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LE CENTO RISPOSTE

Ultimo Aggiornamento: 01/09/2009 12:26
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01/09/2009 12:18

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Capitolo II

S. PIETRO

Cristo è detto nella S.Scrittura "Pietra angolare", sulla quale è stabilito il regno dei cieli sulla terra (cfr. Is 28,16).

Questa profezia la richiama anche S.Pietro e ne indica in Cristo il compimento: "..Accostatevi a lui (Cristo) pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e onorata da Dio. Voi pure come pietre vive siete edificati sopra di lui" (1 Pt 2,4-6).

Da questi passi biblici partono i Protestanti a spada tratta per negare a Pietro la prerogativa di capo della Chiesa e di fondamento sul quale Cristo, l'ha edificata e chiedono indignati:

6. "Che S.Pietro fosse il primo Papa?

8. Che egli fosse il Principe degli Apostoli e il capo visibile della Chiesa di Cristo? 9. Che egli avesse ricevuto dal Signore la suprema pontificia potestà, cioè il primato di Pietro

A dire il vero, nella Chiesa cattolica mai nessuno si è sognato di spogliare Cristo della sua essenziale ed irrinunciabile prerogativa di capo e di fondamento della Chiesa, ma non vediamo - a semplice lume di ragione - perchè Egli, dovendo dopo la risurrezione fare ritorno al Padre e lasciare quindi il mondo, non potesse preporre Pietro nel governo della Chiesa - da lui istituita come società di uomini e quindi visibile - quale suo Vicario per fare le sue veci nell'ufficio di fondamento visibile. Con siffatto incarico a Pietro, Cristo non rinunzia ad essere fondamento e capo della Chiesa, ma semplicemente si procura un rappresentante perchè faccia nel mondo e nel corso dei secoli in modo visibile le sue veci.

Nel Vangelo appare chiaro che Cristo durante il periodo della sua vita pubblica si preoccupò principalmente di formare il gruppo dei Dodici, cui affidare dopo la sua partenza la prosecuzione della sua missione garantendo la sua assistenza, poiché proprio questo è il significato delle sue parole: " ... io sono con voi tutti i giorni sino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

In questo gruppo emerge Pietro, sia nella vita di Cristo, sia dopo la Pentecoste quale capo del Collegio apostolico. Al di là della terminologia "primo Papa", "suprema

pontificia potestà" o "primato di giurisdizione" nel Nuovo Testamento c'è la sostanza di ciò che con essa si cerca di esprimere con precisione concettuale, e quindi appare ridicola la contestazione protestante per il fatto di non trovarsi tali termini nel testo sacro. Pietro non diventa capo della Chiesa per volontà propria né per decisione del Collegio apostolico, ma per libera scelta ed espressa volontà dello stesso divin Fondatore. Nel Vangelo si colgono segni evidenti di predilezione di Gesù verso Pietro.

Già al primo incontro gli cambia il nome: "Tu sei Simone, figlio di Giona; tu ti chiamerai Cefa, che significa Pietra" (Gv 1,42), ciò che è indizio, secondo lo stile biblico, di un disegno divino. Oltre a ciò, Gesù ha sempre qualche preferenza per Pietro: lo fa camminare sulle acque (Mt 14,29); per Pietro e per sè paga il tributo cavato dalla bocca di un pesce (Mt 17,27); per Pietro prega in modo particolare (Lc 22,32); a Pietro per primo lava i piedi (Gv 13,6); a lui appare dopo la sua risurrezione, prima che agli altri Apostoli (Lc 24,35).

Di questa preminenza di Pietro gli Apostoli appaiono pienamente al corrente: Pietro e Giovanni si recano al sepolcro la mattina della risurrezione; Giovanni arriva prima ma non osa entrare se non dopo Pietro (Gv 20,8). Pietro esprime il desiderio di ritornare alla pesca e gli altri Apostoli senz'altro lo seguono. Ogni qualvolta si fa nei Vangeli l'elenco degli Apostoli Pietro vi occupa sempre il primo posto pur non essendo lui il primo chiamato (Mt 10,2; Mc 3,16; Lc 6,14). Nel gruppo dei tre Apostoli prediletti, che Gesù chiama al suo fianco in momenti solenni, come la trasfigurazione e l'agonia del Getsemani, Pietro è sempre il primo, Giacomo e Giovanni lo seguono. Anche quando tutto il Collegio apostolico viene indicato in modo generico, l'evangelista usa la formula significativa: "Pietro e quelli che erano con lui" (Mc 1,36).

Ma al di sopra di così chiari indizi di preminenza, abbiamo nei Vangeli due fatti di indiscutibile importanza e che fugano ogni incertezza: la promessa del primato e il suo conferimento.

Leggiamo in Matteo che un giorno Gesù, nei pressi di Cesarea di Filippo, sollecitati gli Apostoli a manifestargli ciò che la gente diceva di Lui, soggiunse poi: "E voi chi dite che io sia? ". Risponde per tutti Pietro: "Tu sei il Cristo, Figlio del Dio vivente". E Gesù di rimando: "Ed io dico a te che tu sei Pietro, e su questa pietra (cefa, roccia) edificherò la mia Chiesa e le porte degl'inferi non prevarranno contro di essa. E a te darò le chiavi del regno dei cieli; e qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legato anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolto anche nei cieli" (Mt. 16,15-19).

A questa sua promessa, chiara ed inequivocabile, Gesù dà compimento in riva al lago di Tiberiade, dopo la sua risurrezione. I testi evangelici del conferimento del primato a Pietro sono due: quello di Luca 22,31-32, dove si dice che Cristo, dopo aver pregato per Pietro affinchè la sua fede non venga meno, gli affida il compito, di consoli- dare la fede degli altri, in forza delle quali parole le sorti della Chiesa restano legate per sempre a Pietro; e in Giovanni 21,15-18. Quivi - dopo avergli chiesto per tre volte: "Pietro, mi ami tu più di questi? ", Gesù gli ripete: "Pasci i miei agnelli... Pasci le mie pecore".

Sono queste le parole divine e solenni con cui viene conferito a Pietro il primato, non solo di onore e di precedenza, ma anche di giurisdizione. Gli vien dato il pieno mandato di pascere, cioè di governare, dirigere e tutelare tutto il gregge (fedeli e vescovi), che crescerà nel corso dei secoli. Cristo, che si era proclamato il Buon Pastore dell'unico ovile, a cui son chiamate tutte le pecore (cfr. Gv 10), proclama ora Pastore del suo gregge Pietro, il quale viene in tal modo costituito fondamento visibile della Chiesa, giudice inappellabile che lega e scioglie, guida suprema e garante dell'unità del mistico ovile, rappresentante e Vicario in terra del Figlio di Dio e come tale depositario di una autorità unica al mondo.

Forse nessun testo del Vangelo è stato assalito e martoriato, specialmente da Lutero ai nostri giorni, come questo del conferimento del primato a Pietro, e quindi del Romano Pontefice, successore di Pietro, e della conseguente struttura gerarchica della Chiesa. Il Protestantesimo ha cercato in tutti i modi di scalzare le basi stesse del primato mettendo in dubbio e negando che Pietro sia venuto e morto a Roma:

7. Che egli esercitasse l'ufficio di Papa in Roma per 25 anni? " (domanda 7 a pag. 6 dell'opuscolo più volte citato troviamo scritto: "Non fu mai (Pietro) capo della Chiesa; né mai pretese tale carica, né fu mai riconosciuto per capo dagli altri Apostoli. Infatti, la Bibbia non dice che egli sia stato in Roma").

E per meglio riuscire in questo suo tentativo di demolizione del sacro testo concernente il primato, il Protestantesimo ha cercato sempre di contrapporre a Pietro - nell'autorità e nell'insegnamento - l'Apostolo delle genti, ignorando volutamente che fu lo stesso S.Paolo a riconoscere in Pietro - che egli chiama esclusivamente Cefa, come lo ha chiamato il Signore - il capo della Chiesa. Quando infatti egli tornò dall'Arabia - dove si era ritirato prima di darsi alla predicazione del Vangelo - suo primo pensiero fu di recarsi a Gerusalemme per incontrarsi non con altri Apostoli ma unicamente con Pietro. "Tre anni dopo scrive egli ai Galati - salii a Gerusalemme per fare la conoscenza di Cefa, e stetti presso di lui quindici giorni".

Del resto, dal libro degli Atti balza evidente il fatto che Pietro cominciò fin dal principio - senza incontrare la minima opposizione da parte degli altri Apostoli - a svolgere le sue funzioni di capo della Chiesa. E' infatti Pietro che nel cenacolo, in mezzo ai fratelli (circa centoventi), assume la direzione e propone l'elezione di un nuovo Apostolo in luogo di Giuda (cfr. At 1,15-22); è Pietro che nel giorno di Pentecoste parla al popolo per primo e a nome del Collegio apostolico (cfr. At 2,14-36); è Pietro che opera il primo miracolo in conferma della fede (cfr. At 3,1-11); è Pietro a capo degli Apostoli che difende in faccia al Sinedrio la gloria del Maestro (cfr. At 4,5-12); ed è ancora Pietro e sempre lui che in Gerusalemme presiede al primo Concilio della Chiesa (cfr. At 15,7).

Un siffatto primato - come è ovvio - non doveva fermarsi a Pietro e cessare con lui. La Chiesa, istituita da Cristo come società visibile e indefettibile, non avrebbe potuto mancare mai del suo capo; per conseguenza i supremi poteri, conferiti a Pietro, dovevano sopravvivere a lui e trasmettersi in tutta la loro integrità ai suoi successori, i Romani Pontefici. Sono essi gli eredi legittimi del primato perchè Pietro esercitò a Roma gran parte del suo apostolato - non importa se per 25 anni o meno - fissandovi la sua sede come centro del governo di tutta la Chiesa e morendovi martire per la fede. In tal modo i Pontefici, che dopo di lui ascendono per legittima elezione alla sede episcopale di Roma, subentrano - come successori - nella sua medesima dignità e pienezza di poteri.

Questo primato del Papa fu sempre cosa talmente pacifica che nessuno mai - se si eccettuano pochi eretici con Pietro Valdo - osò impugnarlo. Perfino gli antichi patriarchi orientali di Gerusalemme Antiochia ed Alessandria - i soli che avrebbero potuto avanzare qualche pretesa, - riconobbero come loro capo il vescovo di Roma perchè successore di Pietro.

I Protestanti, negata la venuta e la morte di Pietro a Roma - ai quali due fatti è intimamente legata la primazia del Papa, - passarono ad asserire che il primato romano non era che un'invenzione fatta assai tardi, secondo l'opuscolo nel 607. Ma nel fare tale affermazione essi non si sono accorti d'essere solennemente smentiti nel Concilio di Efeso del 431.Quivi, nella seduta dell'11 luglio il Legato pontificio Filippo fece questa significativa dichiarazione: "... è noto in tutti i tempi che il beatissimo Pietro capo degli Apostoli, colonna della fede e pietra fondamentale della Chiesa cattolica, ha ricevuto da Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, le chiavi del regno dei cieli e la potestà di sciogliere e di legare, il quale fino ad oggi e per tutti i tempi vive e giudica nei suoi successori. Il suo successore e luogotenente nell'ordine, il nostro beatissimo Papa, il vescovo Celestino ci ha mandati come suoi rappresentanti a questo Concilio ......

Pietro fu a Roma la prima volta al principio del regno di Claudio, intorno al 42, dopo aver governata la Chiesa di Gerusalemme come capo del Collegio apostolico, e dopo aver forse fondato e certo governata per alcuni anni la Chiesa di Antiochia.

In Roma egli vi trasferì - al tempo di Claudio - la sede episcopale che tenne fino al martirio avvenuto nel 67 o 68, il 29 giugno come vuole la tradizione, quando anche

Paolo fu ucciso di spada sulla via Ostiense. Della venuta di Pietro in Roma non possiamo affatto dubitare perchè è Lui stesso che ce lo fa sapere.Nel chiudere infatti la sua prima lettera alla cristianità egli vi aggiunge: "Vi saluta la Chiesa, che è in Babilonia coeletta Roma), e Marco mio figlio" (1Pt 5:13). Il nome Babel (da cui Babilon e Babilonia) si traduce Porta di Dio. Quando la corruzione satanica si insinua nel divino (e lo vediamo anche nel Cap.XII dell'Apocalisse) si ha la Città di Babele in opposizione alla Gerusalemme celeste. E' ovvio che sia l'una che l'altra - in quanto espressioni allegoriche - possono essere variamente attribuite. Nell'ambiente giudaico-cristiano dei primi tempi, quando era in atto la persecuzione, il nome di Babilonia era usato correntemente per indicare Roma.

Dato che i fratelli evangelici accettano prove esclusivamente bibliche, tralasciamo di addurre qui le molte e validissime testimonianze letterarie ed archeologiche dalle quali risulta in modo inconfutabile che Pietro fu e morì in Roma, verità mirabilmente confermata dagli scavi effettuati dal 1940 al 1949 nel sottosuolo della Basilica di S.Pietro.

Che poi S.Pietro sia morto come vescovo di Roma, risulta dall'antichissima festa liturgica - ricordata da molti antichi autori e dal Cronografo di Filocalo (354) - festività usuale dal secolo III, prima ancora che il cristianesimo, il 28 febbraio 380, venisse dichiarato da Teodosio religione di Stato, epoca in cui la Chiesa cattolica non aveva perduto ancora - secondo gli stessi Protestanti - la propria identità e si era mantenuta fedele al Vangelo.

Notiamo ancora - in risposta alla domanda n.8 - che S.Pietro e S.Paolo vengono detti "Principi degli Apostoli" non già nel senso di potere e di dominio, come vorrebbe far credere la domanda, ma perchè furono principalmente essi che con la loro predicazione e il glorioso martirio hanno edificato la Chiesa di Cristo.

Nella domanda n.9 l'opuscolo - nell'intento di contestare a Pietro la "suprema pontificia Potestà" - cita S.Matteo: " ... chi vorrà tra voi diventare grande, sarà vostro servo; e chi vorrà tra voi essere primo, sarà vostro schiavo" (20:26-28), e cita anche la 1 Pt. (5:1). Ma entrambi questi testi non contrastano col possesso dell'autorità, bensì inculcano il modo in cui esercitarla, cioè lo spirito di servizio "..appunto come il Figlio dell'uomo, che è venuto non per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti".

Gesù stava appunto parlando dei "capi" delle nazioni; ciò conferma che Egli , parlando ai Dodici, li ritenesse "capi" della Chiesa.

La lezione fu talmente ben capita che papa Gregorio I (+ 604) scelse per sè il titolo di "Servo dei servi di Dio", titolo che a tutt'oggi i suoi successori conservano.

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