QUESTO FORUM E' CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO... A LUI OGNI ONORE E GLORIA NEI SECOLI DEI SECOLI, AMEN!
 
Innamoriamoci della Sacra Scrittura! Essa ha per Autore Dio che, con la potenza dello Spirito Santo solo, è resa comprensibile (cf. Dei Verbum 12) attraverso coloro che Dio ha chiamato nella Chiesa Cattolica, nella Comunione dei Santi. Predisponi tutto perché lo Spirito scenda (invoca il Veni, Creator Spiritus!) in te e con la sua forza, tolga il velo dai tuoi occhi e dal tuo cuore affinché tu possa, con umiltà, ascoltare e vedere il Signore (Salmo 119,18 e 2 Corinzi 3,12-16). È lo Spirito che dà vita, mentre la lettera da sola, e da soli interpretata, uccide! Questo forum è CONSACRATO ALLO SPIRITO SANTO e sottolineamo che questo spazio non pretende essere la Voce della Chiesa, ma che a Lei si affida, tutto il materiale ivi contenuto è da noi minuziosamente studiato perchè rientri integralmente nell'insegnamento della nostra Santa Madre Chiesa pertanto, se si dovessero riscontrare testi, libri o citazioni, non in sintonia con la Dottrina della Chiesa, fateci una segnalazione e provvederemo alle eventuali correzioni o chiarimenti!
 
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IL PAPATO - 1 -

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:38
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01/09/2009 08:36

TESTIMONIANZA DELLA BIBBIA

V CAPITOLO DEL LIBRO:

"MA IL VANGELO NON DICE COSI'":

 

Fascicoli dal n° 119 al n° 130

 

IL PAPATO

 

A - Testimonianza della Bibbia

A cura di frà Tommaso Maria di Gesù dei frati minori rinnovati

Via alla Falconara n° 83 - 90100 Palermo  - Tel. 0916730658

 

Mi accingo a confutare i capitoli V e VI del libro del fratello Roberto Nisbet "Ma il Vangelo non dice così". Sono forse i capitoli più interessanti per le questioni in essi svolte. Questioni che intaccano la verità biblica in un punto principale ed essenziale del Cristianesimo, fondato da Cristo sulla "roccia".

Parliamo del Papato, ossia di Pietro e dei suoi successori lasciati alla guida della Chiesa.

 

Non cattolico. Dovendo parlare del "papato" riporto le parole di un francescano, il sacerdote frà Nazareno Fabbretti, il quale dice, in sostanza, quello che diciamo noi non cattolici, e cioè: "La crisi più acuta, oggi, all'interno della Chiesa, è quella dei rapporti fra autorità ecclesiastica - il Magistero - e la coscienza dei fedeli" (Nazareno Fabbretti, in "La Domenica del Corriere", 5 marzo, 1968).

 

Cattolico. Fratello, tu certamente sai chi è il frate Nazareno Fabbretti, non lo sanno però molti di quelli che leggono le tue parole. Tu saprai che frà Nazareno Fabbretti è poco umile e un po' ribelle, tanto che l'Arcivescovo di Genova gli proibì di predicare nella sua diocesi e pregò i suoi superiori francescani di allontanarlo per le imprecisioni, gli equivoci e i dubbi che destava con le sue parole negli ascoltatori.

Per ragioni di prudente carità ometto luogo e nomi di due persone che parlando a molti giovani si esprimevano con pensieri simili a quelli di N. Fabbretti. Uno è un "sapiente e dotto" sacerdote, l'altro è una "sapiente e dotta" professoressa. Durante le loro arringhe, una ragazza che li ascoltava chiese la parola e disse coraggiosamente alla presenza di tutti, rivolgendosi al sacerdote: io ancora non ho capito bene se è più ateo lei o la professoressa!".

Se tu scegli certi campioni per confutare il Cattolicesimo, ne troverai ancora molti....

 

Non cattolico. Lasciamo da pane certe discussioni ed andiamo al sodo. Per confutarti io mi servo scrupolosamente della testimonianza biblica e ti domando:

 

1. Come si fa chiamare il capo della Chiesa romana?

 

- Si fa chiamare papa, sommo pontefice, sua santità. Il nome papa significa, padre. Gesù ha detto. "Non chiamate alcuno sulla terra vostro padre, perché uno solo è il Padre vostro, quello che è nei cieli" (Mt 23,9).

 

- Il nome "sommo pontefice" era quello dei capi del clero pagano di Roma, in quanto presiedevano il collegio dei "pontefici minori", cioè del clero subordinato. In seguito questo titolo fu assunto dagli imperatori pagani. Il primo vescovo di Roma che si fece chiamare "pontefice" fu Pelagio I (555-561).

 

- Il nome sua santità è dato nella Bibbia esclusivamente a Dio, come si legge in Isaia 6,2, dove gli angeli cantano: "Santo, santo, santo è l'eterno degli eserciti".

 

Pretendere che una creatura umana e peccatrice rappresenti nella sua carica la santità di Dio, al punto di farsi chiamare "santità", è in netto contrasto con l'intero messaggio biblico.

 

Cattolico. La parola "Papa" non la troviamo nella Sacra Scrittura come non troviamo la parola "Trinità", ma in essa è chiaramente indicato ciò che comporta nella Chiesa l'ufficio del successore di Pietro. E' chiaro che nella Bibbia Pietro è detto pastore supremo che dove pascere tutto il gregge di Cristo (cf Gv 21,15-17), quindi che fungerà da buon pastore, ossia deve assumere un atteggiamento "paterno" verso tutte le sue pecorelle (= fedeli), i quali spontaneamente lo hanno chiamato "papa", dal greco pápas o pàppas, ossia padre.

 

Si può dimostrare facilmente - Bibbia alla mano - che:

 

Gesù non intendeva proibire la paternità né naturale, né spirituale, ma stava dando ai suoi interlocutori farisei una lezione d’umiltà (Mt 23,9 ... ). Per convincersene basta leggere testo e contesto. Gesù aveva già proibito di farsi chiamare "maestri".

(Mt 23,8), perché ambivano a titoli onorifici. Ma quando i termini "padre", "maestro", "dottore" sono adoperati in senso di affetto spirituale (padre), o riconosciuti come tali dai fedeli a chi ha un compito-servizio da espletare (maestro, dottore), non sembra che ci sia nulla di male.

Infatti, la stessa Bibbia ci viene incontro:

 

Gal 4,19: “ .... figliuoli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi!";

 

1 Cor 4,15: "Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù".

 

Gesù manda gli Apostoli ad ammaestrare e ad insegnare, cioè a fare da maestri e da dottori: "Mi é stato dato ogni potere in cielo ed in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni...., insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo" (cf Mt 28,18-20)

 

In Ef 4,7-13, S. Paolo fa diverse considerazioni istruttive per mantenere l'unità della Chiesa. E come egli non teme di chiamarsi padre, così neppure teme di affermare che Gesù "ha stabilito alcuni come apostoli... pastori... e maestri" .

 

In 2 Tm 2,1-2, S. Paolo chiama Timoteo "figlio" e gli dice di trasmettere le cose

imparate da lui a persone fidate, le quali "siano in grado di ammaestrare (= fare da, maestri) a loro volta anche gli altri" .

 

In Lc 9,46 e Mt 20,20-23, Gesù non fa altro che impartire, come il solito, lezioni di umiltà. Nulla a che vedere con Pietro, che non ha mai chiesto il primo posto, ma ha ben capito che chi vuole essere capo e primo (Mt 20,24-27) e vuol "diventare grande fra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo fra voi, si farà vostro schiavo, appunto come il Figlio dell'Uomo che non è venuto per essere servito, ma per servire".

Il successore di Pietro si fa chiamare, quindi, "il servo dei servi di Dio".

 

I cattolici danno al Papa il titolo di "Santo Padre", gli Anglicani di "Sua Grazia" al loro Primate, gli Ortodossi orientali quello di "Sua Beatitudine" al loro Patriarca. La ragione? E' ovvia: in segno di rispetto e di venerazione verso chi é ritenuto successore degli Apostoli e rappresentante della "Grazia", della "Beatitudine", della "Santità" dello stesso Dio.

Non c'è da meravigliarsi perché tutto ciò non contrasta con il messaggio biblico, e la stessa S. Scrittura dà il titolo di "santo" non solo alle Tre Persone della SS. Trinità, ma anche agli Angeli, ai fedeli, alla stirpe, al popolo, alla nazione, ecc.

E Pietro non é chiamato da Gesù personalmente e direttamente "Beato"?

(cf Mt 16,17).

E se i pagani davano Il titolo di "sommo pontefice" ai capi del clero romano, in quanto presiedevano il collegio dei "pontefici minori", quanto più questo titolo va al successore di Pietro e Vicario di Cristo che presiede ed è il capo di tutta la vita ecclesiale?

 

Le nostre avversioni non possono arrestare il progresso della letteratura e lo scorrere della Storia. Mi piace farti infine notare che è giusto ed è vero quel che dice Cristo: solo Dio è vero "Padre" in senso assoluto. Infatti, da Lui "ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ef 3,15), e a Lui soltanto diciamo "Padre nostro che sei nei cieli (cf Mt 6,9). Ed è anche vero, come ti ho succintamente dimostrato, che non é vero che Gesù voleva dire quel che tu gli fai dire. Egli voleva rintuzzare l'albagia dei farisei e dava a tutti lezioni di umiltà, validissimo anche per noi.

 

 

Non cattolico.

 

2. Qual è la massima funzione del papato?

 

Il Concilio Vaticano I ha decretato che le decisioni 'ex cathedra' del papa, in questioni di fede e di morale - anche quando parla di propria iniziativa e senza il consenso della Chiesa - sono irreformabili (Cost. Dogm. 'Pastor aeternus' cit. da Pomponio Leto, 'Otto mesi a Roma durante il Concilio Vaticano' Firenze, Le Monnier, 1873, p. 520).

 

Cattolico.

 

Si, il Concilio Vaticano I (1870) ha dogmatizzato l'infallibilità pontificia - creduta fin dai primi tempi del Cristianesimo - perché è vero che tutta la Chiesa (laici, sacerdoti, vescovi e papa) è infallibile nel credere, ma solo la gerarchia è infallibile nell'insegnare. E poiché la gerarchia si articola nei due momenti dell'episcopato collettivo e del papato monarchico, è infallibile il corpo episcopale ed è infallibile personalmente il papa.

L'infallibilità nel credere proviene dallo Spirito Santo e riguarda l'universalità dei fedeli (papa, vescovi e fedeli) che hanno ricevuto l'unzione dello Spirito.

L'universale consenso in cose di fede e di morale, dice S. Agostino, non può essere errato perché diretto dallo Spirito di Verità.

E tutta questa sicurezza dottrinale pontificia, episcopale e della Chiesa si basa, come sempre, sulla Sacra Scrittura.

Infatti, che "pietra" sarebbe Pietro, se potesse sbagliare nella dottrina, nell'insegnamento? Che cosa significherebbe quella solennissima assicurazione di Gesù "le Porte degli inferi non prevarranno?". E quali "chiavi" avrebbe consegnato a Pietro? Quali poteri gli avrebbe conferito? Non credo che volesse prenderlo in giro come ben dimostri di credere tu!...

Quando si dice che la Chiesa non può errare, che essa possiede indefettibilmente la dottrina di Cristo, si fa un'affermazione convalidata da un'altra verità: la Chiesa è il Corpo di Cristo, ossia è tutt'una col Cristo. Mentre lo Spirito Santo é l'anima della Chiesa, come è spesso detto nel N. Testamento, ed è il principio e la garanzia dello sviluppo dottrinale. Lo Spirito Santo è detto da Gesù lo "Spirito di     Verità" (Gv 14,17), da Lui promesso alla sua Chiesa, il quale sarà "con voi sempre"

(Gv 14,16).

 

 

 

 

Non cattolico.

 

3. Su quale passo della S. Scrittura  la dottrina cattolica fonda il suo

    insegnamento riguardo al papa?

 

Su Mt 16,18-19: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte dell'Ades non la potranno vincere. Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli".

 

4. Quali sono gli argomenti biblici in assoluto contrasto con l'idea che

    l'apostolo Pietro sia mai stato nominato vicario di Cristo?

 

l. Innanzitutto osserviamo che non è ammissibile isolare il passo "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa..... ", facendo astrazione da tutto il resto della Scrittura.

Infatti, se fosse vero che con queste parole Gesù ha istituito il papato, se ne troverebbe almeno qualche allusione nel libro degli Atti degli Apostoli, nelle lettere dell'Apostolo Paolo, nonché nel resto del Nuovo Testamento.

Invece non risulta neppure una volta che Pietro abbia esercitato nella Chiesa primitiva una funzione di comando, neppure una volta si parla di una iniziativa autoritaria.

2. Non solo, ma la S. Scrittura è esplicita nell'affermare che Cristo non può avere nessun vicario: "Gesù, perché dimora in eterno ha un sacerdozio che non si trasmette" (Eb 7,24). Di questa parola Mons. Martini dà l'esatta interpretazione:   "I sacerdoti dell'Ordine Levitico furono molti, perché essendo uomini mortali, di necessità doveva aver luogo la successione. Cristo, che non muore, ha un sacerdozio che non passa da Lui in altro" (La S. Bibbia, trad. e note a cura di P. Martini, 1883).

 

3. Si noti che soltanto il Vangelo di Matteo (16,18) riferisce le parole invocate per l'istituzione del papato, quantunque anche Marco e Luca narrino la medesima scena (Mc 8,27-30; Lc 9,18), e Giovanni ne faccia un accenno (6,68-70). Questo è molto strano. E' evidente che Marco, Luca e Giovanni non le avevano interpretate nel senso loro attribuito dalla Chiesa romana.

 

Cattolico. Carissimo fratello, io ti ho ascoltato e non ti nascondo che resto perplesso sulla tua identità. Tu parli come un estraneo alle cose bibliche. Usi delle frasi che sono poco riverenti verso la Parola di Dio e le Verità della Rivelazione divina. Argomenti in assoluto contrasto con Mt 16,18-20 pare che non ne esistano, né tu hai potuto citarne. Io invece posso citartene diversi che mettono meglio in evidenza e completano quello che è detto in Mt 16,13-20. Ci sarà tempo di presentarti tali citazioni. Per ora ti faccio osservare che:

 

a) Il testo di Mt 16,18-20 è criticamente uno dei più sicuri non mancando in alcun manoscritto o versione antica, per cui è accolto in tutte le edizioni critiche anche

recenti (cf A. Medebielle, Eglise, in DBs, 11 col. 613). Gli avversari non possono o opporvi che argomenti interni. Ma contro l'ipotesi d'una interpolazione romana insorge il calore vivamente semitico del brano (carne e sangue, pietra, fondamento, porte dell'inferno, chiavi dei regno, legare e sciogliere) il quale rimanda almeno ad un'antica tradizione palestinese dove Pietro era considerato come fondatore e capo (cf F.M. Braun, Nuovi aspetti del problema della Chiesa, trad. Ital., Brescia 1944, p. 83 e ss.). Altri - come il fratello non cattolico obiettante, - si scandalizzano dell'assenza del brano nei passi paralleli di Marco e di Luca. Ma è questa assenza a spiegare piuttosto che la presenza in Matteo era necessaria, poiché in Marco e Luca il dialogo è interrotto. Gesù infatti non poteva fare quella interrogazione che per disporre gli Apostoli a un importante insegnamento, di cui Matteo - generalmente più preciso e completo - riferisce il contenuto: il compito di Pietro nella formazione e nel governo della Chiesa  (cf Braun, op. cit., pp. 86-87, ove sono citati tre protestanti moderni).

 

b) Molti sono gli episodi riportati da alcuni si e da altri no, o riferiti differentemente dagli evangelisti. Si pensi, per esempio, alle beatitudini, al Pater, all' infanzia di Gesù, al Vangelo di Giovanni (confronta rispettivamente Mt 5,3-12 e Lc 6,20-23; Mt 6,9-13 e Lc 11,24; Lc 1,26-56: l'infanzia di Gesù che è solo di Luca; il Vangelo di Giovanni differisce sostanzialmente dagli altri).

Di esempi se ne possono portare anche altri,  ma bastano i suddetti per farci comprendere che l'obiezione su Matteo 16,18-20 non può reggersi.

 

c) Il contenuto teologico del testo di Matteo, è evidente nella chiara trasparenza delle espressioni semitiche. Pietro è costituito fondamento della Chiesa (cf anche Matteo 7,24: "Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile ad un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia ...." ), cioè causa della sua stabilità e compattezza; egli sarà il detentore delle chiavi, cioè del supremo potere, il soprintendente di Dio nella Chiesa.

 

 

La obiezione n. 4 del paragrafo 4°, pp. 36-37 del libro, suona così:

 

Non cattolico.

 

4. Si osservi ancora che le parole rivolte da Gesù a Pietro personalmente sono ripetute in modo testuale a tutti gli ascoltatori:

 

Matteo 16,19, a Pietro: "Tutto ciò che avrai legato sulla terra, sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra, sarà sciolto nei cieli".

 

Matteo 18,18 a tutti i suoi ascoltatori: "Io vi dico in verità che tutte le cose che avrete legate sulla terra, saranno legate nel cielo; e tutte le cose che avrete sciolte sulla terra saranno sciolte nel cielo".

 

Come ben dice il noto teologo cattolico H. Kûng, lo studio dei testi biblici "mostra in modo più chiaro di una volta che i passi di Matteo 18,18 e Luca 22,19 non si riferiscono soltanto ai ministri, ma a tutta quanta la Chiesa" (H. Kung, Strutture della Chiesa, Torino, Borla 1965, p. 203).

 

5. Poco dopo la scena descritta da Gesù in Matteo 16,18, gli apostoli discutono ancora per sapere chi di loro fosse il maggiore, il che sarebbe incomprensibile, se Gesù avesse già stabilito che Pietro fosse il suo Vicario. Tanto più che Gesù, invece di risolvere il problema indicando Pietro, afferma che il maggiore è quel credente che sa essere umile come un piccolo fanciullo.

 

6. Dopo l'Ascensione, gli Apostoli vogliono nominare, un altro apostolo, in sostituzione di Giuda, ed invece di rimettersi al giudizio di Pietro, come avrebbero dovuto fare se egli fosse stato il vicario di Cristo, tirano a sorte.

E come se non bastasse, non è neppure Pietro che suggerisce i due nomi proposti (Atti 1,23-26).

 

Cattolico. Carissimo fratello, noto nelle tue parole molte imprecisioni. Ad essere sincero, non voglio nasconderti i miei sospetti e cioè: sembra che tu abusi o approfitti della buona fede o ignoranza di chi ti legge o ti ascolta, per presentare la S. Scrittura "addomesticata" e, quindi, più atta ad approvare la "tua fede cristiana".

 

Non cattolico. Spiegati. Cosa vuoi dire?

 

Cattolico. Voglio dire che i testi da te riportati non sempre sono citati fedelmente. Mi spiego.

 

a) Mt 16,19 e 18,18 non sono in contrasto come tu li fai apparire, Il "noto teologo" H Kûng sai bene, o dovresti almeno sapere, che per i suoi errori dottrinali è stato espulso dalla S. Sede dall'insegnamento cattolico. Anche Lutero e Giordano Bruno erano cattolici, ma caduti nell'errore, sono giustamente additati a tutti come eretici. Cosi è di H. Kûng.

I due passi di Matteo dicono bene quello che Gesù vuole: promette prima a Pietro la facoltà di sciogliere e legare e poi estende la promessa della stessa facoltà "ai ministri della Chiesa", ai quali è indirizzato anzitutto il suo discorso. L'attuazione di tale promessa si realizzerà dopo la risurrezione, quando, Gesù, rivolto ai suoi discepoli, chiusi nel cenacolo per timore dei Giudei, disse: "...Ricevete lo Spirito Santo, a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (cf Gv 20,19-22).

 

b) I discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: "Chi dunque é il più grande nel regno dei cieli", ecc. (cf Mt: 18.1-6).

Anche qui, caro fratello, ci sono delle imprecisioni. I discepoli stanno chiedendo chi sarà più grande nel regno dei cieli e Gesù risponde a torto. E anche se i discepoli non hanno ancora capito bene quello che Gesù aveva detto a Pietro, non c'è da meravigliarsi. Credo che neppure Pietro l'aveva ancora capito. Forse incominciò a capire qualche cosa solo dopo la nomina a pastore universale (cf Gv 21,15-17) e, meglio, dopo la Pentecoste. Non dimentichiamo che Giacomo e Giovanni, avvisati da Gesù di non raccontare a nessuno che lo avevano visto trasfigurato (cf Mc 9,2-8), "se non dopo che il Figlio dell'uomo fosse risuscitato dai morti", essi si domandarono "che cosa volesse dire risuscitare dai morti?" (cf Mc 9,9-10).

 

c) Carissimo fratello, nel rispondere alla obiezione segnata col numero 6, non ti nascondo che mi pare sempre più chiaro il tuo intento: cioè mettere in imbarazzo il cattolico con citazioni "personali e arbitrarie" sempre un po' equivoche.

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01/09/2009 08:37

Non cattolico. Rendimi conto di queste parole che stai dicendo, perché sono offensive.

 

Cattolico. Io uso la "Bibbia di Gerusalemme", e ti prego di leggere con me al cap.1 degli Atti, i versetti 15-26.

In essi vi è scritto esattamente il contrario di quanto tu dimostri. E' proprio Pietro che, come capo prende l'iniziativa nella nomina di Mattia al posto di Giuda. Certo Pietro, con spirito lungimirante e con molto tatto, chiede all'assemblea il loro parere e vengono discusse le varie proposte. Sono cose queste di ordinaria amministrazione che avvengono in tutte le società civili e cristiane, come si fa nel Conclave, (l'insieme dei Cardinali che si riuniscono per l'elezione del Papa) o nella

elezione dei ministri e deputati al Parlamento.

 

Non cattolico. Ed io insisto nel dimostrare che Pietro è come tutti gli altri. Infatti:

 

7. Quando gli apostoli e gli altri cristiani ebbero sentore che Pietro aveva alloggiato in casa di pagani, contrariamente agli usi degli Ebrei, Pietro non si comporta da papa, non esige obbedienza alle sue decisioni, ma si giustifica davanti alla Chiesa        

(Atti 11,1-8).

 

Cattolico. Sembra strano, caro fratello, che debba necessariamente vedere scuro dove è tutto chiaro. Il testo da te citato va un pó modificato, perché non sono gli apostoli ma i circoncisi che si lagnarono con Pietro. Pietro rientrava in Gerusalemme dopo un lungo intervallo di tempo, cioè dopo aver parlato ai fratelli pagani e averli confermati nella fede cristiana, in seguito all'evidente dono dello Spirito Santo (cf At 10,44-48) da essi ricevuto. Quando, dunque, Pietro giunse a Gerusalemme, i fratelli circoncisi, di dura cervice, se la presero con lui.

Ma Pietro, - come conveniva a questo supremo pastore nominato da Gesù e fondato da Gesù sull'amore e sulla umiltà - rispose annunciando un fatto teologico irreversibile.

Il racconto di Pietro è il più lungo degli Atti e riveste una grande importanza per la Chiesa nascente (cf i capitoli 10 e 11 degli Atti).

Il centurione Cornelio, ufficiale romano, retto, generoso, riconosciuto da Dio, atto ad entrare in comunicazione con Lui per trovare la Verità, ossia Cristo e la sua dottrina, deve rivolgersi a Pietro, il "primo" dei testimoni. I pagani, Cornelio e la sua famiglia si trovano in gravi difficoltà perché incirconcisi. Pietro viene illuminato dall'Alto e capisce di dover accettare anche gli incirconcisi. Il discorso di Pietro é il perno dei racconto; egli tocca i principali temi dell'annuncio di Gesù. Lo Spirito dà il sigillo dell'autenticità alla parola su Gesù e rende i pagani stessi testimoni della risurrezione. All'udir le parole di Pietro tutti "si calmarono e cominciarono a glorificare Dio dicendo - "Dunque anche ai pagani Dio ha concesso che si convertano perché abbiano la vita" (cf At 11,18).

 

 

Non cattolico. A quanto detto finora, aggiungo:

 

8. Quando si riunisce il primo Concilio della Chiesa a Gerusalemme, non appare che sia presieduto da Pietro, bensì da Giacomo, e le decisioni del Concilio vengono annunziate alle Chiese non in nome di Pietro ma di tutti gli Apostoli e dei fratelli anziani (Atti 1,5).

 

Cattolico. Non ti nascondo, fratello, che tu sei sempre più sorprendente. Non so come e perché tu riesca a vedere tanti atteggiamenti e segni negativi leggendo nel N.T. i fatti che riguardano Pietro. 

Ho già dimostrato precedentemente che, se la sua autorità fu decisiva per ammettere i gentili alla fede (cf At 11,18), essa è ancora più manifesta, e solennemente, nel Concilio di Gerusalemme.

Il suo discorso decise la controversia, tanto dibattuta, della circoncisione (At 15,12). Giacomo, che era Vescovo di Gerusalemme confermò il discorso di Pietro con l'autorità della S. Scrittura e indicò il modo pratico di accogliere i gentili (At 15,13-21). La questione esaminata dal Concilio era stata proposta da Paolo e Barnaba che avevano incontrato serie difficoltà nel loro apostolato perché alcuni giudei asserivano: "Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosé, non potete essere salvi" (At 15,1). Dopo la proposta di Paolo e Barnaba, la discussione si accalorò tra i presenti e c'erano i pro e i contro. Ma per riappacificare gli animi e a dare un giudizio definitivo, Pietro si alzò e disse: " Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta tra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del Vangelo e venissero alla fede…" (At 15,7). Sarà bene leggere tutto il discorso di Pietro per rendersi conto che il Concilio di Gerusalemme è evidentemente presieduto da Pietro, col quale, infine tutti si trovano d’accordo. In questo Concilio viene pronunciata per la prima volta la frase sconvolgente che di Concilio in Concilio è giunta sino ad oggi: "Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi!".

 

Non cattolico. Ed io insisto perché:

 

9. In seguito all'espansione del Cristianesimo, è detto che "gli Apostoli che erano rimasti in Gerusalemme, avendo inteso che la Samaria aveva ricevuto la parola di Dio, vi mandarono Pietro e Giovanni" (At 8,14). Dunque: i subordinati (gli apostoli) fanno atto di autorità verso il presunto papa e lo mandano in Samaria. Ma un papa non è mandato da nessuno.

 

Cattolico. Si, fratello, anch'io insisto facendoti notare che tutta la tua intenzione nel leggere i fatti riguardanti la Chiesa primitiva, è rivolta alla demolizione di Pietro.

         La mia personale esperienza mi fa capire come è logico e naturale che anche lì dove c'è un superiore in una comunità o società, specie se cristiana, lo svolgimento della vita è sempre una cosa fraterna e, quanto più possibile, evangelica. Quindi, non ci sono parole che impongono, non ci sono comandi drastici, ma le disposizioni vengono trasmesse dal centro alla periferia o anche, specie quando si tratta di consultazioni dalla periferia al centro, col tratto della carità e dell'umiltà. Era quindi normale che, verificatosi il caso di apertura dei Samaritani verso il Cristianesimo, il Collegio Apostolico discutesse la faccenda e poi, a riflessioni fatte, si inviasse in Samaria Pietro con Giovanni. Tale decisione lascia capire che gli Apostoli ritenevano indispensabile l'opera di Pietro per stabilire la nuova comunità. Del resto l'autorità di Pietro si esercitava dappertutto, essendo egli in visita a varie comunità cristiane (At 9,32).

La sua autorità, come abbiamo già visto, fu decisiva per ammettere i gentili alla fede (At 11,18), e in seguito si manifestò solennemente nel Concilio di Gerusalemme da lui presieduto (At 15... ).

 

Non cattolico. Ma c'è un'altra importante riflessione da fare che voi cattolici, come il solito, sfuggite.

 

Cattolico. Ti prego, parla, perché i cattolici non sfuggono mai di fare quelle riflessioni che la logica e la Parola di Dio suggeriscono.

 

Non cattolico.

 

10. Ecco: nella lettera ai Corinzi l'Apostolo afferma che "l'uomo spirituale giudica d'ogni cosa, ed egli stesso non è giudicato da alcuno" (1 Cor 2,15). Non si vede bene come questa affermazione si concili con la pretesa di qualcuno di signoreggiare sulla nostra fede.

 

Cattolico. Caro fratello, non ti nascondo che è la prima volta che leggo e ascolto questa osservazione. Debbo anche dirti: ti ringrazio di "questa buona novella" che mi dai. Non l'avrei mai immaginata!... Essa però è veramente preziosa perché mi lascia meglio capire tutti gli errori dei protestanti sul Cristianesimo. Se questa riflessione che tu fai è di tutti i non cattolici, essa rappresenta la chiave di volta per capire tutte le deviazioni intorno alla Parola di Dio e la ragione di tutte le ribellioni perpetrate da tanti verso l'unica Chiesa di Cristo.

Spesso nelle mie discussioni cito quella frase di S. Paolo, abitualmente ricordo prima Platone e poi S. Paolo e dico agli ascoltatori per convincerli della necessità della fede: vedete, Platone dice che "il vizio non conosce né se stesso né la virtù; la virtù conosce e se stessa e il vizio".

Dopo aggiungo: S. Paolo è più preciso e ci dice: ".... l'uomo naturale però non comprende le cose dello Spirito di Dio; esse sono follia per lui, e non è capace di intenderle, perché se ne può giudicare solo per mezzo dello Spirito. L'uomo, spirituale invece giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno".

Di queste frasi io me ne sono servito spesso, con una certa discrezione e umiltà, comprendendo quanto é difficile essere compreso in questioni spirituali da chi ha poca fede e vive immerso, in parte o del tutto, nel temporale. Ma non avrei mai pensato che ci fossero dei "credenti" che potessero appoggiarsi alle parole di S. Paolo per poter rifiutare tutto: Vangelo, Autorità, umiltà, ordine... ed altro, per credersi dispensati anche dall'obbedire alla Parola di Dio e darsi così una fede del tutto personale. Ripeto, a questo non avevo mai pensato e non ci sarei mai arrivato proprio per la mia fede cristiana. A certe conclusioni anticristiane, illogiche, antibibliche può giungere solo chi è fuori dalla vera Chiesa di Cristo. Certo con un principio come quello da te avanzato, la S. Scrittura diventa una cosa molto relativa, per cui perdono la loro forza molte delle parole che troviamo scritte, specie nel N.T., come:

 

 1. "Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza Colui che mi ha mandato" (Lc 10,16).

 

2. "Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno..." (Mt 16,18-19).

 

3. "... ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31-32). 

 

4.  `Simone di Giovanni, mi ami più di costoro? ... Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene...". Gli rispose Gesù: pasci le mie pecorelle" (Gv 21,15-17).

 

5. Ricordo pure: 2 Pt 1,19-20 e 2 Pt 3,15-16, in cui Pietro ci dice che la S. Scrittura non è soggetta a privata interpretazione e che "gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina".

 

6. Per ragioni di brevità metto insieme alcuni passi della S. Scrittura, limitandomi solo a pochi e dei N.T.:

 

Rm 10,16: "non tutti hanno obbedito al Vangelo"; Rm 10,26: "... perché tutte le genti obbediscano alla fede"; 2 Cor 2,9: "... per vedere se siete obbedienti in tutto"; Gal 5,7: "... perché non obbedite più alla verità?"; Fil 2,12: "... obbedendo come sempre, attendete alla vostra salvezza"; 2 Ts 1,8: "Gesù scenderà dal Cielo... a fare vendetta di quanti... non obbediscono al Vangelo del nostro Signore Gesù; 2 Ts 3,14:, "Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, .... interrompete i rapporti..."; Eb 13,17: "obbedite ai vostri capi"; 1 Pt 1,2: "... secondo la prescienza di Dio Padre... per obbedire a Gesù Cristo ......"; 1 Pt 1, 14: "Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri d'un tempo...", Ts 3,1: "Ricorda loro di essere sottomessi ai magistrati e alle autorità, di obbedire ......"

 

Devo fermarmi, perché se volessi continuare dovrei ricopiare centinaia di riferimenti biblici dell'A. e del N.T. in cui si può leggere esattamente il contrario di quello che tu dici, asserendo che l'affermazione di S. Paolo (1 Cor 2,15) non si può conciliare col credente che debba ubbidire all'autorità che lo guida nella giusta direzione della fede. E' proprio esattamente il contrario: chi crede in Dio sente il bisogno della guida e dell'autorità stabilita da Gesù, che gli garantisca la via giusta e lo preservi dal peccato di presunzione e di superbia.

 

Non cattolico. Oltre quello detto da Paolo nella lettera ai Corinzi (1 Cor 2,15) voglio far presente ancora altro.

 

11. Lo stesso Paolo nella lettera agli Efesini, (4,11) scrive: "E' Cristo che ha dato gli uni come apostoli; gli altri come profeti; gli altri come evangelisti, gli altri come pastori e

dottori".

In questo passo, dove sono menzionati i vari ministeri della Chiesa, compreso quello dell'apostolo, non si fa menzione del papato, il che sarebbe stato indispensabile; se a quei tempi fosse esistito.

 

Cattolico. Carissimo, certo a seguirti si fa della fatica. Hai detto agli inizi delle obiezioni sul papato che avresti provato tutto con riferimenti biblici. A dirti la verità, finora non hai fatto che scegliere brani, semplici e innocenti i quali non hanno certamente la pretesa, come l'hai tu, di demolire le solenni affermazioni di Cristo circa la fondazione dell'unica sua Chiesa, stabilite sulla Roccia (Kefa = Pietro) saldamente e con parole inequivocabili quali: "Le forze degli inferi non prevarranno contro di essa"; "a te darò le chiavi del regno dei cieli"; "conferma i tuoi fratelli nella fede"; "pasci i miei agnelli", ecc.

Paolo scrivendo a Tito (1,5) dice: "Per questo ti ho lasciato a Creta, perché regolassi ciò che rimane da fare e perché stabilissi presbiteri in ogni città, secondo le

istruzioni che ti ho dato".

I presbiteri non sono menzionati in Ef 4,11: dobbiamo perciò pensare che essi non esistevano "a quei tempi?". E, quando Paolo parla degli Apostoli, perché escludere Pietro che ne è il Primo e il capo?

Nella lettera ai Colossesi (1,23) dice che egli ha annunziato il Vangelo "ad ogni creatura sotto il cielo e di cui io, Paolo, sono diventato ministro". Forse che gli altri Apostoli non erano anch'essi ministri dei Vangelo? Io ritengo che queste mie osservazioni siano puerili, come vedo puerile la tua, perché i passi che ci parlano di Pietro e del suo primato sugli altri (intendiamoci: primato di servizio e di giurisdizione e non di signoreggiare sulla nostra fede) sono tanti che vorrei risparmiarmi la fatica di citarli tutti. Come mai tu, leggendo il N.T. non ne trovi uno? Ma poiché tu sei testardamente cieco, te ne ricorderò alcuni. Devo dirti che l'esercizio del primato di Pietro cominciò ancor prima del solenne conferimento, quando, crocifisso Gesù, gli Apostoli si riunirono intorno a Pietro. A lui per primo la Maddalena riferì del sepolcro vuoto (Gv 20,2; Mc 6,7), e nell'entrarvi Giovanni gli diede la precedenza (Gv 20,6; Lc 24,22). Pietro va a pescare ed altri sei discepoli vanno con lui (Gv 21,3). E' lui che presiede l'elezione del nuovo apostolo (At 1,15-20); per primo, come Capo degli Apostoli predicò (At 2,14) e come tale fu interpellato dagli uditori (At 2,37); operò il primo miracolo (At 3,6), ed altri poi con la sola sua ombra (At 5, 15); fu lui che rispose al Sinedrio (At 4,8) e che come capo del movimento venne incarcerato da Erode (At 12,3); giudice della comunità punì Anania a Safira (At 5, 1-11).

 

Non cattolico.

 

12. Può darsi che noi leggiamo la S. Scrittura sotto un punto di vista diverso. Ma dimmi, come si fa a non capire che Paolo esclude di voler esercitare un magistero imperativo sulle coscienze, quando scrive: Non già che signoreggiamo sulla vostra fede, ma siamo aiutatori della vostra allegrezza" (2 Cor 1,24).

 

Cattolico. M sembra di aver parlato finora inutilmente. Ti ho già detto che i tuoi sospetti che ci sia qualcuno che voglia signoreggiare sulla nostra fede, sono tuoi soltanto perché proprio il primo papa ci avverte perentoriamente: "... pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge..." (1 Pt 5,2-3). Di queste cose noi cattolici siamo stati sempre convinti, ed è strano che da parte dei non cattolici si parli di signoreggiare sulla fede altrui, di spadroneggiare, di imperio sulle anime nella Chiesa Cattolica nella quale spesso i fedeli si lagnano della troppa clemenza della gerarchia e della abbondante libertà accordata ai fedeli. Ho detto che sono strane le accuse dei non cattolici tra i quali vige l'imposizione e la minaccia verso chi non accetta in maniera indiscussa la dottrina proposta dall'alto. E queste cose sono note a tutti.

 

Non cattolico.

 

13. Ed io, nonostante tutte le tue parole, voglio farti ancora presente che tutto quello

che nel N.T. ci è riferito delle relazioni fra Pietro e Paolo esclude senz'altro che si ponga

parlare di una supremazia di Pietro. Infatti:

 

a) Neppure lontanamente nelle suo lettere Paolo lo ha accennato al Papa Pietro.

 

b) Quando Paolo decide di recarsi a Gerusalemme per esporre il suo programma dice: "Giacomo, Cefa (Pietro) e Giovanni, che son reputati colonne dettero a me e a Barnaba la mano di associazione, perché noi andassimo ai gentili, ed essi ai circoncisi" (Gal 2,9).

Dunque il presunto papa è qui presentato come una delle colonne della Chiesa, insieme a Giacomo e Giovanni e non é neppure nominato per primo.

 

c) Ben lungi dall'avere autorità su Paolo, ci è detto che per decisione collegiale di "quelli che godono di particolare considerazione" (Gal 2,6), si venne a una divisione di compiti: Pietro dovrà evangelizzare i Giudei e Paolo i pagani.

 

d) Paolo ignorava a tal punto l'esistenza di un Sommo Pontefice e la sua autorità "suprema, plenaria, ordinaria e immediata"   (P. Gasparri (card.), Catechisme Catholique, Chabeuil, Ed. Nazareth, 1959, p. 99), che scrive: "Quando Cefa (Pietro) fu venuto ad Antiochia, io gli resistei in faccia perché egli era da condannare" (Gal 2,11).

 

Cattolico. Certo dopo tutte queste tue osservazioni credi di aver eliminato la figura di Pietro che Gesù con tanta cura e forza volle come "Roccia" solida della Sua Chiesa. La pretesa che Pietro esercitasse la sua autorità ed il suo primato in maniera decisa e quasi palpabile, con spunti autoritari, è ben lungi dal "primo apostolo". Egli aveva certamente, prima di scriverlo, raccomandato a tutti i suoi fratelli l'umiltà, la carità e di "sorvegliare il gregge non per forza ma secondo Dio; non per vile interesse, ma di buon animo; non spadroneggiando sulle persone affidate... mafacendosi modelli del gregge".

Su tutte le ragioni che tu fai presenti, io voglio farti osservare diverse cose:

 

a) I protestanti, in genere, eliminato Pietro dalla dottrina, tentano di eliminarlo anche dalla Bibbia. Volentieri oppongono Paolo a Pietro.

 

b) Leggendo Paolo "Apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di uomo, ma per mezzo di Gesù Cristo e di Dio Padre ..." (Gal 1, 1) e "poiché colui che aveva agito in Pietro per farne un apostolo dei circoncisi aveva agito anche in me per i pagani", si potrebbe ritenere che Paolo proclami la sua uguaglianza a Pietro o almeno la sua indipendenza.

 

c) Altrove parrebbe arrogarsi una certa superiorità sino a rimproverarlo pubblicamente

   (Gal 2,11 ).

 

d) Nella stessa lettera ai Galati (2,9) lo pospone a Giacomo e in 1 Cor 1,12 parla con un certo disprezzo o indifferenza del partito di Cefa.

 

e) In realtà S. Paolo non tratta esplicitamente del primato di Pietro, anzi lo nomina in due sole lettere: sei volte col nome aramaico di Cefa (1 Cor 1,12; 3,22; 9,5; 15,5;

Gai 1, 18; 2,9) e due volte con quello di Pietro (Gal 2,7.8).

 

f) C'è stato chi ha supposto (Clemente Alessandrino, Eus. Hist. Eccl. 1,12,2) che fossero due individui distinti per concludere che Paolo non si sarebbe opposto a Pietro, ma ad un oscuro giudaizzante nell'incidente di Antiochia (Gai 2,11-14) per salvare il primato di Pietro.

Ma non è necessario spiegare in tal modo le cose per salvare il primato di Pietro, perché nell'incidente suddetto viene invece chiaramente affermato e proprio da Paolo. Infatti l'opposizione aperta di Paolo non fa un atto di ribellione, ma un'osservazione leale e pubblica. Paolo non intacca l'autorità di Pietro, ma rileva la sua incoerenza pratica (si era dato torto) e le conseguenze del suo agire equivoco; inoltre, osserva argutamente X. Roiron ("Ricerca di scienza religiosa" 4 [1913), p. 518), Paolo non era un gallicano, non appella da Pietro al Concilio di Gerusalemme, ma da Pietro a Pietro.

Del resto l'influsso di Pietro è chiaro dal fatto che il suo esempio trasse perfino Barnaba, che pure aveva difeso con Paolo la libertà dei convertiti dal paganesimo

      (Atti 15).

Da rilevare inoltre che tutto l'episodio è riferito da Paolo per provare con l'autorità di Pietro, che gli avversari gli opponevano, la non necessità delle pratiche giudaiche per la salvezza. Poco prima aveva detto allo stesso scopo (per convincere i Galati): "Giacomo, Cefa e Giovanni, riconosciuti come colonne, porsero a me e a Barnaba la destra in segno di comunione..." (Gal 2,9).

 

A questo proposito, il protestante K Holl osserva: "Se si deve parlare di un papa in questa gerarchia, questo sarebbe Giacomo non Pietro" (Der KirchenbegrIff der Paulus, Berlino 1921, p. 932).

Ma con S. Tommaso è più naturale spiegare che "viene premesso Giacomo perché era vescovo di Gerusalemme, ove avvennero i fatti" (in Gal 2,9) e pertanto la sua adesione era più adatta a muovere i giudaizzanti che del suo nome si facevano forti (Gal 2,12). Paolo dei resto, esclude ogni sua dipendenza da Giacomo, affermando di averlo appena visto quando salì a Gerusalemme, "per far visita di omaggio a Pietro" (Gal 1,18). Tale infatti è il senso della parole usate da Paolo: "In seguito... andai a Gerusalemme per consultare Cefa, e rimasi presso di lui quindici giorni". Dal contesto risulta che Paolo sali a Gerusalemme principalmente, per conoscere la persona di Pietro (cf M.I. Lagrange, Lettera ai Galati, Parigi 1918, p. 17). Dopo ciò, che egli trovi a Corinto, dove, Pietro non era mai stato, un partito che si vale del nome di Cefa (1 Cor 1,12), non fa che confermare la grande influenza di Pietro nella Chiesa primitiva; Paolo anzi la suppone per provare la fede nella risurrezione di Cristo (1 Cor, 15,5) e per giustificare il suo modo di agire: "Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?" (1 Cor 9,5). In definitiva, l'episodio di Antiochia narrato da Paolo e le sue parole rivolte ai Galati stanno, ripeto a dimostrare l'autorità di Pietro e l'autenticità dell'apostolato di Paolo, che vuol dire: quanto vi raccomando è così certo che finanche a Pietro feci presente, senza mezzi termini, lo stesso errore di cui vi sto parlando (la circoncisione dei pagani pretesa dai Giudei) quando egli, temendo le rimostranze degli Ebrei, cominciò ad evitare, in una occasione, di prendere cibo con i pagani. E' da tenere presente che il comportamento tenuto da Pietro, proprio perché principale responsabile, si poteva giustificare, e Paolo avrebbe dovuto e potuto comprenderlo avendo egli agito similmente e peggio in diverse circostanze. Ne do qualche esempio: 

Paolo dice di preferire non mangiare mai più la carne "per non turbare la fede di un fratello" (cf 1 Cor 8,13; cf anche Rm 14,21); egli si adatta a tutto e a tutti "per portare a Cristo il più gran numero possibile di persone" (cf 1 Cor 9,19-23); per riguardo ai Giudei fa circoncidere Timoteo! (At 16,3)

Forse il momento rendeva il comportamento di Pietro poco opportuno e poteva creare dei malintesi. Ripeto, l'episodio è riferito da Paolo ai Galati... per rafforzare il suo dire proprio sull'autorità di Pietro.

 

g) Non c'è dubbio che Gesù ha scelto Pietro fra tutti gli altri, nonostante e, forse, proprio per i suoi grossolani difetti, perché si comprendesse bene che "le vie di Dio non

sono quelle degli uomini" e che "Egli sceglie i deboli per umiliare i forti, e i semplici per confondere i sapienti" (cf Is 55,9; 1 Cor 1,27). La figura di un rozzo pescatore a suo rappresentante ci lascia capire che chi opera sotto quelle umili spoglie umano è lo stesso Cristo e lo Spirito Santo. Ed è solo così che possiamo spiegarci le parole di Gesù: "le porte degli inferi non prevarranno"; "sarò con voi sino alla fine del mondo"; "vi manderò lo Spirito Santo, il quale sarà con voi sempre e vi guiderà alla Verità tutta intera"...

 

h) Che dire di più? Chi legge rettamente il N.T. e senza pregiudizi, si accorge che Pietro è veramente quello che Gesù ha voluto che fosse, anche se la sobrietà, la maniera scheletrica e ridotta al solo essenziale della narrazione è sorprendente, e spesso bisogna arrivare alla realtà più profonda per mezzo di intuizioni e deduzioni alle quali si è costretti dalla logica e dai fatti narrati. Pietro è nominato 165 volte, quando si parla di lui è - quasi sempre - nominato per primo; (cf Mc 3,l6-l9; Mt 10,2-4; Lc 6,14-16), e nel Vangelo di S. Matteo é detto espressamente: "il primo, Simone, chiamato Pietro" (Mt 10,2); anche Marco (1,36) dice: “Simone e i suoi compagni". In mite occasioni è sempre lui che prende per primo la parola (cf Mc 10,28; Mt 15,15;       16,16-22; 18,21; 19,27-30; Lc 12,41; Gv 6,68-69; 13,6-10).

 

i) Pietro appare come l'oggetto di una particolare attenzione da parte del Divin Maestro: a Cafarnao alloggia nella sua casa (Mc 1,29), insegna dalla barca di Pietro (Lc 5,3); lo beneficia di una pesca miracolosa, (Lc 5,3-10); lo fa un suo associato con un titolo eccezionale e paga il tributo "per me e per te” (Mt 17,24-27); lo manda a preparare, con Giovanni, l'ultima cena (Lc 22,8), ecc.

E per concludere: non ti sembra una cosa straordinaria, eccezionale, unica il fatto che Gesù, al primo incontro con Pietro (cf Gv 1,42; Mc 3,16) “fissando lo sguardo su di lui disse: Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)”? Questo episodio non ti spiega tutto il segreto, la missione di Pietro?

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01/09/2009 08:38

Non cattolico.

 

14) Si aggiunga ancora che nel N.T. vi sono due lettere attribuite a Pietro, ed egli non vi fa il minimo accenno al suo primato sulla Chiesa. Al contrario, egli ci fa sapere chi è la pietra fondamentale della Chiesa, quando dichiara: “Gesù Cristo è la pietra che è stata da voi costruttori sprezzata, ed é divenuta la pietra angolare. E in nessun altro é la salvezza, poiché non v'è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati" (Atti 4,11-12).

15) Infine se Cristo avesse bisogno di un vicario significherebbe che Egli è assente o nella impossibilità di agire direttamente nella sua Chiesa. Ma Gesù è costantemente presente, come afferma Egli stesso: "Non vi lascerò orfani; tornerò a voi. Ancora un po', e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete"                                                                                                                       (Gv 14,18-19).

 

Cattolico. Questi due ultimi numeri (14 e 15) sono le varie obiezioni-chiarificazioni che l'autore fa seguire all'assunto n. 4 che suona cosi: “Quali sono gli argomenti biblici in assoluto contrasto con l'idea che l'apostolo Pietro, sia mai stato nominato vicario di Cristo?"

 

Finora, come abbiamo visto, nessun argomento biblico sembra essere in assoluto

contrasto con le parole solenni usate da Cristo nella nomina di Pietro a suo vicario. Anzi, i ripetuti passi biblici Mt 16,18-20, Lc 22,31-32 e Gv 21,15-17 ci dicono con chiarezza la volontà di Gesù nei riguardi di Pietro: egli sarà la "pietra" su cui Gesù fonderà la Sua Chiesa; egli - per cui Gesù ha pregato particolarmente perché non venisse meno la sua fede - dovrà confermare i fratelli nella fede; egli dovrà pascere, al posto di Cristo, i suoi agnelli e le sue pecorelle. A lui Gesù promette di dare le "chiavi” del regno dei cieli.

Sappiamo che le "chiavi" sono simbolo dell'autorità piena. A tutto ciò si aggiunga, per maggiore chiarezza, che Gesù al primo incontro con Pietro, gli fa sapere che non si chiamerà più Simone figlio di Giovanni, ma Kefa. Potreste obiettarmi che Simone figlio di Giona neppure aveva potuto capire l'intenzione del Divin Maestro. E questo lo credo anch'io. Pietro se n'è reso conto, almeno parzialmente, dopo la risurrezione, quando Gesù, interrogandolo per tre volte, affida.al suo amore per Lui, il suo gregge. Il resto Pietro lo capirà dopo la Pentecoste.

Gesù, come ho già detto tante volte, fonda la sua unica Chiesa sulla "roccia", parola che indica sicurezza, stabilità, fortezza...

Chi può dubitare delle parole di Cristo?

La metafora di "roccia" la troviamo anche altrove: in 2 Sam 22,2: “Jahwè è la roccia d’Israele"; in Dt 32,4. "Jahwè è roccia"; in 2 Sam. 22,2. "'il Signore è la mia roccia" (cf Sal 18,3); in Sal 89,27 si legge: “Tu sei il mio Dio e roccia della mia salvezza"; in Is 26,4: "Il Signore è una roccia eterna", ecc.

 

Nel N.T. Gesù è la "pietra d'angolo!” (cf Sal 117,2) nella edificazione del "Nuovo Israele" (= la Sua Chiesa, cf Mt 21,42-44). Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato. Per i Giudei questa Pietra è divenuta motivo di inciampo e di rovina (cf Rm 9,33; 1 Pt 2,7-8; Is 8,14; 28,16). Ma per i discepoli di Cristo, Egli è la Roccia Spirituale, fonte di salvezza. E' chiaro che l'essere Roccia di Cristo non vanifica l'essere Roccia di Jahwè, e viceversa. Roccia è detto anche Simone il figlio di Giona. Pietre vive sono pure i credenti (1 Pt 2,4-5).

 

In conclusione, notiamo:

 

a) Jahwè è roccia perché costituisce il primo fondamento della Chiesa, di cui l'Antico Israele era tipo e figura.

 

b) Cristo è Roccia perché è la pietra d'angolo (= principale) della "Sua" Chiesa.

 

c) La Chiesa tutta è detta fondamento: “Voglio che tu sappia conte comportarti... nella Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno (= fondamento) della verità" (1 Tim 3,14-15).

 

d) Anche le "chiavi" sono una metafora. Chi le possiede è padrone della casa; nel nostro caso, si tratta di Pietro, responsabile principale della Chiesa di Cristo (cf Mt 6-7- 8). Praticamente Pietro è voluto e nominato da Cristo “Suo Vicereggente visibile sulla terra”.

 

E' bene tenere presente che Pietro è soltanto il capo visibile della Chiesa. Capo assoluto della Chiesa, anche se invisibile, è sempre e solo Cristo e con Lui lo Spirito Santo che guida la Chiesa "alla Verità tutta intera" (Gv 16,12-15) "ed è sempre con essa” (Gv 14,16). Teniamo anche presento che Dio, nell'A. come nel N.T. è chiaramente detto, non ha voluto mai guidare direttamente e personalmente il suo popolo, come invece. tu, caro fratello, ci vuoi far intendere con le tue parole riportate nelle obiezioni 14 e 15 di questo numero. Nell'A.T. troviamo a guida suprema e sicura Mosè, i Patriarchi, i Profeti, i Re: tutti agiscono in nome dell'unico e sommo Dio, il Quale, in definitiva, è la Guida Suprema, ma invisibile. Nel N. T. la stessa cosa fa Gesù nel fondare il "Nuovo Israele": Pietro, gli Apostoli, Paolo, i Vescovi, i presbiteri sono le guide del popolo di Dio. E come i patriarchi, i profeti, i re fanno capo a Mosè, cosi i presbiteri, i vescovi, gli apostoli fanno capo a Pietro. Ma anche quì, come nell'A.T., sempre Dio, in Gesù e nello Spirito Santo, è la Guida Suprema, ma invisibile. Cristo di per sé, come Jahwè di per sé, potrebbero fare a meno dei loro rappresentanti umani, ma è arbitrario e temerario giudicare l'operato di Dio, come fai tu, caro fratello non cattolico.

A questo punto mi domando: come ti permetti di azzardare delle idee così antibibliche, antistoriche, illogiche? Non ti accorgi che le tue affermazioni contrastano con l'economia divina, meglio con la stessa Parola di Dio? Gesù diceva, nella parabola del ricco Epulone (cf Lc 16,19 ss.):

“…hanno Mosè e i Profeti: li ascoltino.." E parlando del Nuovo Israele, Gesù affermava con forza: "chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me. Chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato" (Lc 10,16). E ancora: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi... A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi li riterrete saranno non rimessi," (cf Gv 20,20-23). In Mt 28,18-20 è lo stesso Gesù che, sempre presente, ma dovendo rimanere assente fisicamente, dice: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Insegnando loro ad osservare tutte le cose che io ho comandato a voi. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo".

 

Credi, caro fratello non cattolico, che Gesù non sapeva quel che diceva? Gesù non è nell'impossibilità di agire direttamente nella Sua Chiesa. Egli è Dio e può far tutto. Ma non c'è da meravigliarsi se, nella sua divina economia e nella immensa Sua bontà Dio vuole guidarci - visibilmente e tangibilmente - per mezzo di persone umane: l'obbedienza alla fede da parte di tutti (cf Rm 1,5) è più cara a Dio ed è più meritevole per noi. La stranezza, è che, mentre da una parte si rigetta l'autorità lasciata da Cristo con tanta precisione e chiarezza, dall’altra parte, per ragioni varie (pregiudizi, avversione, fanatismo...) si vuole, da parte dei non cattolici, un'autorità non cristiana e non evangelica, frutto della superbia, della ribellione e di "tradizioni umane" che Gesù decisamente condanna, come puoi andare a controllare in Mt 15,2,3-9; 23,4; At 15.10; Col 2,20-23.

In conclusione, come ben vedi, tutte le tue obiezioni sono frutto di fantasia, elucubrazioni mentali dovute a pregiudizi ed avversioni, ma di biblico non c'è assolutamente nulla.

 

Non cattolico.

 

5. Qual è il vero significato delle parole: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa?”

 

Queste parole vogliono chiaramente dire che l'apostolo Pietro, avendo riconosciuto Gesù quale Figlio di Dio, è stato storicamente il primo vero cristiano. Pietro medesimo ha definito i cristiani “come tante pietre viventi, che, entrando nella struttura dell'edificio, formano una casa spirituale" (1 Pt 2,5) (Traduzione di G. Luzzi, ediz. “Fides et Amor ”, Firenze 1923-1930).

Di queste “pietre viventi" l'apostolo è stato storicamente la prima; perché per primo aveva riconosciuto Gesù quale Figlio di Dio.

E' questa la spiegazione dello stesso San Giovanni Crisostomo (+ 407), il quale scrive: "Ebbe perciò Pietro un primato? Si, ma solo quello di essere stato il primo a confessare il Cristo, per cui egli diviene il primo apostolo e l'inizio di tutta la Chiesa"  (G. Crisostomo, "Oratio Adv. Jud. VIII, 3 Vedi Migne, Patrol. graeca, XLVIII, 931, cit. da: F. Salvoni, Pietro e il Papato (studio ciclostil.), Milano, Centro di Studi Biblici Univer., 1965, p. 68).

 

Cattolico. Carissimo fratello, per rispondere a quanto dici sul pensiero di S. Giovanni Crisostomo, Patriarca di Costantinopoli, il più grande oratore sacro della Chiesa orientale, ho consultato libri ed enciclopedie, col tentativo di trovare le parole da te riportate, ma non le ho rintracciate. L'Enciclopedia UTET dà poche notizie su di lui: lo reputa non molto importante come teologo, ma "grande testimone della dottrina e della fede della Chiesa al suo tempo, soprattutto per quanto riguarda l'Eucaristia”, (Vol. VI, pp. 471-72). Invece dall'Enciclopedia Cattolica (VI Vol., p. 540), ricaviamo che alcune delle suo "Orazioni" sono di sospetta autenticità, altre sono certamente apocrife e interpolate o giunte in redazioni stenografiche. Dire che le parole dell'Orazione da te citata non siano autentiche, io non posso e non so dirlo, ma penso che non sia neppure necessario giacché S. Giovanni Crisostomo è fuori ogni sospetto per la sua ortodossia. Non sono parole da nulla quelle che egli dice, che cioè "Pietro fu il primo a confessare il Cristo, per cui egli diviene il primo Apostolo e l'inizio di tutta la Chiesa”.

Se queste parole le vediamo sotto l'ottica del "primato di Pietro", sembra di essere molto vicino al pensiero del Crisostomo, il quale parlando del “Primo Apostolo”, così si esprime: "In quei giorni, Pietro si alzò in mezzo ai fratelli e disse...." (At 1,15). Dato che era il più zelante e gli era stato affidato da Cristo il gregge, e dato che era il primo nell'assemblea,  per primo prese la parola.  “Fratelli,  occorre  scegliere  uno  tra  noi”                                                     (cf At 1,21-22).

 

“Lascia ai presenti il giudizio, stimando degni di ogni fiducia coloro che sarebbero stati scelti e infine garantendosi contro ogni odiosità che poteva sorgere. Infatti decisioni  così importanti sono spesso origine di numerosi contrasti. E non poteva essere lo stesso Pietro a scegliere? Certo che poteva, ma se ne astiene per non sembrare di fare parzialità. D'altra parte non aveva ancora ricevuto lo Spirito Santo.....” (Dalle "Omelie sugli Atti degli Apostoli" di S. Giovanni Crisostomo, vescovo, Omelia 3, 1.2.3; PG 60, 33-36,38, Vol. II, Divino Uff, p. 1636).

 

Leggiamo il passo di un'altra "omelia":

 

“Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano, ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia. Infuri pure il mare, non potrà sgretolare la roccia. S'innalzino pure le onde, non potranno affondare la NAVICELLA   (= la Chiesa) di Gesù. Cosa, dunque, dovremmo temere? La morte? “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Fil 1,21). Allora l'esilio? Del Signore è la terra e quanto contiene" (Sal 23,1)... (Dalla "Omelia" di S. Giovanni Crisostomo, prima dell'esilio nn. 1-3; PO 52, 427-430, Vol IV, Uff. Divino secondo il rito romano e il calendario serafico, pag. 1306, 13 sett. di S. Giovanni Crisostomo, vescovo e  dottore della Chiesa).

 

Inoltre, il Crisostomo sapeva bene che il papa Innocenzo I nel 417 aveva scritto ai vescovi africani che nessuna causa ecclesiastica, anche nelle regioni più remote, si deve considerare finita finché non si è pronunciata la Sede Apostolica (cf Denz. U, 100).

Fu allora che S. Agostino esclamò: “Di questo affare (causa) già sono stati mandati (gli atti di) due concili alla Sede Apostolica e  sono venuti i rescritti. La causa è finita: finisca anche l'errore" (Serm. 13 1, 10; PL 38, 734; di qui il noto aforismo: "Roma Locuta est, causa finita est").

 

Il Crisostomo, sapendo queste cose, scrisse due delle sue numerose lettere (328) al papa Innocenzo I, prima di partire per l'esilio la seconda volta. In realtà fu solo il papa che agì energicamente a sua difesa, non esitando a scomunicare i vescovi di Costantinopoli ed Alessandria perché non volevano riconoscere l'innocenza nel Crisostomo. Alla fine dovettero piegarsi alle ragioni di Roma (P. Batiffol, "Le siege apostolique", cit. p. 4, 267-326).

Poco prima di S. Giovanni Crisostomo, l'alessandrino vescovo S. Atanasio (Lettera 1 a Serap. 28-30, PG, 26, 594-595-599) scriveva: “Non sarebbe cosa inutile ricercare l'antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella si intende che il Signore ci ha insegnato, che gli Apostoli hanno predicato, che i Padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale" .

Come vedi,  S. Giovanni Crisostomo è praticamente daccordo con S. Atanasio, tutti e due sono autentici cattolici ed appartengono alla stessa Chiesa, la quale afferma, conserva, professa ed insegna oggi ciò che gli Apostoli ed essi stessi hanno professato, predicato ed insegnato.

 

Non Cattolico.

 

6. Come è stato interpretato dagli altri Padri della Chiesa il passo di Matteo 16,18?

 

Origene (+ 253): "Se tu immagini che solo su Pietro sia stata fondata la Chiesa, che cosa potresti allora dire di Giovanni, il figlio del tuono, o di qualsiasi altro apostolo?" E prosegue affermando che chiunque fa sua la confessione di Pietro, può - come lui - essere chiamato Pietro. (Origene, comm. a Matteo 12,10-11. Vedi Migne, PG XIII, 997, c. 1000, 1001, 1004; cit. da E Salvoni, op. cit. p. 65).

Cattolico. Carissimo fratello, non possiamo dare un giudizio su Origene se prima non mostriamo di conoscere qualche cosa di più preciso sul suo pensiero.

Egli nacque in Egitto nel 185 circa, forse ad Alessandria, e morì a Tiro nel 253-54. Fu un fecondissimo scrittore di cose sacre. La sua posizione dottrinale non fu sempre chiara: secondo alcuni, anche antichi, il suo pensiero è quello di un filosofo ellenista del suo tempo, vestito solo superficialmente dell'abito cristiano; ma contro questi "alcuni" troviamo anche dei forti e numerosi oppositori.

La fede di Origene è quella che esigeva dai fedeli la Chiesa del suo tempo. Egli ha fortemente insistito sul punto che la suprema regola della fede è l'insegnamento della Chiesa, la quale non fa altro che trasmettere inalterato l'insegnamento delle Scritture e degli Apostoli. (De princip. 2; IV, 2,3; In Mt comm. ser., 39; 46; In Jo. comm. 13,16).

Il contenuto di questa fede è esplicitamente e chiaramente proposto dalla Chiesa. L’idea fondamentale è il dogma cristiano. Origene insiste specialmente nella ricerca delle realtà della vita spirituale di ogni anima, con la manifesta tendenza a passare rapidamente sul senso letterale o addirittura a supporlo o anche a deprezzarlo. L'abuso di questo atteggiamento in cui Origene è frequentemente caduto, comincia quando nei singoli particolari della lettera, per una vaga analogia di parole o di cose egli vuole ritrovare i singoli particolari della realtà. E’ così che Origene ritrova nella Scrittura tutto il suo sistema.

L'influsso di Origene sulla teologia posteriore è stato decisivo a tal punto che la teologia greca sino al sec. V-VI e quella latina fino a S. Agostino, sfruttarono la sua eredità, correggendola e sviluppandola. Non è men certo che Origene nel suo sforzo di sintesi generale, ha spesso proposto teorie che la teologia posteriore dimostrò errate (cfr. Enc. Catt., alla voce "Origene").

 

Non Cattolico. Mi sembra che con tutte queste parole, tu, caro fratello, vuoi eludere la mia domanda e la realtà di quanto dice Origene.

 

Cattolico. Caro mio, ti stai completamente sbagliando. Riportandoti la figura e il pensiero di Origene, io voglio dimostrarti proprio quello che egli dice e di cui io resto sorpreso ed ammirato.

 

Non Cattolico. Spiegati meglio e fammi capire cosa vuoi dire.

 

Cattolico. Ecco, non sapevo che Origene avesse già intuito quello che la Chiesa ci insegna oggi con tanta forza e che io spesso dico nelle istruzioni religiose al popolo.

Infatti la nostra dottrina è basata sul fondamento degli Apostoli, come si ricava da Ef 2,19-22: " .... siete concittadini dei santi .. edificati sul fondamento degli Apostoli e dei profeti e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo .... .. ; da Ap 21,14 abbiamo: "Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello (cfr.r anche Lc 6,48; Mt 7,24-25; 1 Cor 3, 10-11; 2 Tim 2,19, ecc.). Detto ciò, è chiaro che la funzione di Cristo, Pietra Angolare, quella del "primo" degli Apostoli, Pietro, come quella di ogni pietra (fedeli) formano un unico edificio e perciò ognuno di noi può essere chiamato "pietra". Né Pietro che è la prima pietra", né i fedeli che con Cristo e con Pietro formano l'edificio, vengono vanificati o annullati dalla "Pietra angolare" che è Cristo, come vorresti farci capire tu.

Non Cattolico. Ma non è soltanto Origene, c'è anche S. Giustino martire (+ 165) che così si esprime: "Uno dei discepoli, che prima si chiamava Simone, conobbe per rivelazione dal Padre che Gesù Cristo è Figlio di Dio. Per questo egli ricevette il nome di Pietro" (Giustino, Dialogus C, 4 - vedi Migne, PG, VI 709 C; cit. da: E Salvoni, op. cit., p. 65).

L'affermazione di Gesù e il mutamento del nome sono quindi chiaramente collegate alla confessione di Pietro.

Cattolico. La tua obiezione è quasi incomprensibile. Voglio dire che non è un’obiezione vera se non nella tua testa. Tutti sappiamo che in base alla confessione di Pietro, Gesù pronunziò le famose parole di Mt 16,18.... Devo però, per essere preciso, ricordarti che Gesù aveva già cambiato il nome di Simone in quello di Pietro, non appena il fratello Andrea glielo presentò.

Quindi Gesù, che come Dio già aveva stabilito precedentemente la funzione di Pietro, nel caso di Mt 16,18 e ss., dichiara ufficialmente davanti agli altri Apostoli questa sua funzione alla quale l'aveva predestinato.

Non Cattolico. Oltre ai primi due Padri, devo ricordare anche la figura di Tertulliano (+ c. 222), il quale scrive al vescovo di Roma (forse Callisto), che si era appellato al "Tu sei Pietro" per sostenere la propria autorità: "Chi sei tu che sovverti e deformi l'intenzione manifesta del Signore, che conferiva tale potere personalmente a Pietro?" (Tertulliano, De Pudicitia, 21, Vedi: Nfigne, PL, 11, 1079; cit. da E Salvoni, op. cit., p. 65).

Cattolico. Qui, mio caro, dovrò farti riflettere su alcune realtà della vita di Tertulliano, che tu sembri ignorare.

E’ interessante sapere, per poterne giudicare gli scritti, che egli - dopo essere stato un buon cattolico - cadde nell'eresia montanista (Montano, (2° sec.), sosteneva l'imminente fine del mondo). Da cattolico dimostrò grande venerazione per Roma, che egli diceva "norma della verità" (De Praescriptio, 36, 4; PL 2,178), arbitra della "comunione dove era vissuto e morto l'apostolo Pietro". Egli riconosce che Pietro è stato costituito fondamento della Chiesa, con poteri singolari e supremi, che Cristo volle trasmessi alla Sua Chiesa.

Divenuto montanista, accecato dall'errore, sostenne che questi poteri erano strettamente personali. (De Pudicitia, 21, 10; PL 2, 1078-79).

Chiarite le cose, possiamo affermare tranquillamente che soltanto un eretico può dire che i poteri concessi da Gesù a Pietro erano strettamente personali.

Ma contro una tale affermazione si leva:

a) la Parola di Gesù più volte ripetuta ("Sarò sempre con voi sino alla fine del mondo"; “Lo Spirito Santo sarà sempre con voi e vi guiderà alla verità tutta intera" ecc.);

b) tutta la storia della Chiesa;                                                                   c) infine, la stessa ragione umana.

Quindi Tertulliano con le parole suddette attesta che il vescovo di Roma si riteneva investito dei superiori poteri come successore di Pietro. Nello stesso luogo afferma che il vescovo di Cartagine, contro cui polemizza, si attribuiva il potere di legare e di sciogliere per la sua comunione con il vescovo di Roma.

Era questa la fede comune dei cristiani e dello stesso Tertulliano finché non cadde nell'eresia.

Non Cattolico. Oltre ai precedenti, Origene, Giustino e Tertulliano, ascoltiamo San Cipriano (+ 258): "Gesù parlò a Pietro, non perché gli attribuisse una preminenza, un'autorità speciale, ma solo perché, parlando ad uno solo, fosse visibile il fatto che la Chiesa dev'essere tutta unita nella fede di Cristo. Pietro è solo il 'simbolo', il 'tipo' di tutti gli apostoli e di tutti i vescovi" (E Salvoni, op. cit., p. 66, in rif. a: Cipriano, De Catholica Ecclesia unitate, c. 4-5).

Cattolico. Anche su S. Cipriano, vescovo e martire, occorrono delle chiarificazioni per meglio capire le sue parole.

Egli fu, spiritualmente, discepolo di Tertulliano. Di fronte al suo maestro fa un passo avanti: ritiene la Chiesa di Roma la legittima erede dei poteri di Pietro, anzi la "Cathedra di Pietro" (Ep. 55,14; PL 3,843-49; De unit. Eccl., c. 4; PL 4,513-16). Ma non è chiaro quale primato attribuisca a S. Pietro e rispettivamente alla Chiesa di Roma. Il testo principale è il C. 4 dei De Unitate Ecclesiae, che è trasmesso in due recensioni leggermente diverse (una esprime più nettamente dell'altra il primato di Pietro), ma ambedue autentiche.

Le più esplicite affermazioni del primato di Pietro sono attenuate dal riconoscimento di eguali poteri negli altri Apostoli. A Pietro non resta che un primato molto generico che S. Cipriano intende in funzione della unità della Cristianità. Roma poi è la "Cathedra Petri”, la Chiesa principale, donde è sorta l'unità sacerdotale (dei vescovi)". (Ep 55,14; PL 3,843-49, cfr. B. Poschmann, Ecclesia principalis, Breslavia, 1933).

Di fatto però nella controversia con papa Stefano per il Battesimo degli eretici, egli ridusse a ben poco il potere di questa funzione. Il suo atteggiamento di fronte al Vescovo di Roma è più da collega che da inferiore. Tuttavia essendosi reso indegno per eresia il Vescovo di Arles, S. Cipriano, consultato dal Vescovo di Lione, non rimandò ai vescovi della provincia, ma invitò lo stesso papa Stefano a intervenire con la sua autorità (Ep. 65; PL 3, 1023), dimostrandosi convinto che il Vescovo di Roma, e lui solo, poteva giudicare e deporre gli altri vescovi.

Qualunque sia il suo pensiero egli attesta che i vescovi deposti e gli scismatici si recavano a Roma per giustificarsi (Ep. 55 e 67; PL 3, 843, 1023).

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01/09/2009 08:38

Non Cattolico. Allora, per quanto riguarda S. Cipriano mi dai ragione?

Cattolico. Per le sue incertezze, sì. Ma come hai bene inteso, non è una sola volta che S. Cipriano ci parla della preminenza di Roma e invita i dissidenti a rivolgersi a Roma. Molto probabilmente le sue incertezze furono determinate dall'essere stato discepolo di Tertulliano. Non credo però che qualche incertezza di S. Cipriano possa metterci in crisi sulla verità evangelica del "Primato di Pietro" professato e creduto fermamente dalla quasi totalità dei Padri della Chiesa.

Non Cattolico. Ma sappi che oltre S. Cipriano ci sono ancora altri Padri, come San Ambrogio e S. Agostino, che non la pensano come Roma. Infatti S. Ambrogio, vescovo di Milano (+ 397) dice: "Pietro.. ottenne un primato, ma un primato di confessione e non d'onore, un primato di fede e non di ordine" (S. Ambrogio, De Incarnationis Dominicae Sacramento, IV, 32; vedi: Migne, PL XVI, 826 C., cit. da E Salvoni, op. cit., p. 68).

Cattolico. Nessun dubbio sulla ortodossia di S. Ambrogio. Egli fu il difensore di Papa Damaso e della Chiesa di Roma, travagliata dalle ingiuste pretese di Ursino, antipapa, eletto abusivamente dopo la morte di papa Liberio nel sett. 366. Contro di lui San Ambrogio scrisse all'imperatore Graziano perché non lasciasse turbare la Chiesa romana, dalla quale vengono tutti i diritti della veneranda comunione (Ep. 11,4; PL 16, 986).

Ciò indica che non ci potrebbe essere la comunione delle varie Chiese, l'unità cattolica, senza la Chiesa romana, che ne è il Centro. E’ di S. Ambrogio la frase: "Ubi Petrus, ibi Ecclesia". Frase che ho trovato così completata: "et ubi Ecclesia, ibi Christus... et Veritas ".

S. Cipriano aveva detto: “Roma è la Chiesa principale donde è sorta l'unità sacerdotale"; S. Ambrogio invece disse: "da essa diranano i diritti della comunione". Del resto papa Damaso, difeso da S. Ambrogio, era ben consapevole della sua autorità: dettò una formula di fede, cui dovevano aderire "tutti coloro che volevano conservare la tradizione apostolica" (Teodoreto, Hist. Eccl., V, 10; PG 82, 1219-22), sottoscritta di fatto da 146 vescovi orientali nel Concilio di Antiochia del 379 (S. Basilio, Ep 263 ad Dam.; PG 32,979).

Dalla Vita, 47, apprendiamo che S. Ambrogio si estinse il 4 aprile 397, immediatamente dopo la Comunione Eucaristica, dopo aver speso tutta la vita per l'unità interna della Chiesa.

E’ noto a tutti l'influsso importante e decisivo che la vita di S. Ambrogio ha avuto sul grande Agostino.

La forza, la concretezza, la precisione della sua dottrina e della sua grande fede spinsero S. Agostino alla completa conversione.

Che a quell'epoca qualche frase potesse essere imprecisa non fa meraviglia perché sono cose comprensibili, dal momento che la Divina Parola è inesauribile e ci scopre, lungo i secoli, nuove profondità e nuovi intendimenti. S. Ambrogio difendendo il papa Damaso dalle pretese dell'antipapa Ursino e battendosi per l'unità della Chiesa, ci dice chiaramente qual'è il suo pensiero sul primato di Pietro e, quindi, del Vescovo di Roma e la sua funzione di servizio nella Chiesa di Dio.

Non Cattolico. S. Agostino (+ 430) dice: "Tu sei Pietro e sopra questa pietra edificherò la mia Chiesa" dev'essere inteso in questo senso: [edificherò la mia Chiesa] sopra ciò che è stato confessato da Pietro quando diceva: "Tu sei il Cristo, il Figliuolo dell'Iddio vivente". Perciò da questa pietra egli fu chiamato Pietro, raffigurando la persona della Chiesa che viene edificata su questa pietra e che riceve le chiavi del regno dei cieli" (A. Agostino, Retractazionum Liber, 1, 20; vedi Corpus Script. Ecclesiastic. Lat., XXXVI (Ed. P. Knoll), Vienna 1902, pp. 97-99).

Cattolico. S. Agostino è convinto che nel mondo ci deve essere un'autorità costituita dalla Provvidenza per istruire gli uomini sulle verità più essenziali. Ora, quell'autorità provvidenziale, per Agostino, Tre considerazioni hanno soprattutto colpito il nostro Dottore: la luce contenuta nelle Scritture, i miracoli, la rapida estensione della Chiesa (Confess., VI, 5, n.8. cf Epist., 137,5, n.17).

S. Agostino ammette che sono sensi della S. Scrittura anche i sensi utili che uno trova leggendo il Sacro Libro (Confess. XII, 31, n.42). Si deve riconoscere in generale che molte sue interpretazioni non sono accettate dai moderni esegeti, ed è inoltre da notare la sua cura di evitare ogni contrasto fra il Sacro Testo e la scienza umana. Egli ammonisce gravemente di non dare interpretazioni che possano meritare lo scherno degli increduli (Confess. I, 19, n. 39). S. Agostino dice ancora che la S. Scrittura è l'unica fonte della fede; non tutto ciò che fu rivelato agli Apostoli è stato scritto (De baptismo, V, 29, n.31). La tradizione è la voce della Chiesa che si manifesta nei suoi Concili (De baptismo, II, 4, n. 5). La stessa fede nell'ispirazione e nell'infallibilità della Scrittura ci sono garantite dall'autorità della Chiesa: "Non crederei al Vangelo se l'autorità della Chiesa cattolica non mi persuadessi" (Contra epist. Manich., 5, n. 6).

La via seguita è chiaramente indicata: si crede prima alla Chiesa (per varie ragioni, ma principalmente per ragioni tratte dal Vangelo considerato anche come semplice documento storico accettato con fede umana) e poi si crede del Vangelo quello che ne insegna la Chiesa.

Dopo tutto quello che ho detto, devo anche ammettere che S. Agostino nel Libro delle ritrattazioni, per imperfetta conoscenza del greco, credette di poter distinguere "pietra" da "Pietro". Egli alla parola pietra, al femminile, attribuì il riferimento a Cristo, su cui veniva fondata la Chiesa.

L'errore di S. Agostino è evidente, perché le parole di Gesù sono chiaramente tutte rivolte a Pietro, come si può constatare leggendo il testo. Ciò però non basta. Perché S. Agostino, presentando qualche imperfezione nella sua ritrattazione, avverte il lettore di poter seguire liberamente l'opinione opposta, seguita dalla stragrande maggioranza. Il grande Dottore di Ippona è troppo convinto che Pietro ha un primato assoluto e visibile nella Chiesa, ma lo vede maggiormente nelle altre parole di Gesù ripetute per tre volte: "pasci i miei agnelli.. le mie pecorelle " (Gv 21,15-17).

Non Cattolico. Nonostante tutte le tue scuse, io continuo a contraddirti e ti faccio presente:

7. Come dobbiamo intendere le parole seguenti: "Io ti darò le chiavi del regno dei cieli; e tutto ciò che avrai legato sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che avrai sciolto in terra sarà sciolto nei cieli?"

 

Ci troviamo qui davanti a due immagini o simboli:

1) Il simbolo delle "chiavi" molto comune al tempo di Gesù, è stato da Lui più d'una volta adoperato: "Guai a voi, scribi e Farisei ipocriti, perché serrate (=chiudete a chiave) il regno dei cieli dinanzi alla gente; poiché, né vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare" (Mt 23,13). "Guai a voi, dottori della legge, poiché avete tolta la chiave della scienza! Voi stessi non siete entrati, ed avete impedito quelli che vi entravano" (Lc 11,52). La chiave con la quale gli scribi e i Farisei impedivano al popolo l'accesso al regno era evidentemente la predicazione, l'insegnamento. Perciò, quando Gesù dice a Pietro: "Io ti darò le chiavi del regno dei cieli" intende dire: "Io ti darò l'incarico di predicare l'Evangelo, che aprirà le porte dei regno dei cieli a tutti coloro che l'ascolteranno".

2) “Legare e sciogliere". I rabbini, che usavano comunemente questa immagine, vi attribuivano due significati : a) proibire o permettere; imporre o togliere un precetto religioso; b) escludere da una comunità o riammettere in essa lo scomunicato.              Gesù non ha certo adoperato l'immagine nel primo senso, essendosi sempre tenuto lontano dalla casistica e dal legalismo rabbinico. Solo il secondo senso è possibile, anche perché permette di collegare logicamente Matteo 18,18 con il versetto

precedente, in cui si parla appunto di scomunica. Questo passo deve quindi essere così interpretato: "Se rifiuta di ascoltarti, dillo alla Chiesa, e se rifiuta di ascoltare anche la Chiesa, siate come il pagano e il pubblicano. Io vi dico in verità che colui che avrete escluso dalla comunità, sarà escluso anche in cielo e colui che avrete ammesso nella comunità, sarà ammesso anche in cielo". E' quindi completamente estranea al pensiero di Gesù l'idea di una speciale potestà giuridica attribuita al solo Pietro.

Cattolico. Data l'ampiezza delle tuo obiezioni, dovrò risponderti piano piano e particolareggiatamente. 

"Le chiavi". Sembra strana, caro fratello, la tua interpretazione circa "le chiavi". Tu, dici che Gesù nel dire a Pietro "ti darò le chiavi del regno dei cieli" voleva praticamente dirgli: "Io ti darò l'incarico di predicare l'Evangelo, che aprirà le porte dei regno dei cieli a tutti coloro che l'ascolteranno".

 

Non cattolico. Perché ti sembra strana questa mia giusta spiegazione?

 

Cattolico. Per il semplice fatto che Gesù soltanto, a Pietro rivolse tali parole, mentre 

quando vuole incaricare lui e tutti gli altri Apostoli e discepoli di predicare e insegnare usa parole appropriate e dice: "mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte, le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine dei mondo" (Mt 28,18-20; cfr anche Marco 16,15-16, Lc 24,47; At 1,8 e 2,38).

La metafora delle "chiavi" rivolta a Pietro vuol dire che egli sarà il sovrintendente, maggiordomo del "Regno che è già in mezzo a voi" (= Chiesa).

Infatti in Ap 1,18 Gesù è detto "il Primo e l'Ultimo" "e il Vivente. Io ero morto, ma

ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli inferi". . Gesù ha praticamente le "chiavi degli inferi", ossia ha la potestà sul regno della Morte e della Vita. Questa potestà Gesù la trasferisce a Pietro, il quale la eserciterà in vista dell'accesso degli uomini al regno di Dio. Il simbolismo della consegna delle chiavi è bene illustrato da Isaia in 22,10-22: "Io chiamerò il mio servo Eliacim, figlio d'Elcia.... metterò la tua, (del re Ezechia) autorità nelle sue mani, ed egli sarà padre per gli abitanti di Gerusalemme e per la casa di Giuda. Metterò sulle sue spalle la chiave della casa di Davide; egli aprirà, e nessuno chiuderà; chiuderà e nessuno aprirà".

Questo testo di Isaia è interpretato in senso messianico ed è applicato a Cristo detentore della "chiave di Davide".

Confrontando i due testi da te citati, Mt 23,13 e Lc 11,52, le cose sembrano chiarirsi e ci fanno meglio comprendere il simbolismo delle "chiavi". Infatti Gesù si rammarica e si indigna per il ruolo a rovescio svolto dalle guide spirituali di Israele. La loro ipocrisia (degli Scribi e dei Farisei) è il fallimento della religione giudaica. Dovendo salvare la roccia, l'ipocrisia sa fare una buona scelta tra i precetti divini, adattandoli con una sapiente casistica ai propri interessi. Col suo rimprovero Gesù addebita agli Scribi e ai Farisei la maggiore responsabilità dell'incredulità di Israele: ora essi, che in qualità di interpreti della divina volontà contenuta nella Legge, detengono la chiave del regno di Dio, non solo non vi entrano, per la loro ipocrisia, ma ne sbarrano la via a quanti si sentono legati alla loro autorità. Gli Scribi avanzano la pretesa di essere gli unici autorevoli interpreti delle Scritture. Si illudono di potersi impadronire delle Chiavi della scienza…, in effetti, proprio mentre vantano l'esclusiva della scienza sacra e mentre contestano ogni altra autorità interpretativa, essi non possono entrare in quell'ideale santuario (cioè nel Regno di Dio) e nello stesso tempo impediscono ad altri di poterci entrare.

E' chiaro che tutta l'invettiva di Gesù contro gli Scribi e i Farisei vuole indicare ad essi ed a tutti i suoi ascoltatori che la vera scienza consiste nell'intelligenza dei tempi presenti, messianici ed escatologici, tempi visitati da Dio (cf Lc 1,78 ... ) in Cristo Gesù.

 

Non cattolico. Tutto quello che dici è errato, perché Gesù in Mt 16,19 dice pure soltanto a Pietro: "e tutto quello che legherai sulla terra sarà sciolto nei Cieli, e tutto ciò che sceglierai sulla terra sarà sciolto nei Cieli", ma poi dice la stessa cosa a tutti gli altri nel cap. 18,18: "In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in Cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto anche in Cielo".

 

Cattolico. "Sciogliere e legare". La tua obiezione ha un valore relativo: essa ci fa capire chiaramente che certi compiti nella Chiesa sono estesi anche ad altri. Mentre Pietro rimane il simbolo dell'unità nella Chiesa, mentre solo a lui è conferito da Gesù il carisma unico di "confermare gli altri nella fede" (cf Lc 22,31-32) e di "pascere tutto il gregge" (cf Gv 21,15-17), il potere di "sciogliere e legare" viene esteso alla Chiesa come tale. Con il conferimento di tale autorità Gesù vuol mettere in risalto la perfetta identità tra il giudizio proferito dalla Chiesa sulla terra e quello dato da Dio in Cielo.

         I poteri di cui Gesù investe gli Apostoli sono espressi nei termini giudaici "legare e sciogliere". Tale potestà viene esercitata, primariamente, nel campo della legge.

         I nuovi "maestri" del regno, andranno oltre la sola interpretazione della Legge, come era per i rabbini. Essi potranno anche emanare leggi che "leghino o sciolgano", secondo i bisogni della Chiesa, sicuri che il loro operato è ratificato da Dio stesso.

         In conclusione, "i nuovi maestri" (= La Chiesa, il Magistero ecclesiastico) sono incaricati di trasmettere fedelmente gli insegnamenti del Maestro divino.

I rabbini "legavano" o "scioglievano" esponendo le sacre Scritture, i nuovi "dottori" sono anch'essi autorizzati dal Maestro non solo a interpretare e trasmettere i suoi insegnamenti, ma la loro potestà si eserciterà anche nell'intimo delle coscienze per

"sciogliere" i tormentosi legami che tengono avvinto a Satana il colpevole. Potestà che il pensiero giudaico sottraeva alla giurisdizione degli uomini riservandola a Dio ("Perché costui parla così? Bestemmia! Chi può rimettere i peccati se non Dio solo?" [cf Mc 2,7)).

Dopo la risurrezione, confermando agli Apostoli tale autorità, Gesù dirà espressamente: "A chi rimetterete i peccati, saranno rimessi; a chi li riterrete saranno ritenuti" (Gv 20,23).

 

Non cattolico. Alt! Qui ti sbagli. Voglio ricordarti le parole di S. Clemente romano, il quale ha detto: "Il Signore nulla esige dagli uomini se non una confessione fatta a Lui".

 

Cattolico. Non ti rispondo per ora. Sai benissimo che nel cap. 8° del tuo libro, mi porrai molte obiezioni sulla Confessione. Ed io allora ti risponderò debitamente.

Per ora ti prego di rileggerti quanto Gesù dice in Gv 20,23. Né penso che S. Clemente romano volesse annullare le parole di Cristo.

         In conclusione: la testimonianza della Bibbia, chiamata in causa per negare la Parola di Dio con la quale Gesù ha stabilito saldamente Pietro come suo Vicario, pastore e fondamento della "Sua Chiesa", è completamente infondata.

         Le parole usate dal fratello non cattolico sono soltanto sue particolari interpretazioni, contrastanti con la Bibbia. Esse, come di solito, sono dettate dai pregiudizi e dall'avversione contro la Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica, istituita da Nostro Signore Gesù Cristo.

Qui concludo le risposte alle obiezioni del cap. V sul "papato" e col prossimo numero affronterò e, con l'aiuto di Dio, risponderò alle altre contenute nel cap. VI, sempre sul "papato".    Il Signore vi dia pace !

 

Fine confutazione del V capitolo  a cura di Fra Tommaso Maria di Gesù

 

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