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IL PAPATO - 1 -

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 08:38
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01/09/2009 08:38

Non cattolico.

 

14) Si aggiunga ancora che nel N.T. vi sono due lettere attribuite a Pietro, ed egli non vi fa il minimo accenno al suo primato sulla Chiesa. Al contrario, egli ci fa sapere chi è la pietra fondamentale della Chiesa, quando dichiara: “Gesù Cristo è la pietra che è stata da voi costruttori sprezzata, ed é divenuta la pietra angolare. E in nessun altro é la salvezza, poiché non v'è sotto il cielo alcun altro nome che sia stato dato agli uomini, per il quale noi abbiamo ad essere salvati" (Atti 4,11-12).

15) Infine se Cristo avesse bisogno di un vicario significherebbe che Egli è assente o nella impossibilità di agire direttamente nella sua Chiesa. Ma Gesù è costantemente presente, come afferma Egli stesso: "Non vi lascerò orfani; tornerò a voi. Ancora un po', e il mondo non mi vedrà più; ma voi mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete"                                                                                                                       (Gv 14,18-19).

 

Cattolico. Questi due ultimi numeri (14 e 15) sono le varie obiezioni-chiarificazioni che l'autore fa seguire all'assunto n. 4 che suona cosi: “Quali sono gli argomenti biblici in assoluto contrasto con l'idea che l'apostolo Pietro, sia mai stato nominato vicario di Cristo?"

 

Finora, come abbiamo visto, nessun argomento biblico sembra essere in assoluto

contrasto con le parole solenni usate da Cristo nella nomina di Pietro a suo vicario. Anzi, i ripetuti passi biblici Mt 16,18-20, Lc 22,31-32 e Gv 21,15-17 ci dicono con chiarezza la volontà di Gesù nei riguardi di Pietro: egli sarà la "pietra" su cui Gesù fonderà la Sua Chiesa; egli - per cui Gesù ha pregato particolarmente perché non venisse meno la sua fede - dovrà confermare i fratelli nella fede; egli dovrà pascere, al posto di Cristo, i suoi agnelli e le sue pecorelle. A lui Gesù promette di dare le "chiavi” del regno dei cieli.

Sappiamo che le "chiavi" sono simbolo dell'autorità piena. A tutto ciò si aggiunga, per maggiore chiarezza, che Gesù al primo incontro con Pietro, gli fa sapere che non si chiamerà più Simone figlio di Giovanni, ma Kefa. Potreste obiettarmi che Simone figlio di Giona neppure aveva potuto capire l'intenzione del Divin Maestro. E questo lo credo anch'io. Pietro se n'è reso conto, almeno parzialmente, dopo la risurrezione, quando Gesù, interrogandolo per tre volte, affida.al suo amore per Lui, il suo gregge. Il resto Pietro lo capirà dopo la Pentecoste.

Gesù, come ho già detto tante volte, fonda la sua unica Chiesa sulla "roccia", parola che indica sicurezza, stabilità, fortezza...

Chi può dubitare delle parole di Cristo?

La metafora di "roccia" la troviamo anche altrove: in 2 Sam 22,2: “Jahwè è la roccia d’Israele"; in Dt 32,4. "Jahwè è roccia"; in 2 Sam. 22,2. "'il Signore è la mia roccia" (cf Sal 18,3); in Sal 89,27 si legge: “Tu sei il mio Dio e roccia della mia salvezza"; in Is 26,4: "Il Signore è una roccia eterna", ecc.

 

Nel N.T. Gesù è la "pietra d'angolo!” (cf Sal 117,2) nella edificazione del "Nuovo Israele" (= la Sua Chiesa, cf Mt 21,42-44). Chi cadrà su questa pietra sarà sfracellato. Per i Giudei questa Pietra è divenuta motivo di inciampo e di rovina (cf Rm 9,33; 1 Pt 2,7-8; Is 8,14; 28,16). Ma per i discepoli di Cristo, Egli è la Roccia Spirituale, fonte di salvezza. E' chiaro che l'essere Roccia di Cristo non vanifica l'essere Roccia di Jahwè, e viceversa. Roccia è detto anche Simone il figlio di Giona. Pietre vive sono pure i credenti (1 Pt 2,4-5).

 

In conclusione, notiamo:

 

a) Jahwè è roccia perché costituisce il primo fondamento della Chiesa, di cui l'Antico Israele era tipo e figura.

 

b) Cristo è Roccia perché è la pietra d'angolo (= principale) della "Sua" Chiesa.

 

c) La Chiesa tutta è detta fondamento: “Voglio che tu sappia conte comportarti... nella Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno (= fondamento) della verità" (1 Tim 3,14-15).

 

d) Anche le "chiavi" sono una metafora. Chi le possiede è padrone della casa; nel nostro caso, si tratta di Pietro, responsabile principale della Chiesa di Cristo (cf Mt 6-7- 8). Praticamente Pietro è voluto e nominato da Cristo “Suo Vicereggente visibile sulla terra”.

 

E' bene tenere presente che Pietro è soltanto il capo visibile della Chiesa. Capo assoluto della Chiesa, anche se invisibile, è sempre e solo Cristo e con Lui lo Spirito Santo che guida la Chiesa "alla Verità tutta intera" (Gv 16,12-15) "ed è sempre con essa” (Gv 14,16). Teniamo anche presento che Dio, nell'A. come nel N.T. è chiaramente detto, non ha voluto mai guidare direttamente e personalmente il suo popolo, come invece. tu, caro fratello, ci vuoi far intendere con le tue parole riportate nelle obiezioni 14 e 15 di questo numero. Nell'A.T. troviamo a guida suprema e sicura Mosè, i Patriarchi, i Profeti, i Re: tutti agiscono in nome dell'unico e sommo Dio, il Quale, in definitiva, è la Guida Suprema, ma invisibile. Nel N. T. la stessa cosa fa Gesù nel fondare il "Nuovo Israele": Pietro, gli Apostoli, Paolo, i Vescovi, i presbiteri sono le guide del popolo di Dio. E come i patriarchi, i profeti, i re fanno capo a Mosè, cosi i presbiteri, i vescovi, gli apostoli fanno capo a Pietro. Ma anche quì, come nell'A.T., sempre Dio, in Gesù e nello Spirito Santo, è la Guida Suprema, ma invisibile. Cristo di per sé, come Jahwè di per sé, potrebbero fare a meno dei loro rappresentanti umani, ma è arbitrario e temerario giudicare l'operato di Dio, come fai tu, caro fratello non cattolico.

A questo punto mi domando: come ti permetti di azzardare delle idee così antibibliche, antistoriche, illogiche? Non ti accorgi che le tue affermazioni contrastano con l'economia divina, meglio con la stessa Parola di Dio? Gesù diceva, nella parabola del ricco Epulone (cf Lc 16,19 ss.):

“…hanno Mosè e i Profeti: li ascoltino.." E parlando del Nuovo Israele, Gesù affermava con forza: "chi ascolta voi ascolta me, e chi disprezza voi disprezza me. Chi disprezza me, disprezza Colui che mi ha mandato" (Lc 10,16). E ancora: “Come il Padre ha mandato me, così io mando voi... A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi li riterrete saranno non rimessi," (cf Gv 20,20-23). In Mt 28,18-20 è lo stesso Gesù che, sempre presente, ma dovendo rimanere assente fisicamente, dice: “Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Insegnando loro ad osservare tutte le cose che io ho comandato a voi. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo".

 

Credi, caro fratello non cattolico, che Gesù non sapeva quel che diceva? Gesù non è nell'impossibilità di agire direttamente nella Sua Chiesa. Egli è Dio e può far tutto. Ma non c'è da meravigliarsi se, nella sua divina economia e nella immensa Sua bontà Dio vuole guidarci - visibilmente e tangibilmente - per mezzo di persone umane: l'obbedienza alla fede da parte di tutti (cf Rm 1,5) è più cara a Dio ed è più meritevole per noi. La stranezza, è che, mentre da una parte si rigetta l'autorità lasciata da Cristo con tanta precisione e chiarezza, dall’altra parte, per ragioni varie (pregiudizi, avversione, fanatismo...) si vuole, da parte dei non cattolici, un'autorità non cristiana e non evangelica, frutto della superbia, della ribellione e di "tradizioni umane" che Gesù decisamente condanna, come puoi andare a controllare in Mt 15,2,3-9; 23,4; At 15.10; Col 2,20-23.

In conclusione, come ben vedi, tutte le tue obiezioni sono frutto di fantasia, elucubrazioni mentali dovute a pregiudizi ed avversioni, ma di biblico non c'è assolutamente nulla.

 

Non cattolico.

 

5. Qual è il vero significato delle parole: “Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa?”

 

Queste parole vogliono chiaramente dire che l'apostolo Pietro, avendo riconosciuto Gesù quale Figlio di Dio, è stato storicamente il primo vero cristiano. Pietro medesimo ha definito i cristiani “come tante pietre viventi, che, entrando nella struttura dell'edificio, formano una casa spirituale" (1 Pt 2,5) (Traduzione di G. Luzzi, ediz. “Fides et Amor ”, Firenze 1923-1930).

Di queste “pietre viventi" l'apostolo è stato storicamente la prima; perché per primo aveva riconosciuto Gesù quale Figlio di Dio.

E' questa la spiegazione dello stesso San Giovanni Crisostomo (+ 407), il quale scrive: "Ebbe perciò Pietro un primato? Si, ma solo quello di essere stato il primo a confessare il Cristo, per cui egli diviene il primo apostolo e l'inizio di tutta la Chiesa"  (G. Crisostomo, "Oratio Adv. Jud. VIII, 3 Vedi Migne, Patrol. graeca, XLVIII, 931, cit. da: F. Salvoni, Pietro e il Papato (studio ciclostil.), Milano, Centro di Studi Biblici Univer., 1965, p. 68).

 

Cattolico. Carissimo fratello, per rispondere a quanto dici sul pensiero di S. Giovanni Crisostomo, Patriarca di Costantinopoli, il più grande oratore sacro della Chiesa orientale, ho consultato libri ed enciclopedie, col tentativo di trovare le parole da te riportate, ma non le ho rintracciate. L'Enciclopedia UTET dà poche notizie su di lui: lo reputa non molto importante come teologo, ma "grande testimone della dottrina e della fede della Chiesa al suo tempo, soprattutto per quanto riguarda l'Eucaristia”, (Vol. VI, pp. 471-72). Invece dall'Enciclopedia Cattolica (VI Vol., p. 540), ricaviamo che alcune delle suo "Orazioni" sono di sospetta autenticità, altre sono certamente apocrife e interpolate o giunte in redazioni stenografiche. Dire che le parole dell'Orazione da te citata non siano autentiche, io non posso e non so dirlo, ma penso che non sia neppure necessario giacché S. Giovanni Crisostomo è fuori ogni sospetto per la sua ortodossia. Non sono parole da nulla quelle che egli dice, che cioè "Pietro fu il primo a confessare il Cristo, per cui egli diviene il primo Apostolo e l'inizio di tutta la Chiesa”.

Se queste parole le vediamo sotto l'ottica del "primato di Pietro", sembra di essere molto vicino al pensiero del Crisostomo, il quale parlando del “Primo Apostolo”, così si esprime: "In quei giorni, Pietro si alzò in mezzo ai fratelli e disse...." (At 1,15). Dato che era il più zelante e gli era stato affidato da Cristo il gregge, e dato che era il primo nell'assemblea,  per primo prese la parola.  “Fratelli,  occorre  scegliere  uno  tra  noi”                                                     (cf At 1,21-22).

 

“Lascia ai presenti il giudizio, stimando degni di ogni fiducia coloro che sarebbero stati scelti e infine garantendosi contro ogni odiosità che poteva sorgere. Infatti decisioni  così importanti sono spesso origine di numerosi contrasti. E non poteva essere lo stesso Pietro a scegliere? Certo che poteva, ma se ne astiene per non sembrare di fare parzialità. D'altra parte non aveva ancora ricevuto lo Spirito Santo.....” (Dalle "Omelie sugli Atti degli Apostoli" di S. Giovanni Crisostomo, vescovo, Omelia 3, 1.2.3; PG 60, 33-36,38, Vol. II, Divino Uff, p. 1636).

 

Leggiamo il passo di un'altra "omelia":

 

“Molti marosi e minacciose tempeste ci sovrastano, ma non abbiamo paura di essere sommersi, perché siamo fondati sulla roccia. Infuri pure il mare, non potrà sgretolare la roccia. S'innalzino pure le onde, non potranno affondare la NAVICELLA   (= la Chiesa) di Gesù. Cosa, dunque, dovremmo temere? La morte? “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno" (Fil 1,21). Allora l'esilio? Del Signore è la terra e quanto contiene" (Sal 23,1)... (Dalla "Omelia" di S. Giovanni Crisostomo, prima dell'esilio nn. 1-3; PO 52, 427-430, Vol IV, Uff. Divino secondo il rito romano e il calendario serafico, pag. 1306, 13 sett. di S. Giovanni Crisostomo, vescovo e  dottore della Chiesa).

 

Inoltre, il Crisostomo sapeva bene che il papa Innocenzo I nel 417 aveva scritto ai vescovi africani che nessuna causa ecclesiastica, anche nelle regioni più remote, si deve considerare finita finché non si è pronunciata la Sede Apostolica (cf Denz. U, 100).

Fu allora che S. Agostino esclamò: “Di questo affare (causa) già sono stati mandati (gli atti di) due concili alla Sede Apostolica e  sono venuti i rescritti. La causa è finita: finisca anche l'errore" (Serm. 13 1, 10; PL 38, 734; di qui il noto aforismo: "Roma Locuta est, causa finita est").

 

Il Crisostomo, sapendo queste cose, scrisse due delle sue numerose lettere (328) al papa Innocenzo I, prima di partire per l'esilio la seconda volta. In realtà fu solo il papa che agì energicamente a sua difesa, non esitando a scomunicare i vescovi di Costantinopoli ed Alessandria perché non volevano riconoscere l'innocenza nel Crisostomo. Alla fine dovettero piegarsi alle ragioni di Roma (P. Batiffol, "Le siege apostolique", cit. p. 4, 267-326).

Poco prima di S. Giovanni Crisostomo, l'alessandrino vescovo S. Atanasio (Lettera 1 a Serap. 28-30, PG, 26, 594-595-599) scriveva: “Non sarebbe cosa inutile ricercare l'antica tradizione, la dottrina e la fede della Chiesa cattolica, quella si intende che il Signore ci ha insegnato, che gli Apostoli hanno predicato, che i Padri hanno conservato. Su di essa infatti si fonda la Chiesa, dalla quale se qualcuno si sarà allontanato, per nessuna ragione potrà essere cristiano, né venir chiamato tale" .

Come vedi,  S. Giovanni Crisostomo è praticamente daccordo con S. Atanasio, tutti e due sono autentici cattolici ed appartengono alla stessa Chiesa, la quale afferma, conserva, professa ed insegna oggi ciò che gli Apostoli ed essi stessi hanno professato, predicato ed insegnato.

 

Non Cattolico.

 

6. Come è stato interpretato dagli altri Padri della Chiesa il passo di Matteo 16,18?

 

Origene (+ 253): "Se tu immagini che solo su Pietro sia stata fondata la Chiesa, che cosa potresti allora dire di Giovanni, il figlio del tuono, o di qualsiasi altro apostolo?" E prosegue affermando che chiunque fa sua la confessione di Pietro, può - come lui - essere chiamato Pietro. (Origene, comm. a Matteo 12,10-11. Vedi Migne, PG XIII, 997, c. 1000, 1001, 1004; cit. da E Salvoni, op. cit. p. 65).

Cattolico. Carissimo fratello, non possiamo dare un giudizio su Origene se prima non mostriamo di conoscere qualche cosa di più preciso sul suo pensiero.

Egli nacque in Egitto nel 185 circa, forse ad Alessandria, e morì a Tiro nel 253-54. Fu un fecondissimo scrittore di cose sacre. La sua posizione dottrinale non fu sempre chiara: secondo alcuni, anche antichi, il suo pensiero è quello di un filosofo ellenista del suo tempo, vestito solo superficialmente dell'abito cristiano; ma contro questi "alcuni" troviamo anche dei forti e numerosi oppositori.

La fede di Origene è quella che esigeva dai fedeli la Chiesa del suo tempo. Egli ha fortemente insistito sul punto che la suprema regola della fede è l'insegnamento della Chiesa, la quale non fa altro che trasmettere inalterato l'insegnamento delle Scritture e degli Apostoli. (De princip. 2; IV, 2,3; In Mt comm. ser., 39; 46; In Jo. comm. 13,16).

Il contenuto di questa fede è esplicitamente e chiaramente proposto dalla Chiesa. L’idea fondamentale è il dogma cristiano. Origene insiste specialmente nella ricerca delle realtà della vita spirituale di ogni anima, con la manifesta tendenza a passare rapidamente sul senso letterale o addirittura a supporlo o anche a deprezzarlo. L'abuso di questo atteggiamento in cui Origene è frequentemente caduto, comincia quando nei singoli particolari della lettera, per una vaga analogia di parole o di cose egli vuole ritrovare i singoli particolari della realtà. E’ così che Origene ritrova nella Scrittura tutto il suo sistema.

L'influsso di Origene sulla teologia posteriore è stato decisivo a tal punto che la teologia greca sino al sec. V-VI e quella latina fino a S. Agostino, sfruttarono la sua eredità, correggendola e sviluppandola. Non è men certo che Origene nel suo sforzo di sintesi generale, ha spesso proposto teorie che la teologia posteriore dimostrò errate (cfr. Enc. Catt., alla voce "Origene").

 

Non Cattolico. Mi sembra che con tutte queste parole, tu, caro fratello, vuoi eludere la mia domanda e la realtà di quanto dice Origene.

 

Cattolico. Caro mio, ti stai completamente sbagliando. Riportandoti la figura e il pensiero di Origene, io voglio dimostrarti proprio quello che egli dice e di cui io resto sorpreso ed ammirato.

 

Non Cattolico. Spiegati meglio e fammi capire cosa vuoi dire.

 

Cattolico. Ecco, non sapevo che Origene avesse già intuito quello che la Chiesa ci insegna oggi con tanta forza e che io spesso dico nelle istruzioni religiose al popolo.

Infatti la nostra dottrina è basata sul fondamento degli Apostoli, come si ricava da Ef 2,19-22: " .... siete concittadini dei santi .. edificati sul fondamento degli Apostoli e dei profeti e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo .... .. ; da Ap 21,14 abbiamo: "Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello (cfr.r anche Lc 6,48; Mt 7,24-25; 1 Cor 3, 10-11; 2 Tim 2,19, ecc.). Detto ciò, è chiaro che la funzione di Cristo, Pietra Angolare, quella del "primo" degli Apostoli, Pietro, come quella di ogni pietra (fedeli) formano un unico edificio e perciò ognuno di noi può essere chiamato "pietra". Né Pietro che è la prima pietra", né i fedeli che con Cristo e con Pietro formano l'edificio, vengono vanificati o annullati dalla "Pietra angolare" che è Cristo, come vorresti farci capire tu.

Non Cattolico. Ma non è soltanto Origene, c'è anche S. Giustino martire (+ 165) che così si esprime: "Uno dei discepoli, che prima si chiamava Simone, conobbe per rivelazione dal Padre che Gesù Cristo è Figlio di Dio. Per questo egli ricevette il nome di Pietro" (Giustino, Dialogus C, 4 - vedi Migne, PG, VI 709 C; cit. da: E Salvoni, op. cit., p. 65).

L'affermazione di Gesù e il mutamento del nome sono quindi chiaramente collegate alla confessione di Pietro.

Cattolico. La tua obiezione è quasi incomprensibile. Voglio dire che non è un’obiezione vera se non nella tua testa. Tutti sappiamo che in base alla confessione di Pietro, Gesù pronunziò le famose parole di Mt 16,18.... Devo però, per essere preciso, ricordarti che Gesù aveva già cambiato il nome di Simone in quello di Pietro, non appena il fratello Andrea glielo presentò.

Quindi Gesù, che come Dio già aveva stabilito precedentemente la funzione di Pietro, nel caso di Mt 16,18 e ss., dichiara ufficialmente davanti agli altri Apostoli questa sua funzione alla quale l'aveva predestinato.

Non Cattolico. Oltre ai primi due Padri, devo ricordare anche la figura di Tertulliano (+ c. 222), il quale scrive al vescovo di Roma (forse Callisto), che si era appellato al "Tu sei Pietro" per sostenere la propria autorità: "Chi sei tu che sovverti e deformi l'intenzione manifesta del Signore, che conferiva tale potere personalmente a Pietro?" (Tertulliano, De Pudicitia, 21, Vedi: Nfigne, PL, 11, 1079; cit. da E Salvoni, op. cit., p. 65).

Cattolico. Qui, mio caro, dovrò farti riflettere su alcune realtà della vita di Tertulliano, che tu sembri ignorare.

E’ interessante sapere, per poterne giudicare gli scritti, che egli - dopo essere stato un buon cattolico - cadde nell'eresia montanista (Montano, (2° sec.), sosteneva l'imminente fine del mondo). Da cattolico dimostrò grande venerazione per Roma, che egli diceva "norma della verità" (De Praescriptio, 36, 4; PL 2,178), arbitra della "comunione dove era vissuto e morto l'apostolo Pietro". Egli riconosce che Pietro è stato costituito fondamento della Chiesa, con poteri singolari e supremi, che Cristo volle trasmessi alla Sua Chiesa.

Divenuto montanista, accecato dall'errore, sostenne che questi poteri erano strettamente personali. (De Pudicitia, 21, 10; PL 2, 1078-79).

Chiarite le cose, possiamo affermare tranquillamente che soltanto un eretico può dire che i poteri concessi da Gesù a Pietro erano strettamente personali.

Ma contro una tale affermazione si leva:

a) la Parola di Gesù più volte ripetuta ("Sarò sempre con voi sino alla fine del mondo"; “Lo Spirito Santo sarà sempre con voi e vi guiderà alla verità tutta intera" ecc.);

b) tutta la storia della Chiesa;                                                                   c) infine, la stessa ragione umana.

Quindi Tertulliano con le parole suddette attesta che il vescovo di Roma si riteneva investito dei superiori poteri come successore di Pietro. Nello stesso luogo afferma che il vescovo di Cartagine, contro cui polemizza, si attribuiva il potere di legare e di sciogliere per la sua comunione con il vescovo di Roma.

Era questa la fede comune dei cristiani e dello stesso Tertulliano finché non cadde nell'eresia.

Non Cattolico. Oltre ai precedenti, Origene, Giustino e Tertulliano, ascoltiamo San Cipriano (+ 258): "Gesù parlò a Pietro, non perché gli attribuisse una preminenza, un'autorità speciale, ma solo perché, parlando ad uno solo, fosse visibile il fatto che la Chiesa dev'essere tutta unita nella fede di Cristo. Pietro è solo il 'simbolo', il 'tipo' di tutti gli apostoli e di tutti i vescovi" (E Salvoni, op. cit., p. 66, in rif. a: Cipriano, De Catholica Ecclesia unitate, c. 4-5).

Cattolico. Anche su S. Cipriano, vescovo e martire, occorrono delle chiarificazioni per meglio capire le sue parole.

Egli fu, spiritualmente, discepolo di Tertulliano. Di fronte al suo maestro fa un passo avanti: ritiene la Chiesa di Roma la legittima erede dei poteri di Pietro, anzi la "Cathedra di Pietro" (Ep. 55,14; PL 3,843-49; De unit. Eccl., c. 4; PL 4,513-16). Ma non è chiaro quale primato attribuisca a S. Pietro e rispettivamente alla Chiesa di Roma. Il testo principale è il C. 4 dei De Unitate Ecclesiae, che è trasmesso in due recensioni leggermente diverse (una esprime più nettamente dell'altra il primato di Pietro), ma ambedue autentiche.

Le più esplicite affermazioni del primato di Pietro sono attenuate dal riconoscimento di eguali poteri negli altri Apostoli. A Pietro non resta che un primato molto generico che S. Cipriano intende in funzione della unità della Cristianità. Roma poi è la "Cathedra Petri”, la Chiesa principale, donde è sorta l'unità sacerdotale (dei vescovi)". (Ep 55,14; PL 3,843-49, cfr. B. Poschmann, Ecclesia principalis, Breslavia, 1933).

Di fatto però nella controversia con papa Stefano per il Battesimo degli eretici, egli ridusse a ben poco il potere di questa funzione. Il suo atteggiamento di fronte al Vescovo di Roma è più da collega che da inferiore. Tuttavia essendosi reso indegno per eresia il Vescovo di Arles, S. Cipriano, consultato dal Vescovo di Lione, non rimandò ai vescovi della provincia, ma invitò lo stesso papa Stefano a intervenire con la sua autorità (Ep. 65; PL 3, 1023), dimostrandosi convinto che il Vescovo di Roma, e lui solo, poteva giudicare e deporre gli altri vescovi.

Qualunque sia il suo pensiero egli attesta che i vescovi deposti e gli scismatici si recavano a Roma per giustificarsi (Ep. 55 e 67; PL 3, 843, 1023).

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