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BIBBIA E CRISTIANI A CONFRONTO

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 09:15
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01/09/2009 09:15

3. OPINIONI ERRONEE CONCERNENTI LA "ISPIRAZIONE"

 

L'esistenza dell'ispirazione è un dogma di fede. Non è però cosa semplice definirne la natura. Questa difficoltà è stata causa di molte teorie erronee, come per esempio, la teoria dell'approvazione susseguente. Secondo questa teoria, un determinato libro sacro, opera di uomo, verrebbe approvato in seguito da Dio direttamente, oppure per mezzo della Chiesa.

Altra teoria è quella dell'assistenza esterna", la quale si ridurrebbe a mettere, da parte di Dio, lo scrittore al sicuro da ogni errore. Il Concilio Vaticano II le ha rigettate entrambe.

Poi ci sono teorie proposte da autori non cattolici, ma sostanzialmente differiscono leggermente dalle due precedenti. Infine, numerosi autori contemporanei vorrebbero ridurre l'ispirazione biblica a quella della poesia. In contrario, troviamo altre teorie che tendono a minimizzare il ruolo dell'autore sacro attribuendo quasi. tutto all'ispirazione.

Il Concilio Vaticano I (1870), sempre fermo sull'ispirazione divina, suppone e afferma chiaramente anche il fatto della iniziativa umana. Gli antichi Padri, pur ammettendo che l'autore umano abbia conservato l'uso delle proprie facoltà, non sottolinearono sufficientemente il lato

umano dell'autore sacro.

L'errore più largamente diffuso è stato quello che ha confuso la rivelazione con la ispirazione.

4. ISPIRAZIONE E RIVELAZIONE

 

"Il profeta è colui che riceve da Dio una rivelazione" (S. Tommaso). Il grande dottore è stato falsato dal suoi commentatori, per cui fino all'epoca moderna l'ispirazione della Bibbia è stata assimilata a quella del profeta. L'esegesi patristica e medievale ha ignorato l'autore umano. Per cui la Bibbia è la Parola di Dio e nulla più.

Sono stati necessari i lavori della esegesi moderna per mostrare che noi non abbiamo il diritto di ignorare il ruolo dell'autore umano.

E' attraverso le sue idee e le sue espressioni che noi comprendiamo il messaggio divino che esse contengono.

Per i Greci, gli oracoli divini erano fatti di verità superiori comunicate agli uomini tramite poeti e profetesse ispirati. La tradizione patristica e S. Tommaso, influenzati da tale cultura, hanno considerato spesso la Bibbia come una raccolta di verità proposte agli uomini.

Oggi, conosciuta meglio la mentalità semitica, si è capito che essa è in contrasto con quella del mondo greco.

Per tutta la Bibbia, l'accento è messo principalmente sull'azione e sull'amore che sulla conoscenza e la contemplazione.

L'ispirazione nella Bibbia  occupa un campo più vasto che non il carisma particolare accordato agli scrittori di essa. Nell'A.T., lo "Spirito di Jahvè" è una forza misteriosa che entra con grande potenza nella storia del popolo eletto e compie le opere di Jahvè e trasforma uomini e cose... dirige i destini di Israele ... forma la storia della salvezza. Egli "agita" (Gdc 13,25),"discende" sul profeta (Ez 11,5), "trascina" (1 Re 18,12; 2 Re 2,16), "piomba addosso con potenza" (Gdc 14,6; 13,25; 14,6-19; 15,14), "fa compiere" delle prodezze nel corso della battaglia (Gdc 6,34; 11,19;       1 Sam 11,6-11).

Lo Spirito sa anche  provocare l'entusiasmo profetico e l'estasi, dare potere e compiere dei miracoli, il dono di profezia, interpretare i sogni". Viene e riposa su Mosè, su Giosuè, su Saul, su Davide, su Elia, su Eliseo. Il profeta viene chiamato 'l'uomo dello Spirito"; e Michea  (3,8) dichiara: "Io mi sento pieno di forza,  di Spirito di Jahvè". Ezechiele (2,2; 3,24; 11,5) dichiara che lo Spirito di Jahvè è l'anima dell'ispirazione profetica. I profeti preesilici dicevano di essere presi come dalla "mano di Dio", dopo l'esilio sono sempre più chiari nel parlare dello Spirito di Jahvè che è la sorgente della vita morale e religiosa. "Porrò in voi il mio Spirito"; Sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio" (Ez. 36,27-28).

 

Nel N.T. osserviamo che l'idea di S. Luca dello Spirito è vicina a quella che si trova nell'A.T, (Lc 1,2; 1,15-18.41. 67; 2,27.36).

In questi casi è lo Spirito di profezia che viene dato. S. Luca rappresenta lo Spirito come una potenza soprannaturale e divina (Lc 1,35; 4,18; cf. Is 61,1- 2; 4; 18). Alla fine il Signore assicurerà che Egli invierà "la promessa del Padre", la "Forza dall'Alto" (Lc 24,49; At 1,8; ecc.).

A partire dalla Pentecoste, lo Spirito è la guida e la potenza motrice della missione cristiana (At 1,8; 2,4), e la potenza di Gioele (3,1-5) si compie (At 2, 17-21).

I carismi, il dono delle lingue, la profezia sono l'espressione evidente e sorprendente dello Spirito; ma il suo ruolo come guida e principio di forza dei predicatori cristiani è di maggiore importanza. S. Paolo ci dice che lo Spirito è fondamentalmente il dinamismo divino (2 Cor 13,13). S. Giovanni lo chiama Avvocato (14,16), e quà e là nel discorso dopo la cena è chiaro che lo Spirito è una persona inviata dal Padre e dal Figlio (Gv 16,7 ss.).

Come abbiamo visto, l'azione dello Spirito Santo è varia: vi è un'ispirazione ad agire, a parlare e, infine, "l'ispirazione scritturistica", perchè la Bibbia è la realizzazione voluta da Dio. Ma sarebbe falso restringere la ispirazione a quest'ultima tappa. Bisogna farla risalire, come lo fa la S. Scrittura, alle tappe anteriori e non meno, importanti in cui la parola era vissuta dai pastori e dalle guide del popolo di Dio.

Insomma, prima di essere scritto, il messaggio è stato vissuto e parlato, e tutta questa ricchezza viene sempre dal medesimo Spirito.

 

 

LA RIVELAZIONE NELLA BIBBIA

 

Per gli Israeliti la parola ebraica dabar (=parola) era una entità dinamica, carica di potenza:

- significava anche "cosa" o "azione", ed è anche l'espressione di un'idea. Essa, quindi, oltrepassa il significato del termine greco "logos", eccetto dove logos traduce "dabar" (come avviene nel N.T., per es. In Lc 2,15: "... i pastori dicevano fra loro:  "andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere". Tuttavia il termine impiegato per tradurre dabar non è logos ma "rema. 

Se dunque la parola ha un potere ed una efficacia, è subito chiaro che quella di Jahwè è ancora più attiva.

Nell'A.T.  Dio rivela se stesso. "La legge (o istruzione) non viene meno per mancanza di saggi, nè l'oracolo per mancanza di profeti" (Ger 18,18). E ancora: "Jahwè mette la sua parola sulla bocca del profeti (Ger 1,9), e questi non può resistere all'appello divino (cf Amos 7,5 e Ger 20,9).

Il compito del profeta è proclamare la Parola di Dio davanti al popolo. La Parola divina è creatrice. L'"Esodo" ha segnato di fatto, l'inizio del popolo di Dio. E' allora che Dio lo ha generato (Dt 32,5-10) e si è dato a suo riguardo la funzione di un Padre pieno di amore e sollecitudine (cf Dt 11,1; Ger 31,9; Is 63,16; 64,7).

Gradualmente gli Israeliti presero coscienza della sovranità di Dio sulle altre nazioni e su tutti gli uomini e cominciarono a vedere se stessi come creature poste di fronte al Creatore.

Scoprirono che Jahwè, il Dio d'Israele, agiva con potenza nel mondo della natura e in quello degli uomini.

La Parola di Jahwè è rivelazione (cf Es 20,1-7; Dt 5,6-22; cf anche Es 34,28; Dt 4,13 e 10,4).

Dio in precedenza aveva parlato ai patriarchi e si era fatto conoscere in maniera speciale a Mosè

(cf Es 3,3-15. 6,4), ma anche al popolo: "Sono io Jahwè che ti ho fatto uscire dalla terra di Egitto (Es 20,2).

La Parola di Dio scopre al popolo il senso della sua storia (Gs 24,2-13) e lo illumina sulle prossime tappe del piano divino (cf Gen 15,13-16; Es 3,7-10; Gs 1,1-5 ... ). La parola di Dio ottiene mirabilmente i risultati che Dio ha in vista (Is 40,8; 44,7-8.26.28).

 

Nel Nuovo Testamento l'espressione "parola di Dio" frequentemente significa "messaggio della salvezza", "Vangelo".

E' sulla persona di Gesù che gli Evangelisti, specie Giovanni, concentrano tutta la loro attenzione. Egli "è la Parola del Padre". Quindi, il termine "parola" ci vuol far comprendere - nel suo contesto biblico - la nozione correlativa di "rivelazione".

Il termine "rivelazione" abbraccia sia i fatti che le parole, perchè Dio non è un'essenza astratta, ma un Essere personale, vivo.

Oltre i profeti, anche gli storici, i sapienti, gli scrittori sacerdotali, preoccupati della "torah" e del loro culto, sono stati i portatori della rivelazione. Gli Evangelisti e Paolo, e gli altri scrittori,

neo-testamentari, sono stati, non meno del veggente di Patmos (S. Giovanni Evang.) i veicoli della rivelazione nella "pienezza del tempo" (Gal 4,4).La Bibbia non è un manuale di teologia. In Essa Dio ha voluto solamente insegnare all'uomo a leggere, con occhio soprannaturalmente illuminato, i libri divini della natura e della storia. Si è voluto manifestare come Colui che crea, che guida, che salva. E' lecito credere che i rapporti tra rivelazione e ispirazione possono venire rischiarati dall'esame di quelli che intercorrono tra Parola e Spirito.

La rivelazione è manifestazione del Verbo, l'ispirazione è un movimento dello Spirito: due forze distinte, ma inseparabili o, se si vuole, due aspetti correlativi della potenza divina.

Ispirazione e rivelazione sono due carismi distinti, ma operano simultaneamente. Non sono identiche, ma non entrano in conflitto. La rivelazione è comunicazione, manifestazione di verità concrete. La ispirazione non è solamente un carisma di ordine intellettuale, ma un impulso più ampio che agisce sull'uomo.

.Per quanto riguarda l'ispirazione, dobbiamo dire che lo scrittore sacro molto spesso non è cosciente d'essere mosso da Dio, per cui egli si mette all'opera con la massima naturalezza. Nella rivelazione, invece, la luce divina dà allo scrittore la facoltà di giudicare su un piano più elevato e garantisce il valore della verità.

L'ispirazione dirige tutta l'attività pratica nella trasmissione della verità. Non dimentichiamo che tanto la causa strumentale (l'autore umano che agisce con tutta la sua potenzialità propria e innata) quanto la causa principale (Dio, lo Spirito Santo che muove, spinge l'autore sacro) formano un solo principio di azione. Bisogna pure dire che lo strumento (l'autore umano) modifica, in qual che modo, l'azione della causa principale (Dio) perchè questa si adatta alla natura e alla qualità dello strumento.

E così, insieme, non isolatamente, queste due cause producono gli effetti meravigliosi da Dio voluti e realizzati per mezzo dell'uomo. Però l'effetto prodotto dalle due cause è dello stesso piano della causa principale, per cui la S. Scrittura è soprannaturale e differisce da qualunque altro libro.

Tuttavia il libro intero viene attribuito all'autore sacro, il cui stile è facilmente discernibile nella Bibbia. Infatti, nell'ispirazione, Dio rispetta pienamente l'intelligenza e la libertà dell'uomo. Le forze dell'autore sacro non diminuiscono, ma piuttosto sono accresciute dall'azione divina. Come tutto questo possa avvenire resta misterioso ... che è poi un aspetto di un mistero più vasto. Tutta l'ispirazione biblica, di conseguenza si estende ad ogni libro sacro e finanche alle singole parole. Quindi, pur dovendo credere che tutte le parti della S. Scrittura sono ispirate, bisogna però precisare che non tutte lo sono esattamente allo stesso modo. Alcuni punti hanno poca luce e poco peso, e così noi dobbiamo prenderli se non vogliamo falsare le vere intenzioni dell'interprete umano e, mediante lui, di Dio.

E' già stato detto, ed ora lo ripeto, che la Bibbia è la letteratura di un popolo ed è un'opera collettiva. Quindi, bisogna ammettere che tutti quelli che hanno contribuito alla costruzione di essa hanno anche beneficiato della ispirazione, anche se in modo diverso, ognuno partecipando nella misura del carisma avuto.

La Bibbia è l'ultima tappa voluta e considerata da Dio, di tutti gli avvenimenti della storia della salvezza e di tutto l'insegnamento orale che ha conservato sotto forma scritta. L'ispirazione si estende fino alle tappe più antiche della parola vissuta e parlata.

In conclusione, essendo la S. Scrittura ispirata, ne segue che essa è inerrante, cioè esente da errore. Però una insistenza eccessiva su questo punto potrebbe creare delle difficoltà: meglio e più vantaggioso è parlare della verità della S. Scrittura, il cui messaggio è essenzialmente religioso.

 

 

INTENZIONE DELL'AUTORE SACRO

L'ispirazione scritturistica non implica che la verità sia insegnata positivamente in tutto le frasi, in tutte le parti. Essa esclude solamente, e nella maniera pio assoluta, l'insegnamento deliberato dell'errore.

Gli scrittori biblici sono dei pensatori religiosi: molto spesso anche poeti; mai però si presentano come scienziati. Potrà capitare allo scrittore sacro di prospettare una semplice opinione; talvolta esprimerà una esitazione, formulerà un dubbio. Dobbiamo tener conto di queste qualifiche perchè Dio stesso le ha accettate decidendo di parlare tramite quello scrittore. L'esempio delle parabole è certamente presentato non come un fatto cui bisogna credere, e nessuno ha mai creduto che il fatto sia vero. Però sappiamo pure come, molto spesso, la "finzione" è veicolo della verità.

 

 

INERRANZA E STORIA

 

Non vi è possibilità di contraddizione tra la Bibbia, interpretata correttamente, e le certezze acquisite dalle scienze profane. La storia tocca, invece, più da vicino il messaggio biblico, che è essenzialmente storico.

Gli storici, specie quelli dell'A.T., non si preoccuparono di una cronologia precisa: hanno regolarmente omesso i fatti che non si accordavano con il loro punto di vista o con il loro piano. Ci hanno dato una storia le cui lacune saltano agli occhi e che, talvolta, è inesatta. Ma noi faremmo un grave errore a giudicare uno scrittore sacro antico con i criteri attuali. La nostra critica potrebbe ritorcersi contro di noi ... perchè la storia concepita ai nostri giorni non avrebbe avuto alcun senso per gli storici dell'A.T.

Essi in ogni avvenimento avevano il pensiero di Dio... e vi scorgevano la Sua mano.

Diremo forse che la nostra tecnica più precisa compensa la perdita di questa visione corroborante delle cose? Se ci rivolgiamo al N.T., non è più, soltanto la Divina Provvidenza che ci si offre,

ma Dio incarnato che non solamente agisce sulla storia, ma è divenuto un fatto della storia.

Lo storico religioso, anche quello moderno, guarda il fatto nel la sua realtà oggettiva e si preoccupa di inserirsi nella trama spirituale che solo gli importa. Si andrebbe contro la intenzione di Dio facendo del libro sacro un libro di storia scientifica.

La storia religiosa resta tuttavia storia: e non cessa di esserlo per il solo fatto che non è scientifica.

La scrittura è un prodotto del suo tempo, e la vera erudizione saprà riconoscere pienamente questo fatto al momento di affrontarne lo studio. 

 

I GENERI LETTERARI

 

La Bibbia è un'opera letteraria, e come tale deve essere compresa. Le opere degli scrittori sacri si sono dovute piegare alle convenzioni letterarie della loro epoca.

Un unico e medesimo fatto può essere riferito sotto forme svariate: narrazione in prosa, poema epico, dramma, trattato filosofico; e ogni forma avrà la sua "verità" particolare.

L'esistenza di forme letterarie in tutte le forme di cultura è una di quelle cose che noi consideriamo come naturale. Prima di definire il genere di questo o quel libro, spesso ci occorre far conoscenza delle convenzioni letterarie dell'epoca in cui è stato scritto. Non si può valutare l'opera degli storici biblici con i criteri della storia moderna, che è oggi concepita come scienza.

Molti libri da noi creduti storici non lo sono.

 

E' qui opportuno ricordare che la nostra divisione dell'A.T. in libri storici, profetici, didattici riflette la nostra mentalità occidentale, e che la suddivisione giudaica in tre gruppi - Torah, Profeti e Scritti - è più soddisfacente perchè più "biblica".

Può risultare dalla nostra ricerca che un libro che a prima vista si presentava come storico, in realtà non lo sia per nulla., e non abbia mai preteso di esserlo. (Esempio il libro di Giona, che non è il solo).

 

Riconoscere oggi che nella S. Scrittura si possono trovare la "finzione" o un racconto di "fantasia" costruito sulla base dei fatti storici, costituisce una acquisizione di grande importanza.

E' chiaro per noi, ora, che gli scrittori sacri abbiano potuto usare qualsiasi genere letterario in uso tra i loro contemporanei, "dal. momento che tali generi non erano in alcun modo incompatibili con la santità e la verità di Dio" (Enchiridion biblico, n. 559).

Quando si studia la parola di Dio, è bene avere sempre presente la nuda realtà della incarnazione e lo scandalo della croce.

 

 

 

 

 

 

 

NOTE CONCLUSIVE

 

Dal punto di vista cattolico, la ispirazione divina della Scrittura è, intesa in senso stretto, "un mistero soprannaturale", per cui rimarrà sempre al di sopra della niente umana e piuttosto oscura ed opaca per la nostra intelligenza. La nostra comprensione della Bibbia comporterà sempre delle difficoltà.

Questo è un antico problema, al quale anche oggi si può rispondere con S. Ireneo: "Se non possiamo trovare una soluzione a  tutte le difficoltà , sarebbe nondimeno la più grande empietà il voler cercare un Dio diverso da quello che è. Dovremmo affidare tali cose a Dio che ci ha fatti, riconoscendo che le S. Scritture sono perfette poichè sono state pronunciate dalla Parola di Dio e dal Suo Spirito" (Adv. haereses, 2,28.2 - vedi Commentario Biblico pagg. 1479 e 1498). Nel periodo di oltre 250 anni, con la negazione dell'ordine soprannaturale da parte del "razionalismo" e del "deismo" ci siamo trovati di fronte ad un umanesimo scristianizzato che ha voluto considerare la lettura della Bibbia come una esperienza estetica. L'evoluzionismo ha considerato tutte le religioni come sviluppi deterministici di forme primitive, non concedendo spazio ad un intervento libero di Dio sulla terra.

Eppure, nonostante tutto ciò, gli studiosi biblici di questa seconda metà del 20° secolo possono aspettarsi con buone speranze feconde ricerche nei prossimi anni (cf.  Commentario Biblico Ediz. Queriniana pag.1615).

 

E' confortante constatare che, col passare del tempo, la linea di demarcazione tra critici cattolici e non cattolici va diventando sempre meno netta. I problemi biblici, in quest'ultimo periodo, hanno fatto grandi progressi, sebbene essi richiedano ancora un'accurata continuazione delle ricerche.

 L'esegeta cattolico nella sua opera deve:

a)     cercare di comprendere gli scrittori ispirati come li compresero i loro contemporanei;

b)      usare la sua conoscenza storica della Bibbia per portare alla luce le idee religiose che costituiscono il nucleo vivo degli scritti.

 

In tal modo con l'impegno di fede, aiutato dalle tecniche della ricerca moderna, il critico cattolico può fare ancora più grandi progressi nella spiegazione dei testi sacri, poichè, come osserva Pio XII nella "Divino Afflante Spiritu": "Questa vera libertà dei figli di Dio, che aderisce fedelmente all'insegnamento della Chiesa ed accetta con gratitudine i contributi della scienza profana, questa libertà, sorretta e sostenuta dalla fiducia di tutti, è la condizione e la sorgente di ogni, solido progresso nella dottrina cattolica

                                                                                Il  Signore vi dia pace

                                                                           frà Tommaso Maria di Gesù

(Fine dell'argomento)

 

 

 

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