveva suscitato nella Cristianità, e soprattutto in Italia, il più amaro malcontento. I papi di Avignone erano stati in genere uomini degni e notevolmente istruiti; ma venivano considerati come cappellani dal re di Francia; inoltre si rinfacciava loro il troppo fasto e le gravose tasse imposte alla Chiesa. Insomma, non si voleva più un papa francese. Ma i cardinali francesi erano la maggioranza. Questa naturale opposizione tra i desideri della popolazione cristiana e la tendenza della maggioranza degli elettori del papa portò alla terribile crisi che sfociò nel Grande Scisma.

Nel grande scisma entrano in gioco le ambizioni degli antipapi e la durezza di carattere di Urbano VI, che, nonostante tutto, era stato eletto proprio per placare i tumulti del popolo che gridava: “Romano lo volemo o almanco Italiano".

La sua elezione aveva suscitato degli entusiasmi. Ma dalla sera alla mattina tutte le speranze diventarono illusioni. Si alienò un pò tutti. I Cardinali lasciarono Roma con diversi pretesti, riunirono un conclave fraudolento ed elessero Roberto di Ginevra col nome di Clemente VII (antipapa). Ci furono così due obbedienze: per il papa romano e per Clemente VII, tornato ad Avignone (antipapa).

In tutte queste circostanze Urbano VI creò molte difficoltà per la durezza del suo carattere, però stento a credere alle parole che tu dici: “scoppiata una congiura, fece crudele vendetta dei cardinali ribelli...".

Dalle notizie da me attinte nelle tre enciclopedie sopite, non si può ricavare che sia una vendetta personale e così crudele... anche se troviamo scritto (Encicl. Catt.) che cinque dei sei cardinali prigionieri perirono misteriosamente.

 

Non cattolico. Un altro papà che ha fatto poco onore a Cristo è Bonifacio IX (1399).

I mezzi da lui adoperati per empire le casse della camera apostolica hanno danneggiato gravemente il prestigio e la venerazione della suprema dignità ecclesiastica. Dense nubi sulla memoria di Bonifacio IX getta anche il suo nepotismo (L. Von Pastor, I, p. 152).

 

Cattolico. Da notare che molte volte quello che dici è fondato su fatti veri, però non manca mai l'esagerazione, e anche l'avversione nel descrivere certi punti negativi.

E' vero che Bonifacio IX (Pietro Tomacelli, napoletano) non rifuggì dal procurarsi il denaro necessario con l'elargizione di indulgenze e di grazie spirituali, ma è anche vero che egli aveva ereditato da Urbano VI un papato in difficilissime condizioni e con un antipapa, Clemente VII ad Avignone che frustò tutti i suoi buoni tentativi per una pacificazione. Attese a ricostruire Castel S. Angelo che i Romani avevano distrutto sotto Urbano VI ed a fortificare il Campidoglio. In queste rischiose imprese Bonifacio fu efficacemente aiutato dal fratello Andrea e dai nipoti, verso i quali egli dimostrò un fervore che parve eccessivo, però bisogna anche dire che era da scusarsi per le gravi difficoltà dei momento.

Di lui troviamo anche scritto che era un uomo pio e buono (Enc. del Papato, vol. II, p. 1386), cortese e conciliante di modi, ma deciso e perspicace; sicché riuscì presto a conciliarsi con coloro che si erano allontanati da Urbano VI ed a risollevare le sorti della sua obbedienza, seriamente compromessa (cf Enc. Catt., vol. II, p. 1875-76).

 

Non cattolico. Con tutte le scuse che adduci, praticamente ammetti che peccò nel modo di procurarsi il denaro e anche di nepotismo.

 

Cattolico. Io ammetto l'una e l'altra mancanza, ma, a voler essere obiettivi, mi sembra che sia il caso di evidenziare anche le gravi difficoltà che dovette affrontare nel suo pontificato, che sotto tanti punti di vista, fu anche positivo. Bisogna poi sempre ricordare che le sue debolezze umane non intaccarono per nulla le sue responsabilità dottrinali e morali commessegli nella elezione pontificia.

 

Non cattolico. Dimmi ora qualche cosa di buono circa Gregorio XII (1410), il quale fu deposto solennemente come eretico, scismatico e spergiuro dal Concilio di Pisa del 1409 (cf Enc. Cattolica).

 

Cattolico. Stralcio dalla Enciclopedia del Papato, vol. II p. 1336, le seguenti riassuntive notizie.

Gregorio XII (30 novembre 1406 - 4 luglio 1415, data della rinuncia, morto il 18 ottobre 1417).

Angelo Correr, veneziano, nato nel 1327.

Abbandonato dai suoi cardinali e deposto illegalmente a Pisa nel 1409. Diede liberamente le sue dimissioni nella 14° sessione del Concilio di Costanza (16° Concilio ecumenico, 1414-1418) il 4 luglio 1415. Mori a Recanati, come cardinale vescovo di Porto.

I Papi di Pisa: Alessandro V (1409- 1410) e Giovanni XXIII (1410-1415) devono

essere considerati illegittimi.

 

Non cattolico. Cosa significa tutto quello che tu dici? Io ho mentito?

 

Cattolico. Intendo solo precisarti che quello che tu dici non è esatto, perché, ripeto, il

Concilio di Pisa che condannò Gregorio XII, non è da considerarsi un Concilio vero e proprio della Chiesa, e, quindi, cadono tutte le accuse contro di lui. Inoltre questo papa si è trovato a competere con l'antipapa avignonese Benedetto XIII, il quale, come si sa dalla storia, appoggiato dalla Francia e da altri partigiani, era riuscito a sottrarre dalla fedeltà verso Roma molte città, fra le quali Genova, che aveva accolto esultante l'antipapa (20 maggio 1405).

La storia ecclesiastica è molto lunga e molti sono gli avvenimenti di questo periodo che stiamo trattando, credo però che i pochi accenni da me fatti siano sufficienti a far meglio capire le esagerazioni dell'illegittimo Concilio di Pisa.

 

Non cattolico. Dimmi, ora su Giovanni XXIII (1410), il quale non poteva neanche lontanamente rispondere ai doveri della sua carica. E' sicuramente fondata l'accusa di immoralità contro questo papa. Ha messo al mondo un figlio e una figlia (L. Von Pastor, I, p. 177).

 

Cattolico. Non mi sembra opportuno riferirmi a tutti i fatti storici per inquadrare la figura, di questo Giovanni XXIII di cui tu parli.

Ho cercato sulle tre solite enciclopedie che io studio per risponderti ed ho scoperto che di Giovanni XXIII papa ce n'è uno solo, e tu ed io l'abbiamo anche conosciuto col nome del papa buono che ha promosso ed iniziato il Concilio Vaticano II (1958-1963). .

Il Giovanni XXIII da te nominato è indicato col nome di Cossa (Coscia) Baldassare ed è antipapa. Non è il caso di parlarne. Già ho detto, parlando di Gregorio XII, che i papi Alessandro V e Giovanni XXIII furono illegittimi, antipapi.

 

Non cattolico. Dimmi qualcosa di Martino V (1417), il quale curò in misura amplissima i membri della sua famiglia. Uno sguardo ai possedimenti dei Colonna fa vedere che, nel favorire i congiunti, Martino V sorpassò i limiti del lecito e che andò più avanti di quel che esigessero le cose (L. Von Pastor, 1, p.209).

 

Cattolico. Anche Martino V (1417-1431), come tanti altri papi incriminati ha avuto dei meriti, ma non è stato esente da debolezze. Riuscì a sollevare, almeno in parte, le sorti e i diritti della S. Sede, ma non riuscì a togliere tutti gli abusi.

Egli fu eletto nel Concilio di Costanza l'11 novembre 1417, giorno di S. Martino. Della cresciuta autorità pontificia seppe fare in gran parte buon uso: creò cardinali degni, tra i quali il Capranica, il Cesarini, l'Albergati, accordò per il 1423 il giubileo, fece trasportare solennemente a Roma le ossa di S. Monica; giustificò S. Bernardino da Siena dalle accuse degli avversari, approvando il culto, introdotto da lui, del Santo Nome di Gesù (1427). Fu mite con gli Ebrei, vietando la predicazione violenta contro di loro e il Battesimo dei loro bambini inferiori ai dodici anni, senza il consenso dei genitori, o la richiesta dell'avo. Ma non ebbe volontà o forza per l'auspicata riforma radicale.

Ebbe grandi meriti quale pacificatore o restauratore di Roma dopo gli orribili danni dell'età precedente.

Sottomise con la forza, e più con l'accortezza le città del Patrimonio e Bologna, e vi mantenne l'ordine con mano ferma, nuovo creatore dello Stato papale.

L'epitaffio in Laterano lo saluta temporum suorum felicitas (felicità dei suoi tempi); Enea Silvio Piccolomini lo disse iusti tenax ac pacis cultor (tenace cultore del giusto e della pace). Ma Egidio da Viterbo lamentò che egli avesse accresciuto la potenza e la ricchezza della Chiesa ed il lusso a scapito della virtù e dell'onore. Parco e semplice nella vita, aprì la via a una profonda corruzione della Curia, non togliendone gli abusi e introducendovi uomini non tutti degni, e inaugurò la triste ora del grande nepotismo, facendo dei Colonna una pericolosa potenza nello Stato papale e procurando loro feudi nel Regno; è vero tuttavia che ne ebbe valido aiuto nelle lotte da lui dovute sostenere (cf Enciclopedia Cattolica).

 

Non cattolico. Dimmi. ora qualcosa di Niccolò V (1447). Di natura collerico (Platina, p. 452). Quando nel 1450 scoppiò la peste "tutta la Curia prese la fuga come gli Apostoli di Nostro Signore il Venerdi Santo. Ritiratosi nel castello di Fabriano promulgò un decreto in cui si comminava la scomunica a chi, proveniente da Roma, si fosse avvicinato a meno di sette miglia dalla sua residenza". (L. Von Pastor, I, p. 391).

Cattolico. Niccolò V papa. Tommaso Parentucelli, nato a Sarzana il 15 nov. 1397, mori a Roma il 24 mar. 1455.

Si rese benemerito per diverse missioni condotte felicemente ed il Papa, Eugenio IV, allora a Firenze, lo creò vicecamerlengo e poi vescovo di Bologna. Mandato dal Papa due volte in Germania, al ritorno dalla seconda missione, nel dic. 1446, ebbe la porpora in Premio per aver conciliato col Papa la Lega dei principi elettori.

Nel Conclave, morto papa Eugenio, al terzo giorno fu inaspettatamente eletto dai 24 cardinali presenti per la mitezza del carattere, la vita esemplare, l'esperienza diplomatica.

Si preoccupò anzitutto di spegnere le reliquie dello scisma, già assai ridotto, di mantenere la pace, specie, nello stato ecclesiastico, infine di soccorrere Costantinopoli. Ottenne che l'antipapa di Basilea Felice V rinunciasse (7 apr. 1449). Il 19 genn. 1449 fece bandire per il Natale il Giubileo che ebbe grande successo; durante l'anno canonizzò S. Bernardino da Siena così popolare in Italia (morto nel 1445); l'anno fu funestato dalla peste, che infierì nell'estate. Promosse la riforma della vita ecclesiastica, specie in Germania con visite del Card. Cusano e di S. Giovanni da Caffistrano. Mantenne la pace nel suo Stato. Pagò i debiti del suo predecessore. Cercò di soccorrere Costantinopoli, ma la mancata riunione delle due Chiese (Orientale e Occidentale), le guerre italiane ed europee resero vano ogni suo sforzo. Negli ultimi due anni la sua attività fu assai diminuita dalla gotta che lo spense nel 1445.

Niccolò V fu l'iniziatore del mecenatismo papale verso le lettere e le arti; morendo lasciò ben 807 codici latini raccolti in tutta Europa; progettò il rinnovamento della Città Leonina e la sua fortificazione contro le frequenti rivolte di Roma; la ricostruzione di S. Pietro, in conformità alle nuove tendenze artistiche, nella città restaurò strade, acquedotti e monumenti; la morte troncò quasi tutti questi grandi progetti (cfr. Enciclopedia Cattolica).

Non cattolico. Allora, secondo quello che dici, anche questo Papa è da lodare?

 

Cattolico. Come ben sai, ho consultato le solite tre Enciclopedie (quella Cattolica, la UTET e quella del Papato), leggendo e rileggendo più volte le notizie su Niccolò V e non sono riuscito a trovare l'addebito, di collerico, né le altre notizie che tu ci dai per l'avvenimento della peste. Nella Enc. UTET leggo che "la celebrità di Niccolò V è dovuta alla sua opera in favore delle lettere e delle arti, nella quale si congiunsero il suo amore per la cultura al desiderio di accrescere il prestigio della S. Sede. Il suo pontificato segna il trionfo dell'umanesimo in Roma". Della Encic. del Papato ho letto molti punti, proprio per trovare quello che tu dici, ma le notizie su per giù, con qualche variante, sono le stesse. A pag. 739, 1 vol. vi leggo: "Niccolò V (1447-55) che all'inizio dei suo pontificato, ebbe la gioia di vedere Bologna tornare a poco a poco sotto la sua obbedienza, governò in pace (se si eccettua la congiura di Porcari, 1453). Primo Papa umanista, fu anche un amministratore che rimise in ordine le finanze pontificie, un grande restauratore che seppe, col mantenimento dell'ordine, riportare la prosperità in Roma e nello Stato Pontificio”.

A pag. 1163 del 2° Vol., vi è detto che Niccolò V fu il vero fondatore della Biblioteca Vaticani; raccogliendo collezioni private, acquistando audacemente importanti documenti d'interesse universale, lasciando alla sua morte 1209 codici, 414 greci e 795 latini, superando così per numero ogni altra biblioteca del suo tempo. Niccolò V non si limitò a raccogliere codici, ma favorì gli studi, non soltanto ecclesiastici ma umanistici. A questo interesse dei Papi alla cultura si deve se molte opere antiche furono salvate, opere religiose e profane, e se a noi sono pervenute non tanto per mezzo vaticano, quanto in un'ampia diaspora tramite i vari monasteri benedettini diffusi in tutta l'Europa, le fondazioni culturali della civiltà latina e orientale.

A pag. 1387, 2° Vol. della stessa Enc. del Papato, è detto che Niccolò V "dà inizio a quella politica di magnificenza che se dà splendore alla Chiesa la mette però su una strada pericolosa". Questo si che è un pericoloso difetto. A giustificazione di questo suo modo di pensare ho, trovato scritto che egli era convinto che "essendo il Papato una cosa divina e la più grande istituzione che c'è sulla terra, doveva essere rappresentato con tanta magnificenza".

Non cattolico. Quanto io ho detto contro questo papa, è scritto in due libri. Non credo che questi autori scrivano le cose a casaccio o soltanto per sentito dire.

 

Cattolico. Anch'io sono convinto di questo. Però chi è anticlericale, anticattolico, attinge, generalmente, da una fonte avversa. Non mi meraviglio che qualcuno abbia scritto all'epoca della peste del 1449 qualcosa contro il papa e la curia romana, tacendo di un avvenimento normale e semplice, un atto così odioso come tu l'hai descritto. Già altre volte ho avuto occasione di dirti che se tu potessi leggere alcuni giornali, diatribe di giornalisti attuali... fra 100-200.. anni, vi potrà trovare che Giovanni Paolo II è un papa spendaccione, che si interessa di politica, che gli piacciono i voli planetari....

Di Platina, che tu citi spesso è scritto: "L'opera principale è il `Liber de Vita Christi ac omnium pontificum', compiuto nel 1474 e poi redatto in forma più breve... Ebbe larghissima diffusione, sebbene non sempre imparziale, specialmente per la parte che si riferisce ai pontefici del suo tempo" (Enc. Cattolica, IX Vol. p. 1602).

Non cattolico. Un altro papa che ha fatto poco onore alla Chiesa è Callisto III (1455). Egli conferì ai suoi parenti spagnoli le cariche più importanti e lucrose della Chiesa (L Von Pastor, I, p. 684).

Cattolico. Come al solito, tu ti limiti soltanto alla parte negativa. Ma un papa può aver fatto molte cose buone e grandi, pur cadendo in qualche difetto. Io mi limiterò a pochissime notizie, e solo per rispondere a quello che tu dici.

Nell'Enc. Cattolica si legge: "ottenne il cappello cardinalizio, che portò con molta dignità, e nel Conclave dell'Aprile 1455 succedeva a Niccolò V coi nome di Callisto III. Tre principali questioni occuparono il suo pontificato: 1. La Crociata contro i Turchi; 2. La difesa dello Stato Pontificio; 3. Il mantenimento della dottrina cattolica.

Se Callisto III diede troppa ingerenza ai “Catalani" nel governo dello Stato Pontificio, bisogna riconoscere che mantenne salda la sua autorità davanti a tutti.

Dall'Encicl. del Papato apprendiamo che fu papa zelante, virtuoso, ma troppo debole verso i nipoti (p. 1387).

L'Encicl. Cattolica così conclude su questo papa: "La sua memoria sarebbe forse più venerata qualora egli non avesse chiamato a Roma troppi parenti Borgia, tra i quali il nipote Rodrigo, creato da lui cardinale nel 1456, e divenuto poi Alessandro VI".

 

Non cattolico. Dopo i precedenti, ti chiedo notizie dei tre seguenti papi:

l. Paolo II (l464). Le ombre oscure del suo carattere sono la sua gelosia, vanità ed eccessivo amore del fasto (L. Von Pastor, II, pp. 286,288,422).

2. Sisto IV (1471). Appena eletto, provvide a ricompensare i suoi sostenitori, fra gli altri nominò cardinale il nipote Pietro Riario di 25 anni. Con somma sfrontatezza veniva gettato il disprezzo su ogni sentimento di pudore da quest'uomo, il quale si aggirava per il suo palazzo in vestimenti ricchi d'oro, mentre la sua amante dal vertice alla pianta dei piedi era seminata di pietre genuine (L. Von Pastor, II, p. 460).

3. Innocenzo VIII (1484). “Egli ebbe due figli illegittimi, Teodorina e Franceschetto. Quest’ultimo era un uomo grossolano e senza ingegno, non aveva altro sentimento che per il denaro, il quale poi subito dissipava nel gioco e nei bagordi. Innocenzo VIII celebrò in Vaticano le sue nozze, offrì in onore degli sposi un banchetto e fece loro un regalo in gioielli dei valore 10.000 ducati" (L. Von Pastor, II, p. 197).

 

Cattolico. Quando io sono costretto a costatare che nella Chiesa di Gesù ci sono stati e ci sono ancora degli scandali, provo una stretta al cuore, e vorrei che ciò non fosse mai stato e che mai sarà per l'avvenire. Questo mio sentire è umano e comprensibile. Ma poi mi bastano poche riflessioni e mi sento subito rinfrancato, andando ad una realtà più profonda del Cristianesimo.

 

Non cattolico. Quali sono queste realtà più profonde? 

 

Cattolico. La considerazione, della umana fragilità non toglie alla Chiesa di Dio la sua indefettibilità, la sua infallibilità, la sua immacolatezza di dottrina e di autenticità.

Per la sua indefettibilità la Chiesa è perenne, sarà sempre la stessa nella sua costituzione e nelle sue proprietà specifiche, il che significa che rimarrà sempre identica a se stessa e non perderà alcuna delle sue note, specialmente il carisma dell'infallibilità da Cristo impressole.

 

Non cattolico. Allora se è così la Chiesa può essere governata da uno qualunque?

 

Cattolico. Non dico proprio questo, ma capisco che il Signore può permettere che non tutti siano all'altezza di governare bene la Chiesa, proprio perché per il comportamento troppo umano di alcuni papi possa meglio rifulgere l'assistenza dello Spirito Santo e la presenza continua di Cristo.

Infatti, questo spettacolo è particolarmente impressionante, e non può non far riflettere, se si considera il vertice della gerarchia ecclesiastica, il papato. Fra coloro che tennero il seggio di Pietro, poté ben esserci chi lo comprò per simonia, chi lo vendette per avarizia, chi lo disonorò per impudicizia, chi lo imbrattè di sangue, chi lo avvilì nella mondanità e nello sfarzo: eppure la santa, incontaminata Chiesa di Cristo è sempre rimasta la santa incontaminata, Chiesa di Cristo. La vita di alcuni, papi poté ben mentire il loro magistero, ma il loro magistero non tradì né la verità, né la bontà, né la fede, né la morale. Gesù stesso sembra abbia voluto premunirci contro lo scandalo della santità nella Sua Chiesa, permettendolo tra i suoi discepoli, anzi tra i suoi apostoli....

"Questo fatto è una terribile e sconcertante realtà. Ma essa, invece di produrre scandalo e sdegno, dovrebbe produrre amore ancora maggiore, quello che noi abbiamo per le persone care quando sono ammalate" (Paolo VI, 20.10.65).

I non cattolici sono molto impegnati contro la Chiesa di Dio e sferrano contro di essa attacchi molto forti ammantati di un "raffinato spiritualismo" che si vale appunto delle infermità umane ecclesiali "per aggredirla con acerbe e alcune volte radicali negazioni della sua organica e potestativa incarnazione umana" (Paolo VI, all'A.C.I., 25.10.70).

 

Non cattolico. Lasciamo stare la poesia e il sentimento e rispondimi in merito ai tre suddetti Papi.

 

Cattolico. Le mie risposte sono molto semplici e precise. Come ho fatto, finora continuerò a dire pane al pane e vino al vino: "Io non intendo giustificare nessuno, però, dal momento che tu metti in evidenza solo la parte negativa, sembra un atto di giustizia completare la figura di tutti questi papi incriminati e cosi duramente presentati.

 

Paolo II era figlio di una sorella del papa Eugenio IV. Nacque a Venezia il 23 feb. 1417 e morì a Roma il 26 lugl. 1471. Il 30 agosto 1464 fu fatto pontefice.

L'Enciclopedia Cattolica ci dice che “tenne con grande mitezza il governo e si adoperò a reprimere le fazioni e le private rappresaglie che turbavano l'ordine e la pace nell'Urbe, provvide all'annona e favorì l’agricoltura; sottopose ad una revisione gli statuti della città (1469) per migliorare la pubblica amministrazione; promosse i pubblici divertimenti…”

Dall'Enciclopedia del Papato sappiamo che Paolo II (1464-1471), benché maledetto, dagli umanisti per aver voluto riformare il "Collegio degli Abbreviatori", era convinto che il papa deve mostrarsi in una apparato corrispondente alla sua dignità, che è la più alta che ci sia sulla terra. Quantunque amante della semplicità nella sua vita privata, era fastoso in pubblico. Soprattutto cercava di dare un incomparabile splendore alle cerimonie religiose (Enc. del Papato, I vol., p. 549). A pag. 1387 della stessa Enciclopedia leggiamo che personalmente Paolo II era ricchissimo, seguì la politica della magnificenza, protesse le arti e le lettere. Chiuse il Collegio degli Abbreviatori (una sezione della Curia romana), diventato un ricettacolo di incredulità, insieme all'Accademia di Pomponio Leto.

 

Non cattolico. Cosa mi dici del papa Sisto IV?

 

Cattolico. Era un frate minore che però, da quello che apprendo, contrariamente alla mentalità di S. Francesco, volle diventare "maggiore" in tutti i sensi. “Fu largo e facile nello spendere, lasciò alla morte la finanza pontificia del tutto dissestata; ma particolarmente dimostrò la sua liberalità verso i suoi parenti" (Dalla Enc. Cattolica).

Dall'Enc. del Papato (I vol., p. 549) abbiamo qualche notizia più precisa: Sisto IV (1471-1484) ex francescano, dimentica il culto della povertà tanto onorato dai figli di San Francesco; ha un regno agitatissimo a causa di guerre e di torbidi che gravano sull'Italia e sugli Stati pontifici. Ma questo non gli impedisce di iniziare a Roma immensi lavori e di farsi zelante protettore delle arti e delle scienze.

Se la sua memoria, macchiata dalle abominevoli accuse d'un calunniatore come Infessura, merita di essere riabilitata, non si può scusarlo d'aver dato, lui ex francescano, lo scandalo di una incresciosa debolezza per i nipoti... di aver creato cardinali troppi soggetti indegni e d'essere stato causa, proprio per questo, dell'elezione d'un Alessandro VI.

 

In conclusione, pregherei i non cattolici di tener presenti le abominevoli accuse dello storico Stefano Infessura che era un deciso partigiano dei Colonna e, quindi, molto avverso a Sisto IV.

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01/09/2009 08:28

Non cattolico. Ti chiedo ora notizie più dettagliate sul papa Innocenzo VIII (1471).

Cattolico. Alla morte di Sisto IV (1484), Roma fu in armi ed anche il collegio cardinalizio si divise in due gruppi, uno capeggiato da Rodrigo Borgia (il futuro Alessandro VI) che aveva l'appoggio degli Orsini, l'altro capeggiato da Giuliano della Rovere, sostenuto dai Colonna. Dopo varie trattative si giunse ad un pò di tregua, che permise di dare inizio al Conclave il 26 agosto in Vaticano, alla presenza di 25 cardinali, dei quali solo 4 stranieri. Riuscì eletto Gian Battista Cibo, di 52 anni, che in gioventù era cresciuto alla corte di Napoli, poi era diventato Vescovo di Savona, trasferito quindi ad Amalfi era stato elevato al cardinalato nel 1473; era malaticcio, di carattere amabile, molto accogliente, ma senza volontà e pronto ad affidarsi a chi lo sapeva convincere. La sua condotta giovanile era stata assai riprovevole ed al momento dell'elezione erano ancor vivi due suoi figli, che egli colmò di ricchezze e sistemò con ottimi matrimoni; né è escluso, che la sua elezione sia avvenuta in modo simoniaco.

Due atti che toccano più da vicino il campo religioso sono la famosa condanna delle 900 tesi di Pico della Mirandola (4 ag. 1486), e quella, altrettanto celebre della stregoneria (cf Enciclopedia Cattolica).

Dalla Enc. del Papato, ricaviamo meglio certi mali della curia romana di quell'epoca, specialmente per quanto riguarda lo sfarzo ed il nepotismo. Sotto Innocenzo VIII (1484- 1492) il male continua a svilupparsi. Si capisce perché Lutero abbia potuto dire che a Roma tutto era venale e che non si otteneva nulla senza denaro. Inoltre, Innocenzo VIII ci offre lo spettacolo inammissibile di un papa

che favorisce non più dei nipoti indegni ma addirittura un figlio illegittimo, Franceschetto Cibo.

Sotto questo papa malaticcio, debole, amante del lusso, la corte romana decade               moralmente.

Non cattolico. Mi compiaccio per la tua sincerità e per il tuo coraggio nel riferire tanti mali di questo papa e della curia romana.

Cattolico. A dire la verità io non faccio nessuno sforzo, anche quando tale verità sia negativa nei confronti della Chiesa di Cristo.

Ti ho detto già diverse volte che il pontefice resta uomo come tutti gli altri e che l'assistenza e la presenza di Gesù e dallo Spirito Santo è donata principalmente per la preservazione. da errori sulla sulla morale. Bisogna anzi pensare che il Signore può permettere che il Vicario di Cristo cada in difetti anche gravi. La meraviglia non consiste nel fatto che il papa non cada in errori personali,  ma che egli, nonostante le sue debolezze, non cada mai in errori dottrinali.

Non cattolico. Ora parlami di Alessandro VI (1492), il quale ebbe prima e durante il suo pontificato, almeno nove figli.

Estremamente deplorevole la condotta di questo pontefice nei rapporti col figlio Cesare, nominato vescovo e cardinale. Alla figlia Lucrezia, poco più che giovanetta, Alessandro VI lasciava in sua assenza la reggenza della Chiesa (R. Verardo, O.P. “Il volto del Protestantesimo europeo", Torino, Ed. Lice, 1961, p. 326).

 

Catto1ico. Su questo papa le notizie delle tre solite enciclopedie in genere concordano. Dalla Enc. UTET, si apprende che, venuto in Italia, studiò diritto a Bologna, poi fu fatto dallo zio, Callisto III, cardinale e vicecancelliere della Chiesa. Per quanto avviato alla carriera ecclesiastica, condusse vita scostumata e da Vannozza Catanei ebbe vari figli: Giovanni, Cesare, Ioffrè e Lucrezia. Alla morte del pontefice Innocenzo VIII, il cardinale Borgia, intrigando e promettendo largo compenso al suo rivale cardinale Ascanio Sforza, fu eletto pontefice ed assunse il nome di Alessandro VI (11.8.1492-18.8.1503), ma anche in questo altissimo ufficio continuò nelle sue anteriori abitudini mondane, per quanto si dimostrasse intelligente ed abile nella trattazione degli affari e anche nell'amministrazione pastorale della Chiesa.

 

Non cattolico. Vedo che anche questa volta sei d'accordo con me, e ti ammiro per questa tua sincerità.

Cattolico. Io ti sto riferendo poche notizie e solo quelle che possono riguardare Alessandro VI come tu lo hai presentato. Ma continuiamo per sapere ancora qualche cosa su di lui. Quanto sto per dirti ora lo ricavo dalla Enc. Cattolica, limitandomi sempre a poche notizie. Alessandro VI papa. Rodrigo Borgia, nato nel. 1430 o '31 a Xativa, in provincia di Valenza da Jofrè e da Isabella, sorella di Alfonso, il futuro papa Callisto III, tenne il pontificato dal 1492 al 1503. L'ascesa del cardinale Alfonso Borgia alla dignità pontificia (1455) segnò l'inizio della sua sorprendente fortuna, sino a sedere sul soglio pontificio con l'universale plauso dei romani, che tanto dovevano poi detestarlo, e le congratulazioni di quasi tutte le potenze, segno chiaro della situazione politica e morale del tempo. I primi atti di governo furono veramente lodevoli, ma ben presto nepotismo e corruzione ebbero il sopravvento. Col 1498, che vide, il 23 maggio, in Firenze, il supplizio di Frá Girolamo Savonarola già scomunicato nel 1497 dal Pontefice per la irriducibile opposizione alla sua persona e alla sua politica, ha inizio il secondo periodo di pontificato di Alessandro VI, contrassegnato dalla potenza militare e politica di questo papa. Il pontificato di Alessandro vide avvenimenti di somma importanza non solo politica, ma anche religiosa e culturale, vide soprattutto la scoperta dell'America e di altre terre che fecero grandemente prosperare le missioni cattoliche che presero sviluppo veramente magnifico anche per il valido contributo del Papa, il quale non mancò di concedere grandi privilegi ai missionari delle nuove cristianità. Inoltre Alessandro VI mise grande impegno nel difendere la purezza della dottrina cattolica contro l'imperversare delle eresie, e nel proteggere gli ordini religiosi.

 

Non cattolico. Come vedo anche l'Enc. Cattolica mi dà ragione perché mette in evidenza il nepotismo e la corruzione di questo papa.

 

Cattolico. Tutti sanno che Alessandro VI è stato un papa tutt'altro, che santo. Però dobbiamo ascoltare anche l'Enc. del Papato, di data più recente delle due precedenti, e, quindi, più aggiornata criticamente.

Sempre riportando solo poche notizie, riferisco il pensiero di detta enciclopedia tratto dalle pagg. 55°-551 del I volume.

... Con Alessandro VI (1492-1503), si apre, come dice l'annalista ecclesiastico, Raynaldi, “l’era dello scandalo e dell'ignominia" per la Chiesa. Però dobbiamo essere giusti. La storia ormai ha imparato a distinguere in Alessandro VI, il principe, il papa e l'uomo privato. Il principe è veramente senza pari. Prudente, misurato, esperto negli affari, lungimirante e giusto. E' uno dei più notevoli amministratori e politici del suo tempo.

Se dal principe passiamo al papa, l'impressione generale non resta meno favorevole. Oggi tutti ammettono che Alessandro VI non venne mai meno ai suoi doveri esterni di capo della Chiesa: protesse gli ordini religiosi, difese la libertà della Chiesa contro il potere secolare, promosse il culto mariano, introdusse cause di canonizzazione, celebrò con magnificenza il giubileo del 1500, inviò in Germania un santo legato, il cardinale Peraudi. La sua formidabile e celebre questione col frate riformatore, fra Girolamo Savonarola, lo mostra in una luce che non è cosi spiacevole come potrebbe sembrare. Se lo zelo e l'entusiasmo religioso stanno dalla parte del frate ferrarese, la moderazione e la saggezza umana sono dalla parte del papa indegno. La profonda pietà non ha impedito al Savonarola di diventare un frate ribelle; mentre i vizi non hanno impedito ad Alessandro VI di aver dalla parte sua il diritto dell’autorità suprema. Ma se il principe e il papa possono facilmente. essere difesi e anche ammirati, l'uomo privato però lo è veramente assai di meno. Mi fermo qui e aggiungo solo un episodio vivo, dei nostri giorni, riguardante questo papa.

L'On.le Oscar Scalfaro, ex presidente della repubblica, va quasi tutti i giorni a pregare sulla tomba del papa Alessandro VI. Gli hanno fatto osservare: "Proprio su

questa tomba vieni a pregare?". “Si, ha risposto l'onorevole". E perché? "Perché vengo a ringraziare Iddio, il quale ci illumina anche con "lampadine fulminate!".

 

Non cattolico. Quindi anche su questo papa sei d'accordo con me?

 

Cattolico. Abbastanza, come avrai potuto costatare. Soltanto che non mi risulta che abbia avuto figli durante il suo pontificato, e non mi sembra neppure vero che lasciasse la sua figlia Lucrezia, poco più che giovanetta, a reggere la Chiesa in sua assenza.

Io non nego che le tue notizie siano riportate da storici, ma può facilmente trattarsi delle solite esagerazioni anticlericali magari raccolte da altre fonti poco attendibili.

 

Non cattolico. Su Giulio II (1503), ho il piacere di riferirti notizie non sospette, tratte dalla stessa Enciclopedia Cattolica. "Fu un impetuoso e collerico, intemperante, o piuttosto sregolato nel mangiare e nel bere. Moralmente non fu, in giovinezza almeno, incorrotto e forse a questo si deve attribuire una disonorevole malattia, che lo tormentò fino agli ultimi anni" (Enc. Cattolica).

 

Cattolico. Ho aperto l'Enciclopedia Cattolica e sono rimasto abbastanza contrariato: su Giulio II ho dovuto leggermi circa otto facciate: da pag. 750 a pag. 758! A pag. 756 trovo scritte le seguenti parole: "Fu impetuoso, collerico, spesso violento, intemperante o piuttosto sregolato nel mangiare e nel bere, ond'ebbe voce, forse ingiusta, di vecchio imbriaco" (cf A. Luzio, Isabella d'Este di fronte a Giulio II, in Arch. storico lomb., p. 29, n. 1). Dopo tali parole seguono questi commenti, dello stesso Luzio:. “Moralmente non fu, in giovinezza almeno, incorrotto e forse a questo si deve attribuire una disonorevole malattia, che lo tormentò fino agli ultimi anni; ma fu migliore di quello che fossero nell'età sua i più, anche prelati o pontefici; quanto si disse di uno sconcissimo vizio di lui, già vecchio e Papa, fu assai probabilmente infondata malignità. Ma egli ebbe "core et animo grande" (A. Luzio, l.c., p. 119); rude schiettezza, tenacia irremovibile, attività prodigiosa, energia fisica e spirituale “terribile" (M. Sanuto, Diari, XI, col. 741 e altrove più volte), cioè, com'era inteso allora l'epiteto, superiore al comune; che non andava tuttavia disgiunta da delicatezza di sentimenti e, nelle ore migliori, da piacevolezza festiva. Sebbene i suoi nemici abbiano gettato ombre fin sulla sua ortodossia, fu uomo di ferma fede e di schietta pietà: il suo motto "Dominus mihi adiutor: non timebo quid faciat mihi homo" era testimonianza sincera della sua fiducia incrollabile in Dio.

Poco prima che Giulio II, la notte dal 20 al 21 febbr. 1513, incontrasse la morte "con tanta devotione et contritione che pareva un santo" (A. Luzio, l.c., p. 416), il popolo romano lo aveva festeggiato come liberatore d'Italia e trionfatore dello scisma; a lui morto furono resi onori quali forse a nessun altro pontefice: anche gli avversari suoi lo piangevano con lacrime abbondanti perché egli aveva strappato tutta l'Italia, tutta la cristianità dal giogo dei Francesi e dei barbari. Egli stesso, nei colloqui con il suo cerimoniere Paride de Grassi, disse di essere stato plus quam martyr (= più che martire), perché aveva lottato e, sofferto per Cristo.

Si può dubitare dei suoi titanici sforzi per realizzare e raggiungere tanti alti scopi da lui perseguiti... però egli rimane innanzi alla storia un uomo di rette intenzioni, di tempra fortissima. Grande principe e grande italiano, se non grande Pontefice; gigantesca figura, quale Michelangelo idealizzò mirabilmente nel Mosè del suo monumento sepolcrale.

 

Non cattolico. Scusa, ma tutti questi elogi da dove li ricavi?

 

Cattolico. Proprio da quell'Enciclopedia Cattolica dalla quale hai tratto le tue giustificate accuse su di lui. E di elogi ce ne sono ancora, ma bastano quelli ricordati.

Anche di accuse ce ne sono ancora. Nella Enciclopedia del Papato, per esempio, leggiamo che gli stessi vizi di Alessandro VI non hanno forse fatto tanto male alla Chiesa quanto lo spirito battagliero e nazionalista di Giulio II. L'oratore veneto Giustinian - tutt'altro che tenero per papa Borgia - dopo appena un anno del pontificato di Giulio II scriveva al Doge di Venezia- "Si rimpiangono i tempi di Papa Alessandro". Questi (Giulio Il) infatti s'immischia focosamente nelle questioni tra Stato e Stato. Solleva gli italiani contro i "barbari" ma questi barbari sono anche suoi "figli".

Il papato con lui pare aver dimenticato di essere strumento indispensabile dell'unità e della fraternità cristiana. Il papa è scomparso dietro il principe. Con Giulio II, il carattere italiano del papa si è accentuato. E' significativo che, nei testimoni contemporanei, le invettive contro Giulio II siano ancor più frequenti e più acerbe di quelle contro il suo predecessore, benché la sua vita privata, sul trono, sia corretta, se non edificante. Lutero lo chiama Blustsaufer, "bevitore di sangue", perché fu un patriota italiano quasi tanto quanto fu un papa.

Non fa meraviglia che il nazionalismo tedesco, suscitato dagli umanisti rivoluzionari e più ancora da Martino - che la Curia, in seguito alle proteste contro la "politica delle indulgenze", minacciò con i suoi fulmini - abbia finito con l'esplodere. L'odio per il papato fu una delle cause più importanti della rivoluzione protestante, come è dimostrato dal fatto che questa fu la caratteristica più costante che restò sotto tutte le forme prese da questa rivoluzione dalle cento teste.

 

Non cattolico. In fine dei conti mi dai pienamente ragione. Di questo ti ringrazio, mentre ammiro il tuo coraggio e la tua sincerità.

 

Cattolico. Ancora una volta ti dico che non faccio un grande sforzo ad essere sincero e ad attenermi alla verità storica, perché è la stessa Chiesa da te contestata che ci comunica coraggiosamente tutta la sua storia con tutte le sue luci, ma anche con tutte le sue ombre.

Una cosa vorrei farti capire che tu, per i tuoi pregiudizi e per i tuoi atteggiamenti non riesci a comprendere, come non riuscì a comprendere Lutero e compagni.

 

Non cattolico. Cosa mi vuoi far comprendere?

 

Cattolico. Che “se il papato e la Chiesa Cattolica fossero state istituzioni umane e, quindi, periture, i papi del Rinascimento, e in particolare Alessandro VI e Giulio II, li avrebbero condotti alla tomba. Ma l'aver resistito a una simile prova è uno dei segni non trascurabili della loro divinità e della loro perennità”. Le parole di Gesù dimostrano la loro forza e la loro sicurezza divine (cf Enc. del Papato).

 

Non cattolico. Quali sono queste parole di Gesù?

 

Cattolico. “... Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l'hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. Ed io ti dico: 'Tu sei Pietro e su questa Pietra edificherò la MIA CHIESA E LE PORTE DEGLI INFERI NON PREVARRANNO CONTRO DI ESSA... '- (cf Mt 16,13-20).

E' chiaro che Gesù parla della "Sua" Chiesa, ossia di una Chiesa una ed unica, quella fondata da Lui su Pietro e che permane incorrotta - nonostante tutte le debolezze umane - perché le forze avverse, ossia il tempo e l'errore, non avrebbero mai prevalso contro di essa.

Tutte le altre Chiese fondate da uomini (vedi Lutero, Calvino, ecc. ecc.) non sono la Chiesa di Cristo.

 

 

Non cattolico. Dopo Giulio II, chiedo notizie sul papa Leone X (1513). Creato cardinale a 13 anni, non poteva rinunziare ai piaceri della caccia e del teatro nemmeno nei giorni più critici della storia della Chiesa (R. Verardo, op. cit., p. 327).

 

Cattolico. Ci troviamo di fronte ad un elemento un pò complesso e con marcati difetti, come il fratello non cattolico ci fa presente. Anche per Leone X ho consultato le tre solite enciclopedie. Con sfumature diverse esse ci raccontano la stessa storia.

Dalla Enc. UTET. Leone X, Giovanni dei Medici (nato a Firenze nel 1475, morto a Roma nel 1521). Fu papa dall'11.3.1513 all'l.12.1521. Era il secondo figlio di Lorenzo il Magnifico e di Clarice Orsini. Fu dal padre destinato alla carriera ecclesiastica appena nacque. A sette anni ricevette la tonsura, a 13 anni fu elevato alla dignità cardinalizia.

Innocenzo VIII proibì che per i prossimi tre anni portasse le insegne del suo grado né prendesse parte ad atti del collegio cardinalizio. Crebbe in mezzo alla splendida Corte medicea, ricevette una raffinata educazione classica. Studiò teologia e diritto canonico. Il 9.3.1492 vesti le insegne cardinalizie; il 22.3 entrò in Roma e l'indomani fu ammesso all'udienza del papa. Il mese successivo tornava a Firenze per la morte del padre; ma in luglio entrava in conclave per l'elezione del nuovo papa. Per situazioni avverse alla sua famiglia si allontanò dall'Italia e vi rientrò nel maggio del 1500, cioè quando la situazione politica era abbastanza cambiata. Si stabilì a Roma nel suo Palazzo Madama che divenne luogo di convegno dei maggiori letterati, artisti e studiosi. Degno di nota è che in un ambiente come la Roma del secolo XVI la condotta morale di lui fu irreprensibile e se gli piacque la compagnia degli artisti e dei letterati non fu, come si disse da taluno, un nemico degli studi sacri e tanto meno un pagano. Quando nell'agosto 1511 il papa si ammalò e parve in pericolo di morte, il card. dei Medici fu, tra quelli che cominciavano a prepararsi alla successione, il più attivo. Poi il papa, quasi miracolosamente, guarì; ed egli ebbe, quasi a compenso della delusione, la legazione a Bologna (1.10.1511). Varie furono le vicende politiche. Il 14.9.1512 egli rientrò in Firenze, dove un moto della fazione medicea aveva, senza spargimento di sangue, rimesso la signoria ai Medici. Egli e il fratello Giuliano si adoperarono a spegnere odii e rancori, a mostrarsi concilianti e indulgenti per guadagnarsi il favore popolare.

Il 23.2.1513 il papa (Giulio II) morì e il cardinale Giovanni si recò prontamente al conclave. Non aveva competitori temibili e riuscì eletto senza contrasti. Poiché non era che diacono, il nuovo papa, che prese il nome di Leone X, ricevette, il 13.3.1513, l'ordinazione sacerdotale, e il 17 quella episcopale; il 19 fu incoronato.

Le vicende del suo pontificato furono piuttosto agitate per le varie e cangianti situazioni politiche, non sempre favorevoli, molto varie e non senza intrighi. Nella notte tra l'l e il 2 dicembre 1521 morì, quasi improvvisamente. Numerosi apparvero i nemici a insultare la sua memoria. Colui che aveva fatto ogni cosa con magnificenza fu sepolto in modo quasi miserabile.

Fu grande amico degli studi e delle arti e predilesse soprattutto l'umanesimo e la letteratura. Arricchì la biblioteca vaticana di numerosi cimeli bibliografici. Amò anche le cerimonie fastose, le riunioni mondane, il teatro, la musica, in modo che parve spesso sconveniente per chi sedeva sulla cattedra di S. Pietro.

 

Dalla Enciclopedia Cattolica.

 

Il principe. Nel Conclave che seguì alla morte di Giulio II, giurò con gli altri una capitolazione che restringeva assai l'autorità pontificia; ma, secondo il costume, non la mantenne poi. Fu eletto papa senza simonia, come atto ad "acquietare la povera Italia et assestare la Chiesa". Come reggitore dello stato papale, mantenne sicurezza e pace; promosse l'agricoltura; pensò al prosciugamento delle paludi pontine. Generalmente mite, benevolo anche agli Ebrei, ai quali concesse fin l'impianto di una stamperia a Roma; attirò in corte con “bone parole" Gian Paolo Baglioni, signore di Perugia, e lo mandò a una morte, del resto ben meritata.

E una congiura, probabilmente esagerata ad arte, contro la persona del Papa, fu punita acerbamente con la morte dei card. Alfonso Petrucci, e con la prigione di altri 4 cardinali, che solo con enormi somme ottennero il perdono (1517); forse il bisogno di denaro fu una delle cause principali di questo intrigo. Poiché l'inconsiderata liberalità e le enormi spese della guerra di Urbino non soltanto condussero Leone a dissipare il tesoro di Giulio II, ma lo spinsero a procurare denaro con aggravamenti d'imposte, decime e giubilei e indulgenze, i cui proventi non sempre erano rivolti agli alti fini annunziati.

 

Il mecenate. Letterati ed artisti esaltarono Leone con entusiastiche lodi. Di Roma, cresciuta assai di popolato ne volle fare il centro anche intellettuale e artistico del mondo. L'oscurità del periodo che seguì alla morte di Leone, fece apparire più luminosa l'età sua, onde ebbe nome da lui il secolo; ma anche quanto a mecenatismo, egli rimase inferiore al grandissimo Giulio.

 

Il pontefice. L'attività più strettamente religiosa di Leone fu non trascurabile certo, ma inadeguata al bisogno ed al pericolo di quell'ora gravissima per la Chiesa.

Leone poté invece continuare il Concilio Lateranense V, aperto da Giulio II, proponendogli come fine il ristabilimento della pace, la condanna degli errori, la riforma della Chiesa. Furono condannate (19.12.1513) le dottrine sulla mortalità dell'anima individuale e sull'anima collettiva, e la teoria della duplice verità, razionale e rivelata; e ai sacerdoti, che volevano coltivare gli studi umanistici fu imposto di studiare prima per 5 anni teologia e diritto canonico. Si promulgarono decreti che toglievano alcuni abusi nella Curia, tendevano a migliorare la scelta dei Vescovi e degli Abati, a porre un freno alle commende.... a elevare il tenore di vita religioso e morale del clero e del laicato... Anche fuori dell'attività spiegata nel concilio, Leone non si dimostrò insensibile alle diverse necessità del governo della Chiesa. Favorì gli ordini religiosi ed in particolare quello dei Minimi, dei quali canonizzò il fondatore, S. Francesco di Paola (1.5.1519); dopo aver tentato di riunire tutto l'ordine francescano, sanzionò la divisione fra Conventuali e Osservanti (1517); pubblicò bolle contro la magia, la divinazione, il duello; approvò la “Compagnia del Divino Amore". Stabilì relazioni cordiali con i maroniti e i greci uniti. Tentò di avvicinare alla Sede Romana gli etiopi e i russi. Alzò la voce contro la schiavitù degli indiani e cercò di proteggerli dalla violenza dei conquistatori. Ma troppi scandali di prelati e di cortigiani tollerò intorno a sé; fu troppo amante di caccia, di feste profane, di spettacoli Nella stessa creazione di cardinali se furono compresi uomini degni, troppi altri furono accolti, che dovevano la porpora a parentela o amicizia col papa, a motivi politici, allo sborso di somme ingenti. Questo contegno suo svalutava i propositi e i tentativi di riforma. Di fronte alle nuove dottrine diffuse in Germania da Lutero dimostrò fin eccessiva tolleranza. Esitò lungamente a pronunciarsi nella battaglia fra teologi e umanisti a proposito delle opere di Reuchlin, e solo il 23.6.1520 condannò l 'Auginspiegel.

La figura.    Era nella persona di Leone un singolare contrasto. Alla figura enorme ed obesa, col volto floscio e i miopi occhi sporgenti, idealizzata da Raffaello, si contrappongono la voce armoniosa, la parola eloquente, il tatto amichevole e talora affascinante. E lo stesso contrasto, proprio, d'altronde, di quell'età, era nel suo carattere spirituale. Sinceramente credente, pio, onesto nel costume, largamente benefico, era insieme bramoso di "vivere e godere la vita", aveva "in orrore ogni fatica" e non voleva "fastidi"; era prudente si, ma dubbioso, timido, coperto nei disegni, non schivo di doppiezza e di falsità, troppo amante dei suoi. Morì con segni di schietta pietà. Ma non fu compianto, anzi fatto segno ad accuse atroci ed ingiuste.

 

Non cattolico. Anche questa volta devo apprezzarti per il coraggio che hai avuto nel riportare il cattivo comportamento del papa Leone X.

 

Cattolico. Giustamente, ti ho detto anche tanto cose buone che ha fatto. Ma io non ho finito, perché ho da dirti ancora diverse cose.

 

Non cattolico. Dimmi, che io sono tutto orecchio per ascoltarti.

 

Cattolico. Nell'enciclopedia del Papato non c'è quasi nulla di nuovo. C'è solo da rilevare che l'affare delle indulgenze provocò la rivolta di Lutero (1517), che generò una Rivoluzione. Questa deve attribuirsi, in buona parte, alla deplorevole politica di magnificenza di Leone X ed all'opposizione dei crescenti nazionalismi alle idee medioevali di Cristianità.

Leone X condannò Lutero e lo scomunicò.

Sotto il suo pontificato cominciò anche la riforma cattolica spontanea, specialmente con l`Oratorio del Divino Amore" da lui approvato. Questo fu un gran merito di Leone X, che spinse la riforma sino al felice epilogo nel Concilio tridentino.

 

Non cattolico. E' tutto questo che dovevi dirmi?

 

Cattolico. No. Non ho finito. Io voglio parlarti un pò della figura dei cardinali, perché tu, e anche noi cattolici, possiamo conoscere certi problemi ecclesiastici per renderci meglio conto della evoluzione storica dei medesimi.

L'aggettivo cardinalis richiama innanzitutto l'idea di fissità, stabilità, di legame con una Chiesa. L'aggettivo deriva da cardo, che significa cardine della porta, perno. Per molto tempo non fu riservato ai soli dignitari del clero romano. Il papa Zaccaria, scrivendo a Pipino il Breve nel 748, parla di obbedienza dovuta dai preti della campagna ai vescovi e ai preti cardinali.

 

A Parigi, nel secolo IX, i preti cardinali assistono il vescovo quando pontifica nelle feste solenni. Il participio incardinatus, incardinato, analogo all'aggettivo cardinalis, indica talvolta piuttosto la dipendenza da una diocesi che l’appartenenza ad una Chiesa particolare. Così i vescovi suburbicari di Roma, benché abbiano una diocesi propria, sono incardinati alla Curia romana. Ma il primitivo significato della parola cardinale è andato a mano a mano scomparendo davanti a quello di “principale”, di "eminente". Nei secoli VII e VIII, a Roma, i cardinali sono i membri principali, i proceres del clero. In altre città i cardinali erano alla testa del clero. Ma a poco a poco il titolo fu riservato ai principali personaggi della Curia del Sommo Pontefice; e questo era già un fatto compiuto quando, nel 1567, Pio V proibì di usarlo in chiese diverse da quella di Roma. A Roma troviamo l'uso della parola cardinalis per alcuni membri del clero, sotto il pontificato di Gelasio (492- 496). Nel Concilio del 769, si legge che conviene che il papa sia scelto tra i cardinali preti o diaconi. A partire dal sec. VIII l'espressione cardinale-prete è ormai corrente. Nel sec. X c'è un solo cardinale prete per titolo. A partire dal sec. X, il termine cardinale fu sempre meno usato fuori Roma, tanto che quando Pio V, nel 1567, lo riservò ai soli alti dignitari della Curia romana, esso era già da tempo scomparso dal vocabolario abituale della cristianità.

Alla fine del sec. IX, Giovanni VIII (872- 882), pubblicò la prima costituzione che riguardava i candidati predestinati al papato, e organizzò i concistori in cui essi si sarebbero dovuto occupare sia del governo della diocesi di Roma sia di quello delle altre diocesi. Nel 1059, la costituzione Romanus Pontifex di Niccolò III organizzò il concistoro ridandogli vita per far dei cardinali i suoi consiglieri abituali. Da allora la loro dignità è posta dai Sommi Pontefici al di sopra di tutte le altre. Sisto V, nel 1856, stabili il numero dei cardinali a 70, a immagine dei 70 anziani che assistevano Mosè.

Il Codice di Diritto Canonico suppone questo numero e determina la proporzione dei membri di ogni ordine: 6 vescovi, 50 preti, 14 diaconi. Nel 1963 i cardinali erano 82, nel 1992 sono 158, di cui solo 39 italiani e gli altri 119 stranieri.

In un primo momento i cardinali sono scelti solo a Roma, col sec. XI vengono nominati anche fuori del clero romano, ma con l'obbligo di rinunziare alle loro sedi e di risiedere nell'Urbe. In seguito, ogni cardinale estraneo alla Curia romana che viene a Roma, può lasciare questa città solo col permesso del papa.

I sovrani, a partire dal sec. XIV chiesero ai papi il cappello cardinalizio per onorare un loro parente, per ingraziarsi una famiglia potente, per ricompensare un affezionato consigliere, e spesso desideravano avere presso di loro quelli che venivano in questo modo creati cardinali.

Oggi i cardinali vengono scelti liberamente dal Sommo Pontefice in tutta la terra.

Il Codice esige il sacerdozio, cosa che prima non veniva richiesta dal diritto. Ne consegue che di diritto il cardinale deve avere almeno 24 anni finiti, età richiesta per il sacerdozio. Un tempo si sono visti cardinali da 16 a 20 anni, e anche uno di 11 anni, Odet de Chatillon, fratello di Coligny, e uno di 8 anni, Luigi di Borbone, figlio di Filippo V di Spagna, che rinunziò al porporato quando divenne più grande. I cardinali devono essere - secondo il Codice - "insigni per dottrina, per pietà e per prudenza nel trattare gli affari".

Sono esclusi i bastardi, anche se legittimati da un susseguente matrimonio, i padri di famiglia, anche se ordinati in sacrís dopo la morte della legittima consorte; i fratelli, gli zii, i nipoti e cugini di un cardinale ancora in vita.

Il papa, autore della legge, può dispensar da questi limiti imposti dal Codice. Però egli usa questo potere con discrezione e per giusti motivi. Per esempio, al febbraio 1961, nel Sacro Collegio erano due fratelli cardinali. Col papa Giovanni XXIII è stato decretato che i cardinali dovranno essere tutti vescovi.

 

Dopo tutto quello che ho detto, non ci dovremmo meravigliare né scandalizzare se nella storia della Chiesa si sono avuti dei papi non perfetti, anzi con molti e anche gravi difetti.

Piuttosto è da meravigliarsi come, per esempio, un Leone X, destinato dal padre, fin dalla nascita, alla carriera ecclesiastica, abbia potuto fare anche cose buone e spingere con forza costanza, la Chiesa alla riforma, nonostante ostacoli e opposizioni che sembravano insormontabili.

Abbiamo già detto che egli crebbe in mezzo alla splendida Corte medicea, e che, stabilitosi a Roma, nel suo Palazzo Madama, circondato dai maggiori letterati del tempo, da artisti e studiosi, lo troviamo di una condotta morale irreprensibile in mezzo alla corruzione della Roma del sec. XVI.

Come mai tutto questo? Noi pensiamo e diciamo: la Divina Provvidenza non poteva abbandonare la Sua Chiesa. Anzi voleva dimostrare - come in tanti altri simili casi - che nonostante tutto, Ella avrebbe preservata la Sposa di Cristo da qualunque errore sulla fede e sulla morale.

Conoscendo la storia, ormai non ci scandalizziamo che il cardinale dei Medici, eletto papa, viene ordinato sacerdote, dopo qualche giorno vescovo e poi incoronato Pontefice Massimo.

 

In conclusione, la vita di Leone X e degli altri papi "incriminati" che stiamo studiando e considerando, ci dice che, nonostante i meandri, gli ostacoli, la diversità del terreno attraversato, un grande fiume resta sempre tale, dalla sorgente alla foce; esso ha quasi una personalità morale, perché trasporta le stesse acque nella stessa direzione generale. Per le stesse ragioni lo Stato Pontificio, lungo il corso dei secoli, ha la stessa unità, e dal sec. VIII esso porta la barca di Pietro ora in acque placide ora tra rapide, ma sempre nella stessa direzione. Fondato per assicurare l'indipendenza materiale e morale alla Santa Sede, ha reso sempre gli stessi servizi essenziali alla Santa Chiesa. Molti sono i capitoli scritti dalla Chiesa di Cristo lungo i secoli per gli adattamenti del potere temporale alle condizioni di vita civile e politica della società, ma in un "libro", qual'è la Storia del Cristianesimo, la Chiesa eterna ne scriverà ancora molti altri!...

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01/09/2009 08:29

Non cattolico. Prego di darmi notizie del Papa Paolo III (1534), il quale fu padre di quattro figli. Praticò un nepotismo fuori di misura. Per tutti gli atti di qualche importanza, per Concistori, udienze, viaggi, egli si faceva fissare dagli astrologi il momento favorevole. Nominò cardinale il nipote Alessandro Farnese, in età di 15 anni, e il nipote Guido Ascanio Colonna, in età di 16 anni (L. Von Pastor, V, pp. 15, 22, 26).

Cattolico. Mi risparmio dal dare notizie dettagliate su questo papa, e mi limiterò a quelle indispensabili per un profilo della sua figura e del suo ruolo avuto nella Chiesa del suo tempo.

Le notizie negative riportate sopra sono poco difendibili: la storia ci dice effettivamente che prima di essere eletto papa, aveva avuto quattro figli da una nobile romana. E' innegabile pure che l'aspirazione del Papa di dare alla sua famiglia un posto tra.le case principesche italiane abbia esercitato il suo influsso in tutta la sua condotta politica ed ecclesiastica. La creazione della dinastia dei Farnese a Parma fu l'ultima manifestazione grandiosa di nepotismo papale.

Non cattolico. Anche per questo papa ti ammiro per la tua sincerità nel deprecarne i difetti.

Cattolico. Io ti ringrazio per la tua ammirazione. Però ho anche il dovere di informare te ed i nostri lettori del bene fatto dallo stesso papa. A lui appartiene l'onore d'aver cominciato la riforma ufficiale della Chiesa. Fu lui l'immagine perfetta dell'evoluzione del papato, in quei tempi vivaci e ardenti. Aveva avuto una gioventù poco regolare. Conservò fin sul trono pontificio certe riprovevoli predilezioni per i suoi figli illegittimi. Ma capì la necessità della riforma, l'abbracciò con forza e continuità, la volle con tutto il vigore della sua volontà agile e forte insieme. Più che un diplomatico abile, più che un politico perseverante e accorto, fu un vero capo della Chiesa, un uomo di fede e di zelo. Le difficoltà che Paolo III dovette superare furono molte e tali da sembrare insormontabili. Il merito grande e la sua caratteristica geniale, fu di capire che soltanto il concilio poteva riformare la Chiesa, d'accordo col papato, ma che non conveniva al papato aspettare la riunione dei concilio per lasciarsi imporre la riforma.

Lutero chiedeva un concilio. Bisognava ad ogni costo strappargli di mano questo argomento contro Roma. Il concilio dunque si farà, ma si farà convocato e diretto da Roma. Inoltre Paolo III capì chiaramente che sarebbe stato non solo inopportuno ma pericoloso affidare al concilio la riforma della Curia.

La riforma dunque doveva essere fatta in questo modo: il papa deve riformare la Curia, il concilio, appoggiato dal papa, deve riformare il resto della Chiesa. E a mano a mano che sorgeranno difficoltà, il papa, vegliardo energico e tenace, saprà dar corpo al suo piano primitivo, completarlo, condurlo a termine.

Uno degli atti più importanti del papa, nella questione della riforma, fu la creazione, nel 1536, d'una congregazione di prelati per preparare il futuro concilio. Le difficoltà da lui incontrate sono sufficientemente provate dai lunghi rinvii subiti dal concilio. Infatti esso fu aperto il 13 dic. 1545 a Trento e fu salutato dalle abbondanti ingiurie di Lutero, che aveva tanto richiesto un concilio generale ma soltanto per potere lui solo giudicare e condannare il papato.

 

Non cattolico. Comunque tutta questa storia del Concilio Tridentino non toglie la condotta riprovevole di questo papa.

Cattolico. D'accordo, ma bisognerà pur dire che egli fu molto stimato per la sua saggezza politica e per la sua grande esperienza; che fu eletto papa (13.10.1534) dopo un sol giorno di Conclave; che egli diede iniziò alla riforma della Chiesa convocando uomini eccellenti nel Collegio dei Cardinali. L'approvazione della Compagnia di Gesù, del 27 sett. 1540 e l'incremento dei Teatini, Barnabiti, Somaschi, e i tentativi di riforma degli Ordini più antichi, assicurarono alla Chiesa numerosi valenti collaboratori.

Fondando l'Inquisizione romana (1542) egli creò una autoritá centrale per la lotta contro il protestantesimo in Italia (cf Enciclopedia Cattolica e quella del Papato).

N.B. Niente di strano che possano essere delle dicerie diventate "storiche" le consultazioni di astrologi per fissare udienze e viaggi..."; e, seppure storicamente vere, il fatto in se stesso rimane piuttosto insignificante. E' bene tenere presente che L. Von Pastor lasciò diversi volumi incompiuti che furono poi completati da altri ai quali risalgono eventuali responsabilità. E' bene anche sapere che il Pastor era figlio di un protestante e che nei suoi scritti spesso la polemica prese la mano allo storico.

Non cattolico. Ora voglio chiederti, notizie di un altro papa, ossia di Giulio III (1550).    Leggiamo di lui: "I frivoli e sconvenienti scherzi con cui condiva i suoi banchetti mettevano non di rado in imbarazzo i suoi familiari. Assisteva alle rappresentazioni teatrali con cui terminavano i suoi banchetti. Anche le donne venivano invitate al Vaticano. Usciva a caccia, giocava di grosse somme con cardinali amici e altri confidenti e manteneva molti buffoni a corte; non aveva neppure scrupolo alcuno di intervenire a rappresentazioni teatrali sconvenienti" (L. Von Pastor, VI, pp. 3, 7, 46, 47).

 

Cattolico. Trovo conferma nelle varie enciclopedie da me consultate su quanto di negativo è riferito sopra. Anche Giulio III, come il suo predecessore Paolo III, si occupò del Concilio di Trento, (convocato da Paolo III nel 1545, concluso da Pio IV nel 1563), però dal punto di vista della riforma, il pontificato di Giulio III segnò piuttosto un regresso, rispetto a quello del suo predecessore.

Anche Giulio III dovette superare diverse difficoltà di ordine politico. Riconvocò per 1° Maggio 1551 il Concilio di Trento, ma in seguito alle minacce di Maurizio di Sassonia e dei protestanti, dovette sospenderlo (15.4.1552).

Nonostante nuove difficoltà, continuò a spiegare attività non trascurabile per la difesa e la propagazione della fede e l'opera della riforma.

Confermò l'Inquisizione romana, ma la tenne gelosamente immune da ingerenze di principi laici e fu piuttosto incline a mitezza: poche le esecuzione di eretici, era accordata l'assoluzione anche a chi abiurasse in segreto.

Si adoperò a mantenere nella fede cattolica la Polonia; promosse e festeggiò il ritorno dell'Inghilterra, con Maria Tudor, all'obbedienza di Roma, e al legato cardinale Pole accordò larghissime facoltà per la sanatoria ai possessori di beni ecclesiastici confiscati nel periodo dello scisma.

Nonostante tutti i suoi gravi difetti la storia ce lo ricorda colto, pio e generoso.

 

Non cattolico. Leggendo la storia ecclesiastica, incontriamo il papa Paolo IV (1555). Di lui trovo scritto (L. Von Pastor, VI, p. 359): "Innalzò al cardinalato suo nipote Carlo Carafa, che non poté nemmeno ricevere l'ordinazione sacerdotale non sapendo il latino. Era un rozzo soldato la cui vita scandalosa e sregolata era nota al pontefice, ma questi con 'motu proprio' lo assolse dai passati delitti".

 

Cattolico. Leggendo le solite tre enciclopedie (quella Cattolica, del Papato e dell'U.T.E.T.) si potrebbe dare una risposta storica, breve e giustificante.

E' vero che ingenuamente Paolo IV si lasciò impigliare dal suo indegno e intrigante nipote, Carlo Carafa, in una guerra disgraziata contro la preponderanza spagnola. Ma è anche vero che quando il Papa venne a sapere dal teatino Geremia la verità circa la vita indegna e la corruzione di suo nipote, il card. Carlo Carafa, e del duca di Paliano, li cacciò ambedue da Roma nel gennaio del 1559.

Non posso smentire che questo Papa abbia, con motu proprio assolto i delitti dei nipote, ma l'averlo espulso da Roma violentemente lascerebbe pensare o che tale assoluzione sia inesistente, oppure che gliel'abbia concessa prima di conoscere bene la condotta indegna del nipote.

Nel 1505 ebbe il Vescovato di Chieti, ove zelò la riforma della Chiesa. Fu nunzio in Inghilterra nel 1513; nel 1515 nella Spagna; nel 1518 fu eletto arcivescovo di Brindisi. Già in questo periodo della sua vita, egli seppe congiungere insieme un tenore di vita severamente ascetico e una formazione umanistica notevole. Dopo il suo ritorno a Roma, il Carafa entrò fra i membri dell'Oratorio del Divino Amore, si consacrò alle opere di carità e alla riforma delle sue diocesi di Brindisi e di Chieti.

Scelto da Adriano VI a collaboratore della progettata riforma universale della Chiesa, prese, dopo la morte del Papa, la decisione di rinunciare ai suoi vescovati e fondò con S. Gaetano di Thiene l'Ordine dei Teatini, di cui fu il primo superiore. In questo Ordine erano attuati i principi fondamentali della riforma cattolica: farsi vivo esempio agli altri di condotta sacerdotale e di attività apostolica.

Da Paolo III fu creato cardinale il 22.12.1536. Fu membro della Commissione che nel 1537 compose il celebre Consilium de emendanda Ecclesia. Ebbe ancora altri incarichi e fu, dal 1553, decano del S. Collegio.

Nel 1555 fu eletto Papa. Aveva 79 anni: ciò non gli impedì di zelare fortemente la causa della riforma. Ma le intense aspettative degli amici della riforma si cambiarono ben presto in disillusioni, perché, come ho già detto, il Papa, avverso come era agli spagnoli, si lasciò coinvolgere dal nipote in una guerra disgraziata.

Paolo VI, ammirevole per la sua vita severa ed ascetica, non seppe avere la misura e l'equilibrio politico, per cui si rese inviso a molti.

Il suo pontificato non apportò alla Chiesa la riforma universalmente attesa; tuttavia ne creò la premessa essenziale: l'energia del Papa Carafa cambiò totalmente l'aspetto della città di Roma e della Curia romana. La posteriore riforma tridentina non si può concepire senza lo spirito severo ed energico di papa Carafa. I resti di Paolo IV (morto il 18 ag. 1559) furono trasportati per ordine di S. Pio V a S. Maria sopra Minerva, dove la Cappella eretta da Oliviero, Carafa accoglie il monumento sepolcrale disegnato da Pirro Ligorio.

 

Non cattolico. In conclusione, dobbiamo ammirare questo Papa o condannarlo?

 

Cattolico. Per essere obiettivi bisogna far conoscere non solo i suoi difetti, ma anche i suoi pregi e tutto il bene che ha fatto e che ha tentato di fare.

 

Non cattolico. Ti prego darmi notizie di un altro papa: Gregorio XIII (1572). Ecco cosa troviamo scritto di lui: "Prestava fede alle profezie degli astrologi" (A. Duchesne, II, p. 1741). "Conferì cariche altissime al figlio Giacomo, di cui fece celebrare le nozze con grande pompa" (L. Von Pastor, IX, pp. 26 ss.)- Nel 1580 diede il suo appoggio a un complotto mirante ad assassinare Elisabetta I d'Inghilterra, atto che lo storico cattolico F.X. Seppelt definisce “un triste errore e un grave traviamento" (H. Kuhner, I tabù nella storia della Chiesa, Torino, Gribaudi, 1967, p. 46).

 

Cattolico. Ho consultato le tre solite enciclopedie, soffermandomi particolarmente sulla U.T.E.T. perché meno "sospetta" di quella Cattolica e di quella del Papato. Le mie ricerche hanno avuto lo scopo di trovarvi le notizie da te presentate e tratte dalle tre fonti indicate.

Tutto ciò che è positivo nei riguardi dei pontefice Gregorio viene sostanzialmente ripetuto da tutte e tre le enciclopedie. Dalla U.T.E.T. ricavo qualche particolare negativo più evidenziato che nelle altre due enciclopedie. Da questa fonte apprendiamo che Ugo Boncompagni, mentre era soltanto abbreviatore del Concilio di Trento, sotto Giulio III cadde in disgrazia per cause non note, e fu cancellato dal novero dei referendari. Però sotto Paolo IV rientrò in grazia come giurista e diplomatico. Con il nuovo Papa Pio V ebbe ripetuti dissensi. Dette la porpora (2.6.1572) a Filippo, figlio di suo fratello, affidandogli compiti di amministrazione, ma nessuna vera importanza. Prima di entrare nel sacerdozio, Gregorio XIII aveva avuto un figlio naturale, Giacomo (nato nel 1548); questi fu fatto (maggio 1572) castellano di Castel Sant'Angelo e nel 1573 comandante delle truppe pontificie. Nel 1576 Gregorio gli dette in moglie la ricca contessa Costanza Sforza di Santa Flora; nel 1577 Giacomo comprò il marchesato di Vipola per 70.000 scudi; più tardi acquistò, fuori dello Stato pontificio, il ducato di Sora e la contea di Arpino. Egli non ebbe influenza politico-ecclesiastica.

Gregorio XIII era assai laborioso, assai largo di udienze, ma conciso nei colloqui e rapido nelle decisioni. Di carattere serio e taciturno, fu peraltro incline a liberalità e molto fece per i poveri sovvenendo istituti d'educazione e monti di pietà, visitando ospedali, dando sommo per riscatto di cristiani fatti schiavi dai corsari musulmani.

Eletto papa a 70 anni compiuti, dimostrò subito eccezionale energia e volontà inflessibile di continuare l'opera di radicale rigenerazione della Chiesa iniziata da S. Pio V. Gregorio XIII in tutti gli anni del suo pontificato è impegnato senza posa nel rinnovare il mondo cattolico. Sotto di lui la Riforma cattolica e la restaurazione cattolica fecero passi immensi. Strumenti validissimi furono per Gregorio XIII l'Ordine dei Gesuiti, i Cappuccini, la riforma delle Carmelitane, la Congregazione dei Preti dell'Oratorio di S. Filippo Neri. Diede impulso alle missioni, favorì le scienze e le arti. Nel campo scientifico il Papa si occupò di una nuova edizione dei testi del diritto canonico, del Martirologio romano e. della riforma dei Calendario: fatto storico di grandissima importanza, quest'ultimo, al quale rimane legato il nome del Pontefice. Fallirono i tentativi di riunire alla Chiesa la Svezia e la Russia, fallì il tentativo di abbattere la regina Elisabetta d'Inghilterra, e in Francia rimase indecisa la lotta tra cattolici e calvinisti. Ma la sua strenua attività fu anche coronata da vittorie grandiose: così nei Paesi Bassi la causa cattolica riprese il sopravvento, la Polonia fu definitivamente riconquistata alla Chiesa e ivi sradicato il protestantesimo, in Germania il protestantesimo fu arrestato nel suo espandersi e molto del terreno perduto fu riconquistato dalla Chiesa.

 

Non cattolico. Ebbene, con tutto ciò cosa vuoi dimostrare?

 

Cattolico. Semplicemente che Gregorio XIII è stato un grande papa. E' facile che nel suo pontificato abbia avuto dei nemici, specie tra i protestanti. Tra gli avversari ci saranno stati, certamente, scrittori o storici, e, quindi, è facile comprendere le storture e le esagerazioni di cui ci hai dato notizia. E anche so quello che hai scritto dovesse essere tutto autentico, resterebbe ugualmente imponente la figura ecclesiastica di Gregorio XIII.

 

Non cattolico. Chiedo conto dei tre seguenti papi:

 

l. Paolo V (1605). Nominò cardinale a ventiquattro ami, suo nipote Scipione Caffarelli, e lo colmò di benefici e di cariche che gli procurarono grandi ricchezze. Ricchezze e favori il papa elargì ai fratelli, specialmente a Giovanni Battista. Sul figlio di costui concentrò tutto il suo affetto, conferendogli a diciannove anni il generalato della Chiesa (L. von Pastor, XII, pp. 44 e ss.).

 

2. Gregorio XV (1621). Il giorno dopo la sua incoronazione nominò cardinale il nipote Ludovico, al quale affidò la direzione degli affari ecclesiastici e civili più importanti, dandogli l'occasione di accumulare immense ricchezze (L. von Pastor X.E., p. 45).

 

3. Urbano VIII (1623). Arricchì enormemente la parentela. L'immenso arricchimento dei Barberini costituì per il pontificato di Urbano VIII la macchia più grande (L. von Pastor, XIII, p. 899).

 

Cattolico. Ancora una volta bisognerà confessare che le accuse di nepotismo rispondono ad una triste realtà. Il "nepotismo" potrebbe essere classificato tra le debolezze passate di diversi Papi ed ecclesiastici.

Questa malattia che infetta, generalmente, molte personalità civili ed ecclesiastiche, sembra sparita del tutto, o quasi, dalla Chiesa di Dio. Non si può fare a meno di costatare che il Signore ha permesso e permette che nella Istituzione ecclesiastica entrino anche uomini con l'evidente marchio della umana fragilità. Ciò permise, come tutti sappiamo, anche nel Collegio apostolico. Forse non sarà

dimostrato sufficientemente che tali debolezze Iddio le ha permesso, o volute, o addirittura ritenute necessario. Infatti, senza di esso potremmo pensare che la persona umana che Lo rappresenta visibilmente abbia delle capacità e virtù personali e particolari di bontà, di scienza, di infallibilità... mentre dobbiamo tutti sapere che Egli solo è il Santo, l'Onnipotente, l'Infallibile per natura, e noi siamo tutte povere creature soggette all'errore e al peccato. L'impeccabilità e l'infallibilità assolute sono solo di Dio, mentre l'infallibilità pontificia è una grazia, un dono proveniente dall'Alto, talché la natura umana viene in qualche modo condizionata dalla potenza divina che realizza così le sue categoriche promesse: ."Le porte degli inferi non prevarranno...".

Il fatto che in duemila anni nessun pontefice, buono o cattivo, è mai caduto in grave errore riguardante la materia della fede e della morale, è un prodigio che bisogna con grande umiltà e riconoscenza, ringraziano la Divina Provvidenza.

Non è difficile trovare tra i papi più incriminati uomini che hanno strenuamente difeso la dottrina cristiana, che si sono battuti anche eroicamente per la verità e che si sono impegnati a fondo per la diffusione della nostra fede.

 

a - Così, riferendomi a Paolo V, trovo scritto di lui che fu un grande papa. Gli si può soltanto la grande predilezione per i nipotI. Con lui infatti comincia l'immensa fortuna dei Borghese, che dovevano precipitare così pietosamente nella catastrofe finanziaria del 1891.

Paolo V ebbe molte benemerenze. Egli partecipò all'opera della riforma incoraggiando e approvando nuovi Ordini religiosi: Oratoriani Piaristi, Visitandine; favorì le missioni; si servì di nunzi presso le corti straniere. Dovette lottare a lungo con la Repubblica di Venezia, dove dominava l'influenza nefasta di Paolo Sarpi, lo storico tendenzioso del Concilio di Trento. Sotto il suo pontificato comincia e si sviluppa un magnifico movimento di riforma in Francia, con Francesco di Sales, Vincenzo dei Paoli, Berulle, Condren, Giangiacomo Olier, Giovanna di Chantal, Maria dell'Incarnazione, le Orsoline, ecc. (cfr Enc. dei Papato, I Vol., p. 564).

 

b - Per Gregorio XV mi limiterò a poche cose, anche se questo papa ha fatto molto: “Non vi fu forse altro breve pontificato (9 febbr. 1621 - 8 lugl. 1623) che lasciasse tracce così profonde, come quelle di Gregorio XV" (Enc. Cattolica).

Ebbe dal pontefice Gregorio XIII, suo concittadino, molti e delicati incarichi che assolse con tatto e con piena soddisfazione. Fu acclamato papa a 67 anni. E, sebbene malaticcio, scelse a collaboratore per gli affari il nipote Ludovico Ludovisi, che nominò cardinale a 25 anni, il 15 febbr. 1621. Lavorò nello spirito della Riforma tridentina e si dedicò specialmente alla formazione di un clero modello.

Il nipote completava magnificamente lo zio. Giovine, segretario di Stato, portò nella politica papale un impulso di energia fresca, che doveva assai giovare alla causa della restaurazione cattolica. Unico lato negativo nella vasta ed intelligente attività del card. Ludovisi fu che le grandi dignità, onori e benefici ecclesiastici e le vistose sue rendite gli consentirono di acquistare grandi fondi, palazzi e ville.

Con Gregorio XV saliva al soglio pontificio per la prima volta uno scolaro dei Gesuiti. Il suo pontificato fu molto ricco di saggi provvedimenti. Riformò la Costituzione pontificia si da eliminare simonie ed influenze estranee. Protesse i Gesuiti e i Cappuccini. Canonizzò S. Teresa, S. Filippo Neri, S. Pietro d'Alcantara.

Nel campo politico, con Gregorio XV la politica pontificia di assestamento raggiunse il suo apice.

 

c - Altra figura di papa intelligente e attivo è Urbano VIII, nato a Firenze, dove fu battezzato il 5 aprile 1568 col, nome di Maffeo Vincenzo Barberini. Si rese benemerito per molteplici incarichi ricevuti dai papi Gregorio XIV e Clemente VII. Nominato arcivescovo di Nazareth (ott. 1604) fu inviato nunzio a Parigi e l'11 sett. 1606 fu creato cardinale a 38 anni. Nel 1607 tenne il protettorato della Scozia; poi il vescovato di Spoleto, di cui restaurò il Duomo; fu legato a Bologna dall'agosto 1611 al 1614. Tornato a Roma, fu nominato prefetto della Segnatura di Giustizia e, morto Gregorio XV l'8 luglio 1623, dopo lungo Conclave, il 6 agosto 1623, fu eletto papa a 56 anni.

Prudente per temperamento e per l'esperienza negli affari, diffidò sempre dei cardinali che sapeva legati a sovrani, e volle imprimere un impulso personale al governo della Chiesa. Fu straordinariamente prodigo verso i familiari, di dignità e di rendite: il fratello Carlo fu nominato governatore di Borgo e generale della Chiesa; un figlio di lui, Francesco, fu nominato cardinale a 26 anni, un altro figliuolo, Antonio, ad appena 20; il fratello Taddeo, destinato a perpetuare la famiglia, ebbe la prefettura di Roma.

Tuttavia, gelosissimo della sua autorità, non diede loro parte alcuna nel governo della Chiesa.

Nel groviglio degli intereressi contrastanti delle potenze cattoliche si propose sempre un atteggiamento imparziale e pacifico.

Urbano VIII aiutò validamente gli imperatori Ferdinando II e III nell'opera di ricattolicizzazione della Boemia, della Moravia e della Slesia. Riformò i costumi del clero e promosse la restaurazione cattolica nei paesi ereditari austriaci e in altre contrade dell'Impero.

Alla difesa della fede cattolica molto lavorò, servendosi della Congregazione dell'Inquisizione. Urbano VIII istituì (1623) una speciale Congregazione cardinalizia perché fossero rispettate le giurisdizioni e le immunità ecclesiastiche. Fondò il Collegio Urbano de Propaganda fide, e istituì non pochi altri collegi; inviò missionari francescani, domenicani, gesuiti, agostiniani in India, Siam, Molucche, Filippine, Giappone e il gesuita Antonio D'Antrade nel Tibet; rafforzò militarmente lo Stato; migliorò l'armamento contro i barbareschi; migliorò l'agricoltura.

Fu poeta e letterato di fine sensibilità (riformò gli inni del Breviario). Arricchì la Biblioteca Vaticana, ecc. Gli si deve pure il merito d'aver fissato la procedura canonica per le beatificazioni e canonizzazioni.

Abbellì molto Cattedrali, chiese e piazze della Città eterna (cf Encicl. Cattolica).

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01/09/2009 08:30

Non cattolico. Credo che sui seguenti papi avrai poche giustificazioni da addurre.

 

a - Innocenzo X (1644). Ebbe come consigliere principale la cognata Olimpia Maidalchini. L'eccessiva influenza che l'astuta intrigante esercitò sul vecchio papa è purtroppo una realtà che danneggiò gravemente il suo prestigio. Essa compariva spesso in Vaticano e anche il papa le contraccambiava spesso la visita. Il figlio di Olimpia, Camillo, venne nominato cardinale (L. von Pastor, XIV, p. 37).

 

b - Alessandro VII (1655). Il nepotismo a cui Alessandro VII nell'ultimo periodo del suo pontificato pagò il tributo, proiettò la sua ombra anche sull'amministrazione della giustizia in Roma. Nominò cardinale il ventisettenne, nipote Flavio. Altre cariche ebbe anche il nipote Mario, odiato dai Romani, perché abusava della sua posizione per arricchire se stesso. (L. von Pastor, XIV, p. 300).

 

c - Benedetto XIII (1724). Nominò cardinale Nicolò Coscia, un uomo di sentimenti bassissimi che, con il consenso del papa, divenne onnipotente. Con cifre alla mano si dimostrò al papa che in soli tre mesi si era appropriato di  11.000 scudi, e il papa emanò un decreto per sancire quel furto. Solo alla morte del papa il Coscia poté essere processato per una serie di delitti e condannato a dieci anni di carcere (L. von Pastor, XHI, p. 673).

 

Cattolico. Anche per questi papi, come per tanti altri, dirò che le accuse rilevate sono vere e non so fin dove giustificarli.

Credo che sia sempre valida qualche ripetizione di concetti già esposti. E' lo stesso argomento che quasi lo impone. Agostino, il grande convertito, afferma: "Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre". Sentite questa trovata di un uomo di fede solida come Oscar Scalfaro (ex Presidente della Repubblica): "Ogni tanto un amico sacerdote mi apre una chiesa, di solito chiusa, in via Montserrato, a Roma. Entro e mi inginocchio a pregare davanti a un'antica tomba: quella di Alessandro VI. Quel papa sciagurato mi è caro, perché è soprattutto in lui - più che nei papi santi - che risplende la potenza di Dio. Dio è Dio, perché fa luce anche con le lampadine bruciate. Se usasse solo lampadine buone, che Dio sarebbe?". (V. Messori, Inchiesta sul Cristianesimo, SEI, 1987, p. 221). La sopravvivenza della Chiesa a tutte le burrasche persecutorie e a tutte le debolezze dei suoi figli è una convalida della divinità di Cristo e della Verità perenne e inalterata che la Chiesa possiede. I tre papi su menzionati, con tutte le loro debolezze, non hanno deturpata la Verità, piuttosto l'hanno difesa e sostenuta. Infatti:

 

a - Innocenzo X, come altri papi dell'epoca, perché i sovrani erano diventati assoluti, fu trascinato nel turbine della politica, e, quindi, in momenti difficili per la vita della Chiesa. Egli fu costretto a protestare contro certe clausole dei trattati di Westfalia (1648). Una terribile eresia, tenace, sorniona, insinuante, ostinata, sta per dividere la Chiesa: il giansenismo, un semiprotestantesimo con tendenze riformatrici, che vuole ricominciare per conto suo e in maniera rigorista la riforma compiuta dal Concilio di Trento. Urbano VIII aveva condannato, nel 1642, l'Augustinus, breviario della nuova eresia. Innocenzo X colpisce le famose Cinque proposizioni gianseniste (1653).

Innocenzo X era piuttosto taciturno e sospettoso, lento nel decidere; e tuttavia pio, buono, amante della giustizia.

E' vero che durante gran parte del suo pontificato, si lasciò dominare dalla cognata Olimpia, intelligente ed energica, ma ambiziosa e di "nauseante ingordigia". Si può onestamente pensare che il papa ritenne l'intelligente cognata, capace di aiutarlo, ma s'ingannò. Recò anche danno alla fama del papa il non essersi avveduto delle falsificazioni del sottodatario Mascambruno, che poi egli, avvertito dal Chigi (futuro Alessandro VII), fece processare e giustiziare.

Innocenzo X contribuì molto al progresso spirituale della Chiesa approvando o imponendo riforme di Ordini religiosi e di altre discipline ecclesiastiche.

Favorì gli studi storici, continuò le grandi opere costruttive dei suoi predecessori.

b - Alessandro VIII. Già da vescovo, difese con tutte le sue forze i diritti del cattolicesimo traditi ogni giorno più, a suo giudizio, dai principi cattolici di Germania e dal re di Spagna.

Il 7 aprile 1655 fu eletto Papa e coronato il 18. Nel dicembre accolse in Roma la regina Cristina di Svezia e le conferì il sacramento della Cresima.

Scoppiata in Roma la peste, le sagge misure adottate dal Papa riuscirono a contenere la mortalità entro limiti abbastanza ristretti.

Canonizzò s. Tommaso da Villanova nel 1658, nel 1665 S. Francesco di Sales, da lui sempre ammirato e venerato in modo specialissimo.

Fu anche garbato poeta; prima e durante il pontificato amò la compagnia ed incoraggiò i lavori di molti studiosi e letterati.

Arricchì la Biblioteca Vaticana e grandi benemerenze acquistò anche verso l'Archivio segreto vaticano.

Compiuta la costruzione del palazzo della Sapienza, vi fondò la biblioteca Alessandrina (1667).

In gioventù egli aveva compilato un elenco di pitture, sculture ed architetture di Siena, tuttora fonte importante per la storia dell'arte senese.

Durante il suo pontificato si condussero a termine molte costruzioni di notevole importanza come la fabbrica di Propaganda Fide; la prosecuzione di S. Maria del Popolo; creata e sistemata la facciata di S. Maria della Pace; sorse il colonnato di Piazza S. Pietro e l'altare della cattedra nella stessa basilica, ecc.

Alla magnificenza dello stesso pontefice si debbono inoltre: la trasformazione della Scala Regia, la sala Ducale in Vaticano, la facciata di S. Andrea della Valle, ed infine l'obelisco caricato dall'elefante in Piazza della Minerva.

A tanto bene si contrappone il solito peccato di nepotismo in cui, come tanti altri, cadde anche Alessandro VII.

c - Benedetto XIII (1724-1730). Sarebbe stato un ottimo papa se, per debolezza e inesperienza, non avesse concesso la sua fiducia a indegni individui, tra cui il più deplorevole fu il cardinale Nicolò Coscia.

Benedetto XIII, domenicano, era pio e dotto. Si riservò gli affari ecclesiastici e abbandonò gli affari esteri nelle mani dei suoi fiduciari (Coscia, Lercari, Fini). Questi uomini senza carattere tradirono vergognosamente la Chiesa, mettendosi a far pace con i sovrani ostili, a detrimento dei principi ecclesiastici.

Lo statalismo corrodeva lentamente ma sicuramente i diritti della Chiesa.

Alla canonizzazione di S. Gregorio VII si levarono proteste da ogni parte. Gli stati vollero vedere nel semplice racconto storico del Breviario su S. Gregorio VII un attentato alla loro sovranità. Ma Benedetto XIII, col breve del 19.12.1729, annullò i decreti emanati dall'autorità civile contro l'ufficio del santo.

Nella questione, agitata da teologi e canonisti, sulla validità delle ordinazioni sacerdotali fatte nella Chiesa anglicana, il papa intervenne e condannò la Défense de la Dissertation di Le Courayer, tesa a mostrare la validità di quelle ordinazioni.

Numerose canonizzazioni avvennero durante il suo pontificato da lui accettato perché il generale del suo Ordine glielo impose per obbedienza.

Della sua erudizione teologica sono prova i tre volumi pubblicati nel 1728 a Ravenna. Morì santamente il 21 febbraio 1730.

 

Non cattolico. Chiedo ancora ragioni e giustificazioni di altri due papi.

 

- Clemente XIV (19 mag. 1769 - 22 set. 1774). Quando era di buon umore i suoi intimi potevano permettersi scherzi e burle quanto mai singolari di cui la voce pubblica esagerava la sguaiataggine in una maniera che non poteva non arrecare pregiudizio alla dignità del Capo della Chiesa. Un contemporaneo scrive che S. S. se ne va ogni giorno a trastullarsi nella Villa Patrizia a giocare alle boccette ed a fare mille ragazzate indegne di qualunque persona sessagenaria non che in un principe e in un papa. Seguita poi raccontando che Clemente XIV non aveva fatto alcuna osservazione quando due servitori bastonarono il maestro di camera Potenziani perché non aveva provveduto a far rimuovere le ortiche dal giardino del Quirinale (L. von Pastor, XVI, parte III, p. 81),

 

- Pio VI (15 feb. 1775 - 29 mag. 1799). Creò cardinale suo nipote e nonostante la situazione precaria delle finanze pontificie elargì della somme favolose ai suoi parenti. Investì enormi capitali nel prosciugamento delle paludi, il cui vantaggio andò al nipote Luigi Braschi, al quale era stata concessa in enfiteusi, a condizioni quanto mai favorevoli, una parte dei terreni bonificati (L. von Pastor, XVI, parte III, pp. 29 ss.).

 

Cattolico. Ho letto, come di solito, le tre enciclopedie che, più o meno, dicono le stesse cose. L'enciclopedia cattolica è la più ricca di notizie e quella del Papato mette in evidenza alcuni periodi della vita di questi due pontifici.

 

Clemente XIV da giovane era entrato tra i frati minori Conventuali prendendo il nome di fra Lorenzo. Ebbe molti incarichi prima nel suo Ordine e poi dalla S. Sede. Di carattere gioviale e faceto, proclive a transazioni e ad accomodamenti, non ebbe, prima del pontificato, occasione di mostrare animo coraggioso e combattivo, né di affrontare situazioni difficili abbracciando risolutamente un partito.

Clemente XIV non difettava di ottime qualità. Di carattere piuttosto incerto, non seppe essere energico nelle questioni riguardanti la Compagnia di Gesù, avversata aspramente da molti Stati i quali ne chiedevano la soppressione. Il papa, pressato da tutte le parti, sperava, con le buone, di rallentare la presa degli avversari della Compagnia. Il suo scopo era di riprendere le relazioni della S. Sede con le corti cattoliche; era anzi riuscito a ristabilire i rapporti col Portogallo. Ma un breve del 12 agosto 1769, col quale il papa concedeva facoltà ordinarie ad alcuni missionari gesuiti, accompagnandole con parole di elogio, mise di nuovo i diplomatici in allarme. Clemente XIV inutilmente cercò di tener duro: alla fine dovette consegnare ai peggiori nemici della Chiesa i suoi più validi difensori (i gesuiti). Il breve Dominus ac Redemptor del 21 luglio 1773 soppresse l'Ordine in tutta la cristianità. Soltanto i sovrani di Prussia e di Russia, l'uno protestante l'altro scismatico, Federico II e Caterina II, diedero asilo ai proscritti, felici di servirsi di essi cui come eccellenti educatori della gioventù.

Clemente XIV nutrì sempre grande diffidenza sulle persone della Corte e sugli stessi cardinali e si propose di trattare gli affari con grande segretezza; si può dire che godesse la confidenza di lui solo il frate conventuale Innocenzo Bontempi. E' certo che il papa cedette, sulla questione dei Gesuiti, solo alla tenace pressione esercitata su di lui e ne rimase amareggiato per il resto della vita.

Le sue premure per l'incremento delle Missioni in Asia, in Africa ed in America furono continue, come fu pure consistente il suo contributo nel promuovere le belle arti e le scienze. Egli fu autore di non poche opere e trattati.

 

Non cattolico. Conclusione: cosa dobbiamo dire di questo papa?

Cattolico. Io non mi sento di metterlo alla berlina semplicemente perché di carattere gioviale e faceto, ma mi piace di guardare con più interesse le sue ansie e i suoi sforzi perché il suo Pontificato fosse retto e che la Chiesa fosse difesa da tanti nemici che premevano da tutte le parti.

 

Non cattolico. E di Pio VI cosa mi dici? Quali sono i suoi meriti?

 

Cattolico. Ti dirò che il suo pontificato, uno dei più lunghi, fu travagliato dall'acuirsi delle controversie dottrinali, dal rifiorire del giurisdizionalismo, dallo scisma rivoluzionario in Francia e dagli sforzi dei razionalismo illuministico contro i fondamenti stessi della fede cristiana. In Olanda e in Germania il giansenismo andava infiltrandosi pericolosamente. 

La propaganda dei giansenisti francesi, benché diminuiti di numero e combattuti dalla grande maggioranza dei vescovi, si estendeva anche in Italia, attraverso l'Università di Pavia, l'opera del vescovo di Pistoia, Scipione dei Ricci, e di altri circoli minori.

Tutti questi fatti catastrofici preannunciavano la Rivoluzione francese. Il pontificato di Pio VI segna una transizione tra due epoche. Al suo avvento, l'opposizione gallicana e giansenista diventa più forte che mai. Invano va a Vienna per ammansire Giuseppe II. Condanna nel 1786 il sinodo di Astoia, tenutosi sotto la protezione di Leopoldo di Toscana, fratello dell'Imperatore. Respinse le Puntazioni di Ers (1786) che praticamente annullano la sua giurisdizione in Germania. Pare che la Chiesa sia alla vigilia dello sfacelo. Ma la Rivoluzione che doveva distruggere tutto viene invece, umanamente parlando, a salvarla. Con essa arrivano al potere i legisti borghesi i quali, grazie al principio dei mandati non imperativi, votato alla Costituente l'8 luglio 1789, carpiscono a loro vantaggio il nuovo principato della sovranità dei popoli. Ma la loro stessa vittoria spinge agli eccessi.

Vogliono incatenare la Chiesa. Il loro gallicanesimo politico ucciderà il gallicanesimo teologico del clero. L'indifferenza, mostrata dai governi per le questioni religiose, riporterà a Roma tutti i cleri "nazionali”.

Il prestigio del papato uscirà ingrandito da tutte le umiliazioni subite e da tutte le apostasie di cui renderanno colpevoli gli Stati sotto il segno della democrazia, materialista e atea.

Come sovrano temporale Pio VI diede notevole impulso alla opere pubbliche; sotto la sua guida personale fu intrapreso il prosciugamento dell'Agro Pontino e la bonifica di vasti territori paludosi a Città della Pieve, Perugia, Spoleto e Terni. I porti di Anzio e di Terracina vennero riattati, mentre si provvedeva al ripristino della Via Appia e si progettava un canale che avrebbe dovuto congiungere Roma con Terracina.

Pio VI restaurava S. Giovanni in Laterano e costruiva la monumentale sagrestia della Basilica di S. Pietro (1784). Fece anche innalzare gli obelischi di Piazza Montecitorio e della Trinità dei Monti e portò a termine la costruzione, iniziata dal suo predecessore, del Museo che prese appunto il nome di Pio Clementino.

Il finanziamento di questo vasto complesso di opere contribuì ad aggravare il dissesto economico dello Stato e vi influì anche il risorgere del nepotismo. Il debito pubblico, che all'inizio del pontificato ammontava a 42 milioni di scudi, si accrebbe enormemente, anche per le forti spese militari derivanti dalle minacce della Francia, né valsero a migliorare la situazione l'aumento delle imposte, il riordinamento delle dogane, l'impulso dato all'agricoltura e all'industria tessile, protetta con forti dazi dalla concorrenza straniera...

Con la discesa di Bonaparte in Italia, lo Stato Pontificio era per scomparire... Pio VI dovette consegnare ai Francesi trentuno milioni di lire e numerose opere d'arte.

Scoppiata la guerra tra la Francia e il Regno di Napoli, il papa fu costretto a trasferirsi a Siena, Firenze, Parma e Torino. Poi fu condotto a Briancon e di là a Valenza.

I disagi aggravarono le sue malattie e ne affrettarono la morte (29 agosto 1799).

La serena famezza con la quale Pio VI sopportò la deportazione e la prigionia destarono l'ammirazione anche dei suoi avversari.

 

Non cattolico. Con Pio VI ho finito l'elenco dei papi che non si sono comportati da Vicari di Cristo. E, prima di fare ulteriori domande, io chiedo: Pio VI è stato un altro grande papa?

 

Cattolico. Non lo direi, però non lo si può non ammirare per i suoi considerevoli sforzi

compiuti non solo per il prosciugamento del lago Pontino e per la bonifica di altri vasti territori paludosi, ma anche per tutto quello che fece per tenere alto il prestigio della Sede Apostolica e l'integrità della fede. Ma ciò che lo fa ritenere un discreto e normale Vicario di Cristo è il fatto che egli, nonostante la pecca del nepotismo, è stato, come qualunque altro papa, preciso assertore della fede e della morale cristiana.

 

Non cattolico. In conclusione, ti domando: tutti costoro di cui ho parlato, sono tutti Vicari di Cristo?

 

Cattolico. Per darti una risposta adeguata potrei risponderti: rileggiti tutto quello che ho scritto precedentemente e troverai la giusta risposta. Ma capisco pure che i lettori sarebbero ben lieti se facessi un riassunto presentando loro un quadro riassuntivo di tutti i papi “incriminati” e discussi precedentemente.

 

Non cattolico. Non ti nascondo che la tua idea mi alletta e ti prego di presentarci questo quadro riassuntivo.

 

Cattolico. L'autore del libro “Ma il Vangelo non dice così” ci presenta il papa San Marcellino come rinnegatore del Cristianesimo. Nello stesso foglio c'è la risposta giu

sta: le accuse circa la caduta di S. Marcellino (296) sono infondate, esse furono propagandate dagli eretici donatisti. Poi c'è l'accusa contro S. Liberio papa (352), il quale avrebbe sottoscritto all'eresia ariana. La confutazione a questa accusa è lunga ed interessante. Essa si conclude con l'ammirazione degli sforzi e sofferenze sofferte da questo papa per difendere l'ortodossia della fede. Molte cose furono dette contro di lui dagli avversari, calunnie recepite anche dalla storia, dalla quale, certamente in buona fede, aveva attinto lo stesso S. Girolamo. La prova più convincente della innocenza di questo papa può essere la richiesta all'imperatore da parte dei romani e la loro festosa accoglienza a Roma del loro amato papa Liberio. Altri due papi sono presentati come indegni e sono due santi: Damaso e Zosimo. S. Damaso (366), è accusato di essere arrivato al soglio pontificio con la prepotenza e con la forza contro i sostenitori di Ursino. Ma la faccenda è chiarita abbastanza bene dalla storia che ci mostra l'antipapa Ursino come vero violento e profanatore, tramite i suoi partigiani, di chiese e di basiliche contaminate da centinaia di cadaveri. Papa Damaso fu molto attivo e combatté tenacemente le eresie. Per S. Zosimo (417), tacciato di aver profuso grandi elogi all'eretico Pelagio e alla sua dottrina che poi, più o meno volentieri fu costretto a condannare, la confutazione è stata chiara e precisa. Il papa fu ingannato da una falsa ritrattazione dei suoi errori da parte di Pelagio, ma poi, scoperta la sua malafede, egli venne da papa Zosimo definitivamente condannato. Le accuse contro il papa sono infondate o prodotte a scopo denigratorio. Proseguendo abbiamo le accuse contro altri due papi santi: S. Celestino e S. Silverio, e contro il papa Vigilio.

 

a - S. Celestino (422), viene accusato di aver falsificato gli atti del Concilio di Nicea per dimostrare il suo diritto a giudicare in appello le cause ecclesiastiche. Dalla confutazione ci risulta: che il fratello non cattolico ha, molto probabilmente, fatte delle citazioni errate. Infatti S. Celestino ha presieduto non il Concilio di Nicea (325), ma quello di Efeso (431), ossia oltre un secolo più tardi. Ammesso che ci sia stato questo errore di citazione, la storia ci dice che S. Celestino effettivamente è intervenuto con la sua autorità nel Concilio di Efeso, ma non per falsificare bensì per precisare i diritti della Sede Apostolica.

b - Il papa S. Silverio è accusato di aver accettato il pontificato per imposizione del re dei Goti. La storia ci dice che fu nominato papa per l'influenza di Teodato re dei Goti. Il suo breve pontificato (536-537) fu coinvolto e travagliato dalle lotte politiche e religiose che in quegli anni turbavano l'Italia e delle quali Silverio cadde vittima. Avendo il re Belisario ripreso Roma, Silverio fu arrestato ed esiliato per gli intrighi dell'ambizioso Vigilio, che si fece intronizzare al suo posto il 29 mag. 537. Scopertesi le calunnie ordite a suo carico, l'imperatore Giustiniano ordinò che Silverio fosse ricondotto a Roma e sottoposto ad un regolare giudizio, ma giunto in Italia fu consegnato a Vigilio che lo fece relegare nell'isola Palmaria dove morì di stenti e di fame. Il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi ed il Signore vi operò anche miracoli.

c - Per papa Vigilio (537), la storia è piuttosto lunga e complessa. Egli viene accusato di aver mandato in esilio il suo predecessore S. Silverio e di aver ottenuto il papato per

mezzo di denaro dato al re Belisario. Si sa che Vigilio giunse al potere con mezzi illeciti, ebbe la protezione di Teodora, moglie dell’imperatore Giustiniano, il quale volle liberarsi di Silverio che accusò di complotto coi Goti e lo cacciò da Roma. Fu eletto allora pontefice Vigilio e consacrato il 29 marzo 537. A Teodora che lo richiamava alle precedenti promesse rispose fieramente. Partecipò a tutti i pericoli del lungo assedio di Roma da parte del re Vitige, e quand'esso finì nel marzo dei 538, con la ritirata dei Goti, si adoperò per riparare ai danni da loro causati alle basiliche suburbane ed ai cimiteri dei Giordani sulla via Salaria, di Callisto, dei SS. Pietro e Marcellino, ecc. Era cominciato nel 545 il secondo assedio di Roma per opera del re goto Totila quando il 22 nov. Vigilio fu costretto, per volere di Giustiniano, a lasciare Roma per la Sicilia donde procurò di aiutare gli assediati. Il 25 genn. del 547 giunse a Costantinopoli dove lo attendevano le lunghe e sfibranti trattazioni con l'imperatore, e poi col Concilio a proposito dei Tre Capitoli. Nel 553 egli otteneva da Giustiniano la Prammatica Sanzione per riordinare le condizioni d'Italia dopo le desolatorie guerre gotiche. Ottenuto il permesso di ritornare a Roma, morì a Siracusa durante il viaggio il 7 giugno del 555. Vigilio, come i suoi predecessori, subì molte angherie. Per concludere, dobbiamo ripetere che Vigilio era giunto al potere con mezzi illeciti, ma poi fu universalmente riconosciuto come papa, alla morte di Silverio e che durante il suo pontificato egli si riabilitò difendendo l'ortodossia. Vigilio viene anche accusato di aver ceduto all'eresia dietro vessazioni, violenza poliziesca, manovre di ricatti, promesse menzognere... vessazioni violente dell'imperatore, della viltà e dei mezzi usati e della sua inescusabile condotta di fronte alla nobile resistenza dei papa, il quale fu strappato a viva forza mentre era aggrappato all'altare (4 ag. 551). Fu lo scandalo di una destituzione oltraggiosa imposta ai Padri del V Concilio (26 mag. 553). Vigilio, trattenuto a Roma a tempo indefinito, dovette ricordarsi della sua città angustiata, devastata dalla guerra e calpestata dagli eserciti occupanti. Senza dubbio stimò che la pacificazione della Chiesa e il sollievo dell'Italia straziata giustificavano una concessione che egli fece salvando tuttavia espressamente la dottrina di Calcedonia, quindi rimanendo nell'ortodossia.

Continuando diciamo che di fronte agli errori di Papa Onorio I (625) e alle scomuniche da lui ricevute, non ci sono giustificazioni di sorta". Il famoso caso di Onorio I, che tante discussioni sollevò al Concilio Vaticano I (1870), il quale peraltro concluse che Onorio non intendeva affatto dare una definizione dogmatica, si riduce a questo interrogativo: Onorio è stato condannato al VI Concilio ecumenico (680-681) perché aderente all'eresia monotelita e quindi come eretico, oppure per il suo poco accorgimento e la sua negligenza in una questione di fede? La risposta l'ha data lo stesso Leone II (682- 683), il quale, pur dando la conferma della condanna di Onorio I, ne precisò i limiti: “Noi condanniamo gli inventori del nuovo errore (il monotelismo) ed anche Onorio, che non si adoperò con ogni sforzo di far risplendere questa Chiesa apostolica, attenendosi all'insegnamento della tradizione apostolica, ma che invece permise che questa Chiesa immacolata venisse contaminata. In conclusione: Papa Onorio I, biasimevole per la sua leggerezza, non ha compromesso la infallibilità pontificia, né è caduto formalmente nell'errore.

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01/09/2009 08:31

Non cattolico. Dopo Onorio I vorrei sentire un giudizio riassuntivo sugli altri papi da me non ritenuti degni vicari di Cristo.

 

Cattolico. In ordine di tempo, dopo Onorio I abbiamo:

 

a) Bonifacio VI (896) il quale è accusato di essere asceso “al trono pontificio con la forza e l'intrigo. Per la sua malvagità il papa Giovanni VIII lo aveva già due volte colpito di scomunica".

Le notizie su questo papa sono piuttosto scarse avendo egli regnato per soli 15 giorni. La storia ci dice che la morte di papa Formoso (4 aprile 896) segnò l'inizio di lunghi e gravi tumulti in Roma, causati dai due opposti partiti di Arnolfo, re di Germania, e del duca Lamberto di Spoleto. Bonifacio, romano, fu eletto dal partito spoletano e consacrato nell'aprile 896. Nel Concilio romano dell'898 sotto Giovanni IX, si ricorda questa elezione faziosa, deplorando il fatto che Bonifacio era stato deposto come suddiacono e come prete. Da notare che nonostante gli intrighi e i tumulti creati dalle fazioni di Arnolfo e di Lamberto, il Signore non ha permesso che Bonifacio VI rendesse vana la promessa di Cristo: "e le porte degli inferi non prevarranno".

Quindi, anche un Bonifacio VI, certamente da biasimare per certi suoi comportamenti, ha lasciato incontaminata la Chiesa, Sposa di Cristo.

 

b) Stefano VI (896) “ha bruttato la storia del papato con un fatto di barbarie inaudito". Fece riesumare e processare il suo predecessore Formoso, gli fece tagliare le tre dita della mano destra con la quale benediceva, e il cadavere venne poi gettato nel Tevere. A sua volta Stefano VI venne poi cacciato in prigione e strozzato.

Pur dovendo chiarire qualche cosa, bisogna dire che i fatti di Stefano VI ancora oggi fanno onore. La chiarificazione è questa: che l'ordine di esumare il corpo di papa Formoso - che fu uomo di alto valore, di grande cultura e di vita austera - non fu dato da Stefano VI, ma dall'implacabile e astiosa imperatrice Agiltrude, la quale fece rivestire il cadavere dei paramenti pontificali e collocato in Cattedra. Davanti ad una pubblica assemblea che papa Stefano ebbe la debolezza di presiedere, il cadavere venne giudicato, condannato, deposto e tutti i suoi atti (rivalutati poi dai papi successivi) sono dichiarati invalidi. Alla fine la plebaglia si impossessa del suo corpo e lo getta nel Tevere.

 

c) Il fratello non cattolico ci dice che il papa Cristoforo (903) fece morire in carcere il papa Leone V e fu a sua volta incarcerato dal suo successore. Ho chiarito ed ora ribadisco che Cristoforo non fu mai papa, ma solo un antipapa che effettivamente commise il delitto contro papa Leone V.

 

d) Continua il fratello non cattolico e ci dice che Sergio III (904) ebbe il pontificato con le armi del conte Alberigo di Spoleto. Fu schiavo di ogni vizio e l'uomo più scellerato che ci fosse al mondo.

La storia ecclesiastica ci dice che dal 904, data dell'elezione del romano Sergio III (904- 911) fino al 964, le famiglie regnanti in Italia ebbero una nefasta influenza sulla Chiesa.

Come mai, ci domandiamo, questi vari papi, scelti dalle case regnanti, quindi senza virtù, con molta ambizione, disposti al delitto, pur di raggiungere lo scopo, non sono riusciti a portare danni dottrinali alla nostra fede? Se avessimo avuto tutti papi degni, si potrebbe anche pensare che la mano divina li avesse scelti di proposito, ma non saremmo rimasti scioccati da una cosa così insolita, contrastante e meravigliosa: uomini indegni, giunti al soglio pontificio, non hanno mai commesso un errore dottrinale, anzi spesso si sono battuti energicamente per l'ortodossia della fede.

 

e) Ho dato poi notizie dei due papi Giov. X e XI. Il “presunto" figlio di Marozia e di Sergio III, sarebbe Giov. XI e non X. La indicazione dell'elezione nell'anno 914 si riferisce a Giov. X, mentre Giov. XI fu eletto papa nel 931. Chiarite così le cose, la storia ci dice che Giov. X fu eletto nel 914 e deposto nel giugno del 928. La tradizione storica, appoggiata soprattutto al racconto maledico di Liutprando dà un ritratto assai sfavorevole del personaggio; studi recenti ne hanno messo in luce la vigorosa figura. Nel governo della Chiesa, Giov. X tenne alto il prestigio dell'autorità papale, prese provvedimenti per il mantenimento della disciplina ecclesiastica e per il miglioramento dei costumi. In conclusione, non solo Giov. X, ma anche il suo predecessore, Sergio III, tanto contestato, hanno saputo mantenere un contegno sufficientemente, decoroso per il posto da essi occupato nella direzione della Chiesa.

Giov. XI fu eletto papa molto giovane per volere della madre Marozia. Il suo pontificato si svolse in un periodo scuro per la Sede Romana, senza avvenimenti notevoli. L'unica cosa veramente positiva di Giov. XI fu l'assunzione sotto la protezione della Sede Romana (931-32) del monastero di Cluny; così anche in questo scuro periodo si andavano gettando inconsapevolmente i semi della futura riforma della Chiesa.

 

f) Giov. XV (985-996), figlio del prete Leonida, odiato perché distribuiva ai congiunti le cose sacre, disprezzando l'onore di Dio e la dignità della Sede Romana, in realtà questo papa è ricordato in alcune liste come Giov. XVI, essendo inserito prima di lui per errore un altro Giov. XV, donde in quelle liste l'accrescimento di una unità per tutti i papi fino a Giov. XIX e la mancanza di un Giov. XX. Giov. XV dimostrò un'attività religiosa assai notevole. Impose (991) la pace a Etelredo, re d'Inghilterra e a Riccardo, duca di Normandia, in un Sinodo tenuto a Roma (993); canonizzò Ulrico, vescovo di Augusta, primo esempio a noi noto di canonizzazione compiuta da un papa. Rivendicò energicamente l'autorità del pontificato in una gravissima controversia scoppiata in Francia, primo clamoroso episodio di galliganismo. Sotto il suo pontificato la Russia si converte al Cristianesimo e in Francia si fonda la dinastia dei Capetingi che fornirà alla Chiesa molti devoti difensori. Fu papa virtuoso e colto, ma troppo attaccato agli interessi della propria famiglia. E' proprio giusto, per queste ragioni, qualificarlo come uno che “disprezza l'onore di Dio e la dignità della Sede Romana?".

 

g) Il papa Giov. XVIII (1004), ci viene presentato come uno che "nel pontificato fu un grandissimo ladrone perché non l'aveva acquistato per la diritta via".

Le notizie storiche di questo papa sono più o meno le seguenti: fu papa dal gen. 1004 al lug. 1009; resse la Chiesa mentre Roma era governata da Crescenzio III; gli scarsi documenti lasciano capire suoi interventi nella Chiesa greca, nelle Chiese germaniche e britanniche, e perfino nella lontana Russia; condusse una vita degna e godette una buona reputazione; morì monaco a S. Paolo fuori le Mura. Dopo tutti gli accertamenti fatti nelle solite tre enciclopedie (Cattolica, dei Papato, UTET), si può concludere che Giov. XVIII godette una buona reputazione e visse degnamente.

 

h) Si chiede conto di un altro cattivo papa: Giov. XIX (1024), il quale fu fratello del papa Benedetto, suo predecessore (non successore, come è scritto erroneamente). Era laico e da laico si trasformò di colpo a forza di denaro in pontefice. Dalle ricerche effettuate, nelle tre suddette enciclopedie, risulta che egli fu eletto per simonia, ancora laico, e raccolse così nelle sue mani il potere religioso e civile. Corrado II, re della Germania, dopo la morte di S. Enrico II, si disinteressa della riforma della Chiesa iniziata da Enrico II. L'unico scopo è di dominare sul papato e sull'episcopato. In queste gravi difficoltà viene eletto Giov. XIX, dopo d'aver ricevuto tutti gli ordini sacri. Fu amministratore accorto, ma dotato di minor saggezza e minor fede di suo fratello, lasciò in pericolo la riforma già iniziata dal predecessore. Fu energico governatore temporale, ma la sua cultura ecclesiastica non doveva essere molta.

Il suo operato, tutto sommato, fu discreto e non pregiudicò per nulla la infallibilità pontificia, sia per la dottrina che per la morale.

 

Non cattolico. A Giovanni XIX successe il nipote Benedetto IX. “Con questo giovane indegno e ignorante, intruso di forza nella Chiesa, tornano i disordini dei tempi peggiori .... Finì per vendere il papato all'arciprete Graziano". .

 

Cattolico. Benedetto IX, figlio di Alberico III, arbitro dello Stato romano, fu dal padre proposto se proprio non imposto agli elettori. La sua giovanissima età è molto contestata. S. Pier Damiani scrive che la condotta del nuovo Papa cominciò subito dopo l'elezione ad essere biasimevole assai, ma ciò non si potrebbe dire d'un fanciullo dodicenne. Tanto più che Benedetto IX esercitò subito funzioni papali e governò con competenza. La critica più recente conclude che Benedetto al momento dell'elezione contava dai 25 a 30 anni. Si può affermare di Benedetto che rassomigliò a tanti principi secolari e nobili del tempo, saliti per interessi profani agli uffici ecclesiastici e si comportò più da signore secolare che da papa.

Molte sono le accuse contro questo papa, però la storia ci dice che sono controverse. Inoltre - è sempre la storia che ci parla - bisogna dire che l'insegnamento ufficiale del papa Benedetto IX è la condanna della sua vita.

Dio, che per far toccare col dito le funeste conseguenze dell'intromissione del potere civile nella scelta dei suoi vicari lascia che la corruzione salga fino al trono di Pietro nella persona di un papa indegno, non permette però che la Chiesa abbia ad arrossire d'un sol rigo del suo bollario.

 

Non cattolico. Ti prego di continuare in questa sintesi e fammi conoscere il riassunto dei papi successivi.

Cattolico. Ti parlo di Gregorio VI, Gregorio VIII e Innocenzo IV.

 

a) Gregorio VI (1045), è accusato di aver sborsato una buona somma a Benedetto IX perché gli vendesse il papato. Fu costretto ad abdicare sotto l'accusa di simonia.

La storia ci dice che Gregorio VI acquistò con una certa somma da papa Benedetto IX la tiara, per liberare la Chiesa da quel Papa. Uomo degno, fu eletto unanimemente dal clero e dal popolo romano.

 

b) Gregorio VIII (1187), è accusato di aver fatto aprire la tomba dell'antipapa Ottaviano, facendone gettare via le ossa dalla Chiesa. Gli accertamenti storici ci dicono che molto probabilmente l'accusato del delitto di cui sopra deve esser stato l'antipapa Gregorio V, la cui elezione fu dovuta all'arbitrio dell'imperatore tedesco Enrico V. Il vero papa Gregorio VIII morì dopo soli 57 giorni dalla elezione lasciando un pontificato che si presentava promettente per i suoi disegni specialmente di quelli riguardanti la riforma della Chiesa e la pacificazione dell'Impero.

 

c) Innocenzo IV (1243), è accusato di avere autorizzato l'uso della tortura contro gli eretici e di aver approvato un piano ingegnoso per l'uccisione dell'imperatore Federico II.

Tra questo papa e Federico II i rapporti sono stati sempre molto tesi e ostili. Ci risulta che Innocenzo IV ha dato la formula più assoluta della potenza papale nel medioevo... Questa è l'altezza prodigiosa a cui il papato è arrivato attraverso numerose lotte, sostenuto dalle idee del tempo, ma senza deviare dal suo Principio tradizionale. Essa rispondeva allora all'aspirazione dei popoli, salvaguardando la giustizia e creando il diritto in quella specie di società delle nazioni che era la cristianità medioevale. E' bene precisare che il rogo contro gli eretici fu proprio Federico II ad istituirlo (1231), e in Inghilterra il Parlamento inglese lo decretava contro i Lollardi (1401). Tutto era più duro allora. La procedura inquisitoriale e la penalità era regolata con la severa unità di misura, consona alla giurisprudenza e allo stato dei tempi. L'opinione pubblica spesso rimproverava alla Chiesa troppa clemenza e misericordia verso gli eretici divenuti un pericolo pubblico da cui il potere civile cercò di difendersi adeguatamente.

 

Non cattolico. Nulla ci dici circa il piano ingegnoso approvato da Innocenzo IV per l'uccisione di Federico II?

 

Cattolico. Le notizie che riguardano la vita di Federico II in rapporto a quella del suo avversario Innocenzo IV ci dicono che la condanna di Lione contro l'imperatore coincise con il precipitare delle sorti di Federico II che moriva poco dopo (1250). Innocenzo si rallegrò alla sua morte per la sorte dei Guelfi in Italia.

 

Non cattolico. Di Niccolò III (1277), che arricchì i suoi parenti con i beni della Chiesa, hai da dirci qualche cosa?

 

Cattolico. Niccolò III effettivamente peccò di nepotismo, però fu un papa che fece molte cose buone. Si capisce che sono da preferire papi santi, ma per la Chiesa di Cristo è assolutamente importante e indispensabile che il Papa non commetta errori in materia di fede e di morale.

 

Parlo poi di Bonifacio VIII [che secondo il regnante pontefice - Paolo VI - discorso ad Anagni, ha esercitato il suo mandato apostolico secondo delle forme rivestite di autentica luce], il quale è accusato di aver desiderato talmente il pontificato, da non lasciare nessun inganno per conseguire il suo fine. Avido di denaro, cercava di procurarselo con ogni mezzo. Fece imprigionare il papa Celestino V in una cella così stretta e malsana, che questi tosto morì. Sulle vicende di Bonifacio VIII sarà bene rileggere precedentemente quanto scritto su di lui. Qui in breve dirò che la storia, quella vera, gli ha reso giustizia.

Egli fu vittima di accuse e calunnie orchestrate contro di lui dagli avversari, calunnie ed accuse che per secoli sono state ripetute da una storia poco illuminata e non preoccupata di mettere in chiaro la verità. Bonífacio VIII fu di vivo ingegno, di instancabile attività e diplomatica abilità. Le accuse contro Celestino V sono destituite di ogni fondamento. La elezione di Bonifacio fu assolutamente canonica e regolare, avvenuta con grande maggioranza di voti e senza gli intrighi simoniaci cui allude Dante Alighieri, anch'egli ingannato dai giudizi fatti propalare da interessati mestatori di parte avversa. Avviene sempre così: gli avversari della Chiesa Cattolica studiano la storia e la stessa S. Scrittura soltanto in funzione anticattolica.

 

Non cattolico. Dopo Bonifacio VIII, potresti dirmi brevemente qualche cosa dei due successivi papi che non furono degni Vicari di Cristo, e cioè di Clemente VI e di Urbano VI?

 

Cattolico.

 

1. Clemente VI (1342), è accusato di aver continuato da papa le sue abitudini di vita splendida e spendereccia.. Quando gli veniva fatto osservare che i suoi predecessori non si sarebbero permesse tali cose, rispondeva: “i miei predecessori non seppero essere papi".

I genitori per ambizione, lo avviarono, fin da ragazzo, alla carriera ecclesiastica. Fu il 4° dei papi avignonesi. Amò le splendidezze e le pompe, fu dotto eloquente, largo verso i poveri. Fu grande principe, e sarebbe anche stato grande pontefice se non si fosse mostrato troppo ligio alla Francia, troppo prodigo e amante dei suoi. La frase "i miei predecessori non seppero fare i papi", da tutto il complesso fa pensare che sia una aggiunta degli avversari e non sarà facile appurarne la realtà storica, come è avvenuto con “l’eppur si muove" di G. Galilei perché anche oggi - accertatane la falsità - quella frase è tuttora ripetuta, forse nel mondo intero...

 

2. Urbano VI (1378), è accusato di mancanza di mitezza e di carità cristiana. Scoppiata una congiura, fece crudele vendetta dei cardinali ribelli, che vennero incarcerati, torturati e infine messi a morte.

I papi di Avignone erano stati in genere uomini degni e notevolmente istruiti, ma venivano considerati come cappellani del re di Francia; inoltre si rinfacciava loro il troppo fasto e le gravose tasse imposte alla Chiesa. Insomma non si voleva più un papa francese. Per tutte queste ragioni c'era molto malcontento e Urbano VI era stato eletto proprio per placare i tumulti del popolo. Dalle notizie attinte, non sembra che si possa ricavare che sia stata una vendetta personale e così crudele la morte di cinque cardinali ribelli.... anche se troviamo scritto (Enc. Cattolica) che cinque dei sei cardinali prigionieri perirono misteriosamente.

 

Non cattolico. Ti è stato chiesto conto di Bonifacio IX, di Gregorio XII, di Giovanni XXIII e di Martino V. Vuoi riassumere il tuo parere sui suddetti papi indegni?

 

Cattolico. Ti accontento subito e, come il solito, mi limito a brevissimi accenni. 

1. Bonifacio IX (1399), è accusato di aver adoperati mezzi poco retti per riempire le casse della camera apostolica e per il suo esagerato nepotismo. Rispondo che effettivamente Bonifacio IX non rifuggì dal procurarsi il denaro necessario ricorrendo ad elargizioni di indulgenze e di grazie spirituali, ma è anche vero che egli aveva ereditato dal suo predecessore (Urbano VI) un papato in difficilissime condizioni e con un antipapa, Clemente VII ad Avignone, che frustò tutti i suoi buoni tentativi per una pacificazione. Bisogna anche dire che nelle sue imprese di ricostruzione fu efficacemente aiutato dal fratello Andrea e dai nipoti, verso i quali egli mostrò un favore eccessivo, però bisogna anche saperlo scusare per le gravi difficoltà del momento. Non dimentichiamo neppure che la storia ci dice che fu uomo pio e buono, cortese e conciliante di modi, ma deciso e perspicace.

 

2. Gregorio XII (1410), è detto di lui che fu deposto solennemente come eretico, scismatico e spergiuro dal Concilio di Pisa del 1409. A queste accuse rispondo brevemente facendo presente che il Concilio di Pisa, che condannò Gregorio XII, non è da considerarsi Concilio vero e proprio della Chiesa. I papi Alessandro V e Giovanni XXIII sono antipapi, quindi illegittimi, per cui cadono tutte le accuse contro il papa legittimo, Gregorio XII.

 

3. Giovanni XXIIII di cui si chiede conto è inesistente. Nella storia è indicato col nome di Baldassare Cossa ed è antipapa.

 

4. Martino V (1417), è accusato di nepotismo eccessivo, ma fece anche molte cose buone. Riuscì a sollevare, almeno in parte, le sorti e i diritti della S. Sede, pur non riuscendo a togliere gli abusi. Della cresciuta autorità pontificia seppe fare in gran parte buon uso: creò cardinali degni; accordò per il 1423 il giubileo; fece trasportare solennemente a Roma le ossa di S. Monica; giustificò S. Bernardino da Siena dalle accuse degli avversari, approvando il culto del SS. Nome di Gesù (1427). Fu mite con gli Ebrei. Ebbe grandi meriti quale pacificatore e restauratore di Roma dopo gli orribili danni dell'età precedente.

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01/09/2009 08:32

Non cattolico. Ti chiedo conto di altri due papi: di Niccolò V e Callisto III.

 

Cattolico:

- Niccolò V (1447), è accusato di essere stato di natura collerico e di aver comminato la scomunica a chi - proveniente da Roma dove era scoppiata la peste - si fosse avvicinato a meno di sette miglia dalla sua residenza. Mi sforzerò di dire con poche parole quello che può scagionarlo dalle accuse mossegli forse ingiustamente. Morto papa Eugenio, Niccolò fu eletto suo successore per la mitezza del carattere, la vita esemplare, l'esperienza diplomatica. Si preoccupò anzitutto di spegnere quanto rimaneva dello Scisma; ottenne che l’antipapa Felice V rinunciasse (7 apr. 1449); promosse un solenne Giubileo che ebbe grande successo; canonizzò S. Bernardino da Siena così popolare in Italia morto nel 1445; l'anno 1449 fu funestato dalla peste che infierì nell'estate; promosse la riforma della vita ecclesiastica; pagò i debiti del suo predecessore... Negli ultimi due anni la sua attività fu assai diminuita dalla gotta che lo spense nel 1455. Si rese inoltre benemerito verso le lettere e le arti; morendo lasciò 807 codici latini raccolti in tutta Europa; progettò il rinnovamento della Città Leonina e la sua fortificazione contro le frequenti rivolte di Roma, nonché la ricostruzione di San Pietro; restaurò strade, acquedotti, monumenti... La morte troncò quasi tutti questi grandi progetti.

 

- Callisto III (1455), è accusato di aver conferito ai suoi parenti spagnoli le cariche più importanti e lucrose della Chiesa. Come il solito, gli anticattolici si fermano al solo negativo senza neppure mettere in bilancia il positivo. Ma giustizia vuole che al difetto si paragoni anche la virtù e il bene.Si sa dalla storia che Callisto III ottenne il cappello cardinalizio, che portò con molta dignità e nel conclave dall'apr. 1455 succedeva a Niccolò V. Tre principali questioni occuparono il suo pontificato:

1.     La crociata contro i Turchi;

2.     La difesa dello Stato Pontificio;

3.     Il mantenimento della dottrina cattolica.

 

Se Callisto III diede troppa ingerenza ai "Catalani" nel governo dello Stato Pontificio, bisogna riconoscere che mantenne salda la sua autorità davanti a tutti.

 

Non cattolico. Chiedo ora di sunteggiare il pensiero su due altri papi incriminati: Paolo II, Sisto IV.

 

Cattolico.

1. Paolo II (1464), del quale è detto: “Le ombre oscure del suo carattere sono la sua gelosia, vanità ed eccessivo amore del fasto". Di fronte a queste note negative, leggiamo nella storia della Chiesa che Paolo II “tenne con grande mitezza il governo e si

adoperò a reprimere le fazioni e le private rappresaglie che turbavano l'ordine e la pace dell'Urbe; provvide all'annona e favorì l'agricoltura; sottopose ad una revisione gli statuti della città (1469) per migliorare la pubblica amministrazione; promosse i pubblici divertimenti ...... . Quantunque amante della semplicità nella sua vita privata, tra fastoso in pubblico, semplicemente perché convinto di dover dare un apparato corrispondente alla alta dignità papale, la più alta della terra per volere di Dio.

 

2. Sisto IV (1471), è, giustamente, accusato di larghezza e di facilità nello spendere, sebbene egli proveniva dai frati minori francescani. Alla morte lasciò la finanza pontificia dissestata e fu molto largo anche verso i suoi parenti. Ebbe un regno agitatissimo a causa di guerre e di torbidi che gravavano sull'Italia e sugli Stati Pontifici. Ma tutto questo non gli impedisce di iniziare a Roma immensi lavori e di farsi zelante protettore delle arti e delle scienze. Se la sua memoria, macchiata dalle abominevoli accuse d'un calunniatore come Infessura, merita di essere riabilitata, non si può scusarlo d'aver dato, lui ex francescano, lo scandalo di una incresciosa debolezza per i nipoti...

 

Non cattolico. Chiedo il riassunto di due altri papi: Innocenzo VIII e Alessandro VI.

 

Cattolico. Ti accontento.

 

Innocenzo VIII (1484). Ecco le accuse: ebbe due figli illegittimi, Teodorina e Franceschetto. Innocenzo celebrò in Vaticano le nozze del figlio e offrì in onore degli sposi un banchetto, offrendo ad essi un regalo in gioielli del valore di 10.000 ducati. Non è facile giustificare questo papa, del quale si sa che ebbe una condotta giovanile assai riprovevole ed al momento dell'elezione erano ancor vivi due suoi figli, che egli colmò di ricchezze e sistemò con ottimi matrimoni; né è escluso che la sua elezione sia avvenuta in modo simoniaco. Bastano queste poche parole su Innocenzo VII voglio solo ribadire quello che ho fatto già presente altre volte, e cioè che la meraviglia non consiste tanto nel fatto che il papa cada in errori personali, ma che egli, nonostante le sue debolezze, non cada mai in errori dottrinali.

 

Alessandro VI (1492). Uno dei p!pi più contestato e riprovato. E' accusato di aver avuto prima e durante il suo pontificato, almeno nove figli. E' messa in evidenza la sua deplorevole condotta nei rapporti col figlio Cesare, mentre alla figlia Lucrezia, poco più che giovanetta, avrebbe lasciato, in sua assenza, la reggenza della Chiesa. Le accuse sono veramente pesanti e le giustificazioni bisognerà cercarle nella complessa storia di questo papa.

Alla morte di Innocenzo VIII, il cardinale Borgia, intrigando e promettendo largo compenso al suo rivale, fu eletto pontefice ed assunse il nome di Alessandro VI, ma anche in questo altissimo ufficio continuò nelle sue anteriori abitudini mondane, per quanto si dimostrasse intelligente ed abile nella trattazione degli affari e anche nell'amministrazione pastorale della Chiesa. Durante il pontificato, per il suo valido e personale contributo, le missioni cattoliche presero un magnifico sviluppo. Inoltre Alessandro VI mise grande impegno nel difendere la purezza della dottrina cattolica contro l'imperversare delle eresie, e nel proteggere gli Ordini religiosi.

La storia distingue in lui il principe, il papa, e l'uomo privato.

Il principe è veramente senza pari; come papa non venne mai meno ai suoi doveri esterni di Capo della Chiesa; considerato invece come uomo privato difficilmente lo si può difendere e tanto meno ammirare.

Dalla storia non risulta che Alessandro VI abbia avuto dei figli durante il suo pontificato, e non sembra neppure accettabile che lasciasse la sua figlia Lucrezia, poco più che giovanetta, a reggere la Chiesa in sua assenza. Non nego che tali notizie siano riportate da scrittori di storia, ma può facilmente trattarsi delle solite esagerazioni anticlericali magari raccolte da altre fonti, forse poco attendibili.

 

Non cattolico. Desidero avere notizie di un altro papa indegno, cioè di Giulio II

 

Cattolico. Dalla Enciclopedia Cattolica ricaviamo che Giulio II “Fu impetuoso e collerico, intemperante, o piuttosto sregolato nel mangiare e nel bere. Moralmente non fu, in giovinezza almeno, incorrotto e forse a questo si deve attribuire una disonorevole malattia, che lo tormentò fino agli ultimi anni".

E' vero, le parole suddette sono riportate nell'Enciclopedia Cattolica, dalla quale apprendiamo pure che Giulio II fu migliore di quello che fossero nell'età sua i più, anche prelati o pontefici. Quanto si disse di uno sconcissimo vizio di lui, già vecchio e Papa, fu assai probabilmente infondata malignità. Egli ebbe "core et animo grande"; rude schiettezza, tenacia irremovibile, attività prodigiosa, energia fisica e spirituale "terribile". Sebbene i suoi nemici abbiano gettato ombre fin sulla sua ortodossia, fu uomo di ferma fede e di schietta pietà...

Egli andò incontro alla morte con tanta devozione e contrizione che sembrava un santo. Giulio II, come Alessandro VI furono due papi che sollevarono grandi proteste e nemici contro la Chiesa, la quale però rimase salda nelle difficili prove, dimostrando così, come tante altre volte, prima e dopo, la forza della sua divinità e della sua perennità.

 

Non cattolico. Chiedo notizie di altri tre papi: Leone X, Paolo III e Giulio III.

 

Cattolico. Ti rispondo brevemente.

 

1. Leone X (1513) è accusato di non poter rinunciare ai piaceri della caccia e del teatro nemmeno nei giorni più critici della storia della Chiesa.

A 13 anni fu levato alla dignità cardinalizia, le cui insegne, per disposizione pontificia, indossò solo a 17 anni. Degno di nota è che in un ambiente come la Roma dei sec. XVI la condotta morale di Leone X fu irreprensibile e se gli piacque la compagnia degli artisti e dei letterati non fu, come si disse da taluno, un nemico degli studi sacri e tanto meno un pagano. Fu sinceramente credente, pio, onesto nel costume, largamente benefico, ma, insieme, fu bramoso di vivere e godere la vita aveva in orrore ogni fastidio; era prudente si, ma dubbioso, timido, coperto nei disegni, non schivo di doppiezza e di falsità, troppo amante dei suoi. Morì con segni di schietta pietà. Ma non fu compianto, anzi fatto segno ad accuse atroci ed ingiuste.

E' da meravigliarsi come Leone X, destinato dal padre, fin dalla nascita, alla carriera ecclesiastica, abbia potuto fare anche tanto cose buone e spingere con forza e costanza, la Chiesa alla riforma, nonostante ostacoli e opposizioni che sembravano insormontabili.

 

2. Paolo III (1534). E’ accusato di essere padre di quattro figli, e di aver praticato un nepotismo fuori di misura. Per tutti gli atti di qualche importanza, per Concistori, udienze, viaggi, egli si faceva fissare dagli astrologi il momento favorevole. Nominò cardinale il nipote Alessandro Farnese, in età di 15 anni, e il nipote Guido Ascanio Colonna, in età di 16 anni.

Dopo le notizie negative riportate, abbiamo anche il dovere di conoscere qualche cosa di buono di questo papa. La giustizia lo chiede.

Anzitutto è da dirsi che a Paolo III appartiene l'onore d'aver cominciato, la riforma ufficiale della Chiesa. Fu lui l'immagine perfetta dell'evoluzione del papato in quei tempi vivaci e ardenti. Conservò fin sul trono pontificio certe predilezioni riprovevoli per i suoi figli illegittimi, ma capì la necessità della riforma, l'abbracciò con forza e continuità, la volle con tutto il vigore della sua volontà agile e forte insieme. Fu un vero capo della Chiesa, un uomo di fede e di zelo. I difetti di Paolo III sono quelli che sono e restano tali. Ma ciò va detto anche per i suoi non pochi meriti.

 

3. Giulio III (1550). Troviamo scritto: "Condiva di scherzi frivoli e sconvenienti i suoi banchetti... Assisteva a rappresentazioni teatrali... Anche le donne venivano invitate in Vaticano. Usciva a caccia, giocava di grosse somme... manteneva buffoni a corte e interveniva a rappresentazioni teatrali sconvenienti".

La storia ci dà piena conferma dei difetti di questo papa, però apprendiamo pure che, nonostante difficoltà di vario genere che dovette superare, egli continuò a spiegare attività non trascurabile per la difesa e la propagazione della fede e l'opera della riforma. Si adoperò a mantenere nella fede cattolica la Polonia; promosse e festeggiò il ritorno dell'Inghilterra, con Maria Tudor, all'obbedienza di Roma, e al legato cardinale Pole accordò larghissime facoltà per la sanatoria ai possessori di beni ecclesiastici confiscati nel periodo dello scisma. Nonostante tutti i suoi grandi difetti, la storia ce lo ricorda colto, pio e generoso.

 

Non cattolico. Chiedo di presentarmi il riassunto dei seguenti papi indegni: Paolo IV, Gregorio XIII, Paolo V, Gregorio XV, Urbano VIII, Innocenzo X.

Cattolico. Sempre sinteticamente, rispondo:

 

1. Paolo IV (1555), è incriminato per i seguenti motivi: “Innalzò al cardinalato suo nipote Carlo Carafa, che non poté nemmeno ricevere l'ordinazione sacerdotale non sapendo il latino. Era un rozzo soldato la cui vita scandalosa e sregolata era nota al pontefice, ma questi con 'motu proprio' lo assolse dai passati delitti”.

Quando il Papa venne a sapere la verità circa la vita indegna e la corruzione di suo nipote, lo cacciò via da Roma (genn. 1559): mi sembra inverosimile l'assoluzione dei passati delitti del nipote con “motu proprio", oppure si deve pensare che il Papa assolse il nipote prima di conoscere la indegna sua condotta.

Zelò molto la riforma della Chiesa, e, per meglio riuscirvi, rinunciò ai suoi vari incarichi e vescovati, e fondò con S. Gaetano da Thiene l'Ordine dei Teatini, di cui fu il primo superiore. In quest'Ordine erano attuati i principi fondamentali della riforma cattolica: farsi vivo esempio agli altri di condotta sacerdotale e attività apostolica.

Fu eletto papa a 79 anni, ma ciò non gli impedì di zelare fortemente la causa della riforma.

 

2. Gregorio XIII (1572). E’ accusato di “prestar fede alle profezie degli astrologi e di aver conferito cariche altissime al figlio Giacomo, di cui fece celebrare le nozze con grande pompa".

Prima dell'ordinazione sacerdotale Gregorio XIII aveva avuto un figlio naturale al quale dette in moglie la ricca contessa Costanza Sforza.

Gregorio XIII fu assai laborioso, assai largo di udienze, ma conciso nei colloqui e rapido nelle decisioni. Molto fece per i poveri sovvenendo istituti d'educazione e monti di pietà, visitando ospedali, dando somme per riscatto di cristiani fatti schiavi dei corsari musulmani. Dimostrò eccezionale energia e volontà inflessibile. Sotto di lui la Riforma cattolica e la restaurazione cattolica fecero passi immensi. Diede impulso alle missioni, favorì le scienze e le arti, si occupò di una nuova edizione dei testi del diritto canonico, del Martirologio romano e della riforma del Calendario: fatto storico di grandissima importanza, quest'ultimo, al quale rimane legato il nome del Pontefice. Fallirono i tentativi di riunire alla Chiesa la Svezia e la Russia. Fallì il tentativo di abbattere la regina Elisabetta d'Inghilterra, e in Francia rimase indecisa la lotta tra cattolici e calvinisti. Ma la sua strenua attività fu anche coronata da vittorie grandiose. Dalle ostilità verso la regina d'Inghilterra si fa presto ad "architettare" un complotto a cui il Papa dà il suo appoggio. Nelle tre enciclopedie da me consultate non si trova traccia di un complotto appoggiato dal papa.

 

3. Paolo V (1605). Questo papa è accusato di nepotismo, avendo nominato

cardinale a 24 anni suo nipote Scipione Caffarelli procurandogli grandi ricchezze. Ricchezze e favori il papa elargì anche ai fratelli, specialmente a Giov. Battista. Sul figlio di costui concentrò tutto il suo affetto, conferendogli a diciannove anni il generalato della Chiesa".

Purtroppo il "nepotismo" si può ritenere la malattia di diversi papi ed ecclesiastici del passato. Sappiamo che il Signore ha permesso e permette che nella sua Chiesa non manchino delle umane debolezze, forse necessarie per farci comprendere che la persona umana che Lo rappresenta visibilmente è sempre e solo una creatura, e l'impeccabilità e l'infallibilità assolute sono prerogative esclusivamente divine. L'infallibilità pontificia è una grazia promessa da Gesù fin dalla costituzione della Chiesa, contro la quale “le porte degli inferi non prevarranno".

Le debolezze "nepotistiche" di Paolo V non gli hanno impedito di essere annoverato tra i grandi papi per la sua prodigiosa attività e per le molte benemerenze.

 

4. Gregorio XV (1621). Questo papa è accusato di aver nominato - appena il giorno dopo l'incoronazione - cardinale il nipote Ludovico, al quale affidò la direzione degli affari ecclesiastici e civili più importanti, dandogli l'occasione di accumulare immense ricchezze".

Di questo papa "incriminato", troviamo scritto: “Non vi fu forse altro breve pontificato (9.2.1621 - 8.7.1623) che lasciasse tracce così profonde, come quelle di Gregorio XV (Enc. Catt.).

Per quanto riguarda il nipote, nella stessa enciclopedia troviamo scritto: "il nipote completava magnificamente lo zio". 

 

5. Urbano VIII (1623). Questo papa è accusato “di aver arricchito enormemente la parentela. L'immenso arricchimento dei Barberini costituì per il pontificato di Urbano VIII la macchia più grande".

La mia risposta anche qui è semplice e breve: Urbano VIII fu papa intelligente ed attivo. Già precedentemente si era reso benemerito per i molteplici incarichi ricevuti. A 56 anni fu eletto papa. Fu prudente per temperamento e per l'esperienza negli affari, seppe imprimere un impulso personale al governo della Chiesa.

Le accuse di nepotismo sono meritate, tuttavia, gelosissimo della sua autorità, non diede loro (ai parenti) parte alcuna nel governo della Chiesa.

Aiutò gli imperatori Ferdinando II e III nell'opera di ricattolicizzazione, riformò i costumi del Clero, lavorò molto alla difesa della fede cattolica, fu poeta e letterato di fine sensibilità. Ebbe il merito d'aver fissato la procedura canonica per le beatificazioni e canonizzazioni.

 

6. Innocenzo X (1644). E’ accusato di avere "accettata come consigliere principale la cognata Olimpia Maidalchini,.. astuta e intrigante... Il figlio di Olimpia, Camillo, venne nominato cardinale”.

Innocenzo X si trovò in momenti difficili della Chiesa, tuttavia colpì energicamente le famose Cinque proposizioni gianseniste (1653).

E' vero che durante il suo pontificato si lasciò dominare dalla cognata Olimpia, intelligente ed energica, ma molto ambiziosa. Si può onestamente pensare che il papa ritenne l'intelligente cognata, capace di aiutarlo, ma s'ingannò.

Innocenzo X contribuì molto al progresso spirituale della Chiesa approvando e imponendo riforme di Ordini religiosi e di altre discipline ecclesiastiche. Favorì gli studi storici, continuò le grandi opere costruttive dei suoi predecessori.

 

Non cattolico. Ormai siamo alla fine, e ti chiedo un riassunto degli ultimi quattro papi indegni della serie secondo il libro del fratello evangelico valdese Roberto Nisbet "Ma il Vangelo non dice così". Essi sono: Alessandro VII, Benedetto XIII, Clemente XIV e Pio VI.

 

Cattolico. Ecco le risposte.

 

1. Alessandro VII (1655). Questo papa è accusato di “nepotismo, specie nell'ultimo periodo del suo pontificato, con ripercussione sull'amministrazione della giustizia in Roma. Nominò cardinale il ventisettenne nipote Flavio. Altre cariche ebbe anche il nipote Mario, odiato dai Romani, perché abusava della sua posizione per arricchire se stesso".

Risponderò brevemente notando poche cose, e cioè: le sagge misure adottate allo scoppio della peste in Roma ne limitarono molto i danni; canonizzò S. Tommaso di Villanova e S. Francesco di Sales, da lui sempre venerato e ammirato; arricchì la Biblioteca Vaticana; durante il suo pontificato si condussero a termine molte costruzioni di notevole importanza. A tanto bene si contrappone il solito peccato di nepotismo in cui cadde anche Alessandro VII.

 

2. Benedetto XIII (1724). “Nominò cardinale Nicolò Coscia, un uomo di sentimenti bassissimi che, con il consenso dei papa, divenne onnipotente. Con cifre alla mano si dimostrò al papa che in soli tre mesi si era appropriato di 11.000 scudi, e il papa emanò un decreto per sancire quel furto. Solo alla morte del papa il Coscia poté essere processato per una serie di delitti e condannato a dieci anni di carcere”.

Queste le accuse notate e che sono storicamente vere, ma esse non tolgono a questo pontefice la sua bontà e una vita vissuta santamente nella fedeltà alla Chiesa che difese strenuamente contro la prepotenza dell'autorità, civile di cui annullò i decreti emanati contro i racconti storici di S. Gregorio VII.

Il papa intervenne anche nella questione agitata da teologi e canonisti sulla validità o meno delle ordinazioni sacerdotali nella Chiesa anglicana. Della sua erudizione teologica sono prova i tre volumi pubblicati nel 1728 a Ravenna. In conclusione, Benedetto XIII sarebbe stato un ottimo papa se, per debolezza e inesperienza, non avesse concesso la sua fiducia a indegni individui. Era un uomo pio e dotto ed accettò il pontificato perché glielo impose il generale del suo Ordine (domenicano). Morì santamente il 21 febbraio 1730.

 

3. Clemente XIV (1769). Ecco le accuse: “Quando era di buon umore i suoi intimi potevano permettersi scherzi e burle che potevano arrecare pregiudizio alla dignità del Capo della Chiesa ... : andava a giocare alle boccette ed a fare mille ragazzate... ... Clemente XIV non difese il maestro di camera Potenziani, bastonato da due servitori, perché non aveva provveduto a far rimuovere le ortiche dal giardino del Quirinale" .

Di questo papa dopo aver letto la sua storia, non mi sento di metterlo alla berlina semplicemente perché di carattere gioviale e faceto, ma mi piace di guardare con più interesse le sue ansie e i suoi sforzi perché il suo pontificato fosse retto e

che la Chiesa fosse difesa da tanti nemici che premevano da tutte le parti. Le sue premure per l'incremento delle Missioni in Asia, in Africa e in America furono continue.

Fu autore di non poche opere e trattati.

Per la soppressione dei Gesuiti, egli cercò di tener duro: alla fine dovette consegnare ai peggiori nemici della Chiesa i suoi più validi difensori, rimanendone amareggiato per tutto il resto della sua vita.

Il suo scopo fu quello della pacificazione e della ripresa delle relazioni della Santa Sede con le corti cattoliche.

4. Pio VI (1775). “Creò cardinale suo nipote e nonostante la situazione precaria delle finanze pontificie elargì delle somme favolose ai parenti. Investì enormi capitali nel prosciugamento delle paludi, il cui vantaggio andò al nipote Luígi Braschi, al quale era stata concessa in enfiteusi... una parte dei terreni bonificati".

Queste le accuse contro Pio VI . Ma anche questo papa, come tanti altri di quelli incriminati, ha avuto al suo attivo l'ansia e lo zelo per salvaguardare gli interessi della fede e della dottrina cristiana. Combatté e cercò di arginare la prepotenza del galliganesimo e del giansenismo.

Il suo pontificato fu uno dei più lunghi (1775-1799); egli dovette affrontare fatti che preannunciavano la catastrofe. La Rivoluzione francese... e poi la discesa di Bonaparte in Italia facevano paventare la scomparsa dello Stato Pontificio. Ma lo svolgimento degli avvenimenti, che doveva distruggere tutto, venne a salvare la Chiesa. Con la discesa di Napoleone in Italia, Pio VI fu costretto a sborsare 42 milioni di scudi e a consegnare numerose opere d'arte. Scoppiata la guerra tra la Francia e il Regno di Napoli, il papa fu costretto a trasferirsi a Siena, Firenze, Parma e Torino. Poi fu condotto a Briancon e di là a Valenza. I disagi aggravarono le sue malattie e ne affrettarono la morte (29 ag. 1799). La serena fermezza con la quale Pio VI sopportò la deportazione e la prigionia destarono l'ammirazione anche dei suoi avversari.

Credo, infine, che il grande merito della bonifica di vasti territori paludosi, resta intatto, anche se un suo nipote potette averne dei particolari benefici.

 

Conclusione. Per non protrarmi ancora, tento una conclusione prospettica guardando la quale possiamo abbracciare con un colpo d'occhio tutti i "papacci” che il fratello evangelico valdese Roberto Nisbet ci ha segnalati

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01/09/2009 08:34

Non Cattolico. In conclusione, ti domando; tutti costoro di cui ti ho parlato, sono tutti Vicari di Cristo?

Cattolico. A questa ultima domanda do immediata risposta: Si, tutti, eccetto gli antipapi che nel libro sono presentati come papi. Infatti, nessuno di essi ha compromesso la infallibilità pontificia. Comunque, a questa prima risposta ne faccio seguire altre, e cioè: segnalerò ogni papa con un (+) (più) o (-) (meno) che indicano rispettivamente una condotta personale positiva o negativa, pur salvando la loro funzione di Vicari di Cristo. E segno (*) indica la difficoltà di dare un giudizio: sembra ingiusto il (+) e sembra ingiusto anche il (-).

 

Ecco l'elenco dei papi:

 

I. (+) S. Marcellino, (296); 2. (+) S. Liberio (352); 3. (+) S. Damaso (366); 4. (+) S. Zosimo (417); 5. (+) S. Celestino (422); 6. (+) S. Silverio (536); 7. (-) Vigilio (537); 8. (-) Onorio I (625); 9. (-) Bonifacio VI (896); 10. (-) Stefano VI (896); 11. (-) Sergio III (904); 12. (*) Giovanni X (914); 13. (+) Giovanni XV (985); 14. (+) Giovanni XVIII (1004); 15. (-) Giovanni XIX (1024); 16. (-) Benedetto IX (1033); 17. (+) Gregorio VI (1045); 18. (+) Gregorio VIII (1187); 19. (-) Innocenzo IV (1243); 20. (-) Niccolò III (1277); 21. (+) Bonifacio VIII (1294); 22. (-) Clemente VI (1342);  23. (-) Urbano VI (1378); 24. (-) Bonifacio IX (1389); 25. (+) Gregorio XII (1406); 26. (+) Martino V (1417); 27. (+) Niccolò V (1447); 28. (+) Callisto III (1455); 29. (+) Paolo II (1464); 30. (-) Sisto IV (1471);

31. (-) Innocenzo VIII (1484); 32. (-) Alessandro VI (1492); 33. (-) Giulio II (1503); 34. (-) Leone X (1513); 35. (-) Paolo III (1534); 36. (-) Giulio III (1550); 37. (+) Paolo IV (1555);

38. (*) Gregorio XIII (1572); 39. (+) Paolo V (1605); 40. (+) Gregorio XV (1621); 41. (+) Urbano VIII (1623); 42. (+) Innocenzo X (1644); 43. (*) Alessandro VII (1655); 44. (+) Benedetto XIII (1724); 45. (-) Clemente XIV (1769); 46. (*) Pio VI (1775).

 

Cattolico. Guardando il prospetto, abbiamo i seguenti risultati: 22 (+), 20 (-) e 4 (*), ossia su 46 papi tacciati di non essere vicari di Cristo, noi cattolici assicuriamo, in base a quanto stabilito da Gesù, che tutti i 46 sono stati veri vicari di Cristo, perché nessuno di essi - come è stato dimostrato - ha rinnegato la dottrina evangelica né la morale cristiana. Ventidue di essi hanno anche vissuto esemplarmente la vita cristiana, anzi i primi sei sono addirittura santi canonizzati. Venti hanno vissuto la loro vita privata non sempre esemplarmente o addirittura con delle forti carenze. Quattro vissero la loro vita privata "senza infamia e senza lode". Questo è un mio giudizio del tutto personale e, quindi, può essere facilmente errato.

Io mi sono sforzato di essere obiettivo al massimo e non nego che spesso mi sono trovato in serie difficoltà, nell'assegnare un punteggio tratto dalla storia della loro stessa vita.

A conclusione di tutto, mi piace di fare o di ripetere alcune riflessioni sul papato:

a) Diceva Giuseppe De Maistre: "Ogni Chiesa che non è cattolica è protestante..., tutte le Chiese dissidenti non possono differire che per il numero dei dogmi rifiutati. Poiché la supremazia del papa è il dogma capitale senza cui il Cristianesimo non può sussistere, chi rifiuta questo dogma rifiuta la volontà di Cristo, rifiuta la Chiesa fondata da Cristo e la sua unità da Lui tanto fermamente voluta. Da questo dogma dipende tutto il resto: l'unità di dottrina, la cattolicità, l’apostolicità, il progresso e la fecondità, l’indipendenza e la libertà”.

b) La designazione di Pietro da parte di Gesù non lascia alcun dubbio, come non lascia alcun dubbio il fatto che gli immediati successori di Pietro si siano avvicendati nell'episcopato di Roma.

 

c) S. Giovanni, relegato ad Efeso, non ha mai pensato di voler essere il successore di Pietro, né lo hanno pensato i fedeli, e perciò egli ci descrive con tanta vivacità l'episodio tra Cristo e lo stesso Pietro, al quale impone, per tre volte, di pascere il "Suo gregge" (Gv 21,15-17). Da tener presente che Giovanni scrive circa 30 armi dopo la morte di Pietro, mentre era papa S. Clemente romano. Se Pietro non avesse dovuto avere dei successori, Giovanni non avrebbe avuto alcuna ragione di narrarci un episodio inutile.

 

d) E' da riflettere che tutti, o quasi tutti, i papi “incriminati” vissero in periodi difficili, quando cioè era in atto la persecuzione e la prepotenza di case regnanti che hanno spesso imposto un papa o impedito che il più idoneo fosse eletto. Ma tutti questi torbidi provenienti da ambizioni, intrighi, imposizioni, ecc., anche se tanto incresciosi, restano sempre spiegabili e comprensibili perché prodotti dalla umana fragilità; ciò che invece desta meraviglia e ammirazione, è la costatazione che, ciononostante, Dio non ha MAI permesso che la "Sua" Chiesa deflettesse dalla via tracciatale da Cristo, perché Cristo, come la Sua Chiesa, è sempre lo stesso: “Ieri, oggi e sempre” (Eb 18,8).

 

e) Tenere presente pure che la storia ecclesiastica, per grazia di Dio, è di tale chiarezza e sincerità - almeno in linea generale - che gli anticattolici attingono, generalmente, proprio da essa tutte le critiche che le muovono contro. Invece, generalmente, i non cattolici, leggendo la storia della Chiesa, si fermano alla parte negativa e finiscono per vedere solo il male o l'errore e, quindi, necessariamente mancano di obiettività.

Questa storia "partigiana" ci porge come certo ciò che è dubbio e viceversa, come errore ciò che è una semplice questione di opinioni, o come eresia ciò che è invece soltanto qualche inesattezza commessa da qualche papa semplicemente perché male informato su certi problemi. C'è chi pretende che il Papa non solo sia infallibile su materia di fede e di morale, ma che sia sempre ineccepibile su qualunque altra dottrina. Molti altri confondono l’impeccabilità e l’infallibilità, senza sapere che Gesù ha promesso a Pietro solo l’infallibilità.

 

f) Molti nel dare giudizi sulla Chiesa, sul papa, sui vescovi, sui sacerdoti... dimenticano le parole di S. Paolo: "però noi abbiamo questo tesoro (la fede in Cristo) in vasi di creta, perché appaia che la potenza straordinaria viene da Dio e non da noi" (cf 2 Cor 4,7).

Noi preferiremmo che tutti i papi fossero santi, ma essi sono scelti da Gesù tra gli uomini e non tra gli Angeli.

Forse, facendo un calcolo piuttosto approssimativo, c'è da stupirsi che sul totale dei papi da Pietro a Giovanni Paolo II (in tutto 264) oltre un terzo, tra canonizzati e da canonizzare, è costituito da santi.

 

g) Forse, è proprio di fronte a questa costatazione che un grande protestante, Lord Macaulay, nei suoi famosi saggi (1843), cosi annotava: “Non vi è, né vi fu mai su questa terra, un'opera di umana politica così meritevole di studio come la Chiesa Cattolica Romana. La sua storia congiunge insieme le due grandi età dell'umano incivilimento. Nessun'altra istituzione risale ai tempi in cui il fumo dei sacrifici saliva dal Pantheon e le tigri balzavano nell'Anfiteatro Flavio.

Le più superbe case reali sono di ieri, paragonate con la successione dei Romani Pontefici. Noi rintracciamo questa successione attraverso una serie ininterrotta, dal Papa che incoronò Napoleone a quello che mise il serto regale sul capo di Pipino: ma l'augusta dinastia si estende molto al di là di Pipino... La Repubblica di Venezia víen dopo per antichità, anzi essa era moderna in confronto al Papato: per giunta se n'è andata ed il Papato rimane... Il Papato rimane... pieno di vita e di giovanile vigore. La Chiesa Cattolica invia tutt'ora ai più remoti confini del mondo i suoi missionari...".

Chi ha dato questi giudizi sul papato doveva certamente conoscere, meglio di tanti altri critici, la storia dei papi.

Alcuni anni orsono leggevo un libro (non sono in grado di fornire altre notizie perché non le ricordo) che mi impressionò per questo episodio.

 

Un gruppo di fratelli non cattolici discutevano, discutevano, discutevano... ma senza trovare alcun accordo tra di loro. Uno di essi ad un certo momento usci in questa esclamazione: “Se Gesù non avesse lasciato Pietro a Capo della Chiesa, avremmo dovuto inventarlo noi! .....”.

 

Non cattolico. Non mi convince che il papa è infallibile quando parla "ex cathedra", mentre come uomo privato può anche sbagliare e peccare. Infatti Innocenzo III a suo tempo scriveva: “Il papa è Vicario di Cristo, successore di Pietro, l'Unto del Signore, il Dio di Faraone, costituito intermedio fra Dio e l'uomo: inferiore a Dio, ma maggiore dell'uomo; ci giudica nati e da nessuno è giudicato" (Innocenzo III, cit. da B. Labanca, Il papato, Torino, Fratelli Barca, 1905, p. 203).

Il Concilio Vat. I ha aggiunto: “Al disopra del Romano Pontefice non vi è alcuna autorità, egli non può essere corretto da chicchessia, e a nessuno è lecito di portare su di lui il proprio giudizio" (Costit. Dogm. "Pastor aeternus", cap. III).

Quanto al Concilio Vat. II, ha ribadito: “Questo religioso ossequio della volontà e dell'intelligenza lo si deve prestare, in modo particolare, al Magistero autentico del Romano Pontefice, anche quando non parla “ex cathedra” (Costit. Dogm. sulla Chiesa, cap. III, § 25).

Cattolico. Certo, per scandalizzarsi di quanto scritto da Innocenzo III, dal Conca. Vaticano I e II, vuol dire che non si è capito chi è Cristo. Anche pensando che Innocenzo III ha scritto in momenti difficili (quando cioè imperversava l'eresia catara e valdese, quando i sovrani d'Europa erano dispotici e creavano situazioni difficili, e, perciò, ha usato parole forti e decise), egli non fa altro che mettere in evidenza l'importanza e l'autorità di Cristo che si esercita tramite il suo Vicario. La stessa cosa fanno i Concili Vat. I e II.

Chi nega l’istituzione del Vicario di Cristo, voluto fermamente e solennemente da Nostro Signore, chi non riesce a capire la necessità assoluta di un'autorità vicariale umana, neppure capirà che così facendo rinnega Cristo, ossia le sue parole, la sua volontà. C'è chi risponde (così mi ha risposto un'evangelica) che si, ci vuole un'autorità nella Chiesa e questa c’è: è Gesù Cristo stesso che è la Via, la Verità e la Vita. Ma chi dice così non riesce a capire la forza delle parole solenni e inequivocabili di Cristo: "... su te fonderò la mia Chiesa... a te darò le chiavi del regno dei cieli.... conferma gli altri nella fede.... pasci i miei agnelli... le mie pecorelle.... chi ascolta voi ascolta me e chi disprezza voi disprezza me...". Si, chi così dice neppure comprende che la Chiesa ha il deposito della fede (1 Tm 6,20-21) ed è colonna e sostegno della verità (1 Tm 3,14-15).

Col rifiuto dell'autorità posta da Cristo, le eresie (ossia le divisioni) si sono moltiplicate e si moltiplicheranno indefinitivamente. Si, chi così pensa e dice, non riesce a capire, o non vuol capire (per partito preso e per viscerale avversione contro la Chiesa di Dio) che nella divina economia non fu mai in programma una conduzione diretta dell'umanità. Il popolo ebreo fu affidato ai Patriarchi, a Mosè, ai Profeti, il popolo cristiano è stato affidato a Pietro, agli Apostoli, ai foro successori, come risulta chiaramente da tutta la S. Scrittura, Antico e Nuovo Testamento. Certo che Gesù è la Pietra Angolare, è tutto, è, appunto, la Via, la Verità e la Vita. Lo Spirito Santo è Dio e non è stato mai nominato da Gesù suo Vicario. E' ridicolo soltanto pensarlo. Ma tanto Gesù quanto lo Spirito Santo sono sostanzialmente anche se invisibilmente, la Guida Suprema della Chiesa, perché come Gesù le ha promesso di “rimanere sempre con essa", così le ha anche promesso di darle lo Spirito Santo che l'avrebbe guidata alla verità tutta intera, e "sarebbe rimasto sempre con essa".

Sarebbe veramente strano, assurdo, inconcepibile pensare che il Romano Pontefice sia tale soltanto quando parla ex cathedra.

E, allora, per dirigere la Chiesa, dovrebbe stare sempre in cattedra! Quale autorità civile-umana è tale soltanto in certi momenti e poi è alla mercé di quelli che non vogliono accettarla?

E' logico pensare e trovare giustissimo che, data la sua alta dignità, il Vicario di Cristo abbia dai fedeli un religioso ossequio anche quando non parla ex cathedra. Tutti i santi della Chiesa hanno trovato logico e pacifico tutto questo. S. Caterina da Siena, dottore della Chiesa, chiamava il Papa "il dolce Cristo in terra", e S. Francesco d'Assisi non ha voluto far nulla “senza il consenso del Signor Papa", anzi, lo stesso Cristo (e questo è successo a vari santi) disse a S. Francesco, più d'una volta, che si sarebbe dovuto rivolgere al Papa per quello che egli chiedeva (così per la Regola, come anche per l'indulgenza plenaria della Porziuncola).

Non cattolico. Sono belle parole quelle che dici, ma i fatti sono diversi e cioè: a) Papa Liberio (352) è stato un eretico perché aderì formalmente all'eresia ariana; b) Papa Vigilio (537-555) con una dichiarazione "ex cathedra" definì conformi alla dottrina cattolica alcuni scritti che il quinto Concilio ecumenico (Costantinopolitano II, anno 553) dichiarò solennemente di dover essere considerati eretici; c) Il papa Onorio 1 (625) è stato messo al bando della Chiesa per eresia dal sesto Concilio ecumenico nel 681; d) Bonifacio VIII (1294-1303) fondandosi sul passo di S. Luca (22,38): "Ed essi (i discepoli) dissero: Signore, ecco qui due spade! Ma egli disse loro: Basta!", affermò solennemente nella Bolla “Unam Sanctam” che il potere pontifico si estendeva sul temporale e sullo spirituale; e) La dottrina dell'infallibilità è stata imposta nel 1870 dal Concilio Vat. I; f) Molte persone, anche vescovi, non hanno accettato il dogma dell'infallibilità.

 

Cattolico. Risponderò brevemente anche a queste altre obiezioni perché lungo la confutazione fatta sinora, tutti questi argomenti hanno già avuto una soluzione adeguata. Perciò dirò, che: a) papa Liberio fu iscritto nel Martirologio geronimiano come santo, mentre fu escluso dal Martirologio romano, a causa non tanto delle calunnie del Liber pontificalis, che lo presenta quale eretico persecutore dei cattolici, quanto della debolezza con cui avrebbe comprato il ritorno a Roma. La prova più bella della sua innocenza è la richiesta all'imperatore da parte dei romani e la loro festosa accoglienza al ritorno a Roma del loro amato papa Liberio; b) papa Vigilio, nonostante tutte le peripezie e tanti lati negativi della sua vita privata, egli salvò espressamente la dottrina di Calcedonia, quindi rimase nell'ortodossia; c) papa Onorio I si trovò implicato in molte questioni di fede, per cui nel Conc. Vat. I fu molto discusso per certi suoi atteggiamenti e decisioni che potevano portare dei dubbi nella definizione del dogma dell’infallibilità pontificia. Ma dopo tante discussioni e accertamenti lo stesso Concilio Vat. I concluse che Onorio non intendeva affatto dare una definizione dogmatica e che il suo caso si riduce a questo interrogativo: Onorio I è stato condannato al VI Concilio ecumenico (680-681) perché aderente all'eresia monotelita, e quindi come eretico, oppure per il suo poco accorgimento e la sua negligenza in una questione di fede?

La risposta l'ha data lo stesso Leone II (682-683), il quale, ricevendo gli atti del VI Concilio ecumenico e confermandone le decisioni, approvava di conseguenza anche la condanna del suo predecessore. Però, dando conferma della condanna di Onorio, Leone ne precisò i limiti: "Noi condanniamo gli inventori del nuovo errore (il monotelismo) ed anche Onorio, che non si adoperò con ogni sforzo di far risplendere questa Chiesa apostolica, attenendosi all'insegnamento della tradizione apostolica, ma che invece permise che questa Chiesa immacolata venisse contaminata".

 

Non cattolico. E di Bonifacio VIII cosa mi dici sulle affermazioni “delle due spade?”

 

Cattolico. Ti rispondo che di questo papa ho già risposto sufficientemente.  Si sa che questo papa è stato abbondantemente accusato e calunniato dai suoi avversari. Il pontificato di Bonifacio VIII ebbe tragiche vicende a causa della ribellione dei Colonnesi e della lotta con Filippo il Bello. Ma la storia lo ha scagionato di tutte le calunnie per cui il papa Paolo VI giustamente disse di lui che "ha esercitato il suo mandato apostolico secondo delle forme rivestite da autentica luce".

Per quanto riguarda poi il potere temporale e spirituale del papa (la questione “delle due spade”) ho da far presente molte cose in merito, e cioè:

 

1. “Giudicare il Medio Evo con le idee che prevalsero dopo la rivoluzione protestante, e soprattutto dopo la pace di Westfalia, in cui si diedero eguali garanzie alle varie comunità cristiane, sarebbe commettere un deplorevole e frivolo anacronismo. Tutti i cristiani nel Medio Evo formavano una sola famiglia, a cui bisognava un capo, un padre. Tutti i popoli guardavano al successore di Pietro e Vicario di Cristo come colui al quale era affidato il potere di pascere gli agnelli e le pecore" (il dotto Card. Hagenrother nell'opera La Chiesa Cattolica e lo Stato Cristiano).

 

2. Il potere esercitato dai Papi nel Medio Evo sul temporale dei principi era perfettamente legittimo perché fondato sul diritto pubblico del tempo. Il Papa era riguardato come il capo naturale ed il padre comune da tutti, principi e popolo. Molti principi avevano fatto omaggio della loro corona alla Sede di Pietro riconoscendosene vassalli. Osserviamo di passaggio, che non vi fu mai un Papa il quale usasse del suo diritto, approfittando a se stesso, in tutto o in parte, gli stati di un vassallo colpevole di tradimento.

 

3. Le cerimonie per l'incoronazione dell'Imperatore d'Occidente ci fanno conoscere le idee del tempo: a) Il Papa avvertiva l'imperatore che egli riceveva il potere per governare i suoi sudditi e per proteggere la vera Chiesa di Dio; b) l'imperatore giurava: “Io, re dei Romani... prometto e giuro dinanzi a Dio e a S. Pietro di essere protettore e difensore del sovrano pontefice e della Santa Chiesa Romana..."; c) E' da notare che in molti teologi del tempo c'era la convinzione che il Papa intervenisse nelle cose dello Stato in forza anche del diritto divino a lui conferito col potere delle Chiavi. Cosi si spiega perfettamente la condotta di Gregorio VII verso Enrico IV, di Innocenzo III verso Giovanni senza Terra, di Innocenzo IV verso Federico II, di Bonifacio VIII verso Filippo il Bello.

 

4. Uso dei diritto dei Papi.

- Il Guizot, storico protestante, nel 1861, scriveva nel suo libro La Chiesa e la Società: "Per dir tutto, il Papato ed esso solo, seppe essere la potenza mediatrice, difendendo in nome della religione i diritti naturali dell'uomo contro gli Stati, principi e anche diversi popoli. Esso seppe conciliare i deboli con i forti dappertutto e sempre raccomandando la pace, il rispetto dei doveri e degli impegni, e il Papato pose così la pietra fondamentale del diritto internazionale, levandosi contro le pretese e le passioni della forza brutale".

- Altri scrittori protestanti, come il Voigt nella sua Storia di Gregorio VII e Murter in quella di Innocenzo III, hanno provato che questi Papi salvarono la civiltà con l'energica resistenza che opposero alla corruzione del loro secolo, come pure alle mire ambiziose e dispotiche di Enrico IV e Federico II.

Dopo studi imparziali, si può comprendere che la parte del Papato nel Medio Evo fu tenuta in così gran conto che l'illustre scrittore protestante Urghart, non esitò a chiedere che nelle questioni internazionali si rinunciasse al sistema dei congressi per ritornare al supremo arbitrato del Papa.

- Sulla fine del secolo XVII il Leibniz diceva: "Secondo me, l'Europa ed il mondo civile dovevano istituire a Roma un tribunale di arbitrato, presieduto dal Papa. Questo tribunale innalzato sopra i principi per dirigerli e giudicarli ci ricondurrebbe al secolo d'oro".

- Allo stesso modo giudicava il celebre ministro inglese Pitt... che nel 1794 scriveva: “Bisognerebbe trovare di nuovo il legame che ci unisce a tutti... Solo il Papa saprebbe formare questo legame".

- Lo stesso Voltaire (anticlericale e, forse, il primo e più accanito "mangiapreti") scriveva: “L’interesse del genere umano domanda un freno che ritenga i sovrani e che metta al sicuro la vita dei popoli: questo freno della religione avrebbe potuto, per un accordo universale, trovarsi nelle mani del Papa. Questi sommi pontefici, immischiandosi in querele temporali soltanto per acquietarle, ammonendo i re ed i popoli dei loro doveri, riprendendo le loro colpe, riservando le scomuniche per i grandi attentati, sarebbero sempre stati riguardati come immagini di Dio sulla terra".

(Dal "Corso di Apologetica Cristiana" di W. Devivier S.J., p. 640 e ss.).

 

5. Il potere temporale dei Papi nel Medio Evo.

“Non senza una particolare disposizione della Provvidenza di Dio questa autorità (la Chiesa) è... stata munita d'un principato civile, come della migliore difesa della sua indipendenza". (Enciclica "Immortale Dei" di Leone XIII, 1-1-1885).

Diceva G. De Maistre: “I Papi divennero sovrani senza accorgersene, anzi loro malgrado".

Si deve, in gran parte, a questo regno pacifico dei Papi se S. Gregorio Magno poté operare le meraviglie del suo pontificato. L'invasione dei Barbari e l'abbandono nel quale gli imperatori di Bisanzio lasciavano l'infelice Italia, convinsero le popolazioni a trovare una protezione efficace nel Papato che faceva regnare attorno a loro l'ordine e la giustizia.

G. De Maistre diceva ancora: "Nulla v'è di tanto evidentemente giusto nella sua origine quanto questa sovranità pontificia”.

"Il dominio temporale si trova fondato sopra mille anni di rispetto, e il più bel titolo dei Papi alla sovranità è la dedizione spontanea di un popolo da essi liberato dalla schiavitù" (protestante Gibbon) che conclude: "Se è messo in dubbio il possesso del Capo della Chiesa, tutte le famiglie sovrane regnanti si preparino a discendere dal trono".

“...Noi non indugiamo a dichiarare che, nello stato presente delle cose umane, questa sovranità temporale è assolutamente richiesta per il bene della Chiesa e per il governo delle anime" (Pio IX, Allocuzione del 9 giugno 1862).

Il Thiers disse in un celebre discorso: "Per il Papa non vi è indipendenza spirituale senza indipendenza temporale, senza sovranità".

- Lo stesso Napoleone riconobbe che “Il Papa non è a Parigi, non a Madrid... né a Vienna... Siamo felici che egli non risiede in casa nostra né in quella dei nostri rivali... Egli abita a Roma... e può tenere la bilancia dei sovrani cattolici sempre un pò inclinata verso il più forte e prontamente levandosi se il più forte diventa oppressore".

- Il Conte di Cavour diceva: “A Roma il potere temporale del pontefice si confonde talmente con l'autorità del potere spirituale che non si può separarli senza il rischio di distruggerli ambedue" (Documenti diplomatici presentati alla Camera, Torino, 1858).

 

Obiezione: La Chiesa é stata senza potere temporale nei primi secoli e ai nostri giorni, il prestigio morale del Papato si è accresciuto dopo l'annessione degli Stati Pontifici all'Italia.

 

Risposta. Si può fare riferimento alle condizioni della Chiesa nascente e perseguitata come una regola per apprezzare la sua condizione normale? La questione romana fu risolta definitivamente e onoratamente con i Patti Lateranensi del giugno 1929 che era la soluzione tanto attesa e preparata dalla Divina Provvidenza.

 

Non cattolico. Io ho fatto delle obiezioni servendomi di cattolici di un certo rilievo, i quali sono i primi a ribellarsi a certe invenzioni e imposizioni della Chiesa Romana. Infatti:

a) Un cattolico olandese, professore di seminario, ha detto recentemente: “Il potere monarchico assoluto del papa è una pura acquisizione storica... Comunità d'origine apostolica, come Roma, erano anche Alessandria, Antiochia e Gerusalemme. Tra i vari patriarchi, quello romano eccelleva per onore perché nella sua città ci sono le tombe di Pietro e Paolo. Ma presto egli passò, da questo primato di prestigio, al primato giuridico" (Citato da L. Rosadoni, I cattolici olandesi, Torino, Gribaudi, 1967, p. 54).

b) Quando fu imposta la dottrina dell’infallibilità il vescovo di Orléans, dichiarandosi contrario al nuovo dogma, esclamava: "Come! Proprio nel nostro secolo appare la necessità di discutere questa dottrina fondamentale! La Chiesa avrebbe vissuto per tanti secoli fondata su principi difettosi e incompleti!" (Lett. del Vescovo di Orléans al Clero della sua diocesi, citata da Pomponio Leto, Ed. Le Monnier, 1873, p. 412).

c) Lo storico cattolico Ignazio von Dollinger dopo la proclamazione del dogma e alla minaccia della scomunica rispose: "Né come cristiano, né come teologo, né come storico, né come cittadino posso accettare il dogma dell'infallibilità" (Cit. dalla Encicl. Britannica, VII, p. 508).

d) Uno dei più insigni predicatori del tempo, il carmelitano Hyacinthe Loyson, scriveva: “Io elevo davanti al Santo Padre e davanti al Concilio la mia protesta di cristiano e di prete contro questa dottrina e queste pratiche che si dicono romane, ma che non sono cristiane, e che tendono a cambiare la costituzione della Chiesa, la sostanza e la forma del suo insegnamento e perfino lo spirito della sua pietà"            (H. Loyson, Mon Testament, 1893, p. 42).

Sappiamo che il Loyson, insieme ad altri sacerdoti, professori di teologia e uomini  di  cultura,  furono  scomunicati  e  costituirono il nucleo della Chiesa Vecchio-cattolica, tuttora esistente.

 

Cattolico. I cattolici - almeno quelli che sono più addentro nella storia della nostra santa religione - sanno benissimo tante cose, anche quelle negative e incresciose. Sanno che lungo i secoli, come predetto dal Divin Maestro, i suoi seguaci sarebbero stati sempre perseguitati; sanno che per causa di Cristo ci sarebbero state delle divisioni; sanno che come ci fu un imperatore apostata, Giuliano, ce ne sarebbero stati tanti altri di apostati; sanno che l'errore è umano e che di errori, purtroppo, ce ne sono stati, ce ne sono e ce ne saranno sempre. Quindi, anche se dispiace molto, la meraviglia è relativa, e il credente è prevenuto e non subisce scosse scandalose se un cattolico olandese, ad un certo momento della sua vita, rifiuta il primato di Pietro; o se il vescovo di Orléans si oppose alla infallibilità pontificia, insieme ad altre persone colte e di prestigio come Ignazio von DoIlinger e Hyacinthe Loyson.

Che forse Ario, Nestorio, Eutiche... Michele Cerulario, Pietro Valdo, Martin Lutero, ecc., ecc., ecc. non erano persone colte e di prestigio? Eppure son caduti tutti nell'errore per aver rifiutato la guida del Magistero ecclesiastico. Che poi dei Vescovi, come dei cattolici colti vedano nel primato di Pietro o nell'infallibilità pontificia delle novità, è certamente cosa strana se non addirittura poco intelligente ed antistorica.                Lungo la trattazione di questi fogli, ho detto più volte che già S. Agostino diceva: "Non crederei ai Vangeli se non me lo dicesse la Chiesa”, e S. Ambrogio affermava: “Ubi Petrus ibi Ecclesia, ubi Ecclesia, ibi Christus!”. Quindi il primato di Pietro, come l'infallibilità pontificia sono cose della Chiesa, e della Chiesa non di oggi, ma di quella di duemila anni fa.

Giustamente don Gerlando Lentini sulla "Via" (settimanale da lui diretto, edito a Ribera ((Ag), scriveva: Gesù Cristo non ci ha affidati alla Bibbia, a un libro, anche se bello e stupendo; perché un libro, anche se contiene la Parola di Dio, va letto, spiegato, interpretato. E Lui lo sapeva: non per nulla è Dio! Ha affidato l'umanità da evangelizzare, la Chiesa da fondare, guidare, illuminare e governare a degli uomini che chiamò Apostoli (ossia uomini da Lui inviati); ad essi non mise in mano una Bibbia da portare in giro, ma comandò loro di annunziare il Vangelo ad ogni uomo, perché diceva: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo"; ed ammoniva: “Chi ascolta voi, ascolta me...". Gesù Cristo fonda la Chiesa e l'affida a Pietro, raduna le sue pecorelle e le affida a Pietro per pascerle, e le chiavi dell'ovile le dà a Pietro, pastore visibile di una Chiesa visibile e terrena. Gli Atti degli Apostoli ci presentano la Chiesa strutturata sul fondamento degli Apostoli e di Pietro (segno e fondamento di unità), la missione dei quali viene trasmessa ai loro successori detti Vescovi. Perciò la Gerarchia ecclesiastica è la struttura portante della Chiesa: e le strutture di una casa, anche se non sempre sono lucide e belle, sono sempre tuttavia essenziali, tanto che senza di esse la casa crolla.

La Bibbia è un prezioso dono che Dio ha fatto all'umanítà affidandolo alla Chiesa nella persona del Papa e dei Vescovi in una mai interrotta successione apostolica. Non è nata la Bibbia, e dalla Bibbia la Chiesa, è nata bensì la Chiesa (il popolo di Dio dell'Alleanza del Sinai e poi del Calvario), e nella Chiesa, dalla Chiesa e per la Chiesa è nata la Bibbia, come un albero dalle radici: insomma la Bibbia è il frutto più bello che ha maturato la Chiesa e che da essa scaturisce per opera dello Spirito Santo. Del resto è Gesù stesso a paragonare la Chiesa a un albero che si sviluppa. La Bibbia, insomma, non ha senso senza la Chiesa, come l'albero non ha senso senza 1e radici. Peraltro è la Chiesa a garantirci che la Bibbia è Parola di Dio, e non viceversa; come sono le radici che garantiscono la stabilità dei rami e dei loro frutti, e non viceversa. Ebbene, da duemila anni la Chiesa cattolica è come imbrigliata in una struttura divina la quale parte dal Cuore di Cristo, ha radici negli Apostoli (colonne e fondamento della Chiesa) ed arriva sino a noi. Questa struttura è la Gerarchia ecclesiastica: i Vescovi sparsi per il mondo ed uniti al Papa nella testimonianza di un solo Vangelo, di una sola fede, di un unico Credo. Possono esserci Papi e Vescovi peccatori, ma ogni Papa e tutti i Vescovi a lui uniti (compresi gli Alessandro VI e i vescovi conti, più conti che vescovi) hanno sempre garantito l'autenticità della fede e la fedeltà al Vangelo: peccatori nella loro vita privata, ma fedeli nel magistero di successori degli Apostoli.

S. Francesco d'Assisi fu uno dei più grandi riformatori della Chiesa, e poiché molti si ispirano a lui, il lavoro di riforma deve essere continuo. Dicevano infatti i Padri della Chiesa che essa è sempre da riformare, poiché, sino a quando è pellegrina sulla terra, è insieme santa e peccatrice.

 

Non cattolico. Per quanto riguarda S. Francesco d'Assisi, voglio far presente che prima di lui ci fu il cattolico Pietro Valdo che ebbe le stesse idee e fece la stessa cosa. Con questa differenza: che Pietro Valdo ascoltò la voce di Dio e della sua coscienza, mentre S. Francesco ascoltò il parere di uomini.

 

Cattolico. Peccato che questo raffronto, è capitato proprio alla fine, e non c'è più tempo di discutere. Perciò in breve dirò la verità su questa questione, e cioè: mentre Pietro Valdo, seguendo il suo punto di vista e il suo capriccio, si ribellò alla Chiesa e creò un gruppo ereticale, S. Francesco non contestò al Papa e ai Vescovi del suo tempo, a volte non tanto esemplari, il loro ruolo di successori degli Apostoli, anzi in quanto tali li venerò, sapendo che così facendo ubbidiva perfettamente al volere divino. Fu così che S. Francesco con la sua vita e la sua predicazione evangelica riformò la Chiesa. Però, prima di iniziare a predicare, andò a Roma per averne il mandato dal Papa; prima di dar vita al suo rinnovamento, attese che il Papa approvasse la sua Regola. E' così che Francesco d'Assisi, ubbidendo a Gesù nella persona del Papa, è divenuto l'uomo simbolo di unità e di pace per tutti gli uomini.

                                                                 Il Signore vi dia pace.

 

 

Fine confutazione del VI Capitolo 

a cura di Frà Tommaso Maria di Gesù dei f.m.r.

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