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IL PAPATO - 2 -

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:34
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01/09/2009 08:24

TESTIMONIANZA DELLA STORIA

VI CAPITOLO DEL LIBRO:

"MA IL VANGELO NON DICE COSI'":

 

Fascicoli dal n° 131 al n° 171

 

IL PAPATO

 

A - Testimonianza della Storia

A cura di fra Tommaso Maria di Gesù dei frati minori rinnovati

Via alla Falconara n° 83 - 90100 Palermo  - Tel. 0916730658

 

 

 

Non cattolico. Riporto, anzitutto, le parole di un ex sacerdote, il quale scrive: “La storia del costituirsi e dell'evolversi della Chiesa romana e dei suoi poteri primaziali, è senza dubbio uno degli aspetti più sorprendenti nella storia dei Cristianesimo" (Ernesto Buonaiuti, Storia del Cristianesimo, I, Milano, Dall'Oglio, 1942, p. 156).

 

Cattolico. Caro fratello, mi sembra che tu abbia delle particolari predilezioni per questo ex sacerdote. Spesso lo chiami in causa. Però non ti nascondo che, così come giacciono le sue parole, possono essere accettate anche da un cattolico. Esse potrebbero significare e dimostrare la grandezza sorprendente del Cristianesimo, il quale, date le premesse e le parole di Gesù, ha assunto nei secoli e va assumendo continuamente una portata sempre più maestosa e portentosa, nonostante le burrasche che gli ringhiano intorno.

 

Non cattolico. Sei ottimista, alquanto pare. Ma ascoltami e rifletti.

 

Perché l'Apostolo Pietro non può avere avuto dei successori?

 

Anche se accettiamo per buona l'affermazione che Gesù abbia voluto nominarsi un vicario, non è affatto detto nei Vangeli che Pietro a sua volta, dovesse avere dei successori.

l. Anzitutto perché gli Apostoli erano tali in quanto testimoni oculari della risurrezione di Cristo (Atti 1,21-22) e quindi non potevano avere dei successori. Come afferma un professore di seminario cattolico, "nella Scrittura è innegabile che Pietro stia al centro dei collegio apostolico, ma la sua funzione finisce con la fine dei Dodici, i quali hanno la missione - non trasmissibile - di deporre dinanzi al mondo in favore di Gesù, delle cui gesta sono stati testimoni oculari" (Cit. da L. Rosadoni, I Cattolici Olandesi, Torino, Gribaudi, 1968, p. 162).

2. Inoltre l'idea di successori degli apostoli non sarebbe mai venuta alla mente della Chiesa primitiva, per il semplice fatto che i cristiani del primo secolo ritenevano imminente la fine del mondo.

3. E poi gli apostoli avevano ricevuto la loro vocazione dallo Spirito Santo (1 Cor 12,23-29) per evangelizzare il mondo. I vescovi (detti anche "anziani" o "presbiteri" erano eletti dalla comunità locale (Atti 14,23). Gli Apostoli non potevano quindi avere dei successori nei vescovi.

Cattolico.

a) Rispondo alle tue sempre arbitrarie obiezioni le quali, in verità, non tengono conto né della S. Scrittura, né delle realtà storiche. A fil di logica e con rigore biblico, non possiamo neppure sospettare che Gesù non abbia voluto un suo fisico rappresentante al quale i fedeli avrebbero dovuto rivolgersi. Infatti, cosa significherebbero le parole: "a te darò le chiavi del regno dei cieli?", e le altre: “conferma i tuoi fratelli nella fede?"; e le altre ancora: "pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle?".

La realtà storica ci prova che S. Clemente Romano, papa, scrive una lettera ai Corinzi, mentre l'Apostolo Giovanni è ancora vivo. Egli scrive tra l'altro: "Pietro e Paolo predicarono il Vangelo a Roma e vi fondarono la Chiesa". "Pietro e Paolo... furono perseguitati e lottarono fino alla morte... divenendo esempio bellissimo fra noi".

Quando Gesù dice: "Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me..." (Gv 17,20), non voleva forse riferirsi ai loro successori, capi e gregari?

E quando dice: "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla  fine del mondo"      (Mt 28,20) pensi che Egli non capisse le parole che proferiva? Non sapeva che Pietro e gli altri Apostoli sarebbero presto morti, come aveva già predetto? Come si fa a pensare che Egli volesse indicare le loro persone e non la loro missione?

 

b) Si gli Apostoli furono testimoni oculari della vita pubblica di Gesù e da Lui prescelti, proprio perché la loro testimonianza, forte e coraggiosa potesse suscitare nella successone e nei credenti convinzioni profonde, e tali da meritare sempre l'elogio del Maestro"- "beati quelli che pur non avendo visto crederanno" (Gv 20,29), e quello di Pietro (1 Pt 1,8) che dice: "Voi Lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in Lui".

Che la Chiesa fondata da Cristo dovesse dissolversi e rimanere in balia degli uomini dopo la morte degli Apostoli, è semplicemente strano, oltre che essere antilogico, antibiblico e antistorico. Il Nuovo Testamento è pieno di questa realtà. Gesù aveva detto: "Mi sarete testimoni... fino agli estremi confini della terra" (Atti 1,8); e in base a questa testimonianza "andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore..." (cf At 5,14; 6,7; 14,21, ecc.).

Cosa dire dei Vescovi Timoteo e Tito ordinati da Paolo per il governo delle chiese di nuova fondazione?

Quanti successori di Pietro Valdo, di Lutero, di Calvino, ecc., senza essere mai stati da loro chiamati direttamente alla successione?

E tutta la storia umana, anche quella profana, non ci dice che ogni seria fondazione ha dei successori? Le ditte commerciali o industriali ci tengono a mettere in evidenza che sono state fondate da molti anni.... e ciò per meglio garantire la bontà e serietà dei loro prodotti e della loro attività.

La continuità del primato nel successore di Pietro sulla cattedra romana risulta inoppugnabilmente, non solo dalle parole di Cristo, ma chiarissimamente dall'esame delle vicende storiche della Chiesa primitiva.

E' già un fatto singolare che nessuna sede e nessun vescovo hanno mai preteso che il successore di Pietro non fosse il Vescovo di Roma o dovesse determinarsi diversamente.

Come negare che i Valdesi, i Luterani, i Calvinisti, ecc. non siano i successori di P. Valdo, di Lutero, di Calvino? Sembrerebbe un assurdo. Ebbene a questo assurdo, e peggio ancora, giungono i nostri fratelli non cattolici quando dicono che il Vescovo di Roma e gli altri Vescovi non sono i successori degli Apostoli. Noi sappiamo, dunque, di essere fatti eredi... dopo aver ascoltato la parola della Verità.... per cui siamo caparra della eredità degli Apostoli (cf Ef 1,1-23).

 

c) E' vero che nei primi tempi del Cristianesimo ci sia stata in molti,

l'impressione d'una venuta del Signore a breve scadenza, ma ciò non ha impedito alla Chiesa di svilupparsi e di capire sempre meglio le cose.... Ancora oggi siamo persuasi e predichiamo la stessa cosa: tutti dobbiamo pensare e meditare al prossimo incontro con il Giudice divino: incontro che per ognuno è imminente e può verificarsi da un momento all'altro, con la nostra morte corporale.

 

Non cattolico. Dopo aver detto il perché l'Apostolo Pietro non può avere avuto dei successori, ti domando:

2. Ma non si dice che la Chiesa romana abbia avuto Pietro come primo papa?

Una tradizione sufficientemente fondata ci parla del martirio di Pietro a Roma. Ma non esiste la minima prova circa un suo soggiorno prolungato in questa città. Si aggiunga che fino alla seconda metà del secondo secolo, la Chiesa di Roma non fu guidata da un solo Vescovo, ma da un collegio di anziani o presbiteri, eletti dai fedeli, secondo l'uso generale della Chiesa cristiana primitiva. Così infatti leggiamo nel Pastore di Erma (anno 140 circa): “Tu leggerai il libro a questa città (Roma) in presenza dei presbiteri che dirigono la chiesa" (Visione seconda, IV, 3; cit. da G. Dix, Le ministèr dans l'Eglíse ancienne, Neuchatel-Parigi, Delachaux & Niestlè, 1955, p. 109).

Cattolico. Ascoltami, caro fratello. Tu continui a fare affermazioni che per "Fondamento storico" hanno soltanto delle supposizioni, tue e dei tuoi fratelli di fede. Voglio anche ricordarti che i tempi di cui stiamo parlando, sono gli inizi della Chiesa di Gesù. Tempi, come sai, difficilissimi perché contrassegnati da acerbe persecuzioni, specie quella di Nerone tra le cui vittime è quasi certamente anche quella di Pietro.

Dal momento che tu stesso ammetti che “una tradizione sufficientemente fondata ci parla dei martirio di Pietro a Roma", io mi risparmio di elencartene le varie prove storiche.

Nella sua Histoíre ancienne,de l'Eglise, I, p. 61, Msg. Duchesne ha messo ben in rilievo il valore di queste testimonianze: "Per tutta quanta la cristianità, appena si comincia a prendere interesse per i ricordi apostolici e i diritti ad essi legati, la Chiesa di Roma è la Chiesa di S. Pietro; là egli è morto e ha lasciato la sua sede. Tutte le controversie tra Oriente e Roma lasciano intatta questa posizione, il che è assai importante per un fatto così gravido di conseguenze".

Per quanto riguarda quel che affermi di Erma, ti voglio ricordare che egli era fratello del Papa S. Pio I (140-155) e che il "Pastore" da lui scritto, pur essendo, all'epoca, apprezzato per quel che dice sulla moralità, resta sempre il libro di uno che immagina visioni ed è prettamente spirituale. Le sue affermazioni non hanno senso storico. Erma è un laico e non un teologo; usa un linguaggio poco rigoroso, difficile a tradursi in formule teologiche; ha molti passi oscuri sulla Trinità e sull'Incarnazione.

Quindi, la frase: “Tu leggerai il libro a questa città (Roma) in presenza dei presbiteri che dirigono la chiesa", non ci dice che in questa Chiesa, diretta dai presbiteri, manchi l'autorità suprema. Egli era fratello del Papa Pio I e certe cose le suppone come le supponevano quelli a cui si rivolgeva. Da questo silenzio, concludere che a Roma “il Vescovo unico si è sostituito al collegio dei presbiteri-vescovi soltanto al tempo di Aniceto (verso il 160) o tutt'al più al tempo di Pio I (verso il 150)" (A. Harnack), oppure pensare come Lipsius (altro protestante) “che la lista episcopale sarebbe stata imbastita allora per giustificare il cambiamento di regime sfruttando nomi noti di presbiteri-episcopi romani", sono supposizioni semplicemente temerarie. Se così fosse stato, ci sarebbe dovuto essere, necessariamente, una storia piena di proteste e di contestazioni. Fatti che la storia ignora completamente. Invece la storia c'è, ed é chiara e precisa. Mi limito alle cose principali.

 

- Così scrive S. Ireneo (Adv Haer. III, 3,3):

 

“Dopo d'aver fondato e stabilito la Chiesa di Roma, i beati Apostoli Pietro e Paolo ne affidarono l'amministrazione a Lino, di cui parla Paolo nelle lettere a Timoteo. Gli successe Anacleto. Dopo questi, Clemente ebbe il terzo posto nell'episcopato dopo gli Apostoli. A Clemente successe Evaristo, a Evaristo Alessandro; poi Sisto fa il sesto dopo gli Apostoli. Dopo di lui venne Telesforo che diede una gloriosa testimonianza. Gli successe Igino; poi, Pio che fu seguito da Aniceto. Sotero successe ad Aniceto, ed Eleuterio (174-189), occupa oggi il dodicesimo posto dopo gli Apostoli".

La lista di S. Ireneo è ripetuta da altri, tra cui Egesippo, giudeo di Palestina, convertito al Cristianesimo; egli visitò diverse Chiese, particolarmente quelle di Corinto e Roma (verso il 155-166). Eusebio di Cesarea (H.E. IV, 22,3) cita le seguenti parole di Egesippo: “Mentre stavo a Roma, feci una lista di successione (episcopale) fino ad Aniceto (verso il 160) di cui Eleuterio era diacono. In ogni successione ed in ogni città, tutto è conforme a quanto prescrivono la legge, i profeti e il Signore".

Quindi, caro fratello non cattolico, le supposizioni di Harnack e di Lipsius, ripetute da te e da tutti i non cattolici sono, oltre che temerarie, anche assurde, perché, come abbiamo visto, Ireneo, Egesippo e tutti gli altri ci danno la lista della successione dei papi, proprio nel periodo supposto come cambiamento di rotta. E non è detto che l'hanno inventata loro. Certamente si rifacevano a documenti e voci ripetute dalla tradizione.

 

Non cattolico. Ma allora, perché, oltre Erma, neppure nella lettera ai Corinzi (che i cattolici dicono scritta da Clemente) non si parla a nome proprio, ma a nome della comunità romana?

 

Cattolico. La storia è chiara. Da Dionigi di Corinto sappiamo che S. Clemente romano papa, è l'autore della lettera ai Corinzi. Ma lo sapevano bene anche quelli per i quali fu mandata la lettera e i destinatari, ai quali il papa, dopo aver fatto raccomandazioni e richiami generici, dà disposizioni per superare la crisi (pentimento ed esilio dei responsabili).

E' dà tali disposizioni come chi possiede un diritto incontestato ed è rivestito di una autorità superiore che viene da Dio. Pur usando la massima carità, egli così si esprime: "Se qualcuno disobbedirà alle parole dette da Dio per mezzo nostro, sappia..." (59,1); "   ... ci procurerete gioia e allegrezza se obbedendo agli ammonimenti che vi abbiamo scritto mossi dallo Spirito Santo..." (63.2). Può persino destare sorpresa una testimonianza di esercizio del primato così netta e autoritaria, tanto più quando si considera che vicino a Corinto - ad Efeso appunto -, era ancora vivo l'apostolo Giovanni, la cui personale autorità e il cui personale prestigio erano certamente molto più grandi di quelli del lontano e sconosciuto Clemente romano.

Saprai bene dalla storia che precede P. Valdo, Lutero, ecc. che la lettera di San Clemente papa è detta "l'epifania del papato", ossia la prima manifestazione scritta dell'esercizio del papato. Tieni presente che S. Clemente ha esercitato il suo ufficio di Papa tra l'88 ed il 97, ossia 50-60 anni prima che a Roma avvenisse il “colpo di stato" di cui parlano Harnack, Lipsius, tu stesso e tutti gli altri protestanti!... Oltre a ciò, tieni anche presente che Erma da te caldeggiato, nel tema generale del “Pastore" (Vis. 3; Sim.9) e nelle Odi di Salomone (22,11-12) scrive delle sorprendenti allusioni a Pietro come fondamento della Chiesa.

 

Non cattolico. Tu credi che noi parliamo con leggerezza e capziosità, mentre è proprio la storia che tu chiami in causa che tace.

 

Cattolico. Beh! Questo è vero per modo di dire. Voglio dire nel senso che per i primi due-tre secoli i testi che ci riportano le vicende della Chiesa sono piuttosto scarsi ed occasionali. Ciononostante, è singolare trovarvi cenni ed episodi di intervento del Vescovo di Roma, i quali rimarrebbero inspiegabili in un ambiente che non avesse riconosciuto al Vescovo di Roma una autorità diversa e superiore a quella degli altri vescovi.

In conclusione, quello che scrivi nel tuo libro a pag. 46 e che sopra ho riportato, cioè “che la Chiesa romana fino alla seconda metà del secondo secolo non fu guidata da un solo vescovo, ma da un collegio di anziani o presbiteri, eletti dai fedeli secondo l'uso generale della Chiesa cristiana primitiva" è una invenzione del protestantesimo. Aggiungo pure che non si può pretendere che il primato del Romano Pontefice si sia imposto (con le persecuzioni che c'erano!...) ed esercitato subito con la stessa chiarezza e ampiezza dei secoli successivi e di oggi.

E' sufficiente scoprire alle origini i tratti essenziali, dai quali deriva lo sviluppo omogeneo dello stesso potere conferito a S. Pietro. Questa è una legge comune alla maggior parte delle verità rivelato (vedi dogma) e alla Chiesa stessa, paragonata da Gesù al seme che si sviluppa.

 

Non cattolico.

 

Quali altri argomenti ci convincono pienamente che i papi non possono essere considerati vicari di Cristo?

 

1 . Sempre accettando per buona l'idea che Gesù abbia voluto nominarsi una serie di centinaia di vicari, bisognerebbe dimostrare che ogni papa sia stato il legittimo successore del precedente. Ma vi sono stati lunghi periodi in cui c'erano due papi; ci sono stati dei Concili che hanno deposto i due papi per nominarne un terzo; vi sono stati dei periodi in cui non c'erano papi. "La lista dei papi rimane incerta in più d'un caso sino al 1417".

Infatti il defunto Giovanni Roncalli ha assunto il nome di Giovanni XXIII. Questo papa pontificò dal 1411 al 1415, anno in cui venne deposto dal Concilio di Costanza, come "pubblico simoniaco e peccatore incorreggibile"; si può visitare la sua tomba nel Battistero di Firenze.

La catena del papato (la cosiddetta "successione apostolica") è lungi dall'essere storicamente accertata, ed è quindi comunque escluso che l'attuale papa sia il successore di S. Pietro.

2. Inoltre, se fosse vero che Gesù ha nominato Pietro suo vicario, a sua volta Pietro avrebbe dovuto nominarsi il suo successore, come fece Felice IV, e così via.

3. La chiesa romana sostiene che i papi succeduti a Pietro nel I secolo sono stati Lino, Cleto, Clemente, Evaristo. Orbene noi sappiamo che l'apostolo Giovanni, l'autore del Vangelo, ha vissuto sin quasi alla fine del I secolo. Così la Chiesa avrebbe nominato al vertice della sua gerarchia, al di sopra dell'apostolo Giovanni, testimone oculare di Gesù Cristo, dei papi infallibili, con maggiore autorità dell'apostolo “che Gesù amava" (Gv 13,23)!

 

Cattolico. Rispondo come posso alle tue obiezioni, costantemente contorte e astutamente presentate.

L'idea di Gesù - come è ben chiaro dalle sue parole - è stata quella di volere un suo sostituto o vicario permanente che potesse confermare sempre i fratelli nella fede, e potesse, in suo luogo, pascere i suoi agnelli e le sue pecorelle, e perciò gli diede le Chiavi dei Regno, ossia la potestà sul "suo" gregge, ossia sulla "sua" Chiesa.

La successione nell'ufficio di Pietro, come simbolo di sicurezza e di unità è implicita in tutte le parole di Cristo che assicura di essere con gli apostoli, ossia con la loro funzione sino alla fine del mondo.

Quello che avviene, naturalmente, in qualunque società umana, doveva avvenire, necessariamente, anche nella Chiesa di Dio, che è una società umana, ma anche divina e perciò è detta teandrica, ossia divina e umana. E se in tutte le società c'è una direzione suprema, tanto più era necessaria una suprema autorità nella Chiesa. Non furono gli apostoli ad eleggere il loro capo, il primo papa, S. Pietro. Fu Gesù stesso a scegliere direttamente la persona di Pietro per mostrare che, se ogni "autorità viene da Dio" (cf Rm 13,1-2), questo è particolarmente vero per quella del Papa.

Noi non sappiamo come fu scelto il successore di Pietro. Dalla storia ricaviamo che, secondo un'antica disciplina, l'elezione era fatta dal clero e dal popolo. Un testo autentico lo troviamo nella Lettera di Papa Clemente ai Corinzi (95-96). Egli non ha lo scopo di dirci come il papa veniva scelto, però tutto ci fa credere che, trattandosi della scelta dei vescovi e dell'organizzazione della Chiesa, Clemente descriveva l'elezione del vescovo di Roma al pari di quella degli altri vescovi. Egli si esprime così: "I nostri apostoli per mezzo del Signore Nostro Gesù Cristo sapevano che sarebbero scoppiate contese per la dignità episcopale... Perciò, avendo conseguito una perfetta prescienza, stabilirono i vescovi predetti e poi fissarono le norme della successione, cosicché alla loro morte altre persone onorate ne raccogliessero il ministero. Quelli che così furono investiti da loro e dopo di loro da altre persone degne, con l'approvazione di tutta la Chiesa, e hanno servito irreprensibilmente il gregge di Cristo, con umiltà, nella pace e nella giustizia, ricevendo testimonianze in molte circostanze da tutti, non riteniamo giusto che costoro siano scacciati dal servizio divino" (cf c. 44. traduzione ital., Roma. Ed. Paoline, 1944, 2° edizione).

Da questo passo è evidente che la scelta dei vescovi, fatta dapprima dagli apostoli, in seguito era fatta dai capi della Chiesa con il consenso del popolo cristiano. E niente ci induce a pensare che fosse diversamente per il Vescovo di Roma.

Un secolo e mezzo dopo, una lettera di S. Cipriano, vescovo di Cartagine, ci assicura che: "Cornelio - vescovo di Roma ossia papa - è stato creato vescovo col volere di Dio, e del suo Cristo, con la testimonianza di quasi tutto il Clero,  col suffragio del popolo presente, col consenso del Collegio dei preti anziani e delle persone ragguardevoli, e nessuno prima di lui è stato eletto per occupare la sede resa vacante dalla morte di Fabiano". (Lettera ad Antonianum, scritta verso la fine del 251).

 

Ho detto che la Chiesa è divina e umana. Ebbene la parte divina è come voluta da Cristo, immutabile, indefettibile, infallibile, eterna; la parte umana è, invece, mutabile, defettibile, fallibile. Da ciò è comprensibile come l'ambizione, gli intrighi e i vizi potessero produrre elementi capaci di creare opposizioni, preferenze, scismi. A tutto ciò si aggiunga l'ambizione dei principi, dei re, degli imperatori o delle case regnanti, ecc... e ci rendiamo conto della parte negativa della Chiesa di Dio. Gli intrighi spesso hanno costretto dei papi a chiedere la protezione dei sovrano, ma il rimedio spesso si è dimostrato peggiore del male per l'ingerenza e la prepotenza dei sovrani stessi nelle nomine ecclesiastiche.

Ad evitare queste imposizioni dell'autorità civile, alcuni papi pensarono di assicurare personalmente l'elezione del successore che essi ritenevano più degno, designandone il nome, ma senza imporlo. La prova di queste comprensibili premure, l'abbiamo in diversi testi. Segnaliamo innanzitutto la decisione del Concilio romano del 19 novembre 462, che condannò come "inaudita" la pretesa di certi vescovi che prima di morire designarono il loro successore, in modo che non più la richiesta elezione, ma il favore del defunto sostituiva il consenso che deve venire dal popolo (can. 5).

Ancora una volta si affermano così i diritti e gli usi tradizionali dell'elezione. Quel che il Concilio condannava con parole tanto severe non era l'indicazione di un candidato desiderabile fatta dal defunto, ma era la sua designazione autoritaria.

Le disposizioni del Sinodo romano del 1 marzo 499 dicevano: "Se.... il papa muore improvvisamente... venga consacrato chi sarà stato eletto dall'unanimità del clero. Se... le opinioni sono contrastanti vincerà la maggioranza" (can. 4). Accadeva anche che, mentre il papa era vivo e a sua insaputa, alcuni ambiziosi spingessero la loro audacia fino a raccogliere firme per la scelta futura o a promettere il loro interesse o il loro voto e tenere delle conventicole a questo scopo (can. 1).

A tutte queste prove aggiungiamo i conflitti che nascevano tra il clero e l'esercito.

Da questi testi pare legittima la conclusione che il Sommo Pontefice affermava il proprio diritto a prendere delle decisioni sulla scelta del suo successore.

Così possiamo meglio comprendere la decisione del papa Felice IV (526-530); Egli fu elevato al sommo pontificato per l'influsso di Teodorico re dei Goti, che inflisse così un colpo alla libera elezione dei Pontefice.  Venuto però, poco dopo, a morire Teodorico, il papa fu liberamente eletto, accettato e consacrato pacificamente.

 

Prima di morire Felice, temendo il pericolo di lotte e scissure tra i partiti per l'elezione del successore, ricorse ad un provvedimento fino allora "inaudito": designò egli stesso il successore nella persona dell'arcidiacono Bonifacio. Il partito contrario elesse Dioscoro che da lunghi anni aveva reso grandi servizi alla Chiesa.

Conclusione: in questo modo non si ovviò alle difficoltà previste. Lo scisma fu di breve durata perché Dioscoro morì 24 giorni dopo.

Tuttavia Bonifacio Il (530-532) volle a sua volta scegliere il proprio successore nella persona del diacono romano Vigilio, il quale in effetti divenne papa, ma soltanto dopo altre tre vacanze della sede pontificia (Giovanni II, S. Agapito I, S. Silvenio), perché Bonifacio, ritornando sulla designazione fatta, se ne accusò come d'una colpa e la ritrattò.

 

Quindi, caro fratello, il richiamarti alla nomina fatta da Felice IV per provare la successione apostolica dei papi è un grave errore, perché tali nomine, fatte pur solo in casi di emergenza, si sono dimostrate controproducenti, oltre che essere anticostituzionali. Oggi le cose sono logicamente e necessariamente cambiate, ma ciò non toglie alla storia la sua realtà, che è ben lungi da quella che tu ci presenti.

La fine del dominio dei Goti in Italia, che fu dovuta agli sforzi dell'Imperatore d'Oriente Giustiniano, non portò alcun vantaggio alla Chiesa romana. I Bizantini, che avevano imposto la persona del successore di Silverio, il papa Vigilio (537-555), con i mezzi che conosciamo, rivendicarono sull'elezione i diritti già pretesi dai Goti. Ossia pretesero che il loro “placet” (= il benestare e l'approvazione dell'autorità civile), precedesse il riconoscimento dell'eletto; donde, in gran parte, le lunghe vacanze della Santa Sede. Inoltre, ci vollero in seguito i tenaci e abili sforzi di papa Agatone I (siciliano, 678-681), per ottenere dall'Imperatore d'Oriente l’esenzione del pesante tributo di tremila danari d'oro richiesti dall'imperatore (per la nomina di ogni papa) sull'esempio di Alarico e dei suoi successori.

 

Gesù volle Pietro come fondamento necessario, unico ed esclusivo del Cristianesimo. A lui appartengono le promesse, con lui è l'unità, cioè la Chiesa. Diceva Giuseppe De Maistre (nel suo libro Du Pape, Lione 1819, traduz. ital., Firenze, Ed. Fiorentina, 1926): "Ogni Chiesa che non è cattolica è protestante. Poiché il principio è lo stesso sotto ogni aspetto, cioè una rivolta contro l'unità romana; tutte le Chiese dissidenti non possono differire che per il numero dei dogmi rifiutati. Poiché la supremazia del papa è il dogma capitale senza cui il Cristianesimo non può sussistere, chi rifiuta questo dogma rifiuta la volontà di Cristo, rifiuta la Chiesa fondata da Cristo e la sua unità da Lui voluta. Da questo dogma viene tutto il resto: l’unità di dottrina, la cattolicità, l'apostolicità, il progresso e la fecondità, l'indipendenza e la libertà".

La designazione di Pietro da parte di Gesù non lascia alcun dubbio, come non lascia alcun dubbio il fatto che gli immediati successori di Pietro si siano avvicendati nell'episcopato di Roma.

S. Giovanni, relegato ad Efeso, non ha mai pensato di volere essere il successore di Pietro, ne lo hanno pensato i fedeli, e perciò ci descrive con tanta vivacità l'episodio tra Cristo e il suo Vicario, al quale impone di pascere il suo gregge (Gv 21,15-17). Tenere sempre presente che Giovanni scrive circa 30 anni dopo la morte di Pietro, mentre era papa S. Clemente romano. Se Pietro non avesse dovuto avere dei successori, Giovanni non avrebbe avuto alcuna ragione di narrarci un episodio inutile.

 

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