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IL PAPATO - 2 -

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:34
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01/09/2009 08:30

Non cattolico. Credo che sui seguenti papi avrai poche giustificazioni da addurre.

 

a - Innocenzo X (1644). Ebbe come consigliere principale la cognata Olimpia Maidalchini. L'eccessiva influenza che l'astuta intrigante esercitò sul vecchio papa è purtroppo una realtà che danneggiò gravemente il suo prestigio. Essa compariva spesso in Vaticano e anche il papa le contraccambiava spesso la visita. Il figlio di Olimpia, Camillo, venne nominato cardinale (L. von Pastor, XIV, p. 37).

 

b - Alessandro VII (1655). Il nepotismo a cui Alessandro VII nell'ultimo periodo del suo pontificato pagò il tributo, proiettò la sua ombra anche sull'amministrazione della giustizia in Roma. Nominò cardinale il ventisettenne, nipote Flavio. Altre cariche ebbe anche il nipote Mario, odiato dai Romani, perché abusava della sua posizione per arricchire se stesso. (L. von Pastor, XIV, p. 300).

 

c - Benedetto XIII (1724). Nominò cardinale Nicolò Coscia, un uomo di sentimenti bassissimi che, con il consenso del papa, divenne onnipotente. Con cifre alla mano si dimostrò al papa che in soli tre mesi si era appropriato di  11.000 scudi, e il papa emanò un decreto per sancire quel furto. Solo alla morte del papa il Coscia poté essere processato per una serie di delitti e condannato a dieci anni di carcere (L. von Pastor, XHI, p. 673).

 

Cattolico. Anche per questi papi, come per tanti altri, dirò che le accuse rilevate sono vere e non so fin dove giustificarli.

Credo che sia sempre valida qualche ripetizione di concetti già esposti. E' lo stesso argomento che quasi lo impone. Agostino, il grande convertito, afferma: "Non può avere Dio per padre chi non ha la Chiesa per madre". Sentite questa trovata di un uomo di fede solida come Oscar Scalfaro (ex Presidente della Repubblica): "Ogni tanto un amico sacerdote mi apre una chiesa, di solito chiusa, in via Montserrato, a Roma. Entro e mi inginocchio a pregare davanti a un'antica tomba: quella di Alessandro VI. Quel papa sciagurato mi è caro, perché è soprattutto in lui - più che nei papi santi - che risplende la potenza di Dio. Dio è Dio, perché fa luce anche con le lampadine bruciate. Se usasse solo lampadine buone, che Dio sarebbe?". (V. Messori, Inchiesta sul Cristianesimo, SEI, 1987, p. 221). La sopravvivenza della Chiesa a tutte le burrasche persecutorie e a tutte le debolezze dei suoi figli è una convalida della divinità di Cristo e della Verità perenne e inalterata che la Chiesa possiede. I tre papi su menzionati, con tutte le loro debolezze, non hanno deturpata la Verità, piuttosto l'hanno difesa e sostenuta. Infatti:

 

a - Innocenzo X, come altri papi dell'epoca, perché i sovrani erano diventati assoluti, fu trascinato nel turbine della politica, e, quindi, in momenti difficili per la vita della Chiesa. Egli fu costretto a protestare contro certe clausole dei trattati di Westfalia (1648). Una terribile eresia, tenace, sorniona, insinuante, ostinata, sta per dividere la Chiesa: il giansenismo, un semiprotestantesimo con tendenze riformatrici, che vuole ricominciare per conto suo e in maniera rigorista la riforma compiuta dal Concilio di Trento. Urbano VIII aveva condannato, nel 1642, l'Augustinus, breviario della nuova eresia. Innocenzo X colpisce le famose Cinque proposizioni gianseniste (1653).

Innocenzo X era piuttosto taciturno e sospettoso, lento nel decidere; e tuttavia pio, buono, amante della giustizia.

E' vero che durante gran parte del suo pontificato, si lasciò dominare dalla cognata Olimpia, intelligente ed energica, ma ambiziosa e di "nauseante ingordigia". Si può onestamente pensare che il papa ritenne l'intelligente cognata, capace di aiutarlo, ma s'ingannò. Recò anche danno alla fama del papa il non essersi avveduto delle falsificazioni del sottodatario Mascambruno, che poi egli, avvertito dal Chigi (futuro Alessandro VII), fece processare e giustiziare.

Innocenzo X contribuì molto al progresso spirituale della Chiesa approvando o imponendo riforme di Ordini religiosi e di altre discipline ecclesiastiche.

Favorì gli studi storici, continuò le grandi opere costruttive dei suoi predecessori.

b - Alessandro VIII. Già da vescovo, difese con tutte le sue forze i diritti del cattolicesimo traditi ogni giorno più, a suo giudizio, dai principi cattolici di Germania e dal re di Spagna.

Il 7 aprile 1655 fu eletto Papa e coronato il 18. Nel dicembre accolse in Roma la regina Cristina di Svezia e le conferì il sacramento della Cresima.

Scoppiata in Roma la peste, le sagge misure adottate dal Papa riuscirono a contenere la mortalità entro limiti abbastanza ristretti.

Canonizzò s. Tommaso da Villanova nel 1658, nel 1665 S. Francesco di Sales, da lui sempre ammirato e venerato in modo specialissimo.

Fu anche garbato poeta; prima e durante il pontificato amò la compagnia ed incoraggiò i lavori di molti studiosi e letterati.

Arricchì la Biblioteca Vaticana e grandi benemerenze acquistò anche verso l'Archivio segreto vaticano.

Compiuta la costruzione del palazzo della Sapienza, vi fondò la biblioteca Alessandrina (1667).

In gioventù egli aveva compilato un elenco di pitture, sculture ed architetture di Siena, tuttora fonte importante per la storia dell'arte senese.

Durante il suo pontificato si condussero a termine molte costruzioni di notevole importanza come la fabbrica di Propaganda Fide; la prosecuzione di S. Maria del Popolo; creata e sistemata la facciata di S. Maria della Pace; sorse il colonnato di Piazza S. Pietro e l'altare della cattedra nella stessa basilica, ecc.

Alla magnificenza dello stesso pontefice si debbono inoltre: la trasformazione della Scala Regia, la sala Ducale in Vaticano, la facciata di S. Andrea della Valle, ed infine l'obelisco caricato dall'elefante in Piazza della Minerva.

A tanto bene si contrappone il solito peccato di nepotismo in cui, come tanti altri, cadde anche Alessandro VII.

c - Benedetto XIII (1724-1730). Sarebbe stato un ottimo papa se, per debolezza e inesperienza, non avesse concesso la sua fiducia a indegni individui, tra cui il più deplorevole fu il cardinale Nicolò Coscia.

Benedetto XIII, domenicano, era pio e dotto. Si riservò gli affari ecclesiastici e abbandonò gli affari esteri nelle mani dei suoi fiduciari (Coscia, Lercari, Fini). Questi uomini senza carattere tradirono vergognosamente la Chiesa, mettendosi a far pace con i sovrani ostili, a detrimento dei principi ecclesiastici.

Lo statalismo corrodeva lentamente ma sicuramente i diritti della Chiesa.

Alla canonizzazione di S. Gregorio VII si levarono proteste da ogni parte. Gli stati vollero vedere nel semplice racconto storico del Breviario su S. Gregorio VII un attentato alla loro sovranità. Ma Benedetto XIII, col breve del 19.12.1729, annullò i decreti emanati dall'autorità civile contro l'ufficio del santo.

Nella questione, agitata da teologi e canonisti, sulla validità delle ordinazioni sacerdotali fatte nella Chiesa anglicana, il papa intervenne e condannò la Défense de la Dissertation di Le Courayer, tesa a mostrare la validità di quelle ordinazioni.

Numerose canonizzazioni avvennero durante il suo pontificato da lui accettato perché il generale del suo Ordine glielo impose per obbedienza.

Della sua erudizione teologica sono prova i tre volumi pubblicati nel 1728 a Ravenna. Morì santamente il 21 febbraio 1730.

 

Non cattolico. Chiedo ancora ragioni e giustificazioni di altri due papi.

 

- Clemente XIV (19 mag. 1769 - 22 set. 1774). Quando era di buon umore i suoi intimi potevano permettersi scherzi e burle quanto mai singolari di cui la voce pubblica esagerava la sguaiataggine in una maniera che non poteva non arrecare pregiudizio alla dignità del Capo della Chiesa. Un contemporaneo scrive che S. S. se ne va ogni giorno a trastullarsi nella Villa Patrizia a giocare alle boccette ed a fare mille ragazzate indegne di qualunque persona sessagenaria non che in un principe e in un papa. Seguita poi raccontando che Clemente XIV non aveva fatto alcuna osservazione quando due servitori bastonarono il maestro di camera Potenziani perché non aveva provveduto a far rimuovere le ortiche dal giardino del Quirinale (L. von Pastor, XVI, parte III, p. 81),

 

- Pio VI (15 feb. 1775 - 29 mag. 1799). Creò cardinale suo nipote e nonostante la situazione precaria delle finanze pontificie elargì della somme favolose ai suoi parenti. Investì enormi capitali nel prosciugamento delle paludi, il cui vantaggio andò al nipote Luigi Braschi, al quale era stata concessa in enfiteusi, a condizioni quanto mai favorevoli, una parte dei terreni bonificati (L. von Pastor, XVI, parte III, pp. 29 ss.).

 

Cattolico. Ho letto, come di solito, le tre enciclopedie che, più o meno, dicono le stesse cose. L'enciclopedia cattolica è la più ricca di notizie e quella del Papato mette in evidenza alcuni periodi della vita di questi due pontifici.

 

Clemente XIV da giovane era entrato tra i frati minori Conventuali prendendo il nome di fra Lorenzo. Ebbe molti incarichi prima nel suo Ordine e poi dalla S. Sede. Di carattere gioviale e faceto, proclive a transazioni e ad accomodamenti, non ebbe, prima del pontificato, occasione di mostrare animo coraggioso e combattivo, né di affrontare situazioni difficili abbracciando risolutamente un partito.

Clemente XIV non difettava di ottime qualità. Di carattere piuttosto incerto, non seppe essere energico nelle questioni riguardanti la Compagnia di Gesù, avversata aspramente da molti Stati i quali ne chiedevano la soppressione. Il papa, pressato da tutte le parti, sperava, con le buone, di rallentare la presa degli avversari della Compagnia. Il suo scopo era di riprendere le relazioni della S. Sede con le corti cattoliche; era anzi riuscito a ristabilire i rapporti col Portogallo. Ma un breve del 12 agosto 1769, col quale il papa concedeva facoltà ordinarie ad alcuni missionari gesuiti, accompagnandole con parole di elogio, mise di nuovo i diplomatici in allarme. Clemente XIV inutilmente cercò di tener duro: alla fine dovette consegnare ai peggiori nemici della Chiesa i suoi più validi difensori (i gesuiti). Il breve Dominus ac Redemptor del 21 luglio 1773 soppresse l'Ordine in tutta la cristianità. Soltanto i sovrani di Prussia e di Russia, l'uno protestante l'altro scismatico, Federico II e Caterina II, diedero asilo ai proscritti, felici di servirsi di essi cui come eccellenti educatori della gioventù.

Clemente XIV nutrì sempre grande diffidenza sulle persone della Corte e sugli stessi cardinali e si propose di trattare gli affari con grande segretezza; si può dire che godesse la confidenza di lui solo il frate conventuale Innocenzo Bontempi. E' certo che il papa cedette, sulla questione dei Gesuiti, solo alla tenace pressione esercitata su di lui e ne rimase amareggiato per il resto della vita.

Le sue premure per l'incremento delle Missioni in Asia, in Africa ed in America furono continue, come fu pure consistente il suo contributo nel promuovere le belle arti e le scienze. Egli fu autore di non poche opere e trattati.

 

Non cattolico. Conclusione: cosa dobbiamo dire di questo papa?

Cattolico. Io non mi sento di metterlo alla berlina semplicemente perché di carattere gioviale e faceto, ma mi piace di guardare con più interesse le sue ansie e i suoi sforzi perché il suo Pontificato fosse retto e che la Chiesa fosse difesa da tanti nemici che premevano da tutte le parti.

 

Non cattolico. E di Pio VI cosa mi dici? Quali sono i suoi meriti?

 

Cattolico. Ti dirò che il suo pontificato, uno dei più lunghi, fu travagliato dall'acuirsi delle controversie dottrinali, dal rifiorire del giurisdizionalismo, dallo scisma rivoluzionario in Francia e dagli sforzi dei razionalismo illuministico contro i fondamenti stessi della fede cristiana. In Olanda e in Germania il giansenismo andava infiltrandosi pericolosamente. 

La propaganda dei giansenisti francesi, benché diminuiti di numero e combattuti dalla grande maggioranza dei vescovi, si estendeva anche in Italia, attraverso l'Università di Pavia, l'opera del vescovo di Pistoia, Scipione dei Ricci, e di altri circoli minori.

Tutti questi fatti catastrofici preannunciavano la Rivoluzione francese. Il pontificato di Pio VI segna una transizione tra due epoche. Al suo avvento, l'opposizione gallicana e giansenista diventa più forte che mai. Invano va a Vienna per ammansire Giuseppe II. Condanna nel 1786 il sinodo di Astoia, tenutosi sotto la protezione di Leopoldo di Toscana, fratello dell'Imperatore. Respinse le Puntazioni di Ers (1786) che praticamente annullano la sua giurisdizione in Germania. Pare che la Chiesa sia alla vigilia dello sfacelo. Ma la Rivoluzione che doveva distruggere tutto viene invece, umanamente parlando, a salvarla. Con essa arrivano al potere i legisti borghesi i quali, grazie al principio dei mandati non imperativi, votato alla Costituente l'8 luglio 1789, carpiscono a loro vantaggio il nuovo principato della sovranità dei popoli. Ma la loro stessa vittoria spinge agli eccessi.

Vogliono incatenare la Chiesa. Il loro gallicanesimo politico ucciderà il gallicanesimo teologico del clero. L'indifferenza, mostrata dai governi per le questioni religiose, riporterà a Roma tutti i cleri "nazionali”.

Il prestigio del papato uscirà ingrandito da tutte le umiliazioni subite e da tutte le apostasie di cui renderanno colpevoli gli Stati sotto il segno della democrazia, materialista e atea.

Come sovrano temporale Pio VI diede notevole impulso alla opere pubbliche; sotto la sua guida personale fu intrapreso il prosciugamento dell'Agro Pontino e la bonifica di vasti territori paludosi a Città della Pieve, Perugia, Spoleto e Terni. I porti di Anzio e di Terracina vennero riattati, mentre si provvedeva al ripristino della Via Appia e si progettava un canale che avrebbe dovuto congiungere Roma con Terracina.

Pio VI restaurava S. Giovanni in Laterano e costruiva la monumentale sagrestia della Basilica di S. Pietro (1784). Fece anche innalzare gli obelischi di Piazza Montecitorio e della Trinità dei Monti e portò a termine la costruzione, iniziata dal suo predecessore, del Museo che prese appunto il nome di Pio Clementino.

Il finanziamento di questo vasto complesso di opere contribuì ad aggravare il dissesto economico dello Stato e vi influì anche il risorgere del nepotismo. Il debito pubblico, che all'inizio del pontificato ammontava a 42 milioni di scudi, si accrebbe enormemente, anche per le forti spese militari derivanti dalle minacce della Francia, né valsero a migliorare la situazione l'aumento delle imposte, il riordinamento delle dogane, l'impulso dato all'agricoltura e all'industria tessile, protetta con forti dazi dalla concorrenza straniera...

Con la discesa di Bonaparte in Italia, lo Stato Pontificio era per scomparire... Pio VI dovette consegnare ai Francesi trentuno milioni di lire e numerose opere d'arte.

Scoppiata la guerra tra la Francia e il Regno di Napoli, il papa fu costretto a trasferirsi a Siena, Firenze, Parma e Torino. Poi fu condotto a Briancon e di là a Valenza.

I disagi aggravarono le sue malattie e ne affrettarono la morte (29 agosto 1799).

La serena famezza con la quale Pio VI sopportò la deportazione e la prigionia destarono l'ammirazione anche dei suoi avversari.

 

Non cattolico. Con Pio VI ho finito l'elenco dei papi che non si sono comportati da Vicari di Cristo. E, prima di fare ulteriori domande, io chiedo: Pio VI è stato un altro grande papa?

 

Cattolico. Non lo direi, però non lo si può non ammirare per i suoi considerevoli sforzi

compiuti non solo per il prosciugamento del lago Pontino e per la bonifica di altri vasti territori paludosi, ma anche per tutto quello che fece per tenere alto il prestigio della Sede Apostolica e l'integrità della fede. Ma ciò che lo fa ritenere un discreto e normale Vicario di Cristo è il fatto che egli, nonostante la pecca del nepotismo, è stato, come qualunque altro papa, preciso assertore della fede e della morale cristiana.

 

Non cattolico. In conclusione, ti domando: tutti costoro di cui ho parlato, sono tutti Vicari di Cristo?

 

Cattolico. Per darti una risposta adeguata potrei risponderti: rileggiti tutto quello che ho scritto precedentemente e troverai la giusta risposta. Ma capisco pure che i lettori sarebbero ben lieti se facessi un riassunto presentando loro un quadro riassuntivo di tutti i papi “incriminati” e discussi precedentemente.

 

Non cattolico. Non ti nascondo che la tua idea mi alletta e ti prego di presentarci questo quadro riassuntivo.

 

Cattolico. L'autore del libro “Ma il Vangelo non dice così” ci presenta il papa San Marcellino come rinnegatore del Cristianesimo. Nello stesso foglio c'è la risposta giu

sta: le accuse circa la caduta di S. Marcellino (296) sono infondate, esse furono propagandate dagli eretici donatisti. Poi c'è l'accusa contro S. Liberio papa (352), il quale avrebbe sottoscritto all'eresia ariana. La confutazione a questa accusa è lunga ed interessante. Essa si conclude con l'ammirazione degli sforzi e sofferenze sofferte da questo papa per difendere l'ortodossia della fede. Molte cose furono dette contro di lui dagli avversari, calunnie recepite anche dalla storia, dalla quale, certamente in buona fede, aveva attinto lo stesso S. Girolamo. La prova più convincente della innocenza di questo papa può essere la richiesta all'imperatore da parte dei romani e la loro festosa accoglienza a Roma del loro amato papa Liberio. Altri due papi sono presentati come indegni e sono due santi: Damaso e Zosimo. S. Damaso (366), è accusato di essere arrivato al soglio pontificio con la prepotenza e con la forza contro i sostenitori di Ursino. Ma la faccenda è chiarita abbastanza bene dalla storia che ci mostra l'antipapa Ursino come vero violento e profanatore, tramite i suoi partigiani, di chiese e di basiliche contaminate da centinaia di cadaveri. Papa Damaso fu molto attivo e combatté tenacemente le eresie. Per S. Zosimo (417), tacciato di aver profuso grandi elogi all'eretico Pelagio e alla sua dottrina che poi, più o meno volentieri fu costretto a condannare, la confutazione è stata chiara e precisa. Il papa fu ingannato da una falsa ritrattazione dei suoi errori da parte di Pelagio, ma poi, scoperta la sua malafede, egli venne da papa Zosimo definitivamente condannato. Le accuse contro il papa sono infondate o prodotte a scopo denigratorio. Proseguendo abbiamo le accuse contro altri due papi santi: S. Celestino e S. Silverio, e contro il papa Vigilio.

 

a - S. Celestino (422), viene accusato di aver falsificato gli atti del Concilio di Nicea per dimostrare il suo diritto a giudicare in appello le cause ecclesiastiche. Dalla confutazione ci risulta: che il fratello non cattolico ha, molto probabilmente, fatte delle citazioni errate. Infatti S. Celestino ha presieduto non il Concilio di Nicea (325), ma quello di Efeso (431), ossia oltre un secolo più tardi. Ammesso che ci sia stato questo errore di citazione, la storia ci dice che S. Celestino effettivamente è intervenuto con la sua autorità nel Concilio di Efeso, ma non per falsificare bensì per precisare i diritti della Sede Apostolica.

b - Il papa S. Silverio è accusato di aver accettato il pontificato per imposizione del re dei Goti. La storia ci dice che fu nominato papa per l'influenza di Teodato re dei Goti. Il suo breve pontificato (536-537) fu coinvolto e travagliato dalle lotte politiche e religiose che in quegli anni turbavano l'Italia e delle quali Silverio cadde vittima. Avendo il re Belisario ripreso Roma, Silverio fu arrestato ed esiliato per gli intrighi dell'ambizioso Vigilio, che si fece intronizzare al suo posto il 29 mag. 537. Scopertesi le calunnie ordite a suo carico, l'imperatore Giustiniano ordinò che Silverio fosse ricondotto a Roma e sottoposto ad un regolare giudizio, ma giunto in Italia fu consegnato a Vigilio che lo fece relegare nell'isola Palmaria dove morì di stenti e di fame. Il suo sepolcro divenne meta di pellegrinaggi ed il Signore vi operò anche miracoli.

c - Per papa Vigilio (537), la storia è piuttosto lunga e complessa. Egli viene accusato di aver mandato in esilio il suo predecessore S. Silverio e di aver ottenuto il papato per

mezzo di denaro dato al re Belisario. Si sa che Vigilio giunse al potere con mezzi illeciti, ebbe la protezione di Teodora, moglie dell’imperatore Giustiniano, il quale volle liberarsi di Silverio che accusò di complotto coi Goti e lo cacciò da Roma. Fu eletto allora pontefice Vigilio e consacrato il 29 marzo 537. A Teodora che lo richiamava alle precedenti promesse rispose fieramente. Partecipò a tutti i pericoli del lungo assedio di Roma da parte del re Vitige, e quand'esso finì nel marzo dei 538, con la ritirata dei Goti, si adoperò per riparare ai danni da loro causati alle basiliche suburbane ed ai cimiteri dei Giordani sulla via Salaria, di Callisto, dei SS. Pietro e Marcellino, ecc. Era cominciato nel 545 il secondo assedio di Roma per opera del re goto Totila quando il 22 nov. Vigilio fu costretto, per volere di Giustiniano, a lasciare Roma per la Sicilia donde procurò di aiutare gli assediati. Il 25 genn. del 547 giunse a Costantinopoli dove lo attendevano le lunghe e sfibranti trattazioni con l'imperatore, e poi col Concilio a proposito dei Tre Capitoli. Nel 553 egli otteneva da Giustiniano la Prammatica Sanzione per riordinare le condizioni d'Italia dopo le desolatorie guerre gotiche. Ottenuto il permesso di ritornare a Roma, morì a Siracusa durante il viaggio il 7 giugno del 555. Vigilio, come i suoi predecessori, subì molte angherie. Per concludere, dobbiamo ripetere che Vigilio era giunto al potere con mezzi illeciti, ma poi fu universalmente riconosciuto come papa, alla morte di Silverio e che durante il suo pontificato egli si riabilitò difendendo l'ortodossia. Vigilio viene anche accusato di aver ceduto all'eresia dietro vessazioni, violenza poliziesca, manovre di ricatti, promesse menzognere... vessazioni violente dell'imperatore, della viltà e dei mezzi usati e della sua inescusabile condotta di fronte alla nobile resistenza dei papa, il quale fu strappato a viva forza mentre era aggrappato all'altare (4 ag. 551). Fu lo scandalo di una destituzione oltraggiosa imposta ai Padri del V Concilio (26 mag. 553). Vigilio, trattenuto a Roma a tempo indefinito, dovette ricordarsi della sua città angustiata, devastata dalla guerra e calpestata dagli eserciti occupanti. Senza dubbio stimò che la pacificazione della Chiesa e il sollievo dell'Italia straziata giustificavano una concessione che egli fece salvando tuttavia espressamente la dottrina di Calcedonia, quindi rimanendo nell'ortodossia.

Continuando diciamo che di fronte agli errori di Papa Onorio I (625) e alle scomuniche da lui ricevute, non ci sono giustificazioni di sorta". Il famoso caso di Onorio I, che tante discussioni sollevò al Concilio Vaticano I (1870), il quale peraltro concluse che Onorio non intendeva affatto dare una definizione dogmatica, si riduce a questo interrogativo: Onorio è stato condannato al VI Concilio ecumenico (680-681) perché aderente all'eresia monotelita e quindi come eretico, oppure per il suo poco accorgimento e la sua negligenza in una questione di fede? La risposta l'ha data lo stesso Leone II (682- 683), il quale, pur dando la conferma della condanna di Onorio I, ne precisò i limiti: “Noi condanniamo gli inventori del nuovo errore (il monotelismo) ed anche Onorio, che non si adoperò con ogni sforzo di far risplendere questa Chiesa apostolica, attenendosi all'insegnamento della tradizione apostolica, ma che invece permise che questa Chiesa immacolata venisse contaminata. In conclusione: Papa Onorio I, biasimevole per la sua leggerezza, non ha compromesso la infallibilità pontificia, né è caduto formalmente nell'errore.

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