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BIBBIA E CRISTIANI A CONFRONTO

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 09:15
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01/09/2009 09:14

Zuiglio (protestante) della traduzione fatta da Lutero, diceva che essa "alterava e corrompeva la parola di Dio".

Balgy, famoso teologo anglicano, diceva che i Protestanti ebbero il singolare talento di vedere tutto ciò che essi bramavano di vederci, cioè di far dire alla Bibbia ciò che ognuno voleva.

Tutti sappiamo che la Congregazione dei Testimoni di Geova, con sede centrale a Brooklyn (New York) ha superato tutti, divenendo, in questo settore, i "falsari della Bibbia". Essi costituiscono una   « setta eccentrica e strana ed è il prodotto più aberrante del protestantesimo americano.

I Vangeli divinamente ispirati sono quattro, scritti tutti nel primo secolo dell'era cristiana. Essi sono:

 

1 - Vangelo secondo Matteo, scritto intorno al 70;

2 - Vangelo secondo Marco, scritto intorno al 64-65;

3 - Vangelo secondo Luca, scritto intorno al 70;

4 - Vangelo secondo Giovanni, scritto intorno all'80-100.

Questi scritti non si possono trattare con i soli criteri di libri umani. La loro grande influenza sull'umanità è dovuta all'ispirazione divina che ha guidato i loro autori.

Ci sono anche dei Vangeli apocrifi prodotti tra il 150 ed il 600 d.C. Essi non sono ispirati e, perciò, sono stati eliminati e dimenticati.

Noi vogliamo renderci conto e convincerci che I quattro Vangeli rispondono ad una inoppugnabile realtà storica e non a semplice fede di uomini "creduloni".

Guardiamo obiettivamente in faccia alla storia.

 

Testimonianze storiche dei Vangeli

a- Scrittori cristiani dell'età apostolica:

 

1 - La "Didachè", specie di catechismo che risale al 90 d.C.

2 - S. Clemente Romano,  Papa nel 96 circa, scrisse una lettera ai Corinzi, dagli storici definita  

      "Epifania del Primato" (Epifania = manifestazione).

3 - Lettera di Barnaba (non l'apostolo), scritta verso il 98.

4 - S. Ignazio martire, scrisse varie lettere nel 107.

5 - S. Policarpo, successore di S. Giovanni Evangelista nella Chiesa di Efeso, scrisse una lettera nel

     107-108.

6 - Papia, vescovo, scrisse un'opera nel 110 circa.

7 - Erma, fratello del Papa Pio I, nella sua opera "Il Pastore", scrisse nel 150 circa.

 

b - Scrittori cristiani del 2° e 3° secolo d. C.

 

1 - Il martirio di S. Policarpo, scritto tra Il 155 e il 157.

2 - S. Giustino, martire e valente filosofo, nelle sue opere scritte tra il 150 e il 160.

3 - Tiziano, notissimo, che, divenuto eretico, verso il 172 tentò, per la prima volta, l'armonizzazione

     dei quattro Vangeli in una sola narrazione.

4 - S. Teofilo, nato in Mesopotamia e vescovo di Antiochia di Siria, nelle sue opere "ad Autilico",

      scritte verso il 180.

5 - S. Ireneo, vescovo e martire, nelle sue opere "Contro le eresie", scritte tra il 175 e il 195.

6 - Il Frammento muratoriano, del 200 circa, scoperto nel 1740.

7 - Nella prima metà del terzo secolo (250) vi è la testimonianza di Tertulliano, di Clemente d'Alessandria d'Egitto, di S. Ippolito e di Origene.

 

Continuiamo ad elencare i dati storici pertinenti alle prove della solidità del messaggio della salvezza che ci viene attraverso i dati contenuti nei Sacri Testi. Dopo aver elencato - con semplici accenni - i fatti storici del primo e secondo secolo dell'era cristiana, possiamo informarvi che dal terzo secolo in poi le testimonianze sono moltissime perchè la Bibbia era il pascolo abituale dei primi Padri della Chiesa.

 

Da quanto detto possiamo affermare: dunque, non mancano persone di prim'ordine che da varie parti della Chiesa, testimoniano con la vita e con gli scritti a favore dei Vangeli.

 

c - Citazioni.

Gli scrittori dell'era apostolica citano complessivamente, 122 volte S. Matteo, Marco e Luca; la "Didachè", 75 volte; San Clemente Romano, 18; Barnaba, 7; S. Ignazio, 13; Erma, 9.

Dunque, li conoscevano.

 

Gli scrittori del 2° e 3° secolo citano il N.T. 30.783 volte, e cioè:

 

- 1819 volte S. Ireneo;

- 2406 volte Clemente Alessandrino;

 

- 7258 volte Tertulliano;

- 1378 volte S. Ippolito Romano; - 17.922 volte Origene.

 

Tutti questi sono ingegni di prima grandezza. Non bisogna dimenticare che questi ingegni scrivevano in tempi di persistenti e feroci persecuzioni.

Le citazioni dei Padri dei primi quattro secoli sono tali e tante, che l'Abate Gainet ha potuto scrivere un'opera intitolata: "la Bibbia ... senza la Bibbia" solo adoperando le loro citazioni.

 

Citazioni degli eretici:

 

- Basilide, contemporaneo di S. Giovanni Evangelista; Valentino e Marcione, tutti e tre del primo secolo; i due pagani Celso e Porfirio.

 

Queste citazioni hanno grande valore perchè antichissime e forniteci dagli stessi avversari ai quali dobbiamo pur credere.

 

Testimonianze dei codici

I codici sono trascrizioni a mano degli autografi, ossia degli scritti messi su papiro, pergamena o carta, dagli stessi autori.

Io scrivo a mano, e spesso, dopo avere scritto, sono costretto a correggere ed a precisare qualche parola o pensiero. Quel che voi leggete ora è sì, il mio pensiero, ma non è il mio autografo, che spesso distruggo o che col tempo va perduto.. Se pensiamo che nelle epoche passate la carta non era stata ancora inventata e che si scriveva su sottili strati di papiro, soltanto più tardi sostituito dalla più consistente pergamena, comprenderemo facilmente come nessuno autografo antico, nè profano nè sacro è giunto fino a noi.

Il materiale moderno su cui si scrive è molto più resistente ed è possibile conservarlo in buone condizioni per lunghi secoli.

Ciò premesso.. è molto istruttivo un raffronto tra i codici profani e quelli sacri.

 

a - Codici profani. Quanti?

-    Di Orazio (165-68 a.C.), il più fortunato,  ne abbiamo 250;

-    di Omero (del 1000 a.C.), ne abbiamo 110;

-    di Virgilio - il massimo poeta della latinità - nato nel 70 a.C., ne abbiamo circa 100;

-    di Sofocle, grande poeta tragico greco (497-406 a.C.), ne abbiamo circa 100;

-    di Platone, grande filosofo greco (429 -348 a.C.), ne abbiamo 11;

-         di Euripide, uno dei più grandi tragici della Grecia, nato a Salamina nel 480 e morto nel 406 circa a.C., ne abbiamo appena 2;

-         di Eschilo, sommo poeta tragico, nato ad Atene nel 525 e morto in Sicilia, a Gela, nel 456 a.C., ne abbiamo 50;

-         della maggior parte degli annali del grande storico latino tacito, vissuto tra il primo e secondo secolo d.C., ne abbiamo uno solo.

I Codici antichi sono in tutto 624.

N.B.  a) Come quantità di codici andiamo da 1 a 250; come distanza di tempo tra autografo e codice, da 400 a 2000 anni. Eppure nessuno ragionevolmente dubita della loro autenticità.

 

b) Scrittura - Rappresentazione grafica della parola non anteriore al IV millennio a.C.

   Papiro - Pianta usata a fogli per scrivere sin dalla 1° dinastia faraonica d'Egitto.

   Pergamena - Pelle d'animale trattata per la scrittura dal II secolo a.C.

 

  Carta di stracci -.Usata a partire dall'VIII secolo d.C.

  Stampa - Attribuita nel 1449 a Johan G. von Gutemberg.

 

b - Codici sacri del Nuovo Testamento

 

Siamo in condizioni immensamente migliori dei codici profani.

Possediamo la bellezza di 4270 codici, dei quali 53 contengono tutto il N.T. e gli altri una parte più o meno considerevole senza contare le traduzioni e i codici o copie delle traduzioni che il De Brugne calcola a quasi 30.000.

 

Abbiamo:

 

- 210 codici maiuscoli o "unciali", in lettere maiuscole, come si usò fino al 900. Di essi i due più celebri sono del 400; 14 del 500 e gli altri dal 600 al 1000.

 

- 2400 codici minuscoli, scritti in lettere greche minuscole, come si usò dal 900 in poi (scritti tra il 900 e il 1500).

- 30.000 circa tra traduzioni e loro codici. Varie sono del 20 secolo, altre traduzioni vanno dal 300 al 600.

 

- 50 frammenti di papiri. Ve ne sono 3 importantissimi: - quello di Cester-Beatty (del 300); - quello di Egerton (del 130-150), scoperto nel 1934; - quello di Ryland (del 120-130), scoperto nel 1920 e pubblicato nel 1935.

 

Gli ultimi due provano in modo sicuro che al principio del 20 secolo già esisteva il Vangelo di  S. Giovanni come lo leggiamo noi.

Questi papiri provengono dall'Alto e Medio Egitto, mentre S. Giovanni scrisse ad Efeso nell'Asia Minore.

Quindi il suo Vangelo era già stato trascritto ed era giunto a quelle cristianità appena una ventina di anni dopo che era uscito dalle mani dell'Evangelista.

E non è detto che questa fosse la prima copia.

 

Ora. ciò che è provato da questi papiri per il Vangelo di S. Giovanni, vale anche per gli altri tre Vangeli.

 

Da tutto l'immenso materiale segnalato, balza fuori una constatazione che ha del miracoloso, e cioè la perfetta concordanza.

Infatti, tra le tante migliaia di codici, traduzioni e relative copie, distanti tra loro di tempo e di luogo, "le variazioni riguardanti il senso, si riducono appena a 200; quelle di una qualche importanza dogmatica sono solo una dozzina; nessuna e tale da compromettere uno solo dei dogmi cattolici".

Queste affermazioni sono dei migliori e più importanti studiosi, anche recenti. Non credo che, per essere certi della verità storica biblica, si ossa pretendere di più.

 

CONCLUSIONE

 

1- Non vi è libro antico documentato come i Vangeli.

 

2- Fra l'autografo dei Vangeli e le primissime copie, praticamente non ci fu distanza di tempo,  come dimostrano i papiri di Egerion (del 130-150) e dei Ryland (del 120-130), benchè i primi codici completi giunti a noi da 250 a 300 anni dal tempo in cui furono scritti i  Vangeli.

Tuttavia è facile comprendere che gli autografi non siano periti immediatamente dopo che furono scritti;  perciò la distanza tra autografi e codici attuali si riduce assai  o scompare addirittura mentre per gli autografi profani la distanza minima è di 400 anni e la massima di circa 2000 anni

3 -  Noi siamo dunque certi, anche storicamente, che i Vangeli ora posseduti sono quelli usciti dalle mani dei quattro Evangelisti. Chi non vuoi credere, agisce senza veri e seri motivi. E non c'è peggiore cieco di chi non vuol Vedere.

Ringraziamo Dio che li ha ispirati agli Evangelisti, ringraziamo i nostri primi fratelli martiri che li hanno difesi con la loro vita; e infine ringraziamo Dio che nella S. Madre Chiesa ci da il prolungamento di Cristo. Assistita da Gesù e dallo Spirito Santo, la Chiesa ha sempre custodito e gelosamente difeso la Parola di Dio. Leggiamo dunque con fede questa divina parola per poterla meglio comprenderla e , soprattutto viverla.

 

La Bibbia di fronte alle ultime scoperte archeologiche.

In merito, vi ragguaglierò soltanto per sommi capi. Gli studi e gli studiosi al riguardo spesso sono profondi e anche minuziosi. Gli sforzi sono sempre diretti a voler provare inoppugnabilmente la storicità biblica, messa anche di fronte ad una critica serrata e intelligente. Alcuni autori si soffermano particolarmente ad illustrare la incomparabile superiorità di tante istituzioni descritte nella Bibbia, che sono essenziali alla religione ebraica e cristiana.

Mai come oggi - dopo un'attenta considerazione di tanto materiale archeologico - il mondo biblico appare così incarnato nella storia e nel contempo, così trascendente.

La Palestina è 1'unica regione al mondo che da millenni continua ad attirare l'attenzione di milioni di uomini (critici, studiosi, Giudei, Cristiani, Musulmani...). Molti guardano ad essa come ad una meta ideale del loro spirito.

Dopo lo straordinario fenomeno religioso, politico e culturale delle "Crociate", ai "pellegrini" successero i "viaggiatori", più interessati della flora, della fauna, del clima, del folcklore.

Ma fu l'anno 1838 quello che rivoluzionò l'esplorazione della Palestina, con il teologo americano Edoardo Robinson insieme all'amico Eli Smith. Egli iniziò la caccia alle città bibliche che il tempo aveva cancellato dalla storia.

Furono intraprese le prime esplorazioni archeologiche nel sottosuolo.

Nel 1871, il giovane architetto francese Clermont recuperava a Gerusalemme un blocco incastrato in un muro. Era una iscrizione di Erode il grande che illuminava la pagina degli Atti (21,28-29) dove Paolo è accusato d'aver introdotto nel tempio Trofimo d'Efeso violando il decreto erodiano che era scritto sul blocco per intero.

Nel 1873 lo stesso acquistò per il Museo di Louvre la famosa stele di Mesha. Era stata frantumata dagli Arabi che speravano di trovarvi un favoloso tesoro. Clermont riuscì a ricostruirla integralmente.

Mesha è il re di Moab (cf 2 Re 3,4. ) ; la stele ci narra le sue lotte con gli Israeliti al tempo della Dinastia degli Omridi , e illustra, così , e completa la storia biblica (2 Re 3,27). Ci narra poi la sconfitta degli Israeliti "per il grande corruccio" di Jahwè.

Nel 1880 affiorò il pezzo epigrafico più considerevole che sia stato scoperto nel Regno di Giuda: l'iscrizione di Siloe che ricorda il traforo fatto eseguire dal re Ezechia (cf 2 Re 20,20) per il passaggio dell'acqua.

Però il vero anno di nascita dell'archeologia, palestinese e orientale è il 1890, quando l'inglese Flinders Petrie scavò a Tell el Hesì nella Giudea meridionale e vi applicò i principi fornitigli dalla esperienza decennale in Egitto cioè la registrazione minuziosa di tutti i reperti e l'impiego della ceramica per la datazione.

Ritornando all'inglese Flinders Patric, sappiamo che egli con la registrazione di tutti i reperti e con l'impiego della ceramica per la datazione delle epoche, scoprì che le colline in forma di cono, che tutti credevano normali, erano invece non naturali ma celavano le città antiche. Dette colline

si erano formate in modo artificiale in seguito a successive occupazioni del sito.

Queste colline sono state chiamate dagli Arabi Tell; quando appaiono rovine visibili, vengono dette Kirbert. Una collina Kirbert è di una grandezza che potrebbe stare nella piazza S. Pietro.

Geniale fu la tecnica usata dal Flinders per riesumare le abitazioni sepolte. Riuscì finanche a rendersi esattamente conto che i palazzi dei principi e le case di grandi erano situati al l'angolo ovest d nord-ovest dei vari sii palestinesi da dove si poteva usufruire della brezza rinfrescante della sera.

Si trova pure il gioiello prezioso, ma l'archeologo moderno dà più importanza e valore all'umile coccio di terracotta che reca in se sorprese e scoperte prevalentemente scientifiche.

L'archeologia orientale non è più un dilettantismo, ma metodo rigorosamente scientifico.

Si sono fatti passi da gigante.

Oggi siamo in grado di seguire l'avvicendarsi dei secoli e dei millenni in Palestina con una serrata e attendibile documentazione archeologica che va dall'alba della preistoria fino al pieno meriggio della storia.

Ci siamo resi conto della grande importanza che l'archeologia biblica - iniziando dal secolo scorso - ha avuto su tanti problemi. La parola, molto spesso, viene convalidata dai fatti storici.

In questo lasso di tempo si è potuto constatare che tra gli archeologi ci sono degli studiosi esposti ad una duplice tentazione:

1. ci sono quelli che non danno il dovuto valore ai dati archeologici, e, di conseguenza, tendono a svalutare la Bibbia;

2. una seconda categoria vede in tutto una continua conferma della Bibbia e quindi tende a valorizzarla troppo.

Per coloro che sanno resistere a questa duplice tentazione - ed oggi sono i più - l'archeologia è stata ed è un valido strumento per illuminare la Bibbia.

 

L'archeologia, infatti, ci ha confermato numerosi fatti storici. Ci ha illustrato la storia di popoli appena menzionati nella Bibbia (esempio gli Hittiti), sconosciuti al di fuori del Libro Sacro.

L'archeologia ci ha, inoltre, determinato molte località bibliche, alcune delle quali credute da qualche studioso come inventate (per es. Nazaret).

Grazie ad essa, oggi si è matematicamente certi di trovarci sullo stesso sito in cui si svolsero gli avvenimenti biblici (per es. il pozzo di Giacobbe, ove Gesù s'incontrò con la samaritana; la scala percorsa da Gesù a Gerusalemme nella fatale sera del tradimento per raggiungere il luogo dell'agonia; la sogli a della porta aperta nel muro di Erode, varcata da Gesù).

Il merito maggiore dell'archeologia è di ridarci l'animo dei popoli antichi scomparsi, facendocene comprendere l'ansia verso l'Assoluto.

E con l'animo ci da anche l'ambiente, il clima religioso, morale, giuridico in cui si mosse la Rivelazione dell'Antico e del Nuovo Testamento.

 

La convergenza di ricerche di ogni genere (storico, archeologico, filologico, letterario, teologico, ermeneutico) ha fatto si che progredisse molto l'intelligenza della "Parola di Dio", quale si è manifestata nella storia umana.

Ho già detto in precedenza che la Bibbia, pur composta di molti libri, risalenti a varie epoche, deve essere considerata come un'opera unica, divinamente ispirata. Tuttavia, essa sul piano umano è la letteratura di un popolo. Questa asserzione è fondamentale per capire la Bibbia.

L'Antico Testamento è la storia del popolo eletto, vista nella luce dell'Alleanza. E fu una storia piena di infedeltà da parte del popolo; mentre da parte di Dio essa fu e rimane la storia di una fedeltà senza precedenti.

La venuta di Gesù da inizio ad una nuova era. L'Alleanza viene sostituita dal Nuovo Patto, il vecchio Ismaele dal Nuovo Israele, che è tutta la Chiesa di Cristo.

E' col Nuovo Testamento che il piano divino di salvezza dell'umanità splende in tutta la sua pienezza e ci fa meglio conoscere la Paterna Bontà del nostro Creatore.

 

Preistoria biblica. La storia vera e propria, che chiamiamo Sacra, incomincia con Abramo (190 secolo a.C.), come risulta a partire dal dodicesimo capitolo della Genesi. I primi undici capitoli appartengono alla "preistoria biblica". Essa è stata scritta sinteticamente e con poche e marcate figure emerse dalle precedenti tradizioni. L'arco di tempo in cui si muove la "preistoria biblica" può essere calcolato ad un milione di anni circa., in cui vediamo, quasi come in un'unica storia, le vicende che tengono insieme Adamo - Abramo e Cristo. Lo scrittore sacro - sempre divinamente ispirato - ci presenta in modo immaginoso, ma frutto di una profonda riflessione teologica, la realtà della creazione, del primo peccato dell'uomo con le sue disastrose conseguenze e anche la divina promessa di un Salvatore - Novello Adamo - che avrebbe redento l'umanità.

Il progresso degli studi sulla storia, sulle leggi e sulle consuetudini di vita dell'Oriente antico, ci assicurano che i racconti popolari si fondano su memorie vere, trasmesse con intento di lealtà.

La storia d'Israele, voluta e guidata da Dio, continua nel “Nuovo Israele". (la Chiesa di Gesù), che cammina verso la Nuova Terra promessa, che è il Regno dei Cieli, e si riconosce discendenza spirituale di innestato nel Nuovo Adamo, Cristo Redentore e Salvatore.

Questo “Nuovo Israele" continua a godere le preferenze di Dio, il quale è sempre fedele alle sue promesse fattacci in Cristo, nonostante le nostre molteplici infedeltà.

Le tradizioni che sono all'origine dell'A.T. si riagganciano tutte, come a loro germe, ad Abramo, l'uomo delle promesse divine, e ai suoi immediati discendenti. Fu tuttavia Mosè, il leader nato, il legislatore che nel 130-sec. a.C. fece di una folla eterogenea di rifugiati una nazione. Fu Mosè che diede l'impulso ad un forte movimento dell'opera letteraria che doveva essere un giorno il dono incomparabile d'Israele e di Dio all'umanità.

 

Il Pentateuco. Esso porta sicuramente il segno di Mosè; ma l'opera, quale noi la conosciamo, ha preso la sua forma definitiva solo molto più tardi.

 

La letteratura profetica. E' cominciata nell'80 sec. a.C. con Amos ed Osea, e si è chiusa nel 40 sec. con Gioele e i capitoli da 9 a 14 di Zaccaria.

I libri storici. Vanno da Giosuè, le cui tradizioni originarie risalgono al 130 sec. fino al primo libro dei Maccabei, redatto, nel 11 sec. a.C. o poco prima.

Il quinto secolo a.C. Fu l'età aurea della letteratura sapienziale; ma  tale momento era cominciato con Salomone (100 sec. a.C.). Di quest'epoca furono i Proverbi, il libro di Giobbe, mentre il Libro della Sapienza avrebbe visto la luce 50 anni (o poco più) prima della venuta di Gesù.

E' molto importante rendersi conto che la maggior parte dei libri dell'A.T. sono stati opera di numerosi autori nel corso di parecchi secoli. Il sapere che essi convergono verso le stesse linee principali del messaggio della salvezza, e che in molti oracoli ed espressioni trattano lo stesso tema, tratteggiano la stessa figura (il Messia Redentore che sarebbe venuto), suscitano le stesse speranze..., ebbene, tutto ciò dà ai Sacri Testi la certezza di leggere lo scritto "non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio" (cf 1 Tes 2,13).

Allora possiamo essere certi che tutti coloro che hanno collaborato, anche solo per l'aggiunta di qualche dettaglio, hanno goduto dello stesso carisma dell'ispirazione degli scrittori principali.

L'A.T. è, dunque, la letteratura di un popolo ed è legato alla storia di questo popolo. Una gran parte degli scritti veterotestamentari si fonda sulla tradizione orale. E ciò vale, principalmente, per le prime opere, dalla Genesi a Samuele.

Le tradizioni, prima ancora di essere messe per iscritto, avevano costituito una vera letteratura, cioè una forma d'arte la cui materia è fatta di parole e di frasi, fissate nella memoria e poi su carta o pergamena. Si capisce da ciò come la data attribuita ad un libro non è sempre quella della materia che contiene.

Qualche "tradizione" sarà stata messa per iscritto anche molto presto. Si è certi che in epoche successive l'attività letteraria in Israele si è limitata in larga misura a "rieditare scritti antichi".

Gli studiosi, in genere, fanno iniziare con Salomone la letteratura biblica nel senso stretto dell'espressione, ma ciò non significa ignorare o sottovalutare il contributo dei secoli precedenti.

L'aggressione filistea fece nascere il bisogno di organizzarsi in monarchia. (I Filistei nell'11° sec. avevano sbaragliato la confederazione israelita delle 12 tribù).

Saul fu il primo re. Gli inizi fecero molto sperare, ma il suo regno fu piuttosto un insuccesso. Davide invece riuscì a fondare un regno più sicuro (quasi un piccolo impero), che si consolidò col figlio Salomone.

L'organizzazione fece nascere gli "scribi" (= Scrivani), uomini colti che redassero gli annali.... e registrarono i racconti degli affari pubblici affidati agli archivi. Tale fu la documentazione utilizzata dagli scritti storici.

Sotto il regno tranquillo di Salomone (970-931 a.C.) uno scrivano di capacità eccezionali produsse il capolavoro in prosa dell'A.T.: la Storia di Davide (2 Sam 9,20 e 1 Re 1-2).

Contemporaneamente un altro autore, un pò meno dotato dal punto di vista letterare, ma di una finezza anche superiore, si mise a rielaborare antiche tradizioni. Egli scrisse una Teologia della storia che doveva formare uno dei quattro strati principali del Pentateuco, quello denominato "Jahvista".

Le date di composizione sono tutte approssimative, e gli esegeti, entro certi limiti, sono d'accordo.

Il Pentateuco risulta dalla combinazione di almeno quattro tradizioni distinte; ma l'analisi letteraria è riuscita a districarne il groviglio.

Ci sono diverse testimonianze che Davide (1010-970 circa a.C.) fu poeta e compose dei salmi. Da qui l'attribuzione globale di questa raccolta a Davide. Allo stesso modo, tutta la letteratura sapienziale doveva un giorno essere posta sotto il nome di colui che le aveva dato maggior impulso, o almeno aveva creato un clima favorevole alla sua nascita, cioè Salomone. Dopo la morte di Salomone, l'unità politica realizzata da Davide si ruppe. Si ebbe da una parte Israele, ossia il regno del nord, dall'altra la Giudea, col regno del sud. Ne seguì anche una scissione religiosa. A difendere i diritti di Jahvè si levarono i profeti Elia ed Eliseo. Sotto il regno di Geroboamo II  (783-743) fiorirono i primi profeti scrittori: Amos ed  Osea. Amos era giudeo. Verso la stessa epoca, un altro strato del Pentateuco, la tradizione elohista, prende la sua forma definitiva. Subito dopo Amos ed Osea inaugurarono la loro missione in Giuda i profeti Isaia e Michea. Nel frattempo la minaccia assira aveva cominciato a pesare sulla Palestina. I giorni del regno del nord erano contati. Samaria, la capitale, cadde nelle mani di Sargon II nel 721 a.C. la popolazione fu deportata e così Israele scompare dalla scena come entità politica distinta. Poco prima della tragedia finale, alcuni abitanti si erano rifugiati in Giudea portando con sè le loro tradizioni sacre. Fu così che il regno di Ezechia (716-687) vide amalgamarsi in una raccolta unica i due strati più antichi, del Pentateuco, ossia quello Jahvista e quello Elohista.

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